




Vecchie mura che racchiudono storie di mercanti e contrabbandieri, luoghi protagonisti di incontri, dibattiti e gesta futuriste tra grandi artisti e intellettuali, antiche fiaschetterie diventate punto di ritrovo del jet-set internazionale, locali impreziositi da pareti affrescate da grandi maestri dell’arte italiana.
Sono gli spot di TheFork in viaggio, ristoranti che, come scrigni preziosi, conservano storie insolite, eventi memorabili e curiosità culturali e artistiche della Penisola diventando l’abbinamento ideale a tante ricette della cucina tradizionale italiana proposte nei loro menù.
Da Torino a Palermo, da Venezia a Firenze: sono 24 i ristoranti raccolti in questa guida online realizzata da TheFork con l’intento di valorizzarli e, allo stesso tempo, di ispirare una chiave insolita per un tour culturale e gastronomico che coniuga le meraviglie storiche, artistiche e culturali delle principali città italiane con il loro sapori e profumi.
Due città ma un’anima sola. Nominate Capitale della Cultura 2023 (sì, al singolare), le due città lombarde offrono per tutto il 2023 tante occasioni per scoprirle sotto una luce diversa, anche come gita fuori porta da Milano.
Grazie al ricco programma di eventi e appuntamenti, infatti, sono molti gli spunti di visita che vanno oltre i luoghi storici più noti, dell’elegante Bergamo Alta con i suoi bei palazzi e giardini o il patrimonio archeologico della Brescia romana.
Mostre, teatri e festival, con protagonisti di rilievo nazionale e internazionale, animano i diversi spazi all’aperto e al chiuso delle due città e dei dintorni con opere d’arte, installazioni site specific, performance, concerti, perfetti per scoprire le due località in una diversa dimensione.
Come l’installazione inedita And the Animals Were Sold dell’artista inglese Rachel Whiteread che crea un dialogo tra la città e l’architettura del Palazzo della Ragione, cuore pulsante della Bergamo antica; le
iconiche installazioni Waves in Bergamo –Brescia realizzate da Kaarina Kaikkonnen, artista finlandese contemporanea nota per i suoi grandi interventi di arte urbana, che nelle sedi del Palazzo dell’Ex Centrale telefonica (Bergamo) e della Chiesa di Borgo Trento (Brescia) invita a riflettere sullo scorrere del tempo e della vita e su un nuovo modo di guardare la città dopo la triste esperienza della pandemia che ha colpito le due città; o, ancora, Light is Life - Festa delle luci A2A che illumina Monte Isola sul Lago d’Iseo attraverso le opere luminose di artisti internazionali, prima fra tutti l’inedito Terzo Paradiso dell’Energia di Michelangelo Pistoletto.
Un viaggio davvero emozionante all’insegna di un futuro solidale e sostenibile.
Situata nel cuore della zona collinare della Franciacorta e distante pochi chilometri dal lago di Garda, Brescia è conosciuta per le eccellenze gastronomiche del suo territorio: il caviale, i casoncelli e le rinomate bollicine.
È qui che nel 1960 Lidia Gatti, Cavaliere del Lavoro, assume la gestione della popolare Rosticceria Milano, per dedicarsi alla scoperta del patrimonio culinario locale. Un locale, nel tempo, che cresce a passi piccoli ma decisi, cambiando nome in La Trattoria e, poi, nel 2016, in Ristorante 19/60 grazie alla creatività della nuova chef Silvana Zanotti, figlia di Lidia Gatti, che rinnova e arricchisce le ricette fresche e genuine ma sempre nel segno della tradizione.
Il soffitto a volta, le travi in legno e un camino del XV secolo in pietra di Sarnico. È così l’ambiente della Trattoria Da Gina, aperta un secolo fa a Rovato (BS) quando si svolgeva uno dei più importanti mercati del territorio. Al tempo, era molto apprezzata dai contadini che arrivavano per vendere i loro prodotti e si fermavano da Gina per bere un buon bicchiere di vino e gustare i piatti tipici della tradizione bresciana.
Oggi come allora, non ha perso la sua anima culinaria e offre i tipici piatti locali, come il manzo all’olio, la grigliata di carne, i bolliti misti o i “casonsei” con il burro fuso accompagnati da una selezione di vini Franciacorta, vini nazionali ed internazionali.
