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Porgi l’altra faccia

RESTAURI • Il magnifico stendardo dipinto da Antonio Alberti per la confraternita urbinate di Sant’Antonio Abate si accinge a mostrarsi, finalmente, in tutti i suoi particolari. Compreso il lato posteriore, finora sacrificato

La mostra «Arte liberata 19371947. Capolavori salvati dalla guerra» (visitabile fino al 10 aprile presso le Scuderie del Quirinale, a Roma) ha avuto nella Galleria Nazionale delle Marche il partner principale. E ora, a fronte degli importanti prestiti concessi dal museo urbinate, l’istituto romano ha sottoscritto un accordo con il quale si è impegnato a finanziare il restauro dello stendardo di

Antonio di Guido di Giovanni Recchi, piú noto come Antonio Alberti da Ferrara, rappresentante la Crocefissione (recto) e i Santi Giacomo Maggiore e Antonio Abate (verso). Il lavoro è stato affidato al restauratore Giacomo Maranesi. Lo stendardo fu realizzato nel 1438 per la Confraternita di Sant’Antonio Abate di Urbino; tuttavia nel 1831, quando il cardinale Giuseppe Albani fece costruire il nuovo palazzo di famiglia demolendo gli edifici preesistenti tra cui l’Oratorio della Confraternita, gli arredi e gli oggetti d’arte, compreso lo stendardo, furono trasferiti nell’Oratorio di S. Giovanni Battista. Negli anni Sessanta dell’Ottocento l’opera fu trasferita nel Museo dell’Istituto di Belle Arti delle Marche, presso l’ex convento di S. Benedetto, per poi passare dal 1883 nel Palazzo Ducale di Urbino, nuova sede di quel Museo

Dove E Quando

Galleria Nazionale delle Marche

Urbino, Palazzo Ducale Info tel. 0722 2760; www.gallerianazionalemarche.it che, nel 1912, sarebbe diventato Galleria Nazionale delle Marche.

Ai piedi della Croce

Come detto, le due facce dello stendardo raffigurano, sul recto, la Crocefissione, con Longino che trafigge il costato del Cristo e, ai piedi della Croce, la Madonna, San Giovanni Apostolo e la Maddalena Genuflessa; mentre, sul retro, si riconoscono i santi Giacomo Maggiore e Antonio Abate. In quest’opera l’autore appare meno legato al decorativismo tardo-gotico, che solitamente gli appartiene, per lasciare maggior spazio a una narratività piú scarna e didascalica. A causa dell’eccessiva esposizione devozionale e di evidenti ridipinture, l’opera ha in parte perso le caratteristiche originali, pur mantenendo la solidità dell’impianto primitivo. Pur non presentando fenomeni di degrado in progressione, la lettura del dipinto è oggi disturbata dalla presenza dall’alterazione dei vecchi interventi di restauro, mentre, il verso dell’opera, nella collocazione attuale, non è visibile. Il restauro mirerà a eliminare i potenziali fattori di degrado e le interferenze visive attraverso la rimozione dei materiali obsoleti legati ai precedenti interventi, risanando le lacerazioni, distendendo il supporto e pulendo le superfici pittoriche. Al termine delle operazioni, approfittando anche del riallestimento del piano nobile del Palazzo Ducale, l’opera sarà collocata in modo tale da rendere visibili ambedue le facce dipinte. (red.)

In questa pagina un altro momento della movimentazione dello stendardo e la struttura nella quale è attualmente montato, che impedisce di vederne il verso, raffigurante i santi Giacomo Maggiore e Antonio Abate. Dopo il restauro e il rientro a Urbino, sarà invece possibile ammirare entrambe le facce del dipinto.

