La scienza della qualità - gennaio 2009

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Questa pubblicazione è realizzata con il contributo di QC&I e SoCert

Gennaio Numero

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Comunicare: strada obbligata per il futuro

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La qualità secondo l’Europa... e secondo noi

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I conservanti nella cosmetica

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Il Libro Verde sulla qualità dei prodotti agricoli

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Filiera corta e sviluppo dei Farmer’s market

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gennaio 2009

Comunicare: strada obbligata per il futuro

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uesta è la terza uscita della newsletter “La Scienza della Qualità”. Il numero zero è stato

di presentazione del progetto, il numero uno

di esibizione del ventaglio di strade potenzialmente

Alberto Bergamaschi, responsabile comunicazione & marketing QC&I International Services marketing@qci.it

percorribili e questo numero due vuole dare inizio alla passeggiata, in realtà alla sfida, che tutti noi abbiamo intenzione di percorrere. Infatti, come l’uscita scorsa è stata molto ricca di argo-

chi vuole comunicare principalmente e semplicemente

menti trattati e di interventi dei maggiori esperti dei

un marchio di vendita o di certificazione, da usare, in

settori approfonditi (a tal punto interessanti da riceve-

seguito, come atout commerciale.

re molte richieste di inserimento nella banca dati degli

Ma ritengo sia arrivato il momento che chi ha qualche

indirizzi informatici a cui viene spedita la newsletter),

cosa di significativo da trasmettere incominci a

questo numero avanza di un passo e sceglie la strada

farlo, altrimenti soccomberà nell’appiattimento in

da percorrere, che non è altro che il fil rouge che col-

basso a cui stanno tendendo tutti i mercati. Ed è pro-

lega gli argomenti trattati, compresi nel campo agroa-

vato che in una situazione in cui lo standard ricono-

limentare oppure in altri.

sciuto e accettato è basso, i prodotti di alto livello qua-

Questo filo di collegamento dopo osservazioni, verifi-

litativo diventano quasi oggetto di derisione, tanto

che, approfondimenti e analisi delle informazioni di

sono lontani dalla linea della nuova normalità.

ritorno si è palesato nella poliedria espressiva della comunicazione della qualità, del gusto informato, della certificazione personalizzata o della qualità reale opposta alla qualità percepita. Tante parole per riappropriarsi finalmente della possibilità di essere soggettivamente informato sulle scelte che voglio fare e di informare oggettivamente sulle scelte che propongo di fare. Esigenze che sembrano ovvie, ma che nell’era della tanto sbandierata e vituperata globalizzazione appaiono assolutamente anacronistiche: su internet è possibile ottenere qualsiasi cosa (prenotazioni mediche, andamenti scolastici, movimenti bancari, operazioni di

In un recente convegno sono stato interrotto, durante

borsa, dati societari e molto altro), però non è ancora

il mio intervento, da un produttore alimentare che

contemplata la possibilità di approfondire in modo

affermava che l’unica cosa che davvero contasse nel

realmente significativo le caratteristiche dei prodotti

mercato era il prezzo. Tutto il resto erano solamente

che vengono commercializzati.

parole, la solita filosofia.

Quali possono essere le motivazioni?

Io sono convinto, e la mia risposta data al produttore

Non certo le difficoltà tecniche, ormai superate in qual-

ne ha seguito il concetto, che se fosse così io dovrei

siasi campo. Sicuramente non i costi, a questo punto

cambiare lavoro, e la cosa non sarebbe molto impor-

alla portata di qualunque portafoglio.

tante, ma soprattutto dovrebbero cambiare occupazio-

Le vere spiegazioni, penso, siano ascrivibili a due

ne, e questo lo ritengo molto più rilevante, moltissimi

grandi categorie di “venditori”, che hanno un grosso

produttori dell’Unione Europea. Non a caso, infatti, i

potere economico e comunicativo: chi non vuole dare

primi due paragrafi dell’Introduzione del Libro

informazioni sui prodotti, perché sarebbero dannose al

Verde sulla qualità dei prodotti agricoli (su cui trove-

proprio mercato, visto il loro basso livello qualitativo; e

rete diversi articoli di approfondimento) sono i seguenti:

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Editoriale In un mondo che diventa sempre più piccolo per effetto della globalizzazione incalzante, i prodotti dei paesi emergenti a basso costo di produzione esercitano una pressione crescente sugli agricoltori dell’Unione europea. Si acuisce la concorrenza sia per i prodotti di base, sia per i prodotti a valore aggiunto. Di fronte a queste nuove sfide commerciali, l’arma più potente di cui dispongono gli agricoltori dell’UE è la qualità. La qualità è un punto di forza dell’UE grazie all’altissimo livello di sicurezza garantito dalla normativa UE da

Diritto & alimentazione La qualità secondo l’Europa... e secondo noi

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un capo all’altro della catena alimentare e grazie agli investimenti realizzati dagli agricoltori – e più in generale dai produttori per conformarvisi. Nondimeno, vi sono anche altri aspetti che possono contribuire a migliorare la qualità in senso lato. “Qualità” vuol dire soddisfare le aspettative dei consumatori. Riferite ai prodotti agricoli, le qualità di cui si parla nel presente Libro verde sono le caratteristiche del prodotto, quali i metodi di produzione utilizzati o il luogo di produzione, che il produttore desidera far conoscere e che il consumatore vuole

Agricoltura biologica Il nuovo Regolamento (CE) 889/2008

Cosmetica biologica I conservanti nella cosmetica

conoscere. La qualità è un argomento che riguarda ogni agricoltore europeo e ogni acquirente, sia che si tratti di derrate rispondenti a requisiti minimi o di prodotti di prima qualità nei quali l’Europa eccelle. Il presente Libro verde lascia impregiudicate le questioni attinenti alla qualità in relazione alla sicurezza alimentare, già trattate da altre iniziative della Commissione come l’etichettatura nutrizionale, il benessere degli animali, ecc. Non credo sia necessario utilizzare altre parole. La strada da percorrere è indicata anche dalla Commissione della Comunità Europea. Ora andiamo a incominciare e... buona lettura a tutti i produttori che hanno qualche cosa di importante da comunicare.

Dalla parte del consumatore pag.

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Il Libro Verde sulla qualità dei prodotti agricoli

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La responsabilità sociale delle imprese

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Filiera corta e sviluppo dei Farmer’s market

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Una rete per la qualità

Normativa La Scienza della qualità - Anno II, 2009 - numero 2 Bimestrale informativo della società QC&I International Services Direttore editoriale Alberto Bergamaschi Direttore responsabile Guglielmo Frezza Coordinamento Comitato scientifico Carmelo Bonarrigo Le fotografie di questo numero sono state scattate al BioLife di Bolzano


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La qualità secondo l’Europa... e secondo noi

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ualche settimana fa il direttore editoriale di questa Rivista, Alberto Bergamaschi, inviò a tutti noi redattori una email con un “Oggetto” molto significativo. Diceva: “Siamo sulla strada giusta”. Intendeva dire: abbiamo avuto ragione a mettere al centro delle nostre riflessioni il tema della qualità. E la ragione di tanto (giustificato) orgoglio, era il fatto che la

Commissione europea avesse appena reso pubblico – il 15 ottobre 2008 – il “Libro Verde sulla qualità dei prodotti agricoli: norme di prodotto, requisiti di produzione e sistemi di qualità” (COM(2008) 641 definitivo). Non è la prima volta che la Commissione pubblica un documento ufficiale che, in qualche modo, presenta collegamenti al tema della qualità dei prodotti agricoli. E’ però la prima volta che una comunicazione di così largo respiro – quali sono solitamente i Libri Verdi – ha per tema centrale (anzi, unico!) quello della qualità dei prodotti agricoli, cui l’Europa tenta ora di guardare da molteplici angoli visuali; anzi, possibilmente, a trecentosessanta gradi. Anzitutto, vien da chiedersi, perché un “Libro Verde”? A differenza dei “Libri Bianchi” – che talvolta seguono un Libro Verde, e che contengono proposte di azione comunitaria, spesso sotto forma di raccolta ufficiale di proposte relative a una politica della Comunità, nel tentativo di fornire uno strumento alle Istituzioni – i Libri Verdi intendono presentarsi al pubblico come documenti di riflessione su un tema particolare, affinché tutti gli interessati, pubblici o privati, possano partecipare ad un processo aperto di consultazione e di dibattito su quel tema, i cui risultati sono a loro volta pubblicati. In alcuni casi, i Libri Verdi rappresentano il primissimo passo degli sviluppi legislativi successivi. Lodevole, quindi, lo scopo che la Commissione si prefigge. Significativo il fatto che il tema stia a cuore alle Istituzioni europee, e al più alto livello. Qualche dubbio può sorgere circa il modo in cui la Commissione europea esprime la propria idea di qualità: ancora una volta, un’idea che si conferma sfuggente, relativa, bisognosa di riflessioni. Non sono pochi i punti nei quali il Libro Verde confonde “requisiti minimi” – quali possono essere considerati il livello di sicurezza e gli standard di igiene, garantiti grazie al complesso sistema di norme create negli ultimi quindici o venti anni – e “requisiti di qualità”