Bergamo
Aperta nel 1855, è la più antica osteria di Bergamo dove si andava per gustare i piatti della tradizione e molto apprezzata da Gaetano Donizzetti.
Dal 2020 l’Osteria Tre Gobbi cambia il passo grazie all’incontro tra Marco Carminati, appassionato di cibo e vino, e lo chef Filippo Cammarata. Conservando la raffinata atmosfera Ottocentesca e il bel dehors, il menù propone i classici della cucina bergamasca, come la polenta taragna e i casoncelli, a cui si aggiungono piatti che rispecchiano le origini siciliane dello chef, come la calamarata, gamberi e porri e pepe timut. Un posto molto apprezzato anche per la convivialità, dove alcuni piatti, come i taglieri di salumi e di formaggi o polenta e baccalà, sono pensati per essere condivisi tra amici.
Sempre presente negli itinerari di viaggio degli stranieri in visita nella Penisola ma amata anche da noi italiani, Firenze è una delle più belle città d’arte del Belpaese .
Monumenti, chiese e palazzi storici scandiscono le vie del centro storico, tra il Duomo con la spettacolare cupola del Brunelleschi, capolavoro del Rinascimento, il Battistero di San Giovanni, gli Uffizi, prezioso scrigno di opere d’arte e, ancora, Piazza della Signoria, sorvegliata da una copia del bellissimo David (l’originale si trova nella Galleria dell’Accademia) e il Ponte Vecchio con le sue botteghe artigiane affacciate sull’Arno.
Luoghi di una bellezza tale da provocare malessere. È a Firenze, infatti, che si sono registrati i maggiori casi della nota Sindrome di Stendhal, che prende il nome dallo scrittore francese colpito dalla magnificenza della Basilica di Santa Croce.
Un museo a cielo aperto che si estende anche sulla sponda opposta dell’Arno, o diladdarno come dicono i fiorentini, dove si trova la Firenze più verace e pittoresca. Superato il Ponte Vecchio, si incontra pri-
ma Palazzo Pitti, simbolo del potere dei Medici e oggi sede di cinque musei, tra cui gli Appartamenti Imperiali e Reali. Costruito su progetto del Brunelleschi, sorge ai piedi della collina di Boboli che dà il nome ai bellissimi giardini, dichiarati Patrimonio Unesco nel 2013: un’oasi perfetta per rilassarsi nel verde, per ammirare una grande collezione di sculture e opere d’arte e che, grazie alla sua conformazione, offre una bellissima vista sulla città.
Ma è seguendo la sponda dell’Arno, in Piazzale Michelangelo, che si ha la migliore prospettiva su Firenze: un’enorme terrazza panoramica realizzata nel 1869, quando la città era capitale d’Italia, dedicata all’artista rinascimentale celebrato con una copia del David (la terza) posta al centro della piazza. Dalla ringhiera in pietra che la circonda, lo sguardo corre tra le meraviglie architettoniche fiorentine abbracciate dal suo fiume. Un vero spettacolo, soprattutto al tramonto.
Aperto nel 1865, era il punto di ristoro per i fattori che si riunivano ogni settimana in Piazza della Signoria per contrattare le proprie merci. Dal 1929 la trattoria Antico Fattore cominciò ad essere frequentato tutti i mercoledì sera da alcuni tra i maggiori esponenti del mondo culturale dell’epoca, come De Chirico, Morandi, Carrà, e dal 1930 divenne la sede del “Premio Antico Fattore”, dedicato alla letteratura, che ha visto tra i vincitori anche futuri premi Nobel (Montale, Quasimodo e Toni Morrison).
Nella sua storia secolare è sempre rimasto fedele alle origini e propone le ricette dei migliori piatti della cucina fiorentina e toscana - pasta fresca fatta in casa, pici e carni condite con l’ottimo olio – accompagnati da calici di buon vino locale.
Situato in piazzale Michelangelo, La Loggia è il posto ideale per cenare gustando i piatti della tradizione con una vista spettacolare sulla città: dalla sua incantevole terrazza, dal suo giardino e dalle sue sale interne, il loggiato – da cui il ristorante prende il nome – impreziosito da archi e volte, e la sala Poggi, circondata da ampie vetrate.