Agenda Del Mese

Mostre

Roma

ROMA MEDIEVALE. IL VOLTO PERDUTO DELLA CITTÀ

Museo di Roma a Palazzo Braschi fino al 16 aprile

Riscoprire il volto perduto della Roma fra VI e XIV secolo e il suo ruolo cardine nell’Europa cristiana e medievale sia per i semplici pellegrini sia per regnanti e imperatori. Questo l’obiettivo della nuova mostra allestita negli spazi del Museo di Roma in Palazzo Braschi. Articolato in 9 sezioni, il percorso espositivo nasce con lo scopo di far conoscere aspetti poco noti del patrimonio dell’Urbe, attraverso una selezione di oltre 160 opere tra mosaici, affreschi e opere mobili, provenienti prevalentemente da raccolte e collezioni pubbliche romane e da luoghi di culto, oltre che da prestigiose istituzioni museali come i Musei Vaticani. Parte, infatti, dalla scoperta della città medievale attraverso i suoi luoghi piú iconici, quali basiliche e palazzi, ma anche dal contesto ambientale, oggi profondamente modificato, come il corso del Tevere con porti e ponti dove si svolgevano vita e attività urbane. L’immersione nella realtà del Medioevo romano si approfondisce poi esaminando le ricche committenze di papi e cardinali, l’attività di artisti e botteghe, il fascino della città come imprescindibile méta di pellegrinaggio anche per re e imperatori. Ricchi apparati didattici illustreranno in mostra i molteplici volti dell’indiscussa capitale dell’Europa medievale. info tel. 060608 (tutti i giorni, 9,00-19,00); www.museodiroma.it

Gubbio

L’INGEGNO DI LEONARDO. LE MACCHINE

Palazzo dei Consoli fino al 1° maggio

Ospitata nei magnifici spazi del Palazzo dei Consoli, la mostra offre l’occasione di scoprire la genialità di Leonardo da Vinci, un pioniere nella ricerca e negli studi della tecnologia. Con le sue idee ha saputo coniugare in maniera mirabile l’attività artistica e l’attività scientifica, applicando le sue conoscenze di meccanica a opere di ingegneria civile e militare e dedicandosi con passione agli studi di anatomia, biologia, matematica e fisica. La famiglia fiorentina Niccolai, a partire dal 1960, ha deciso di dare vita alle macchine disegnate da Leonardo nei suoi Codici, unendo il sapere artigiano alla ricerca accademica.

Nella mostra a Palazzo dei Consoli di Gubbio si possono ammirare e anche «azionare» in autonomia, modelli in scala di varie dimensioni, realizzati utilizzando i materiali dell’epoca cioè legno, cotone, ottone, ferro e corde. Si tratta di macchine militari, di ingegneria civile e idraulica, accanto a studi per il volo umano e oggetti curiosi, pronti a meravigliare visitatori di ogni età. Alcune ricostruzioni di macchine leonardesche sono esposte anche in suggestivi spazi esterni del centro storico cittadino. info tel. 075 9274298; e-mail: museo@gubbioculturamultiservizi it; www palazzodeiconsoli it

Rovereto

Giotto E Il Novecento

MartRovereto fino al 1° maggio

Il museo roveretano presenta 200 opere di artisti moderni e contemporanei ispirate a Giotto, il maestro che rivoluzionò la pittura medievale. Il percorso comincia con una grande installazione immersiva che riproduce la Cappella degli Scrovegni di Padova, capolavoro assoluto del pittore toscano, e continua fra le creazioni di grandi autori e autrici del XX secolo accomunati dalla passione per la figura di Giotto, studiato, imitato, o preso a modello di perfezione e spiritualità. Nel primo Novecento Carlo Carrà, Mario Sironi e Arturo Martini, ma anche Gino Severini, Massimo Campigli, Achille Funi, Ubaldo

Oppi, rintracciarono in Giotto il principale testimone di un’eternità alla quale guardare. Pochi decenni piú tardi, gli insegnamenti giotteschi influenzano l’opera di alcuni protagonisti dell’arte italiana come Giorgio Morandi, Fausto Melotti, Mario Radice, Lucio Fontana, ma anche il lavoro di grandi artisti internazionali come Henri Matisse, Yves Klein, Mark Rothko, Josef Albers e Tacita Dean. info tel. 800 397760 oppure 0464 438887; e-mail: info@ mart.trento.it; www.mart.trento.it

