icsART 2021 N.4 Cristina Moggio

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PERIODICO della icsART N.4 - Aprile ANNO 2021

icsART


In copertina: CRISTINA MOGGIO, PLEXI, L’UNIVERSO 1, 2019, acrilico, diam. 80 cm


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icsART

sommario Aprile 2021, Anno 10 - N.4

Editoriale

Quarto Potere

pag. 4

Politica culturale

Povera Patria - Viva l'Italia

pag. 5

Intervista a un artista

Cristina Moggio

pag. 6-19

Mercato dell’arte?

Lyonel Feininger

pag. 20-21

Snapshots of Lives

Elogio dell'impermanenza

pag. 22-23

Storia dell’arte

Arte Deco - parte 3

pag. 24-25

News dal mondo LYONEL FEININGER

GESUITE III, 1915

pag. 28

LYONEL FEININGER

DIE GRÜNE BRÜCKE, 1909

pag. 29

LYONEL FEININGER

RADDAMPFER AM LANDUNGSSTEG, 1912

pag. 30

LYONEL FEININGER

TROMPETENBLÄSER I, 1912

pag. 31

VELE NELLA REGATA, 2019

pag. 32

Omaggio a LYONEL FEININGER

Copyright icsART Tutti i diritti sono riservati L’Editore rimane a disposizione degli eventuali detentori dei diritti delle immagini (o eventuali scambi tra fotografi) che non è riuscito a definire, nè a rintracciare


EDITORIALE trale Europea, Banca Mondiale, Banca Asiatica di Sviluppo), ma la sua innata "competenza". Nonostante non avesse mai avuto esperienze di governo, era indubitabilmente il Migliore in tutto, a prescindere. Ma, se nei (tanti) momenti di crisi si ritiene che l'Italia debba affidarsi ai "supertecnici competenti" - Ciampi nel 1993, Dini nel '95, Monti nel 2011 - ciò non significa che i parlamentari eletti da 46 milioni di italiani sono degli incompetenti e, soprattutto, inutili? Una conclusione piuttosto pericolosa perché molto vicina alle idee teorizzate dal Maestro Venerabile della loggia massonica P2, Licio Gelli, sulla necessità di un "autoritarismo legale" che abbia al suo centro l'informazione. E che ricordano l'analogo comportamento tenuto dalla stampa nei confronti di Mario Monti, osannato qualsiasi cosa il brav'uomo facesse o dicesse (è educatissimo!, indossa il loden!, viaggia in treno! parla a bassa voce!, possiede un cane!), e che, appena finito il gravoso risanamento assegnatogli dalla UE, era stato ignorato dagli stessi che prima lo incensavano. Visto il trattamento riservato al suo predecessore, in attesa dell'auspicato "cambio di passo", Draghi fa bene a mantenere a distanza i cronisti che a nome suo - promettono risultati mirabolanti, osservando il comportamento professionale di tutta la sua vita di banchiere: parlare poco, solo quando indispensabile e dire il meno possibile. Ha davanti a sé tutto il tempo per essere rosolato a fuoco lento dai suoi fedeli "alleati" i quali, una volta entrati nel Governo già iniziano con i loro ricatti (vedi il pessimo condono). Riuscirà il neo-politico Mario Draghi a resistere ai tanti professionisti dello sfiancamento e ai giornalisti che, al ruolo di cane da guardia della democrazia che la Costituzione e la dignità attribuiscono loro, antepongono gli interessi di una parte?

QUARTO POTERE Se negli Stati Uniti si pensa che il giornalismo, il cosiddetto Quarto Potere, debba essere il cane da guardia della democrazia (watchdog journalism), in Italia - salvo poche rare eccezioni - esso sembra più il cane da guardia dei poteri forti, in servizio a tempo pieno per aiutare gli amici e massacrare i nemici. Basterebbe confrontare i maggiori quotidiani nazionali oppure seguire i dibattiti televisivi affollati da giornalisti, per constatare come - lo stesso fatto - venga da questi disinvoltamente presentato in modi del tutto opposti a seconda che in quel momento sia utile o dannoso per gli interessi delle loro lobbies di riferimento. Ad esempio, in questi mesi si è assistito a una campagna di stampa in cui buona parte dei giornali si sono distinti per un'adulazione nei confronti di Mario Draghi e un culto della personalità talmente esagerati da risultare imbarazzanti. L'autorevole neo-Premier non aveva ancora aperto bocca che già sulle pagine dei quotidiani e telegiornali si intonavano i peana sulle sue virtù messianiche e taumaturgiche. Le lodi che ricorrevano non riguardavano la sua innegabile esperienza da banchiere (della Banca d'Italia, Banca Goldman Sachs, Banca Cen4


