Notizie della Terra di Altrove # 8

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Notizie dalla Terra di Altrove n. 8


Colophon: Notizie della Terra di Altrove Fanzine aperiodica del sito Terra di Altrove www.terradialtrove.it santamarta@terradialtrove.it Anno 4 N.8 ­ Luglio 2014 Direttrice: La Locandiera TdA Redattori: Francesco Bignardelli e Demon Black In redazione: Francesco Bignardelli, Demon Black, Andrea Giusto, Yui00, Ileana B. Revisioni di: Demon Black, Francesco Bignardelli e Nihal Copertina: Lane

fanzine s.f. inv. dall'inglese fanatic (abbreviato in fan, appassionato) e magazine (rivista). Rivista amatoriale contenente notizie, informazioni, curiositĂ su un dato argomento realizzata da un gruppo di appassionati e destinata a un pubblico di appassionati Attenzione: in conseguenza del carattere amatoriale dell'opera, questa pubblicazione non ha da considerarsi qual testata giornalistica, nĂŠ mezzo di informazione o un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 7.03.2001. Copyright e Creative Commons: tutti i diritti sui contenuti di questa pubblicazione sono sotto la protezione del diritto d'autore (legge 22 aprile 1941 n. 633 e seguenti), liberamente distribuibili con licenza Creative Commons (Attribuzione, Non commerciale, Non opere derivate)

Impaginazione a cura di NIHAL

Notizie dalla Terra di Altrove n. 8


Sarà che trascorro le mie giornate in una locanda, ma il numero del nostro giornale che ora avete tra le mani o che state scorrendo dalle pagine del sito, be'... mi è davvero caro! Parliamo infatti di locande note e meno note, di storie che dai tavoli di una locanda hanno preso le mosse, di personaggi legati in qualche modo a una locanda. E le locande, diciamolo, sono proprio luoghi speciali. Alcune sono calde ed accoglienti, un porto di pace, promessa di ristoro e di riposo dopo le fatiche e i pericoli affrontati lungo i sentieri della vita. Alcune invece non sono per nulla ospitali, e mentre sedete ai tavoli è bene tenere d'occhio la borsa e guardarsi alle spalle... Poi ci sono le locande un po' anonime che a un primo sguardo ti rivelano poco o nulla di loro. In genere è sufficiente trascorrervi una serata per farsi un'idea più precisa del luogo in cui si è capitati. Perchè a “fare” la locanda sono, nella maggior parte dei casi, i suoi avventori. Locande frequentate da delinquenti, tizi loschi, ladri e imbroglioni, diventano luoghi malfamati, da cui voi brava gente che ci state leggendo, dovreste proprio tenervi lontani. Locande come la nostra, qui nella Terra di Altrove, fanno bene al palato (solo piatti genuini e assai gustosi) e al cuore... Al tavolo dei Soliti Viandanti troverete chiacchiere allegre e battute scherzose, ma anche amicizia sincera. Condividerete la cena o una semplice merenda, con elfi, nani, umani e creature di ogni terra e provenienza. In locanda ci saranno sempre un sorriso, orecchie pronte ad ascoltare (quante storie e quante confidenze al bancone della locandiera!), una buona cioccoterra. E ai tavoli incontrete tanti viandanti appassionati di libri, fantasy e avventure, con cui condividere letture e consigli letterari. Guardatevi attorno... avete notato le file di volumi di ogni foggia e colore riposti sugli scaffali che coprono le pareti? Sono a vostra disposizione, per tutto il periodo della vostra permanenza. Certo, dovrete trattarli con grande, grandissima cura, per non incorrere nelle ire del nostro buttafuori (non umano)... Ma siamo certi che voi amate i libri quanto noi, quindi l'avvertimento risulterà superfluo. Se vi fa piacere, noi vi aspettiamo. Nel frattempo, vi auguriamo buona lettura!

La Locandiera

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di Yui

La Posta della Locanda

Cara Yui, Mi chiamo Ja'nin e vivo a Castelverde da sempre. La mia famiglia possiede una locanda da generazioni, la nostra è una tra le più rinomate della città; adesso la gestisco io con i miei fratelli e le mie sorelle ma siamo in troppi per una locanda sola. In questi anni abbiamo risparmiato moltissimo e vorremmo aprire una seconda locanda gestita sempre in famiglia. Secondo te facciamo bene?

