icsART 2022 N.1 Paolo Aldi

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PERIODICO della icsART N.1 - Gennaio 2022

icsART


In copertina: PAOLO ALDI, VĀYU o L'asfissia delle genti, 2019, polittico, fotografia a encausto su legno 90 x 90 x 3 cm


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icsART

sommario Gennaio 2022, Anno 11 - N.1

Editoriale

Riusciranno i nostri eroi...?

pag. 4

Politica culturale

Trentin-rock

pag. 5

Intervista a un artista

Paolo Aldi

Mercato dell’arte?

Ad Reinhardt

pag. 20-21

Manga photograms

Iterazioni rituali

pag. 22-23

Storia dell’arte

Design del tempo analogico

pag. 24-25

pag. 6-19

News dal mondo AD REINHARDT

ABSTRACT PAINTING, RED, 1953

pag. 28

AD REINHARDT

ABSTRACT PAINTING, BLUE, 1953

pag. 29

AD REINHARDT

ABSTRACT PAINTING, BLUE, 1950

pag. 30

AD REINHARDT

ABSTRACT PAINTING, BLUE, 1950-1951

pag. 31

ABSTRACT PICTURE, GRAY 2015

pag. 32

Omaggio a AD REINHARDT

Copyright icsART Tutti i diritti sono riservati L’Editore rimane a disposizione degli eventuali detentori dei diritti delle immagini (o eventuali scambi tra fotografi) che non è riuscito a definire, nè a rintracciare


EDITORIALE RIUSCIRANNO I NOSTRI EROI...? Dopo che Sergio Mattarella ha ribadito per l'ennesima volta la sua indisponibilità ad accettare un secondo mandato, l'agitazione comincia a serpeggiare tra i partiti rendendo impellente lo storico quesito leninista "Che fare?", che si traduce più prosaicamente in "E adesso, che cazzo facciamo?". Effettivamente la situazione si complica perché la permanenza di Mattarella al Quirinale avrebbe risolto i problemi di tutti mentre, dovendo scegliere un nuovo capo dello Stato entro il 3 febbraio, il governo rischia di finire nel tritacarne. Se fosse designato Mario Draghi e, come è altamente probabile, egli accettasse la carica, il Governo dei Migliori si ritroverebbe senza l'unico in grado di tenere insieme una coalizione di "nemici per la pelle". E, stante la nota litigiosità dei nostri eroi, è difficile pensare che qualcuno possa sostituire Draghi al governo per proseguire con l'azione di risanamento economico e sanitario richiesta dall'Unione Europea e per portare i parlamentari fino alle elezioni del 2023. Ancora più tragica è l'ipotesi delle elezioni anticipate che, a parte la Meloni la quale pensa di avere tutto da guadagnarci dati i suoi sondaggi in continua crescita, tutti gli altri partiti temono come la peste per ragioni più o meno nobili. Innanzitutto perché ci saranno 300 seggi di meno in Parlamento, poi perché la maggioranza degli attuali parlamentari non ha ancora raggiunto il minimo per maturare la pensione, e infine, perché i pronostici sono pessimi per tutti. La Lega del sergente Matteo Salvini soffre di un drastico calo di consensi da parte di elettori stufi di vedere quotidianamente i selfie di un cinquantenne ridanciano; i Cinque Stelle, alla disperata ricerca dei voti ormai dimezzati, tentano di riciclarsi nel vecchio sistema; il PD non sa che pesci pigliare e tenta di rifarsi una nuova verginità cambiando Segretario; Renzi con percentuali da prefisso telefonico arrotonda lo stipendio da senatore come lobbista aspettando qualcuno che lo faccia rieleggere; Forza Italia agonizzante, punta su Berlusconi al Colle, nonostante la condanna a 4 anni e le innumerevoli prescrizioni. In ogni caso, uno scenario da incubo che i partiti, risvegliatisi dopo un anno di letargo, tentano disperatamente di esorcizzare affidandosi al solito Stellone Italico. 4


POLITICA CULTURALE TRENTIN-ROCK Viene in Trentino Blasco, al secolo Vasco Rossi. Ne saranno felici i tanti giovani ed ex giovani rockettari che amano la musica del settantenne modenese disposti a pagare un biglietto d'ingresso che va dai 50 a 175 euro. Deve essere stato questo il ragionamento del nostro Presidente Fugatti il quale, sentita la giunta provinciale, ha deciso di invitare la rockstar a tenere un concerto a Trento a metà maggio del prossimo anno in un'area che ancora non esiste e senza sentire il Comune. Grande perplessità per l'investimento su un turismo mordi e fuggi, si ipotizzano 120mila partecipanti ammassati in uno spettacolo che dura qualche ora ma che, per ovvie ragioni organizzative, inizierà fin dal mattino stesso e dal giorno prima quando i fan arriveranno per prendersi i posti migliori. C'è però un piccolo "ma". Ma perché la Provincia Autonoma di Trento ha scelto di organizzare il concerto di un privato cittadino facendosi carico di tutti (tantissimi!) i lavori necessari per allestire il sito, lasciando tutto l'incasso e la gestione del merchandising alla struttura del cantante, quindi in sintesi, tutto pagato con il denaro dei contribuenti? I dati apparsi sui giornali (che nessuno ha smentito), sono inquietanti sia per i costi ipotizzati, sia per tante problematiche che attengono a un evento in cui si concentrerà in un giorno un nu-

mero di persone e di veicoli superiore a quelli esistenti a Trento. Per dire, il luogo dove si svolgerà il concerto, è stato individuato nel terreno dell'attuale "hub" vaccinale, ciò significa spostare una struttura che pare sia costata un milioncino di euro e funziona perfettamente, per ricostruirla altrove. Significa dover fare tutti i lavori durante l'inverno: sistemare e recintare l'intera area, costruire impianti, sottoservizi, infrastrutture, il mega palco super attrezzato, strade, servizi igienici per 120mila persone, parcheggi nuovi e provvisori per decine di migliaia di auto e pullman quando, tra l'altro, è evidente che l'area prescelta presenta delle forti criticità in ordine proprio alla sicurezza e alle vie di fuga in caso di panico. Significa, anche, coinvolgere e organizzare le forze dell'ordine di ogni ordine e grado per evitare incidenti, ingorghi e disordini, prima, durante e dopo la manifestazione. Non è chiaro per quale ragione si ritenga necessario spendere queste risorse pubbliche in un'esibizione così effimera e problematica in un momento di gravissima crisi economica e sanitaria nazionale. Pubblicità? Per chi: Trento, i trentini, la Giunta? Se proprio si vuole fare il concertone, logica vorrebbe che fosse organizzato dall'artista - a proprie spese e rischio - il quale poi, si terrà una congrua percentuale (da contrattare) dei profitti che ne potranno derivare. O no?



