Gennaio 2015

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Negare liquidità alle banche greche, nel momento in cui i grandi evasori e i miliardari portano all’estero i propri capitali, è un atto gravissimo - credo che si possa definire “criminale” - contro i greci, contro la democrazia, contro il buonsenso, contro “l’umanità”, paragonabile a una dichiarazione di guerra. Marco Revelli

CONTRO TUTTI


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“A sinistra” - Periodico mensile Notizie, commenti, proposte della Sinistra Europea VdA Editore: Associazione “Per la Sinistra europea - Valle d’Aosta” n° 1 Gennaio 2015 Direzione e redazione: via Mochet 7, 11100 (Aosta) Coordinamento editoriale: Davide Migliaccio Redazione: Valter Manazzale, Francesco Lucat, Paolo Meneghini

Sommario Tsipras ha vinto! p. 3 Bologna è una vecchia signora...

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Rifondazione VdA è in emergenza economica

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Lettera alla redazione

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Per una costituente di un’altra autonomia

p. 7

Nafta e TTIP p. 8 Comunicato della rete europea di Attac

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Boko haram: bambina di 10 anni usata come bomba, in nome di un dio p. 9 Consigli di lettura p. 10


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Tsipras ha vinto! E con lui abbiamo vinto un po’ tutti noi che abbiamo creduto e sostenuto il progetto L’Altra Europa con Tsipras puntando sul suo, allora sconosciuto, nome. Purtroppo il risultato – 149 seggi – non è quello che avremmo voluto. Per due soli seggi la lista Syriza non ha ottenuto il “premio elettorale” di 50 seggi che avrebbe permesso ad Alexis Tsipras di governare anche da solo. A noi risulta strana l’alleanza di una forza della sinistra con Anel, partito della destra nazionalista. L’accordo ha fatto storcere il naso a molti, non solo in Grecia, ma permetterà alle due compagini di raggiungere un obiettivo comune, fondamentale: sconfiggere le politiche dell’austerità volute e imposte dalla Troika, Unione Europea, Fondo Monetario Internazionale e Banca Centrale Europea. Si tratterà di un governo di scopo, come qualcuno ha voluto definire questa alleanza. Il partito comunista, KKE, d’altronde, per la sua posizione anti-euro, non ha voluto allearsi con Syriza, la soluzione di un accordo con il Pasok, i socialisti, era difficile in quanto essi stessi sono una delle causa della tragedia greca. Bisogna anche rimarcare che Anel è ben lontana dalle spinte autoritarie tipiche della destra. Certamente è curioso che il Pasok, fino a ieri il partito di riferimento del PD in Grecia, tanto che Matteo Renzi non mai voluto incontrare Tsipras mentre lo ha fatto Letta, sia stato abbandonato al suo destino dal centro-sinistra italiano. In due occasioni i destini avrebbero potuto incrociarsi: la prima, nel luglio 2014, quando Tsipras venne in Italia e la seconda, qualche mese dopo, a seguito di una richiesta di incontro da parte del leader di Syriza a cui il “compagno” premier non ha risposto. Oggi sale sul carro dei vincitori e Renzi incontra finalmente l’attuale capo del governo greco, cercando di convincere la gente, grazie ai media, l’idea falsa che i due abbiano gli stessi obiettivi. Il governo di scopo di Tsipras, a differenza di quello di Renzi, ha bloccato la vendita dei Porti del Pireo e di Salonicco, nonché delle raffinerie e della Compagnia Elettrica, quest’ultima, tra l’altro, con un bilancio in attivo solidissimo. Ha reintegrato 3.500 statali, le donne delle pulizie del Ministero delle Finanze e gli addetti ai servizi ausiliari delle scuole, licenziati dai governi precedenti, prima ancora che Atene ricevesse il Presidente dell’Eurogruppo,