Beh, prima di tutto senti anche il parere degli altri locandieri della città, e poi... perché no? Se le cose vanno bene potreste aprirne una terza e una quarta e arrivare a creare la prima catena di locande di Altrove! Se la cosa va in porto io voglio il 10% dei profitti per l'idea.

Le Locande nel Mondo. . . Il Puledro Impennato da Il Signore degli Anelli - La Compagnia dell'Anello « Persino dall'esterno la locanda pareva un posto piacevole ad occhi abituati alle costruzioni degli uomini. Si affacciava sulla Via, e due ali si estendevano sul retro, parzialmente scavate nelle pendici del colle, in modo che le finestre del secondo piano erano al livello del terreno. Un grande arco conduceva al cortile sito tra le due ali e, sotto l'arco, sulla sinistra, si apriva un'ampia porta in cima a qualche scalino. Dalla porta spalancata usciva un flusso di luce. All'arco era appesa una lanterna, sotto la quale oscillava un grande cartello: vi era raffigurato un cavallino bianco che si ergeva sulle zampe posteriori. »

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-Sommario-

-Le Case Editrici nel Fantasy-

-Wishmaster-

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-La locanda di Kyote-

-Case Editrici, Locande e Giochi di Ruolo-

Pagina 8

Pagina 14

-IlRegno Nascosto-

-La Scommessa di Jonas-

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Pagina 16

-Chichibio e La Gru-

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Notizie dalla Terra di Altrove n. 8


-Le CaseA cura Editrici del Fantasydi Francesco Bignardelli Parlare della storia dell’editoria dei romanzi fantasy, vuol dire addentrarsi in una strada lunga e piena di biforcazioni e di vicoli ciechi. La prima cosa da dire è che in questo articolo parleremo del fantasy moderno, lasceremo quindi da parte romanzi di ambito fantastico, per poter restringere il campo d’azione nel quale ci muoveremo; oltre ciò, ci soffermeremo a parlare delle prime case editrici che hanno stampato libri fantasy in Italia lasciando da parte l’ambito internazionale. Non è facile parlare di fantasy nostrano per un motivo molto preciso. Per molti anni la cultura italiana ha rifiutato il genere della letteratura fantastica perché spesso si è ritenuto che il romanzo fantastico, fosse un genere minore rispetto alla letteratura “alta”; soltanto negli anni 60 vi è un cambiamento della situazione con la casa editrice Urania che inizierà a editare in Italia molti romanzi di fantascienza, aprendo la strada, seppur lentamente anche per il fantasy. Dal punto di vista internazionale sappiamo bene, come l’editoria (soprattutto quella anglo­americana) abbia iniziato a pubblicare romanzi fantasy già dagli anni 20­30 del novecento; tra i nomi più famosi e conosciuti per questo periodo di sicuro un nome che viene in mente subito, ricade su Tolkien e sui suoi primi libri, Lo Hobbit e Il Signore Degli Anelli, editi la prima volta grazie alla casa editrice Allen & Ulvin, ma prima dello scrittore inglese troviamo tracce del passaggio di autori precedenti che danno il via al fantasy moderno con il genere dell’Heroic fantasy, o anche conosciuto con il termine sword and sorcery (abbreviato S&S, letteralmente significa "spada e stregoneria"). Un sottogenere del fantasy che nacque e si diffuse soprattutto agli inizi del novecento e si diffuse soprattutto grazie a riviste come Weird Tales (che già pubblicava i romanzi di H.P. Lovecraft). Tornando all’editoria italiana, abbiamo parlato di come negli anni sessanta, la casa editrice Urania iniziò a stampare i primi romanzi di fantascienza; vero in parte perché tra il 1938 e il 1945 vengono stampati in Italia con la Mondadori “la trilogia dello spazio” di C.S.Lewis che non ha però molto successo, e sarà invece la Mondadori, nel 1952, ad aprire una collana (ovvero l’Urania che era di proprietà della casa editrice Mondadori) per dare nuovo slancio alla fantascienza; solo molti anni più tardi (1988) dalla Urania, nascerà la Urania Fantasy, che uscirà inizialmente a intervalli regolari per poi diminuire le uscite dei propri numeri; verranno pubblicati in questa collana molti romanzi fantasy di autori più o meno conosciuti. Prima ancora dell’Urania avremo negli anni 60­ 70 che iniziamo a vedere i primi libri fantasy, è uno dei primi scrittori a essere pubblicato sarà il già famoso Tolkien. Il Signore degli Anelli verrà edito per la prima volta nel 1967 dalla poco conosciuta casa editrice Astrolabio­Ubaldini (verrà pubblicata però solo la prima parte della trilogia) successivamente, nel 1971 sarà la Rusconi libri a editare l’intera opera dell’autore inglese; infine sarà nel 1973, con la casa editrice Adelphi, nella collana biblioteca Adelphi, a pubblicare Lo Hobbit. Anche se il genere fantasy viene visto non bene in Italia molte case editrici pensano di creare delle collane del genere; un esempio può essere l’editrice NORD che pubblica dal 1973 la “fantacollana” che durerà fino al 2008 facendo così conoscere molti cicli di romanzi soprattutto europei oppure la Fantapocket della casa editrice Longanesi, che dal 1976 al 1977 pubblicherà autori minori del genere fantasy. Di grande importanza per il genere è la Notizie dalla Terra di Altrove n. 8


