icsART 2019 N.10 Robert Bosisio

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PERIODICO della icsART N.10 - Ottobre ANNO 2019

icsART


In copertina: ROBERT BOSISIO, SENZA TITOLO, 2013, tecnica mista su tela, 31 x 32 cm


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icsART

sommario

Ottobre 2019, Anno 8 - N.10

Editoriale

Nicola, stai sereno!

pag. 4

Politica culturale

Sfere celesti alle Albere - 2° parte

pag. 5

Intervista a un artista

Robert Bosisio

Mercato dell’arte?

Frida Kahlo

pag. 20-21

L'onore del Kaiser

Arte Imperiale

pag. 22-23

Storia dell’arte

Pavillon Le Corbusier

pag. 24-25

pag. 6-19

News dal mondo FRIDA KAHLO

Dos desnudos en el bosque, 1939

pag. 28

FRIDA KAHLO

Autorretrato con pelo suelto,1947

pag. 29

FRIDA KAHLO

Autorretrato con chango y loro, 1942

pag. 30

FRIDA KAHLO

Raices (Radici), 1943

pag. 31

La niña con los ojos de carbon, 2019

pag. 32

Omaggio a FRIDA

Copyright icsART Tutti i diritti sono riservati L’Editore rimane a disposizione degli eventuali detentori dei diritti delle immagini (o eventuali scambi tra fotografi) che non è riuscito a definire, nè a rintracciare


EDITORIALE

NICOLA STAI SERENO! Una volta, il socialista più volte ministro, Rino Formica, dichiarò che "la politica è sangue e merda". La Storia continua a dargli ragione. Dopo la sbornia di questi ultimi venti anni vissuti con il mito ottuso e deteriore del "Leader", del "Cavaliere", del "Rottamatore", del "Capitano" - tutti famelici di pieni poteri - gli italiani si auguravano che fosse finalmente finita l'epoca delle fanfaronate (che oggi si chiamano storytelling) sparate da professionisti dell'aria fritta per chiedere qualcosa di utile per il Paese. Gli italiani danno sempre il meglio di loro nei momenti peggiori perché, per qualche strana alchimia, lo spirito di sopravvivenza prevale sulla divisione tra guelfi e ghibellini; i "Leader" non riescono a non pensare agli interessi di partito e, soprattutto, ai propri. È per questa ragione che, quando il povero Nicola Zingaretti, uscito stremato ma raggiante da un mese di trettati-

ve per formare il nuovo governo, si è sentito dire "Nicola stai sereno!" dal Ghino di Tacco di Rignano, deve essersi sentito gelare il sangue nelle vene. Un augurio che è il preludio a una guerriglia di logoramento contro il neo nato governo, stando dentro il governo. Un incubo! Appena uscito dalla scena uno scorpione dall'ego ipertrofico, in Italia se ne ripresenta subito un altro, pronto a perseguire pervicacemente il proprio tornaconto. Ovviamente, le promesse di uno scorpione non possono andare contro la propria "natura" che è sempre quella di pungere con il suo veleno. Coerentemente con quello che i francesi chiamano l'"esprit florentine", il macchiavellico scorpione attende il momento più propizio: quando colpirà con il pungiglione chi lo porta sulla schiena non si sa, ma certo non sarà per il bene del Pese. Stia attento però, lo scorpione, a non finire affogato insieme alla "rana Nicola". 4


POLITICA CULTURALE SFERE CELESTI ALLE ALBERE parte 2° La querelle Sgarbi-Zecchi, alias Mart-Muse, scoppiata a giugno, si è infuocata quando il critico ha saputo che il Museo della Scienza aveva intenzione di costruire nell'angolo del giardino del palazzo delle Albere, un planetario chiamato "H2O". Composto da tre sfere, una grande (l'atomo di Ossigeno) e due piccole (gli atomi di Idrogeno) destinate a servizi (a sinistra nella foto aerea), Sgarbi lo ha definito osceno e briganti coloro che lo vogliono realizzare. Su un punto Sgarbi ha ragione, il planetario è vicinissimo al Muse ma ricade su un parco sottoposto a vincolo storico e, quindi, inedificabile. Inoltre, il giardino storico, già oggi degradato e anonimo, verrebbe ulteriormente penalizzato da questi volumi alieni incompatibili sia con le pertinenze che con il palazzo rinascimentale. Quella del planetario è un'ottima idea per il Museo della Scienza e anche per la città, ma si dovrebbero evitare soluzioni di ripiego - come quella della struttura "temporanea" - del costo di 2,7 milioni - da demolire dopo 15 anni ad ammortamento concluso, che pare un escamotage inventato per dribblare il vincolo storico. Piuttosto, esiste una soluzione ottimale capace

di risolvere ogni problema e mettere d'accordo tutti, garantendo un risultato di gran lunga migliore da ogni punto di vista: architettonico, funzionale, simbolico, comunicativo e, non ultimo, economico. La nuova ubicazione potrebbe essere traslata all'interno dell'immenso e poco frequentato parco pubblico baricentrico al quartiere delle Albere (al centro nella foto aerea). In questo modo il planetario avrebbe la possibilità di ampliare le sue dimensioni passando a 120-150 posti a sedere invece degli 80 previsti, aumentando il volume e la superficie delle due sfere di servizio, e magari prevedere anche un piano interrato, sempre utile per eventuali sviluppi futuri. Anche il costo preventivato per l'opera "temporanea" - che deve essere demolita e rimontata altrove (con nuovi ulteriori costi) - può moderatamente aumentare poiché il "Nuovo Planetario" sarebbe una struttura stabile e definitiva. Facilmente raggiungibile a piedi dai visitatori del Muse, essa può diventare un polo simbolo di attrazione ben visibile dall'autostrada, contribuendo sia a rendere più vivace e frequentata un'area verde bella ma sottoutilizzata che a dare al quartiere una vera "identità pubblica".