inviato dalla Troika. Il messaggio è chiaro: basta con le privatizzazioni, basta con le scelte che portano lo Stato a perdere strumenti importanti per la propria economia e autonomia. Il popolo, con la vittoria elettorale di Syriza, ha deciso che le politiche europee dell’austerità devono finire. Per Tsipras, il mandato degli elettori è chiaro e il governo deve agire di conseguenza: ridare fiato ai cittadini creando occasioni di lavoro (con investimenti pubblici), garantendo la sanità e l’istruzione pubblica per tutti e il reddito minimo garantito (di 700 euro mensili). Sono misure che le associazioni degli imprenditori non hanno osteggiato. Il Ministro dell’Economia, Yanni Varouflakis, ha ribadito all’inviato dell’Eurogruppo che se la Grecia non intende più sottostare alle politiche economiche e sociali che hanno portato il paese alla catastrofe questo non significa che non voglia onorare i propri debiti. Le condizioni però dovranno essere ridiscusse a livello politico e non con i “funzionari” della Troika. E la richiesta non riguarda solo la Grecia, smentendo quanti urlavano alla rapina o alla sovietizzazione del sistema economico greco. Questi sono i motivi che vedono in queste settimane Tsipras e il suo Ministro dell’economia incontrare i premier di Gran Bretagna, Francia, Spagna e Italia alla ricerca di alleati per affrontare la discussione sul debito di tutti quei paesi che sono sottoposti a politiche di austerità. Non dimentichiamo che, tra questi paesi, dopo la Grecia e la Spagna, è l’Italia ad avere la disoccupazione più alta in Europa. Ma la lotta sarà dura. Abbiamo visto i sorrisi di quelli che senza esitare hanno affondato le economie di paesi alleati come l’Irlanda, il Portogallo, e la Grecia. La Germania sembra dimenticare di non aver saldato i suoi debiti e non solo quelli di guerra. E, mentre Draghi getta benzina sul fuoco definendo con disprezzo i titoli greci nell’evidente tentativo di mettere la Grecia sul lastrico e indurre, tramite i media, l’idea che la Grecia non voglia onorare il suo debito, noi, invece, continuiamo a pensare che si debba fare come ha fatto Tsipras: dare la precedenza alle persone piuttosto che alle finanziarie. Salvando le persone l’economia ripartirà perché non esiste un economia senza l’uomo.


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Bologna è una vecchia signora...

Beh, se vai a Bologna, non puoi non ripensare a Guccini, anche se la tua meta è il Nuovo Cinema Nosadella, dove si svolge l’assemblea nazionale de L’altra Europa con Tsipras. Le righe che seguono vogliono essere innanzitutto il racconto in prima persona di una esperienza non solo politica ma umana e culturale e degli incontri vissuti in due intensi giorni. Un’esperienza particolare a partire dall’organizzazione del viaggio. L’idea di noleggiare un piccolo camper per risolvere con un’unica mossa sia il viaggio che il soggiorno, si è incontrata con la proposta di Laura Orsucci, una compagna di Torino, di usare il suo per la trasferta. L’idea è stata messa in rete e abbiamo raccolto diverse adesioni. Alla fine, pur se in maniera un po’macchinosa, eravamo in otto, per cui si è reso necessario il noleggio di un altro mezzo. Così sono partito da Aosta nel tardo pomeriggio di venerdì al volante di una splendida autocaravan affittata presso l’Eurocamping, per andare a raccogliere le persone che da Biella e da Alessandria si sarebbero unite alla comitiva proveniente da Torino. A causa dei vincoli dei partecipanti, solo alle 23,30 siamo riusciti a partire da Alessandria direzione Bologna via Tortona, Piacenza e lungo la via Emilia. Le ore not-

turne hanno sgomberato le strade statali dal traffico cosicché la Padana Inferiore e la Via Emilia ci hanno permesso una velocità di crociera del tutto soddisfacente, minimizzando i costi. Alle tre del mattino, raggiunta Reggio Emilia, abbiamo deciso di concederci qualche ora di buon sonno. La mattina, il traffico crescente ci ha consigliato di sfruttare l’autostrada e siamo arrivati a Bologna per l’inizio dell’assemblea previsto per le 10. Il cinema Nosadella è all’interno di un grande giardino nella prima cintura periferica della città intitolato a Pierfrancesco Lo Russo. Il dato immediatamente percepibile è stata l’ampia partecipazione: il locale era pieno e alla fine gli accreditamenti all’assemblea hanno sfiorato le mille unità. Il clima era di intensa partecipazione ed era in tutti presente la consapevolezza della gravità del momento storico che stiamo vivendo. La coscienza della regressione sociale, politica, morale, culturale ed ambientale prodotta dalla crisi, la necessità di creare un’alternativa reale era palpabile nell’aria, ancor prima che essere espressa negli interventi. La mattinata di sabato è stata occupata dagli interventi per così dire “ufficiali”: dopo l’introduzione di Rosa Rinaldi sono sfilati sul palco, oltre ai tre parlamentari, i rappresentanti di