Un luogo dal rinomato passato, scelto da Papini, Soffici, Spadolini e Bargellini, anime della cultura italiana, per i loro incontri e che, nel 1916, fu al centro delle gesta di Marinetti, padre del Futurismo, che qui girò un episodio dell’introvabile film Vita futurista. In tempi recenti, invece, è stato scelto da Christopher Nolan per girare una scena del film Il ritorno del cavaliere oscuro, con Michael Caine.
Situato nel quartiere Santa Croce, in un palazzo tutelato dalle Belle Arti, questo ristorante è stato testimone di eventi storici durante la Seconda guerra mondiale e luogo di incontro per membri della Resistenza italiana. In un ambiente accogliente con una terrazza, sono serviti piatti tipici della cucina italiana, compresa la pizza preparata secondo la tradizione napoletana e cotta nel forno a legna.
Monumenti e palazzi storici , le vie dello shopping , i parchi per un po’ di relax, i locali che movimentano le serate. Milano è una città dalle tante anime.
Sapete che anche Milano ha la sua Walk of Fame? Non sarà come la ben più nota di Hollywood, ma in Largo Corsia dei Servi si possono ammirare le “mani” di personaggi che hanno fatto grande la Tv italiana tra gli anni ‘80 e ‘90: da Sandra e Raimondo a Lorella Cuccarini e Sophia Loren fino a celebrities del calibro di Sylvester Stallone, Patrick Swayze, Angela Lansbury, Sharon Stone, Sophie Marceau o Luke Perry.
Tra le curiosità architettoniche, merita una tappa il palazzo storico di via Serbelloni 10, noto per il suo citofono a forma di orecchio per il quale l’edificio è noto come Ca’ dell’Oregia. Oltre ad essere il primo citofono installato in Italia, è una vera e propria opera d’arte in bronzo realizzata da Adolfo Wildt, protagonista italiano dell’Art nouveau, senza pulsanti e nomi degli abitanti. Ma non fermatevi a guardarlo: si dice, infatti, che basti sussurrare un desiderio perché questo si realizzi.
A Citylife, invece, tra i grattacieli che hanno ridisegnato lo skyline di Milano ed eleganti case d’epoca, se ne trova una, in via Bene-
detto Brin, simile a un piccolo castello con tanto di torre e facciate decorate, di fronte alla quale è stato costruito un Castello di Carte: è Love Art 4 All, un’opera realizzata nel 2014 e voluta da Elio Fiorucci e Ottavio Missoni che diventa ancora più affascinante alla notte quando viene illuminata.
Prima di andare a cena, l’esperienza che non può mancare è ammirare Milano dall’alto, al tramonto. Al Parco Sempione, si può salire sulla famosa Torre Branca, realizzata negli anni ’30 da Giò Ponti: l’ascensore, in meno di 1 minuto, porta a circa 100 metri di altezza dove un piccolo belvedere coperto che può ospitare fino a cinque persone offre una vista a 360 gradi. Diversa, ma altrettanto suggestiva, è la passeggiata sui tetti della Galleria Vittorio Emanuele. Si cammina su passerelle in ferro a 47 metri di altezza e si ammira lo skyline della città: dalle guglie del Duomo e la vecchia Milano fino ai grattacieli di Porta Nuova e Citylife. Vi sembra una cosa da turisti? Provate a salire e scoprirete una vista unica che non stanca mai. Nemmeno i milanesi.
Complice l’oste-patriota, le Cinque Giornate di Milano partirono anche dall’osteria del Boeucc quand’era in via Durini angolo via Borgogna già a partire dal 1696. Una lunga storia che lo portò a trasferirsi nel 1939 nell’elegante Palazzo Belgioioso, progettato dal Piermarini e a due passi dal Teatro alla Scala.
Nei secoli è diventato un punto di riferimento della tradizione culinaria ambrosiana, apprezzato da personaggi del mondo della finanza, industriali e personaggi illustri: Piovene era di casa, Giuseppe Verdi ne era cliente, Toscanini pasteggiava con mezza di Champagne, il maestro Maazel, rapito dai sapori, arrivò in ritardo a dirigere un Falstaff ed Eduardo de Filippo disse che i migliori spaghetti pomodoro e basilico, fuori da Napoli, li servivano qui.
