SOFA

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177 Wangen röteten sich wegen der Wärme und so war ihr Lächeln noch süßer. Vor den Felsen, bevor ich rutsche, bleibe ich stehen: Weiter unten liegt die Strada Napoleonica, die von Contovello nach Opicina führt. Sie ist für den Verkehr gesperrt und der erste Abschnitt dient dem Klettersport. Aus der Ferne höre ich Stimmen. Ich setze mich an den Rand und strecke mich aus. Mein Schädel brummt. Das Gras ist feucht und die Wiese abge­ treten, jemand muss schon mal hier gewesen sein. Hier hat man eine schöne Aussicht, es ist wie die Unendlichkeit, die sich öffnet, das Blau, der Him­mel und das Meer fließen ineinander. Der Atem verlangsamt sich, aber ich stehe auf. Alles ist schrecklich. Ein Thymianbüschel, ein Kalkstein und ein Armband. Es ist aus Korallen und Gold. Es scheint, nein, es ist ähnlich … Es ist meins, in Spalato gekauft, bei den Marktständen; aber das kann nicht sein. Ich hab’s für Emilia gekauft. Es gehört Emilia. „Hej, dumme Sau, siehst du das?“ „Und, du Schlampe, steh’ auf, denn der kriegt bestimmt keinen mehr hoch.“

„Bastard!“, sagt sie und lässt den weißen Busen aus der Bluse hervorblitzen, während sie aufsteht; wunderschön … „Gut, still ihr beiden, sonst wecke ich meinen Freund hier wieder auf und blase euch die Gehirne weg; dann serviere ich euch englisch gebraten an den erstbesten Passanten. Und jetzt verpisst euch beide!“ Jürgen, der Riesenaffe, der zwei Zentimeter entfernt war und den Lauf auf den Bauch richtete, nahm Emily an der Hand und mit sich fort. „Und außerdem … wartet an der üblichen Stelle auf mich und baut keinen Scheiß.“ Während sie davongingen, beleidigte sie mich weiter – netter Charakter, eine Scheißhure war das! Eine in Elektrotechnik promovierte, mit einer Leidenschaft für elektronische Tricks, ans „andere Ufer“ gewechselt … Aber sie hatte Recht: Ich hätte Nitro nicht hineinziehen sollen, er war ja nur eine Laborratte, nicht mehr. Der Rettungswagen kam an und übertönte mit seiner Sirene die Beschimpfungen für einen Augenblick. Eine Gruppe von japanischen Punks blieb stehen und filmte die Ärzte und Schwestern, die ausstiegen. Dann fixierten sie das Innere des

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ingegneria elettronica, con la passione delle truffe telematiche, passata all’altra sponda … Ma aveva ragione, non avrei dovuto tirare in mezzo Nitro, era solamente un topo di laboratorio e niente più. L’ambulanza era già arrivata e coprì per un momento gli insulti con la sirena. Un gruppo di punk nipponici intanto s’era fermato e filmava dottori e infermieri che scendevano; poi si fis­ sarono sugli interni dell’automezzo. C’era il corpo esanime di Nitro steso a terra in una pozza scura e sarebbe stata una bellissima inquadratura dall’alto con la barella e i dottori bianchi che stava­no arrivando con il salvacondotto, direttissimo, per l’obitorio. L’ultimo film di Nitro, Nitro e le angeliche; oppure Nitro all’Inferno, l’ultimo sogno di Nitro: ecco qualche bel titolo per quei coglioni, ovviamente in giapponese con i sottotitoli. Ma Nitro era stato grande: era soprannominato così dai tempi del liceo perchè fabbricava bombe carta come un artigiano di Napoli. Indimenticabile fu l’impresa di far saltare le tubature all’ultimo piano della scuola, con un congegno termico. Tutto l’edificio allagato il primo giorno di

riscaldamento, scuola evacuata, quindici giorni di vacanza: un eroe. Nel 1999 dopo l’ultima bomba scoppiata in cantina s’era ritirato dalla professione; quindi s’era laureato, era entrato nella scientifica; dieci anni di impeccabile lavoro sul set, era morto da idiota nella sua prima azione perchè stufo del suo buco. Da un buco all’altro era stato il suo percorso spirituale; dalla cantina alla scientifica, dalla vita all’eternità. Forse questo vale per tutte le persone, tutte le persone che in un modo o nell’altro vogliono cambiare, vanno da un buco ad un altro buco; o tutte le persone che pensano sia il mondo a cambiare e giudicano, guardano un buco da un altro … Alla fine un buco dove stare serve a tutti. Serve un buco ben dato, stupefatto, dove tutti possano specchiarsi tranquillamente, guar­ dare, rivolgersi al cielo o alla terra, sognare, girare su stessi, pregare e ballare, morire e cantare, un buco proprio da cui mandare a fanculo tutti quanti, un buco nel bosco dove nascondersi e spiare i maghi e le fate e i draghi nell’ultimo sortilegio; un buco da cui urlare, un buco da cui il suono è una freccia conficcata nel tramonto od uno sciame che

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