Intervista a ROBERT BOSISIO Mi ha colpito lo studio in cemento faccia a vista, interrato sotto il frutteto, che Robert Bosisio si è costruito a Trodena: la luce proveniente dall'alto dei due unici lucernari sfumava nel buio della sala proprio come nei suoi dipinti di "interni metafisici". Il rigore minimalista Zen, dentro, e la vita rurale fuori (gerani compresi), assolutamente convincenti e coerenti con la personalità di questo pittore cosmopolita in cui convivono serenamente la cultura altoatesino-tedesca e quella italiana. Non a caso, tra gli artisti che lo hanno influenzato, egli cita Carrà, De Chirico e Morandi. Eppure, i suoi quadri in Italia sono percepiti nordici e piuttosto incolori, mentre a Berlino colorati e molto italiani. Una situazione stimolante per chi persegua un'arte enigmatica e inafferrabile. E' proprio nella ricchezza di riferimenti e nel suo essere uomo di "confine" che Bosisio ha trovato i fondamenti della propria pittura sviluppando una sensibilità del tutto personale nei confronti della luce e, di conseguenza, del colore, che è elemento centrale di tutta la sua ricerca artistica. Colore che, per la sua stessa natura fisica e psicologica, postula l'ambiguità di una percezione sempre in bilico tra astrazione e figurazione. Robert è un convinto assertore del primato della Pittura al punto di sottolineare come sia «importante "ascoltare“ il dipinto e lasciarmi portare dove lui vuole», proponendo così un poetico ribaltamento di ruoli e gerarchie tra l'opera e il suo autore. Il tema del dipinto è importante ma ciò che conta è l'atmosfera irreale che si crea mediante l'indeterminatezza di una "sfocatura" soffusa in cui i soggetti perdano ogni riferimento tangibile per trasmutarsi in presenze misteriose e senza tempo, inquietanti e allo stesso tempo affascinanti. Le forme sulla tela, evanescenti, oniriche - indecifrabili da vicino - impongono all'osservatore un'interpretazione e ricostruzione concettuale della "realtà" rappresentata la quale, sembra dirci l'artista, non è ciò che ci trasmettono i nostri sensi, ma esiste solo nella mente di chi guarda. Paolo Tomio A sinistra: SENZA TITOLO, 2018/19, olio e pigmenti su tela, 200 x 130 cm

In basso: SENZA TITOLO, 2017, olio e pigmenti su tela, 30 x 42 cm


Quando e perché hai cominciato a interessarti all’arte e dedicarti alla pittura? Il mio primo impatto forte con l‘arte l‘ho avuto in prima elementare, quando a scuola, un artista (Gotthard Bonell, anche lui trodenese, che poi è diventato un mio caro amico) ha ritratto a matita una persona anziana. Ne sono rimasto talmente impressionato che ho deciso: era questo che avrei voluto fare anch‘io. Nella famiglia della mia mamma il nonno trodenese, contadino, disegnava molto bene e il mio SENZA TITOLO, 2019, olio e pigmenti su tavola 25 x 21 cm

nonno paterno milanese disegnava e realizzava scarpe. All‘inizio, fino a vent‘anni, mi interessavano il disegno e la scultura, poi all‘Accademia di Vienna mi sono innamorato del colore e della pittura.

Quali sono stati le correnti artistiche e gli artisti che ti hanno influenzato agli inizi? A quindici anni mi piacevano i fotorealisti come Franz Gertsch e gli iperrealisti come Chuck Close. Poi Carrà, De Chirico, Morandi, la Metafisica


SENZA TITOLO, 2010, olio e pigmenti su tavola 23 x 20 cm

in generale; quelle atmosfere magiche con la luce quasi rinascimentale.

pa importanza. Senza dubbio è rilevante, ma non deve prevalere sul linguaggio della pittura in sé. Deve esserci una proporzione tra la tematica e la realizzazione materica. Osservo la tendenza nelle Accademie ad essere molto teorici, ma a non insegnare più (o, a mio parere, troppo poco) le parti pratiche, artigianali (come era invece nelle botteghe del Rinascimento dove si insegnavano insieme teoria e pratica).

Segui l’arte contemporanea? Cosa trovi interessante e c'è qualcosa che non ti piace? Si, la seguo, è importantissimo per un artista aggiornarsi, non avere dei tabù ed essere curioso di tutto, cogliere lo Zeitgeist. In certi lavori contemporanei mi sembra che l‘idea, che può essere bella, spesso si perda nella realizzazione artistica. Anche nella pittura noto che talvolta la tematica del quadro riceva trop-

Sei sempre stato figurativo o hai sperimentato

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anche linguaggi astratti? Da giovane ero più figurativo. Con l´età il mio linguaggio artistico è diventato più astratto. Negli anni 2013 -14 ho lavorato molto su tele monocrome e con forme astratte geometriche, ma non ero contento del risultato. Poi ho cominciato a mettere accanto due tele della stessa grandezza: una colorata in monocromo e una figurativa. Ho cercato di metterle in relazione una con l‘altra e di trovare un dialogo tra di loro. Questo mi ha soddisfatto. Recentemente, forte dell‘esperienza dell‘astrattismo, sono ritornato al figurativo, un figurativo però che sfugge al descrittivo e in cui è la fantasia dell‘osservatore a completare l‘immagine.