Questo ristorante è nato 124 anni fa come fiaschetteria toscana con cucina. Questo era Giannino all’inizio della sua storia, quando Milano non era una metropoli e il jetset internazionale era ancora lontano. La sua crescita e la sua fama in oltre un secolo di storia, sono state costanti. E attirò l’attenzione dell’élite milanese, prima, e poi quella di personalità illustri e celebrità, come Gregory Peck, Maria Callas, Grace Kelly e Ian Fleming, facendo di Giannino un’icona gastronomica della città. Come testimoniano ancora oggi i molti ritratti esposti alle pareti.
Si trova all’angolo tra il Naviglio Grande e Vicolo dei Lavandai e racchiude in sé un po’ di storia della vecchia Milano. El Brellin nasce, infatti, in una casa del 1700 con camini e soffitti a cassettoni originali, che ben si addicono a gustare i sapori della cucina meneghina.
Diviso tra ristorante e caffè, il menù propone infatti piatti della tradizione milanese e lombarda, alcuni con tanto di DeCA – Denominazione di Cucina Ambrosiana. In origine i locali di El Brellin erano adibiti a drogheria, con un lavatoio vicino, tutt’oggi esistente, dove si recavano le lavandaie e a cui deve il nome: brellin, infatti, in dialetto milanese, indica la vasca di legno riempita di paglia su cui le lavandaie si inginocchiavano per lavare i panni.
Affascinante , sorprendente, ricca di contraddizioni ma sempre pronta a stupire. E anche a dare spettacolo, con i suoi monumenti , quartieri e scorci insoliti , spesso prestati al cinema come naturali set cinematografici.
Napoli è un mondo a parte di fronte al quale è difficile restare indifferenti. Dalla piazza del Plebiscito, luogo simbolo della città, situata nel più grande centro storico d’Europa e Patrimonio Unesco, basta girare tra le vie adiacenti per restare colpiti dai suoi contrasti, tra il passato di monumenti, chiese ed eleganti palazzi, e il presente, raccontato anche attraverso opere di street art sparse sui muri della città (l’opera di Banksy, la Madonna con la pistola, in piazza Gerolomini pare sia l’unica realizzata dall’artista in Italia).
Perfino il sottosuolo della città conserva storia e bellezza e che oggi è diventato un itinerario alternativo, a 40 metri di profondità. Una fitta rete di cunicoli costruiti già 5000 anni fa, per estrarre blocchi di tufo, poi
sfruttati dai romani per creare una complessa rete di acquedotti fino ad essere utilizzati nella Seconda Guerra Mondiale come rifugi antiaerei.
Ma a rendere unica Napoli è anche il paesaggio, con il suo bel golfo e l’iconico profilo del Vesuvio. Sono tanti i luoghi da cui ammirarlo e, ogni volta, è una sorpresa: dal Giardino pensile di Palazzo Reale con la sua splendida terrazza affacciata sul mare, salendo a Posillipo con la funicolare dove si trova la terrazza di Sant’Antonio, dalla collina di Pizzofalcone, chiamata anche Monte di Dio, a pochi passi dal centro, dove è nata l’antica Parthenope oppure, ancora, da via Orazio e dalle strade limitrofe dove si gode di una vista da cartolina che ha incantato molti paesaggisti.
Situata tra piazzetta di porto e il vicolo di Santa Maria la Nova, la Locanda del Cerriglio affonda le sue radici già alla fine del 1300, ma è nel 1600 che la sua fama si diffuse e divenne luogo di ristoro di grandi artisti e intellettuali, come Giovan Battista Della Porta, Benedetto Croce, Antonio Genovesi e il Caravaggio, che durante uno dei suoi soggiorni partenopei, nel 1609, venne aggredito all’uscita dal locale.
Dopo essere stata a lungo adibita a magazzino, ha riaperto come locanda solo nel 2014, dopo un decennio di restauri: del suo passato conserva l’antica sala, la cantina sotterranea a volta e le salette al piano superiore. Anche l’anima non è cambiata e continua ad essere luogo d’incontro per intellettuali e artisti che sempre apprezzano i piatti della tradizione napoletana presenti nel menu.
Affacciato sul molo di Borgo Marinai, questo locale nasce nel 1919 da donna Emilia
Del Tufo, detta la Bersagliera, che nella sua umile casa iniziò a preparare pasti, oltre che per la sua numerosa famiglia, anche per i marinai. Nel tempo la zona diventò di richiamo turistico e la sua cucina tipica, semplice e genuina, conquistò sempre più clienti fino a rendere il ristorante uno dei più noti di Napoli.