collana fantasy dell’Armenia, nata nel 1972; la serie di romanzi che editò furono di notevole impatto, infatti presentò molti romanzi ambientati nel mondo di Dragonlance e di Forgottem Realms, stampando libri di autori come Margaret Weiss, Tracy Hickmann, e R.A. Salvatore. L’importanza di tale opere riguarderà il fatto che i romanzi sono ispirati e ambientati nell’ambientazione di Dungeon & Dragons, fondendo così una realtà fantasy più conosciuta in Italia (i giochi di ruolo cartacei prenderanno presto piede negli anni ’70 in Italia, seppur con giochi di ruolo anglo­ americani) e il romanzo di genere. Punto di riferimento da non scordare tra tutti questi nomi, è la Fanucci Editore. Il suo progetto, iniziato negli anni settanta ed evolutosi negli anni ottanta, è sempre stato quello di far conoscere tutti i rami dell’ambito fantastico al pubblico dei lettori italiani; non poche sono le collane che sono state create per la fantascienza e per il fantasy, avendo anche la possibilità di avere grandi autori da poter editare negli anni. Nota dolorosa invece riguarda gli autori fantasy italiani. Per via infatti del poco interesse in Italia verso questo genere non troveremo, nelle collane sopra dette, praticamente nessun autore italiano e inizieranno a diventare famosi scrittori del genere, come Evangelisti, Tarenzi Redivo e pochi altri, solamente dagli anni ottanta, e di più negli anni novanta, quando ci sarà il vero boom del fantasy in Italia. Saranno a quel punto case editrici ormai famose come la Mondadori e la Fanucci a far conoscere questi nuovi scrittori che tra l’altro verranno definiti come autori di fantasy “intellettuali”. Saranno le successive generazioni di scrittori come la Troisi a essere conosciuti come scrittori di un fantasy più simile a quello degli inizi del novecento.

Le Locande nel Mondo. . . Locanda di Daimmvor - Il Trono delle Ombre Si avviò con lentezza verso l’ingresso della locanda, dove un ragazzo si era arrampicato con una scala per accendere la lanterna che avrebbe guidato gli ultimi viandanti. Yanvas passò sotto l’arcata mentre, assolto quel compito, il garzone si apprestava a chiudere i cancelli. Il ragazzo si esibì in un lieve inchino, cui l’uomo rispose con un cenno del capo. Si era fatto tardi, Trimvos e Pitral dovevano essere impazienti e affamati, perciò consegnò le redini al giovane insieme a una manciata di monete ed entrò per unirsi a loro. Appena mise piede oltre la soglia della taverna, fu investito da una zaffata di aria calda e viziata, satura di sudore, cibo e fumo. Daimmvor, la Locanda Nera, così chiamata per il colore della roccia con cui era stata costruita, era scura anche all’interno: il soffitto di legno e le travi a vista che lo attraversavano erano neri per le frequenti fumigazioni con cui venivano disinfestati e la scarsa aerazione del locale. L’edificio era assai più imponente delle tipiche taverne e stazioni di posta, poiché spesso il maltempo scoraggiava le carovane dall’affrontare le montagne, e così poteva ospitare con agio un gran numero di persone e animali. La sala traboccava di mercanti, soldati e faccendieri di ogni risma. Un paio di bardi in piedi sui tavoli si contendevano l’attenzione degli avventori con poemi e ballate che prevalevano a stento sul brusio. Notizie dalla Terra di Altrove n. 8


-La locanda di Kyote "La Pietra Miliare"A cura di Ileana B.