Prof. Avv. Paolo Borghi Ordinario di diritto alimentare Università di Ferrara SDA Studio di Diritto Alimentare dirittoalimentare@studioborghi.eu

veri e propri: il Libro inizia parlando della qualità come di un “punto di forza dell’UE grazie all’altissimo livello di sicurezza garantito dalla normativa UE da un capo all’altro della catena alimentare”. Partire da una simile premessa, che confonde questi due aspetti – qualità da un lato, e igiene e sicurezza dall’altro – è non solo normativamente sbagliato (basti pensare al reg. 178/2002, che rende nettamente distinguibili i due profili), ma anche politicamente controproducente, perché le scelte future, al fine di valorizzare la qualità e di farne uno strumento competitivo, devono nascere da idee chiare,

da una consapevolezza priva di confusioni concettuali. L’idea di qualità deve essere, anzitutto, da subito chiaramente legata al “valore aggiunto”, a un “di più” rispetto alla sicurezza. Dopodiché, l’obiettivo dell’Europa – giacché oramai è l’Europa a disciplinare quasi tutti gli aspetti della produzione e della commercializzazione degli alimenti – deve essere quello di definire i pregi (possibilmente non troppi) su cui puntare, in termini di competitività di sistema; di scrivere norme chiare (possibilmente non troppe) che rendano verificabili, in base a parametri oggettivi, l’esistenza di quei pregi; di organizzarne la tutela mediante una disciplina rigorosa dei sistemi e degli organismi di controllo e di certificazione. La Commissione appare invece ancora legata a schemi di ragionamento non particolarmente innovativi, se è

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Diritto & Alimentazione vero che tutti gli spunti di riflessione contenuti nel Libro Verde sembrano ispirati ad un certo aumento e ad un appesantimento delle informazioni da dare al consumatore. Sin dal tema iniziale, ossia la preoccupazione di far conoscere al mondo quella “qualità” (ma forse sarebbe meglio dire: quella capacità rassicurante) rappresentata dal rispetto dei requisiti comunitari minimi di produzione, il Libro ipotizza – chiedendo il parere degli stakeholders – la creazione di “nuovi sistemi che attestino, mediante uno o più emblemi o loghi, il rispetto dei requisiti di produzione vigenti nell’UE, al di là di quelli relativi all’igiene e alla sicurezza”, con una possibile apertura anche a prodotti di paesi terzi (se risultassero conformi ai requisiti di produzione vigenti nell’UE). Ancora loghi? Altri e nuovi “emblemi”? La Commissione non pare tener conto di uno dei problemi fondamentali della legislazione alimentare di questi ultimi anni: l’eccesso di informazioni, che spesso equivale a confusione, e dunque a scarsa informazione. Could consumers suffer from green logo overload?: “i consumatori potrebbero risentire effetti negativi da un sovraccarico di “loghi” verdi?” si chiede proprio in questi giorni Jess Halliday, su foodanddrinkeurope.com. La domanda non è affatto retorica, e neppure originalissima, a dire il vero: il processo di sovraccarico in questi anni è stato evidentissimo, e se lo è domandato con una certa insistenza anche la CIAA (Confederazione delle industrie agro-alimentari dell’Unione europea), in un recente congresso tenutosi a Bruxelles. E il tema – come giustamente emerge dalle considerazioni citate – è particolarmente vero per quei loghi e quei claims che concernono gli aspetti “verdi”. In un prossimo numero ci occuperemo, più in particolare, della parte del Libro Verde che riguarda il settore “bio”. In generale, la Comunità europea non sembra orientata a un cambiamento radicale di prospettiva, che imposti le norme sulla qualità sulla individuazione di pochi, chiari ed efficaci strumenti. Per fortuna, però, i Libri Verdi nascono anche per questo. Ci si augura che le proposte, le osservazioni e le critiche che saranno raccolte in risposta al questionario incluso nel Libro, saranno tradotte in indicazioni davvero utili: minor indigestione di informazioni, reale differenziazione qualitativa fra i prodotti, giusta valorizzazione delle peculiarità, efficienza del sistema dei controlli, per un vantaggio di tutti. Di chi produce seriamente, di chi consuma consapevolmente, e di tutto il sistema alimentare europeo.

Revocate due sostanze attive Rotenone Sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n° 246 del 20/10/2008, è stato pubblicato il DM 8 ottobre 2008 relativo alla non iscrizione delle sostanze attive Rotenone, Estratto di equiseto e Chinina cloridrata nell’allegato I del D.Lgs. 17 marzo 1995 n. 194, che ha recepito la direttiva 91/414/CEE in materia di immissione in commercio di prodotti fitosanitari, e revoca dei prodotti fitosanitari contenenti dette sostanze attive, così come richiesto dalla decisione della Commissione 2008/317/CE del 10 aprile 2008. Della suddetta decisione riveste particolare importanza la revoca della sostanza attiva rotenone, poiché è una sostanza elencata nell’allegato II del Reg. (CE) n. 889/2008 [ex allegato II/B del Reg. (CEE) n. 2092/91], alla voce “Sostanze di origine vegetale e animale”. Le autorizzazioni all’immissione in commercio dei prodotti fitosanitari a base di sostanza attiva rotenone indicati in apposita tabella allegata al decreto sono state revocate a partire dal 10 ottobre 2008, mentre la vendita e l’utilizzo delle scorte è consentito fino al 10 ottobre 2009. Alcuni prodotti fitosanitari a base della sostanza attiva rotenone possono essere utilizzati per specifici impieghi (usi essenziali) per i quali attualmente non sono disponibili valide alternative. Pertanto le autorizzazioni all’immissione in commercio dei prodotti fitosanitari a base della sostanza attiva rotenone riportati in tabella sono mantenute in vigore fino al 30 aprile 2011 limitatamente agli impieghi su melo, pero, pesco, ciliegio, vite e patata. Beauveria brongniartii E’ stata pubblicata, sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea n° 263 del 02/10/2008, la Decisione 2008/768/CE relativa alla non iscrizione della sostanza attiva Beauveria brongniartii nell’allegato I della Direttiva 91/414/CEE, in materia di immissione in commercio di prodotti fitosanitari, e revoca dei prodotti fitosanitari contenenti detta sostanza attiva. La suddetta decisione riveste particolare importanza poiché è una sostanza elencata nell’allegato II del Reg. (CE) n. 889/2008 [ex allegato II/B del Reg. (CEE) n. 2092/91], alla voce “Microrganismi utilizzati nella lotta biologica contro i parassiti e le malattie”. Gli Stati membri dovranno provvedere affinché: - le autorizzazioni di prodotti fitosanitari contenenti detta sostanza attiva siano revocate entro il 30 marzo 2009; - non siano più concesse né rinnovate autorizzazioni di prodotti fitosanitari contenenti detta sostanza attiva a partire dal 02/10/2008. Per maggiori informazioni è possibile contattare l’ufficio documentazione di QC&I International services scrivendo all’indirizzo c.bonarrigo@qci.it


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Regolamento (CE) 889/2008: gli alimenti trasformati

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roseguendo la disamina della nuova normativa in materia di agricoltura biologica, vale la pena soffermarsi sulle motivazioni che hanno portato il Legislatore a procedurare l’attività di produzione di alimenti trasformati. La produzione biologica di alimenti trasformati è un tipo di produzione confacente alle preferenze di taluni consumatori per prodotti ottenuti con sostanze e procedimenti naturali; pertanto i prodotti de quo devono essere ottenuti mediante procedimenti atti a garantire la persistenza dell’integrità biologica e delle qualità essenziali del prodotto in tutte le fasi della catena di produzione, perseguendo i seguenti obiettivi e principi:

- la progettazione e la gestione appropriate dei processi biologici si deve basare su una valutazione del rischio, avvalendosi di misure precauzionali e di prevenzione; - produrre alimenti biologici composti di ingredienti provenienti dall’agricoltura biologica, tranne qualora un ingrediente non sia disponibile sul mercato in forma biologica; - limitare l’uso di additivi, di ingredienti non biologici con funzioni principalmente sensoriali e tecnologiche, nonché di micronutrienti e ausiliari di fabbricazione alimentare, in modo che siano utilizzati al minimo e soltanto nei casi di impellente necessità tecnologica o a fini nutrizionali specifici (alimenti arricchiti e integratori alimentari destinati ad una alimentazione particolare); - non utilizzare sostanze e metodi di trasformazione che possano trarre in inganno quanto alla vera natura del prodotto; - trasformare in maniera accurata gli alimenti, preferibilmente avvalendosi di metodi biologici, meccanici e fisici; - nella composizione degli alimenti biologici trasformati, un ingrediente biologico non è contenuto insieme allo stesso ingrediente non biologico o proveniente dalla conversione; - nella composizione degli alimenti biologici trasformati, gli alimenti prodotti a partire da colture in conversione contengono unicamente un ingrediente vegetale di origine agricola; - non è consentito l’impiego di sostanze e di tecniche intese a ripristinare le proprietà perdute nella trasformazione e nel magazzinaggio di alimenti biologici o ad ovviare a negligenze nella trasformazione ovvero che possano altrimenti trarre in inganno sulla vera natura di tali prodotti.

Carmelo Bonarrigo, responsabile documentazione QC&I International Services c.bonarrigo@qci.it

Ai fini della trasformazione degli alimenti biologici, il Reg. (CEE) n. 2092/91 ha autorizzato, in condizioni ben precise, l’impiego di determinati ingredienti non agricoli, di determinati ausiliari di fabbricazione e di determinati ingredienti non biologici di origine agricola. Per garantire la continuità dell’agricoltura biologica, la nuova normativa ha mantenuto l’autorizzazione all’impiego. Inoltre, per motivi di chiarezza, negli allegati del Reg. (CE) n. 889/2008 sono menzionati i prodotti e le sostanze che erano stati autorizzati ai sensi del Reg. (CEE) n. 2092/91. In futuro, altri prodotti e sostanze potranno essere aggiunti a questo elenco in virtù dell’articolo 21, paragrafo 2, del Reg. (CE) n. 834/2007. Si è reso, pertanto, opportuno identificare il diverso statuto di ciascuna categoria di prodotti e sostanze per mezzo di un simbolo nell’elenco. Al fine di non compromettere la continuità della produzione biologica sono state adottate, con il Reg. (CE) n. 889/2008, misure transitorie intese ad agevolare la transizione dal Reg. (CEE) n. 2092/91 al Reg. (CE) n. 834/2007, per quanto concerne le seguenti disposizioni del Reg. (CEE) n. 2092/91: 1) gli ingredienti non biologici di origine agricola autorizzati dagli Stati membri a norma del regolamento (CEE) n. 207/93 possono intendersi autorizzati a norma del presente regolamento. Tuttavia, le autorizzazioni concesse a norma dell’articolo 3, paragrafo 6, del suddetto regolamento scadono il 31 dicembre 2009. Successivamente alla pubblicazione del Reg. (CE) n. 889/2008, nel rispetto della continuità alle norme di produzione di alimenti trasformati, definite dal Reg. (CEE) n. 2092/91, e per non perturbare il settore della trasformazione degli alimenti biologici, il legislatore ha definito ed attuato le specifiche norme di produzione di alimenti trasformati. Secondo i principi definiti dal Reg. (CE) n. 834/2007, il Reg. (CE) n. 889/2008 ha stabilito le norme di produzione dettagliate per quanto riguarda:

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Agricoltura biologica -

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le norme generali; il divieto d’uso di OGM; il divieto d’uso di radiazioni ionizzanti; l’uso di taluni prodotti e sostanze nella trasformazione (additivi alimentari; ausiliari di fabbricazione; aromi; preparazioni a base di microrganismi ed enzimi; minerali; oligoelementi; vitamine; i coloranti per la stampigliatura delle carni e dei gusci d’uovo); l’uso di determinati ingredienti non biologici di origine agricola; l’uso di determinati ingredienti non biologici di origine agricola, autorizzati temporaneamente dagli Stati membri; i criteri per l’uso di taluni prodotti e sostanze nella trasformazione (additivi alimentari; ausiliari di fabbricazione; aromi; preparazioni a base di microrganismi ed enzimi; minerali; oligoelementi; vitamine; i coloranti per la stampigliatura delle carni e dei gusci d’uovo); i criteri per l’uso di determinati ingredienti non biologici di origine agricola; l’imballaggio ed il trasporto dei prodotti verso altri operatori o unità; il ricevimento di prodotti da altre unità o da altri operatori

Risulta di particolare importanza segnalare le seguenti novità introdotte dalla nuova normativa: 1) ai fini del calcolo della percentuale del 95% in peso degli ingredienti di origine agricola biologica: a) gli additivi alimentari elencati nell’allegato VIII del Reg. (CE) n. 889/2008 e contrassegnati da un asterisco nella colonna del codice dell’additivo sono considerati ingredienti di origine agricola; tuttavia la suddetta prescrizione si applica a decorrere dal 1° luglio 2010. b) le preparazioni a base di microrganismi ed enzimi normalmente utilizzate nella trasformazione degli alimenti, le sostanze aromatizzanti naturali e le preparazioni aromatiche naturali, i coloranti utilizzati per la stampigliatura delle carni e dei gusci d’uovo, le sostanze minerali (anche oligoelementi), le vitamine, gli aminoacidi e altri micronutrienti e le sostanze non contrassegnate da un asterisco nella colonna del codice dell’additivo non sono considerate ingredienti di origine agricola; 2) l’uso nella produzione biologica di additivi, ausiliari di fabbricazione, aromi, acqua, sale, preparazioni a base di microrganismi ed enzimi, minerali, oligoelementi, vitamine, nonché amminoacidi e altri micro-

nutrienti destinati ad un’alimentazione particolare, è soggetto alla seguente prescrizione: si trovano in natura e possono soltanto aver subito processi meccanici, fisici, biologici, enzimatici o microbici salvo ove tali prodotti e sostanze derivanti da tali fonti non siano disponibili in quantitativi o qualità sufficiente sul mercato; 3) l’uso delle seguenti sostanze, elencate nell’allegato VIII, è riesaminato prima del 31 dicembre 2010: a) nitrito di sodio e nitrato di potassio nella sezione A, ai fini della soppressione di questi additivi; il riesame tiene conto degli sforzi realizzati dagli Stati membri per trovare alternative sicure ai nitriti/nitrati e per istituire programmi di formazione in materia di metodi di fabbricazione alternativi e di igiene destinati ai trasformatori/fabbricanti di carni biologiche; b) anidride solforosa e metabisolfito di potassio nella sezione A; c) acido cloridrico nella sezione B per la trasformazione dei formaggi Gouda, Edam e Maasdammer, Boerenkaas, Friese e Leidse Nagelkaas. Infine, anche per le produzioni di alimenti trasformati è da segnale la novità introdotta dall’art. 9 del Reg. (CE) n. 834/2007, in merito al divieto di uso di OGM. Per i prodotti per i quali non possono essere escluse tracce non intenzionali e tecnicamente inevitabili di OGM autorizzati, viene fissata una soglia minima dello 0,9 (richiamata dalla direttiva 2001/18/CE, dai regolamenti (CE) n. 1829/2003 e n. 1830/2003) sotto la quale tali prodotti non devono essere etichettati con la dicitura “questo prodotto contiene OGM”. Pertanto i prodotti che non siano etichettati o accompagnati da un documento che riporti la suddetta frase fa presupporre che nella coltivazione e/o allevamento degli stessi non si è fatto uso di OGM o prodotti derivati da OGM. In caso di prodotti non biologici, diversi da alimenti o mangimi, acquistati da terzi, il fornitore dovrà rilasciare una dichiarazione di conferma che gli stessi non sono derivati od ottenuti da OGM, secondo il fac simile riportato nell’allegato XIII del Reg. (CE) n. 889/2008. Il Legislatore, con la pubblicazione del Reg. (CE) n. 889/2008, non ha deciso sulle misure di attuazione del divieto di uso di OGM e di prodotti derivati od ottenuti da OGM.


