Labirinti

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ARCANI ENIGMI... I MISTERI DEL LABIRINTO di Stelio Calabresi per Edicolaweb

Quando sentiamo o leggiamo la parola "labirinto" automaticamente siamo portati a pensare a qualcosa (edificio o altro elemento grafico/architettonico similare) dalla topografia estremamente complessa. Ad una struttura dalla quale è molto difficile uscire: ma su questo tornerò più tardi. COSÈ UN LABIRINTO? Nei nostri studi siamo stati abituati a collegare la parola alla denominazione che i greci attribuirono ai complessi di edifici che caratterizzarono l'epoca palazziale della civiltà minoica. Come vedremo tra poco essi la attribuirono al mitico architetto Dedalo: era nato così il mito del Minotauro. Inutile dire che qualcuno ha ritenuto il "Minotauro" una figura reale e, assimilandola ai centauri, Nostre realizzazioni alle sirene ed agli altri esseri antropozoomorfi in genere, ha voluto farli nascere da dubbi BibbiaWeb esperimenti di ingegneria genetica addirittura pre-diluviana. Interkosmos Ritengo che sia impossibile pronunciarsi su ipotesi del genere al di fuori di una letteratura di tipo (1) Kryptonlab fantascientifico . Indubbiamente c'è da dire che qualcosa dovette aver eccitato la fantasia di OdontoStudio diversi popoli e non solo nella preistoria: anche Dante, ma a fini simbolici, ha parlato del Minotauro collocandolo come guardiano del girone dei violenti (Inferno XII) dove viene descritto Officina come una bestia, ridicola nella sua rabbia impotente, che sfoga su se stesso, mordendosi. Multimediale Dante sembra non conoscere la bestia mitologica descritta da Ovidio (in "Ars Amatoria"), per il quale è un essere per metà toro e per metà uomo. D'altra parte sembra neppure che avesse avuto modo di vedere raffigurazioni su vasi o altre opere d'arte della classicità. L'ipotesi più probabile che emerge dalla lettura del XII canto dell'Inferno Dantesco è che il Poeta lo immaginasse con il corpo taurino sormontato da una testa (o un busto) umana. Alla bestialità irrazionale propria dell'episodio dantesco è in genere contrapposta la saggezza e l'ubbidienza dell'altra figura dantesca: quella dei Centauri (altri esseri misti di animalità ed umanità della mitologia). Ma, indipendentemente da come li vedesse Dante e cosa simbolizzassero per il sommo Poeta, resta il problema di comprendere che cosa significasse il Labirinto per l'uomo antico. È stato osservato che, dal punto di vista grafico, il labirinto potrebbe essere un'evoluzione della spirale e del cerchio. Entrambi ben noti fin dai primordi dell'umanità che in essi vedevano la rappresentazione del cosmo, il simbolo della vita ma anche la potenza, il sole, la galassia (2). Ma cominciamo, come al solito, con una notazione di carattere semantico. Da dove deriva la parola "labirinto"? Sembra abbastanza pacifico che il termine derivi dalla parola greca "λαβρισ". Con quella parola i minoici indicavano il loro simbolo sacro per eccellenza: la "bipenne" o ascia a doppio taglio (3). Inutile dire che non tutti sono d'accordo con questa tesi: molti collegano la parola "labirinto" al verbo "errare" (nel senso di "muoversi", "andare" o anche "vagabondare", senza escludere il significato di "sbagliare"). In tal caso gli esegeti partono dall'idea base del viaggio non lineare, pieno di insidie (quello di Ulisse tanto per intenderci che è, al tempo stesso un peregrinare simbolico ma anche spirituale) (4). È, tutto sommato, quello che sostiene - e non solo dal punto di vista linguistico - il Berlitz il quale ci ripropone il tema in termini di universalità del simbolo (5). Non mancano altre letture, come quella del mio amico Lello Moscia per il quale la parola deriverebbe da "λαβιροσ" (= fossa, cavità) (6). Stando a queste interpretazioni, in senso stretto la parola "labirinto" indicherebbe, pertanto, una grotta, naturale o artificiale, scavata nella pietra, adibita ad abitazione o al culto; comprendente diversi locali, in modo da realizzare un disegno estremamente complesso e tale che risultasse più e meno difficile trovare l'uscita. Questo è il significato che praticamente deriva dall'aspetto architettonico o strutturale (si pensi agli edifici dell'Egitto e di Creta, o ai Mounds nordamericani o alle cittadelle della antica Cina, o alle piste di Nazca). A questa notazione si contrappone il senso esoterico-iniziatico.

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Non è un caso che l'origine del labirinto venga fatta risalire a circa 30.000 anni fa e che, fin da allora, aveva assunto il significato di un percorso comunque ricco di connotati esoterici. Qui "labirinto" corrisponde al significato di "percorso iniziatico" dove la difficoltà sta nell'entrare e nel seguire il giusto percorso (si pensi ai labirinti sotterranei: a quello egiziano di Dah Shur o Hawara ed a quello anatolico di Pergamon: l'attuale Bergama). Il passaggio attraverso il labirinto è definito dagli esoteristi "spirale della vita", e simboleggia il passaggio dalle tenebre alla luce (7). Ed è proprio all'interno dei labirinti che gli antichi collocavano quei santuari ove si svolgevano le cerimonie di iniziazione. IL LABIRINTO COME SEGNO GRAFICO Quale segno grafico il labirinto si perde nella notte dei tempi. Le prime raffigurazioni sono quelle dei petroglifi ed appartengono all'uomo preistorico. Questi viveva in un habitat naturale: la sua abitazione era una caverna molto spesso dalla topografia intricata dove era più facile sfuggire all'attenzione di animali feroci o altri ominidi che lo inseguissero. Sulle pareti di quelle grotte l'Uomo di Crô-Magnon ci ha lasciato le immagini della sua vena artistica: disegni che seguivano un percorso verso il fondo della grotta o, magari per un'altra strada, di nuovo all'esterno. Ma anche sulle pietre tracciò i segni delle proprie osservazioni: spirali e disegni intricati che sono stati, appunto, definiti "Labirinti". Passarono secoli e millenni: l'uomo imparò a modificare l'ambiente naturale. Costruì le proprie case, i propri villaggi, la proprie città. E proprio in questa fase l'uomo dette vita al primo labirinto artificiale. Quello del lago di Deride nel Fayyum. Purtroppo oggi non esiste più. Erodoto - che lo aveva visitato - ci assicura che nei pressi del Fayyum gli architetti del faraone Amenemhet III, intorno al 2000 a.C., avevano edificato il più grande labirinto esistente nel mondo antico. Lo storico greco ce lo descrive come la costruzione che era costata più fatica e denaro "...di tutte le opere greche messe insieme" ... "aveva dodici cortili coperti, sei a nord e sei a sud, comunicanti e circondati da una muraglia" (8). Ed il naturalista latino Plinio il vecchio ci dice che il labirinto del Fayyum aveva 3000 stanze (sia sotterranee che al livello del suolo) che ospitavano tombe di re e coccodrilli sacri. Il tutto era immerso in un'oscurità quasi totale. Il biblista Flavio Barbiero esprime l'avviso che proprio in quel labirinto Mosè avesse partecipato alla sua cerimonia di iniziazione. Segue, in ordine di tempo, il cosiddetto labirinto cretese di Knosso. Questo labirinto è legato ai miti di Minosse e Pasifae, di Icaro, del Minotauro, di Teseo ed Arianna (in effetti oggi non ne troviamo tracce archeologiche: quelle che possiamo visitare a Creta sono le rovine del Palazzo reale di Cnosso (Κνοσσοσ). Tuttavia, con il tempo, la parola "labirinto" è rimasta - da punto di vista semantico - ad indicare, nella comune accezione, il Palazzo di Cnosso ed alla leggenda del Minotauro. Ne troviamo una traccia letteraria nel labirinto di Porsenna a Chiusi (in territorio Etrusco) del quale non resta alcunché: lo stesso Plinio, che ne ha dato notizia, ammetteva di non averlo mai visto. Dobbiamo allora precisare che il Labirinto non è una tradizione esclusiva dell'area mediterranea: la diffusione del segno grafico in tutto il mondo sottolinea il fatto che sia esistita una vera e propria costante (non solo grafica). Allargando il nostro angolo visuale possiamo osservare che sulla costa settentrionale del Perù sorgono i resti di un'antica città appartenuta ai Chanchan (della omonima cultura preincaica) che risale al III secolo a.C. Visti dall'alto, i resti della città formano il disegno del classico labirinto a pianta quadrata compresa la celletta centrale. Anche il labirinto dei Chanchan sembra che fosse destinato a cerimonie di iniziazione anche se non esistono prove né in questo senso, né in altro. Saltando al Medioevo osserviamo che in numerosissime chiese d'Europa (e praticamente in tutte le cattedrali gotiche) si trova, sulle pareti o sul pavimento, l'immagine (magica?) del labirinto (9). IL LABIRINTO COME MITO Le pur brevi considerazioni già esposte individuano, con sufficiente chiarezza, una serie di argomenti intorno ai quali ruotano i misteri che avviluppano il labirinto. Abbia detto del labirinto come segno grafico. Ma dobbiamo subito aggiungere che questo aspetto non è sufficiente a delinearne il mistero. E, per l'esattezza, dobbiamo subito aggiungere che il labirinto appartiene al mondo del mito. Sarà bene specificare immediatamente che, a scanso di delusioni, non dobbiamo aspettarci di trovarne i resti. Sia a Creta che in Egitto, sia a Nazca che a Chanchan, sia in Cina che a Stonehenge o a Carnac, i resti che ammiriamo sono superstiti di qualcosa che potrebbe non aver mai avuto a che vedere con un labirinto. Gli unici labirinti dell'antichità sopravvissuti sono quelli riportati su vasi etruschi, su pietre preistoriche. O quelli composti con allineamenti di pietre. Indipendentemente da tali difficoltà, se concentriamo la nostra attenzione sul mito, sarà difficile pensare a qualcosa di diverso dal labirinto per eccellenza: quello di Creta (10). Ma cosa ci dice il mito? E poi, era solo mito?