Intervista a PAOLO ALDI Il ruolo del fotografo si è ampliato a dismisura nei nostri tempi di "dittatura dell'immagine" dove le domande nei confronti del fotografo d'arte sono divenute più esigenti spingendolo a ricercare strade sempre nuove per dare quel di più che non sia solo la perfezione tecnica o la bellezza di uno scatto oggi accessibili a tanti grazie alla diffusione della tecnica digitale. Nel corso della sua lunga carriera da professionista, Paolo Aldi ha attraversato quasi tutti i settori a disposizione di un fotografo, accumulando, grazie anche alla collaborazione della moglie Lia, grande esperta nella stampa tradizionale e digitale, un bagaglio di conoscenze tecniche, culturali ed estetiche uniche. Egli ha via via indirizzato i suoi interessi verso una creatività svincolata dai limiti imposti dalle esigenze del mercato e caratterizzata dalla massima sperimentazione. Raffinato cultore sia della storia che della tecnologia fotografiche, si è cimentato in una ricerca a 360 gradi sempre più approfondita, ad esempio trattando le stampe con l'encausto in una contaminazione tra antico e moderno alla riscoperta di una profondità e luminosità dell’immagine ormai dimenticate. Questa sua passione per la storia, sia della fotografia sia tout court, si ritrova nelle molte serie prodotte nel corso degli anni, ognuna con una propria motivazione concettuale e fondate oltre che sull'esito formale finale, sull'ideazione di temi e metodologie dotate di una propria autonomia culturale o sociale. Come appunto il grande ciclo “Bellum” che affronta e documenta analiticamente gli sconvolgimenti psicologici, fisici e somatici di un'umanità sottoposta a una violenza priva di senso. Oppure cercando di riprodurre con la fotografia la sensazione di un dinamismo cinematografico attraverso la visione alterata e sfocata delle figure che si muovono nello spazio. Paolo, della fotografia ama tutto, non si accontenta della bella immagine, vuole tornare alle origini per afferrare il senso e il valore dirompente della "scatola magica", ripercorrendo e reinventando con l'occhio moderno i grandi generi classici magari coniugandoli o contaminandoli con tante altre discipline artistiche o umanistiche. In fondo, un ritorno agli albori della fotografia quando, durante lo sviluppo, in un'atmosfera di grande suspence, come per magia nell’acido appariva l’immagine. Paolo Tomio a sinistra: SUNNY FLOWERS 54, 2018, ink jet archival print, 40 x 30 cm

in basso: ABERELLI, 2016, fotografia a encausto su legno, 15 x 30 cm


Quando hai cominciato a interessarti alla fotografia e il sodalizio artistico con tua moglie? Io non ho avuto parenti fotografi ma le fotografie mi hanno sempre appassionato. Ero piccolino quando andavo nell’appartamento dei nonni e passavo tanto tempo davanti a una libreria, chiusa con i vetri, che conteneva una serie di vecchie macchine fotografiche. Non me le lasciavano toccare, ma io desideravo prenderle in mano. Per risolvere la questione a sette anni la nonna mi regalò una plasticosissima “Diana” che però faceva le sue foto. Poi imparai ad usare la macchina di mio padre, una Minolta Hi-matic 7. A quattordici anni i primi sviluppi di pellicole in uno sgabuzzino di casa. Poi una piccola camera oscura in garage. A diciotto anni i primi servizi fotografici sportivi per i giorIRA o La distruzione del mondo, 2019 polittico, fotografia a encausto su legno, 90 x 90 x 3 cm

nali. Poi quindici anni di lavoro nella redazione di Rovereto del giornale “Alto Adige” di allora. Nel frattempo aprivo uno studio fotografico nel centro di Rovereto che andò allargando la sua attività e coinvolgendo altri attori quali soci o dipendenti, ampliandosi e cambiando sedi. Venticinque anni fa iniziava la mia attività artistica, con l’aiuto tecnico, culturale ed estetico di Lia Grigoletti, mia moglie. Lia, in verità, lavora con me dal 1987, ha sviluppato varie attività fotografiche nelle quali eccelle come la stampa colore e quella bianco e nero, ma quasi mai ha usato macchine fotografiche per fare riprese. Il nostro sodalizio espressivo, lavorativo e sentimentale, che dura da quasi quarant’anni, ha avuto una svolta una decina di anni fa quando abbiamo iniziato a ideare e realizzare opere a “due teste, due cuori e quattro mani” tanto che queste produzioni le firmiamo con la sigla LPA.


Ci sono stati fotografi o anche artisti che ti hanno influenzato? C’è chi mi ha interessato, chi ho amato e chi poi mi è diventato indifferente secondo i miei interessi, esperienze e crescita personale. Posso citare, per quando ero giovane, Robert Capa e Henri Cartier-Bresson, Ansel Adams; autori che oggi però mi sono indifferenti. Amo tantissimo Irving Penn per il linguaggio sofisticato, la sublime tecnica bianconero e la capacità di descrivere oggetti e persone. Tra gli storici per me sono stati importanti anche László Moholy-Nagy e il Bauhaus; Raul Ubac, Man Ray e il loro surrealismo; tra i contemporanei voglio citare Paolo Gioli. Negli ultimi vent’anni i principali riferimenti sono sicuramente all’esterno del mondo fotografico: il compositore John Cage, il coreografo Merce Cunningham e soprattutto Marcel Duchamp. Mi interessano soprattutto i loro modi di affrontare e costruire i lavori, l’accurata progettazione e la loro capacità di raffrontarsi con la casualità che irrompe sempre nella vita e nella realizzazione delle opere.

