icsART 2020 N.2 Sergio Cara

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PERIODICO della icsART N.2 - Febbraio ANNO 2020

icsART


In copertina: SERGIO CARA, L'ABBRACCIO, 1996, acquatinta, 30 x 30 cm


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icsART

sommario

Febbraio 2020, Anno 9 - N.2

Editoriale

Il ministro dismesso

pag. 4

Politica culturale

La Radio strizzata

pag. 5

Intervista a un artista

Sergio Cara

Mercato dell’arte?

Sigmar Polke

pag. 20-21

Illusory Environments

Surrealismo newyorkése

pag. 22-23

Storia dell’arte

Benito Jacovitti - parte prima

pag. 24-25

pag. 6-19

News dal mondo SIGMAR POLKE

Dschungel, 1967

pag. 28

SIGMAR POLKE

Frau mit butterbrot,1964

pag. 29

SIGMAR POLKE

Familie II, 1966

pag. 30

SIGMAR POLKE

Für den Dritten Stand bleiben nur noch die Krümel, 1997

pag. 31

Omaggio a SIGMAR POLKE

Whaam!, 2016

pag. 32

Copyright icsART Tutti i diritti sono riservati L’Editore rimane a disposizione degli eventuali detentori dei diritti delle immagini (o eventuali scambi tra fotografi) che non è riuscito a definire, nè a rintracciare


EDITORIALE

IL MINISTRO DISMESSO Abbiamo assistito il mese scorso a una vera e propria novità per un Paese come il nostro: Lorenzo Fioramonti, ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, ha rassegnato le proprie dimissioni al Governo di cui faceva parte da quattro mesi e queste... sono state accettate dal Presidente Conte che lo ha prontamente sostituito con due colleghi. Ciò che ha lasciato perplessi è stato il suo drastico àut àut: o il 'mio' Ministero riceve subito i tre miliardi necessari per realizzare le 'mie' riforme, oppure me ne vado. L'ex Ministro ha ragione: se l'Italia vuole portarsi al livello degli altri Paesi, deve investire il più possibile nella scuola e nell'Università dato che, l'unico sistema per competere in un mondo globalizzato, non è creare milioni di chef, influencer o veline - come sembrano credere le nostre televisioni - ma è puntare sulla formazione di diplomati e laureati i quali, nel peggiore dei casi, se ne andranno a lavorare nella UE o all'estero. Fioramonti è uomo coerente e tutto d'un pezzo ma il problema è che da venti anni la coperta è corta per tutti e che i tre miliardi richiesti non

ci sono né per il suo ministero né per gli altri, quindi, il suo è stato un 'beau geste' privo del benché minimo risultato concreto. Fioramonti, è uscito fieramente dal M5S, fondando, tanto per cambiare, una propria corrente la quale però continuerà a sostenere il governo Conte. Mai che qualche duro e puro molli pure poltrona e stipendio e torni a casa. Fin qui la storia "nobile" delle sue dimissioni, senonché egli, nel corso di un'intervista a Lucia Annunziata ha spiegato: «Io ho mandato una lettera dicendo: a questo punto se non cambiano le condizioni, non posso far altro che dimettermi dal mio ruolo. E poi è stato palazzo Chigi ad annunciare le mie dimissioni qualche giorno dopo». Alla domanda dell'Annunziata: "Quindi non se l’aspettava?", Fioramonti risponde candidamente: «Una lettera di un ministro non vuol dire che le dimissioni debbano essere accettate, per me era anche un modo per dire “faccio sul serio, sono serio su questa cosa, anche nella speranza che il governo si ricredesse"». Ma come, prima scrivi «Io sono così: se una cosa la dico poi la faccio» e poi dici che non ti aspettavi che accettassero le tue dimissioni? Ma va a.... 4


POLITICA CULTURALE LA RADIO STRIZZATA È sempre difficile cercare una logica nei meccanismi di mercato - tanto più estetica - visto che, come in politica, al peggio non c'è mai fine. Ad esempio, l'opera venduta nell'asta di Christie's del novembre 2019: un dipinto ad olio, 150x140 cm, di un colore azzurro (volutamente) sgargiante su cui appare la scritta "RADIO" in stampatello commerciale, in un colore giallo altrettanto sgargiante e (volutamente) spiacevole. Come se non bastasse, le lettere di "RADIO" sono strizzate e deformate da due morsetti metallici raffigurati in modo iperrealistico (una

boutade degna di un fumetto). Ebbene, questo quadro è stato battuto alla cifra di 52.485.000 di dollari. Avete letto bene: quasi 52 milioni e mezzo per l'olio «rivoluzionario», Hurting the Word Radio # 2, eseguito nel 1964, dal pittore Pop americano vivente, 82 anni, Ed Ruscha, molto amato dal collezionista Jeff Bezos, padrone di Amazon e uomo più ricco del mondo. I romani (antichi) saggiamente utilizzavano la locuzione "De gustibus et coloribus non est disputandum", ma qui non si tratta né di gusti né di colori: sganciare cinquanta milioni di dollari per un brutto "poster", grida vendetta al cielo.