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I conservanti nella cosmetica

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i definisce sistema conservante l’insieme delle sostanze che entrano a far parte dei prodotti cosmetici principalmente per inibirvi lo sviluppo dei microrganismi. I conservanti sono molto utilizzati in cosmetica in quanto i cosmetici rappresentano un ottimo terreno di proliferazione per i microrganismi. Questi sono presenti ovunque: nell’aria, sui macchinari, nelle materie prime, sulle persone … ed è, pertanto, facile che possa avvenire una contaminazione del prodotto cosmetico, all’interno del quale i batteri o le muffe si moltiplicano velocemente, grazie alle condizioni favorevoli dell’ambiente (acqua, sostanze grasse, nutrienti, pH …), causando, in primo luogo, il deterioramento del prodotto e quindi possibili irritazioni ed infezioni, anche molto gravi, sulla pelle e sulle mucose. Il problema dell’inquinamento può essere minimizzato all’origine sanitizzando gli ambienti di produzione, i macchinari ed il personale, controllando microbiologicamente le materie prime ed infine introducendo opportuni conservanti nel prodotto finito. Il conservante, quindi, non deve “pulire” un composto già

Elisa Maccagni, Chimico - Esperta di prodotti cosmetici emaccagni@alice.it

inquinato in partenza, ma deve assicurarne la conservazione nel tempo, ovvero deve proteggere un prodotto durante l’uso. Il conservante ideale dovrebbe avere le seguenti caratteristiche: - ampia attività antimicrobica; - non essere sensibilizzante, né irritante o tossico alle dosi di impiego; - non interagire o essere inattivato dagli ingredienti del prodotto; - non alterare il colore e l’odore del cosmetico. Esistono numerosissime sostanze ad attività antimicrobica, ma non tutte sono utilizzabili in cosmetica, in

Tutta la natura della Valtellina L’Istituto ecologico Edelweiss vanta da sempre la creazione di prodotti unici, che si distinguono soprattutto per 4 caratteristiche fondamentali: la raccolta spontanea certificata, l’estrazione a ultrasuoni, l’elevatissima concentrazione dei fitoestratti utilizzati e l’assoluta naturalità delle materie prime. La raccolta spontanea certificata Edelweiss è l’unica azienda autorizzata alla raccolta di piante officinali spontanee all’interno del parco delle Orobie Valtellinesi e del parco del Bernina. Un ambiente protetto da altissime montagne che hanno favorito l’instaurarsi di un particolare microclima a cui si deve la crescita di specie vegetali particolarmente ricche di principi attivi. La raccolta viene effettuata da personale competente, a mano e nel rispetto dei tempi balsamici di ogni singola specie. La sinergia con i ritmi naturali della montagna è assoluta. Le specie d’erbe spontanee aromatico-officinali utilizzate sono, di fatto, “piante infestanti” per gli alpeggiatori, popolo tutt’ora molto presente nella valle e che, pur tra mille difficoltà, è ancora in grado di vivere grazie ai frutti che questa magnifica terra sa donare. Tutte le erbe raccolte vengono essiccate in modo completamente naturale, all’ombra, all’interno di baite appositamente attrezzate, senza l’uso di alcun trattamento fisico o chimico e senza l’utilizzo di agenti o antiparassitari di sintesi.

Questo metodo consente di conservare tutte le proprietà delle piante che con il sole, il calore o con una essiccazione forzata andrebbero perdute. L’estrazione ad ultrasuoni Le piante officinali spontanee, così raccolte ed essiccate, vengono sottoposte ad un particolare ed esclusivo sistema di estrazione che prevede l’impiego di attrezzature a ultrasuoni. Questa tecnologia avanzatissima permette di ottenere dei prodotti unici, completi di tutte le loro proprietà organolettiche e di tutti i loro principi attivi, sia primari che secondari. Varie ricerche e controlli analitici hanno dimostrato che la tecnica ad ultrasuoni realizza un’estrazione totale, sia per quanto riguarda i principi attivi di base contenuti nella materia prima vegetale trattata, sia per quelli secondari che esaltano e completano l’efficacia globale dell’estratto, in alcuni casi modificandolo in maniera sostanziale. I solventi usati per le estrazioni sono solo quattro e rigorosamente naturali: acqua bidistillata, alcool etilico biologico, olio di germe di grano e olio di girasole biologico. I vantaggi dati da questa tecnologia sono principalmente dovuti alla possibilità di effettuare una estrazione totale e selettiva a temperatura ambiente, e la successiva concentrazione alla temperatura massima di 23° di calore. Tutto ciò evita la cara-


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Dalla parte del consumatore quanto alcune di esse risultano essere nocive per l’uomo, sia totalmente che a determinate concentrazioni. Pertanto, le sostanze che possono essere utilizzate sono regolamentate dalla legge 713/86, allegato V, dove sono elencati i conservanti ammessi e le quantità massime da utilizzare. Di solito si utilizzano delle miscele di preservanti, in quanto una sostanza può essere più attiva verso alcuni batteri, un’altra verso le muffe … I conservanti “classici” sono sostanze chimiche sintetizzate dall’uomo e, nel corso degli anni, studi clinici

tando l’uomo: sono state individuate anche delle molecole (Ethylhexyl glycerin, Pentylene glycol, etc.) che, pur non rientrando nella categoria dei conservanti, hanno un certo potere conservante senza essere tossiche per il nostro organismo. Oltre ai conservanti di ori-

hanno dimostrato che non sono solo tossici per i microrganismi ma anche per l’uomo, alcuni in maniera maggiore di altri. È importante, quindi, formulare correttamente un cosmetico, utilizzare materie prime sicure e adottare tutte le precauzioni igieniche possibili durante la lavorazione, per utilizzare la quantità minima possibile di conservanti. Bisogna rilevare come sia comunque preferibile, per alcune categorie di cosmetici, come ad esempio quelli per il contorno occhi, utilizzare prodotti conservati che rischiare una possibile contaminazione microbica pesante con tutte le conseguenze del caso. Nella scelta del sistema conservante, la ricerca cosmetica è progredita e sono state messe a punto delle miscele conservanti che agiscono sui microrganismi rispet-

mellizzazione delle parti zuccherine naturalmente contenute nelle materie prime usate, cosi come evita gli altri inconvenienti che si riscontrano in prodotti concentrati a temperatura più elevata; tutti i principi attivi, notoriamente termolabili, restano dunque intatti. L’elevatissima concentrazione dei fitoestratti utilizzati Il rapporto di estrazione droga/estratto è 1:1, quindi estremamente elevato. Ciò assicura un’altissima concentrazione di principi attivi. Nella formulazione di tutti i prodotti Edelweiss, inoltre, si riscontra puntualmente un’elevatissima percentuale di fitoestratti presenti, sia per quanto riguarda la quantità, che la varietà. L’assoluta naturalità delle materie prime impiegate Tutti gli ingredienti sono esclusivamente di origine vegetale e certificati da due enti certificatori di alto livello nel panorama biologico. La raccolta spontanea, certificata secondo la normativa biologica Europea da un organismo accreditato CEE, QC&I, garantisce e tutela tutti gli utilizzatori, preservandoli da qualsiasi imitazione tramite un brevetto d’invenzione industriale (brev. N. DOM BO98A000134). La certificazione Socert, invece, assicura che tutti gli ingredienti cosmetici sono di origine biologica e vengono quindi messi a punto nel totale rispetto dell’ambiente e del consumatore.

gine chimica, dobbiamo ricordare come l’alcol etilico abbia ottime proprietà conservanti, anche se a concentrazioni abbastanza elevate, ed anche come alcuni oli essenziali abbiano deboli proprietà antimicrobiche, tra i quali si possono ricordare tea tree oil, timo, lavanda, limone, bardana, rosmarino e bergamotto. Merita inoltre sottolineare che alcune materie prime sono addizionate dal produttore con conservanti, che, inevitabilmente, finiscono nel prodotto finito. Un formulatore attento, quindi, dovrebbe sempre sincerarsi della composizione esatta delle materie prime utilizzate, per evitare di trovarsi a spiacevoli inconvenienti una volta realizzato il prodotto cosmetico finito. La legge cosmetica, infatti, consente di non indicare tra gli INCI del cosmetico, gli additivi presenti nelle materie prime e, quindi, potrei avere un cosmetico con parabeni, ad esempio, senza leggerli in etichetta, perché sono contenuti nelle materie prime che lo compongono. Questo, potrebbe causare disagi a persone effettivamente allergiche alle sostanze in questione ma anche “ingannare” il consumatore attento, che ha scelto quel cosmetico proprio perché non contiene quei determinati conservanti. Bisogna, comunque, evidenziare come le aziende produttrici di materie prime più attente alla sensibilità del mercato forniscano, anche dietro richiesta del cliente, i loro articoli senza conservanti o contenenti conservanti ammessi dai vari disciplinari biologici.