POLITICA CULTURALE

VIVA L'ITALIA - Francesco De Gregori, 1979

A due grandi artisti il compito di commentare l'attuale momento storico. POVERA PATRIA - Franco Battiato, 1991 Povera patria! Schiacciata dagli abusi del potere di gente infame, che non sa cos'è il pudore, si credono potenti e gli va bene quello che fanno; e tutto gli appartiene. Tra i governanti, quanti perfetti e inutili buffoni! Questo paese è devastato dal dolore... ma non vi danno un po' di dispiacere quei corpi in terra senza più calore? Non cambierà, non cambierà no cambierà, forse cambierà. Ma come scusare le iene negli stadi e quelle dei giornali? Nel fango affonda lo stivale dei maiali. Me ne vergogno un poco, e mi fa male vedere un uomo come un animale. Non cambierà, non cambierà sì che cambierà, vedrai che cambierà. Voglio sperare che il mondo torni a quote più normali che possa contemplare il cielo e i fiori, che non si parli più di dittature se avremo ancora un po' da vivere... La primavera intanto tarda ad arrivare.

Viva l'Italia L'Italia liberata L'Italia del valzer e l'Italia del caffè L'Italia derubata e colpita al cuore Viva l'Italia L'Italia che non muore Viva l'Italia presa a tradimento L'Italia assassinata dai giornali e dal cemento L'Italia con gli occhi asciutti nella notte scura Viva l'Italia, l'Italia che non ha paura Viva l'Italia L'Italia che è in mezzo al mare L'Italia dimenticata e l'Italia da dimenticare L'Italia metà giardino e metà galera Viva l'Italia L'Italia tutta intera Viva l'Italia L'Italia che lavora L'Italia che si dispera e l'Italia che s'innamora L'Italia metà dovere e metà fortuna Viva l'Italia L'Italia sulla luna Viva l'Italia L'Italia del 12 dicembre L'Italia con le bandiere L'Italia nuda come sempre L'Italia con gli occhi aperti nella notte triste Viva l'Italia L'Italia che resiste

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Intervista a CRISTINA MOGGIO Dietro la naturale dolcezza e la sensibilità romantica di Cristina Moggio, si intuisce una donna di carattere, diretta e sincera, dalle idee chiare. In lei coesiste un equilibrato connubio di cuore e mente che si percepisce anche nei suoi articolati e coloratissimi quadri in cui vuole «dominare il caos». Da sempre interessata a indagare la geometria attraverso una scomposizione-esplosione delle forme di matrice cubista, nelle sue composizioni presta una particolare attenzione al senso del movimento e del ritmo generale. Anche i colori caldi e accesi che dominano tutti i suoi lavori, sono fondamentali per la sua capacità di lasciar fluire le emozioni che la spingono a dipingere abbandonandosi, non a una contemplazione passiva ma a un’immersione nella forza vitale che ha origine nella Natura. Grazie al «coraggio di operare e alla polivalenza» appresi nel corso della sua carriera attraverso l'etica dell'impegno, l'arte si configura per la Moggio come una filosofia di vita e il tramite per perseguire e raggiungere la serenità dello spirito. La sua è una pittura ricca di citazioni che ha saputo emanciparsi da tutti i modelli per inventarsi una via personale e autonoma, un linguaggio astratto arricchito da una lussureggiante componente decorativa che serve da contrappunto alla rigidità insita nella geometria, un alfabeto interiorizzato che le permette di esprimersi seguendo l'ispirazione con la massima libertà, anche inventandosi tele poligonali per contestare l'organizzazione stessa del "quadro". Cristina si lascia guidare dall'istinto e da ciò che le suggerisce la materia: la juta recuperata dai sacchi per il caffè e riutilizzata per le sue tele, le 'briccole', i legni consumati dal mare trovati in laguna, oppure le stoffe leggere come veli scoperte negli antichi luoghi di preghiera. Per lei rimane sempre motivo di gioia dipingere le dinamiche aggregazioni di strutture centripete o centrifughe che sembrano fuoriuscire dalla superficie della tela, oppure, sulle stoffe, le morbide volute che si rincorrono e compenetrano come onde creando luminose costellazioni floreali. Paolo Tomio A sinistra: DIALOGO IN ROSSO, 2019, tecnica mista su juta, 120 x 90 cm

In basso: LOSANGA, 2019, struttura, tecnica mista su juta, 52 cm


Quando e perché hai cominciato a interessarti all'arte e dedicarti alla pittura? In quarta elementare realizzai che avrei voluto diventare pittrice… non sapevo, allora, quanto questa decisione sarebbe stata ardua e complicata… all’epoca componevo degli scritti a tema e rappresentavo con molti colori le scene del mio scritto, per pagine e pagine.