BASSANO DEL GRAPPA

I BASSANO. STORIA DI UNA

FAMIGLIA DI PITTORI

Museo Civico fino al 2 maggio

A raccontare le vicende della dinastia dei Bassano non sono soltanto le loro opere, ma anche le parole di Melania Mazzucco: il tutto a creare un’inedita «mostra racconto». Nessun pannello storicoartistico, nessuna didascalia che vada oltre l’essenzialità, solo le meravigliose creazioni dei Bassano e l’intenso filo del racconto della vita dei Dal Ponte, poi noti al mondo appunto come «i Bassano», protagonisti indiscussi della pittura del Rinascimento veneto. La loro epopea ebbe inizio con la discesa, correva l’anno 1464, a Bassano di Jacopo di Berto, conciatore di Gallio, nell’Altopiano di Asiago. Giunto sulle rive del Brenta, Jacopo trovò dimora in Contra’ del Ponte da cui deriverà il cognome futuro della celebre famiglia di pittori. Suo figlio Francesco, poi detto il Vecchio perché primo della dinastia, cominciò ad avventurarsi nell’arte della pittura. Alchimista dilettante, cartografo e decoratore piú che grande artista, Francesco dette vita a creazioni d’arte sacra che rispondevano alle richieste del mercato locale avviando un’eterogenea, attivissima bottega. Qui collaborano i figli, Giambattista e Jacopo, giovane di immenso talento che, con il suo pennello, avrebbe scritto pagine indelebili della storia dell’arte e della pittura italiana e non solo. Genio mite e riservato, è a lui che si deve il cambio di passo: quella che sino ad allora era soprattutto una forma di artigianato decorativo prende la valenza di grande arte. Arte coltivata, con successo, anche dai suoi figli –il talentuoso e melanconico Francesco il Giovane, Giambattista, e poi i diligenti Leandro e Gerolamo, fino al nipote Jacopo Apollonio che disegnava di nascosto – ai quali «il Bassano» seppe trasmettere amorevolmente la sapienza e la poesia della sua arte. I loro dipinti, ammantati da un ineffabile «mistero del quotidiano», conquistarono il mercato internazionale: grandi quadri di devozione sacra destinati alle chiese, ma anche ritratti, commoventi notturni e intense pastorali che, dalla piccola Bassano, giunsero ad arricchire le grandi collezioni reali, da quella di Rodolfo II a Praga, alla Madrid di Filippo II, giungendo fino alle Americhe. Una storia che si conclude quando Jacopo Apollonio, formatosi sotto la guida dello zio Leandro, realizza le ultime repliche prodotte sui disegni e i modelli del nonno Jacopo. La storia dei Bassano, una vera e propria epopea per immagini iniziata sul finire del Quattrocento, esce cosí di scena avendo all’attivo oltre un secolo di grandissima fortuna. info tel. 0424 519901; e-mail: biglietteriamusei@comune bassano.vi.it; www.museibassano.it

TERAMO

LA CAMERA DELLE MERAVIGLIE

Castello Della Monica fino al 7 maggio

Il Castello Della Monica, una prestigiosa residenza neogotica riconsegnata alla collettività dopo importanti interventi di restauro, inaugura la sua stagione espositiva con una mostra che propone una selezione di preziosi e insoliti oggetti di arredo tardorinascimentali collezionati alla metà dell’Ottocento dai fratelli Fausto e Giuseppe Bagatti Valsecchi per la loro casa nel cuore di Milano. Suppellettili, armature, cassoni finemente decorati e intagliati, cofanetti in avorio, formano una vera e propria Wunderkammer, piccole camere delle meraviglie tutte da scoprire che entrano in dialogo con le suggestive sale della storica dimora teramana, tra pareti affrescate e vetrate policrome. Tra gli oggetti che si possono ammirare vi sono alcuni pregevoli manufatti legati alla storia e all’arte dell’Abruzzo e del Regno, come il cassone di legno di pioppo realizzato negli ultimi anni del Quattrocento che presenta un coperchio convesso, frutto di una ricostruzione ottocentesca. L’arredo ligneo è riccamente decorato in pastiglia dorata e dipinta con lo stemma senese della famiglia Piccolomini, importante famiglia che godeva di ampi feudi anche in Abruzzo. O anche l’armatura cinquecentesca che rievoca l’uso bizzarro dei nobili che amavano fare i loro viaggi in terre sconosciute o presso i loro amici altolocati con i quali indossavano armature durante ricche feste celebrative. info tel 0861 250873 o 338 3901759; www comune teramo it