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Intervista a SERGIO CARA Chi confrontasse i delicati e poetici acquerelli eseguiti oggi da Sergio Cara con gli acrilici del suo primo periodo pittorico a Bologna, avrebbe difficoltà a credere che appartengano allo stesso artista. I dipinti degli anni '70, infatti, rientrano nel filone dell'astrazione geometrica "estrema" teorizzata dall'espressionista astratto monocromatico Ad Reinhardt, e si caratterizzano per una straordinaria perfezione tecnica a cui si accompagna un altrettanto intenso sforzo per "azzerare" la personalità dell'autore così da raggiungere la massima antiespressività del dipinto. La decisione dell'artista - un capovolgimento più che un'evoluzione - di lasciare quei lidi sicuri, ampiamente codificati e concettualizzati, dove avrebbe potuto conseguire ampi e diffusi consensi, per esplorare il proprio mondo interiore ed esprimere "liberamente" le proprie emozioni e sensibilità, a mio avviso, prima che artistica è stata esistenziale. A questa scelta filosofico-ideologica si è accompagnato l'abbandono della pittura ad acrilico, materia prevedibile nella sua solida pastosità piatta e opaca, in favore dell'indeterminatezza liquida dell'acquerello, tecnica trasparente e luminosa, quasi dotata di vita propria, e per questo capace di rendere mille tonalità e sfumature imprevedibili, dalle più delicate a quelle più intense. Cara trova il principio ispiratore e regolatore di gran parte della sua creazione artistica nella Natura e nel suo infinito repertorio di forme e colori traendone motivi di studio e approfondimento alla ricerca di un contatto spirituale con il Tutto, come avviene nella meditazione Zen. Da allora il percorso artistico di Sergio è stato chiaro e lineare ben sapendo che le potenzialità espressive erano infinite e aperte a tutte le sperimentazioni. Nei suoi lavori ora è leggibile il felice superamento della storica dicotomia tra astrazione e figurazione poiché, anche nelle opere legate al modello naturalistico, fiori, paesaggi, ruscelli alpini, il confine tra forme reali e astrazione lirica è sempre estremamente labile e riconducibile al piacere di nuove scoperte. Paolo Tomio A sinistra: NOTTURNO CON IRIS, 2013 acquerello su carta, 76 x 56 cm

In basso: GINEPRO E TESCHIO DI CAPRA, 2006 acquerello su carta, 56 x 76 cm


Quando e perché hai cominciato a interessarti all’arte e dedicarti alla pittura? Ho sempre disegnato e dipinto sin dalla prima infanzia. Penso che dipingere sia un’esigenza innata a cui mi sono dedicato completamente privilegiandola a qualunque altra attività.

Quali sono state le correnti artistiche e gli artisti che ti hanno influenzato? Sin da giovanissimo l’astrattismo lirico di Kandinsky, la scuola francese e la lezione cubista mi hanno suggerito idee e soluzioni espressive di modernità. Successivamente, giunto a Bologna per completare la mia formazione, sono rimasto coinvolto nella corrente informale europea che vi si respirava, e affascinato dall’espressionismo astratto statunitense di Gorky e De Kooning. Nei primi anni ’70 ho aderito con grande convinzione alle proposte della “Pittura del campo

di Colore” (la Color Field Painting di Rothko, Reinhardt, Stella…) declinata in Europa in vari termini come “Nuova Astrazione”, “Pittura Pittura”, “Grado Zero”, “Pittura Aniconica”. Mi sono avvicinato a questo linguaggio accettando di relazionarmi quindi a tali proposte culturali di più ampio orizzonte, sentendo l’esigenza di indagarle, e approfondirle. Successivamente, quando mi sono riavvicinato alla pittura di segno, ho avuto come riferimento la scrittura e l’arte dell’Estremo Oriente. Tutt’ora utilizzo abitualmente pennelli calligrafici.

Nel corso della tua carriera, hai conosciuto artisti locali o nazionali? Da giovane, quando ancora vivevo in Sardegna, ho incontrato Costantino Nivola, scultore di fama mondiale, giunto a Nuoro dagli Stati Uniti per arredare con le sue opere la Piazza Sebastiano Satta. Sempre in quegli anni Vincenzo Satta, pittore astratto nuorese residente a Bolo-


gna, mi fece intravedere le possibilità di formazione e crescita che avrei avuto trasferendomi in quella città. Nell’ambiente bolognese, in cui giunsi a fine anni sessanta per frequentare l’Accademia di Belle Arti, vi era un gran numero di iniziative, sia istituzionali che private, che presentavano le varie tendenze artistiche dell’epoca. Si incoraggiavano infatti sperimentazioni, contaminazioni tra pittura, installazioni, performances. All’interno di quest’ambiente ho avuto modo di conoscere personalmente o, attraverso le loro opere esposte, artisti sia bolognesi che nazionali e internazionali. Cito ad esempio gli artisti della Transavanguardia portati a Bologna dal critico Achille Bonito Oliva, i “Nuovi nuovi” del critico Renato Barilli, i Graffittisti americani portati al GAM dal critico Francesca Alinovi, i bolognesi Concetto Pozzatti, Mario Nanni, Omar Galliani e tanti altri. Queste esperienze mi hanno arricchito ed hanno ampliato i miei interessi. Giunto a Trento negli anni ottanta, ho cono-

sciuto gli artisti locali, tra cui diversi colleghi dell’Istituto d’Arte. Ho comunque continuato a frequentare eventi espositivi di fama internazionale sia in Italia che all’estero.

Segui l’arte contemporanea: c'è qualcosa che ti interessa e, invece, cosa non ti piace? Mi interessa l’arte, anche quella contemporanea, in ogni suo aspetto. Seguo meno la videoarte che sento più lontana. Penso sia importante conoscere il contesto in cui nasce un’opera e la storia dell’artista. Apprezzo i curatori delle esposizioni che mettono a disposizione audiovisivi e pannelli informativi per dare maggiori notizie sull’opera e l’artista. Anche se non è facile seguire personalmente tutti gli eventi importanti, ritengo comunque necessario essere sempre informati e docuRUSCELLO, trittico, 2013, olio su tela, 40 x 105 cm


ISTITUTO DELLE ARTI “A. VITTORIA” E “F. A. BONPORTI” DI TRENTO LICEO MUSICALE E COREUTICO

SERGIO CARA, Dalla soglia di un sogno, acquarello, 2001

PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO Assessorato alla Cultura

POIESIS 2 SEI QUADRI PER UNA DANZA Testi di SAMUEL BECKETT, ANTONIA POZZI e GIUSEPPE CONTE Direzione e musica di GIANFRANCO GRISI

BONPORTI SUITE Pagine musicali di FRANCESCO ANTONIO BONPORTI

MUSICAL CATS, JESUS CHRIST SUPERSTAR, EVITA Musiche di ANDREW LLOYD WEBBER • MOULIN ROUGE Musiche di CRAIG ARMSTRONG YOU ARE TOO BEAUTIFUL Musiche di RICHARD RODGERS • THE LONG AND WINDING ROAD Musiche di JOHN LENNON & PAUL MCCARTNEY LIEBESLIEDER WALZER OP. 52 Musiche di JOHANNES BRAHMS Direttore ROBERTO GIANOTTI Strumentisti, voci e coro LICEO MUSICALE “BONPORTI”