Particolare del polittico IXTAB o Il suicidio, 2019 fotografia a encausto su legno, 90 x 90 x 3 cm

problematiche di mercato, di nuove abitudini, del mondo in cambiamento. Per quanto riguarda tutto il settore professionale che si rivolge a aziende e pubblicità ci sarà ancora spazio per fotografi iper-specializzati o il mercato sarà occupato dai sistemi di intelligenza artificiale. La fotografia artistica sembra invece trovare sempre maggiore interesse da parte del pubblico e del mercato. Concordo con Michel Poivert quando afferma che la fotografia troverà sempre maggiori spazi sulla base di valori quali la fecondità della sperimentazione, la verità della testimonianza, l’autorità della rappresentazione, l’equità della relazione immagine-spettatore, il potere dell’immaginazione e la poesia della materialità dell’immagine.

Qual è il ruolo della fotografia, oggi, in una società dell'immagine? Credo che siano tanti e diversi i ruoli: dipendono dall’ambito, dal pubblico, dai mezzi di diffusione e così via. C’è la fotografia privata, dei familiari, dei bimbi, dei nonni. Intendo quella forma di documentazione che vuole serbare ricordi e affetti propri: importantissima dal punto di vista sociale. Qui va difeso il conservare e tramandare le foto attraverso la loro stampa su carta, poiché il solo digitale rischia di lasciare intere nuove generazioni senza immagini, della loro gioventù e non solo. La fotografia come professione impegnata nel fotogiornalismo, reportage, documentazione territoriale e di avvenimenti pubblici e privati è in crisi a causa di

Secondo te, la fotografia è una forma d'arte?

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VECCHI AMICI, 2016, fotografia a encausto su legno 40 x 50 cm

capace di andare a segno, di colpire l’osservatore, comunicargli delle storie o dei pensieri, fargli nascere delle reazioni, creare un’empatia con esso. Poi serve un bagaglio tecnico ed espressivo adeguato. È necessario approfondire e conoscere seriamente il tema e la tecnica che si propongono. Serve preparazione culturale e visione in tutto il mondo dell’arte contemporanea, non solo nel comparto prettamente fotografico. Credere assolutamente in quello che si fa, farlo perché lo si sente necessario per sé stessi, essere caparbi. Non è facile.

Pur con tutti i problemi e le insicurezze nel dare una definizione di cos’è l’arte ti rispondo: senza dubbio! Penso che la fotografia come forma d’arte si sia conquistata questo status perché negli ultimi sessant’anni è stata ed è terreno in cui l’arte contemporanea può trovare nella fotografia una sintesi dei propri andamenti. L’arte contemporanea ha viaggiato sostanzialmente su due linee parallele. Grande astrazione e grande realismo che la fotografia riesce a sintetizzare, così come riesce a dare risposta alle problematiche che si esprimono tra concettuale e ritorno al formale. La fotografia ha in sé la grande possibilità di essere, allo stesso tempo, strumento di costruzione del reale e forma di prelievo diretto dalla realtà.

Tra i vari generi fotografici, ritratto, paesaggio, nudo, fotocronaca ecc., quali privilegiate? Personalmente io amo tantissimo la fotografia di ritratto e mi ritrovo molto bene e con soddisfazione a operare in quella di nudo. Sia per ricerche mie, sia su commissione. Per inciso amo/amiamo molto lavorare su commissione, spesso lo riteniamo un vero arricchimento per la realizzazione delle opere stesse.

Che capacità e competenze deve avere un fotografo interessato alla ricerca artistica? Il talento di cogliere o costruire un’immagine 10


BITTA, 2017, fotografia a encausto su legno, 40 x 50 cm

Nei nostri lavori che solitamente sono dei cicli tematici, più o meno vasti, non privilegiamo un genere piuttosto di un altro, seguiamo quello che ci appare più pertinente o utile per inseguire il nostro pensare o sentire. Poi evidentemente in Sunny Flowers fiori/natura, in Il Lago il paesaggio, in Fluttuazioni, Simo e Bellum il nudo, nel recente Le Temps de cerises, dedicato alla Comune di Parigi del 1871, la ricerca e l’utilizzo delle foto storiche. Tutti declinati in modi non convenzionali e con un fil rouge che li unisce: l’uso di tecniche fotografiche alternative, sperimentali, antiche e nuove mescolate assieme, l’utilizzo di altri materiali oltre la carta sino ad arrivare al mixed media e all’installazione. Grande importanza per Lia e me ha il mondo della camera-less photography che consiste nella realizzazione di fotografie senza l’utilizzo di macchine fotografiche e quindi porto ancora Sunny Flowers come esempio.

Se non sono motivati da una commissione particolare preferiamo i formati che si posizionano tra i 30 e 50 centimetri per lato, e anche più piccoli. I motivi di questa nostra scelta sono vari. In primis il formato deve essere coerente a una corretta percezione e visione dell’opera nel momento in cui è esposta, soprattutto se finisce in un ambiente di non grandi dimensioni. Il piccolo formato lo sentiamo più intimo e questo ci affascina a differenza della spettacolarità del grande formato che spesso viene sconsideratamente usato solo perché di moda. I nostri lavori, soprattutto se senza vetri, possono essere tenuti in mano e quindi guardati anche più attentamente e dare il piacere del tatto. Le fotografie su carta e le opere più materiche, come gli encausti fotografici, sono carichi di particolari, nuance, goffrature delle carte, movimenti e traslucenze delle cere. Comunicano guardandoli, ma anche toccandoli.

Come mai, le vostre immagini sono spesso di dimensioni molto ridotte?

Quando e perché hai iniziato a trattare con l’en11


AVENUE DE LA GRANDE ARMÉE, 2021, fotografia a encausto su legno, 45 x 60 x 4 cm

grafie: estetica, concetti, emozioni…?

causto le tue immagini?