Oggi è inserito tra i Locali storici d’Italia e negli anni ha ospitato ai suoi tavoli personaggi famosi del calibro di Ingrid Bergman durante le riprese, nel 1954, del film Viaggio in Italia di Roberto Rossellini, e Marcello Mastroianni in compagnia di Jack Lemmon a Napoli per girare Maccheroni di Ettore Scola.
Nel 1944, quando aprì sulla collina di Posillipo, era una semplice taverna con un giardino pensile ingentilito da verdi pruneti. Oggi quel bel dehors purtroppo non c’è più ma la sua cucina tipica napoletana, fresca e genuina, è rimasta immutata ed è diventata punto di riferimento in questa zona.
Linguine con polpa di riccio, il famoso risotto al limone e gamberetti, le fettuccine fresche al nero di seppia condite con un sughetto ai frutti di mare e, soprattutto, il pescato del giorno, tutti sapientemente preparati dallo chef Gigi Cotugno e accompagnati da ottimi vini campani.
Palermo ha una storia secolare , dove dominazioni e contaminazioni con altri popoli e culture hanno contribuito a dare forma a una città dai mille volti . Che affascina per il suo grandioso patrimonio artistico disegnato da un mix di stili arabo , bizantino, barocco , neoclassico e Liberty che non ha eguali in Italia.
Basta vedere la Camera delle Meraviglie, un piccolo gioiello di arte islamico-turca tinteggiato di blu con iscrizioni arabe in oro e argento scoperto per caso all’interno di un antico palazzo, o la palazzina cinese nel Parco della Favorita fatta costruire da Ferdinando III di Borbone dove la struttura neoclassica è sormontata da una pagoda.
Questo è anche un ottimo posto per rilassarsi nella quiete del parco, lontano dal traffico della città, così come l’Orto Botanico, nel quartiere Kalsa, oasi ideale per godersi fresco e silenzio tra alberi imponenti provenienti da ogni parte del mondo. In questa zona si può anche visitare un edificio storico interessante, la Chiesa dello Spasimo: la sua particolarità sta nel fatto che non è sta-
ta mai completata ed è rimasta senza tetto e pavimentazione. Il motivo è che al tempo della costruzione, nella prima metà del XVI secolo, la minaccia turca costrinse la città a potenziare il sistema difensivo a ridosso della chiesa. Ma questo non toglie fascino al luogo, tanto che oggi la chiesa, sconsacrata, è diventata uno spazio per eventi teatrali e musicali.
Infine, non può mancare un tuffo in mare. La scelta delle spiagge è abbastanza varia: si va da quelle situate lungo il litorale storico della città, come la spiaggia di Romagnolo e di Vergine Maria, alla famosa Mondello, defilata dal centro che incanta per le sue acque turchesi.
Il nome deriva dall’ottimo brodo preparato da Salvatore Catanese fin dall’apertura, nel 1890, e che si rivelò un ottimo ricostituente durante un’epidemia scoppiata in città. Da allora è un’istituzione della città ed è sinonimo di buona cucina palermitana. Portata avanti dalla quarta generazione, oggi il menu è rimasto fedele alle origini, pur con qualche ritocco per arricchire i sapori del mare. Oltre al tradizionale brodo, cotto secondo un’antica ricetta per preparare tortellini e il lesso con le patate, propone un’ampia scelta di piatti tipici, come la frittella (fave piselli carciofi e ricotta), il macco di fave, la pasta con le sarde e le linguine con polpa di ricci.
Aperto sulle colline di Monreale, mèta dell’aristocrazia palermitana, prima come rivendita di vini dei possedimenti di una nobile famiglia e poi come trattoria, è nel 1962 che Francesco Paolo Cascino lo trasforma in ristorante. L’attività oggi è seguita dai due figli che proseguono la tradizione della stirpe di maestri-chef siciliani.
Affacciato sul golfo di Palermo, ha conservato la bella sala con travi a vista della storica rivendita e arredi d’epoca che conferiscono un’atmosfera d’altri tempi, perfetta per gustare le sue specialità, come i ravioli di petto d’oca in salsa allo zenzero, cinghiale al vino rosso e l’esclusivo semifreddo “Ali Pascià”. La Botte vanta anche illustri clienti, come Carla Fracci, del Monaco, Nazzari, Gigli, Tebaldi fino all’ex segretario Onu Kofi Annan.