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Una rete per la qualità del servizio con al centro il consumatore

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’attenzione del consumatore e il sistema d’informazione socio-economica richiedono, oggi più di prima, agli operatori del comparto agroalimentare di non prescindere dalla strutturazione di un sistema di garanzie e al contempo di efficienze interne. Il consumatore, sempre più attento e sensibile alla qualità di ciò che acquista, oltre ad pretendere caratteristiche primarie quali igiene e sicurezza, ricerca la soddisfazione di ulteriori esigenze: veder valorizzata la qualità e essere meglio informato sulla natura, le modalità di produzione e di trasformazione, le caratteristiche peculiari degli alimenti. Il consumatore ha diritto a un’informazione chiara e completa, indicante le esatte specifiche di un determinato alimento, per essere orientato in una scelta consapevole. Per meglio rispondere a tali esigenze di “qualità”, anche la Distribuzione Organizzata ha mostrato una sempre più viva volontà di approdare a certificazioni volontarie, attraverso le quali garantire controlli di filiera finalizzati alla verifica del costante mantenimento degli standard qualitativi previsti e richiesti. Altro aspetto della qualità è quello psico-sociale, costituito dall’insieme delle componenti emotive che gli alimenti sono in grado di suscitare negli individui e che sono variabili in funzione del Paese e delle sue tradizioni culturali, dell’epoca, dell’ambiente sociale. Grande influenza è inoltre rappresentata dalla fiducia rivolta al nostro “venditore”: il nostro salumiere, il macellaio, il fruttivendolo per la spesa quotidiana. Un passo ulteriore che dovrà essere affrontato sarà quello di costruire un ponte di contatto tra le Organizzazioni di distribuzione e il consumatore finale, mediante un servizio idoneo a soddisfare le aspettative implicite ed esplicite che gratificano il consumatore e lo assistono nelle scelte degli acquisti. Risulterà in tale contesto fondamentale sensibilizzare il consumatore, supportandolo con un servizio che sia sempre più rispondente alle esigenze che lo stesso ha dimostrato di voler vedere soddisfatte. Si ritiene quindi che la fase di distribuzione debba rappresentare un anello fondamentale per coinvolgere il consumatore finale nelle scelte qualitative di prodotto e del “sistema organizzazione”, ricercando un “dialogo virtuale” con lo stesso, al fine di ottenere dati di ritorno utili al perfezionamento del servizio, per man-

Stefano Castignani, PEGASO management s.castignani@pegasomanagement.com www.pegasomanagement.com

tenerlo sempre allineato a quella qualità che il primo tesoro (il consumatore) ricerca e apprezza. Abbiamo in tale direzione approfondito uno studio al fine di verificare l’applicabilità di un “sistema rete” all’interno di un Gruppo di Distribuzione Organizzata. Pegaso Management (www.pegasomanagement.com), dopo oltre dieci anni di esperienza consulenziale e organizzativa per oltre 450 aziende agroalimentari (della produzione primaria, della trasformazione, della vendita e della somministrazione) ha sviluppato un progetto di qualificazione di gruppo teso proprio a valorizzare l’esperienza per quelle organizzazioni che hanno vissuto l’evoluzione del sistema di distribuzione agroalimentare e che oggi vogliono differenziarsi rispetto ai migliori competitors in termini di Qualità di Prodotto e di Servizio.

Il progetto, teso in primo luogo a regolamentare il Sistema di Gestione interno alla centrale distributiva (per organizzare efficienze interne nonchè regolamentare e perfezionare il rapporto che lega la sede centrale alla dislocazione capillare su territorio), vede la nostra organizzazione come partner per la costruzione di Disciplinari di Servizio e di Prodotto tesi alla definizione di standards qualificanti e percepibili dal consumatore finale.


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Dalla parte del consumatore

Gli obiettivi del progetto Il progetto si pone l’obiettivo di portare alla luce, oltre che la rispondenza ai capitolati normativi con la conseguente garanzia per il consumatore finale del mantenimento degli idonei standard primari (igiene e sicurezza), la predisposizione di un sistema strutturato di SERVIZIO per il consumatore finale: dalla modalità di approccio al consumatore, alla raccolta degli input di miglioramento da parte dello stesso, alla fornitura costante e continuativa delle informazioni di prodotto e di gruppo. Gli obiettivi, condivisi con la Direzione Generale dei Gruppi di Distribuzione, saranno finalizzati a dar vita a un vero e proprio MARCHIO QUALITA’ Aziendale. Lo standard di servizio garantito al consumatore sarà definito all’interno di una CARTA di GARANZIA QUALITATIVA, la quale sarà divulgata e resa disponibile agli utenti in ogni Punto di Vendita aderente. In primo luogo si potrà procedere con la strutturazione di un sistema centralizzato di condivisione delle informazioni relative alla rintracciabilià di alimenti e materiali ed oggetti a contatto con gli alimenti. Il sistema permetterà di gestire eventuali allarmi di sicurezza alimentare, oltre che in rispondenza ai disposti normativi (Reg. CE 178/02), con la massima rapidità e garanzia di individuazione puntuale dei prodotti. Come trasmettere le informazioni L’informazione al consumatore sarà trasmessa e garantita mediante idonei strumenti (come ad esempio schermi a circuito interno contenenti le info degli allarmi e le modalità comportamentali da adottare per eliminare o minimizzare eventuali rischi per la salute). Al centro del progetto sarà sempre il consumatore finale: il maggior patrimonio delle organizzazioni provvederà indirettamente a tracciare le linee di sviluppo, attraverso la costituzione di un canale di ascolto diretto e mediante strumenti di contatto che saranno perfezionati nello sviluppo del progetto. Mediante strumenti di divulgazione delle informazioni, ad esempio sistemi a display o locandine evolute, si provvederà alla presentazione dei plus dei prodotti a marchio di gruppo, informazioni sulle loro caratteristiche, provenienza e standard qualitativi garantiti in tutta la filiera di prodotto, anche con un’attenzione per le minoranze (ciriaci, intolleranti, ecc.). Il sistema prevederà inoltre campagne di Verifica dei fornitori che condividono la realizzazione dei prodotti a marchio, mediante Audit tesi a verificare la rispondenza tecnico-operativa ai disciplinari all’uopo predisposti e condivisi con la filiera. Mediante l’adozione ed

il perfezionamento di piattaforme software desk gli utenti, in piena libertà e anonimato, potranno trasferire input e spunti di miglioramento di servizio e di prodotto (ad esempio perfezionamento gamma proposte, valutazioni qualitative sui prodotti, ecc.). Si potrà procedere con la strutturazione e il perfezionamento di un’equipe tecnica finalizzata alla conduzione delle verifiche di rispondenza ai Disciplinari specifici. Ispezioni potranno essere pianificate con cadenze programmate e alle stesse potranno essere affiancate verifiche non programmate (mistery guest e mistery shopper), che avranno l’obiettivo di verificare con gli occhi del consumatore il servizio quotidiano garantito dal singolo punto di vendita. I disciplinari, le scelte strategiche di prodotto e di servizio, saranno sottoposti alla valutazione ed al vaglio da parte di Enti terzi autorevoli, che garantiranno valenza e coerenza dei contenuti. I risultati saranno tutti governati dalla sede centrale mediante software idonei alla strutturazione di un sistema di business intelligence, al fine di analizzare i risultati ottenuti, gli input dei consumatori e pianificare strategie per la soddisfazione dell’utenza e la conseguente crescita del gruppo.