SENZA TITOLO, 2004, olio e pigmenti su tela 30 x 40 cm

Nel corso della tua carriera hai attraversato periodi espressivi diversi? Prima disegnavo dal vivo. Il disegno e la grafica sono la mia base di partenza e ambedue sono basati sul chiaroscuro, mentre per un pittore abituato a pensare col colore è l'opposto. Con la pittura mi sono immerso progressivamente nel colore allontanandomi dall‘oggetto: sono diventato più astratto. Ora sento la mia pittura più contemplativa, calma, passiva, interiore.

Trodena è sul confine tra Trentino e Alto Adige: pensi abbia influito sulla tua personalità artistica? Credo proprio di sì: Trodena è sul confine tra l‘Alto Adige e il Trentino e si parla il dialetto


SENZA TITOLO, 2018, olio e pigmenti su tela 30 x 41 cm

tedesco. Questo offre la possibilità di poter entrare in due culture: quella italiana e quella austriaca-tedesca ed anche la possibilità di studiare in un paese di lingua tedesca. È per questo che io mi sono deciso per l‘Accademia di Vienna. Mio fratello che ha studiato anche lui Arte, ha frequentato l‘Accademia di Brera e quella di Firenze. C‘era sempre un bello scambio tra noi due; lui mi veniva a trovare a Vienna e viceversa.

Dipende dallo stato d‘animo dell‘osservatore percepire se guarda questa stanza dal di fuori o dal dentro. Con questo soggetto inoltre si può lavorare benissimo con i giochi tra verticali e orizzontali in rapporto tra di loro, spesso in proporzione aurea.

Perché la figura umana appare nei tuoi dipinti solo come una presenza impercettibile? Come ti spieghi la tua passione per le aperture tra spazi interni completamente vuoti?

Proprio per fare partire le associazioni individuali nella testa dell‘osservatore. Voglio che lui venga stimolato a cercare nella sua memoria il viso della persona rappresentata. Gli voglio dare la possibilità di completare il lavoro, ognuno a suo modo e con il bagaglio della propria

La porta è uno dei simboli più grandi. Lo racconta molto bene Rilke in una sua poesia. Per me il presente è la soglia, il passato è il dentro e il fuori è il futuro. 11


esperienza. Sono convinto infatti che l’artista non sia qui per dare risposte, ma per porre domande.

I tuoi paesaggi derivano dalla realtĂ oppure sono immaginari? SENZA TITOLO, 2018, tecnica mista su forex 48 x 35 cm

Ambedue le cose. Ci sono paesaggi dove lavoro davanti alla natura, cerco di sentire la luce e di capire le proporzioni cromatiche tra il cielo e la terra. La forma spesso viene semplificata o liberamente interpretata. Poi ci sono gli "orizzonti“ che sono fatti nello studio e che sono immaginari. Li vedo come una sorta di accordi cromatici.


SENZA TITOLO, 2018, tecnica mista su forex 40 x 60 cm

La tua scomposizione delle immagini mediante solchi paralleli, nasce come fenomeno ottico oppure psicologico?

fondo delle tele è fatto con uno spatolato acrilico e alchidico.

È difficile per un artista separare l‘ottica dalla psicologia; sono entrambe necessarie per ottenere un certo mistero. Siccome le linee e i solchi sono l‘opposto dello sfuocato, uso questa tecnica per dare più contrasto al quadro. Sovrapponendo questo velo di linee cerco di distanziare l‘osservatore dalla storia del dipinto. È un po‘ come se si osservasse una persona sconosciuta attraverso una finestra con le veneziane leggermente chiuse. Mi piace questo aspetto voyeuristico.

Quando inizi un nuovo dipinto, hai già in mente un tema compiuto o cambi in corso d'opera? Si, ho in mente il tema, ma la forma si sviluppa lavorandoci, sovrapponendo gli strati di colore. Se il lavoro si sviluppa bene, mi dirige in un‘altra direzione ed è importante per me "ascoltare“ il dipinto e lasciarmi portare dove lui vuole; non rimanere troppo fissato sull‘idea iniziale; perché il tema principale è la pittura.

Quali sono le tecniche artistiche che utilizzi principalmente?

Ritieni di rappresentare nelle tue tele concetti o emozioni? Sei interessato ad un “messaggio” nell’opera?

Dipingo con pigmenti e colori ad olio. Uso una tempera all‘uovo la cui ricetta ho creato e perfezionato sperimentando e lacca d‘olio di lino. Il

Vorrei trasmettere delle emozioni positive tramite la pittura. 13


SENZA TITOLO, 2017, olio e pigmenti su tela 39 x 33 cm

lasciando andare il quadro nella direzione che vuole prendere lui.