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Nella realtà al Labirinto sono collegati tre cicli mitologici: quello di Minosse, Pasifae e del Minotauro; quello dello scontro tra Teseo ed il Minotauro che segue l'incontro con Arianna; quello dell'incontro di Bacco con Arianna. I primi due gruppi sono ambientati essenzialmente a Creta (e parzialmente ad Atene); l'isola di Nasso fa da sfondo al terzo. E lo scenario non è né secondario, né accidentale: è proprio lo scenario che ci introduce ad una modificazione sostanziale delle realtà storiche tradotte poi in mito. La prima scenografia (Atene-Creta-Atene) rispecchia alcuni eventi storici di assoluta rilevanza. Agli inizi del IV millennio Creta instaurò, nelle Cicladi nell'Egeo e nel Mediterraneo orientale, la propria supremazia. Iniziò l'epoca che gli storici definiscono della "talassocrazia cretese" (11). Essa durò, più o meno, tra il IV ed il III millennio a.C. (vale a dire che si evolse in piena età del bronzo). Della talassocrazia conservarono memoria gli egiziani che conobbero i Cretesi col nome di "Keftiù" (i famosi "popoli del mare"). Creata alla fine del IV, la talassocrazia fu perfezionata nel corso de III millennio a.C. Verso l'inizio del 1000 a.C. la potenza Cretese ebbe un improvvisa quanto rovinosa battuta di arresto. Due ne furono le cause: da un lato un rovinoso terremoto (probabilmente l'esplosione di Santorini) che distrusse i "Palazzi"; dall'altro la calata dei dori invasori (che avevano già distrutto, tra l'altro, la civiltà micenea) (12). Ciò premesso, vediamo come il mito trattò questi avvenimenti storici travasandoli nella narrazione mitica. Narra la mitologia che Zeus, fu colpito dalla bellezza della ninfa Europa. Decise di farla sua e per ottenere il suo scopo assunse le sembianze di un bellissimo e candido toro bianco e, in questa veste, si presentò dinanzi ad Europa. Questa fu incantata dalla visione e senza sospetto, si sedette sul suo dorso ed il toro non ebbe certo difficoltà a rapirla conducendola, attraverso il mare, fino a Creta, dove la possedette. A Creta Europa partorì Minosse. Minosse, con Radamanto (13) e Sarpedonte (14), era dunque un semidio, figlio di Europa e di Zeus. All'atto del ratto di Europa, re di Creta era un certo Asterio, che accettò di sposare Europa sedotta da Zeus e poi abbandonata. Fin qui l'antefatto. Ad un certo punto Asterio morì e Minosse pose la propria candidatura al trono dell'isola chiedendo l'aiuto di Posidone (al quale, per inciso, dedicò un altare). In quell'occasione chiese al Dio del mare che facesse emergere dalle acque un toro che gli avrebbe sacrificato. Il dio marino acconsentì e mandò a Minosse il toro richiesto. Ma era destino che le cose non sarebbero andate tanto lisce: al re il toro piacque in modo particolare e decise di tenerlo per sé sacrificandone un altro in sua vece (15). La vendetta di Poseidone fu immediata ed atroce. Egli fece sì che Pasifae, moglie di Minosse, s'invaghisse del toro: Pasifae confessò la sua passione a Dedalo, e l'ateniese che viveva in esilio a Knosso (ove deliziava la corte con le sue bambole animate) costruì per Pasifae una vacca di legno e quella la utilizzò per accoppiarsi al toro (16). L'unione ebbe luogo a Gòrtina dove il toro pascolava tra le vacche di Minosse. Da questa mostruosità sessuale ebbe origine il Minotauro, essere per metà (la testa?) e per metà uomo (il corpo?). Minosse, affranto per l'evento che aveva causato, cercò di riparare e commissionò a Dedalo, la costruzione di un labirinto nel quale rinchiuse l'artefice, il figlio di lui ed il Minotauro. Ma il Minotauro aveva un fratello: Androgeo (Uomo dell'Egeo). Ora accadde che Androgeo si recasse ad Atene per misurarsi con i locali giovani nelle tauromachie. Qui venne ucciso dal toro di Maratona. Minosse, pazzo di dolore, accusò gli ateniesi dell'omicidio di Androgeo e pretese un orribile tributo di espiazione: ogni nove anni dovevano essere mandati a Creta quattordici fanciulli ateniesi, sette maschi e sette femmine, da sacrificare al Minotauro nel labirinto. Teseo, figlio di Egeo, re di Atene, si offrì volontario tra i sacrificandi e si recò a Creta dove fece innamorare di sé Arianna, altra figlia di Minosse. Grazie all'amore di Arianna, Teseo ottenne il famoso filo, da srotolare per poi ritrovare l'uscita, e uccise il mostro. Cerchiamo ora di comprendere cosa significa la narrazione che ho appena riportato. Tanto per incominciare il mito spiega una evidente commistione: la religione cretese più antica che era fondata - come è naturale - sul culto della "Dea madre" (vale a dire la "fertilità") che era una divinità propria di provenienza anatolica ("Ku-ba-ba", poi "Ku-be-le" e infine Cibele). In secondo luogo la società della civiltà del bronzo era di tipo matriarcale. Su questi due aspetti di tipo femminile si innesta la comparsa di una divinità maschile che è piuttosto tarda e si configura come forza "fecondatrice": l'animale sacro che la simbolizza è il toro. La divinità maschile si originò a metà strada tra "zoolatria" (con il divino rappresentato in forma animale) ed "antropomorfismo" (con il divino rappresentato in forma umana), assumendo la forma mostruosa del "Minotauro" (la mescolanza): la tradizione ne collocò la dimora nel labirinto di Creta (17).

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Ma la transizione dal matriarcato al patriarcato aveva segnato anche la conquista della supremazia cretese nell'Egeo: ce lo dice la guerra che seguì alla morte di Androgeo. Era cominciata quella che gli storici del XX secolo chiameranno "talassocrazia cretese" alla quale soggiacque la stessa Atene. Analizzando sempre più in dettaglio il mito di Minosse e del Minotauro ci rendiamo conto di trovarci in presenza di più narrazioni mitiche: c'è il mito di Minosse, cui segue il mito di Teseo ed a questo si aggiunge, attraverso Arianna, quello di Dioniso (18). A margine di questi c'è il mito di Dedalo ed Icaro: tutti sono dal mito de Minotauro che funge da collante. Orbene, tutto questo complesso mitologico - affidato a scrittore e mitografi del calibro di Omero, Diodoro Siculo, Apollonio Rodio, Euripide, Strabone, Plutarco, Apollodoro, Pusania (l'elenco non è esaustivo) per la parte greca; ad Ovidio, Plinio, Servio, Virgilio (per la parte latina) - si basa, come abbiamo visto su fatti leggendari e su elementi storici: La presenza, come del resto storicamente documentabile, di una società di tipo matriarcale nella Creta dell'età eolitica ed eneolitica (19) (Pasifae ne è l'incarnazione tipica); unico residuo superstite di tale epoca è quello dell'uccisione del Minotauro che un ricordo del sacrificio del paredro; L'evoluzione in senso patriarcale nella Creta dell'età del bronzo (Minosse ne è il rappresentante: da paredo diviene re); Agli albori della protostoria, la società patriarcale cretese conquista la signoria dell'Egeo: si apre l'epoca della cosiddetta "Talassocrazia" cretese che domina non solo sul mare ma anche sulla civiltà acheo-micenea (Dedalo e Teseo entrambi ritenuti Ateniesi) ne sono i rappresentanti (20). Il Labirinto era, dunque, il luogo ove era celato il mostro, difficile da trovare e dal quale era ancor più difficile uscire (21). Per quanto poi riguarda l'intervento nella scena di altri personaggi (come Egeo, Arianna e Dioniso) mi sembra il caso di ricordare che taluni mitografi affermassero che fosse stata Medea a convincere Egeo a mandarlo a Creta (22). Va da sé che In questo quadro di rinnovamento religioso - sintomo del tramonto del matriarcato e del passaggio alla protostoria - e di nuova impostazione dei rapporti interellenici gli ateniesi avrebbero deciso di modificare in maniera sostanziale la propria soggezione ai Cretesi. Del resto stava per arrivare l'invasione dei dori, Atene si avviava a prendere una nuova coscienza della proprie possibilità sull'Egeo; la talassocrazia cretese si avviava al tramonto. Il linguaggio del mito divenne l'unico adatto a spiegare ed a ricordare queste vicende. Teseo ed il Minotauro ne divennero personaggi emblematici (23). Qui Teseo è, in ogni caso, accompagnato dal favore di Afrodite, la cui presenza serve a giustificare l'episodio dell'innamoramento di Arianna e del filo che consente a Teseo di uscire dal Labirinto. Con l'aiuto di Arianna, come è noto, Teseo entra nel labirinto, trova il Minotauro e lo uccide: si allontana quindi da Creta portando con sé Arianna ed i giovanetti ateniesi salvi. Purtroppo la storia un ha un lieto fine perché Teseo abbandona Arianna sull'isola di Dia (le motivazioni non sono molto chiare: alcuni dicono per timore di uno scandalo al suo ritorno in Atene (24), altri per ordine di Dioniso a sua volta invaghito di Arianna). Del resto l'intrusione di Dioniso spiega l'introduzione della cultura del vino nell'Attica e ad Atene. IL LABIRINTO COME GEROGLIFICO Se vogliamo tentare di penetrare il mistero del labirinto, dobbiamo cominciare a considerare quell'oggetto in maniera diversa, come l'icona (geroglifico) di un'idea non altrimenti definibile attraverso le parole dei linguaggi umani. Nella realtà di un mondo alla ricerca di valori universali, l'uomo assorbì - letteralmente dalla natura - un segno che gli consentisse di indicare quel caos primordiale nel quale ritenne che il "fiat" divino avesse generato il cosmo, la terra e le divinità. Quel segno era la "spirale" disegnata e ripetuta su piccole pietre, su dolmen e menhir. Oggi qualche studioso si è affannato a tentare di dimostrare che quella spirale era il segno della galassia. Personalmente credo che lo studioso sia in errore o, meglio, che sia portato a leggere con la conoscenza di oggi qualcosa che venne creato quando da quello sciame di stelle (che vediamo nelle sere estive) non era estrapolabile il concetto di "braccio della spirale" e di "galassia" o, anche più semplicemente, di "sistema solare". Dovranno arrivare i Sumeri per introdurre alcuni di questi concetti: ma il segno era stato introdotto alcuni millenni prima e sfido chiunque a dire quando. Io sono convinto che l'uomo primitivo facesse un segno circolare, ruotando il braccio ed il polso per indicare qualcosa di incommensurabile e che di questo gesto si servisse quando lavorava la selce o tirasse il pigmento colorato sulla superficie della caverna: voleva trasmettere l'idea del tutto nel quale si era smarrita ogni particolarità divenendo regno dell'ordine, della creazione. Col passare del tempo questa spirale si perfezionò. Divenne la dimora complessa del principio