-UNA NOTTE IN INCOGNITO ALLA LOCANDA­ Procedo alla cieca lungo il sentiero. Nei dintorni non sembrano esserci segni di vita. Ma ad un tratto la vedo: una luce soffusa in lontananza. Mi dirigo in fretta verso l'unica ancora a cui aggrapparmi, la mia unica speranza per il momento: sono ghiacciata, mi sono persa, non ricordo come sono arrivata qui. Sembra provenire da una locanda. Mi avvicino sempre più, fino a che non riesco a scorgere l'insegna: “La Locanda della Pietra Miliare”. Il silenzio è il più intenso e rumoroso che abbia mai sentito. Un silenzio in tre parti. Era profondo e vasto come la fine dell'autunno. Era pesante come una grossa pietra levigata dal fiume. Era il paziente suono di fiori recisi, di un uomo che sta aspettando di morire. I vetri sono appannati, ma si riescono a scorgere tre sagome all'interno: un uomo intento a scrivere avidamente e senza sosta, un ra­ gazzo scuro e attraente, con un sorriso vivace e occhi scaltri, che ascolta a bocca aperta le parole di un terzo uomo, che pare stia raccontando una storia: “Ma immagino che il vero inizio della storia sia ciò che mi condusse all'Accademia. Fuochi inattesi al crepuscolo. I Chandrian. Un uomo con occhi come ghiaccio sul fondo di un pozzo. L'odore di sangue e capelli bruciati.» [...] “Ho girovagato, amato, perso, ho avuto fortuna e sono stato tradito” […] Quest'ultimo ha un aspetto spento, non proprio malato ma vuoto. Come una pianta che è stata trapiantata in un tipo di terreno sbagliato ed ha cominciato ad avvizzire. I capelli fiammeggianti sono la prima cosa che salta all'occhio, visibili anche attraverso un vetro appannato. Dal modo in cui si muove nella stanza capisco che è lui il proprietario della locanda, il locandiere. Il suo nome è Kote, il ragazzo dall'aspetto inumano che lo guarda con aria sognante, invece, è Bast, il suo apprendista, mentre l'uomo intento a scrivere si fa chiamare Cronista, ed è uno scriba. L'insolito racconto continua, intervallato qua e là da frasi dal sapore magico, poetiche ed eleganti: “Strano vedere un mortal avvampare e affievolirsi al passar d'ogni giorno fiamma ardente dal lieve guizzare e basta il vento a levarla di torno se le potessi prestar il mio fuoco a ravvivarla io riuscirei un poco.” Non me la sento di disturbare un momento così speciale. So che lo è, perché avverto l'intensità, la sofferenza e la nostalgia con la quale l'uomo racconta: sembra quasi stia condividendo un pezzo della sua anima. Notizie dalla Terra di Altrove n. 8