La tematica del quadro è una possibilità per esprimere queste emozioni, ma solo attraverso la pittura. È lei che dà l‘emozione per me, non tanto il soggetto che viene rappresentato. Sono rarissimi gli esempi di quadri dipinti con un preciso intento di messaggio che hanno anche una grande qualità. "Guernica" per esempio. Solo i grandi maestri riuscivano a fare di una commissione qualcosa di loro, qualcosa di emozionante. Ma questo lo si può fare unicamente

Come definiresti il tuo stile? Quali sono, secondo te, le caratteristiche che ti rendono riconoscibile? Mi definisco realista, ma cerco nei miei lavori di non raccontare tutto. Voglio lasciare più segreto possibile. Uso pochi soggetti, poi, ripetendoli, cerco di evolverli e di semplificarli.

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Non cerco l‘attività, bensì la contemplazione nel mio lavoro. A parte le mie tematiche: gli interni, i visi sfuocati, i paesaggi minimalisti, per me è difficile dire cosa mi renda riconoscibile. Sono gli altri che devono sentire una Stimmung o un linguaggio specifico associato a me indipendentemente da quello che rappresento nei quadri. Primariamente per me è il linguaggio della pittura che caratterizza la qualità di un pittore .

parlato dello sfuocato; di quanto lo sfuocato nella pittura possa essere percepito a fuoco più che quello nella foto. La pennellata in un quadro può essere molto visibile con una tramastruttura forte, anche se l´oggetto che rappresenta risulta molto sfuocato, specialmente da vicino. Penso che Wim e sua moglie Donata, di cui sono molto amico e con la quale ho esposto e ho fatto un catalogo insieme, siano delle persone molto importanti nella mia vita, anche per la mia evoluzione artistica.

L'amicizia con Wim Wenders ha avuto dei riflessi sulla tua visione artistica?

Tu lavori in molti Paesi all'estero: che differenze trovi tra il mondo artistico italiano e quello nord europeo?

Si, parecchio. Credo che abbiamo una visione simile della pittura. Prima di fare il regista anche lui ha studiato pittura ed ha una grande sensibilità pittorica. Le mie mostre più importanti le ha allestite lui ed ha scritto introduzioni dei miei cataloghi. Quando è nel mio studio discutiamo davanti ai miei quadri. L‘ultima volta, mi ricordo, abbiamo

Noto con piacere che la nuova generazione di artisti contemporanei abbia delle belle idee e le realizzi con bravura e competenza. Questo in Italia, come in Germania e in Romania. Quello che invece mi dispiace è che mentre in

SENZA TITOLO, 2017, olio e pigmenti su tela 30 x 41 cm


Germania l‘artista contemporaneo ha uno status ben definito e apprezzato, in Italia - a discapito suo passato glorioso - gli artisti non vengono percepiti e rispettati come dovrebbero. Per quanto riguarda la Romania, che non è né sud, né nord, ma rappresenta qualcosa di molto peculiare artisticamente (mi riferisco in particolare alla cosiddetta "Scuola di Cluij") si dovrebbe fare un discorso a parte: abbiamo degli artisti bravissimi che hanno delle forti radici nella tradizione pittorica rumena e su di essa innestano una incredibile innovazione ed individualità ed ora godono di uno straordinario e meritato successo internazionale. E, a proposito della percezione dell‘arte al nord e al sud, vorrei aggiungere qualcosa di personale: geograficamente (sono nato e vivo a Trodena) mi trovo in mezzo a due culture. A sud le mie opere vengono percepite nordiche e piuttosto incolori; al nord invece, per esempio a Berlino dove espongo spesso, vengono percepite molto italiane, colorate. Ma sono le stesse opere, questo è buffo.

Cos’è la bellezza? E’ un valore che ricerchi o è subordinato ad altri valori? La bellezza è molto soggettiva. E non è necessariamente sinonimo di qualità. Io cerco sicuramente un valore estetico, però per me deve sempre essere subordinato ad altri valori che lo contrappongono o relativizzano. Non è mai il bello o il meno bello che definisce la qualità di un lavoro, ma l‘autenticità e l‘intensità con la quale è stato sentito e poi realizzato

Chi è l’artista? L'artista è una persona sensibile e curiosa che cerca di sentire lo Zeitgeist in cui vive e di conseguenza cerca di trasmettere le sue emozioni tramite il suo lavoro.

E, per finire, cosa è per te l’arte? Probabilmente l’arte è la cosa che distingue noi esseri umani maggiormente dagli animali.