SAINT-GERMAIN-EN-LAYE IL MONDO DI CLODOVEO

Musée d’Archéologie nationale fino al 22 maggio

Il Museo d’archeologia nazionale si trasforma in un grande gioco di fuga collettivo, facendo di ciascun visitatore l’eroe di un’avventura inedita, che ha luogo all’epoca dei Franchi: è questo il sorprendente risultato della mostra attualmente allestita negli spazi del castello di SaintGermain-en-Laye, che propone un approccio decisamente inconsueto al tema affrontato, che è quello dell’età merovingia e del suo primo sovrano, Clodoveo. Il percorso espositivo, ludico e interattivo al tempo stesso, rievoca dunque i tratti distintivi del primo Medioevo,

ACQUI TERME (ALESSANDRIA)

GOTI A FRASCARO. ARCHEOLOGIA DI UN VILLAGGIO BARBARICO

Museo Archeologico di Acqui Terme fino al 27 maggio

L’esposizione presenta per la prima volta insieme i materiali restituiti dalle indagini archeologiche condotte negli ultimi vent’anni nel tratto di pianura compreso tra la Statale Alessandria-Acqui e il dispensando nozioni di storia e archeologia. Ai visitatori è data la possibilità di vestire i panni di un personaggio vissuto al tempo dei Merovingi e di costruire un proprio «percorso di vita», grazie a un’applicazione web o a libri-gioco. La fruizione delle diverse risorse – giochi, libri, video – è totalmente libera e ciascuno può scegliere la soluzione che preferisce, diventando attore della visita ed eroe della storia che ha confezionato. info www.museearcheologienationale fr fiume Bormida. Sull’ampio terrazzo fluviale che ha conservato testimonianze di insediamenti pre- protostorici, alcune famiglie gote occuparono un impianto di conduzione agricola di epoca romana imperiale, al quale diedero nuovo impulso, fondando un villaggio di capanne in legno e seppellendo i propri defunti in un cimitero posto a breve distanza dall’abitato. I Goti di Frascaro vissero separati, ma non isolati, dalla popolazione romana per quasi un secolo (dalla fine del V al terzo venticinquennio del VI secolo), mantenendo tradizioni tipiche della cultura barbarica. info tel. 0144 57555; e-mail: info@acquimusei.it: www acquimusei it