Emozioni interiori che si trasformano in visioni e viceversa. Miei o nostri concetti che prendono forma prima nella luce e poi nella materia e si offrono alla fruizione, alla visione, al tatto, al pensiero di chi le guarda e le rielabora in concetti suoi personali. Mostrare nostri pensieri, accadimenti, riflessioni, problematiche, anche e soprattutto etiche e politiche. Provo a spiegarmi con degli esempi. In Fluttuazioni ho esplorato quei periodi, brevi o lunghi, propri dei momenti di indecisione, quando si è in instabile equilibrio come su una lama tagliente, ci si sente galleggiare e sprofondare nel nulla ancora incapaci di una svolta. In Bellum ho affrontato il tema della violenza che permea l’umanità, i conflitti in famiglia come tra le nazioni, la guerra come la violenza sulle donne, attraverso una narrazione di miti che hanno radici nelle mitologie del mondo antico. Il Lago è la rappresentazione dell’antropizzazione che permea il mondo, senza nemmeno la necessità di mostrare uomini. Il recentissimo Le Temps des cerises riscopre la Parigi del 1871 con la sua insurrezione contro

L’encausto era un vecchio mio pallino, una curiosità forse. Vent’anni fa iniziai a usare cere per la finitura di stampe fotografiche analogiche e bianco e nero. Circa sei anni fa con Lia avviammo delle ricerche, prove di materiali e sperimentazioni. Nel 2017 per il corpus di opere de Il Lago volevo raccontare anche una certa brillantezza delle luci, delle onde e delle nubi, delle trasparenze che nella sola stampa fotografica non ritrovavo. Abbiamo pensato all’encausto, lo abbiamo applicato e poi non ci siamo più fermati. Sono cinque anni che l’encausto fotografico su tavole di legno ci assorbe, in modi, forme, cicli sempre diversi. Con tecniche e materiali sempre più numerosi, con lavorazioni sempre più lunghe e laboriose: per un encausto dall’inizio alla fine ci servono circa 20 giorni. Ma è un’arte meravigliosa.

Cosa ti interessa rappresentare nelle tue foto-

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il potere governativo e il tentativo di un autogoverno popolare e democratico. Settantadue giorni di 150 anni fa in cui uomini e donne si trovano ad affrontare tematiche tutt’ora attuali e ancora non risolte. Un momento altrettanto importante per la fotografia dal punto di vista storico: i fotomontaggi per uso propagandistico, le foto di riconoscimento dei prigionieri, la prima volta che viene fotografata una rivoluzione e così via.

confronto/scontro con l’influenza della tecnologia, contenuta nell’apparecchio, nel nostro costruire un’immagine. Con il suo formato, tipo di mirino, facilità o difficoltà d’uso, la macchina fotografica impone un suo modo di operare e fotografare. È come un inconscio sconosciuto che è nella macchina fotografica e vuole dirigermi in un’operatività programmata e standardizzata. È compito mio piegarlo al mio intendimento, alla mia volontà.

Quale rapporto hai con le nuove tecnologie degli apparecchi?

E con il fotoritocco come Photoshop?

Ottimo dal punto di vista delle utilità. Tutto quello che mi aggiunge possibilità espressive e realizzative è il benvenuto. Sia nel mondo analogico che in quello digitale il problema è il

Lo usiamo ogni qualvolta serve per dare forma all’idea originale dell’opera che avevamo in mente. A volte nulla e a volte molto. Non ho VACCINATIONS, 2021, fotografia a encausto su legno, 40 x 40 x 2 cm


SIMO 2, 2013, ink jet archival print, 30 x 30 cm

però sta nel fatto che le macchine con rullino, o pellicola per essere più precisi, erano più lente nel loro utilizzo, e permettevano un numero di riprese più limitato rispetto alle digitali. Soprattutto imponevano i tempi lunghi per lo sviluppo e la stampa delle fotografie, a differenza dell’immediatezza della visione e distribuzione con il digitale. Quindi un altro modo di lavorare. Tranne nel caso delle diapositive da proiettare tutte le fotografie finivano su carta. Nel colore il digitale ha ampliato la possibilità di stampare su tanti materiali e soprattutto su tante carte di qualità mentre con l’analogico non c’era scelta. Preferisco le stampe colore digitali, intendo quelle fine-art, hanno più profondità di una volta. Per quanto riguarda il bianco e nero alcune fotografie su carta hanno maggior appel con l’analogico e altre con il digitale. Per quanto riguarda i miei lavori amo molto combinare i due

mai creduto nella purezza di una fotografia senza ritocco. Anche quando stampo le fotografie con sistema analogico intervengo con inquadrature, mascherature e bruciature – interventi localizzati per correggere luci e ombre –, o faccio sparire qualche cosa che disturba. Il fotoritocco lo facevano anche nella seconda metà dell’ottocento, subito dopo l’invenzione della fotografia.

Ci sono delle differenze tra le fotografie eseguite con rullino e quelle digitali? Le differenze stanno nel tipo di apparecchi fotografici. Le macchine digitali sono più leggere, più maneggevoli e sofisticate. La sostanza 14


SIMO 4, 2013, ink jet archival print, 30 x 30 cm

sistemi perché così spesso si ha un arricchimento notevole in senso espressivo ed estetico. Lavorando, Lia ed io, con fotografie su legno il digitale ha aperto insperate strade e permesso di recuperare, anche con altri tipi di supporto, tecniche ottocentesche di inusuale espressività e bellezza. Una “tavolozza” sempre più ampia.

gusti e sovrastrutture culturali. Certo, quello che per me è bello è quello che mi dà piacere, appaga il mio animo, mi piace contemplare; ma è il mio bello, che posso anche condividere con altri, ma rimane pur sempre relativo, non è assoluto. La bellezza è figlia del tempo, della storia e soprattutto dell’opinione storicamente prevalente, è figlia delle classi che esprimono la cultura dominante. I canoni della bellezza mutano con il mutare delle società. Detto questo Lia ed io cerchiamo di fare delle opere interessanti, colte, profonde ma anche assolutamente belle: belle ai nostri occhi. Quindi equilibri, cromatismi, composizione anche nelle opere magari più crude. Nulla di assoluto ma molto personale, con la speranza che le opere che creiamo possano essere condivise anche dagli

Cos’è la bellezza? Posso citare il Parini? Più dell'oro possanza Sovra gli animi umani ha la Bellezza; ma questo non risponde alla domanda. Da parte mia amo dire che Bello/a! di fronte a ciò che mi piace: sia un cielo stellato, un panorama, una statua o una fotografia. Però è un’affermazione soggettiva, fatta da me, con la storia, cultura, conoscenze di un essere figlio di questa società e dei suoi

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a destra: FLUTTUAZIONE LU. C31A, 1998 stampa agli alogenuri d’argento 105 x 75 cm

in alto: particolare del polittico AHOEITU o La ricerca della ricomposizione, 2019, fotografia a encausto su legno, 90 x 90 x 3 cm

altri e qui entriamo in quell’ambito che Marcel Duchamp identificava nell’affermare che l’autore fa metà dell’opera e l’altra metà la fa chi la osserva.