In pieno centro storico, all’interno del mercato della Vucciria, è diventato famoso per la sua cucina siciliana “povera”, a base di minestroni, brodo di carne, manzo lesso e tortellini. Oggi il suo menu si è arricchito di altre specialità della tradizione palermitana e propone primi piatti a base di pesce e secondi di carne e pesce fresco tutti i giorni. Da gustare nel cuore pulsante della Palermo più autentica.
La Città Eterna è una di quelle mete che non ci si stanca mai di visitare. Anche solo per passeggiare tra le sue vie, e lasciarsi incantare ogni volta dalla maestosità del Colosseo, il Foro romano, la Fontana di Trevi o la scalinata di Trinità dei Monti… E fare tappa in qualche museo, come la Cappella Sistina o i Musei Vaticani , sempre spettacolari.
Ma tra i “grandi classici” non mancano tantissimi luoghi insoliti e meno noti che diventano occasione per visitare diverse zone della città. Magari nel verde dei grandi parchi, al riparo dal sole estivo e lontano dalla folla.
Ad esempio, in cima al colle dell’Aventino, dove si trova il Buco della serratura, quello del cancello della Villa del Priorato dei Cavalieri di Malta, da cui si ha una prospettiva unica della Cupola di San Pietro e che offre uno degli scorci più suggestivi di Roma.
Il Buco è anche un’occasione per rilassarsi nel verde dell’Aventino, una delle zone più suggestive della capitale. A spasso tra i suoi vialetti, la sosta consigliata è nel giardino degli Aranci, ricco di piante di agrumi, che termina con una terrazza che si affaccia sul Tevere e la città: uno spettacolo, soprattutto al tramonto. Nello splendido parco di Villa Borghese, in-
vece, si può ammirare l’orologio ad acqua del Pincio. Realizzato nel 1867, ha la struttura in ghisa ispirata a tronchi d’albero che lo mimetizza nella fitta vegetazione, e quattro quadranti rivolti verso i punti cardinali, ed è posto su una roccia sovrastante un piccolo corso d’acqua che permette tutt’oggi il suo funzionamento.
Nella zona di piazza San Pietro – non si può non passarci – merita, poi, la passeggiata del gelsomino, una delle più affascinanti e romantiche della capitale. Incorniciata dai fiori bianchi e profumati, si snoda lungo la vecchia ferrovia dismessa del Vaticano, riconvertita in un originale percorso in occasione del Giubileo del 2000, da cui ammirare San Pietro e il Cupolone da una prospettiva insolita.
Nel cuore di Roma, è un ristorante storico che sorge sui resti del Teatro di Pompeo, a Campo de’ Fiori, ed è conosciuto per le ricette dell’autentica tradizione romana tramandate, dal 1922, di generazione in generazione. Rigatoni alla carbonara preparati con guanciale, tonnarelli cacio e pepe, saltimbocca alla romana, i celebri carciofi alla giudia e altri piatti simbolo della cucina romana si gustano nelle splendide sale che hanno conservato l’atmosfera dell’antica Roma.
Una location unica al mondo e testimone di tanti eventi accaduti in oltre cento anni di storia. Il suo fascino non è sfuggito neanche al mondo del cinema: frequentato da celebrità del calibro di Federico Fellini, è apparso nel film Eat Pray Love con Julia Roberts.
Situato nel quartiere Trastevere, alle spalle del Pantheon e piazza Navona, questo ristorante offre un luogo al riparo delle folle che si aggirano tra alcune delle attrazioni più note della capitale. Nelle sale interne o all’esterno, sotto un pergolato di vite, si gustano piatti della cucina romana e della tradizione italiana preparati con ingredienti di qualità e accompagnati da un’ampia selezione di vini.
Per un pranzo o una serata più intima e raccolta, si può prenotare la sala della Bottiglieria che accoglie fino a un massimo di 6 persone. Una curiosità: questo angolo di Roma è stato usato come set per girare alcune scene del film La Grande Bellezza di Paolo Sorrentino.
Al centro di un triangolo gastronomico e storico di Roma, tra Trastevere, Testaccio e Porta Portese, e proprio sotto l’omonima Porta, la Trattoria Dal Cordaro è da sempre sinonimo di cucina genuina della migliore tradizione romana.