Quali sono stati le correnti artistiche e gli artisti che ti hanno influenzato? Durante gli studi artistici capita spesso di diventare “figli d’arte” dei propri insegnanti: nel periodo della crescita le esperienze dirette sono le più formative, oltre alla frequentazione di gallerie d’arte e musei, importanti per conoscere chi

COMPOSIZIONE, 2019, tecnica mista su juta 60 x 90 cm

sei e dove ti poni nella storia. Amori per Gustav Klimt, Paul Gauguin e Paul Cézanne sono quelli dell’adolescenza, i contemporanei ai quali mi sono ispirata: gli storicii Antonio Corpora, Alberto Burri, Ennio Morlotti, Renato Birolli.

Quanto è stato importante il tuo rapporto artistico con un pittore già affermato come Riccardo Schweizer? Riccardo è apparso nella mia vita come una meteora… ammirava con discrezione il mio operare e ne trovava un senso logico. Condividevamo lo stesso atelier, a Casez in Valle di Non. Avevamo già maturato una nostra personalità artistica e ciascuno seguiva la propria strada. In quel periodo appresi da lui il coraggio di operare e la polivalenza. Per questa forza, che tutt’ora conservo, sono a lui molto grata.


LE TRE MELE, 2018, tecnica mista su tela 80 x 80 cm

Avete anche realizzato delle opere a quattro mani. Come erano organizzati i lavori?

Nel corso della tua carriera hai conosciuto molti artisti locali o nazionali?

Schweizer non amava intrusioni nel suo atelier. Per non invadere la sue “zona creativa” ricordo che mi ricavai un angolo di lavoro vicino ad una finestra, il silenzio era d’obbligo… In qualche occasione, esprimevamo apprezzamenti per l’opera dell’altro… e capitava che si manifestasse Il desiderio di intervenire in modo personale su qualche superficie, senza però stabilire un comportamento ben preciso.

Si, ho conosciuto molti artisti, alcuni ormai consegnati alla storia. Potrei nominare i postpicassiani: Jean Derval, Gilbert Portanier, Roger Capron, Luciano Pera, ecc. oppure gli storici veneti, oppure toscani, romani, ecc. In particolare ho memoria di aver conosciuto e apprezzato Enrico Baj, Mimmo Rotella, Lucio

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PITTURA SU STOFFA

passo è stato breve.

Del Pezzo, Ferruccio Gard, Alberto Biasi. Qual è la tecnica che utilizzi principalmente nella tua attività? Segui l’arte contemporanea? Cosa trovi interessante e c’è qualcosa che non ti piace?

Non ho una tecnica precisa, amo sperimentare: legno, sabbia, colore, tessuti, fili, carta, ecc.

Sono profondamente legata al territorio dove vivo, l’arte contemporanea attualmente mi interessa meno, so apprezzare la bellezza in tutte le sue forme, ma non amo la brutalità.

Quando inizi un dipinto, hai in mente un tema, un soggetto, o ti muovi senza vincoli predeterminati?

Sei sempre stata astratta o hai frequentato anche linguaggi figurativi?

E’ la superficie che mette alla prova l’artista… personalmente lascio andare l’istinto, non provo difficoltà né inquietudine.

Sono formata da una tradizione artigiana; prima di affacciarmi all’arte astratta ho lavorato per anni decorando mobili e ceramiche con fiori e forme colorate. Da questo, all’astrattismo, il

Al primo periodo astratto è seguita un’ispirazione più romantica con la riscoperta dei tessuti?

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Sono stata incoraggiata a lavorare sui tessuti, non solo dagli esperti d’arte, ma anche dal settore moda. Traspongo su queste superfici, con tecniche del tutto personali, gli stessi concetti che esprimo nei quadri.

le loro trame naturali, sono divenute privilegiate tele sulle quali stendere la mia pittura.

Ritieni di rappresentare nelle tue tele concetti o emozioni? Sei interessata a un messaggio nell’opera?

Più recentemente, hai sperimentato la pittura su sacchi e il recupero di briccole della laguna?

Pur in totale libera espressione, nella mia pittura si legge il dialogo stretto con la natura, la ricerca e, contemporaneamente, il desiderio di evasione dalla superficie, con linee e campiture fortemente cromatiche, che pare fuggano per andare a ricomporsi in altri spazi. Nel fare arte si riflette la propria vita, nel bene

Mi sento attratta dall’arte del cosiddetto recupero, il materiale non lo scelgo io, mi viene incontro. Così è capitato che, durante una gita in laguna, mi sia sentita attratta da questi legni “spiaggiati”, briccole veneziane, limate dalla risacca e depositate sulla riva dalle maree. Alla stessa maniera, i sacchi vuoti del caffè, con

FIORE DEL FUOCO, 2019, tecnica mista su juta, 90 x 185 cm

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IL FIORDALISO, 2018, tecnica mista su juta 45 x 49 cm

ricandole di materie e di colori più forti. Penso che questo rappresenti la mia forza, il saper operare cioè, in maniera spontanea, ma cosciente e senza tema compiuto.

e nel male. Il mestiere dell’arte mi è stato da sempre congeniale, connaturato... mi basta avere un pennello e un poco di colore, per sentirmi nel mio elemento naturale, la natura mi è sempre stata maestra. Il messaggio che lascio è la gioia della vita, ma non credo questo venga compreso.