Normalmente si pensa all’arte nel suo significato culturale più generico, a seconda dei diversi orientamenti critici che cambiano nel tempo. Però la definizione di arte è estremamente variabile sia nel tempo che nello spazio. Intendo che sia la definizione di arte che l’arte stessa sono delle invenzioni umane e mentre noi cerchiamo di arrivare a una definizione, condivisa e convincente per tutti, l’arte cambia a sua volta. Credo che creazione e fruizione dell’arte siano un processo continuo, fatto di cambiamenti e contaminazioni, sottoposto al divenire di valori, relazioni sociali, soggettività e contesto storico.

Chi è l’artista, secondo te? Vabbè, provo a risponderti con una tautologia: l’artista è uno che fa arte. Ma cos’è l’arte? Ciò che è prodotto da un artista.

Allora, cosa è l’arte? 16



za macchina fotografica e così con Lia avvia il lavoro a quattro mani Sunny flowers. Con Lia si dedica alla fotografia a encausto su legno. Cura l’organizzazione e l’allestimento al Consiglio d’Europa a Strasburgo della mostra “A 150 anni dall’Unità d’Italia il messaggio di Pace di Maria Dolens”. Progetta e realizza per l’artista Giorgio Andreotta Calò gli apparati ottici per le Camere Obscure al museo Maxxi di Roma, allo Smart Museum di Amsterdam e a Milano nel grattacielo “Pirelli”. Altro apparato ottico è quello per la mostra Hämatli & Patriæ curata da Nicolò Degiorgis al Museion di Bolzano. Porta a compimento il ciclo di opere Simo. Avvia l’edizione di una collana di libri d’artista. Cura e allestisce la nuova mostra permanente della Fondazione Opera Campana dei Caduti di Rovereto: “Il Mondo Alla Campana”. Presenta il ciclo Il lago. Avvia l’operazione Aromatico omaggio a Marcel Duchamp con l’installazione omonima. 2020/21. Espone Bellum nelle sale della Fondazione Campana dei Caduti e alla Galleria “La soffitta – Spazio delle arti” di Sesto Fiorentino, Radici in palazzo Rosmini a Rovereto, Sunny Flowers nella chiesa di San Martino presso il lago di Cei (Trento). Realizza con Lia il nuovo lavoro a quattro mani “Le Temps des cerises”. Paolo Aldi, 38060 NOMI (TN), via Romani 12c www.fotopaoloaldi.it – paolo@fotopaoloaldi.it

1955. Paolo Aldi nasce a Rovereto il 20 dicembre. 1970/79. Inizia l’attività professionale come fotoreporter. Apre un proprio studio a Rovereto. 1980/89. Avvia la collaborazione professionale con Lia Grigoletti con la quale poi si sposa. Abbandona il fotogiornalismo. Studia le tecniche fotografiche ottocentesche, soprattutto la fotografia a foro stenopeico, la gomma bicromata e la callitipia. 1990/99 Riprende i suoi precedenti studi sull'utilizzo della pellicola infrarosso e la utilizza nel campo della ritrattistica. Inizia una regolare attività espositiva dei suoi lavori artistici. Avvia un’attività didattica freelance rivolta soprattutto alle tecniche di camera oscura; tiene seminari e workshop presso accademie, istituzioni scolastiche pubbliche e private. Realizza ed espone le fotografie dei cicli Corpo (s)conosciuto, Fluttuazioni e Impressioni. 2000/09. Avvia la produzione artigianale di HAL: un originale apparecchio a foro stenopeico realizzato in ciliegio. È membro del Coordinating Team del WPPD (Worldwide Pinhole Photography Day). Pubblica il volume Ritratti in Piazza che raccoglie fotografie stenopeiche. Con la Soprintendenza per i Beni Storico-artistici della Provincia Autonoma di Trento realizza le stampe fotografiche delle mostre “Professione donna”, “Sapere d’artigiano, “Architetture senza architetti” dedicata a Federico Vender. Cura la ricerca storica, l’ideazione e la realizzazione della grande mostra permanente “La Campana si racconta. Autobiografia di Maria Dolens” per la Fondazione Campana dei Caduti di Rovereto. Porta questa mostra a Basilea nella Offene Kirche Elisabethen, e a Marcinelle in Belgio nella ex miniera Le Bois du Cazier. Realizza il ciclo Cibi fantastici. Espone Muffazioni la cui realizzazione ha comportato vent’anni di lavoro. 2010/19. Trasferisce lo studio e la propria residenza a Nomi nella filanda. Mette a punto una particolare tecnica con cui fotografare creativamente i fiori sen-

Esposizioni personali

2021 Sunny Flowers, Lago di Cei, chiesa di San Martino Bellum, Sesto Fiorentino, Galleria La soffitta – Spazio delle arti 2020 Bellum, Rovereto, Fondazione Opera Campana dei Caduti Radici, Rovereto, Palazzo Rosmini “al Frassen” 2018 Sunny Flowers e Aromatico omaggio a Marcel Duchamp, Rovereto, Chiesa di San Osvaldo 2017 Aromatico omaggio a Marcel Duchamp, Nomi, 2016 Il lago, Riva del Garda, Centro Congressi 2015 Il mondo alla Campana, Rovereto, Fondazione Opera Campana dei Caduti 2012 Sunny Flowers, lavoro a quattro mani con Lia Grigoletti, Rovereto, Atelier Foto Paolo Aldi 2011 Personale, Verona, Cantine Bolla 2009 Cibi fantastici, Rovereto, Atelier Foto Paolo Aldi Personale, Nogaredo, Palazzo Candelpergher 2008 Installazione per Bertolini Arte, Rovereto, Palazzo Bertolini Fluttuazioni, Castellanza, Villa Pomini