L’ A S C O LT O SIMONE WEIL COSIMO COLAZZO 11.5 ore 21

EDITH STEIN FILIPPO DEL CORNO

CRISTINA CAMPO C ARLO GALANTE

17.5 ore 21

24.5 ore 21

ILDEGARDA DI BINGEN ARMANDO FRANCESCHINI 28.5 ore 21

TERESA D’AVILA C ARLO BOCC ADORO

ideazione SERGIO FILOSI coordinamento artistico ANTONIO CALDONAZZI assistente LORENA LORENZI coreografia WALLY HOLZHAUSER, SILVIA BELLOTTO, DONATELLA ZAMPIERO danza ALLIEVI DEL LICEO COREUTICO ensemble strumentale del “BONPORTI” oggetti scenici CORSO DI ARCHITETTURA E VISUAL ART DELL’ISTITUTO D’ARTE “VITTORIA”

2.6 ore 21

PAROLA E MUSICA NELLA BADIA DI S. LORENZO GIUSEPPE C ALLIARI COORDINAMENTO ARTISTICO

S ER G I O C A RA PROGETTO PITTORICO

P U B L I STA MPA ARTI GRAFICHE PERGINE

T RE NTO 19 9 9

TEATRO AUDITORIUM “SANTA CHIARA” DI TRENTO - 22 APRILE 2008 - ORE 20.30 A S S E S S O R ATO A L L E AT T I V I T À C U LT U R A L I PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO

SERGIO CARA IMMAGINE e GRAFICA

IL SILENZIO E L'ASCOLTO, poster, 1999

POIESIS 2, poster, 2008

mentarsi almeno attraverso le pubblicazioni monografiche.

disposte in campiture geometriche. Per ottenere superfici seriche, in cui non si percepisse il segno della pennellata, utilizzavo i colori acrilici.

All'inizio della tua carriera tu eri un pittore astratto geometrico particolarmente radicale? Quando e perché sei approdato al linguaggio figurativo?

Negli anni ’70 avevo sviluppato una ricerca aniconica rigorosa, allineandomi a quella corrente che veniva chiamata in Italia “Nuova Astrazione”. Avevo fatto mio il credo di Ad Reinhardt: "..... L'unica cosa da dire sull'arte è che è una cosa sola. L'arte è arte-in-quanto-arte e ogni altra cosa è qualunque altra cosa." (Ad Reinhardt, "Art as art", 1962) Ero convinto che la pittura si dovesse annullare. I miei dipinti, del tutto astratti, erano intenzionalmente invisibili, non contenevano richiami narrativi né emotivi, non avevano il minimo riferimento alla realtà. Apparentemente monocromi, erano composti da lievi gradazioni tonali

Alla fine degli anni ’70 si è conclusa la mia esperienza geometrico-astratta. Attorno a me avevo notato che, se da un lato alcuni artisti privilegiavano soluzioni alternative alla pittura, come installazioni e ricerche fortemente concettuali, che non sentivo affini, dall’altro lato l’avvento della Transavanguardia aveva determinato il ritorno alla pittura iconica. Gradualmente ho deciso quindi di tornare alla pittura di segno. Ho smesso di utilizzare i colori acrilici, che ritenevo sgradevoli perché inerti e artificiali.

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PUBLISTAMPA ARTI GRAFICHE


idea del classico

Con il patrocinio del MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITÀ E DELLA RICERCA

ISTITUTO DI ISTRUZIONE DELLE ARTI A. VITTORIA F. A. BONPORTI DI TRENTO

Meridie

L

’ CAFRICA A N TA P E R T E

Testi poetici SERGIO FILOSI Coreografie WALLY HOLZHAUSER Voce recitante TOMMASO LONARDI Musiche di scena ANDREA BELLADONNA Videoarte FASOLI m&m Oggetti scenici NICHOLAS VALLETTA, MARCELLO POLA Coordinamento artistico FABIO STORELLI

MUSICHE INEDITE DI Ettore Filippi, Lucia Palaoro,Tommaso Quaglioni, Federico Scarfì, Paolo Valenti, Gianluca Zanolli Scuola di composizione del M° COSIMO LEONARDO COLAZZO Maurizio Postai, Giovanni Petterlini, Alberto Pedrotti Scuola di composizione del M° LUCA CORI

SOLIDARIETÀ CON CARLO SPAGNOLLI

Eddi Serafini, Laura Crescini Scuola di composizione del M° MASSIMO PRIORI

POZZA DI FASSA 26 AGOSTO 2012 DOLOMITES

CONSERVATORIO DI MUSICA DI TRENTO FRANCESCO ANTONIO BONPORTI

Ensemble del Conservatorio e del Liceo di Musica F.A. BONPORTI Direttori COSIMO LEONARDO COLAZZO, LADISLAO VIENI

FESTA DELL’AMICIZIA E DELLA SOLIDARIETÀ | UNA GIORNATA SPECIALE... CON UN AMICO SPECIALE

TEATRO SOCIALE DI TRENTO 9 MAGGIO 2003 ORE 21 AUDITORIUM DEL CONSERVATORIO DI RIVA DEL GARDA 10 MAGGIO ORE 21 COMUNE DI TRENTO

L'AFRICA CANTA PER TE, poster, 2012

ASSESSORATO ALL’I STRUZI ONE E ALLE POLITICHE GIOVANILI

COMP RENSORI O VALLE DELL’ADIGE

CONSORZI O DEI COMUNI DELLA PROVINCIA DI TRENTO BIM DELL’ADIGE

SERGI O C ARA IMMAGINE E GRAFICA

MERIDIE, poster, 2003

Sei tra i pochi artisti che usano l'acquerello: cosa ti piace di questa tecnica?