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Podemos, Syriza, l’intervento in video di Pierre Laurent presidentedella Sinistra Europea oltre a Luciana Castellina e Moni Ovadia. Con diversità di accenti tutti hanno sottolineato la necessità di costruire non solo una alternativa, ma una vera e propria cultura, “un altro linguaggio” per usare le parole di Marco Revelli, chi sottolineando il ruolo fondamentale dei comitati territoriali, come Barbara Spinelli, chi richiamando l’importanza della presenza organizzata nella società come Luciana Castellina. In ogni intervento è stata ben presente la coscienza dell’importanza della prevista e sperata vittoria elettorale di Syriza Il dibattito è entrato nel vivo nel pomeriggio, con una lunga serie di interventi di esponenti dei diversi comitati territoriali. Più che di contenuti politici specifici, la discussione ha riguardato le modalità di costruzione di una soggettività politica condivisa. Un dibattito nel quale la discussione sulle forme organizzative da adottare (il superamento del partito novecentesco, le strutture a rete etc.) rischia a parere di chi scrive, di fare da velo a scelte di contenuto politico, del che cosa

fare. Tanto per fare un esempio: è molto difficile, anzi impossibile, sostenere il movimento NO TAV e nello stesso tempo interloquire con Sergio Chiamparino... Insomma, se si fanno scelte chiare su problemi concreti e si costruiscono inizitive, le forme organizzative seguono di conseguenza... Il dibattito che si è prolungato fino alle undici di sera. Il punto di contrasto, non risolto e che è tuttora oggetto di discussione, è stato quello della rappresentatività del comitato operativo transitorio, che deve organizzare l’assemblea di Marzo dove si dovrebbe dare forma organizzativa all’esperienza de L’Altra Europa e si dovrebbe elaborare una linea politica in cui riconoscersi. In ogni caso, abbiamo finito stremati e diguini, visto che a mezzogiorno ci si era dovuti accointentare di un panino. Fortunatamente Bologna si è confermata città ospitale e siamo riusciti a trovare una pizzeria aperta Dopodiché il gruppo camperisti, cui si erano aggregati un paio di compagn*, si è diretto verso il camper proveniente dalla Valle d’Aosta, per un digestivo a base di genepy. Casualmente avevamo a bordo fontina e pane nero per cui lascio immaginare a chi legge come sia andata a finire. Ma anche questo fa parte di un’esperienza politica. Anzi, forse di un modo giusto di fare politica. La mattinata di domenica è stata occupata da una serie di interventi sul debito pubblico, la sua genesi e i possibili rimedi. Piergiovanni Alleva ha svolto una relazione di grandissimo spessore sul “jobs act”, evidenziando la regressione a livelli ottocenteschi del diritto del lavoro perpetrata con questo provvedimento denunciando il ruolo totalmente subalterno della “sinistra” del Pd che, nei fatti, ha spianato la strada alla sua approvazione. Sulla strada del ritorno, fermandoci per concederci un necessario ristoro, convenivamo che la strada da percorrere è ancora molta. Riprendendo le citazioni veterotestamentarie di Moni Ovadia: se a Bologna è iniziato l’Esodo dalla schiavitù della Troika – Faraone, non siamo ancora arrivati al Mar Rosso e dobbiamo ancora trovare il nostro Mosè. (che non necessariamente è una persona in carne ed ossa...)

Francesco Lucat


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Rifondazione Valle d’Aosta è in emergenza economica

Se non cambiano le cose, dovremo lasciare la sede. Lunedì 22 gennaio 2015, dietro richiesta del direttivo dell’Espace Populaire, abbiamo avuto un incontro sulla nostra situazione all’Espace. Il problema è che da quasi un anno non abbiamo più alcun tipo di disponibilità economica che ci consenta di continuare a versare il nostro contributo alla cooperativa dell’Espace per l’utilizzo della nostra sede. Ci è stato quindi chiesto o di ricominciare a contribuire all’affitto dell’EP oppure, entro la metà di gennaio, di lasciare la sede in modo che la cooperativa possa utilizzarla per ricavarne soldi. Ci è stato fatto un quadro molto difficile della situazione economica dell’EP per cui è loro impossibile lasciarci la sede a titolo gratuito. Prima di vedere come possiamo affrontare questa situazione, credo sia utile un breve riassunto delle nostre vicende economiche con l’EP, per capire meglio da dove tutto abbia origine. Rifondazione ha sostenuto fin dall’inizio la costituzione dell’Espace Populaire. Addirittura all’inizio Piero Valleise, allora segretario, era uno dei tre firmatari del contratto di affitto. La disponibilità economica di cui godevamo, frutto dei contributi del nazionale e dei versamenti dei consiglieri regionali dell’Arcobaleno Vallée d’Aoste, cui Rifondazione accedeva in base all’accordo economico che avevamo stipulato per le elezioni regionali del 2003, ci permetteva di sostenere l’Espace con un versamento pari a un terzo dell’affitto (600 euro mensili). Non abbiamo mai stipulato un vero contratto di affitto, perché il contratto stipulato con la proprietà vietava