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femminile, della fertilità (la Venere steatopigica) (25), ma anche del principio maschile, della fecondità (il toro) (26). IL LABIRINTO COME SIMBOLO ESOTERICO Quando parliamo di un labirinto esoterico ci riferiamo essenzialmente al disegno del piano di calpestio delle cattedrali gotiche. Questo aspetto apre la porta ad una lettura esoterica del labirinto. E ciò per la semplice ragione che la tradizione associa quel segno ai Templari. Questa impostazione storicamente non è corretta: infatti dovremmo associare l'idea del labirinto al segno dell'Atlantide (di cui sappiamo solo quello che ci ha raccontato Platone) e con il Labirinto di Creta (che appartiene alla realtà del mito mentre la sua struttura viene individuata nelle rovine di Knosso) (27). Indipendentemente da preesistenze storiche la questione dell'esoterismo è inevitabilmente connessa con l'esistenza di un simbolo. Ebbene il labirinto, tra le altre, cose, è un simbolo. E questo cosa vuol dire? A ben riflettere può esserlo sotto due aspetti, peraltro non necessariamente coincidenti. Così, quando parliamo del labirinto che troviamo nella pavimentazione delle cattedrali gotiche può essere un simbolo cristiano, vale a dire è simbolo del difficile percorso del fedele verso la salvezza (28). Può essere anche il segno di qualche altra cosa, ma di cosa e, soprattutto, come deve essere letto il labirinto? Fulcanelli - noto esoterista - ci fa osservare che esiste una profonda differenza tra il labirinto classico (la cui difficoltà sta nel trovare l'uscita) (29) ed il labirinto esoterico (dove, al contrario, la difficoltà risiede nel trovare il punto centrale). In questo secondo caso il labirinto diviene un percorso iniziatico: quello che l'alchimista (cioè colui che cerca la sapienza esoterica) deve compiere per arrivare al segreto della "Grande Opera" (la scoperta della Pietra Filosofale). Questo modo di intendere il significato del labirinto è proprio il secondo significato che si attribuisce al segno delle cattedrali gotiche. Comprendiamo allora l'importanza attribuita - non certo in senso storico - alla tradizione secondo la quale venissero introdotte in Francia dai Templari al loro rientro dalla Terrasanta dopo il massacro di Hattin. Che siano stati i Templari oppure no, di certo c'è un fatto: che le cattedrali insistono quasi tutte su luoghi ritenuti sacri perché, nel passato, legati al culto della Grande Madre. Le cattedrali, insieme ad altre strutture ancora più antiche, sono altrettanti capisaldi di quegli allineamenti che altrove ho descritto parlando dei "Leys" e che corrispondono a potenti punti energetici terrestri e che ad esse ben si addice la definizione di "dimore filosofali" attribuita dal Fulcanelli (30). Il Paoletti - in accordo con Fulcanelli - pone l'accento sul tipo orientamento delle cattedrali che hanno tutte l'abside a sud-est, la facciata a nord-ovest ed il transetto orientati lungo l'asse nord-est sud-ovest. Questo orientamento impone al fedele che entra di guardare l'Oriente, vale a dire la Terra Santa. Ma non basta. Questa disposizione comporta che il rosone settentrionale non sia mai illuminato dal sole (è in tal modo simbolo del buio: il nero); quello meridionale è illuminato a mezzogiorno (simbolo del bianco), mentre il rosone principale del portale riceve i raggi del sole al tramonto (simbolo del rosso). Non v'è chi non si accorga - e Fulcanelli lo esplicita - che nei rosoni delle cattedrali gotiche, si succedono i colori dell'Opera (Nigredo, Albedo e Rubedo), secondo un processo circolare che va dalle tenebre alla luce (31). Cosa possiamo dire del labirinto per antonomasia? A quali simboli si collega? Mi sembra intuitivo che il labirinto dedalico sia immediatamente collegabile ad una idea onnipresente nella vita dell'uomo: un'idea ed un simbolo base quello dell'idea della morte. Se ci soffermiamo sulle culture dell'area Mediterranea ci accorgiamo che tutte le attività dell'uomo sono impostate sul ciclo della vita: dalla nascita alla morte. Questo vale per Fenici, Greci, Israeliti, Egiziani (come credo di aver chiarito più volte). Ma l'idea che condizionava il singolo uomo era quella della morte, dell'aldilà e l'espressione simbolica più consistente era quella del labirinto. Si pensi che, ad esempio, in Egitto venivano creati a bella posta falsi percorsi, con tanto di piste e corridoi: percorsi certamente simbolici ma soprattutto iniziatici. Al centro di tale percorso era celata la cella dove era custodita la mummia del faraone defunto che aspettava di affrontare il proprio viaggio verso la rinascita (32). Ma lo stesso si può dire per la tomba di Abramo, per quella di Mosè e per il Tempio Tenda (così come descritti nella Bibbia). Ragionando in termini di pura consequenzialità non si può escludere che il labirinto di Creta fosse una derivazione dalla usanza egiziana. Del resto, se parliamo di labirinti "datati", l'unico del quale conosciamo - approssimativamente l'epoca di costruzione è quello voluto dal faraone Amenemhet III che risale (anno più, anno meno)