in basso: SENZA TITOLO, 2016/19, olio e pigmenti su tela, 158 x 186 cm

A destra: SENZA TITOLO, 2018, olio e pigmenti su tela, 132 x 92 cm



- Galerie Martin Mertens: RADU BELCIN & ROBERT BOSISIO, Berlin (D) - Art Forum Contemporary: Robert Bosisio - „Pittura Compresa”, Bologna (I) - Galaria Fravi, Domat/Ems, Graubuenden (CH) 2014 - Museum Art Center Hugo Voeten, Antwerpen (BE) Galleria Maier, Innsbruck (A) 2013 - Galleria Ghetta, „Lighting the dark" bipersonale con Theodora Axente, Ortisei (I) - Museo Rabalderhaus, Schwaz (A) - Galleria Art Station, Zurigo (CH) - Galleria Clemens Thimme, Karlsruhe (D) 2012 - Museo Centro Arte Contemporanea Cavalese, - „Alle porte del silenzio“ bipersonale con Willy Verginer, catalogo, Cavalese (I) 2011 - Castello Moos-Schulthaus, „Quadri intimi“, Appiano (I) - Galleria Art Forum Bagnacavallo, "temet nosce", con Peter Demetz, catalogo, Bagnacavallo (I) - Artforum Galleria, "Intime stanze" bipersonale con Peter Demetz, Bologna (I) - Alexander Museum Palace Hotel bipersonale con Peter Demetz, Pesaro (I) 2010 - Museul de Artă - Museo d’Arte Cluj-Napoca, bipersonale con Donata Wenders - catalogo, ClujNapoca (RO) - Galleria Laica, Cluj-Napoca (RO) - Galleria artstation, Zurigo (CH) - Museo Schloss Vor Husum, Husum (D) 2009 - Galleria Goethe, Bolzano (I) - Galleria Clemens Thimme, Karlsruhe, (D) - Wittgensteinhaus, Vienna, (A) - Atelier Forum/Museion, Robert Bosisio e Christian Reisigl, Bolzano (I) 2008 - Galleria Civica,"zwischenRAUM" bipersonale con Ralf Rainer Odenwald, Bressanone (I) - Galleria Circolo Artistico e Culturale, Ortisei (I) 2007 - Galleria Civica G. Segantini, catalogo, Arco (I) - Galleria Goethe, Bolzano (I) 2006 - Galleria Samuelis Baumgarte, Bielefeld (D) - Mostra con Heinz Mack al Kunstverein Bruckmühl, Monaco di Baviera (D) - Galleria Art of this Century, New York (USA) 2004 - Arte e luoghi Malè, catalogo, Trento (I) - Galleria Arte Luchetta, Venezia (I) 2003 -Galleria Goethe, Bolzano (I) - Galleria "Patrizia Buonanno" Mezzolombardo (I)

ROBERT BOSISIO Nasce a Trodena, Bolzano nel 1963. È un artista italiano che vive e lavora tra Trodena e Berlino. I suoi lavori abitano da sempre i margini e ne sono oggetto e soggetto. Figure e passaggi provengono da una soglia o ci invitano ad incorporarla. Dal concetto di soglia Robert Bosisio coglie le proprietà più specificatamente estetiche: lo sfumato, la geometria, l'accenno. Passaggi, apparizioni, evocazioni spirano fra le trame delle tele, ne animano i movimenti, ne torturano i sogni. Da cui una necessità e una tendenza: l'esigenza di tornare costantemente sul soggetto (duplicandolo o ri-alimentandolo) per approfondirlo o spersonalizzarlo. Inoltre ambisce alla metafisica delle forme e delle campiture. Il risultato è una pittura propriamente moderna, in cui la tensione si manifesta nell'intensità del colore e nel controllo della tessitura, mentre la rappresentazione resta ai margini. MOSTRE PERSONALI 2018 - 104GALERIE: PAINTINGS. ROBERT BOSISIO, Tokyo (JP) 2017 - Columbus, art foundation, „Robert Bosisio: Malerei und Sehnsucht", Ravensburg (D) Galerie Martin Mertens, „Robert Bosisio: human”, Berlin (D) 2016 - Galerie de artă contemporană Fabricii de Pensule: MATTHIAS WEISCHER & ROBERT BOSISIO, Cluj (RO) - Galerie Albert Baumgarten: ROBERT BOSISIO Malerei, Freiburg (D) - Galerie Clemens Thimme: CONNI BRINTZINGER & ROBERT BOSISIO, Karlsruhe (D) 2015 - Galleria Doris Ghetta: ROBERT BOSISIO & DONATA WENDERS - „Vanishing Point”, catalogo, Pontives/Ortisei (I)

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- Ragenhaus, Brunico (I) - Galleria Civica, Lienz (A) 2002 - Galleria Egna (I) 2001 - Galleria Goethe, catalogo, Bolzano (I) 1999 - Galleria Volksbank, Merano (I) - Galleria Municipale, Chiusa (I) 1997 - Galleria Goethe, catalogo, Bolzano (I) 1996 - Galleria von der Tann, Berlino (D) 1995 - Castel Presule, Fié (I) 1994 - Tiroler Kunstpavillon, Innsbruck (A) 1993 - Galleria Prisma, catalogo, Bolzano (I) 1991 - Galleria Cardoso-Ribeiro, Berlino (D) 1989 - Kunsthandel Ursula Hicke/Unisys, Vienna (A) 1987 - Prielhof - con Christian Reisigl, Appiano (I)

ics

ART E' possibile sfogliare tutti i numeri delle annate 2012-2019 della rivista icsART sul sito icsART all'indirizzo:

www.icsart.it

2019 - Art studio a Trodena (I), Cluj-Napoca (RO) e Berlino (D) 2015 - PRAESTIGIUM ITALIA II - Contemporary Artists from Italy Imago Mundi Art - Luciano Benetton Collection (I) 2011 - 4. Biennale di Venezia (I), Padiglione Italia Arsenale (Catalogo) 2008-09 - Soggiorno studio a Cluj-Napoca e Berlino 2006 - Soggiorno studio a New York (USA) 2005 - Borsa di studio della Provincia Autonoma di Bolzano (I) per soggiorno studio a New York 2001 - Borsa di studio della Provincia Autonoma di Bolzano per mostra al Wittgensteinhaus Vienna (A) 1999 - Premio di riconoscimento "La Fenice" di Venezia (I) 1997 - Borsa di studio della Provincia Autonoma di Bolzano per soggiorno studio a Londra (UK) 1996 - Premio Martin-Rainer della Fondazione Johann Wolfgang von Goethe di Basilea (CH) 1995 - Premio della Fondazione Walther von der Vogelweide di Monaco di Baviera (D) – catalogo 1993 - Borsa di studio della Provincia Autonoma di Bolzano per soggiorno studio a Berlino (D) 1992 - Soggiorno studio a New York (USA) 1990 -Borsa di studio della Provincia Autonoma di Bolzano per soggiorno studio a Berlino (D) 1989 - 1994 -Soggiorno a Berlino 1987 - Premio d’acquisto del Concorso artistico Römerquelle - Secession Vienna (A) – catalogo 1983 - 1988 - Studi alla Hochschule für Angewandte Kunst (Accademia di Arti Applicate) a Vienna (A) Classe di pittura Prof. Carl Unger e Prof. Adolf Froher 1979 - 1982 -diploma alla Scuola di grafica a Bolzano

icsART N.10 2019 Periodico di arte e cultura della icsART Curatore e responsabile Paolo Tomio

PERIODICO della icsART N.10 - Ottobre ANNO 2019

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MERCATO DELL’ARTE ? do colonna vertebrale, clavicola, costole e gamba destra. Deve rimanere un mese in ospedale bloccata con il corpo ingessato e poi molti altri mesi costretta a letto a casa dove impara a dipingere i suoi primi autoritratti stando distesa grazie a uno specchio fissato al soffitto del baldacchino e a un apposito cavalletto. Quando nel 1927 incontra il celebre pittore rivoluzionario Diego Rivera, padre del muralismo messicano, per chiedergli un giudizio sui suoi lavori, lui le consiglia di raccontare la propria vita nei dipinti. Nel 1929 si sposano, lui un gigante obeso e brutto, di 21 anni più vecchio, lei innamoratissima, minuta e fragile ma dotata di un carattere reso ancor più forte dalle avversità. Anche i momenti di felicità dei primi anni, sono funestati da aborti spontanei che lei immortala più volte nei suoi dipinti e che contribuiscono alla sua visione della vita. «Non sono

FRIDA KAHLO (Messicana, 1907-1954), Dos desnudos en el bosque (La tierra misma), 1939, olio su metallo, 25 x 30,2 cm, venduto da Christie's New York 2016 a $ 8.005.000 (€ 7.211.000) (vedi a pag.28). Frida Kahlo è una delle artiste donna più note, una icona nell'immaginario collettivo sia per la sua particolare pittura "realista surreale", sia per la sua vita sfortunata segnata dal dolore, sia per il suo essere stata una donna libera, impegnata e anticonvenzionale. Molto amata dal padre, un fotografo ebreo tedesco affetto da epilessia, fin da bambina il suo rapporto con la madre Matilda, una messicana depressa e bigotta, è difficile. All'età di sei anni a causa della poliomielite (o forse della spina bifida ereditaria), la gamba e il piede destro rimangono lesi costringendola a zoppicare (è soprannominata dai compagni "Frida con le zampe"). Studentessa brillante, medita di iscriversi a medicina ma, a 18 anni, è vittima di un terribile incidente stradale a cui sopravvive, che cambierà per sempre la sua vita: nello scontro tra un tram e l'autobus su cui sta viaggiando un'asta metallica le trapassa il bacino fratturan20


FRIDA KAHLO malata... sono rotta... ma sono felice di essere viva finché posso dipingere». Comincia a indossare sgargianti abiti tradizionali messicani per rivendicare le proprie origini indio. Dipinge opere di piccole o anche piccolissime dimensioni, sulle quali, come in un diario intimo, descrive i momenti più importanti della propria vita mettendo a nudo tutte le sue ferite fisiche e psicologiche senza alcuna inibizione: «La tristezza è rappresentata in tutti i miei quadri, ma è così che le mie condizioni sono». Grazie al Maestro Rivera, la coppia frequenta personaggi importanti: ospitano in casa l'esule comunista Leon Trotsky e la moglie fuggiti dalla Russia di Stalin. Conoscono André Breton il quale è affascinato dai quadri di Frida che definisce surrealisti. Lei scriverà: «Pensavano che fossi un surrealista, ma non lo ero. Non ho mai dipinto i sogni. Ho dipinto la mia realtà». Una realtà che ricorda molto gli ex voto popolari in cui sono raffigurate in modo naïves le disgrazie patite. Sempre attenta alla propria immagine, Frida ama farsi fotografare e autoritrarsi: si acconcia i capelli con trecce, nastri e fiori colorati, sottolinea con la matita nera le folte sopracciglia e cura la peluria dei baffi. Dei suoi 143 dipinti, 55 sono raffigurazioni di se stessa: «Dipingo autoritratti perché sono così spesso sola... perché sono l'argomento che conosco meglio». Diego la tradisce continuamente (anche con la sorella Cristina), Frida dal canto suo, ha molti amanti, uomini (tra cui Trotsky e Breton) e donne (come Tina Modotti). La coppia vive uno strano rapporto di amore e odio ma le continue liti convincono il marito a chiedere il divorzio