Avendo già usato l’acquerello per i posters pittorici, ho scelto questa tecnica, da me sempre apprezzata, per mettermi alla ricerca di un nuovo linguaggio non geometrico. Inizialmente sul fondo bianco della carta disponevo segni e macchie fortemente calligrafici, comunque astratti. Ma essendomi avvicinato, come illustratore, al mondo dei simboli e dei miti, lentamente e progressivamente ho iniziato ad integrare nei miei dipinti questi temi, fino agli esiti attuali.

Avendo utilizzato l’acquerello per molti anni, dalla prima infanzia fino alla giovinezza, ho da sempre confidenza con questa tecnica. Dopo alcuni anni di esperienza con la pittura ad olio ed acrilico, a fine anni ’70 l’ho ripreso con nuova consapevolezza, per non più abbandonarlo. Mi piace la sua versatilità, dimostrata dall’evoluzione che ha avuto, come protagonista non minore, nella ricerca pittorica dei maestri del ‘900. Alcuni fra i più importanti artisti come Turner, Klee, Kandinsky, Nolde, O’Keeffe, Hopper, Burchfield, si sono serviti dell’acquerello per tutta la loro carriera. Altri l’hanno utilizzato in maniera meno ortodossa abbinandolo ad altri mezzi come la china. E’ un dato di fatto che anche nella sperimentazione odierna questo mezzo interessa ed affa-

Quali sono le tecniche artistiche che utilizzi abitualmente nella tua pittura? Come ho già detto, prevalentemente utilizzo l’acquerello. Sono comunque molto interessato alla calcografia e da qualche anno ho ripreso la pittura ad olio.

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PUB LISTA MPA P E R G I N E ARTI GRAFICHE


scina ancora. Con l’acquerello è possibile ricercare un linguaggio personale che può giungere a risultati imprevedibili.L’acquerello non ti consente di barare, devi essere spontaneo e sincero.

Nei tuoi dipinti ad acquerello e ad olio, tendi a privilegiare le forme e i colori della natura? Non sono interessato ad una descrizione fotografica delle forme e dei colori della natura. La natura mi affascina da sempre e mi dà forti emozioni che cerco di trasferire nelle mie opere. GALUSE', 2003, acquatinta, 20 x 20 cm

Quando inizi un nuovo lavoro, hai già in mente il tema o il soggetto? Certamente quando inizio un nuovo lavoro ho già in mente sia il tema che il soggetto. Inoltre, quando progetto un dipinto, ragiono per astrazioni: cerco ritmo ed equilibrio. Il tema conduttore di molti miei lavori è la natura in tutte le sue forme. Sono interessato ad una pittura che evochi suggestioni emotive. Spesso traggo ispirazione da testi poetici che mi suggeriscono nuove idee compositive. In alcune occasioni mi è stato chiesto di lavorare su temi specifici (musica sinfonica o rassegne di musica Jazz) lasciandomi libertà nella scelta dei soggetti.


RUSCELLO ALPINO, 2014, acquerello su carta 56 x 76 cm

Hai anche sviluppato nel corso degli anni un'esperienza da illustratore nel mondo dei poster?

Ho la fortuna di avere dal periodo bolognese un grande amico, Raimondo Vacca, specializzato nello studio degli aspetti della stampa originale d’arte, che negli anni ’70 aveva una prestigiosa stamperia d’arte a Bologna, “la Civetta”. Per me è stato un grande maestro e con lui negli anni è nato un sodalizio che mi ha consentito di conoscere e recuperare le metodologie originarie della stampa d’arte, per poterle coniugare con il mio linguaggio pittorico. Le incisioni (acquaforte, acquatinta, vernice molle) che realizzo, le stampo con il mio torchio, e mi richiedono tempi lunghi. Quando le incisioni sono a colori, utilizzando più lastre cerco di ottenere risultati vicini agli acquerelli che dipingo.

Realizzo poster dai primi anni ’80. Il mondo dell’illustrazione mi affascina perché può comunicare in immagini sottilmente liriche, o di impatto, gli argomenti più diversi: un verso poetico, un brano letterario, un libro d’artista, un libro per l’infanzia, un libro di denuncia, una graphic novel; ma anche un logo personale o aziendale, la confezione di un prodotto e tanto altro. I miei poster sono pittorici. Cerco di veicolare il messaggio tramite la pittura. Ogni volta che mi avvio a ideare e sviluppare un poster, desidero che sia avvincente ma anche di qualità grafico-pittorica.

Parallelamente alla pittura, ami realizzare anche calcografie con un tuo torchio?

Ritieni di rappresentare nelle tue tele concetti

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RUSCELLO ALPINO, 2013, acquerello su carta 56 x 76 cm

Penso che la mia figurazione mi renda riconoscibile attraverso i segni (dinamici, lievi e decisi) e le campiture cromatiche di ordine astratto. Le immagini sono spesso provenienti dall’universo simbolico e dal mondo naturale. Nelle composizioni la figura non è mai definita nei contorni, e ciò rende la lettura del dipinto più lenta, perché bisogna soffermarsi sulle caratteristiche dei segni e delle macchie, che assumono un valore autonomo. Le forme rappresentate non appaiono mai volumetriche, sono in parte celate, oppure visibili per contrasto cromatico, mai descritte nei dettagli chiaroscurali. In questo modo le figure vagano in uno spazio prospettico solo intuitivo. Nei miei dipinti affermo la mia formazione di base astratta. La carta bianca visibile nei così detti “strappi”, evidenzia l’integrità del dipinto, in una organizzazione di segni e colori dipinti su una superficie piatta.

o emozioni? Sei interessato a un “messaggio” nell’opera? Nell’ideare una composizione e nel processo del dipingere, confluiscono argomenti, concetti, a volte alternati da necessarie pause, per ascoltare le esigenze espressive, emotive. Ritengo che ogni opera trasmetta sempre un messaggio, anche se involontario e indiretto. Personalmente sono più interessato a sviluppare la mia idea di pittura al di là di finalità specifiche.

Come definiresti il tuo stile? Quali sono, secondo te, le caratteristiche che ti rendono riconoscibile? Non sono in grado di definire il mio stile in una parola. 14


IRIS, 2013, acquerello su carta 56 x 76 cm

Come ti sembra il panorama dei pittori trentini d’oggi?

dell’attuale politica culturale in Trentino, se non quelle apprese dai quotidiani locali. E non sono molte. Ritengo che sicuramente si sarebbe potuto e si potrebbe fare di più per valorizzare gli artisti contemporanei e promuovere l’attività dei giovani.