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al 1.800 a.C. (33). In quel labirinto (del quale hanno riferito Erodoto e Strabone) la difficoltà sarebbe consistita, appunto, nel trovare l'uscita data l'estrema complessità della pianta. Tornando al labirinto dedalico, debbo dire che, probabilmente, il rapporto con le idee di vita e di morte doveva essere di immediata evidenza ed anche i reperti nelle rovine di Knosso riescono a rendercene consapevoli. In effetti le evidenze di Knosso constano di due parti ben distinte (34): una parte superiore (edificata alla luce del sole: simbolo della vita), ed una sotterranea (35), (alla luce della luna: simbolo della morte). Questa impressione si rafforza quando passiamo alla visita del Museo di Iraklio e ci troviamo di fronte ad altri elementi simbolici come la bipenne (elemento femminile e simbolo di fecondità), alle corna del toro (elemento maschile e simbolo di fertilità) entrambi sintetizzati e rappresentati dalla Grande Madre (la dualità: la vergine con i serpenti) (36). È molto chiaro, sul punto, l'inno omerico a Demetra dove è scritto: "senza la morte non ci sarebbe procreazione... nella nascita stessa è all'opera la morte". Approfondendo il discorso sul mito non possiamo fare a meno di rilevare altri aspetti simbolici di cui è necessario tener conto. Abbiamo visto che Dedalo, oltre a costruire la vacca per Pasifae, dopo aver costruito il labirinto, fu anche un coreografo il quale ideò una danza rituale associata al motivo del labirinto. Si trattava della "danza delle gru" (in greco "γηρανοσ"): Teseo e gli altri fanciulli liberati la danzarono riproducendo, nei loro movimenti, i meandri del labirinto e la scampata morte (la resurrezione). Teseo e gli altri giovani ateniesi (14+1) simboleggiavano pianeti e stelle conosciute e, quindi, rappresentavano l'armonia cosmica. Ebbene, comunque si voglia interpretare, la danza delle gru era un viaggio iniziatico agli Inferi dove un toro nero rappresenta il dio infernale che divora le vittime incapaci di riemergere alla luce per cui restavano in quello stesso buio dove affondava anche il faraone (che lo vinceva con l'aiuto di Thoth) (37). L'argomento del labirinto esoterico sembrerebbe concluso. Non è così perché c'è molto di più! Se tentiamo di approfondire l'analisi concettuale ci accorgiamo che, tutto sommato, il labirinto nel suo complesso ed ad di là dei singoli aspetti simbolici, è ancora un volta bivalente: è, al tempo stesso, un viaggio che si attua nel macrocosmo ma anche nel microcosmo (38). Infatti, cosa significa uccidere il Minotauro, il toro nero? Questa azione, senza ombra di dubbio, ci parla di rinnovamento (la palingenesi dell'esoterismo) che si rende possibile tra due viaggi iniziatici (il ritrovamento del Minotauro e l'uscita dal labirinto). È evidente che il primo si svolge alla ricerca di qualcosa (sia esso Dio, il segreto dell'immortalità, la presa di coscienza della parte bestiale che alberga in ciascuno di noi, la pietra grezza). Il secondo viaggio iniziatico riguarda certamente la presa di coscienza del sé. Lo scontro con il Minotauro sta in mezzo: tra il primo viaggio (riferito al macrocosmo) ed il secondo (riferito al microcosmo). Il Minotauro può essere paragonato a quelli che Sigmund Freud definì i "mostri dell'id", vale a dire i mostri del subconscio, gli scheletri nell'armadio di ciascun uomo: il toro nero, in sostanza è la parte malvagia di noi che ci rende simili alle bestie. Lo sapevano molto bene i mitografi che descrissero le imprese e gesta eroiche di Gilgamesh, di Ercole, dello stesso Teseo e di Ulisse. Tutti questi eroi della mitologia dovettero affrontare dei mostri nel corso dei loro tortuosi viaggi. Noi, lontani posteri, ci affanniamo a cercare di ricostruire quei viaggi in senso geografico. Ma, così facendo, dimentichiamo che il loro vagare avviene all'interno di un percorso (che è luogo del pensiero) circoscritto dal "mistero" che l'eroe porta nel proprio sé. Come nelle più antiche società matriarcali quella che era uno scontro tutto interiore si concludeva con l'uccisione rituale del "mostro" (la morte del paredo): in effetti Ulisse non tornava ad Itaca, né Teseo ad Atene, né Gilgamesh ad Ur. Quello che noi vediamo come il ritorno dell'eroe è, di fatto, l'equivalente della rinascita; la sua palingenesi in un mondo nuovo, diverso da quello nel quale si erano perduti ed avevano iniziato la ricerca. LABIRINTO E CATTEDRALI È fuor di dubbio che i labirinti, in quanto segni tuttora rintracciabili, siano quelli dei pavimenti delle cattedrali gotiche (o quelli incisi su colonne o su pareti come quelli della cattedrale San Martino a Lucca, di Cremona e di Osimo). C'è qui da risolvere un problema pregiudiziale: cosa rappresentò nella storia dell'uomo il Medioevo? Il Medioevo è stato variamente valutato nel corso della storia. Il Rinascimento lo liquidò come un'epoca di decadenza e di barbarie, dominio del puro "irrazionale". Ed il Neoclassicismo del primo '800 s'incamminò per lo stesso sentiero. La rivalutazione del Medioevo, iniziò con il movimento Romantico che ne intravide le spinte

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innovative. Oggi possiamo parlare di un revisionismo assoluto nella storiografia contemporanea. Il Medioevo non fu la solo barbarie indubbiamente seguita alla caduta dell'impero romano d'Occidente. Oggi vi sono storici i quali affermano che il Medioevo sia stato la prosecuzione di tradizione che affondava le sue radici nel lontanissimo passato. Pur essendo la comprensione dell'antico Egiziano di là da venire gli uomini del medioevo scoprirono che dietro ogni cosa materiale si nascondeva un corrispondente spirituale come dietro ad una lettera o numero c'è sempre un significato geroglifico. E, per mezzo di questo, per mezzo del simbolo, individuo ed estetica si sposavano sul piano dell'universalismo. Orbene, è proprio in questo contesto che s'inserisce, non certo a caso, il simbolo del labirinto. Infatti, ricuperando quel segno, il Medioevo si riteneva capace di reinterpretare il vecchio simbolo alla luce della una nuova spiritualità. Fino a quel momento il labirinto era stato un simbolo pagano per eccellenza. Con l'avvento del Medioevo quel simbolo divenne una specie di ossessione; di esso è intrisa l'intera vita dell'uomo medievale. Si è trasformato nell'allegoria del percorso tortuoso che deve portare alla salvezza dell'anima (39). In questo tipo di lettura, la letteratura medievale ci da una grossa mano attraverso le sue proprie allegorie. Essa trabocca di personaggi, è piena di castelli dagli innumerevoli corridoi e sale ogivali, trasuda trabocchetti. In una parola è pregna di riferimenti al labirinto (40). Se pensiamo a tutto ciò ci rendiamo anche conto che tutto il vagabondare alla ricerca del Paradiso perduto (la ricerca del Santo Graal ne è l'espressione più autentica) non poteva che approdare alle cattedrali, dove disegni labirintici occupano il posto d'onore, in genere all'incrocio tra navata e transetto o lungo il corso della navata. I critici (e gli storici dell'arte) hanno tentato varie strade per renderne il senso: e, in genere tutte le spiegazioni sono rapportate allo slancio di cristianità che caratterizzava l'epoca. Qualcuno afferma che i labirinti rappresentavano il cammino difficile verso la salvezza; altri parlano di un percorso alternativo al pellegrinaggio in Terra Santa (anch'esso percorso salvifico); altri ancora fanno riferimento ad un percorso di penitenza (da effettuare naturalmente sulle ginocchia) (41). Comunque fosse inteso va notato che il pellegrinaggio all'interno della cattedrale si svolgeva lungo un percorso spiraliforme e tortuoso, al fine di ritrovare, al centro la Gerusalemme celeste, il santuario personale del fedele. Fulcanelli (sempre lui!) ci fa osservare che difficilmente, accanto ai labirinti, compaiano altri simboli cristiani (ad esempio la croce) mentre nelle cripte ne compaiono altri come le Vergini nere (42). Il vero è che, qui come altrove, ci stiamo muovendo in un ambiente "sui generis" vale a dire nell'ambito del mistero esoterico dove nulla viene "rivelato" e per il quale non possiamo dire di più di ciò che la ragione individuale è in grado di dirci. Non vi sono quindi certezze oggettivamente valide circa l'uso ed il significato dei labirinti. L'unica cosa che possiamo lecitamente ritenere è - come ci fa osservare G. Economo - che "...sarebbe molto limitante pensare che essi [i labirinti] asservissero ... esclusivamente ad un uso decorativo, oppure che rispondessero a richieste ed esigenze prettamente cristiane". Personalmente ritengo che, come normalmente accade per tutti i simboli, questi possedessero una duplice chiave di lettura: una di dominio generalizzato da parte dei fedeli (43) e l'altra occulta, di carattere iniziatico. D'altra parte questa seconda valutazione non deve assolutamente meravigliare: nelle cattedrali ogni particolare possedeva entrambi i risvolti, pubblico e segreto, spesso magico. Non a caso Fulcanelli ci ha condotto per mano attraverso la selva di simboli esterico-magici della Cattedrale di Notre Dame e ci ha portati dinanzi al mistero della Vergine Nera. Se queste considerazioni sono corrette (come ritengo che siano) ne consegue che i labirinti delle cattedrali gotiche abbiano ben poco da spartire con l'ortodossia cristiana (44). Del resto nel labirinto delle cattedrali qualsiasi simbolo e qualsiasi concetto sembra capovolto ad eccezione del senso di marcia perché i Piccoli Misteri dell'esoterismo classico volevano che fosse centripeto e destrorso (perché apotropaico). D'altra parte, se seguiamo - come credo che sia giusto fare - quest'ordine di ragionamento, comprendiamo facilmente che solo gli eletti siano in grado di capirne significato, perché all'interno del labirinto è custodito il Graal (o, se si preferisce, la pietra dell'Alchimista, l'oro filosofale). E non mi sembra affatto un caso, che il labirinto fosse l'emblema della corporazione dei muratori e massoni del medioevo (45). Ne consegue che il labirinto possa essere (e certamente è) un'espressione allegorica dei poteri dell'"artista", in grado di padroneggiare tempo e spazio (ragione per cui gli architetti delle cattedrali gotiche ne fecero il loro emblema) (46); ma non solo questo tant'è che, a partire dal medioevo, il labirinto fu simbolo degli alchimisti. Ne compare infatti uno in un manoscritto medico-alchemico dell'XI secolo (è chiamato il "Labirinto di Salomone" ed il nome è di per sé sintomatico). Qualunque cosa quel simbolo potesse significare, il labirinto si dimostrò in grado di unire fede e