Retrato de Cristina Mi hermana, 1928 olio su pannello, 72 x 61 cm, venduto da Sotheby's New York 2001 a $ 1.665.750

nel '39. La salute fisica e mentale dell'artista continua a peggiorare spingendola verso l'abuso di farmaci e alcol; le infezioni dovute alle oltre trenta operazioni a cui si è sottoposta le provocano la cancrena alla gamba destra che deve essere amputata. Al declino fisico si accompagna uno stato di depressione causato dai dolori insopportabili. Ormai dipendente da potenti antidolorifici, Frida Kahlo muore nel 1954, a 47 anni, per cause mai chiarite, lasciando scritto nel suo diario: «Spero che l'uscita sia gioiosa - e spero di non tornare mai più - Frida»

A sinistra: Diego e io, 1949, olio su masonite 30 x 23 cm, venduto da Sotheby's New York 1990 a $ 1.430.000

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L'ONORE DEL KAISER

Chi utilizza materiale iconico storico per creare dei minuscole allestimenti ad alto quoziente estetico e simbolico, è un artista? E le piccole opere che presenta nelle sue personali anonime, sono opere d'arte? Certamente sì, perché vi si ritrovano tutti gli

elementi che sono al centro del dibattito teorico e della pratica dell'arte contemporanea. Con in più un fattore tutt'altro che secondario: la bellezza intrinseca degli oggetti esposti e dei loro contenitori, bellezza che è mediamente ignorata o rifiutata dalla maggior parte degli artisti moderni ma che rispunta sempre ogni volta che si tenta di esorcizzarla. Non poteva essere che un giovane artista viennese figlio, o meglio bis-bis-bis...nipote, di una cultura tuttora condizionata dai fasti passati dell'Impero austro-ungarico ad affrontare con la necessaria leggerezza alcuni temi che sono ancora nell'aria e nello spirito di un'epoca in cui la crisi dei valori della modernità riscopre la Storia come fonte di ispirazione. Nell'esposizione di "Serkia", l'artista che nessono ha mai visto, il pubblico ha potuto ammirare le sue raffinate opere in cui, all'interno di antiche cornici originali, aveva messo in un ordine rigorosamente teutonico delle serie assolutamente uguali e vere di medaglie e onorificenze, acquistate sulle bancarelle o in aste online. A tutto ciò si aggiunga una vena di ironia Pop che recupera dal repertorio dell'antiquariato tutta una simbologia nobiliare e militare che riempiva di orgoglio le vecchie generazioni austriache e che oggi appare decisamente obsoleta. Non che le attuali classi al potere rinuncino a titoli e decorazioni altisonanti, tutt'altro, ma i riferimenti iconografici sono diventati più sobri e si è attenuata la retorica fondata sui miti guerrieri della forza e del coraggio. Le opere di "Serkia" coniugano l'aulica prosopopea imperiale asburgica al piacere estetico In alto: Ordensstern, serie 16 Stelle dell'Ordine della Guadalupa messicana imperiale in basso: Abzeichen Kaiserjäger, serie 16 distintivi


ARTE IMPERIALE moderno che ama la serialità ripetitiva in cui la moltiplicazione degli oggetti porta alla perdita del significato e al permanere della pura immagine della forma in sé. Una vena di nostalgia che piace alle generazioni più vecchie e coinvolge i collezionisti di monili ma anche le mirabilia e gli oggettini più semplici acquistabili per poco dai rigattieri o alle aste online. Il tutto rivisitato in una chiave Neo Pop che fa il verso a un certo Minimalismo ossessivo ricorrendo a un'esagerata ridondanza di forme, decori, luci, riflessi che non è eccessivo definire "Massimalismo". Una rassegna imperiale - una "parata" è il caso di dire - deI fasti di un Passato che nella capitale austriaco è onnipresente, dei sogni di potenza del Kaiser finiti rovinosamente. Un Paese laborioso e ordinato in cui molti vivono ancora con il mito di Franz Joseph e, soprattutto, Sissi, la Principessa triste. Per un giovane austriaco che guarda alla cultura internazionale, tutto ciò sembra piuttosto ridicolo, così come appaiono buffi e sovradimensionati i basettoni dell'Imperatore. Ciononostante, da queste raccolte rigidamente allineate trasuda ancora il fascino di un magico mondo antico e il senso della caducità di diplomazie, eserciti, guerre che si sono risolte in decine di milioni di morti. Queste decorazioni sfavillanti e retoriche sono l'altra faccia di quella rivoluzione culturale e artistica a cui Klimt, Schiele e Kokoska avevano dato inizio proprio in quegli stessi anni. Per la verità, non si sa se "Serkia" volesse dire tutto ciò ai visitatori della sua mostra dato che non ha mai spiegato il significato delle proprie installazioni. In alto: Ehrenzeichen für Verdienste um die Republik Österreich, serie 35 decorazioni in basso: Lazarus - Orden, serie 6 onorificenze