Che ruolo svolgono il colore e la materia nel tuo approccio alla pittura? Il luogo di lavoro, la luce, il silenzio e persino l’aria sanno creare nella mia persona uno stato d’animo che induce a creare. In certe opere non mi basta solo il colore ed opero con tutto quello che mi pare adatto. La materia rappresenta un’escamotage per arrivare a quello che voglio dire, cioe’, oltre al recupero di materiale obsoleto, e quindi ad un’azio-

Quando inizi una nuova opera, hai già in mente un tema compiuto o cambi in corso d’opera? Da un colore tenue, quasi un acquarello, vado scoprendo, con forza insopportabile, di voler cambiare la dinamica delle mie costruzioni, ca-

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ne di giusto riutilizzo, c’è di più, ed è il desiderio di dare un’ultima possibilità di vita a cose e oggetti, di proiettarli in una nuova dimensione dove il loro valore perso possa essere privilegiato. In maniera intrinseca tutto questo si lega armonicamente con il mio progetto creativo.

riferiscono a un modello reale e sono immaginari?

Nel corso della tua carriera hai attraversato periodi espressivi diversi?

Come definiresti il tuo stile? Quali sono le caratteristiche che ti rendono riconoscibile?

Ad ogni mia età è corrisposto un modus interpretativo diverso, e in quel momento era un assoluto. Tutto questo poi veniva a cambiare per esaurimento dell’esercizio e, senza difficoltà, invadevo altri campi interpretativi… non ne ero consapevole.

Non vorrei definire il mio stile… semplicemente seguo il mio istinto creativo. Il mio fare arte è inserito nel mio vivere, credo non ci sia una risposta logica, così come una pianta nasce e dà frutti a seconda delle stagioni e del luogo dove è stata piantata, anch’io sono nella vita e rispondo con il mio fare arte.

I soggetti delle tue opere astratte/figurative si

Non ho modelli reali, fortunatamente. Il colore e la materia riescono a darmi la dimensione del soggetto in forma liberamente interpretativa.

LA GRANDE BOCCA, 2019, tecnica mista su juta, 50 x.55 cm


Non so se sono riconoscibile.

Esiste, secondo te, una pittura femminile, oppure l’arte non ha sesso? Esistono donne che dipingono con una potenzialità e forza definite “maschili”, anche se il termine non si adatta alla pittura e, per contro, uomini che creano opere vibranti di femminilità e romanticismo. Ciascuno realizza il proprio io creativo, l’arte non ha sesso.

Tu frequenti molto il Veneto, cosa manca al Trentino per poter essere più presente sul mercato esterno? Noi Trentini siamo gran lavoratori ed esportiamo una immagine culturale, formativa ed esecutiva, di alta qualità..(nostri pari, i Friulani), tuttavia d’abitudine non applichiamo le astuzie dei venditori, non mercanteggiamo, qualche volta ci vergogniamo pure di esporre le nostre opere… Il Veneto? E’ nel loro DNA il coraggio di proporsi, di cercare …

Segui la politica culturale trentina? Pensi che si possa fare di più per il settore artistico? Certamente, si potrebbe fare di più, soprattutto dare “punti di appoggio” ai giovani. Lo dico per esperienza vissuta. Come ti sembra il panorama degli artisti trentini oggi?

A sinistra: PARTE DI UNA VECCHIA PORTA, tassello in legno, anno 2003

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SOLE E LUNA SUL PIAVE 1, 2019, tecnica mista su juta e legno, 120 x 120 cm

Non mi curo molto dell’aspetto artistico trentino, si potrebbe dire che io “ballo da sola”… Dopo esperienze vissute cercando la condivisione, ahimè, ho maturato la decisione di lavorare e basta.

che solo per pochi attimi, forse non recepita da tutti gli umani. Sì, la cerco. E’ in primo piano nei miei valori.

Cos‘è la bellezza? E’ un valore che cerchi o è subordinato ad altri valori?

