
2 minute read
Sordocecità
Sordocecità, un doppio handicap poco (ri)conosciuto
Catherine Hutter è cieca e ha l’udito gravemente compromesso. Da tempo lotta perché questa forma di disabilità multipla venga riconosciuta, sia a livello giuridico sia nella realtà di tutti i giorni. A cominciare da un segno distintivo.
TESTO JÉRÔME LATHION | FOTO OLIVIER VOGELSANG
Scena di strada losannese. Catherine Hutter attraversa le strisce pedonali con il bastone bianco- rosso alzato. Gli automobilisti che si sono fermati lo guardano sorpresi.
Infatti è raro se non unico in Svizzera.
Catherine Hutter lo ha ricevuto in regalo dal presidente della Federazione bulgara sordociechi, incontrato cinque anni fa in Finlandia in occasione di un’assemblea della European Deafblind
Union (EDbU), organizzazione gestita da soci portatori di questa disabilità sensoriale combinata in 20 paesi.
Un dono prezioso per la nostra interlocutrice, che soffre della sindrome di Usher fin dall’infanzia: «Sono nata quasi sorda e affetta da retinite pigmentosa, una malattia congenita degli occhi. Tale condizione si è accompagnata a mutismo fino ai cinque anni. Le persone che mi circondavano non si rendevano conto del problema alla base della mia goffaggine» ricorda la settantenne. È molto comunicativa benché abbia perso completamente la vista quattro anni fa e riesce a sentire le nostre domande solo tramite l’apparecchio acustico. Mostra ancora il bastone e sottolinea: «È la nostra carta d’identità, indica che vediamo e sentiamo poco o niente». Impegno instancabile
Non è da ieri che la donna si attiva in sostegno delle persone con disabilità sensoriali. Nel 1999 ha fondato il Groupe Entraide Romand de Sourds-Aveugles, Malentendants-Malvoyants (GERSAM), gruppo di auto mutuo aiuto che presiede tutt’oggi. Dei 24 soci originari è rimasta soltanto una decina, causa l’invecchiamento della popolazione. Ma questo sviluppo non la demotiva, anzi. «Gli anziani con minorazioni visive ed uditive si chiudono in sé stessi e troppo spesso si isolano a causa dell’ignoranza e della mancanza di rispetto che si trovano ad affrontare. Sono 22 anni che li esorto ad andare fuori, a rendersi visibili nella società e far capire alla gente che comunicare con noi è possibile». Esperta del metodo di Lorm, dal canto suo ha adottato un sistema semplificato di comunicazione tattile o cosiddetta aptica. Ha contribuito alla divulgazione di queste tecniche mediante due manuali, sviluppati in collaborazione con un’associazione svizzero tedesca.
Sua figlia, Corinne Bouillant ha seguito l’esempio imparando entrambi i metodi
Iter burocratico lungo e pieno di ostacoli
La vivace signora si batte perché il bastone bianco-rosso venga introdotto nel codice della strada come riconoscimento delle persone sordocieche. Mentre il Parlamento europeo lo ha accettato e in Italia la conoscenza del bastone come simbolo degli ipovedenti audiolesi è necessaria per ottenere la patente di guida, la Svizzera non si è ancora allineata e riconosce solo il bastone bianco dei non vedenti (vedi nota alla fine). «Ho contattato la Federazione svizzera dei ciechi e ipovedenti (SBV/FSA), mi sono rivolta all’Unione centrale svizzera per il bene dei ciechi (UCBC), ma finora i miei sforzi non hanno fruttato l’esito sperato» lamenta Catherine Hutter. Per non parlare della riluttanza delle assicurazioni sociali a riconoscere la sordocecità come patologia unica e specifica, che colpirebbe, in varia misura, circa 100mila persone in Svizzera: «I ciechi si riconoscono tramite il bastone bianco, i sordi dal linguaggio dei segni che usano per comunicare. Noi sordociechi non rientriamo in una categoria a sé e non siamo identificabili come tali».
Catherine Hutter non si muove senza il bastone e la figlia Corinne Bouillant.