Torino

LUSTRO E LUSSO DALLA SPAGNA ISLAMICA. FRONTIERE LIQUIDE E MONDI IN CONNESSIONE

MAO-Museo d’Arte Orientale fino al 28 maggio

Mare Nostrum, Mediterraneus,

Mar Bianco, Hayam Hatikhon, Grande Verde: tanti nomi per indicare un luogo di incontro, di scontro, di scambio, di battaglie e di dialogo fra popoli e culture diversi fra loro ma accomunati da una prossimità profonda. Il Mediterraneo ha sempre esercitato una forza d’attrazione a cui nessun popolo ha potuto sottrarsi: per lunghi secoli merci, tradizioni, invenzioni, scoperte sono nate o sono transitate da qui. Perché questo non è solo un mare e soprattutto non è solo Europa: è stato – e per certi versi è ancora – una possibilità dall’identità mutevole. Ciò che nasce sulle sponde del Mediterraneo si contamina per prossimità e si radica per necessità, innestandosi sull’esistente e assumendo identità e forme nuove. Cosí è accaduto con la lingua araba, ma soprattutto con le arti figurative, in particolare con la produzione tessile e ceramica: diverse raffigurazioni e tecniche della produzione di tappeti, tessuti e vasellame, custodite come segreti preziosi nei territori del Medio Oriente e del Nord Africa, sono approdate nella penisola iberica insieme ai conquistatori, quasi un “effetto collaterale” della secolare dominazione, dando origine a una straordinaria produzione autoctona ibridata. Pregiati tappeti e frammenti tessili e ceramiche ispano-moresche di provenienze diverse datati tra il X e il XVI secolo, capaci di trasportare il visitatore in territori poco esplorati, aprono diverse traiettorie di conoscenza e riflessione e mettono in evidenza la relazione tra il mondo ispanico europeo e quello islamico nel contesto del Mediterraneo. info tel. 011 5211788; www.maotorino.it

Torino

ALL’OMBRA DI LEONARDO. ARAZZI E CERIMONIE ALLA CORTE DEI PAPI

Reggia di Venaria, Sale delle Arti fino al 18 giugno

La nuova stagione della Reggia di Venaria si apre con una mostra che offre l’occasione di compiere un viaggio all’interno di alcune fra le piú importanti cerimonie papali: la Lavanda dei piedi e la Coena Domini che si svolgevano il Giovedí Santo nel cuore del Palazzo Vaticano, in ambienti solenni impreziositi da straordinarie opere d’arte, legate ai nomi di

Leonardo e Raffaello. Cogliendo il senso di antiche cerimonie, ricche di simboli e di significati, arazzi, quadri, incisioni e oggetti raccontano una storia che affonda le sue radici lontano nel tempo, immergendo il visitatore in un mondo di tradizioni e antichi riti. Non solo atti esteriori, ma importanti testimonianze della Chiesa romana. La storia che si racconta ebbe inizio nel panno, interamente tessuto in oro e seta, l’Ultima Cena milanese è trasposta con assoluta fedeltà, ma con un’importante variazione. Lo sfondo – che nell’originale è quasi un’astrazione – diviene un’architettura rinascimentale: come se l’Ultima Cena si svolgesse alla corte di Francia. Francesco I era un grande estimatore di Leonardo, tanto da averlo chiamato alla sua

Serenissima, dalla Lombardia all’Istria e alla Dalmazia: opere che illustrano compiutamente la varietà e l’altezza della pittura di Carpaccio, seguendone anche l’evoluzione; fino al capitolo conclusivo della sua carriera, tra secondo e terzo decennio del Cinquecento, quando l’arte del maturo maestro, pur rimanendo colta e suggestiva, pare non tenere il passo delle novità tematiche e tecniche introdotte da Giorgione. Carpaccio era anche un disegnatore superlativo: dal notevole corpus dei suoi disegni – il maggiore pervenuto a noi di un pittore veneziano del suo tempo – in mostra sono presenti numerosi studi su carta, spesso straordinari di per sé, che spaziano da rapidi schizzi compositivi d’insieme ad accurati studi preparatori di teste e pose. Carpaccio formò e alimentò la sua arte nella tradizione pittorica veneziana dei Bellini, dei Vivarini, nonché di altre influenti personalità e tendenze, come la lezione dei toscani, dei ferraresi, di Antonello da Messina, dei tedeschi (Dürer) e dei «primitivi» fiamminghi. Ne derivò una personalità subito originale e autonoma, soprattutto attratta dai particolari di flora, fauna e paesaggio, di architettura, arredo e decorazione, di abbigliamento ed esotismo. info https://palazzoducale. visitmuve it

1533 quando, in occasione del matrimonio di Caterina de’ Medici, nipote di papa Clemente VII, ed Enrico di Valois, secondogenito del re di Francia Francesco I, quest’ultimo donò al pontefice un prezioso arazzo raffigurante l’Ultima Cena di Leonardo. Un matrimonio e un regalo importante che suggellavano l’alleanza tra la Francia e il papato contro l’imperatore Carlo V (responsabile del sacco di Roma, avvenuto solo sei anni prima, nel 1527).