Chi è l’artista? E’ una domanda difficile, complicata, tralasciando Freud… e rimanendo con semplicità nella sfera personale, l’artista è una persona

Una formula non definita, al di là dei testi sacri, un equilibrio di perfezione che si sostiene an-

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In alto: PITTURA SU STOFFA

A destra: COSE D’AUTUNNO, 2018, tecnica mista su juta con elementi in legno e cartone 185 x 125 cm

fortunata che in libertà può esprimere sé stesso. Non è poco! La domanda “Artista, chi sei?” rimane senza risposta.

trebbero scrivere pagine e pagine senza arrivare a una corretta definizione. E’ davanti alla superficie vuota che l’artista definisce sé stesso, lavora cercando. L’arte è cibo, la si mangia, si beve…

Per finire, cos’è per te l’arte? Un altro difficile argomento, per il quale si po16



Cà Lozzio di Oderzo Lo Scrigno del Duomo di Trento Monastero delle Benedettine di S.Cecilia in Trastevere (Roma) Società di San Giovanni Battista in Firenze Palazzo Conti Martini a Mezzocorona Palazzo De Maffei a Lavis Spazio Klien Borgo Valsugana Circolo Artistico di Venezia Palazzo delle Prigioni Casa della Cultura di Caldonazzo (Trento) Piazza Duomo a Treviso Ha realizzato una struttura per il Museo della Valle dello Zoldano e un’installazione presso le Cantine Planeta a Sambuca di Sicilia CRISTINA MOGGIO Nasce e risiede in Borgo Valsugana (Trento) Frequenta l’Istituto Statale d’Arte “A. Vittoria “ di Trento Collabora con l’Associazione Arte Sella e intrattiene rapporti di stretta amicizia con Artisti della Costa Azzurra, in Francia ed espone a Nizza su invito del Consolato Generale d’Italia Soggiorna a Salisburgo presso il Landesatelier nella Kunstlerhaus Nel 1993 è classificata prima alla Rassegna Nazionale Ruga Giuffa a Venezia Nel 2006 riceve la nomina al Premio Ambiente per le Province di Trento e Bolzano Nel 2017 inizia una collaborazione artistica con Martino Zanetti nell’Atelier di Susegana (Treviso)

Da anni coniuga un’indefessa attività di artista ad iniziative di formazione per giovani. Hanno scritto di lei: Riccardo Schweizer Enzo di Martino Mario Morales Charles Jourdanet Nice Matin Ottorino Stefani Roger Capron Paolo Rizzi Tommaso Strinati Marko Ivan Rupnik Maria Giovanna Valenziano Maria Filippone Colonna Anita Valentini Mario Bernardi Vinicio Dall’Ara Piero Valdiserra Sergio Molesi Renzo Francescotti Pier Luigi Senna Vera Slepoj

Principali esposizioni personali: Rocca Sforzesca di Dozza (Bologna) Palazzo della Loggia di Noale (Venezia) Palazzo Crepadona (Belluno) Barchessa Manin di Montebelluna Cavalieri Hilton Hotel di Roma Villa Grimani Valmarana di Padova Fondaco delle Biade di Feltre Galleria San Marco Atlanta USA Villa Basadonna Tomè di Trebaseleghe (Padova) Cantine Gruppo Lavis (Trento) XX Edizione Premio Gambrinus Giuseppe Mazzotti San Polo di Piave

Borgo Valsugana (Trento) Via per Telve, 75/4 Tel. 0461/751067 ph 339 5048707 Mail cristinamoggio@virgilio.it www.cristinamoggio.it

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Borgo Valsugana

ics

ART E' possibile sfogliare tutti i numeri delle annate 2012-2021 della rivista icsART sul sito icsART all'indirizzo:

www.icsart.it icsART N.4 2021 Periodico di arte e cultura della icsART Curatore e responsabile Paolo Tomio

icsART

PERIODICO della icsART N.4 - Aprile ANNO 2021

Contatti: Via per Telve, 75/4 (Trento) Mail : cristinamoggio@virgilio.it

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MERCATO DELL’ARTE ? Nel 1901 sposa Clara Fürst da cui avrà due figlie. Espone i suoi disegni alle mostre annuali della Secessione di Berlino negli anni dal 1901 al 1903. Viene incaricato dal Chicago Sunday Tribune di realizzare due serie di fumetti, The Kin-der-Kids e Wee-Willie Winkie's World ma il suo contratto viene annullato quando Feininger si dichiara indisponibile a stabilirsi negli Stati Uniti. Nel 1906 visita con la nuova compagna, Julia Berg, Parigi dove frequenta gli artisti fauves tedeschi al Café du Dome e realizza molti schizzi di scene della città. Mentre continua a mantenersi con i suoi disegni per giornali e riviste, esegue nel 1907 il suo primo dipinto, una natura morta. Due anni dopo abbandona definitivamente la caricatura per dedicarsi solo alla pittura. Seguono anni intensi per la sua carriera: diventa membro della Secessione di Berlino ed espone i disegni alle loro mostre; nel 1911 espone sei quadri al "Salon des Indépendants"