“Ecco perché queste storie ci piacciono. Ci danno la chiarezza e la semplicità che manca alle nostre vi­ te”. Potrei benissimo voltarmi e tornare indietro, ma le sue parole mi hanno intrappolata in un vortice... voglio ascoltare, conoscere ogni minimo dettaglio, non perdermi nemmeno una parola, godermi a pieno ogni pausa silenziosa. La curiosità mi ha invasa. Chi è costui? Come fa a conoscere a menadito ogni singolo episodio della vita del leggendario Kvote? Il mistero è presto svelato: la storia si spiega da sé. «Sono un mito. Un genere molto particolare di mito che crea sé stesso. Le migliori menzogne su di me sono quelle che io ho raccontato.» Ad un tratto mi sento in colpa: cosa succederebbe se venissi scoperta ad origliare? Quella che si sta raccontando nella Locanda è una storia mai udita, segreta. Io non dovrei assolutamente esserne al corrente. La pau­ ra mi assale: se succedesse, sicuramente mi porterei il segreto nella tomba. Nessuno sembra essersi accorto di niente, eppure... ho la sensazione che Kote sappia della mia presenza... “La paura scaturisce spesso dall'ignoranza. Una volta compreso, rimane solo il problema, niente di cui aver paura.” Ed ecco arrivato il momento che aspettavo, il momento in cui entra in scena l'amore: a complicargli la vita, a solcare ancor più il suo corpo già fin troppo invaso dalle ferite che l'hanno costretto a crescere prima del tempo. Sarebbe bello dire che i nostri occhi si incontrarono e io mi strinsi al suo fianco. Sarebbe bello dire che dopo averle baciato la mano, parlai di argomenti piacevoli in distici in rima. Come il Principe Valoroso di qualche favola. Sfortunatamente, la vita di rado segue un copione pianificato con attenzione. Affascinante, innocente, perfida, astuta, enigmatica ed incomprensibile. Sono questi i tratti predominanti della donna che gli farà perdere la testa. “Non importa dove fosse, lei era al centro della stanza.» Kvothe si accigliò. «Non fraintendete. Non era chiassosa, o vanitosa. Fissiamo il fuoco perché guizza, perché riluce. La luce è ciò che attira i nostri occhi, ma ciò che fa accostare un uomo al fuoco non ha nulla a che vedere con la sua forma lucente. Ciò che ti attira verso il fuoco è il calore che senti quando ti avvicini.” E la ama ancora: lo vedo dal suo viso quando ne parla: Mentre Kvothe parlava, la sua espressione si faceva distorta, come se ogni parola che pronunciava lo fa­ cesse soffrire sempre più. E se pure le parole erano nitide, corrispondevano alla sua espressione, come se ognuna di esse fosse raschiata con una ruvida lima prima di lasciare la sua bocca. Non ho mai reagito in modo così intenso ad una storia: piango, rido, soffro col protagonista. Mi sembra di essere accanto a lui, a parlare del più e del meno, a vivere avventure inaspettate, estenuanti ed inimmagi­ nabili. E' giunta la notte: il buio si è fatto ancora più intenso, e Kote ha la voce rauca. Improvvisamente si ferma. A quanto pare ha deciso di fermarsi per andare a riposare. Dopotutto, ha ancora due giorni di tempo per terminare il racconto. Notizie dalla Terra di Altrove n. 8


Ora so. So troppo. E' arrivato il momento di andarmene: ma domani tornerò... il bello della storia non è ancora arrivato. L'eco di una voce mi arriva alle orecchie: non so neanch'io se è reale o se è solo un'allucinazione, ma sono convinta che è Kvote a parlare: “Ci rivedremo dove le strade si incontrano” voi, fortunatamente, potete prendervela comoda: non vi servira' spiare il locandiere e ghiacciarvi per sentire tutta la storia. vi bastera' recarvi in libreria e comprare “il nome del vento”di Patrick Ro­ thfuss, primo libro di una trilogia ricca, coinvolgente ed appassionante. Dopodiche sta a voi la scelta: imbaccuccarvi sotto le coperte, acciambellarvi sulla vostra poltrona preferita al calduccio, sdraiarvi sul tappeto più morbido e confortevole che avete in casa... Locandieri segnati dal tempo, demoni, musica, vita nomade, arcanisti, ma­ gia, accademie, amore, donne, povertà, miseria, pazzia, pericolo, morte, intrighi, biblioteche immense, draghi vegetariani tossicodipendenti, mo­ menti di umorismo, inganni, pregiudizi, astuzie, amicizia, morti misteriose, nemici oscuri... Ogni scusa è buona, ogni millesimo di secondo del vostro tempo è fondamentale per leggerlo, perchè, una volta entrati nella storia, i personaggi principali diventeranno i vostri migliori amici, o i vostri peggiori nemici, e l'eco della voce di Kvote non vi uscirà più dalla testa….

-LA LOCANDA DOVE TUTTO HA INIZIO Una locanda vuota, dal silenzio sospetto e dal nome sinistro. “Ore più tardi, il locandiere se ne stava sulla soglia della Pietra Miliare e lasciava che i suoi occhi si rilassassero nell'oscurità. Orme di luce delle lampade proveniente dall'interno della locanda si stendevano attraverso la strada sterrata e le porte della fucina dall'altro lato. Non era una strada larga, o molto battuta. Non sembrava condurre da nessuna parte, come accade certe volte ad alcune strade. Il locandiere trasse un profondo respiro d'aria autunnale e si guardò intorno irrequieto, come aspettando che accadesse qualcosa”. “In dieci minuti la locanda era un posto diverso. Le mo­ nete tintinnavano sul bancone. Formaggio e frutta vennero messi su vassoi e una grossa pentola di rame venne messa sul fuoco in cucina. Gli uomini spostarono tavoli e sedie per adattarli meglio al loro gruppo di quasi una dozzina di persone. La cosa migliore era il rumore. Cuoio che scricchiolava. Uomini che ri­ devano. Il fuoco guizzava e crepitava. Le donne civettavano. Qualcuno rovesciò perfino una sedia. Per la prima volta dopo lungo tempo non c'era silenzio nella locanda. Se c'era, era troppo flebile per essere notato, oppure ben nascosto. Kote era nel mezzo di tutto questo, sempre in movimento, come un uomo che bada a un grande, complesso macchinario. Pronto a portare da bere appena una persona lo chiedeva, parlava e ascoltava nella giusta misura. Rideva alle battute, stringeva mani, sorrideva e faceva sparire le monete dal bancone come se avesse veramente avuto bisogno del denaro”.

