Darwin quaderni - 1

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ci, di Fenici e di Greci Euboici. Il dato però più significativo consiste nel fatto che la convivenza tra gli esponenti di questi differenti mondi culturali sembra essere stata pacifica e proficua sia sul piano commerciale che, più in generale, sul piano culturale. Da queste ricerche emerge un quadro storico d’insieme decisamente differente da quello ritenuto attendibile anche solo qualche anno fa. La Sardegna della prima Età del Ferro appare essere un’isola intensamente frequentata da genti e culture differenti, capaci di incontrarsi attraverso forme di contatto tanto intenso quanto pacifico.

Il problema ovviamente non è solo cronologico: a seconda della fase di attribuzione varia notevolmente la funzione simbolica che appare possibile attribuire alle sculture. Connessa alla datazione all’VIII-VII sec. a.C. è l’interpretazione delle sculture e della necropoli come una sorta di heroon, termine greco che designa un sepolcro in cui si ritiene sia stato deposto il corpo di un personaggio eroico. È questa l’ipotesi formulata da Giovanni Lilliu, che immagina la necropoli come luogo di sepoltura di una sorta di gens, una famiglia di ordine militare distintasi per particolari motivi e quindi degna di ricevere sepoltura in tombe singole, non più nelle tradizionali e collettive tombe dei giganti. In accordo con questa interpretazione appare anche la proposta di lettura avanzata da Carlo Tronchetti, che interpreta la necropoli e le statue come un organico testo simbolico: “una necropoli-santuario in cui viene glorificata una famiglia, o una famiglia allargata o un clan”, attraverso una eclatante manifestazione di simboli culturali – l’immagine degli eroi, del monumento-simbolo e del segno della sacralità – da proporre come propria immagine identitaria alle nuove entità culturali, Fenici e Greci, che si affacciano in questo periodo sul suolo sardo. È questo un momento cronologico sul quale le ricerche archeologiche si sono ultimamente intensificate, producendo risultati di grande interesse. Vari siti nuragici – ricordiamo quello certamente più noto: il nuraghe di Sant’Imbenia, nel territorio di Alghero – stanno restituendo attestazioni archeologiche della presenza, oltre che ovviamente dei sardi nuragi-

Il mito delle origini Il rinvenimento archeologico di Monti Prama sembra inserirsi dal punto di vista cronologico-culturale proprio in questo articolato e movimentato quadro d’insieme, offrendoci un’immagine efficace di come i processi culturali in atto in Sardegna in quel periodo dovevano essere vissuti dai sardi nuragici. Se infatti i contatti e gli inevitabili scambi tra culture differenti si svolsero in un clima sostanzialmente pacifico, ciò non significa che un simile processo non abbia in qualche misura determinato paure e tensioni sul piano più squisitamente identitario. Anzi, le statue di Monti Prama starebbero a dimostrare il contrario. Sarebbero infatti il segno tangibile del fatto che i sardi nuragici avvertissero la necessità di mostrare – e quindi al tempo stesso di ribadire – che la propria identità culturale non era stata intaccata dall’insieme di fenomeni di inevitabile mutamento che erano in atto in Sardegna in quel periodo. Se queste ipo-

La convivenza tra gli esponenti di differenti mondi culturali sembra essere stata pacifica e proficua sul piano commerciale e culturale 4 4

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