LYONEL FEININGER (1871 - 1956), GESUITE III, 1915, olio su tela, 70 x 60 cm, venduto da Sotheby's New York 2007 a $ 23.280.000. Nato a New York, primogenito di genitori concertisti, il padre violinista tedesco e la madre cantante americana, a nove anni riceve dal padre le prime lezioni di violino ma il giovane Lyonel sembra più interessato a disegnare e costruire modellini di navi. A sedici si trasferisce a Berlino per approfondire gli studi di musica ma dopo poco preferisce iscriversi alla Scuola di arti e mestieri e poi all'Accademia di Arte. Mentre frequenta le lezioni inizia a lavorare come caricaturista politico per il settimanale Humoristische Blätter e poi per riviste americane e tedesche tra cui Harper's Round Table e Berliner Tageblatt. È del '92 il primo viaggio sulla costa baltica che poi visiterà regolarmente e che lo ispirerà con i suoi paesaggi marini e le sue navi per tutta la sua carriera. Dal 1906 al 1908 si stabilisce a Parigi frequentando Robert Delaunay e l'avanguardia parigina che hanno una profonda influenza sulla sua visione pittorica.

FIN DE SÉANCE, 1910, olio su tela, 94,9 x 85,7 cm, venduto da Sotheby's New York 2017 a $.5.637.500 (€.4.789.600)

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LYONEL FEININGER

DIABOLOSPIELERINNEN I, 1909, olio su tela, 39 x 67 cm, venduto da Christie's Paris 2019 a € 2.050.000

a Parigi avvicinandosi alle teorie di Robert Delaunay e del cubismo che influenzeranno i suoi futuri lavori; l'anno seguente entra in contatto con gli artisti del Blaue Reiter con cui espone composizioni cubo-espressioniste che hanno per soggetti piccole città tedesche e paesaggi marini; nel 1917, alla Galleria "Die Sturm" di Berlino, la sua prima grande mostra personale. Feininger combina elementi di diversi movimenti artistici per trovare un proprio linguaggio in cui la suggestione cubista si fonde con la sua particolare sensibilità ancora legata alla lezione fauves e aperta alle nuove tendenze dell'espressionismo tedesco. Lo stile dell’artista è riconoscibile nell'articolazione degli spostamenti dei piani, nelle linee frastagliate del cubismo espresse attraverso il gioco di luci e ombre e in una tavolozza di colori orfista. Nei suoi dipinti ama esplorare il rapporto dell'uomo con la meccanizzazione, l'industrializzazione e le forme architettoniche, uno dei suoi temi prediletti, in cui l'immagine è il risultato di una sintesi tra la monumentalità del costruttivismo

e un vibrante dinamismo espressionista. Nel 1919 Walter Gropius lo invita a insegnare al nascente Bauhaus a Weimar e come capo del laboratorio di stampa: è sua la xilografia che illustra il manifesto della scuola. Nel '24, fonda con Wassily Kandinsky, Paul Klee e Alexej Jawlensky il gruppo Die Blaue Vier che porterà le loro opere anche negli Stati Uniti. Al Bauhaus continuerà a lavorare a contatto con i migliori artisti d'avanguardia del tempo fino al '33, quando l'istituto sarà obbligato a chiudere dal regime nazista. A causa del pesante clima politico, nel '37 decide di ritornare a New York con la moglie ebrea; i nazisti confiscano 400 sue opere dai musei tedeschi e ne espongono 19 alla mostra dell'"Arte degenerata". Negli Stati Uniti Feininger continua a dipingere con successo, in particolare sul motivo dei grattacieli di Manhattan e con la tecnica ad acquerello, diventando anche Presidente della Federazione degli Artisti. Muore nel 1956 all'età di 84 anni.

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SNAPSHOTS OF LIVES no i sentimenti e le emozioni che le immagini risvegliavano in lei. Si tratta di quelle fotografie a colori in cui appaiono amici e parenti, scattate in modo informale e immediato in quegli attimi felici che si pensa debbano essere ricordati e che hanno senso unicamente per chi vi appare. Istantanee nel vero senso della parola, scatti in cui la qualità estetica e tecnica sono secondarie ma, forse proprio per questo, assumono particolare valore di memoria diretta, reale, priva di filtri, e a suo modo "storica", sia per chi ha vissuto quei tempi, sia per chi un giorno dovesse rivederle e trovarvi documentati momenti della vita quotidiana dei protagonisti di un preciso luogo e un periodo storico definito. Il riproporre quelle immagini "oggettive" tramite un medium pittorico ha permesso all'artista di compiere un percorso di autoanalisi profonda e intima poiché, rivivere sul supporto fisico ricordi lontani ma particolarmente dolorosi, ha avuto un effetto catartico con importanti rica-

