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NaPoli E il saCRo gRaal

Angelica Sarno

la leggenda del Graal è antica quanto il Cristianesimo e nei secoli molti lo hanno cercato senza mai trovarlo, si tratterebbe, per i pochi che non lo sanno, l mitico calice con il quale Gesù celebrò l’Ultima Cena e nel quale Giuseppe d’Arimatea raccolse il sangue di Cristo dopo la sua crocifissione. Uno di questi fu Alfonso d’Aragona, Re di Napoli

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Più volte, Alfonso aveva dichiarato più volte di essere entrato in possesso. La leggenda vuole che quel mistico oggetto, che tanta passione ha acceso nei secoli, sarebbe stato donato dai monaci del convento di San Juan de la Pena alla corona aragonese.

Alfonso lo avrebbe lasciato in pegno alla cattedrale, in cambio di un maxi-finanziamento per la sua campagna napoletana. E in quella cattedrale il Graal si troverebbe tuttora, all’interno della Cappella del Sacro Calice.

Oltre al Graal, Alfonso fu per tutta la sua vita ossessionato dai racconti della Tavola Rotonda. In realtà dietro questa sua ossessione vi sarebbero stati anche intenti politici e propagandistici, poiché Alfonso non fu mai particolarmente amato dai suoi sudditi.

Quindi l’interesse per i cavaliere della tavola rotonda il sovrano aragonese mise in atto una vera e propria campagna di autopromozione retorica costruendo, di sé, un’immagine idealizzata. E allora ecco le fastose cerimonie pubbliche (balli, ri- cevimenti, funerali); ecco il celebre Arco di Trionfo posto all’ingresso di Castel Nuovo, raffigurante l’ingresso trionfale di Alfonso d’Aragona a Napoli, avvenuto nel 1442: Alfonso è portato in trionfo come un imperatore romano, circondato da paggi e vittorie alate, putti e cornucopie, notabili e dignitari, nonché da bande di musicanti. Ed ecco la leggenda del seggio periglioso, che ci riporta dritti nel cuore del mito. Per capire meglio questi simboli, dobbiamo fare un passo indietro: alla leggenda del Graal. La sua storia venne messa per iscritto per la prima volta alla fine del XII secolo nel poema Le Roman de Perceval ou le conte du Graal, di Chrétien de Troyes, ma non aveva niente a che vedere con Cristo: era solo un “graal”, cioè il nome comune che in francese antico indicava la ciotola in cui si servivano le vivande. Soltanto qualche anno dopo, in un poema di Robert de Boron, diventò il “Sacro Graal”, il calice dell’Ultima Cena usato da San Giuseppe d’Arimatea per raccogliere il sangue di Gesù crocifisso. Nel castello ci sono richiami ai cavalieri della Tavola Rotonda

Re Alfonso era un uomo di cultura, amante dei classici e dei poemi cavallereschi, ma perché Alfonso avrebbe disseminato il Castello di simboli legati al calice?

Alfonso d’Aragona si sentiva un novello Galahad e volle ricreare nel Castello una simbolica analogia fra il cavaliere e se stesso, celebrando il diritto di governare il Regno di Napoli come Galahad aveva acquistato il diritto di sedersi sulla tredicesima sedia alla corte di re Artù.

E infatti il «seggio periglioso», rappresentato come un trono con al centro una fiamma, è raffigurato nelle insegne del sovrano, sulle volte, sui pavimenti e nell’arco trionfale all’ingresso del Maschio Angioino. Praticamente ovunque. «A Napoli, Alfonso indossò anche un’armatura decorata con questo simbolo-talismano. Senza contare che alla base del Balcone del Trionfo, da cui il sovrano si affacciava sul cortile del castello, è scolpita una giara, l’emblema dell’Ordine della Giara, fondato dal padre di Alfonso, Ferdinando il Giusto: era sì una delle onorificenze più importanti del regno, ma anche una coppa». Che Forte ipotizza potesse rappresentare, appunto, il Sacro Graal. Un trono in fiamme e uno stupefacente balcone che, rovesciato, assume le sembianze di un grande calice . Ma c’è un’altra misteriosa immagine che, nelle giornate più lunghe dell’anno, durante il solstizio d’estate, compare nella Sala dei Baroni, l’antica Sala del Trono, luogo di intrighi e congiure: un libro aperto, colpito dai raggi del sole. Raggi che penetrano dal finestrone più grande della stanza, sul lato ovest del cortile, «creando sul muro opposto - spiega Forte - una sagoma ben definita, che ricorda la forma di un libro aperto e sale fino al centro della parete». Qual è il significato di questa immagine? Davvero siamo in presenza di un messaggio cifrato lasciato da re Alfonso? Gli appassionati della leggenda del Graal ne sono convinti. Così come sono convinti che l’antico Chastiau continui a nascondere segreti.

Al Maschio Angioino. Al solstizio d’estate appare… Dall’Ultima Cena ai cavalieri di re Artù, ancora oggi la storia continua ad affascinarci. I cavalieri medioevali non ne sarebbero stupiti: sapevano bene che la ricerca del Graal non ha mai fine…

LUOG