Conosco numerosi artisti trentini interessanti, che hanno una buona formazione e che hanno sviluppato un linguaggio molto personale.

Cosa manca al Trentino per poter essere più presente sul mercato esterno?

Cos’è la bellezza? E’ un valore che ricerchi o è subordinato ad altri valori?

Non so dire. La mia mente ha sempre rifiutato le regole del mercato. Ho sempre operato lontano da suggestioni mercantili.

Ho sempre subito il fascino dell’arte di ogni tempo e di ogni civiltà, in tutte le sue forme, pur senza mai saper determinare perché un dato oggetto mi apparisse bello. Concordo con il pensiero di Leibniz, espresso in “Meditazioni sulla conoscenza, la verità e le idee”: “Vediamo che i pittori e gli altri artisti sanno riconoscere benissimo ciò che è stato fatto male, ma spesso non sanno rendere ragione

Segui la “politica culturale” trentina? Pensi che si possa fare di più o meglio per il settore artistico? Non ho informazioni precise e dettagliate

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del loro giudizio.” Ritengo che sia molto difficile riuscire a trasformare il giudizio soggettivo in un giudizio universalmente oggettivo, e non penso sia compito dell’artista. Negli anni in cui ero coinvolto in una austera ricerca analitica aniconica, non sapevo se ricercavo bellezza. Le forme astratto geometriche definivano una soglia che osservavo senza attraversarla. V’era in ogni caso ricerca di armonia nelle forme e nei colori. Attualmente sono interessato ad una pittura in cui il segno e il gesto determinano la qualità dell’opera. Nell’acquerello, nell’olio, nella lastra incisa mi interessa, in modo analogo, ottenere soluzioni grafico pittoriche schiette, luminose, in cui non ci sia esitazione. Tecniche tradizionali che richiedono dedizione e sempre più approfondite competenze. Questo “fare” pittura, che va al di là dei temi prescelti, forse posso definirlo attualmente come desiderio di bellezza.

PRIMA DEL TRAMONTO, 2007, acquerello su carta 56 x 76 cm

Chi è l’artista? Mi piace vedere l’artista come colui che con immagini e simboli evoca la natura e manifesta il sogno. E’ colui che non indietreggia davanti all’ignoto ma, con l’intuizione e i necessari mezzi espressivi, cerca di rivelarlo.

E, per finire, cosa è per te l’arte? L’arte per me è un incanto che si sovrappone alla natura. L’arte talvolta evoca una forma determinata dai nostri timori oppure dai nostri desideri. L’arte rende visibile la ricerca di verità: può essere definizione di armonia oppure altro, di forme estetiche mutevoli in base alla storia, alla cultura e alle scelte ideologiche dell’artista.

COLLINA CON IRIS, 2014, acquerello su carta 76 x 56 cm



Intraprende inoltre un percorso mirato a recuperare i saperi e le metodologie originarie della stampa d’arte e della pittura ad olio, coniugandole con il proprio linguaggio pittorico. Sempre dagli anni ’80 Sergio Cara declina con interesse la ricerca nella forma della grafica pittorica, senza per altro rinunciare alle proprie esigenze espressive e realizza ad acquarello numerosi posters pittorici per eventi culturali di musica e poesia. In pensione dal 2004 attualmente si dedica a tempo pieno all’attività artistica. MOSTRE PERSONALI 1965 Sala Acli - Nuoro 1968 Sala Cinematografica – Nuoro 1974 Galleria “Il Cancello” – Bologna 1977 Galleria “Santoro” – Roma 1978 “Galleria 31” – Nuoro Galleria “Il Diagramma 32” – Napoli Galleria “Pellegrino” – Bologna Galleria “Il Moro” – Firenze 1993 Galleria “Studio Bartolini” - Sarnonico (TN) 1996 Mostra all’interno del IX Festival “Time in Jazz” - Berchidda (SS) “Studio d’Arte Andromeda “– Trento “Biblioteca Civica” - Vigo di Fassa (TN) 2002 Mostra all’interno del Festival “Fiemme Sky Jazz” Palacongressi - Cavalese (TN) 2008 Grand Hotel Trento – Trento 2009 Palazzo Murari – Verona Spazio Klien – Borgo Valsugana (TN)

SERGIO CARA Nasce a Nuoro nel 1946, si forma artisticamente a Bologna nei primi anni ’70, dove frequenta l’Accademia di Belle Arti e, conclusi gli studi, insegna presso il Liceo Artistico e l'Istituto d'Arte. Nel capoluogo emiliano viene a contatto con le nuove tendenze internazionali a cui si allinea indirizzando la sua ricerca verso la “Nuova astrazione”. In questi anni il suo lavoro è seguito dai critici-storici dell’arte Adriano Baccilieri (1974), Giovanni Maria Accame e Piergiovanni Castagnoli (1974-1975), da Bruno D’Amore e dal poeta sardo Francesco Masala (1978). Negli anni ’80 si allontana dalla linea geometrico astratta e recupera i valori di segno e di gesto, privilegiando il mezzo tecnico dell’acquarello. Testimonianze di questo sviluppo compaiono nelle pubblicazioni “Regesto 70” percorsi della ricerca artistica in Emilia Romagna 1970-1980 e in “Nuove tendenze a confronto negli anni dell’autonomia” 25 anni di ricerche artistiche in Sardegna 1957-1983 a cura di Salvatore Naitza. Successivamente, trasferitosi a Trento nel 1986, diviene titolare del corso di Pittura & Visual presso l’Istituto d’Arte. Abbandona la linea dell’astrazione pura e riprende la “figura”, con la tecnica dell'acquarello, in un gioco mai banale di celamento e svelamento. Testimoni di questa evoluzione sono i critici Danilo Eccher e Riccarda Turrina, lo storico Pietro Marsilli, il musicologo e poeta Giuseppe Calliari, il poeta Sergio Filosi e lo studioso di lettere ed arti Fabio Bartolini.