L'artista australiana Sarah Kelly, a quarant'anni e dopo un rapporto sentimentale concluso traumaticamente, memore di ciò che aveva scritto G. B. Shaw: «Si usano gli specchi per guardarsi il viso, e si usa l'arte per guardarsi l'anima», ha iniziato a dipingere un nuovo ciclo di opere prendendo lo spunto dalle fotografie scattate nella sua gioventù ritrovate casualmente. Ripercorrendo pittoricamente quelli che aveva sempre considerato gli anni più belli della sua vita, ha voluto evitare un approccio troppo realistico limitandosi all'essenza di ciò che vedeva rappresentato in quelle vecchie istantanee, eliminando tutto ciò che le sembrava superfluo ai fini della sua rivisitazione psicologica e sottolineando solo quei particolari che comunicava-

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ELOGIO DELL'IMPERMANENZA dute anche sulla sua pittura. Che l'artista sia persona solare lo si può dedure dai suoi quadri in cui lei e le persone presenti compaiono sempre con dei sorrisi smaglianti e stereotipati che la pittrice ha volutamente esagerato proprio per evidenziare lo spirito che animava lei e i giovani amici in quei momenti. E' sempre per la stessa ragione che l'artista australiana ha "trasfigurato" i volti delle persone rappresentate nei suoi dipinti, esasperandone i lineamenti ai limiti di una finzione teatrale o uno spot pubblicitario. I luminosissimi colori dei dipinti sono virati, irreali, quasi onirici, come quelli delle pellicole dei film quando prendono fuoco, per sottolineare come tutti i ricordi siano soggetti a diluirsi nel tempo lasciando solo un'impressione sempre più labile e sfumata. Attraverso questi accorgimenti, i banali accadimenti che punteggiano le vite di ognuno di noi, sono divenuti il racconto organico della storia personale di Sarah Kelly ma anche di una Storia più generale in cui chiunque possa riconoscersi. Alla fine, Sarah ha ripercorso in un ciclo omogeneo composto da una trentina di grandi tele che hanno per unico titolo la data degli scatti, gli anni della sua vita che intercorrono dall'inizio delle scuole superiori fino alla laurea presso the Queensland Academy of Arts di Brisbane. Queste opere che restituiscono gli attimi fondamentali della sua vita, sono stati definiti "Snapshots of Lives", Istantanee di Vite, perché, pur appartenendo unicamente al vissuto personale della Kelly, sono in realtà percorsi comuni alla quasi totalità delle persone dato che tutto ciò che rimane di un'esistenza, spesso non è altro che un album di fotografie. Solo chi, come lei, ha la fortuna di poter intervenire con la mediazione degli strumenti artistici, riesce a far compiere un salto di qualità a queste banali immagini

quotidiane sottoposte al degrado del tempo e trasportarle su un piano universale che comunichi la coscienza dell'impermanenza dell'uomo. Attendiamo il sequel visto che le grandi tele della pittrice sono state molto apprezzate dal pubblico di Brisbane il quale, evidentemente, vi ha visto la voglia sincera di mettersi in gioco e di portare alla luce con coraggio un suo personale bisogno di verità.

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ART DÈCO - Parte 3 Sebbene l'Art Déco sia uno stile che viene collocato sostanzialmente nel periodo compreso fra il 1919 e il 1930, i diversi fenomeni del gusto che lo caratterizzano appaiono a Parigi già prima della Grande Guerra in due ambiti molto diversi da quelli artistici: il balletto e la moda. Lev Samojlovič Rosenberg, in arte Léon Bakst, è il pittore russo divenuto celeberrimo ai primi del '900 per avere creato e illustrato le scenografie e i costumi per i Ballets Russes. Di famiglia ebrea benestante, nonostante la sua religione proibisse la pittura, studia all'Accademia delle Belle Arti di Pietroburgo e poi all'Académie Julian di Parigi che diverrà la sua città di adozione. Dalla loro nascita nel 1909 diventa il collaboratore privilegiato dei Ballets Russes di Serge Diaghilev per i quali disegna e realizza costumi e scenografie fino al '21. Abbandona le tradizionali tonalità pastello concependo i costumi come una sfolgorante seconda pelle e usando tonalità che si adattano al movimento dei ballerini: colore e combinazioni cromatiche sono utilizzate emotivamente e sensualmente. Il pubblico parigino è sedotto dai colori lussuriosi, dalla barbara ed esotica sensualità, da voli