il subaffitto. Semplicemente davamo il nostro contributo come sostegno a un’impresa culturale/politica e eravamo presenti in quella che sostanzialmente era vista come la casa della sinistra. I problemi sono cominciati con le elezioni regionali del 2008 in cui, per 78 (settantotto!!) voti l’Arcobaleno Vallée d’Aoste non è entrato in Consiglio regionale. Questo ha significato la fine del contributo che i consiglieri regionali versavano, oltre che la fine dell’esperienza dell’Arcobaleno, visto che i Verdi (rectius: Elio Riccarand) hanno deciso di andare a partecipare alla costituzione di ALPE. In questi anni le nostre risorse sono state costituite da alcuni contributi che ci sono venuti dall’Alleanza Autonomista Progressista versati dagli eletti nel Parlamento Nazionale (quando c’erano) a seguito delle alleanze stipulate in occasione delle elezioni politiche. Inoltre eravamo riusciti ad accantonare, da brave formichine, buona parte di quanto ci arrivava dal nazionale prima dell’horribile 2008. Gli ultimi impegni presi, in particolare la partecipazione alle elezioni regionali, hanno assorbito quasi interamente le nostre risorse. A questo va aggiunto il fatto che il PD non sta in alcun modo rispettando l’impegno preso in occasione della campagna elettorale per le ultime regionali, che prevedeva che i contributi che gli eletti avrebbero versato sul conto corrente del partito democratico, sarebbero poi stati redistribuiti fra le diverse forze che avevano contribuito al successo della lista. Sono passati diciotto mesi dalle elezioni regionali e non abbiamo ancora visto un centesimo.

Lettera alla redazione: “Si scrive Constituante e si legge Ré-Union” Constituante? Ma di cosa? Si riunisce un gruppo di persone per chiedersi che cosa sia l’autonomia, ma, in realtà si sta già pensando a che poltrona occupare. È stato evidente che nessuno aveva la pur minima idea di cosa potesse essere l’autonomia futura tanto che, il giorno dopo, non se ne è già più parlato. E Cogne è rimasta un vuoto a perdere. Ecco, allora la spiegazione della Constituante sta tutta in quella foto pubblicata su un sacco di giornali dove appaiono in prima fila Dino Viérin e Augusto Rollandin e, in seconda fila, Laurent Viérin. Prove di Ré-Union, null’altro che questo: bisognava vedere chi ci stesse e chi no. Ora, sono tutti sui giornali a dire: ma no, non si tratta di prove di union, figuratevi, anche gli incontri di questa settimana sono stati una cenetta tra intimi. Quando quattro segretari di partito si incontrano non si sono cose fatte per caso. Si è trattato di un “trattato” di spartizione che ha le sue origini in quel di Cogne e che non si esaurirà a Cogne, ma che sposterà i suoi esiti su Aosta e su gran parte della Valle attraverso le elezioni comunali. Cogne è stata la prova che Rollandin e Viérin padre avevano intenzione di rimettersi assieme per non rimetterci la pelle. È un patto di non aggressione giocato sulla pelle

degli elettori che li hanno votati perché alternativi gli uni agli altri, di coloro che credono ancora che se uno dice che vuole cambiare non si allea con l’avversario. Chiarezze in Cogne non ne sono state date, assolutamente nessuna. Si è parlato di autonomia senza un documento di riferimento e senza un ordine del giorno. Un contenitore vuoto e con il fondo bucato dove le parole sono entrate e uscite senza che nulla potesse trattenerle. Una prova di retorica bieca e vuota fatta per buttare fumo in faccia alla gente e annebbiare la vista agli elettori. Nulla di più e nulla di meno: il vuoto elevato a politica. Parlare di autonomia evita di parlare di un sistema compromesso e fallimentare e di chi questo sistema lo ha montato e ora non lo sa o non lo può più fare funzionare. Parlare di autonomia aiuta a creare un nemico, ma non a cercare soluzioni, neppure a proporle queste soluzioni perché proposte non ce ne sono state. Il vuoto pneumatico appunto. Ma nel vuoto non si vive, si muore soffocati. Elio Riccarand anni fa disse che noi valdostani saremmo morti soffocati dal nostro benessere, oggi si può dire che moriremo soffocati dal nostro vuoto. Taddeo