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-Il Regno Nascostoa cura di Francesco Bignardelli

Quasi per caso mi è capitato di trovarmi in mano questo romanzo, un regalo a mio padre da parte di un suo collega d’ufficio; il “Regno nascosto” di Gabriele Marconi ed Enrico Passero è un fantasy poco conosciuto, semplice con una trama gradevole alla lettura. La trama in se per se non è molto particolare e l’ambientazione prende spunto da Il Signore degli Anelli di Tolkien. Sia chiaro, non stiamo parlando di plagio visto che la storia è ambientata in una fantomatica quarta era della terra di mezzo del mondo di Tolkien. La trama è semplice, due nani, partono dal sud per andare alla ricerca dei propri simili che si trovano in un regno nelle montagne, ma non hanno molte indicazioni. Passeranno per varie terre e nel loro cammino troveranno uomini d’onore e perfidi regnanti, e non per loro volontà sarà il loro viagigo a far partire una guerra contro una tirannide. Alla fine si isolverà tutto al meglio con una storia che si farà seguire ma non sorprenderà i lettori per le sorprese nella storia o per una grande creatività. Ma per noi, e anche per la trama, ciò che ci interessa e soffermarsi sulle locande della storia. Infatti troveremo una locanda, anche se non particolarmente caratterizzata, all’inizio della storia, da dove parte tutto e poi al centro del raccontro ne troveremo una seconda, ed è li che ci soffermeremo particolarmente. Infine i due nani alla fine della storia torneranno a casa, probabilmente proprio in quella stessa locanda dalla quale erano partiti. Già dal primo capitolo come abbiamo detto la storia inizia da una locanda “La locanda del melograno”, la migliore locanda di tutta Cuterbor. La città dalla quale parte la storia narrata nel libro, anche perché a detta anche del locandiere pare l’unica di tutta la città. In realtà non c’ molto da dire visto che tale locanda non è quasi per nulla caratterizzata, è solo un punto di partenza, e i tre personaggi iniziali della storia non saranno nemmeno i personaggi principali, che si presenteranno subito dopo: tre nani Althorf, e Vitur e Tekkur, i suoi due nipoti. Da questa locanda inizierà il viaggio dei due giovani nani verso nord, crecando la giusta strada che li porti a trovare i loro simi nel regno nascosto, superando nel tragitto due regni in guerra tra loro. Sarà invece molto più interessante la seconda locanda che incontreremo e che sarà importante per la trama per vari motivi. Durante il viaggio Vitur e Tekkur incontreranno un umano taglialegna di nome Brat che li accompagnerà fino a Ponteperso un villaggio diviso in due parti da un fiume; le due parti del paese erano unite da un largo ponte di pietra sul quale ogni giorno passavano gli abitanti del paese, e al centro del ponte era situata “la locanda delle due sponde”. Il proprietario della locanda Piquot darà molte informazioni sui nani del nord ai nostri avventurieri. Infatti molti anni prima furono i nani a risistemare il ponte di pietra e assieme a un antenato del locandiere edificarono al centro del ponte quella stessa locanda. Sono due le cose importanti per il proseguo della storia che passano dal racconto di Piquot: la prima è la conferma che dei nani sono passati da quelle parti e hanno creato un regno a nord; la seconda è che continuano o almeno continuavano fino a poco tempo prima a tenere contatti con i taglialegna di Ponteperso, e che potrebbe esserci una strada che porta al loro regno nascosto. Altra cosa che si scopre è che erano stati mandati dei messaggeri per contattare gli altri nani della terra di mezzo per informare tutti della nascita del regno, ma nessuno ha superato le terre del duca (un uomo crudele che già in precedenza si era scoperto catturava i nani per farli lavorare nelle sue miniere). Tornando alla locanda qui abbiamo una Notizie dalla Terra di Altrove n. 8