MOSTRE COLLETTIVE 1974 “Arte contemporanea 1973” Museo Civico - Bologna “Premio Suzzara” – Suzzara (MN) “Premio Campigna” – Santa Sofia (FC) “Pittori di Palazzo Bentivoglio” Galleria “Rolandino” – Bologna 1975 “Pittori di Palazzo Bentivoglio” Studio Inquadrature 33 - Firenze “Pittori di Palazzo Bentivoglio” Galleria “La Piramide” - Firenze “Pittori di Palazzo Bentivoglio” Galleria “San Luca” – Bologna “Pittura Museo Città. Una situazione a Bologna” “Galleria Comunale di Arte Moderna Bo”

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1978 “Progressioni1975-6-7-8” Galleria “4Emme” – Firenze “Progressioni1975-6-7-8” Palazzo dei Diamanti - Ferrara 1981 “Il colore nell’acqua” Galleria “San Luca” – Bologna 1982 “XXXII rassegna di pittura, grafica e libro d’artista”Palazzo Oliva – Sassoferrato (AN) 1983 “Nuove tendenze a confronto” Biblioteca Sebastiano Satta – Nuoro “Nuove tendenze a confronto” Cittadella dei Musei - Cagliari 1989 “50° Anniversario AVIS” Palazzo Re Enzo Bologna 1991 “Illustrare Oggi” Sala Mimismagia – Rovereto (TN) 1993 “Bethger il lungo dolore” Sala della Tromba (TN) “Bethger il lungo dolore” Foresteria Monteponi – Iglesias (CA) 1996 “VI^ Biennale Intergraf” Centro friulano Arti Plastiche – Udine 2012 “XII Biennale dell’Acquerello” Villa Obizzi – Albignasego (PD) 2016 “Pittura Museo Città – una mostra dal 1975 al 2015” Galleria Civica MUVI – Viadana (MN) 2018 “Guardare oltre 1980 – 1990 Dieci anni di ricerca artistica a Bologna” Galleria FAROARTE Marina di Ravenna (RA)

ics

ART E' possibile sfogliare tutti i numeri delle annate 2012-2020 della rivista icsART sul sito icsART all'indirizzo:

www.icsart.it icsART N.2 2020 Periodico di arte e cultura della icsART Curatore e responsabile Paolo Tomio

PERIODICO della icsART N.10 - Ottobre ANNO 2019

icsART

in alto: KORE, 2000, Acquatinta, 30 x 30 cm

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MERCATO DELL’ARTE ? te influenzato dall'approccio radicale all'arte di un insegnante come Joseph Beuys. Diventa amico degli studenti Gerhard Richter (anche lui arrivato dalla Germania dell'Est) e Konrad Lueg con i quali nel '63 inventa provocatoriamente un falso movimento artistico basato sulle merci, il "Kapitalistischer Realismus", una critica alla Pop art americana allora dominante e anche la parodia del "Realismo Socialista", lo stile artistico ortodosso dei Paesi d'oltre cortina. All'inizio degli anni '60 Polke inizia a realizzare i suoi quadri usando la tecnica "Ben-Day" inventata da Roy Lichtenstein: fotografa immagini a mezzitoni pubblicate su riviste e giornali, le proietta ingrandite sulla tela copiando poi, meticolosamente a mano, i punti della fotoincisione. Nei primi anni '70, a causa di problemi personali e familiari, parte da solo per dei viaggi in Afghanistan, Brasile, Francia, Pakistan e Stati Uniti, che documenta con fotografie e film che poi utilizzerà nelle sue opere successive. Quando non è in viaggio, vive in una comune di artisti

SIGMAR POLKE (1941-2010), DSCHUNGEL (JUNGLE), 1967, dispersione su tela, 245 x 160 cm, venduto da Sotheby's New York 2015 a $ 27.130.000 (€ 24.643.500) (vedi a pag.28). Sigmar Polke, uno degli artisti multimediali del dopoguerra più originali, ha creato opere molto diverse contrassegnate da uno stile non ortodosso, allo stesso tempo irriverente, giocoso e acuto (e per queste ragioni non lo rendono facilmente riconoscibile), che hanno influenzato innumerevoli generazioni successive di artisti, da David Salle a Julian Schnabel. Nato nel 1941 a Oels, città prussiana della Bassa Slesia diventata Polonia alla fine della guerra la sua famiglia di origine tedesca è costretta a emigrare nella Germania orientale e, più tardi, nel '53, a fuggire nella Germania occidentale. L'artista descriverà in seguito la sua infanzia come dominata dagli eventi e dai traumi della seconda guerra mondiale. Dopo aver lavorato come apprendista in una fabbrica di vetrate, nel 1961 si iscrive alla Kunstakademie di Dusseldorf dove è profondamenALPENVEILCHEN/FLOWERS, 1967, dispersione su tela, 170 x 150 cm, venduto da Christie's 2019 London a GBP 5.654.250 ($ 6.646.000)

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SIGMAR POLKE con i quali realizza in collaborazione le sue opere in cui si sovrappongono immagini e trame differenti che utilizzano liberamente vignette e cartoons, esplorando anche l'uso nel processo creativo di diverse droghe allucinogene. Il suo approccio sperimentale all'arte diventa maturo dopo che nel '77 ottiene l'incarico da professore alla Kunstakademie di Amburgo e c'è un avvicinamento ai temi alchemici e magici. Negli anni Ottanta è tra i protagonisti del neoespressionismo tedesco ed esponente del Neue Wild; nell'82 si verifica un grosso cambiamento nella pratica dell'artista: comincia a realizzare dipinti monumentali e a fare ricerche sui pigmenti, a volte vietati oppure velenosi perché a base di arsenico. Con materiali presi dalla fotochimica crea dipinti che cambiano in base alla luce e alla temperatura, e sperimenta fino a otto diversi strati di lacca sopra normali tessuti decorativi sintetici tesi su telaio, per far acquistare al dipinto una superficie trasparente e luccicante. Nato con un grave caso di miopia a cui attribuiva la sua passione per l'ottica, negli anni '90 inizia a esplorare nei suoi dipinti la distorsione e la corruzione delle immagini fotografiche e a lavorare su supporti trasparenti in poliestere dipingendoli su entrambe le facce. Polke ha realizzato pittura in una vasta gamma di materiali stranissimi che nessun altro artista aveva utilizzato: fotografia, film, disegno, patate, bastoncini di bambù, succo di lumaca, polvere di meteorite, impacchi di bolle, pigmenti di ogni tipo. Sperimentando costantemente sia i materiali più diversi come tessuti stampati per i supporti dei dipinti, lacche colorate o sostanze chimiche idrosensibili in combinazione con la vernice, sia le tecniche, introducendo schermi, sovrapposizioni, processi fotomeccanici e immagini per la stampa, nell'artista è sempre