Un progetto ambizioso per gruppi che hanno consolidato strutture per crescere, che hanno maturato l’esperienza per divenire punto di riferimento nel mercato, affrontando il percorso mediante la partnership con un’organizzazione consulenziale che punta all’implementazione di progetti e sistemi premianti, per dotare le organizzazioni di strumenti di crescita e miglioramento, per competere e affrontare i cambiamenti che il mercato ci impone e ci imporrà.


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Il Libro Verde sulla qualità dei prodotti agricoli

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l Libro Verde sulla qualità dei prodotti agricoli, pubblicato il 15 ottobre 2008, diventerà sicuramente un punto di riferimento per il concetto di qualità in generale e per i legittimi desideri dei consumatori riguardo alle informazioni che arrivano sul mercato, per verificare il rispetto delle loro aspettative. A mio parere questo punto di riferimento sarà sì, in prima battuta, soprattutto in ambito agroalimentare, ma poi evolverà in altri comparti analoghi e limitrofi, quali il cosmetico e il tessile. Cerchiamo dunque di analizzarne gli aspetti principali.

Globalizzazione: più problemi che benefici Già nella prefazione si esaminano alcune novità che stanno modificando in modo sostanziale i parametri che regolano il mondo agroalimentare. Viene approfondito, per prima cosa, il concetto di globalizzazione in senso non positivo: viene considerata una delle motivazioni dell’aumento delle importazione di prodotti da paesi extra UE con direzione UE. Ma, ahimè, le produzioni in questi paesi non devono sottostare alle regole previste all’interno della UE. Questo concetto è inserito in modo quasi subliminale. Prima si afferma, infatti, che la pressione di vendita dei paesi extra UE è dovuta, soprattutto, al basso costo di produzione; di seguito, tuttavia, viene evidenziato che l’arma più potente che gli agricoltori UE possano utilizzare è l’alta qualità. Caratteristica che è stata raggiunta in conseguenza alle normative vigenti e agli investimenti che gli agricoltori e i produttori dell’intera catena alimentare dell’UE devono aver fatto per conformarsi alle regole. E’ evidente che il messaggio del Libro Verde è che non solo gli agricoltori extra UE hanno delle possibilità produttive a minor costo, ma che non devono sottostare alle regole europee sulla sicurezza alimentare, con tutte le possibili conseguenze del caso. Cosa significa qualità? Un secondo punto toccato, molto interessante, è la definizione della qualità, che non è altro che la soddisfazione delle aspettative dei consumatori (il punto finale della filiera) e dei grossisti (all’interno della filiera). I consumatori e i grossisti hanno necessità non solo di acquistare le derrate alimentari a un conveniente rapporto qualità/prezzo, ma anche di poter verificare altre

Alberto Bergamaschi, responsabile comunicazione & marketing QC&I International Services marketing@qci.it

caratteristiche che portano all’acquisto di un prodotto e che devono essere approfondite. Queste peculiarità da sapere sono di diverso tipo: zona di produzione, metodi di produzione e altro. In pratica è tutto quello che il produttore desidera far conoscere e che il consumatore (o il grossista) vuole conoscere. In questo modo, continua la pubblicazione, si riescono a differenziare i propri prodotti sul mercato, ottenendo così un vantaggio competitivo. Benissimo. Fino ad ora il Libro Verde è stato molto chiaro: poiché il produttore europeo produce in modo migliore e, in alcuni casi, secondo dei disciplinari ben codificati (DOP, IGP, STG, Biologico e altro), ottiene un prodotto superiore e molto ben controllato. Lo deve solo far sapere e riuscirà ad ottenere il vantaggio economico in grado di ripagarlo dei maggiori costi sostenuti per migliorare la produzione e adeguarsi alle regole. Una frase della pubblicazione è molto indicativa: aiutare i consumatori a scegliere e/o decidere se pagare di più per un dato prodotto. Sinceramente mi sarebbe piaciuto che fosse inserito anche il concetto, sicuramente più drastico, di aiutare il consumatore a decidere se acquistare o meno un prodotto. Sarebbe passato l’idea, forse pericolosa, che non tutto quello che le norme consentono è da acquistare. D’altra parte, in realtà, è l’UE stessa che dichiara che in alcuni paesi extra UE non ci sono le stesse regole da osservare, ammettendo di fatto una oggettiva concorrenza sleale nel mercato. I requisiti di produzione Altri punti importanti da rilevare sono presenti nella parte della pubblicazione che analizza i requisiti di produzione dell’UE: “I requisiti di produzione si evolvono continuamente in funzione delle richieste della società. Dovrebbero rappresentare un importante fattore di qualità degli alimenti offerti in vendita e un pregio da mettere in risalto. Si nota invece una certa mancanza di informazione


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Normativa dei consumatori circa l’esistenza e il rispetto di questi requisiti di produzione”. E ancora: “Occorre stabilire un nesso più diretto tra i requisiti di produzione – al di là di quelli strettamente attinenti all’igiene e alla sicurezza – applicati dall’insieme degli agricoltori dell’UE e il prodotto ottenuto. Se fossero più ampiamente conosciuti e riconosciuti dai consumatori, questi requisiti di produzione potrebbero diventare un vantaggio commerciale”. Il crocevia dell’informazione Fino ad ora tutte le strade del Libro Verde, come già detto, convergono nel crocevia dell’INFORMAZIONE. La parola d’ordine è: in UE si lavora meglio, si seguono le regole (vedi le norme di commercializzazione, sia semplificate che di autoregolamentazione, di cui si parla a lungo nella pubblicazione), si spendono dei soldi per ottenere questi risultati, facciamolo sapere ed avre-

certificazioni e di etichette in questi ultimi anni ha fatto sorgere dubbi circa la trasparenza dei requisiti prescritti da questi sistemi, la credibilità delle indicazioni e i loro possibili effetti sulla correttezza dei rapporti commerciali.” Non potranno, infatti, essere i marchi o le etichette a risolvere i problemi di comunicazione delle qualità intrinseche del prodotto, quelle che come si è detto riusciranno a convincere il consumatore e spendere più denaro per l’acquisto di un prodotto, in modo tale da remunerare in modo adeguato il produttore. L’unica vera possibilità di fare una comunicazione approfondita, aggiornata e sistematica è di utilizzare l’onnipotente internet per inserire, gestire ed emettere le informazioni.

mo il valore aggiunto che ci ripagherà dei soldi spesi e ci fornirà la giusta remunerazione. Inoltre impediamo con il “filtro informativo” una eccessiva importazione dei prodotti extra UE di cui, fino a prova contraria, poco sappiamo. Non si può non essere d’accordo. Ma, e qui arriviamo al punto cruciale, come facciamo a comunicare queste informazioni? Il primo dei possibili metodi è quello di essere inseriti in uno dei quattro sistemi di qualità (indicazioni geografiche, agricoltura biologica, specialità tradizionali e prodotti delle regioni ultraperiferiche dell’Unione Europea) specifici a livello UE. In questi casi, “affinché i consumatori possano avere la certezza che le indicazioni riportate in etichetta sono veritiere, il rispetto del disciplinare è controllato da un’autorità pubblica o da un organismo di certificazione privato. Gli agricoltori che commercializzano i prodotti genuini sono tutelati dalla concorrenza sleale di prodotti contraffatti venduti con la denominazione protetta. Il loro impegno e le loro cure supplementari dovrebbero quindi essere ricompensati da un prezzo di vendita superiore”. Una seconda possibilità è quella di conformarsi ad altri sistemi di certificazione nazionali e privati. Infatti, come riportato sempre dalla pubblicazione, “per gli agricoltori, infine, i sistemi in questione rappresentano un costo, ma anche un mezzo per comunicare le qualità dei prodotti ai consumatori”. Però anche il Libro Verde si rende conto del pericolo di assuefazione insito in questa metodologia operativa di esibizione di marchi: “tuttavia, la proliferazione di

Il marchio di garanzia è un fattore limitativo della qualità, quello che io ho sempre definito binario (SI / NO). Un segno grafico che equivale al 6 scolastico e appiattisce tutti i prodotti al livello minimo. Il prodotto è promosso. Bene, ma quali sono le sue caratteristiche? Al momento non è previsto né possibile saperlo. La vera novità sarebbe che il segno grafico non garantisse il prodotto, ma una gestione delle informazioni le più ampie e approfondite possibili, al limite assicurate da un organismo di certificazione, a cui poter attingere in tempo reale attraverso il grande serbatoio dell’web. In questo modo le caratteristiche dei prodotti sarebbero comunicate in modo approfondito ed esaustivo e la funzione “protezionistica” della qualità europea, ma mi piacerebbe dire italiana, sarebbe garantita. Noi siamo già pronti a percorrere questa strada, ora la palla passa al mercato.