Per una costituente di un’altra autonomia Il 10 gennaio, a Cogne, convocata dall’UVP, si è tenuto l’incontro “Pour une Constituente Valdôtaine” con l’obiettivo di “rilanciare l’autonomia attraverso un percorso organico e serio di riforme da sottoporre e condividere con le istituzioni e soprattutto con la comunità valdostana” per usare le parole di Alessia Favre. I temi proposti sono stati “L’autonomie des droits dans le triangle Aoste-Rome-Bruxelles” e “L’autonomie des devoirs et des responsabilités (les thèmes de la communauté, du système d’autonomie, de la famille, de la langue et de la culture)”. Va detto che la scelta altamente simbolica del luogo (Cogne, liberata dai partigiani, simbolo della lotta per la libertà) e della data (il 10 febbraio 1946 si riuniva il primo consiglio regionale della Valle d’Aosta) non può non essere apprezzata: è il riconoscimento che le radici dell’autonomia valdostana affondano nel terreno della lotta di Resistenza al fascismo. Un dato non trascurabile, in questi tempi di revisionismo spinto e di rigurgiti (per usare un eufemismo) nostalgici. Gli interventi che si sono susseguiti, hanno richiamato i valori tradizionali dell’autonomia. Etienne Andrione ha citato esempi di democrazia diretta della Confederazione svizzera, il giovane Giuliano Morelli ha testimoniato del disagio giovanile nell’epoca della crisi, Liliana Bertolo ha sottolineato i valori della cultura e della comunità. Il senatore Dujany ha criticato, con una lucidità assolutamente invidiabile in una persona che ha vissuto così a lungo senza diventare vecchio, la “riforma” del Senato in corso. Sono intervenuti anche il presidente del Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia, Franco Jacop e Lorenzo Baratter, capogruppo del Partito Autonomista Trentino Tirolese, una formazione attualmente alleata del Partito Democratico.

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È emersa, in generale, la preoccupazione per l’attacco alle autonomie speciali, con le proposte di riforma del Titolo V della Costituzione e la riduzione del numero delle Regioni. Riforme costituzionali che tendon e la preoccupazione per la scarsa attenzione che il tema dell’ autonomia riscuote nella società, in particolare fra i giovani. Gli interventi che si sono succeduti, hanno visto una unanimità invero sconcertante sul valore dell’autonomia. Una unanimità che ha riunito con sfumature varie soggetti teoricamente molto lontani fra loro: da Andrea Paron e Massimo Lattanzi fino a Raimondo Donzel... Unica voce fuori dal coro, quella di Sandro Bortot, che con la consueta franchezza ha denunciato il sistema di potere clientelare costruito all’ombra dell’autonomia speciale. Un sistema invero assai poco criticato, tranne qualche intervento in cui si è sottolineato che troppo spesso l’autonomia è (era) vissuta come “l’autonomia dei buoni benzina”. Non si sono però sentite voci critiche o di analisi sul fatto che l’autonomia sia un tema poco sentito. Una riflessione sul fatto che il modello di società in cui viviamo mette al primo posto l’individualismo, che il pensiero neoliberista, ben espresso dalla thatcheriana idea che “la società non esiste” sia la negazione del l’ ideale comunitario cui si ispirava la Carta di Chivasso, che arrivava ad ipotizzare un’economia collettivizzata e rivendicava l’autogoverno di quelli che oggi chiamiamo “beni comuni”, non si è sentita. La filosofia che sta alla base delle “riforme” del governo Renzi, in perfetta continuità con i governi che lo hanno preceduto, è quella di una controriforma neoliberista degli Enti Locali che punta a minare il loro ruolo come possibili “enti di prossimità” più vicini ai bisogni dei cittadini, capaci di garantire diritti costituzionali universali MBT