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2007 Ant, prima e dopo l’inverno 2007, Rovereto, Atelier foto Paolo Aldi 2005 Ritratti in piazza, Foiano della Chiana, Foiano Fotografia VII 2004 Ritratti in piazza, Villa Lagarina, Palazzo Libera 2001 Fluttuazioni, Bruxelles, Atelier ph7 Corpo (s)conosciuto, Villa Lagarina, Festival Identità Territoriali 2000 Fluttuazioni, Palermo, Libreria Dante 1999 Fluttuazioni, Sesto Fiorentino, Galleria La Soffitta Fluttuazioni, Brescia, Museo Nazionale della fotografia Fluttuazioni, Massa Marittima, Toscana Foto Festival Fluttuazioni, New York, Uma Gallery 1998 Fluttuazioni, Rovereto, Galleria Le Due Spine Impressioni, Villa Lagarina, Palazzo Libera Corpo (s)conosciuto, Palermo, Libreria Dante 1997 Personale, Palermo, Galleria fotografica Lewis Hine

ics

ART E' possibile sfogliare tutti i numeri delle annate 2012-2022 della rivista icsART sul sito icsART all'indirizzo:

www.icsart.it icsART N.1 2022 Periodico di arte e c2ultura della icsART

Attività culturali ed esposizioni collettive

Ha partecipato dal 1996 ad oggi a innumerevoli attività e mostre collettive in Italia e all'estero Premi 2018 Premio IVYnode per l’opera Eco e Narciso, Autentica unconventional art fair, Verona 2014 Menzione d’onore al Moscow international foto awards per Simo, Mosca 1998 Primo premio del Toscana Fotofestival con Fluttuazioni, Massa Marittima

Curatore e responsabile Paolo Tomio

icsART

Libri d’artista

Bellum, 2019 - Dato a, 2017 - Pellegrinaggio civile della pace, prima edizione 2015 - Senza parole, prima edizione 2014 - Sunny flowers, prima edizione 2014 - Fluttuazioni, prima edizione 2014 - Ritratti futuristi, prima edizione 2013

Libri e cataloghi

PERIODICO della icsART N.1 - Gennaio 2022

Bellum, 2020 - Back to the Past, 2019 - Aromatico omaggio a Marcel Duchamp 2016-2017, 2017 - Pellegrinaggio civile della pace, 2014 - La Campana si racconta. Fondazione Opera Campana dei Caduti, DVD, 2005 - Albero Atomico. Nicolodi Editore, 2005 - Ritratti in piazza. Nicolodi Editore, 2004 - 25 ricette. Nicolodi Editore, 2004 - Tra un tempo che si sfalda e uno che nasce. Edizioni Stella, 2003 - Senza obiettivo. Protagon Editori Toscani, 2002 - Fragliotte vele. Edizioni Osiride 2001 - Fluttuazioni. Edizioni Stella, 1999 - Impressioni. Edizioni Stella, 1998 - Fluttuazioni. Edizioni Stella, 1998

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MERCATO DELL’ARTE ? de gradualmente le distanze perché la sua pittura analitica basata su precisione segnica ed essenzialità è l'opposto della produzione simultanea e gestuale, carica di emozionalità e di culto dell'ego degli Espressionisti astratti. Dichiara: «Non credo nell’originalità, credo nella storia dell’arte» come infatti dimostra la coerenza assoluta con cui si dedica per tutta la vita a dipingere unicamente quadri geometrici e monocromatici. Anche nella sua sempre citata affermazione «L'unica cosa da dire sull'arte è che è una cosa sola. L'arte è arte-in-quantoarte e ogni altra cosa è qualunque altra cosa», ribadisce la sua convinzione della necessità di separare nettamente l'arte dalla vita. Nel '43 ha la sua prima mostra personale al Columbia Teachers College mentre, a partire dal '46, è presente regolarmente presso la Betty Parsons Gallery. Negli anni '50 Reinhardt che nel frattempo è divenuto insegnante al Brooklyn College, utilizza il colore unico in lunghe serie di dipinti, prima i rossi, poi quelli blu e infine arriva al nero a cui dedica gli ultimi tredici anni. Le sue composizioni nascono su griglie rigorosamente simmetriche, divise in bande verticali e bande orizzontali che di esplorare gli effetti spaziali del colore attraverso sottili variazioni tonali gli permettono. La "Serie Blu" che segue quella dei dipinti rossi, è uno dei suoi esempi di maggior successo: figure rettangolari di varie tonalità di blu e verde sono sospese all'interno di una brillante superficie azzurra come blocchi di colore galleggianti che sembrano privi di peso grazie alla sua tecnica pittorica basata sull'applicazione di numerosi strati di pigmenti ad olio con cui ottiene una superficie vellutata che addolcisce la rigida geometria dei blocchi. A partire dal '54, influenzato dall'opera "Quadrato nero" e dagli scritti di Malevich, Reinhardt

AD REINHARDT, (1913-1967) ABSTRACT PAINTING, RED, 1953, olio su tela in cornice dell'artista, 81,9 x 81,2 cm, venduto da Christie's New York 2013 a $ 2.741.000 (€ 2.422.300) (vedi a pag.28). Si tratta di un quadro appartenente alla "Serie rossa" in cui Reinhardt esplora il colore rosso e che, pur apparendo monocromo, a un'analisi più approfondita vi si può percepire una griglia regolare di nove quadrati uguali ma dipinti con minime variazioni di tonalità. Adolph Dietrich Friedrich Reinhardt nasce a Buffalo in una famiglia di immigrati ebrei russi e tedeschi che si trasferirà a New York dove Ad studia storia dell'arte alla Columbia University con il famoso Meyer Shapiro che influenza sia la sua formazione teorico e umanistica sia la sua conversione alle idee marxiste a cui aderirà per il resto della vita. Nel 1935 inizia la formazione artistica presso la National Academy of Design e l'American Artists School che evidenzia il suo totale e indiscusso interesse per la sola astrazione geometrica. Negli anni '40, diventa un membro del gruppo degli American Abstract Artists con i quali espone per oltre un decennio subendo l'influenza della spiritualità di Rothko e la concettualità di Newman. Reinhardt pren-

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AD REINHARDT che qualcuno indignato tenta di sfregiarli. Il pittore proseguirà in questa sua ricerca filosofica di un'arte assoluta, ignorando le tante critiche che la giudicano troppo monotona e ripetitiva, fino al 1967 quando muore per un infarto nel suo studio di New York all'età di 53 anni. Un critico descriverà Ad Reinhardt come “un intransigente, sospettato di essere un eccentrico". Se il rigore ossessivo del pittore è stato spesso preso in giro dagli amici espressionisti, negli anni '60 sarà considerato il principale anticipatore della Minimal Art e del Concettualismo proprio per questo suo processo di riduzione e sottrazione portato al limite. Ancor oggi l’apprezzamento dei suoi dipinti iconici non è sempre unanime poiché è difficile entusiasmarsi per delle opere così radicalmente oggettive da disinteressarsi alle emozioni umane.