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mondanità riuscendo a sopravvivere all'attacco accanito che gli fu diretto contro. Sta di fatto che in nessuna epoca sarà possibile eguagliare la spiritualità che solo il Medioevo seppe creare. Molti dei labirinti delle cattedrali furono distrutti perché considerati sopravvivenze pagane o perché ritenuti capaci di perpetuare, i segreti dei costruttori. All'opera devastatrice dell'anticultura seguì l'opera altrettanto nefanda dei ladri, attratti dall'oro e dall'argento di cui i labirinti erano fatti o istoriati. Ma il labirinto restò nel microcosmo a rispecchiare il macrocosmo dell'universo. IL LABIRINTO E LA CROCE Adesso possiamo dire che quando si inizia ad approfondire il discorso del simbolismo, ci rendiamo conto che quello connesso con il labirinto è molto complesso, sia in sé sia - come vedremo - nel rapporto con ad altri simbolismi. Per il momento continuiamo ad occuparci del labirinto. Il segno parte dal "cerchio" (il sole); nel suo evolversi, diviene "cerchio puntato" (in egiziano antico Râ, il dio sole); passano i secoli e ci troviamo di fronte alla "croce". Sotto il profilo grafico la "croce" è una figura geometrica costituita da due linee o barre disposte in modo da formare quattro angoli retti: le due linee si dividono esattamente a metà. Come simbolo è talmente antico da perdersi nella notte dei tempi. Il segno è utilizzato in molte religioni e presso moltissimi popoli (anche con significati non religiosi) (47): il segno egiziano dello "ankh" è una croce. Romani e Cinesi se ne servirono per indicare il numero 10: si scrive X (che è una croce decussata). Nel mondo latino-romano, una variante era costituita dallo "obelus" (48) e venne utilizzata come capestro per gli schiavi (Cristo venne inchiodato ad un obelus alla pari di Spartaco). Storicamente sembra che i primi a servirsi del segno siano stati i Sumeri presso i quali era il simbolo del Dio "Tammuz" (ereditato successivamente dagli abitanti di Tiro) (49). Per i cristiani la Croce è un simbolo di Redenzione, dell'amore di Dio immolatovi (50). Nella mitologia Norrena il simbolo di Odino era una croce in un cerchio (probabilmente una variate del cerchio puntato). ESISTE UN LABIRINTO? A ben riflettere sugli esempi che ho premesso, essi propongono un nuovo problema: esiste (esisteva od è esistito) un labirinto? E poi, chi si è perso nei suoi meandri? In realtà, è molto difficile rispondere a questa domanda. Tanto per cominciare, se vogliamo restare con i piedi per terra, non possiamo negare che al giorno d'oggi, non abbiamo evidenze architettoniche o archeologiche che possono avallare o smentire in assoluto il discorso "labirinto" (51). I reperti archeologiche di cui siamo in possesso, in realtà, possono essere qualunque cosa (un palazzo ad esempio: si pensi al cosiddetto labirinto di Knosso che è un palazzo dalla pianta quanto mai complicata, ma comunque un palazzo). Chiunque abbia visitato le rovine di Knosso avrà compreso che averle battezzate "labirinto" fu una libera interpretazione di Evans (peraltro eccessivamente rielaborata)! In altri casi alle definizioni letterarie non corrispondono più manufatti apprezzabili (si pensi al labirinto del Fayyum). Vi sono casi in cui con tutta la buona volontà, non sappiamo di fronte a cosa ci troviamo: pensare che i "Crops Circles", o le "piste di Nazca" abbiano a che fare con un labirinto, ha - secondo me lo stesso valore di affermare di aver visitato Atlantide! E lo stesso ragionamento vale per il cosiddetto "labirinto di Cuzco". Definirlo "labirinto" è impossibile o, quanto meno, improbabile atteso che ancora nessuno è riuscito ad esplorarlo. Per altri casi ogni possibilità di riscontro è esclusa dai fatti. Questi casi - tra questi l'Atlantide sono assistiti da sole evidenze letterarie per giunta di carattere esemplare e filosofico (tali sono il Timeo ed il Crizia di Platone). Checché se ne voglia penare le uniche rovine archeologiche degne di questo nome rimangono quelle di Knosso e del Fayyum (quest'ultima descritta con dovizia di particolari dall'amico Paoletti). Me neppure lui è in grado di asserire, fuori di ogni ragionevole dubbio, che quello sia un labirinto. Vero è che, nella storia dell'antico Egitto, il Fayyum riveste una posizione particolare per essere stato la sede del culto di Sobek (il dio coccodrillo): ma onestamente le nostre conoscenze si fermano alla constatazione che i Greci chiamarono il sito Coccodrillopoli; per i Tolomei fu, invece, Arsinoe (52). Nulla di quello che ne resta è in grado rivelarci quelle meraviglie delle quali ci parlano Erodoto e Strabone: né la complessità della struttura né la difficoltà di un tracciato (53). Quello che è arrivato fino a noi è ben poca cosa (54). Del resto, a voler essere obiettivi, dobbiamo ricordare che già ai tempi di Erodoto (che dice di averlo visitato quando era ancora completo) esistevano forti dubbi sulla reale paternità e sulle effettive dimensioni. Né si può dire onestamente di più di altri siti archeologici come quelli di:

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Hawara (luogo si sepoltura di Amenemhat III e, secondo alcuni archeologi, proprio il labirinto); il lago di Birkit Qarun, (che si ritiene essere i lago Moeris); Il villaggio di El Biyahmu con le colossali statue di Amenemhat III seduto delle quali rimangono solo le rovine dei piedistalli; Il campo di rovine di Kasr Karun; il canale Bahr Yusuf, El Lahun (in egiziano "Rohenty": "la bocca del coccodrillo"), derivato dal Nilo che finisce nel Fayum; il sito di Eracleopoli sulla riva destra del Bahr Yusuf (con alcuni resti del tempio di Herishef dio dalla testa di ariete) (55). Al paragone molto più rimarchevoli mi paiono i troviamo labirinti disegnati su vasi etruschi, quelli graffiti su pietre (56) o quelli (citati dal Paoletti) di Saffron Walden, o di Julian's Bower, in Gran Bretagna, senza con questo voler dimenticare le strane architetture della famosa Villa Rinascimentale dei mostri di Bomarzo a nord di Roma e quasi sul confine della Toscana. Ma, in fondo, qualcosa resta degno del nome di labirinto. Mi riferisco al preistorico labirinto con pietre di St. Agnes e ai geroglifici incisi sul Piramidion detto "Pietra Benben". CONCLUSIONI Questo andirivieni nello spazio - dalle galassie alla più familiare vecchia Terra - e nel tempo (dalla preistoria ai crops), sulle ali della storia, della letteratura (da Erodoto a Platone ed a Dante) ci ha rivelato qualcosa? È una domanda alla quale cercherò di rispondere, anche se non sembra facile. Alessandra Economo - in un bell'articolo pubblicato su Acam - ci ricorda che il labirinto è, innanzi tutto, il simbolo ancestrale più comune e costante della storia del pensiero e della creatività dell'uomo. Il labirinto è presente in culture, miti e religioni, più disparate ma anche nell'arte e nella filosofia. In secondo luogo il labirinto ha affascinato l'uomo per la sua enigmaticità per gli spunti e per le molteplici chiavi di lettura che offre. In pratica non consente a nessuno di dire "questo è il labirinto": sfugge a qualsiasi possibilità di definizione. Non ci è riuscito il mito, non ci è riuscita la filosofia essoterica, non ci è riuscita l'arte. Se ci contentiamo delle approssimazioni, possiamo sempre dire che il labirinto esprime l'essenza del puro mistero esoterico, indefinibile per definizione. Come si può rispondere alla domanda se sia difficile entrare o uscire dal labirinto? I mitografi dicevano che era difficile uscire (il filo di Arianna questo sembra dire); ma gli esoteristi asseriscono che al suo interno è nascosto non si sa cosa (il Graal? l'arca dell'alleanza? La pietra filosofale? O cos'altro? In una parola il Minotauro del mito): probabilmente è l'idea stessa del mistero del mondo platonico. Ma l'idea stessa del percorso difficile è stata contestata perché non è vero che nei labirinti ci si perde come dimostrò Teseo nel labirinto di Creta. D'altra parte basta pensare a quello che è il prototipo del labirinto alla spirale: lì il percorso è uno solo senza bivi, un unico corridoio avvolto su se stesso. Umberto Eco definisce la spirale un labirinto "unicursale", "un gomitolo a due capi". L'unica difficoltà di questo labirinto, in effetti, è sopravvivere fino all'uscita. Dagli esempi riportati nel testo comprendiamo benissimo che la spirale nn esaurisce la casistica. Alessandra Economo fa osservare che ne esistono altri due tipi che definisce rispettivamente "manierista" e quello "a rizoma". Il labirinto "manierista" ha una struttura ad albero con molte ramificazioni. È difficile percorrerlo ma non impossibile (una sola è la via da percorrere: ad esempio il labirinto della cattedrale di Chartres). Invece nel labirinto "a rizoma" (detto anche "a rete infinita" perché teoricamente non ha mai fine) gli errori di percorso aprono all'intrappolato proposte di soluzione che contribuiscono a complicare il problema. È un tipo di labirinto (esempio tipo è il labirinto informatico) dove è facile perdersi perché non esiste un solo percorso e non è detto che si possa arrivare alla comunque fine. Quando ho parlato di "mistero" è evidente che mi riferivo all'aspetto esoterico del simbolo "labirinto" e questo simbolo ha resistito al trascorrere dei secoli con forme e significati diversi; come abbiamo visto, dalla preistoria e sino ai nostri giorni. Questa constatazione ci dice tutta l'importanza che il labirinto abbia rappresentato per l'uomo primitivo. È stato osservato che egli quale viveva gli eventi naturali (vale a dire quelli che a noi sembrano scontati) con una spiritualità profonda. Egli si vedeva circo dal cielo, dall'alternarsi delle stagioni, dalla vita e dalla morte; in una parola egli viveva in simbiosi con questi fenomeni ed esprimeva le proprie ansie esistenziale tramite questi simboli. Il fatto è che l'uomo primordiale non immaginava neppure lontanamente come certi fatti potessero essere espressi: non sapeva tuttavia definirli. Tuttavia aveva una grossa capacità di astrazione per essere capace di comunicare alla sua posterità le proprie sensazioni e rappresentava verità cosmiche attraverso un simbolismo scarno quanto efficace.