INDIANER MIT ADLER, 1975, acrilico, smalto, spray colla glitter su Lurex, 179 x 150 cm, Christie's London 2014 a GBP 5.122.500 (€ 6.576.800)

presente una tendenze iconoclastica a sfidare coscientemente ogni convenzione dell'arte. Le complesse opere che Sigmar Polke ha creato negli corso dei suoi 40 anni di carriera gli hanno permesso di ridefinire l'arte del suo tempo sempre però sulla base della sua consapevolezza che: «Anche se i risultati sembrano nuovi, per quanto mi riguarda, come artista sto seguendo un percorso accademico». Un artista ironico e provocatorio, dunque, ma che, allo stesso tempo, ha affrontato anche grandi problemi storici come la memoria del periodo nazista, il muro di Berlino e le numerose crisi del mondo moderno.

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ILLUSORY ENVIRONMENTS "Illusory Environments" (Ambientazioni illusorie), è il risultato di un impegno durato un decennio durante il quale il fotografo newyorkése Elyah Cohen, ha costruito con le centinaia di ''reperti storici' raccolti nel corso della sua vita, un ciclo di "teatrini della memoria" destinati a durare solamente il tempo di uno scatto. Nel suo studio-magazzino, stipato di materiali di recupero, una via di mezzo tra un robivecchiantiquario, un mercatino bric-à-brac e una discarica di rifiuti urbani, ha raccolto e accumulato un assortimento dei materiali più strani che il fotografo ha acquisito durante le sue visite ai rigattieri o anche raccattate per strada. Questa sua passione per gli oggetti "rifiutati" lo ha spinto a riempire un deposito che ricorda quelli specializzati in attrezzeria dei set cinematografici. Si tratta di oggetti assolutamente normali e comuni scelti e accumulati in base a un unico parametro: la loro capacità di risvegliare in lui emozioni, evocare ricordi, stimolare associazioni di idee con altri momenti vissuti o solo immaginati, conservati in attesa di usarli per un progetto convincente. La ricerca di Cohen ha preso le mosse da una sua progressiva presa di coscienza di una realtà che aveva avuto modo di constatare quotidianamente nel corso degli ottanta anni trascorsi a girare per le strade di Brooklyn, il quartiere da cui non si è mai spostato, e cioè come la maggior parte dei prodotti d'uso comune fossero buttati dai proprietari - anche se perfettamente funzionanti - solo perché soggetti a un consumo estetico continuo quanto incomprensibile. Lo sviluppo del sistema di produzione si traduceva in una crescita inarrestabile di quelli che sono comunemente definiti rifiuti urbani mentre altro non sono che merci sostituite da nuovi modelli grazie all'invecchiamento del loro

In alto: "White arms and the black Trinity" 2018, fotocolor, 190 x 280 cm Al centro: "How many good ideas before the crash?", 2018, fotocolor, 190 x 280 cm In basso: "The last dangerous day of Big John", 2017, fotocolor, 190 x 280 cm

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SURREALISMO NEWYORKÉSE design che le fa ritenere obsolete e, perciò, da eliminare. E non si tratta solo di oggetti "usa-egetta" ma riguarda anche i beni di lusso letteralmente gettati nelle immondezze perché "superati". Come ormai è evidente a chiunque, la propaganda ci ha portati ad essere consumatori prima che cittadini per convincerci che riacquistare è meglio che riparare. Cohen, che ha sempre lavorato da solo, anche in questo suo ultimo progetto ha ricoperto tutti ruoli: disegnatore dei bozzetti, trovarobe degli oggetti di scena, restauratore del materiale deteriorato, scenografo che realizza materialmente il set e anche tecnico delle luci. Egli ha dovuto allestire di volta in volta nello studio tutte le scenografie plastiche, spoglie e minimaliste caratterizzate da un unico colore grigio tipico dei teatri-off dei circuiti alternativi. In ognuno dei set egli ricostruiva l'ambientazione "teatrale" da fotografare, ottenuta tramite composizioni vagamente surreali grazie alle relazioni simboliche che si instauravano tra i manufatti avvolti da un'atmosfera cupa e inquietante che è stata definita dai critici 'The dark side of the Surrealism'. L'effetto finale è stato ottenuto tramite l'uso di una illuminazione drammatizzata che metteva in relazione simbolica tra di loro i vari oggetti in modo da raccontare una storia, esplicita o lasciata all'immaginazione dell'osservatore grazie anche ai titoli dati alle fotografie per suscitare nuovi processi concettuali ed emotivi. Il talento del fotografo è consistito nel ricreare la giusta atmosfera "illusoria" nelle scenografie per esprimere i tanti significati ricercati. Questi particolari 'object trouvé' - moderni e già vecchi - sono diventati la testimonianza di un passato ormai lontanissimo che suggerisce alcuni interrogativi critici sull'Eterno Presente in cui ci troviamo a vivere.