frenetici e ritmi selvaggi per sviluppare le possibilità romantiche e teatrali dell'abbigliamento. II suo rivoluzionario uso di motivi orientali, colori sfavillanti, decorazioni sontuose e sensuali che mescolano erotismo e violenza diventano continua fonte di successo e immediato punto di riferimento per le gallerie d'arte e il mondo della moda. Una straordinaria capacità seduttiva esplicitamente erotica promana dai suoi disegni di scena venduti come opere d'arte e dagli sfarzosi costumi creati per sultani, eunuchi, e odalische coperte solo da corpetti scollati e pantaloni aderenti e trasparenti. I ballerini diventano delle "pennellate" riccamente colorate che creano una tela vivente di sensualità e decadenza - colore in movimento - in un perfetto equilibrio tra fantasia, reminiscenze orientali, gotiche e classiche. Queste sue innovative invenzioni teatrali, visivamente ed emotivamente potenti, hanno una forte influenza sia sui nuovi costumi dell'epoca, sia sullo stile della moda per la donna "moderna" che sta nascendo. Nei primi anni del '900 compare a Parigi anche il nuovo oracolo dell'haute couture (alta moda) e dello stile: Paul Poiret, semplicemente "Le

LÉON BAKST, costume per Cleopatra, 1910

LÉON BAKST, cotume per La Peri, 1911

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STORIA DELL’ARTE Magnifique", noto in America come "The King of Fashion". Dopo aver lavorato per Jacques Doucet e House of Worth, le due case di moda più antiche e importanti di Parigi, Poiret apre nel 1903 la propria maison de couture; lo stesso anno crea anche Rosine, una società di profumi e cosmetici e nel 1905 Martine, un'azienda di arti decorative sul modello della Wiener Werkstätte, diventando così il primo couturier a collegare la moda con l'arredamento e l'arte dell'abitare. Poiret rivoluziona sia la struttura che la decorazione della moda con una nuova filosofia estetica che promuove il concetto di "stile di vita totale", inizia la sua rivoluzione liberando il corpo della donna prima dalla sottoveste e poi abbandonando nel 1906 il tradizionale bustino che divideva la figura femminile in due masse distinte con il ritorno della vita sotto il petto per mettere in risalto la flessuosità del corpo anziché le forme. Crea modelli che fanno scandalo: la gonna stretta in basso, le "jupe-culottes", larghi pantaloni "harem" che cadono quasi come una gonna e vengono indossati sotto una tunica morbida che sarà trasformata in seguito nella sua iconica tunica "en abat-jour". Per le decorazioni attinge ovunque: tessuti preziosi di tutto il mondo, turbanti, ricami, piume, monili. Poiret è anche il primo a rivendicare il ruolo della moda nell'arte e anche una funzione dell'arte nella moda tramite l’innovativa idea di far illustrare da artisti come Paul Iribe, George Lepape, Georges Barbier le sue collezioni inserite in opulente ambientazioni, e realizzare le raffinate cartelle "Les robes de Paul Poiret" da distribuire ai clienti scelti. La cupa sensualità di Bakst e la classe sofisticata di Poiret prefigurano già il gusto Art Déco che prenderà piede in Francia e si consoliderà in tutto il mondo dopo la Prima Guerra mondiale. Fine parte 3

GEORGES BARBIER, 1907

PAUL IRIBE, 1908

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GEORGE LEPAPE, 1911



Aprile 2021, Anno 10 - N.4

News dal mondo LYONEL FEININGER

GESUITE III, 1915

pag. 28

LYONEL FEININGER

DIE GRÜNE BRÜCKE, 1909

pag. 29

LYONEL FEININGER

RADDAMPFER AM LANDUNGSSTEG, 1912

pag. 30

LYONEL FEININGER

TROMPETENBLÄSER I, 1912

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VELE NELLA REGATA, 2019

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Omaggio a LYONEL FEININGER

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LYONEL FEININGER, GESUITE III, 1915, olio su tela 70 x 60 cm, venduto da Sotheby's New York 2007 a $ 23.280.000

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LYONEL FEININGER, DIE GRÜNE BRÜCKE, 1909 olio su tela, 101 x 81 cm, venduto da Sotheby's New York 2007 a $ 10.121.000


LYONEL FEININGER, RADDAMPFER AM LANDUNGSSTEG 1912, olio su tela, 40,3 x 48,5 cm, venduto da Sotheby's New York 2016 a $ 4.456.250 (€ 3.786.000)

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LYONEL FEININGER, TROMPETENBLÄSER I, 1912 olio su tela, 94,4 x 79,9 cm, venduto da Christie's New York 2018 a $ 6.162.500 (€ 5.236.000)



PAOLO TOMIO: Omaggio a LYONEL FEININGER "VELE NELLA REGATA", 2019, acrilico su carta 60 x 42 cm


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