NAFTA e TTIP Trattati che segneranno la fine della democrazia, del rispetto dell’ambiente e del lavoro. NAFTA e TTIP sono due sigle che per, molti se non moltissimi di voi, suonano come parole assolutamente sconosciute. Nella precedente edizione del giornale «A SINISTRA» (Dicembre 2014) un breve articolo spiegava cos’è il TTIP e come questo scempio di trattato, che è discusso nel parlamento europea ma in assoluto silenzio mediatico, potrebbe compromettere le nostre vite ed essere ricordato nella storia come il peggior attacco alla democrazia italiana ed europea dal dopoguerra ad oggi! Come già scritto nell’articolo del mese scorso, il TTIP darebbe carta bianca a qualsiasi multinazionale di produrre e di vendere senza più gli attuali vincoli di qualità e di rispetto dell’ambiente. Insomma, il profitto giustificherà l’inquinamento, il diritto alla salute dei lavoratori e la qualità dei prodotti tipici italiani e valdostani non saranno più garantiti. Un esempio concreto che i valdostani possono capire è il seguente: vi piacerebbe se la Fontina fosse prodotta negli Stati Uniti e poi venduta nei nostri scaffali senza rispettare gli standard di qualità che può vantare oggi? Per spiegare ai valdostani l’importanza e la preoccupazione che c’è (o che ci dovrebbe essere) attorno al TTIP, noi de L’Altra Valle d’Aosta abbiamo invitato in Valle d’Aosta un giornalista che è stato in Messico e cha ha raccontato nel suo documentario Angeli e demoni nel laboratorio dell’impero come il NAFTA (“North American Free Trade Il documentario proposto illustra un paese dalle grandi tradizioni di lotta e rivoluzionarie precipitato nel baratro di una tragedia senza uguali al mondo. Una tragedia universalmente occultata perché conoscere quello che succede in Messico significa avere la percezione di quanto gli Usa e l’Occidente preparano ai propri popoli e al Sud del Mondo, ma anche di come la Resistenza messicana eroicamente vi si oppone. Si tratta di un avvertimento drammatico sulla confluenza tra crimine di regime, crimine imperiale e crimine organizzato, che utilizzano una finta guerra al narcotraffico, guidata da esperti del Pentagono, per militarizzare il paese e soffocare ogni fermento sociale, politico, culturale, fermenti che vedono in prima fila le donne. 20mila migranti uccisi ogni anno, sui 600mila che tentano dal Centroamerica e dal Messico di raggiungere gli Usa, 35mila civili innocenti uccisi da quando Felipe Calderon è presidente, migliaia di donne sterminate dai narcos e dalle forze “di sicurezza” nell’inferno di Ciudad Juarez e degli Stati di confine con gli Usa. Una sovranità ceduta integralmente agli Usa e alle sue multinazionali dal lavoro schiavistico. Un’anticipazione di quanto i vari Marchionne e affini, il retroterra mafioso e la militarizzazione, vorrebbero per il nostro paese.Un terribile campanello d’allarme, ma anche una lezione di dignità e di forza dei figli di Pancho Villa e Emiliano Zapata. http://fulviogrimaldi.blogspot.it/p/messico-angeli-edemoni-nel-laboratorio.html

Davide Migliaccio

Agreement”, un trattato analogo a quello che sarebbe per noi il TTIP) ha drasticamente cambiato la vita dei messicani. Questo trattato riguarda il Messico, gli Stati Uniti e il Canada e ha sostanzialmente lo stesso scopo che avrebbe il TTIP in Europa: demolire la democrazia per arricchire le aziende multinazionali. Il giornalista si chiama Fulvio Grimaldi e sta portando in giro per l’Italia questo suo ultimo documentario per narrare la tragica realtà socio-politica del Messico. Dove un presidente di estrema destra corrotto si macchia del sangue delle donne messicane, le uniche figure sociali in Messico che cercano di tenere insieme un tessuto sociale che si sta disgregando sempre più. Quello che ha portato Grimaldi a compiere questo viaggio è senza dubbio per colpa della totale assenza di informazione di queste realtà nei nostri media. Dato che il modo migliore per capire veramente i problemi è viverli, ecco che abbiamo fissato due importanti incontri con Fulvio Grimaldi il 13 febbraio e dove verrà proiettato il suo ultimo documentario Angeli e demoni nel laboratorio dell’impero. I due incontri si svolgeranno ad Aosta (sala dell’Hotel des Etats – Piazza Chanoux n°8 alle ore 21.00) e Verrès (sala conferenza della Biblioteca - Via Delle Murasse 1 alle ore 17.00). Vi aspettiamo numerosi!