In alto: "The impossibility of dialogue between different", 2017, fotocolor, 190 x 280 cm Al centro: "Uniformity of the presumed diversity", 2018, fotocolor, 190 x 280 cm In basso: "The expired time of the Rationality of Thought", 2019, fotocolor, 190 x 280 cm

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JACOVITTI - parte prima

Benito Jacovitti, meglio conosciuto come "Jacovitti", è unanimemente considerato il miglior disegnatore italiano di fumetti umoristici dato che, grazie alla sua fantasia priva di limiti, ha creato ininterrottamente per oltre 65 anni decine di personaggi divenuti memorabili. Nato nel 1923 a Termoli in Molise, in una famiglia povera, la madre di origine albanese e il babbo ferroviere e proiezionista in un cinematografo nel tempo libero. Benito dimostra un talento innato nel disegno: a sei anni disegnava a carboncino per gli amici i film che aveva visto sulle lastre di pietra in mezzo alle strade sterrate. Quando la famiglia si trasferisce a Firenze, Benito di diploma al liceo artistico e si iscrive al primo anno di architettura. Ancora sedicenne, mentre studia, lavora per un editore alzandosi alle quattro del mattino per disegnare i primi fumetti. Chiamato dagli amici "Lisca di pesce" per via della magrezza esagerata, comincia a firmare le sue tavole con la celebre "lisca" che mantiene per tutta la vita e già questo chiarisce

come non gli mancasse l'autoironia. Muore a Roma a 74 anni nel 1997 e, per questa ragione, molti ex giovani lo hanno conosciuto grazie alle caricature paradossali con cui illustrava i "Diari Vitt", la cui pubblicazione è durata dal '49 fino all''80. La sua collaborazione con "Il Vittorioso", giornale dell'editrice cattolica AVE, iniziata nel 1940, sarebbe continuata fino alla chiusura del settimanale nel 1970. E' in quegli anni che Jacovitti si forma professionalmente e crea i personaggi ai quali deve il suo primo grande successo: "i 3P", tre ridicoli e simpatici ragazzotti, Pippo, Pertica e Palla (le caricature di tre suoi compagni di scuola) e il cane Tom, il piÚ intelligente del gruppo (vedi in alto). Protagonisti di incredibili avventure fantastiche che si svolgevano senza limiti di spazio e di tempo nel Far West, in Africa, sulla Luna, nell'antico Egitto ecc., spostandosi disinvoltamente dal presente al passato e al futuro. Erano storie romanzate a puntate che si rivolgevano ai ragazzi ma coinvolgevano gli adulti che volevano farsi una 24


STORIA DELL’ARTE risata grazie a questi personaggi paradossali. Ai "3P" si sono poi aggiunti anche altri nuovi personaggi amati dal pubblico come la Signora Carlomagno («una vecchia terribile»che ricordava la sua nonna), Zagàr, Cip l'arcipoliziotto e Jak Mandolino. Disegnatore geniale, "Jac" possedeva un incredibile talento nel rendere "cinematograficamente" dinamiche le scene d'azione. La sua tecnica era unica e inimitabile: asta con pennino finissimo e china, disegnando direttamente sul foglio con il suo tipico tratto preciso e curato - senza schizzi a matita - iniziando dal basso per poi risalire tenendo dietro le figure lontane. Famose le sue "panoramiche" così folli nel loro genere in cui, ossessivamente e senza soluzione di continuità, centinaia di personaggi, animali e oggetti assurdi, donne poppute, uomini cornuti, salumi con le zampe, vermi con il cappello, cavalli con due gambe, riempivano l'intera pagina. E, mentre disegnava, creava le situazioni più folli e i personaggi più strampalati inventando battute surrreali all'insegna del 'non sense'. Anche se Jac ha dichiarato che «Gli umoristi sono o tristi, o solitari, o matti. Io sono tutte e tre le

cose», i suoi fumetti sono l'espressione di una comicità italiana verace ancor oggi moderna e divertenta perché il suo scopo è sempre stato far ridere il lettore con le storie, i personaggi, le gag e, soprattutto, con i disegni. Jacovitti descriveva nelle sue vignette la follia della vita quotidiana in un mondo in cui tutto era sottosopra, e le tipologie che lui osservava con attenzione si ritrovavano poi nella bizzarra fauna umana che popolava i suoi disegni satirici: «Mi piace la gente ma odio la folla». Benito Jacovitti è stato a lungo accusato di essere fascista dato che era schierato politicamente a destra ma lui si definiva un liberale, un estremista di centro, un anarcoide perché «Un umorista deve stare in mezzo e in alto». Il personaggio che l'ha fatto conoscere al grande pubblico è stato il cow-boy solitario precursore del western all'italiana, Cocco Bill e il suo fedele cavallo parlante Trottalemme (vedi in basso), nato nel 1957 come inserto del quotidiano Il Giorno. Amante da sempre del Far West, Jac dà il meglio di sé in questo fumetto in cui abbondano pistolero, cattivi, indiani, sparatorie, saloooon e tanta, tanta ironia. continua



Febbraio 2020, Anno 9 - N.2

News dal mondo SIGMAR POLKE

Dschungel, 1967

pag. 28

SIGMAR POLKE

Frau mit butterbrot,1964

pag. 29

SIGMAR POLKE

Familie II, 1966

pag. 30

SIGMAR POLKE

Für den Dritten Stand bleiben nur noch die Krümel, 1997

pag. 31

Omaggio a SIGMAR POLKE

Whaam!, 2016

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pag. 32


SIGMAR POLKE, DSCHUNGEL (JUNGLE), 1967, dispersione su tela, 160 x 245 cm, venduto da Sotheby's New York 2015 a $ 27.130.000 (€ 24.643.500)

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SIGMAR POLKE, FRAU MIT BUTTERBROT,1964 caseina, lacca e olio su tela, 160 x 140 cm, venduto da Christie's New York 2017 a $ 17.047.500 (€ 15.487.300)


SIGMAR POLKE, FAMILIE II, 1966, emulsione su tela 100 x 104 cm, venduto da Christie's New York 2014 a $ 8.565.000 (€ 7.781.000)

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SIGMAR POLKE, FÜR DEN DRITTEN STAND BLEIBEN NUR NOCH DIE KRÜMEL, 1997, acrilico, resina, smalto spray e dispersione su tessuto poliestere, 280 x 350 cm, venduto da Christie's London 2014 a GBP 4.338.500 (€ 5.634.400)



PAOLO TOMIO: Omaggio a SIGMAR POLKE WHAAM!, 2016, fine art su tela, 300 x 210 cm


ics

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