L’opera fu realizzata dopo il 1516 su ordine dello stesso Francesco I e di sua madre Luisa di Savoia. Questo spiega la presenza di simboli sabaudi lungo tutta la bordura dell’arazzo. Nel prezioso corte, ed è ormai opinione di molti che il cartone dell’arazzo, su cui fu poi effettuata la successiva tessitura, sia stato realizzato in Francia sotto la supervisione dello stesso Leonardo. info www lavenaria it

Venezia

VITTORE CARPACCIO.

DIPINTI E DISEGNI

Palazzo Ducale, Appartamento del Doge fino al 18 giugno Frutto di una proficua collaborazione fra musei ed enti italiani e stranieri, la retrospettiva riunisce soprattutto opere oggi in musei e collezioni internazionali, oppure in chiese degli antichi territori della

Ferrara

RINASCIMENTO A FERRARA.

ERCOLE DE’ ROBERTI

E LORENZO COSTA

Palazzo dei Diamanti fino al 19 giugno

La rassegna tiene a battesimo la riapertura dei nuovi spazi espositivi di Palazzo dei Diamanti, oggetto di un complesso intervento di restauro e riqualificazione, e costituisce la prima tappa di un progetto piú ampio e ambizioso intitolato Rinascimento a Ferrara 1471-1598 da Borso ad Alfonso II d’Este, che indagherà la vicenda storicoartistica del periodo compreso tra l’elevazione della città a ducato e il suo passaggio dalla dinastia estense al diretto controllo dello Stato Pontificio. Gli altri momenti del percorso saranno dedicati ai grandi protagonisti di quella stagione: Mazzolino e Ortolano, Dosso e Garofalo, Girolamo da Carpi e Bastianino. Le oltre cento opere esposte, provenienti da musei e collezioni di tutto il mondo, offrono l’occasione di scoprire (o riscoprire) l’arte di due grandi interpreti del Rinascimento italiano, entrambi ferraresi: Ercole de’ Roberti e Lorenzo Costa. Dotato di un incredibile talento compositivo, straordinario per qualità ed espressività emotiva, Ercole de’ Roberti (1450 circa-1496) era l’erede dell’Officina ferrarese, il piú giovane e intelligente tra quanti parteciparono al clima culturale di Palazzo Schifanoia, negli ultimi anni del governo di Borso che proprio allora riceveva il titolo di duca (1471). Operò a piú riprese a Bologna, dove lasciò una impronta profondissima, ma non vi è dubbio che a Ferrara trovò l’ambiente piú adatto in cui esprimersi durante l’ultimo decennio della sua vita, trascorso alle dipendenze della corte. Fu Lorenzo Costa (14601535), di dieci anni piú giovane, a raccoglierne l’eredità e a continuarne lo stile nelle opere giovanili. Ma durante un lungo soggiorno a Bologna la sua pittura mutò in direzione di una maggiore morbidezza, di una classicità calma e distesa. Il mondo stava cambiando,

Leonardo e Perugino stavano imponendo una nuova «maniera», che Costa comprese subito e della quale fu tra i maggiori interpreti, anche dopo il trasferimento a Mantova alla corte dei Gonzaga. info tel. 0532 244949; e-mail: diamanti@comune fe it; www palazzodiamanti it