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La responsabilità sociale delle imprese

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ra le tante certificazioni che esistono nel settore agro alimentare la Responsabilità sociale delle imprese – CSR – è quella che ultimamente sta interessando molto il settore. La Responsabilità sociale d’impresa è stata definita, sul Libro Verde della Commissione Europea del 2001, come “integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali ed ecologiche delle imprese nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate”. Nel documento è specificato che essere socialmente responsabili vuol dire non solo soddisfare pienamente gli obblighi giuridici applicabili, ma anche andare oltre investendo di più nel capitale umano, ambiente e rapporti con altri parti interessate. I soggetti interessati nel concetto di gestione socialmente responsabile d’impresa sono i portatori di interesse definiti stakeolder così individuati: - Risorse umane; - Soci/azionisti; - Clienti; - Fornitori; - Partner finanziari; - Enti pubblici; - Comunità; - Ambiente. La Responsabilità sociale delle imprese agro alimentari consiste nel preservare la riuscita economica e nel trarre vantaggi commerciali, migliorando la qualità aziendale e conquistando la fiducia dei consumatori. Per le aziende agro alimentari i clienti, infatti, vogliono un fornitore affidabile, che sia riconosciuto per la qualità dei prodotti e dei servizi che offre, i fornitori invece vogliono clienti fidelizzati che ripetano gli acquisti nel tempo ed effettuino con regolarità i pagamenti. L’azienda inoltre vuole contare sul fatto che operi in maniera responsabile a livello sociale ed ambientale e che i propri dipendenti sentano di lavorare in un azienda, che li renda fieri per l’impegno e che riconoscano il contributo che essi apportano. Il concetto di Responsabilità Sociale delle aziende agro alimentari prevede l’integrazione di pratiche sociali e ambientali nella prassi aziendali, così come per l’adozione di altri sistemi di certificazione. L’azienda agri alimentare deve pianificare ove investire le proprie risorse concentrandosi soprattutto su uno o

Paolo Bertazzo, ANCCP srl mkt@anccp.it www.anccp.it (per gentile concessione PUNTO CE)

più temi rilevanti per l’azienda e che si possano ritenere realizzabili nel più breve tempo possibile. L’azienda agro alimentare, ad esempio, potrebbe investire nel settore delle risorse umane, offrendo ai propri dipendenti la possibilità di partecipare a corsi di formazione i cui risultati potranno essere a vantaggio sia dei dipendenti sia per l’azienda stessa oppure introdurre norme e regole che tutelino i lavoratori stessi. Principalmente l’azienda deve guardare soprattutto la gestione interna, ma deve anche valutare e gestire i rapporti con il territorio, la comunità locale e istituzioni pubbliche anche per la tutela ambientale. L’ottimizzazione energetica, la prevenzione all’inquinamento, la gestione dei rifiuti possono portare a riduzioni di costi e favorire quindi la gestione economica dell’azienda facendo così nascere nuove opportunità commerciali con clienti che siano alla ricerca dei famosi certificati “verdi”. Tali iniziative servono all’impresa per ottimizzare il proprio lavoro e per favorire la collaborazione con altre per organizzare gruppi di lavoro e vendita prodotti proprio per ottimizzare la gestione aziendale socialmente responsabile. Per rimanere competitive, le aziende devono sapersi adattare a nuove esigenze di mercato e richieste dalla società in cui operano. In conclusione gli obiettivi in sintesi sono: - l’estensione della cultura della CSR; - la diffusione di uno standard semplice e modulare, al quale le imprese aderiscono volontariamente, che permette il riconoscimento di comportamenti aziendali socialmente responsabili; - l’identificazione degli strumenti di misurazione per analizzare le prestazioni sociali; - Il controllo sugli impegni presi dalle imprese per garantire le attese della collettività. La CSR come già definito in principio è una delle particolari certificazioni emergenti nel settore agro alimentare che si sta piano piano affermando.


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Filiera corta e sviluppo dei Farmer’s markets

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a vendita diretta o filiera corta, è una delle opportunità fornita agli agricoltori di poter integrare il proprio reddito. La crisi del settore agricolo dovuta ad aumenti dei costi di produzione, alla Politica Agricola, all’apertura di nuovi e interessanti mercati in Asia e in America Latina, unita all’insufficiente sostegno pubblico dei redditi, hanno reso necessario ritagliare un nuovo ruolo per l’agricoltore, facendolo diventare non più soltanto un produttore ma anche un fornitore di servizi. Nel 2001 col Decreto Legislativo n. 228, la cosiddetta “legge di orientamento in agricoltura”, è stata perciò regolamentata la vendita diretta, garantendo nuove possibilità di guadagno all’imprenditore agricolo ma anche opportunità di risparmio e maggiore qualità per il consumatore. Questo nuovo canale distributivo interessa sia il settore dell’agricoltura convenzionale sia quello del biologico, ma quest’ultimo si sta confermando ancora una volta un ambito pilota, probabilmente per la presenza di una rilevante percentuale di giovani imprenditori motivati, preparati ed all’avanguardia in grado di investire risorse e personale nella vendita diretta. Anche i consumatori hanno cominciato a mostrare interesse per la filiera corta come emerge dall’Indagine Swg Coldiretti sulle abitudini alimentari, divulgata in occasione della presentazione dei dati Istat sul commercio al dettaglio del 2007. E’ stato infatti registrato un cambiamento di tendenza nelle abitudini alimentari dei consumatori, che preferiscono comprare direttamente dai produttori piuttosto che affidarsi alla GDO, riscontrando maggiore genuinità e convenienza dei prodotti. Sebbene nel D. Lgs. n. 228/2001 siano contemplate quattro modalità di vendita diretta (commercio itinerante; commercio elettronico; commercio su aree pubbliche con posteggio e commercio in locali aperti al pubblico) in questi anni ha preso piede prevalentemente la vendita diretta in azienda, mentre la vendita tramite mercatini in città non ha avuto il successo che ci si aspettava a causa della mancanza di una regolamentazione chiara che ne definisca gli ambiti, ed anche a causa dell’ostruzionismo di alcuni comuni combinato con l’effetto freno esercitato dai commercianti tradizionali. Con la finanziaria del 2007 però, il governo ha deciso di dare slancio ad una formula molto diffusa negli altri paesi europei oltre che in America ed Australia, ossia ai

Carlo Bazzocchi Consulente aziendale esperto di agricoltura biologica Studio Biologico - baztel@libero.it

Farmer’s markets o “mercati agricoli di vendita diretta”. E’ stato perciò emanato un Decreto Ministeriale, il cosiddetto “Decreto De Castro”, in attuazione alla finanziaria 2007 (art. 1 , comma 1065, della legge 27 dicembre 2006, n° 296), che indica gli standard dei mercati (soggetti ammessi, requisiti, ubicazione), definisce il raccordo con la normativa di riferimento e le competenze, e sottolinea il ruolo centrale dei comuni, come dimostra l’intesa istituzionale con l’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani (ANCI). Gli imprenditori agricoli che intendono esercitare la vendita nei mercati agricoli devono comunque ottemperare a quanto prescritto dall’articolo 4 del D. Lgs 228/01. Proponiamo quindi alcune note “operative” di carattere generale, ovvero con valenza comunitaria e nazionale riguardanti il D. Lgs 228/01 integrandole con le novità apportate dalla finanziaria 2007 e dal “Decreto De Castro”, anche se va precisato che molti aspetti di queste operazioni dipendono da leggi, regolamenti e ordinanze di competenza regionale, provinciale, comunale e delle singole ASL. Prevalenza La novità di maggior rilievo del D. Lgs 228/01 consiste nella possibilità riconosciuta agli imprenditori agricoli di vendere al dettaglio sia prodotti provenienti dalle proprie imprese sia prodotti acquistati all’esterno delle stesse, a patto che i primi costituiscano più del 50% dei prodotti commercializzati. Possono essere quindi commercializzati anche prodotti e trasformati extra-aziendali, ma entro certi limiti (circolare 44/E del 14/05/02 dell’Agenzia delle Entrate). Come si evince dall’articolo 4 di tale decreto il limite è fissato a 80 milioni di lire per le ditte individuali e 2 miliardi per le società. Questi limiti sono stati ultimamente alzati rispettivamente a 160 mila euro e 4 milioni di euro da una norma approvata dalla finanziaria 2007. Il loro superamento prevede la cassazione per l’imprenditore agricolo di usufruire delle agevolazioni fornite dal decreto.