descrizione seppur non molto precisa del luogo e dei suoi personaggi; il calore della locanda come punto di incontro delle due parti del villaggio e la cordialità del locandiere e di sua figlia Vera sono ben fatti e non mancheranno birra e canzoni per tutta la serata. Ma anche un altro importante fatto riguardante la trama, avverrà nella locanda. Prima di giungere al villaggio, i due nani e il taglialegna si erano inimicati il duca Ludo, attuale tiranno delle terre a nord che da tempo tentava di prendere il controllo di tutto il regno comprese le terre del fiume di sire Hamme. Riusciranno a fuggire dalle guardie della frontiera, i soldati al soldo del duca, ma verranno di nuovo raggiunti da essi quando si troveranno nella locanda delle due sponde; il locandiere farà nasconder ei due nani e assieme ai cittadini del villaggio si preparerà all’assedio uscendone vincitori, anche con l’arrivo della legione dei fiumi, seppur nell’attacco perderà la vita il locandiere Piquot. Dopo questo avvenimento, i nani si rimetteranno in viaggio verso il loro regno per ritrovare la loro stirpe, con valide informazioni che porteranno al successo del loro viaggio Vitur e Trekkur ma intanto, da quel momento inizierà la guerra tra gli uomini del duca, che a quel punto sfrutterà la presenza dei suoi soldati al confine per conquistare le terre di Hamme, e la legione che si difenderà; tutto partito da una semplice locanda, che vero è semplicemente un luogo, ma è il luogo che verrà ricordato nella trama come uno dei momenti più importanti di tutta la storia del romanzo.

Le Locande nel mondo. . . Il Paiolo Magico da Harry Potter e la Pietra Filosofale «Eccoci arrivati» disse Hagrid fermandosi. «Il paiolo magico. Un posto famoso». Era un piccolo pub, dall'aspetto sordido. Se Hagrid non glielo avesse indicato, Harry non ci avrebbe neanche fatto caso. I passanti frettolosi non gli gettavano neanche un'occhiata. Gli sguardi andavano dalla grossa libreria su un lato della strada al negozio di dischi sull'altro, come se per loro Il paiolo magico fosse invisibile. E infatti, Harry aveva la stranissima sensazione che solo lui e Hagrid lo vedessero. Prima che potesse dire una parola, Hagrid lo aveva spinto dentro. Per essere un posto famoso, Il paiolo magico era molto buio e dimesso. Alcune vecchie erano sedute in un angolo e sorseggiavano un bicchierino di sherry. Una di loro fumava una lunga pipa. Un omino col cappello a cilindro stava parlando al vecchio barman, completamente calvo, che sembrava una noce di gomma. Il sordo brusio della conversazione si arrestò al loro ingresso. Sembrava che tutti conoscessero Hagrid; lo salutarono e gli sorrisero, e il barman prese un bicchiere dicendo: «Il solito, Hagrid?» «Non posso, Tom, sono in servizio per Hogwarts» disse il gigante dando una grossa pacca con la manona sulla spalla di Harry, al quale si piegarono le ginocchia. «Buon Dio!» esclamò il barman scrutando Harry. «Questo è... non sarà mica...?» Nel locale cadde d'un tratto il silenzio; tutti si immobilizzarono. «Mi venisse un colpo...» sussurrò con un filo di voce il vecchio barman. «Ma è Harry Potter! Quale onore!» Uscì di corsa da dietro il bancone, si precipitò verso Harry e gli afferrò la mano con le lacrime agli occhi. «Bentornato, signor Potter, bentornato!» Notizie dalla Terra di Altrove n. 8


Musica

Wishmaster by Nightwish

“Master! Apprentice! Hearthborne, 7th Seeker Warrior! Disciple! In me the Wishmaster”