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I due simboli maestri furono, non a caso, quelli della spirale (inizialmente il cerchio o il cerchio puntato: il sole) ed il serpente (la terra sulla quale aveva mosso i primi passi, poi il serpente che si morde la coda): l'essere ed il divenire; la metamorfosi e la vita. Spesso quando ci trovami di fronte al primo, ci sentiamo tentati di scivolare nella fantascienza: non sono pochi quello che vedono nella spirale una rappresentazione della galassie, Niente di più sbagliato! Gli uomini dovranno attendere i Sumeri per ottenere una visione sommaria del sistema galattico e dovranno aspettare il Rinascimento (con Keplero, Galilei e Newton) per avere un'idea della galassia! Quelli sostengono il contrario mi dovrebbero dimostrare che il piccolo ominide avesse la possibilità di vedere quello che si afferma fosse la sua realtà (senza bisogno di E.T.). A me sembra, molto più semplicemente, che il cerchio potesse indubbiamente rappresentarlo (in fondo bastava alzare il capo per vederlo). Di lì alla astrazione di Dio (il cerchio puntato) il passo è breve. Ma quello che sfugge a molti è il passaggio successivo, che attraverso la svastica porta alla spirale ed al labirinto. In fondo bastava che l'uomo si rendesse conto di ciò che per lui era buono (la vita, la caccia, il raccolto) e di ciò che non lo era (la morte, la mancanza di selvaggina, la penuria delle messi) per determinare l'esigenza di rappresentare dialetticamente gli opposti. Orbene, quei simboli vivevano accanto a quelli dell'altro grande mistero perché, oltre tutto, avevano una funzione apotropaica. Infatti, ad esempio, la spirale parlava del sole e della natura, ma - in fondo - esprimeva l'auspicio che i campi fossero fertili che le donne mettessero al mondo figli forti, che la caccia avesse esito felice. Per tale via la spirale divenne il labirinto della mente perduta nei meandri di quel divenire (57). Ma accanto alla spirale c'era bisogno di esprimere il mistero altrettanto angosciante della vita e del suo perpetuarsi nel corpo della donna capace, sia di generare i mostri chiusi nel labirinto (Pasifae), ma anche capace di donarsi (Arianna): nacquero in tal modo i simboli associati al culto della Dea Madre. Secondo alcuni i molteplici seni di Ku-be-le (58) riproducevano i testicoli del toro e, pur avendolo anch'io sostenuto, oggi mi domando se quella strana divinità del Museo di Ankara non rappresentasse proprio la maternità prolifica e prodiga. La spirale divenne così la rappresentazione del vortice della vita che si perpetua; era, in sostanza la vecchia immagine del serpente che si morde la coda (si pensi alle incisioni rupestri dei Camuni, ma anche quelle ritrovate in tutta l'area Europea, dalla Gran Bretagna a Malta, ed alla Vergine con i Serpenti del Museo di Iraklio). E qui, seguendo il percorso del cerchio dei simboli, raggiungiamo "l'altra faccia della spirale" che si chiude e questo chiudersi in un bozzolo al centro del labirinto; ci ha riportato nella primordiale caverna insieme alla Venere Steatopigica; nel ventre della Grande Madre. È chiaro che adesso posso rispondere finalmente al quesito dal quale sono partito: "cos'è il labirinto?". Se la caverna, come sembra, è l'utero materno, il labirinto è il simbolo della vita stessa. Entrare nel labirinto corrisponde ad un atto di possesso sessuale; trovare il centro equivale alla gestazione, trovarne l'uscita equivale alla nascita. "Vita" e "morte" si sono sì ricongiunti nel labirinto iniziatico ma il cerchio è divenuto la "spirale" ed il percorso prosegue nell'eterno inseguire la sua ciclicità: l'uroburo è pronto a spiccare il volo per portare ovunque - anche altrove, dovunque esso possa trovarsi - il seme della vita. Note: 1. Tuttavia certi elementi inducono a riflettere come certi disegni incisi su pietre in Honduras, a Carnac (Francia), a Stonehenge ed Avebury (Gran Bretagna) e nell'isola di Aram oltre a quelli degli Indiani Hopi. 2. Si pensi alle varie rappresentazioni pittografiche che provengono dalla preistoria: dai petroglifi camuni alle rappresentazione dei Tassili sahariani. 3. Che è una delle più accreditate etimologie del termine labirinto. 4. A. Economo sottolinea che il peregrinare di Ulisse richiama il movimento degli astri si evince anche dal fatto che l'eroe resta lontano da Itaca per ben 19 anni dalla partenza della spedizione troiana, il tempo necessario affinché anno solare e mese lunare tornino a coincidere. È Ulisse stesso a narrare il suo viaggio sulla scia dei ricordi, mentre l'azione narrata dal poema riguarda solo gli ultimi 29 giorni di viaggio (mese lunare) più i 6 ad Itaca. Il simbolismo del percorso si riaffaccia nella struttura numerica dei "luoghi" da Troia ad Itaca, che sono 15. Non a caso quello centrale, l'ottavo, è l'Ade: ancora una volta un mortale scende negli Inferi, vivo di una nuova vita, rinato dopo un'esperienza concessa a pochi, come a Gilgamesh, l'eroe babilonese che combatte contro Khubaba, mostruoso gigante con la testa di toro, il cui volto è formato da viscere. Esse sono senza dubbio collegate al labirinto: nelle tecniche divinatorie, infatti, il responso favorevole o meno dipendeva dai rigiri delle budella. Gli altri 14 punti disegnano a due a due sette cerchi concentrici, i pianeti. La danza degli astri è qui rappresentata dagli allontanamenti ed avvicinamenti alla patria, e dai movimenti verso oriente e verso occidente. Il viaggio di Ulisse rappresenta il movimento della Terra e dei 7 pianeti nel cosmo. Questo è lo schema proposto da Gioachino Chiarini nel suo libro "Kosmos. Itinerari nell'epica classica".

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5. Nella stessa America si riscontrano motivi archeologici di somiglianza sia con l'Europa (ad esempio labirinti ) che con l'Asia (fregi ): Si pensi alle cattedrali gotiche, ai Templari, ed al possibile collegamento con il movimento spiraliforme della earth force (Leys). 6. Secondo lui questa parola, a sua volta, dovrebbe essere collegata al coptico "la" (particella intensiva) e al radicale "br" (= "scavare" che corrisponde all'albanese "barr", "borr", vale a dire "fossa"); ma anche al coptico "bari" (= scafo, nave); e ancora al coptico coptico "bir" (= cobra). Tutte seguite dal radicale "ινθοσ" (= terminazione); oppure da "la" (particella intensiva) (Corrispondente a quella coptica) o "βυριον" (= casa, abitazione) (si veda il Persiano "vareh", irlandese "forus"; islandico "byli", tutti nel senso di "abitazione"; l'islandico "byr" = città) e "ινθοσ" (= terminazione). 7. Ben a ragione gli Egiziani avevano visto questo percorso in quello della Barca solare che rappresentava il lungo e difficile viaggio alla ricerca della conoscenza. 8. Cit. ne "Il dizionario dei Misteri", vol. 9°. 9. I più celebri dell'Italia si trovano nella cattedrale di Lucca, nella Chiesa di S, Vitale a Ravenna, di Santa Maria a Trastevere (Roma), a San Michele Maggiore (Pavia). Esemplari di labirinti caratterizzano molte ville europee del settecento (ad esempio quello della Villa Nazionale di Stra, presso Venezia). 10. Si badi che, in effetti, non sappiamo se i resti archeologici di Knossos corrispondano a quelli del labirinto dedalico (checché ne avesse pensato Evans). C'è comunque da dire - e la complessità della pianta lo conferma - che tende a confondere le idee del visitatore: chiunque abbia visitato il sito archeologico non può fare a meno di pensare che quel palazzo sia di una tale complessità da evocare immediatamente la struttura dal fatto che siano tutt'altro. E questa impressione si rafforza quando dal sito archeologico si passa al museo di Iraklio: qui dipinti vascolari, reperti fittili, oggetti restati misteriosi (come il disco di Festo), bipenni e grandi seghe di bronzo continuano a parlarci di un modo magnifico ma fuori dalla nostra realtà! Del resto, all'equivoco probabilmente soggiacque anche l'archeologo Evans, lo scopritore di Knosso: non potette fare a meno di definirlo "labirinto" perché anch'egli fu colpito da una sua struttura dallo sviluppo, sia orizzontale che verticale, smisurata: più a misura di dei che di uomini. Era già accaduto a Schlieman, quando trovò quell'oro che non esitò a definire "Tesoro" di Priamo o quando, a Micene, definì Maschera di Agamennone una maschera mortuaria di oro dopo averla trovata nel Circolo B. Oserei dire che l'assimilazione, l'errore, era freudiano. 11. Ce li riferiscono Omero, Apollodoro, Pausania, Plutarco, Diodoro Siculo, Filocoro, Simonide, Aristotele, Peonio (tra i mitografi di lingua greca) ma anche Servio, Virgilio, Catullo (tra i mitografi di lingua latina). 12. Durante l'invasione dorica fuggiaschi Cretesi si rifugiarono in Egitto come invasori; ma vennero fermati da Ramses III nella battaglia di Magadil (in quella occasione gli egiziani li conobbero come "Pulasati" o "Khretim"). 13. Secondo alcuni sarebbe rimasto a Creta dopo la presa del trono da parte di Minosse; secondo altri si sarebbe recato in Asia Minore. 14. Che, invece, sarebbe stato cacciato da Creta da Minosse. 15. Questo fatto non impedì che Minosse fosse annoverato tra i sette saggi dell'antichità. 16. È evidente che, fino a questo punto ci troviamo in piena società matriarcale dove Pasifae conosce il divino paredo al quale si accoppia. 17. Sembra di particolare importanza dell'associazione labirinto-toro una simbologia che potrebbe ben esprimere il concetto della forza creatrice dell'universo. 18. Il prevalere della potenza attica su quella cretese, il riecheggiare nei giochi della Taurocatapsia (in cui dei giovani volteggiavano sulla groppa dei tori) del mito dei giovani divorati dal Minotauro, il riconoscere nel labirinto la reggia di Cnosso con i suoi infiniti corridoi e meandri, sono chiavi di lettura storiche, che non esauriscono però l'interpretazione del valore simbolico del labirinto, o dedalo, la cui valenza è certamente più oscura e complessa. 19. Quella che io definisco Paleocreta. 20. Del resto la correlazione storica con i rapporti Atene-Creta sono dimostrati non solo della vicende del mito del Minotauro, ma anche da quelle relative al misto di Scilla che, secondo il Graves, ci parlerebbe delle controversie tra l'isola e la città attica in periodo anteriore al 1400 a.C., vale a dire prima del sacco di Cnosso (Si veda anche Strabone e Ovidio nelle "Metamomorfosi"). In altre parole i sette fanciulli che gli Ateniesi inviavano a Creta per il Minotauro dovevano corrispondere ai sostituti del Re di Cnosso (Il paredo) nell'ultima fase della società matriarcale. Il sacrificio di stranieri era cioè preferibile al sacrificio di giovani Cretesi. Del resto sembra acquisita la cittadinanza Ateniese di Dedalo (il padre del "labirinto") che discendeva da Eretteo ed apparteneva alla famiglia reale Ateniese, esule a Creta dopo la condanna per l'omicidio di Talo. Teseo era figlio di Egeo e di Etra e discendeva da Cecrope (mitico re di Atene: apparteneva, quindi, alla stessa discendenza di Dedalo). Si era accoppiato a Medea dopo l'impresa del vello d'oro e aveva compiuto altre favolose fatiche. 21. Tant'è che Dedalo per venirne fuori, decise di ricorrere al proprio ingegno: costruì, per sé e per il figlio, delle ali di cera allontanandosi in volo dal luogo di imprigionamento.