lavora esclusivamente alla creazione dei "Black Paintings", tele sempre nere, sempre delle stesse dimensioni quadrate di 152,4 x 152,4 cm, sempre con lo stesso titolo, che definisce "Ultimate paintings", «gli ultimi quadri che si possono fare» perché il pittore li considera lo "zero assoluto" dell'arte. Con la serie nera che ripete ossessivamente fino alla sua morte nel '67, egli vuole esprimere la volontaria, totale rinuncia al segno per «una pittura pura, astratta, non oggettiva, senza tempo, senza spazio, immutabile, senza relazioni, disinteressata, un oggetto che è autocosciente (nessuna incoscienza), ideale, trascendente, consapevole di nient'altro che arte (assolutamente nessuna anti-arte)». Solo ad uno sguardo più attento i dipinti rivelano sotto la superficie monocromatica una struttura geometrica composta da figure rettangolari di vari tipi di nero ottenuti aggiungendo piccole quantità di rosso, di verde e di blu e applicati accuratamente in più strati sovrapposti per lasciare i piani opachi. Quando nel 1963 Reinhardt espone per la prima volta i "Black Paintings", i visitatori rimangono talmente scioccati

in alto: ABSTRACT PAINTING, BLUE, 1952-54, olio su tela, 61 x 50,8 cm, venduto da Christie's New York 2016 a $ 703.500 (€ 626.000) in basso: ABSTRACT PAINTING, 1958, olio su tela in cornice d'artista, 95.6 x 65 cm, venduto da Sotheby's New York 2015 a $ 1.690.000 (€ 1.500.000)

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MANGA PHOTOGRAMS I Manga, i famosi fumetti creati nel Giappone del dopoguerra, sono stati fondamentali nella cultura di quel popolo tanto da diventare un mercato dell'intrattenimento che ha progressivamente invaso tutti i media internazionali con prodotti come video, film, serie TV che hanno conquistato l'immaginario collettivo di paesi anche antropologicamente molto diversi dai giapponesi. Ad esempio, a un osservatore occidentale appaiono immediatamente eccessive, esasperate e sopra le righe le espressioni e la gestualità dei protagonisti sia buoni che cattivi, che combattono tra sofferenze indicibili in una lotta all'ultimo sangue. Di questa peculiarità culturale si è resa conto l'artista nippo-americana Oki Bell quando, dopo aver vissuto con il padre fino ai sedici anni nelle basi militari americane in Giappone, ha fatto ritorno negli Stati Uniti e si è iscritta all'Accademia di Belle Arti di Los Angeles. Fin da piccola Oki trascorreva le sue giornate leggendo avidamente i comics e guardando cartoons con le storie dei Manga in lingua giapponese, esercitandosi poi a rifarli uguali sui suoi album da disegno. Solo dopo il suo rientro in patria ed essersi staccata da quella full immersion nel mondo dei Manga, ha deciso di analizzarli e interpretarli criticamente nel corso dei suoi studi universitari in cui ha approfondito sia le loro caratteristiche grafiche sia la tecnica del cartone animato sviluppando in questi anni una personale creatività più ricco e articolato sul piano artistico. Tra gli interessi della Bell c'è naturalmente anche il mondo del cinema di animazione giapponese, in particolare delle serie più popolari, da cui ama estrapolare le inquadrature più suggestive dei tanti eroi di dui privilegia le caratteristiche psicologiche, teatrali e drammatiche per poi ridipingerle e ricreare tramite queste singole immagini, sovrapposte e ripetute in serie, i propri racconti personali del tutto autonomi dalle storie originali. L'artista ha anche voluto riprendere l'uso dei rotoli verticali in seta della tradizione giapponese reinter-

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ITERAZIONI RITUALI pretandoli alla luce di canoni estetici e linguistici più vicini al suo orizzonte culturale e al suo vissuto, per produrre quelle che ha chiamato "Photograms", tele monumentali eseguite ad acrilico che arrivano fino a dieci metri di altezza cosi che ognuna delle singola immagine che le compongono, può essere grande anche due-tre metri. Come in una ripresa cinematografica, i piani sequenza dei singoli Photograms sono separati tra di loro da un intervallo nero che ne sottolinea ulteriormente la ripetitività meccanica e acuiscono la sensazione di scorrimento continuo ma sincopato tipico dei cartoons. Caratteristica principale delle sue opere è l'immediatezza data dall'immagine estrapolata e riprodotta sempre uguale in un loop che simula la proiezione di uno spezzone di pellicola. La staticità che deriva dalla ripetizione di una stessa immagine sempre uguale è contestata dall'effetto sequenziale che Oki Bell definisce "Ritual iteratio", cioè la iterazione rituale concepita come imitazione e riproduzione seriale di un "atto prototipo" compiuto da personaggi mitici - a suo vedere, come quelli degli eroi dei Manga - per sottolinearne il contenuto mitologico proveniente dalla tradizione storica dei samurai. La pittrice non modifica la fisionomia e l'espressione dei suoi personaggi che anzi raffigura in modo iperrealistico, ma grazie alla riproduzione in sequenza, pur essendo ogni Photogram uguale al successivo, riesce a creare l'impressione di un dinamismo interno infinito che avvicina l'osservatore al soggetto. I visitatori delle sue esposizioni sono spesso talmente attratti e coinvolti dalla mimica facciale da riconoscersi a livello inconscio con le emozioni raffigurate. L'effetto generale, particolarmente conturbante e coinvolgente è molto apprezzato dai giovani collezionisti arricchitisi con la moda, la tecnologia o l'informatica, ancora inesperti della qualità delle opere che acquistano ma che sentono il bisogno di un'arte Pop che parli il linguaggio del loro tempo.