TORINO BUDDHA10. FRAMMENTI, DERIVE E RIFRAZIONI DELL’IMMAGINARIO

VISIVO BUDDHISTA

MAO-Museo d’Arte Orientale fino al 3 settembre Quali significati hanno gli oggetti rituali presenti nelle collezioni del MAO e come venivano utilizzati e percepiti nel loro contesto originario? Perché e come sono entrati a far parte del patrimonio del museo – cosí come di altri buddhismo e nuove tecnologie? Da queste domande prende avvio la nuova mostra «Buddha10», un progetto che parte dalle opere presenti nelle collezioni per aprire prospettive piú ampie relative a questioni che riguardano il museo, le sue collezioni e su cosa significa gestire, custodire e valorizzare un patrimonio di arte asiatica in ambito occidentale. Nelle sale dedicate alle esposizioni temporanee, in uno spazio essenziale ed evocativo, oltre venti grandi statue buddhiste in legno o pietra di epoche diverse (dal V al XIX secolo) delle collezioni del MAO sono accostate ad alcune sculture –tra cui oltre trenta bronzetti votivi della collezione Auriti e due straordinarie teste scultoree in pietra di epoca Tang (618-907 d.C.) – info tel. 011 4436927; www maotorino it

Siena

DALLA SPADA ALLA CROCE. IL RELIQUIARIO DI SAN

GALGANO RESTAURATO

Cripta del Duomo fino al 5 novembre

Un furto clamoroso, nel lontano 1989, dal Museo del Seminario Arcivescovile di Siena. Uno straordinario recupero, oltre trent’anni piú tardi, grazie al Comando dei Carabinieri, Tutela Patrimonio Culturale. E infine il restauro, eseguito nei Laboratori dei Musei Vaticani. È questa l’occasione per inaugurare la mostra «Dalla Spada alla Croce». Al centro della vicenda, una croce liturgica, due pissidi, cinque calici e soprattutto un capolavoro della produzione orafa senese del XIV secolo, il Reliquiario di San Galgano, oggetto mirabile e di intensa devozione popolare. Su di esso, decorate finemente in preziosi smalti traslucidi, sono raffigurate le scene della vita del santo e della sua spada.

Secondo la tradizione, Galgano sarebbe nato nel borgo senese di Chiusdino. Cavaliere appartenente alla piccola nobiltà locale, si convertí alla vita ascetica ed eremitica dopo le visioni dell’Arcangelo Michele, come rappresentato nelle sei scene del Reliquiario. Condusse la sua vita monastica nell’Eremo di Montesiepi, da lui edificato su una collina vicina al luogo dove sarebbe sorta l’Abbazia. Morí, secondo le fonti, il 30 novembre 1181. Appena quattro anni dopo, a seguito dei doverosi accertamenti canonici, papa Lucio III lo proclamò santo nel 1185. info tel. 0577 286300; e-mail: opasiena@operalaboratori.com

APPUNTAMENTI • Luce sull’archeologia. IX Edizione

Roma

Ultimo appuntamento con «Luce sull’archeologia», la cui nona edizione, «Magnificenza e lusso in età romana: spazi e forme del potere tra pubblico e privato», ha proposto un percorso tematico di grande suggestione, che ha esaminato l’aspirazione delle classi piú elevate della società romana a ricreare i lussi delle corti ellenistiche come segno di prestigio sia politico che personale. Esigenze di rappresentanza e ostentazione del lusso e di una cultura arricchita e accresciuta dal contatto con le altre genti del Mediterraneo e del Lazio antico, una visione dell’arte dunque come sentimento del sublime, come esperienza di bellezza, di civiltà, di identità civile, base del linguaggio dei ricchi e potenti ottimati romani, che presero il sopravvento nonostante la fiera condanna dei moralisti e le severe leggi suntuarie.

Il progetto «Luce sull’archeologia» è stato curato dal Teatro di Roma-Teatro Nazionale, in collaborazione con l’Istituto Nazionale di Studi Romani, la rivista «Archeo» e la società Dialogues. Raccontare L’Arte. Ciascun incontro è stato arricchito dai contributi di storia dell’arte proposti da Claudio Strinati, dalle Anteprime del passato di Andreas M. Steiner e dalle introduzioni di Massimiliano Ghilardi. Questo il programma dell’appuntamento in programma domenica 16 aprile: Maurizio Bettini, Una parola magnifica e potente; Paolo Di Paolo, La parola oltre il sipario; Adriano La Regina, Teatro: spazio urbano della politica e del consenso

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