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È noto cosa accadde alla coppia di fuggiaschi quando Icaro decise di non seguire i consigli ai Dedalo: il volo finì in un mezzo disastro come ci hanno chiaramente indicato i mitografi ed i poeti come Apollodoro, Diodoro Siculo, Virgilio e Ovidio. 22. Ricordiamo: l'uccisione dei banditi che infestavano la strada tra Trezene ed Atene; uccisione di Periferte lo zoppo che ad Epidauro assaliva i viandanti impadronendosi della sua enorme mazza uccisione di Sini detto "piziocante" (piegatore di pini) sull'istmo di Corinto; uccisione della mostruosa scrofa di Crommio che faceva strage della gente del luogo; uccisione del bandito Scirone che gettava in mare i passanti facendoli divorare da una gigantesca testuggine (a Corinto o a Megera secondo le versioni); uccisione dell'arcade Cercione (sulla strada per Atene) il qual solito stritolare i malcapitati che accettassero di lottare con lui; uccisione di Polipemone (padre di Sini: in Attica) che straziava i visitatori della sua casa. 23. Ce li riferiscono Omero, Apollodoro, Pausania, Plutarco, Diodoro Siculo, Filocoro, Simonide, Aristotele, Peonio (tra i mitografi di lingua greca) ma anche Servio, Virgilio, Catullo (tra i mitografi di lingua latina). 24. Secondo alcuni autori era ancora sposato con Medea. 25. Da qui ad Afrodite il passo è più breve di quanto si possa pensare. 26. Si pensi alla evoluzione di una società matriarcale imperniata sul mistero della "Nascita" per arrivare al Patriarcato ed ai misteri di Mithra del mio precedente articolo "I misteri eleusini: Demetra, Persefone e Ade". 27. Mauro Paoletti, in "Un labirinto perso nei suoi meandri" ci dice "La semplice indagine che ognuno di noi compie nella ricerca della verità, la strada percorsa nell'elaborazione dei dati, i ragionamenti che portano alle ipotesi, il ritrovamento dei tasselli del puzzle che si vuole ricomporre e che si va formando è, in certo qual modo, il cammino nel labirinto; il luogo dove sono custoditi i misteri e le verità, nel quale ci perdiamo nella ricerca di noi stessi e del nostro passato". 28. Particolarmente suggestivo è il grande labirinto della cattedrale di Chartres che ha un diametro di 12 metri mentre si snoda per 200 metri. Non da meno è quello della cattedrale di Amiens o quello di St. Quentin. Ma il labirinto è ricorrente anche in diverse cattedrali italiane (inciso o disegnato su pietra è detto "Labirinto di Salomone" perché dovrebbe corrispondere a quello descritto dalla Bibbia come insistente nel cortile del tempio di Salomone). 29. Esiste tuttavia un metodo pratico per venirne fuori ed è quello che, da qualsiasi punto partiamo, dobbiamo scegliere una parete - di destra o di sinistra non ha importanza - e di seguirla sempre nella stessa direzione quali che siano le deviazioni, fino all'uscita. 30. Del resto il già nominato Fulcanelli individua nella una croce latina (a bracci uguali) che rappresenta i quattro cardini del cielo il percorso tipico di ciò che dopo di lui viene definito Ley. Questo è, secondo Fulcanelli, un motivo per considerare le cattedrali edifici esoterici, la croce infatti "è il geroglifico alchemico del crogiuolo" ed è nel crogiuolo che la materia prima (la prima materia) per la Pietra filosofale muore e rinasce nel suo "solve et coagula". 31. Ma c'è di più perché nel medioevo il rosone centrale veniva chiamato Rota (la ruota) con un chiaro riferimento al moto precessionale. La ruota è il geroglifico alchemico del tempo necessario alla cottura della materia filosofale. 32. - Si veda il mio articolo "Gli antichi egiziani e l'aldilà". 33. Ne parliamo a parte. 34. E ciò indipendentemente dal fatto che quelle evidenze siano proprio quelle del labirinto del mito. 35. La cosiddetta sala del trono di Minosse ed i locali annessi. 36. Non solo a Creta o in Egitto, ma anche presso i Celti, che conoscevano il culto del Toro Tricorno. Lo stesso Gesù Cristo viene definito "corno della salvezza". 37. Due sono gli elementi che saltano agli occhi: il legame tra labirinto e viaggio, e quello tra rappresentazione del cosmo ed il numero 15, inteso come 7x2+1. Per comprendere meglio cosa ciò voglia dire facciamo riferimento ai classici. Quanto importante sia il numero sette ce lo dice Virgilio nell'Eneide (7 foci del Nilo, 7 spire del serpente sulla tomba di Anchise, una spira per ogni anno di viaggio; 7 giovenchi ed agnelli da sacrificare; 7 colli di Roma; 7 corde della cetra di Orfeo. E 15 sono le tappe del viaggio di Enea, sempre secondo uno schema ad anelli, dove il centro, Cerauni, è la Terra. Qui il pilota della nave si sveglia a mezzanotte ed osserva la volta celeste, ricongiungendo così i due estremi, cielo e terra, dove ha luogo il movimento dei 7 pianeti. Nell'Iliade lo scudo di Achille, opera di Efesto, ripropone il tema dell'ordine cosmico, della danza degli astri, di quell'armonia cui l'uomo anela. Nella prima fascia sono raffigurati il mare, la terra, ed il cielo con i pianeti; nella seconda fascia, che ritrae la vita quotidiana, spicca una danza nuziale; la terza fascia, ambientata nella campagna, mette in risalto la danza per la vendemmia; nella quarta fascia predomina incontrastata la danza del labirinto; ed infine, nell'ultima fascia, è raffigurato l'Oceano, ovvero il caos iniziale. Benché si parli dei 51 giorni finali dell'assedio di Troia, quelli realmente narrati sono 15, 7 nella prima parte e 7 nella seconda, in modo che ad ogni giorno della prima parte corrisponda un giorno della seconda. Il giorno centrale è il centro per eccellenza: alle 12.00 sarà la bilancia a decidere il destino dei combattenti troiani ed achei. La stessa città di Troia rappresenta il labirinto per antonomasia, nel senso di città ottimamente fortificata, protetta da 7 mura e costruita da Poseidone al suono della cetra di Apollo, che con le