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DESIGN DEL TEMPO ANALOGICO Da quando è stato inventato nel Medioevo, l'orologio meccanico, con le sue due lancette mobili intorno al perno centrale, ha indicato l'ora esatta comunicando visivamente anche la misura del trascorrere del tempo. Una rivoluzione è avvenuta con l'invenzione dell'orologio da polso che fornendo un sistema che scandisce gli orari personali di ognuno, ha di fatto contribuito a introdurre un rapporto oggettivo sempre più stretto tra il tempo e l'uomo così che oggi siamo tutti prigionieri del tempo, e non viceversa, anche se non sappiamo bene perché. Nel corso degli anni l'orologio da polso ha spodestato quello da taschino ed è diventato il più importante accessorio tra il pubblico maschile differenziandosi tra infiniti modelli: classici, sportivi, analogici, digitali, spingendo le case produttrici ad appoggiarsi a importanti designer per rinnovare forma, funzionalità e materiali spesso troppo tradizionali e proporre un'idea di oggetto al "passo con il tempo". N.1 "Momento" è stato il primo orologio da polso prodotto da Alessi tra il 1987 e il 1988 su disegno di Aldo Rossi, un protagonista del neorazionalismo che negli anni '60-70 intendeva recuperare la cosiddetta "forma pura" nell'inN.1

tento di promuovere una progettazione che, muovendosi tra invenzione e memoria, rifiutasse il principio che "la forma discenda dalla funzione". Questo orologio, caratterizzato da una forma classica molto elegante per via dell'importante spessore della cornice in acciaio e dei numeri in caratteri con grazie, ripudia palesemente le aspirazioni alla leggerezza del Moderno. È composto da una doppia cassa in acciaio, la cassa più interna racchiude il movimento e il quadrante ed è montata sulla cassa più esterna, in modo da poter essere rimossa e ricollocata rendendo così possibile utilizzarla sia come orologio da polso sia come orologio da taschino. N.2 Nel 1989, Achille Castiglioni, con la collaborazione di Max Huber per la grafica, ha disegnato per Alessi l’orologio "Record". Riducendo al minimo lo spessore della corona esterna circolare di tenuta, il quadrante assume la maggiore superficie possibile per un’impaginazione grafica idonea a una chiara e facile leggibilità delle ore e dei minuti. Ne è risultato un orologio “tutto quadrante” di facile e immediata lettura, essenziale e basato sull’assioma "del togliere più che dell’aggiungere“. N.3 Nava Design ha realizzato l’orologio da polN.2

N.3


STORIA DELL’ARTE so "Milano Metro" nel 2015 in occasione dei 50 anni della Metropolitana di Milano, inaugurata nel novembre 1964 sul progetto nato dall’unione tra l'architettura di Franco Albini e Franca Helg e il design di Bob Noorda. Nelle stazioni sono stati posizionati i grandi orologi tuttora esistenti dal design essenziale, dinamico ed elegante caratterizzati da un ampio quadrante bianco, lancette rosse rettangolari, tacche e numeri neri basati sul carattere Helvetica modificato appositamente per l’occasione da Bob Noorda attenuando le curvature in modo da rendere le scritte il più leggibili possibili dando origine al "font Noorda". N.4 Nel 1986 è stato costruito il primo orologio da polso "Mondaine SBB", l'orologio ufficiale delle Schweizerische BundesBahnen, le Ferrovie Federali Svizzere. Nel 1944 venne chiesto a Hans Hilfiker, un ingegnere dipendente delle Ferrovie Svizzere, di creare l’orologio da esporre al pubblico in tutte le stazioni elvetiche: il risultato fu un orologio dal design semplice, senza disegni: i minuti, marcati da tratti neri su sfondo bianco e le lancette di ore e minuti anch'esse nere. Su questa base di bianco e nero, spicca la lancetta dei secondi di colore rosso, soprannoN.4

minata la "rote Kelle" (paletta rossa). N.5 L'orologio della Jacob Jensen, "Curve JJ253 253" prodotto nel 2014 si basa sulla filosofia sviluppata dal suo fondatore, Jacob Jensen. Egli credeva che tutto ciò che usciva dal suo studio dovesse essere originale, al di là del tempo e delle tendenze della moda. Jacob Jensen è stato il primo danese a formarsi come industrial designer ed è considerato un pioniere nella storia aziendale del suo Paese perché tra gli ultimi grandi designer appartenenti all'epoca d'oro degli anni '50 conosciuta come Danish Modern. N.6 L'orologio "Ora lattea" disegnato da Denis Guidone per Nava, richiama l'immagine del sistema solare. I punti di grandezza variabile rappresentano in ordine crescente i minuti e le ore, mentre il puntino al centro rimane fisso. Una filosofia minimalista che prefigura un possibile futuro dell'orologio analogico in cui sono scomparse le storiche lancette che con il loro movimento continuo raffigurano la circolarità del tempo che ritorna sempre uguale a se stesso, sostituite da due simboli rotondi che rimandano a un tempo cosmico dove gli astri neri vagano nello spazio bianco e infinito (esiste anche una versione bianca con sfondo nero). N.5

N.6



Gennaio 2022, Anno 11 - N.1

News dal mondo AD REINHARDT

ABSTRACT PAINTING, RED, 1953

pag. 28

AD REINHARDT

ABSTRACT PAINTING, BLUE, 1953

pag. 29

AD REINHARDT

ABSTRACT PAINTING, BLUE, 1950

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AD REINHARDT

ABSTRACT PAINTING, BLUE, 1950-1951

pag. 31

ABSTRACT PICTURE, GRAY 2015

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Omaggio a AD REINHARDT

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AD REINHARDT, ASTRACT PAINTING, RED, 1953, olio su tela

in cornice dell'artista, 76,5 x 76,2 cm, venduto da Christie's New York 2013 a $ 2.741.000 (€ 2.422.300).

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AD REINHARDT, ASTRACT PAINTING, BLUE, 1953 olio su tela, 50,8 x 40,6 cm, venduto da Christie's New York 2008 a $ 2.393.000 (€ 2.114.000)


AD REINHARDT, ASTRACT PAINTING, BLUE, 1950, olio e acquatec su tela, 84 x 36 cm, venduto da Sotheby's New York 2007 a $ 2.617.000

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AD REINHARDT, ASTRACT PAINTING, 1950-1951, olio e acrilico su tela in cornice dell'artista, 198,1 x 61 cm, venduto da Christie's New York 2011 a $ 2.210.500 (€ 1.967.190)



PAOLO TOMIO: Omaggio ad AD REINHARDT "ABSTRACT PICTURE, GRAY", 2015 stampa ink jet su carta fotografica, 60 x 42 cm


ics

ART


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