Carlo Petrini, presidente di Slow Food, ha così commentato il pericolo che il trattato TTIP diventi realtà: «In questo momento in tutta Europa associazioni e anche istituzioni temono la piega che sta prendendo il negoziato. Nella segretezza stanno mettendo al centro di tutto una strada ampia di libero commercio che pensa solo ai fatturati. Inoltre, le norme sull’arbitrato mettono in condizione le grandi multinazionali, con i loro pool di avvocati agguerriti, di poter fare causa agli Stati che non ottempereranno alle regole concordate». Per le economie locali Petrini vede nero. «Si dice che questo accordo – conclude il presidente di Slow Food – favorirà l’aumento dei posti di lavoro, ma non mancano studi e analisi che mettono in discussione questo assunto».


Comunicato della rete europea di Attac

Nelle elezioni greche del 25 gennaio la speranza ha vinto sulla paura e sulla rassegnazione, dando ai cittadini greci la possibilità di essere governati da un governo di sinistra per la prima volta. Questa vittoria sta facendo rinascere la speranza non solo tra il popolo greco, ma tra i cittadini europei, che hanno espresso la loro solidarietà nella lotta contro le politiche di austerità della Troika. Questa solidarietà si è manifestata durante la campagna elettorale, non solo attraverso la presenza fisica alle iniziative che si sono tenute in Grecia, ma anche attraverso manifestazioni in tutta Europa. In un certo senso, noi tutti abbiamo partecipato a questa vittoria storica. Il risultato ci incoraggia: con queste elezioni i cittadini hanno rivendicato democraticamente il loro diritto di decidere. I primi atti e dichiarazioni di questa nuova maggioranza confermano la sua volontà di lottare contro le politiche di austerità in Grecia e in Europa, per sollevare i cittadini dal peso del debito pubblico, utilizzato per imporre politiche neoliberiste che negano i diritti e la giustizia sociale. La lotta sarà dura e richiederà un continuo supporto. La rete degli Attac europei si propone di offrire sostegno a questa lotta, che è anche la nostra lotta per cambiare le

Marco Bersani - Attac Italia

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politiche europee. Non sarà facile, e alcune scelte politiche talvolta potranno essere oggetto di critica. La rete degli attac europei guarderà con occhio critico alle scelte del governo Syriza. Daremo il nostro sostegno a questo difficile esercizio del potere politico, nella misura in cui le politiche attuate contribuiranno a fermare le politiche di austerità, rafforzeranno le istituzioni democratiche, toglieranno dalle grinfie dei mercati i diritti dei cittadini, attueranno la transizione ecologica, e ripristineranno la giustizia sociale in tutta Europa. Più in particolare, consapevoli che il problema del debito pubblico in Europa ci riguarda tutti e che è di vitale importanza per la Grecia, che è di fronte a un livello insostenibile del debito, ci batteremo a favore di una Conferenza europea sul debito pubblico, analoga alla Conferenza di Londra del 1953 che ha trattato del debito della Germania prima e dopo la guerra. La vogliamo utilizzare per proporre una ridefinizione dei ruoli e del potere delle istituzioni UE. Il nostro obiettivo è un’Europa solidale che faccia gli interessi della maggioranza dei cittadini, invece di imporre la volontà di pochi su tutti.

Boko Haram: bambina di 10 anni usata come bomba, in nome di un dio Il 2015 sia apre con notizie terribili. La parola più gettonata sui social network e sui principali media internazionali è senza dubbio “terrorismo”. Il mondo occidentale subisce il primo vero affronto contro l’ISIS e il terreno di scontro è questa volta la Francia, nella sede del giornale satirico Charlie Hebdo, dove viene compiuta una strage in pieno giorno da parte di un gruppo di jihadisti francesi dopo aver ritenuto offensiva una vignetta che il suddetto giornale aveva pubblicato qualche tempo prima. Sicuramente sono stati momenti terribili anche per noi italiani, dovuti al fatto che siamo molto vicini alla Francia sia a livello geografico sia a livello culturale, ma una cosa davvero triste in tutto questo susseguirsi di attentati terroristici è che molte notizie passano in secondo piano, come se i morti francesi avessero più valore dei morti di un altro stato più lontano del nostro. Voglio quindi cogliere l’occasione per ricordare un’altra strage che è avvenuta a gennaio: la strage avvenuta in Nigeria per mano del gruppo terroristico del nord della Nigeria: Boko Haram (la cui traduzione è “l’educazione occidentale è peccato”). A gennaio Boko Haram ha dato fuoco a 16 villaggi uccidendo un centinaio di persone. Qualche giorno