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sue 7 corde ricorda i 7 astri celesti. Ritorna sempre il numero 7, che corrisponde anche alla settima fatica di Ercole contro il toro cretese; e ci ricorda anche i 7 giri compiuti dagli Ebrei intorno alle mura di Gerico, le 7 fatiche di Teseo, le 7 porte che la dea Ishtar deve attraversare per entrare nel Kigallu, l'Ade, e ancora i 7 poteri che Gilgamesh, astuto come Ulisse, ruba a Khubaba. E tra i due eroi potrebbe esserci anche un altro collegamento. Infatti in alcuni frammenti ittiti, Gilgamesh (il quale uccise un toro, il toro celeste mandato dal dio An su richiesta di Ishtar) viene chiamato Ulluya. In accadico il termine "ulla" significa "lontana" e richiama certamente il nome di Ulisse. 38. In altre parole ci troviamo di fronte a due mondi che in ogni caso rispondono alle medesime leggi. È, in sostanza, il viaggio del sole che durante l'inverno scompare per poi ritornare a splendere alto nel cielo a primavera; ma contemporaneamente è il viaggio dell'uomo alla ricerca dell'immortalità (la vittoria sul Minotauro ovvero la discesa nel regno dei morti, per poi tornarne rigenerati: la morte rituale uscirne rigenerato). È questo continuum vita-morte-vita che ci svelano il labirinto ed i simboli che ad esso si collegano. Vita e morte, si avvicendano e in tal modo creano l'immortalità, la premessa di una nuova vita. 39. Ne fanno fede i disegni degli amanuensi medievali che ci hanno lasciato molti disegni labirintici sui loro manoscritti. Almeno all'inizio questi disegni mantengono inalterato il numero dei giri rispetto allo schema classico (si tratta di quello che l'uomo del medioevo considera sacro eccellenza: 7 guarda caso proprio il numero dei giri che la tradizione assegnava al labirinto di Cnosso). Col passare del tempo quello schema di modificò complicandosi. 40. Ci basti pensare alla "Divina Commedia" di Dante ed ai racconti sulla "Queste du San Graal". 41. La cosa avrebbe richiesto circa due ore, ossia lo stesso tempo che impiegò Gesù per giungere al Calvario dal Palazzo di Pilato. 42. Nelle quali Fulcanelli probabilmente vede la sopravvivenza dell'egiziaca Iside. 43. Che prendeva spunto dalle scene bibliche, spesso istoriate sulle pareti dell'abside. 44. E probabilmente non è un caso che l'origine del gotico venga ricondotta agli onnipresenti Templari, sulla cui ortodossia nessuno metterebbe la meno sul fuoco. Sarà sufficiente ricordare che durante la primavera il vescovo stesso guidava delle danze, i "girotondi di Pasqua", all'interno stesso della cattedrale. Questi balli ci ricordano le danze labirintiche ed il loro carattere "oscuro", tanto più che venivano mimati i movimenti del serpente, animale altamente simbolico, che rappresenterebbe quindi l'uomo nuovo, rinato dopo aver percorso il labirinto, con indosso una pelle nuova. Alcuni autori ritengono che il percorrere il labirinto, per poi uscirne, fosse una vera e propria iniziazione, in cui l'uomo guadagnava nuovamente l'età dell'oro, il Paradiso Perduto, solo dopo aver ripercorso tutte le tappe che lo avevano condotto lontano dallo stato adamitico. 45. Così nel labirinto di Amiens, (distrutto nel 1828 e restaurato nel 1896, formato da riquadri neri e bianchi: il pavimento a scacchi delle Logge massoniche, erano raffigurati tre maestri. Il primo reggeva un regolo, il secondo una squadra, e l'ultimo una livella ed un compasso. Nel labirinto della cattedrale di Reims (poi eliminato dai canonici) erano raffigurati gli architetti e le maestranze che lo avevano edificato. Orbene, è noto che i costruttori medievali fossero dei praticanti di tradizioni al tempo stesso antiche ed considerate eretiche ma non misero mai per iscritto i riti che osservavano e praticavano. Nella Biblioteca nazionale di Parigi è conservato, però un manoscritto, il "Bauhuettenbuch", o "libro di Cantiere" nel quale è raffigurato insieme ad una serie di animali. Il suo significato simbolico è oscuro, ma sembra alludere proprio ai segreti dei maestri d'Opera: perché "Bauhuette" era il Cantiere (quindi la "loggia" o la "confraternita") quasi a confermare che il libero muratore è un iniziato. Peraltro il labirinto di Saint Omer, qual è raffigurato in un disegno, reca 4 figure dal lungo mantello, facilmente identificabili perché reggono i propri strumenti di lavoro: una squadra, un compasso, un cesello ed un altro oggetto difficile da identificare. 46. Si veda la nota che precede. 47. I "conquistadores" credettero che gli Aztechi avessero qualcosa in comune con i Cristiani quando scoprirono che si derivano di quel simbolo. 48. L'Obelus era quella che definiamo "croce latina", figura formata da due segmenti di diversa misura che si intersecano ad angolo retto, in cui il segmento minore è circa a tre quarti del segmento maggiore. Richiama la forma del Crocefisso della tradizione cristiana. 49. Tammuz era un dio della "Fertilità" ed il segno rappresentava fondamentalmente l'organo genitale maschile. 50. Secondo una leggenda l'albero dal quale fu ricavato il legno della Croce nacque da uno dei tre semi (cedro, cipresso, pino) posto nella bocca di Adamo alla sua morte. Secondo un'altra versione della leggenda, nella bocca di Adamo alla sua morte fu posto un ramoscello dell'Albero della Vita donato a Seth (figlio di Abramo) dall'Arcangelo Michele, che poi crebbe dando vita ad un nuovo albero. 51. Faccio eccezione per i tracciati preistorici, per i giardini del Rinascimento e per i labirinti tracciati nelle cattedrali gotiche. 52. Secondo la tradizione, riportata da Erodoto e da Strabone, gli egiziani (sotto il faraone Amenemhet III della XII dinastia vissuto tra il 1842-1797 a.C.) lo avrebbero edificato, quindi, circa duemila anni prima di Cristo vicino al lago (artificiale) di Meride. 53. Diodoro Siculo, storico greco di Agyrion, l'odierna Agira, in provincia di Enna, riteneva che il

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costruttore del labirinto fosse stato Mendes o Marrhos (ma comunemente Marrhos viene individuato come Amenemhat III). Peraltro, quanto al lago Moeride (oggi Karun), Diodoro affermava che il faraone lo avrebbe fatto scavare ad un prezzo incredibile in termini di lavoro. Secondo storico il lago sarebbe stato spropositato avendo una circonferenza di 3600 stadi (circa 640 chilometri!), ed avrebbe avuto una profondità di 50 orge (circa 87 metri). Nessuna è in grado di dire quante decine di migliaia di uomini avrebbero dovuto lavorare e per quanti anni! 54. Erodoto dice: "Ed io ho visto; è superiore a qualsiasi cosa si possa dire in merito; già le piramidi sono al di sopra di ogni possibile descrizione, ma il Labirinto vince il confronto anche con le piramidi. Vi sono infatti dodici cortili coperti, che hanno porte opposte tra loro e sono: sei rivolti verso nord e sei verso sud, contigui. Lo stesso muro li chiude tutt'intorno dall'esterno. Vi sono stanze in doppio ordine. Quelle a livello del suolo che ho visitato, attraversato e quelle sottosuolo, 3000 in numero, 1500 per ciascun ordine. Le stanze del piano superiore le ho viste io stesso e ne parlo quindi per averle visitate; invece quelle sotterranee non posso parlarne che per informazioni ricevute dato che mi è stata assolutamente vietata la visita, asserendo che c'erano solo le tombe dei re costruttori di questo Labirinto e i coccodrilli sacri. Accanto all'angolo del Labirinto vi è una piramide alta quaranta orge, sulla quale vi sono scolpiti animali di grandi dimensioni. Vi si accede da una strada sotterranea. Al centro del lago si elevano due piramidi. Ognuna si erge per circa 50 orge e la parte sotto le acque conta altrettanto. Sopra le piramidi si trova una statua colossale di pietra che siede in trono. Il soffitto dei locali è di pietra come le pareti piene di figure scolpite, mentre ogni cortile è circondato da colonne di pietre bianche connesse fra loro alla perfezione. Il tetto di tutte queste costruzioni è in pietra e così pure i muri ricoperti da iscrizioni." 55. Una certa tradizione vuole che in uno di questi fosse stato iniziato anche Mosè. 56. Come quelli trovati a Tintagel, in Cornovaglia, a Luzzanes, in Sardegna, a Kom Ombo, in Egitto, a Naquane, a Capo di Ponte in Lombardia. 57. Si veda il mio articolo "I misteri eleusini: Demetra, Persefone e Ade". 58. Originata dal mostro dell'epopea di Gilgamesh: Ku-Ba-Ba. Testi della biblioteca dell'autore: D. Alighieri, "Divina Commedia" Vol. I - Inferno, illustrato da G. Doré, Ediz. Ferni, Ginevra, 1974. F. Barbiero, "La Bibbia senza segreti", Milano, 1989. Berlitz, "I misteri dei mondi perduti". F. Chapouthier e J. Charbonneaux, "Fouilles Éxécutes à Mallia", Parigi, 1928. J. Charbonneaux, "L'Art Égéenne", Parigi, 1928. M. Brion, "La resurrezione delle città morte", v. II, Ginevra, 1974. Ch. Dufay, "La civiltà minoico cretese", ediz. Amici della storia, Ginevra, 1976. Umberto Eco, prefazione al "Libro dei Labirinti" di Santarcangeli. M. I. Finley: "La Grecia dalla preistoria all'età arcaica", Bari, 1972. Fulcanelli, "Il mistero delle cattedrali", Roma, 1973. Fulcanelli, "Le dimore filosofali", Roma, 1973. R. Graves, "I miti greci", 1955. M. Hedsel, "L'iniziato". C. Jacq, "Il messaggio iniziatici delle cattedrali". L. R. Palmer, "Minoici e Micenei", Torino, 1969. P. Santarcangeli, "Il libro dei labirinti". Testi vari di proprietà dell'Autore: Le Guide d'Europa Touring Club Italiano: Grecia, ediz. 1997. Le Guide del Mondo Touring Club Italiano: Turchia, ediz.1989. Testi e notizie da Internet: A. Economo, "Le Cattedrali ed il labirinto nel Medioevo", in Acam. A. Economo, "Il Labirinto", in Acam. M. Paoletti, "Un labirinto perso nei suoi meandri". Wikipedia, voce "Croce". Wikipedia, voce "Diodoro Siculo". Wikipedia, voce "Hinduismo" (in lingua spagnola). Wikipedia, voce "Minotauro". Wikipedia, voce "Sobek". Wikipedia, voce "Svastica". Testi di diversa provenienza: T. Bonazzi, "Il labirinto della dea Fertilità sotto il grande ventre di Malta". G. Chiarini, "Itinerari nell'epica classica". P. Santarcangeli, "Il Libro dei Labirinti". M. Uberti, "Il labirinto ed il Minotauro". stelical2003@yahoo.it

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