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Filiera corta e sviluppo dei Farmer’s markets Vendita diretta Le agevolazioni fornite dall’articolo 4 del D. Lgs 228/01 sono riservate agli imprenditori singoli o associati iscritti al Registro delle Imprese, i quali possono vendere direttamente al dettaglio su tutto il territorio nazionale previa comunicazione al sindaco del comune ove ha sede l’azienda di produzione. La comunicazione va

alla disciplina in materia di igiene degli alimenti e presentare l’etichetta con riportata l’indicazione del luogo di origine e dell’impresa produttrice. Non si tratta in realtà di una novità introdotta dal Decreto, ma di una indicazione tesa a far sì che, potendo gli imprenditori vendere sia prodotti propri sia prodotti e trasformati da altre aziende, si possano identificare i prodotti di

fatta per tutte e quattro le ipotesi di vendita conside-

produzione propria e distinguerli da quelli di altra pro-

rate dalla legge d’orientamento. Non viene fatto nes-

venienza. Nell’espletamento delle funzioni autorizzati-

sun riferimento alla vendita sul luogo di produzione, la

ve, i comuni sono coaudiovati dalle aziende USL, che

quale quindi potrebbe essere accessibile a tutti, com-

attraverso i propri servizi tecnici effettuano le istrutto-

presi gli agricoltori senza iscrizione al registro delle imprese, e senza obbligo di comunicazione alcuna. In caso di vendita su aree pubbliche con posteggio o in locali aperti, la comunicazione va fatta anche al sindaco del comune in cui si intende esercitare l’attività. Nella comunicazione devono essere riportate le generalità dell’imprenditore agricolo, gli estremi di iscrizione al registro delle imprese e l’ubicazione dell’azienda, oltre a indicare i prodotti che si intendono vendere e le modalità con cui si intende praticare la vendita. La comunicazione deve essere effettuata tramite il modello elaborato dall’ANCI disponibile presso il relativo sito internet (www.anci.it) o presso il comune di residenza. Chi effettua la comunicazione deve inoltre attestare: - la non esistenza di condanne nell’ambito delle frodi in materia alimentare o sanitaria; - il non superamento dei limiti previsti dal decreto per i ricavi provenienti da prodotti extra-aziendali; - il possesso delle autorizzazioni sanitarie nelle forme previste per le diverse tipologie di prodotto; - eventuali autorizzazioni regionali per le singole tipologie di prodotto. La stessa disciplina si applica anche nel caso di vendita di prodotti derivati, ottenuti a seguito di attività di manipolazione o trasformazione dei prodotti agricoli o zootecnici. Norme igienico sanitarie Nel 2006 è entrato in vigore a livello europeo il “Pacchetto igiene”, in cui sono specificate le norme igienico sanitarie da rispettare in fase di produzione, confezionamento e trasformazione dei prodotti alimentari. I prodotti in vendita devono essere conformi

rie e i controlli. Aspetti fiscali e contabili In termini di IVA l’imprenditore agricolo, come definito ai sensi dell’art. 2135 del c.c., è normalmente soggetto al regime speciale secondo l’articolo 34 del Dpr 633/72. I produttori agricoli in regime speciale secondo l’articolo 12, comma 2 della legge 413/91, sono esonerati dall’emissione della certificazione fiscale Iva (scontrino, ricevuta fiscale, fattura) in caso di cessioni dei prodotti elencati nella prima parte della tabella A allegata al citato Dpr 633/72 nei confronti di consumatori finali. E’ invece necessaria l’annotazione dei corrispettivi giornalieri nell’apposito registro, distinti secondo l’aliquota applicabile, entro il giorno successivo a quello cui i corrispettivi si riferiscono. Per le aziende che adottano un regime Iva ordinario, per la vendita di tutti i prodotti non citati nella Tabella A e per la vendita di prodotti extra-aziendali che non vengono rilavorati in azienda, è necessaria l’emissione della certificazione fiscale. In caso di vendita a soggetti diversi dal consumatore finale permane l’obbligo di emissione della fattura.


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Normativa Farmer’s markets o Mercati agricoli di vendita diretta Col “Decreto De Castro” si è voluto dare una spinta allo sviluppo dei mercati cittadini fornendo alle amministrazioni comunali requisiti uniformi e standard per la realizzazione degli stessi, identificando le modalità di vendita dei prodotti agricoli, definendo le modalità di autorizzazione e indicando ulteriori priorità ed attività. Viene inoltre centrata l’attenzione sulla valorizzazione del territorio. Infatti, come dichiarato dal ministro stesso, il territorio deve essere il primo a beneficiare della vendita diretta, valorizzando imprese che commercializzano prodotti freschi e trasformati di provenienza prevalentemente aziendale e comunque del territorio in cui la vendita si svolge. I “mercati agricoli di vendita diretta” potranno essere istituiti: - dai comuni; - su richiesta di imprenditori, singoli o associati; - tramite associazioni di produttori o di categoria. In caso di richiesta da parte di imprenditori o associazioni dovrà essere presentata una istanza di autorizzazione completa in tutte le sue parti al comune stesso. Passati 60 giorni dalla presentazione le domande di autorizzazione si intendono accolte. Vengono anche definiti i luoghi in cui potranno svolgersi i mercati, ossia: - su area pubblica; - in locali aperti al pubblico; - aree di proprietà privata.

Bibliografia Multifunzionalità e diversificazione delle attività dell’azienda agricola – Provincia di Rimini, Assessorato Agricoltura ed Attività Produttive – Rimini, 2006. Il divulgatore. Agricoltura, Alimentazione, Ambiente. n.5/2003. “La svolta dell’articolo 4” Pagg.19-28. Il divulgatore. Agricoltura, Alimentazione, Ambirente. n. 3-4/2008 “Vendita diretta”. Pagg. 23-33

Siti consigliati www.anci.ti www.mipaaf.it www.coldiretti.it www.campagnamica.it

I comuni potranno quindi istituire o autorizzare i “mercati agricoli di vendita diretta” sulla base di un disciplinare che ne regoli le modalità di vendita e considerando come obiettivo la valorizzazione della tipicità e della provenienza dei prodotti. I comuni devono inoltre favorire la fruibilità dei mercati rendendo possibile la fornitura di servizi destinati ai clienti. La vendita nei farmer’s markets può essere effettuata dagli imprenditori agricoli iscritti nel registro delle imprese di cui all’articolo 8 della legge 29 dicembre 1993 n. 580 a patto che: - siano titolari di aziende ubicate nell’ambito territoriale amministrativo della regione o negli ambiti dalle singole regioni o negli ambiti definiti dalle singole amministrazioni competenti; - vendano prodotti agricoli, anche manipolati o trasformati, provenienti dalla propria azienda o dall’azienda dei soci imprenditori agricoli, nel rispetto del limite della prevalenza aziendale; - siano in possesso dei requisiti previsti dall’art. 4, comma 6, del decreto legislativo n. 228/01. La vendita può essere effettuata solo dai titolari dell’azienda, familiari coadiuvanti e dal personale dipendente. Anche i “mercati agricoli di vendita diretta” devono essere conformi alle norme igienico sanitarie di cui al regolamento denominato “Pacchetto igiene” e soggetti a relativi controlli da parte delle autorità competenti. Oltre alla valorizzazione del territorio si punta alla valorizzazione dell’agricoltura in generale, permettendo all’interno dei mercati la realizzazione di attività culturali, didattiche e dimostrative legate ai prodotti tipici e artigianali locali. Con questo decreto si intende quindi portare la cultura rurale in città, offrendo un’opportunità di integrazione del reddito per gli agricoltori e dando nuove possibilità di promozione a quelle zone marginali in cui l’agricoltura sopravvive faticosamente. Secondo le stime del MiPAAF (Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali) entro il 2010 il numero di mercati cittadini potrà arrivare a 500, con circa 8 mila aziende agricole ed un giro d’affari stimato tra i 100 e i 150 milioni di euro. (ha collaborato Francesca Pirini)


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