Fin dal 1902, anno della sua apertura da parte del capostipite della Famiglia Dori, Arcangelo, con il nome di osteria Cantina Dori, quando il vino dei Castelli e quello di Albano accompagnavano piatti della cucina romana. Ancora oggi, questo è il posto giusto per gustare i sapori della tradizione, preparati con ingredienti e materie prime scelte e selezionate nel territorio laziale
Riservata, austera, a tratti severa. Così era Torino fino a un po’ di tempo fa ma oggi è una città che si è rinnovata diventando una piacevole meta da scoprire oltre i suoi eleganti palazzi , residenze sabaude e gli importanti musei , da quello Egizio a quello del Cinema ospitato all’interno della spettacolare Mole Antonelliana .
Un intento ben descritto da un’opera d’arte contemporanea dell’artista Richi Ferrero che si trova in via delle Orfane 20, realizzata sulla facciata dell’antico convento di Sant’Agostino nel Quadrilatero Romano. S’intitola T’oro e raffigura un toro, simbolo della città, nell’atto di uscire di prepotenza dalla parete a simboleggiare la storia di Torino che guarda al futuro.
Un tour divertente per appassionati d’arte e non, è quello alla scoperta delle opere del giardiniere Rodolfo Marasciuolo, tanto care ai torinesi: opere poetiche realizzate con materiali di recupero, come lampioni, libri, biciclette, sono disseminate tra parchi, vie e piazze della città. Il lato divertente è trovarle, perché l’artista ogni tanto le sposta.
Per un momento di relax o un aperitivo di fine giornata, con la bella stagione, diventano protagonisti i bei parchi urbani. Dallo storico parco del Valentino, affacciato sul fiume e ai piedi della collina, con il settecentesco Orto Botanico, il Castello e il Borgo Medievale, i Giardini Reali, alle spalle di Palazzo Reale, dove passeggiare piacevolmente nel verde tra viali dalle prospettive scenografiche, fontane, opere d’arte, o l’insolito e poco conosciuto giardino di bambù del Consolato del Vietnam, ospitato in un bellissimo edificio Art Nouveau nel cuore di San Salvario, che in estate è animato dal Vietcaffè, un insolito angolo dal sapore del sud-est asiatico. E per ammirare Torino dall’alto, basta salire in collina e raggiungere il parco pubblico di Villa Genero con il suo belvedere affacciato sulla città e sulle Alpi.
Accanto al Caffè San Carlo con accesso dalle Gallerie d’Italia, il ristorante Scatto rilegge gli spazi di Palazzo Turinetti in chiave contemporanea in base a concetti sintetizzati nel nome: un omaggio dell’arte culinaria all’universo fotografico, e anche, metaforicamente, alla spinta in avanti dei fratelli Christian e Manuel Costardi, che da enfant prodige dell’alta cucina sono diventati un vero punto di riferimento in fatto di cucina piemontese rivisitata, ma con forti radici nella tradizione.
A partire dal riso, il loro ingrediente principe e da cui è nata la loro iconica “lattina” di risotto stile Andy Warhol diventata un cult. E poi, plin ai tre arrosti, pollo alla Marengo, anguilla e bonet accompagnati da una selezione originale di vini.
Nell’Ottocento, davanti a questa trattoria affacciata sulla bella piazza Vittorio, partivano le diligenze a cavalli verso la Liguria e, in particolare, il porto di Savona, di grande importanza mercantile per Torino.
Ma non è solo il nome a ricordare la sua lunga storia. Anche gli ambienti interni, disposti su due piani, conservano arredi d’epoca originali con accenni Liberty, e poi la squisita cucina che attinge ai classici della tradizione piemontese: tra le specialità, antipasti misti, vitello tonnato, agnolotti, tofeja, fonduta, bolliti, fritto misto, finanziera.
Sincera, vivace, gustosa: è così la cucina sicula-sabauda proposta in questo ristorante che sorge a pochi passi dal centro di Torino, in un elegante palazzo del 1800.
L’atmosfera intima e accogliente, con pavimenti in legno, tovagliato bianco e un tocco retrò, contrasta armoniosamente con i piatti proposti, dalla mise en place ricercata e i sapori tipici rivisitati. Come lo spada alla messinese presentato con materie prime scomposte o la caponata di melanzane, mandorla, bottarga e cioccolato di Modica, diventanti un classico del menù.
Romantica, affascinante, spettacolare. Venezia è una città unica al mondo dove è sempre un piacere ritornare.