dopo è successo un fatto a dir poco eclatante: un attentato suicida ha provocato circa 20 morti, il fatto sconcertante è che è stata usata una bambina di soli 10 anni come veicolo dell’esplosione, è stata, infatti, riempita con bombe e fatta esplodere in un mercato. Un fatto agghiacciante, ma che non è passato agli ordini di cronaca perché i nostri media erano evidentemente troppo occupati sul caso Charlie Hebdo. Alcuni giornali hanno anche riportato malamente la notizie con titoli del tipo: “bambina di 10 anni si fa esplodere in Nigeria”. Queste notizie sono un danno per i lettori meno attenti, perché una bambina di 10 anni non “si fa esplodere” da sola, è contro natura, è contro la logica di un bambino togliersi la vita. La bambina è stata usata forzatamente ed è stata fatta esplodere a distanza da parte dei terroristi! Quindi voglio ricordare a tutti i lettori che il terrorismo ha molte facce, colpisce in vari luoghi e in vari stati, ma ricordiamoci che un francese, un italiano, un nigeriano o un palestinese hanno lo stesso valore e non possiamo far finta di niente quando accadono delle stragi anche se sono a decine di migliaia di chilometri da casa nostra.

Davide Migliaccio


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Amedeo Bologna, Il gatto di Majakovskij, Edizioni Vida (Gressan - Ao) p. 236, euro 13,50

Leggendo questo romanzo si viene catapultati in una Torino ubriaca, ebbra di torsioni verso la grande letteratura. Majacovskij, rivoluzionario e cantore bolscevico, si manifesta in città alla ricerca di un vecchio quaderno compilato in una prigione zarista: inizia così una sorta di balletto demoniaco, dalle evidenti suggestioni bulgakoviane, con personaggi che si muovono e ci parlano dell’identità della vecchia “Augusta taurinorum” oggi. Tra un gatto che forse arriva dal 1930, un writer che vorrebbe colorare il grigio del cemento di periferia e scali ferroviari, un barone universitario marchettaro, un libraio ambulante, un editore, una prostituta venuta da lontano, il romanzo assume con studiata scansione temporale i toni del poliziesco. Nel crescendo tellurico della narrazione, il fuoco della vendetta del poeta tornato, scardina le certezze circadiani: il lettore non distingue più il giorno dalla notte, confonde le distanze, teme l’irruzione del bolscevico nei sogni notturni. L’autore riesce a farci percorrere la linea del tempo tra fantasie rivoluzionarie (grandi speranze tradite?) e la liquidità baumaniana di questi tempi agri per poi riportarci in alto nel cielo dei poeti con il compagno Majakovskij. Piero Valleise

Barbara Tutino, La miniera, END edizioni (Gignod - Ao) p. 114, euro 10,00

La neve ha appena imbiancato il sentiero, una donna cammina da sola assorta nei ricordi e nelle riflessioni che quel percorso erto e freddo non può fare a meno di richiamare alla sua memoria. La meta è la vecchia miniera di Colonna, a Cogne. Il nonno della donna ne era stato il direttore dal 1921 al 1944, in quegli anni il paesino fu il rifugio e la casa di un gruppo di partigiani che, sfidando fascisti e tedeschi, fondarono la cosiddetta “Repubblica di Cogne”. La miniera giocò un ruolo importantissimo per la Resistenza in quelle valli, gli occupanti tedeschi infatti, avevano bisogno della materia prima estratta a Colonna per mantenere in funzione gli stabilimenti della “Cogne”, ad Aosta. Il libro di Barbara Tutino, però, non racconta solo la storia della Repubblica partigiana, ma tocca molti temi legati alla contemporaneità, al legame fra memoria e territorio, alla necessità di tenere vivo il rapporto con il passato perché solo i cinici speculatori vogliono farci credere che i luoghi, le cose e addirittura le persone, ad un certo punto non servono più e vanno abbandonati nel nome de progresso. L’autrice racconta una nuova Resistenza: quella di un gruppo di cognein che lei chiama affettuosamente “gli aborigeni” che lotta perché la miniera non sia abbandonata o utilizzata con finalità poco chiare asservite alle logiche di una oscura speculazione. Lottano perché la collettività se ne riappropri, perché la faccia rivivere, come se salvare quel pezzo di Cogne equivalesse a salvare anche loro, la loro memoria, la fatica dei loro padri, le battaglie dei loro nonni. Sullo sfondo delle riflessioni di Barbara Tutino un’altra vicenda si srotola: è quella della realizzazione di un film documentario proprio sulla vecchia miniera, un’“impresa”, in un certo senso, che saprà risvegliare l’amore e l’orgoglio per un luogo della memoria che forse alcuni avevano già imparato a dimenticare. Francesca Schiavon

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