PAVILLON LE CORBUSIER In maggio è stato riaperto al pubblico il "Centre Le Corbusier - Heidi Weber Museum" sul lago di Zurigo, l'ultima opera del maestro dell'architettura moderna, diventato di proprietà della città di Zurigo nel 2014 e che ora ospita un museo pubblico gestito dal Museum für Gestaltung Zürich ribattezzato "Pavillon Le Corbusier". L'opera era stata progettata nel 1960 da Le Corbusier (pseudonimo di Charles-Édouard Jeanneret), architetto, urbanista, pittore e designer svizzero naturalizzato francese, su commissione della gallerista e collezionista svizzera Heidi Weber la quale voleva far realizzare una “sede espositiva ideale” dove esporre la sua vasta collezione di dipinti e sculture dell'architetto. La signora aveva ottenuto dalla città di Zurigo il diritto d'uso per cinquant'anni del suolo pubblico sul quale poter costruire il padiglione e, nell'aprile 2014, quando sono scaduti i 50 anni del contratto, la proprietà del padiglione e del museo sono stati trasferiti alla città. È immediatamente nato un contenzioso, tuttora in corso, tra Heidi Weber e Zurigo sul valore

da attribuire sia al padiglione che alla collezione di opere d'arte. In attesa di una sentenza, dato che la struttura dell'edificio aveva subìto un notevole degrado, è stata sottoposta dal Comune a un accurato intervento di restauro che l'ha riportata allo stato originario. Il Centre Le Corbusier è particolarmente importante perché è l’ultima opera dell'architetto franco-svizzero: iniziata nel 1964 la costruzione è stata interrotta dalla morte di Le Corbusier nel 1965, all'età di 77 anni, e completata due anni dopo. Si tratta dell'unico sua costruzione realizzata con una struttura in acciaio, ed è l'edificio meno lecorbusieriano, una deviazione rispetto ai "volumi puri" in cemento armato, a favore invece di un oggetto estetico articolato, complesso e coloratissimo. Lo si può considerare un'"opera d'arte totale" unica al mondo che rispecchia l'unità di architettura, scultura, pittura, design, disegni e scritti di un solo autore. L'edificio stesso, anche se assolve alla funzione di luogo di esposizione e appartement-atelier modello, è una scultura poiché Le Corbusier ha


STORIA DELL’ARTE privilegiato la sua forma plastica e la componente espressiva trattando le facciate come dei quadri geometrici composti da grandi pannelli in lamiera in colori primari: bianco, nero, rosso, verde e giallo, che richiamano il Neoplasticismo degli anni '20 di Mondrian e del Gruppo "De Stijl". L'idea architettonica è quella di un grande tetto indipendente e separato dall'edificio principale sottostante costituito da moduli di forma cubica di metri 2,26 x 2,26, basato sul suo sistema di proporzioni "Modulor"; pareti, finestre, soffitti e pavimenti sono stati imbullonati allo scheletro in acciaio. Si ritrovano anche molti dei principi progettuali ed elementi architettonici teorizzati da Le Corbusier: la "façade libre", la facciata libera, tamponata con elementi prefabbricati modulari, orizzontali e verticali, composti da infissi trasparenti e pannelli isolanti in lamiera smaltata multicolori; il "plan libre", la pianta libera e senza muri portanti; la "promenade architecturale", il percorso attraverso l'edificio pensato per godere gli spazi architettonici e la

lunga rampa esterna che porta alla terrazzagiardino ("toit terrasse") al terzo livello; la copertura, enfatizzata e geometricamente molto complessa, definita fluttuante ("flottant"), in quanto strutturalmente indipendente e sollevata rispetto ai volumi abitativi sottostanti. Sebbene sia stato concepito sessant'anni fa, il pavillon è assolutamente contemporaneo e in grado di fornire infiniti spunti ad architetti e artisti oltre che di attirare anche l'interesse della gente comune la quale non ha dimenticato un personaggio che si è presentato all'opinione pubblica come un utopista e un profeta. Solamente nel 2016 l'organizzazione culturale delle Nazioni Unite UNESCO ha inserito tra i Patrimoni Mondiali dell’Umanità 17 edifici di Le Corbusier. Le domande per l'inclusione dei suoi edifici erano state precedentemente respinte due volte dal Comitato responsabile, presumibilmente a causa del risaputo passato fascista e antisemita, con simpatie naziste, di Le Corbusier. Tra i 17 edifici non è compreso - per ora - il Pavillon Le Corbusier di Zurigo.



Ottobre 2019, Anno 8 - N.10

News dal mondo FRIDA KAHLO

Dos desnudos en el bosque, 1939

pag. 28

FRIDA KAHLO

Autorretrato con pelo suelto,1947

pag. 29

FRIDA KAHLO

Autorretrato con chango y loro, 1942

pag. 30

FRIDA KAHLO

Raices (Radici), 1943

pag. 31

La niña con los ojos de carbon, 2019

pag. 32

Omaggio a FRIDA KAHLO

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FRIDA KAHLO, Dos desnudos en el bosque (La tierra misma) 1939, olio su metallo, 25 x 30 cm, venduto da Christie's New York a $ 8.005.000 (â‚Ź 7.211.000)

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FRIDA KAHLO, Autorretrato con pelo suelto, 1947 29

olio su masonite, 61 x 46 cm, venduto da Christie's New York 1991 a $ 1.650.000


FRIDA KAHLO, Autorretrato con chango y loro, 1942 olio su masonite, 55,9 x 43,2 cm, venduto da Sotheby's New York 1995 a $ 3.192.500

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FRIDA KAHLO, Raices (Radici), 1943, olio su metallo 31

30,5 x 50,8 cm, venduto da Sotheby's New York 2006 a $ 5.616.000 (€ 5.059.000)



PAOLO TOMIO: Omaggio a FRIDA KAHLO La niĂąa che non sorride mai, 2019 fotocolor su carta, 42 x 30 cm


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