Se avete già visitato i luoghi più iconici - Piazza San Marco, Palazzo Ducale e il Museo Correr, il Ponte dei Sospiri e di Rialto - il modo migliore per viverla è perdersi tra i sestieri con i loro romantici ponti, le piccole piazze, i campi e i campielli, ammirando palazzi finemente decorati e facendo sosta nei tipici bàcari.
Scorci insoliti e angoli curiosi vi sorprenderanno ad ogni passo. Ad esempio, al civico 465 in Campo Rialto Novo si trova la porta della botte, un ingresso con la particolarità di avere la parte bassa più larga e arrotondata. Il motivo è presto detto: permettere di fare passare le botti realizzate un tempo dalla confraternita dei boteri, gli artigiani che costruivano le botti per conservare il vino e che qui lavoravano.
Proprio dietro San Marco, invece, si trova la scala a chiocciola più alta e bella della città: realizzata alla fine del Quattrocento, adorna
un lato di Palazzo Contarini del Bovolo e salendo fino all’ultimo piano, dall’alto dei suoi 26 metri, si ha una vista a 360 gradi su Venezia.
Se un giro in gondola è fuori budget ma è tra le esperienze che non vorreste perdere, potete sfruttare il Gondolon, le gondole-traghetto che collegano i due lati del Canal Grande a prezzi decisamente modici: fanno cinque soste e il percorso dura pochi minuti ma l’emozione è assicurata. I traghetti, invece, permettono di raggiungere le belle isole di Venezia.
Lontano dalla folla, si può puntare sull’isola di San Michele, nota per il suo cimitero monumentale che ospita le tombe di personaggi illustri e avvolta da bellezza e silenzio, oppure la Giudecca, con i suoi eleganti palazzi nobiliari e la chiesa della Zitella, un edificio palladiano il cui nome rimanda alla sua antica funzione di ospitare ragazze povere fino al matrimonio.
Il Poste Vecie è molto più di un ristorante. Un luogo dove fare un viaggio nel tempo, nell’Antica Serenissima, tra mura storiche e caminetti risalenti al 1500 e ancora funzionanti, incastonati in pareti decorate con affreschi del Cherubini raffiguranti i setti vizi capitali. Situato all’interno del Mercato del pesce di Rialto, le sue sale erano un tempo i locali del primo ufficio postale di Venezia di cui si possono ammirare esposte antiche lettere, bolle di trasporto e vecchie monete.
Un’atmosfera antica e autentica che fa da cornice a piatti della tradizione veneziana: baccalà, seppie, schie con polenta, pasta e fagioli e ottimo pesce, tutto proposto secondo stagione.
Situato nella zona del mercato di Rialto, nel cuore pulsante di Venezia, l’Antico Dolo è parte integrante di un edificio del Quattrocento dove, ai tempi della Serenissima, aveva sede una famosa casa di tolleranza.
Qui, nel 1434 venne aperto un bàcaro, antico termine veneziano per indicare le tipiche osterie. Rilevato negli anni ’40 da Bruno Ruffin, veneziano doc, propone ancora oggi quello che per secoli è stata la vera specialità della casa, la trippa rissa (diversi tipi di frattaglie bolliti secondo un’antica ricetta), accompagnata dal vino bianco secco proveniente dalla vicina Dolo, splendida cittadina ubicata nella Riviera del Brenta. A cui si aggiungono specialità diventate un cult, come i maltagliati con capesante e radicchio rosso di Treviso o il carpaccio di tonno e vitello di mare marinati alle erbe e serviti con crostini speziati.
A pochi passi da piazza San Marco, nel tranquillo sestiere di Castello, è un ottimo punto di sosta per chi vuole immergersi in un’atmosfera d’altri tempi. Dopo essere stata sede di mercanti e contrabbandieri di prodotti di ogni genere, l’Hostaria Castello prende spunto dalla presenza di una precedente agenzia di viaggio specializzata in tour a bordo del mitico Orient Express, che da Venezia raggiungeva Istanbul. Da qui gli arredi ispirati ai caffè ottomani di un tempo, il bancone con motivi arabescati e i pavimenti antichi, che diventano una cornice perfetta ai sapori tipici veneziani interpretati in chiave contemporanea, come i bigoli alla veneziana, le sarde in saor, o il famoso fegato alla veneziana.