Roma 3 news DECRESCITA SERENA

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Tutta la realtà è relazione Una giornata di studio su Raimon Panikkar

Il dipartimento di Filosofia in collaborazione con il Cirpit (Centro Interculturale dedicato a Raimon Panikkar) ha organizzato, il 14 maggio scorso, presso la Facoltà di Lettere e Filosofia, una giornata interamente dedicata al filosofo spagnolo. Un’occasione per conoscere e approfondire il suo pensiero e la sua Giulia Pietralunga Cosentino dottrina che offrono non pochi spunti di riflessione per leggere e provare a comprendere la realtà che ci circonda. A guidare i presenti si sono susseguiti numerosi interventi coordinati da Maria Roberta Cappellini, presidente del Cirpit e da Giuseppe Cognetti, docente dell’Università di Siena, intervallati da proiezioni audiovideo con significativi contributi tratti da interviste e conferenze che Panikkar ha tenuto durante tutta la sua intensa attività. Raimon Panikkar è nato il 3 novembre 1918 a Barcellona da padre indiano e hindù e da madre catalana e cattolica. Fin da bambino, dunque, poté adottare, coltivare e parlare di tradizioni diverse nelle quali non si è mai sentito estraneo. È vissuto in India, a Roma (dove è stato libero docente dell’Università), e negli Stati Uniti. Nel 1987 è tornato in Catalogna e ha stabilito la sua residenza a Tavertet dove ha continuato a tenere corsi, seminari e incontri su temi filosofici, religiosi, culturali e di approfondimento delle diverse tradizioni dell’umanità. L’enorme attività di Raimon Panikkar, qui appena accennata, deriva il suo significato profondo dalle idee e dalle esperienze che l’hanno ispirata. Nel corso della sua vita ha mantenuto un intenso contatto con l’India dove si recò per la prima volta nel 1954. La sua formazione intellettuale, fra Occidente e Oriente, gli ha consentito di riflettere nella sua opera un dialogo filosofico costante tra tradizioni, ideologie e credenze diverse, assolutamente non convenzionale. Il nucleo del pensiero di Panikkar può essere racchiuso nella sua concezione della realtà. La realtà non ha struttura, ma si esprime nell’interconnessione di tutto con il tutto. La filosofia è cogitare e colligere, pensare e raccogliere. Il suo pensiero, ispirato dal Raimon Panikkar

principio advaita (né monista, né panteista, né dualista), propone una visione dell’armonia, della concordia, che vuole scoprire “l’invariante umano” senza distruggere le diversità culturali che mirano tutte alla realizzazione della persona in un continuo processo di creazione. Il dialogo non è per gli uomini un lusso, ma qualcosa di strettamente necessario. E il dialogo, soprattutto interreligioso, ha un ruolo importante. Panikkar non ha mai inteso questo dialogo come un dialogo astratto, teorico, un dialogo basato esclusivamente sulle credenze, ma come un dialogo umano che scende in profondità, nel quale si cerca la collaborazione dell’altro per la mutua realizzazione, dal momento che la saggezza consiste nel sapere ascoltare. E la creazione avviene ogni giorno, è un fatto pratico, concreto. Attraverso il suo pensiero è possibile leggere la realtà e immaginarla in maniera diversa, cercando un modo di vivere nuovo, forse più umano. Negli anni Ottanta Panikkar utilizzò il termine terricidio, stigmatizzando lo sfruttamento intensivo della terra che ci sostiene, per descrivere l’epoca in cui viviamo. Con una visione concreta e anche globale dell’esistenza, Panikkar ha, quindi, inteso difendere non solo l’armonia tra gli uni e gli altri e con noi stessi, ma anche e soprattutto la nostra armonia con la natura; nei suoi scritti ha difeso la sacralità della vita e la sua inviolabilità, denunciando come si sia perduta la sensibilità per la sacralità della materia. L’ecosofia, altro concetto cardine della dottrina del filosofo, è la nuova saggezza della terra. Ciò che è umano, ciò che è infinito o divino e ciò che è materiale, non sono tre realtà separate ma i tre aspetti di un’unica realtà. E questa è stata la sua intuizione cosmoteandrica o teandropocosmica che invita a vivere in maniera armonica con il tutto. Nelle sue riflessioni trapela la lucida consapevolezza dell’impossibilità di una crescita economica infinita e la contraddittorietà che caratterizza il concetto occidentale di sviluppo. É necessario un cambiamento, un’inversione di rotta rispetto al modello dominante di crescita e di accumulazione illimitata. Una decrescita felice, citando Serge Latouche, che possa far immaginare non solo un nuovo tipo di economia, ma anche una nuova e più equilibrata società nella quale ciascuno è protagonista della propria vita ed è partecipe della comune avventura umana dell’aver cura della realtà intera.

recensioni

di Giulia Pietralunga Cosentino

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