A cura di Yui00

“Sla­Mori the one known only by him”, anche qui altro riferimento, in particolare allo Sla­Mori, la via segreta per giungere a Qualinesti. Ma la citazione sicuramente più evidente si trova nella seconda strofa della canzone: “Meet me at the Inn of Last Home”. Indovinate a cosa si riferisce?! Esatto! La famosa Taverna dell’Ultima Dimora, il luogo da cui è partita tutta l’avventura. Nella prima Così si apre la title­track del terzo album dei trilogia classica è dove i protagonisti si ritrovano Nightwish, ben quattordici anni fa. Sì, avevamo già parlato di loro qualche numero fa, dopo cinque anni ed è da lì che iniziano i primi guai; però cercate di capirmi, non potevo fare a meno di dopo una serie di avventure durati ben tre libri, anche la seconda trilogia si parlarne in questo numero. apre alla Taverna, ora gestita Wishmaster è ispirata alle da Tika, moglie di Caramon Cronache di Dragonlance, Majere. scritte durante gli anni ’80 da La Taverna dell’Ultima Tracy Hickman e Margaret Dimora, all’inizio gestita da Weis, i riferimenti si possono Otik Sandeth, sorge su uno trovare in tutta la canzone degli alberi della Foresta di (Silvara. Strarbreeze), Vallenwood, unico edificio all’inizio ci sono un paio di non bruciato durante il primo citazioni che rimandano attacco dei draghi, ma invece anche al Signore degli Anelli, sradicato dall’albero e posto a di Tolkien (Elbereth, Lorien). terra. Chi ha letto le Cronache saprà Nelle Leggende di ritrovare e riconoscere alcuni Dragonlance la taverna verrà avvenimenti e parole chiave rimessa sopra all’albero e sarà dell’universo di Dragonlance. gestita da Tika, figlia adottiva di Otik, in seguito Giusto per fare un esempio, il verso “I’ll be with you my shalafi” contiene “shalafi”, che in silvanesti saranno le figlie sue e di Caramon a continuare l’attività. – la lingua elfica di Krynn, il mondo in cui sono ambientate Le Cronache ­ significa Maestro.

Le Locande nel mondo. . . L'ultimo errore da Gli Inganni di Locke Lamora L'Ultimo Errore era una sorta di monumento alla sconfitta degli artifici umani nei momenti critici; le sue pareti erano tappezzate da una stupefacente varietà di souvenir, ciascuno dei quali raccontava una storia per immagini che si concludeva con la sentenza: «Non troppo bene». Al di sopra del bancone c'era un'armatura intera, con un foro quadrato di freccia di balestra sulla sinistra del busto. Spade spezzate ed elmi spaccati in due coprivano le pareti, insieme a frammenti di remi, pennoni, aste e brandelli di vele. Uno dei motivi di maggior vanto dell'osteria era l'essersi procurata un ricordo di ogni nave andata a picco nei paraggi di Camorr negli ultimi settant'anni. Notizie dalla Terra di Altrove n. 8


Storia delle case editrici dei giochi di ruolo di Francesco Bignardelli

Alla fine degli anni sessanta si può iniziare a parlare di Giochi di Ruolo cartacei, come li conosciamo noi oggi. Alle origini, ciò che diede vita a questa nuova idea di gioco, che poi nei decenni si è evoluta fino al boomdi innovazioni degli anni novanta, vi sono i wargames: giochi tridimensionali basati sulle tattiche militari, nei quali si riproponevano scenari di battaglie soprattutto di epoca napoleonica e della seconda guerra mondiale. Ci furono varie evoluzioni di questo genere che portarono alla creazione di wargames con sempre più regole e aggiunte simili ai primi giochi di ruolo cartacei (inizialmente la presenza di un arbitro imparziale che dirigeva la partita, poi l’inserimento in giochi come Chainmail e Blackmoor di punti ferita, classe armatura, e livelli dei personaggi) fino a giungere alla pubblicazione del primo gioco di ruolo avvenuta nel 1974 per mano di Gary Gygax e Dave Arneson, ovvero Original Dungeons & Dragons, edito dalla casa editrice Tecnical Studies Rules (conosciuta anche come TSR) in America; questa casa editrice nacque nel 1973 e per volere di Gygax, che non riusciva a trovare un editore dispsoto a pubblicare D&D; decise quindi di fondare una sua casa editrice, assieme all’amico Don Kaye, e successivamente con Brian Blume e suo padre Melvin. Il nome nel 1975 campiò in TSR Hobbies, e grazie alla popolartità che ebbe il primo D&D, la casa editrice TSR dalla seconda metà degli anni settanta divenne una protagonista importante per i giochi di ruolo cartacei. Dal primo D&D (la prima scatola di D&D era una piccola scatola marrone con tre manuali) nacquero varie espansioni del gioco fino a giungere al 1977 quando venne pubblicato sempre da TSR Dungeon & Dragons, Basic set (più conosciuto come scatola rossa) per poi giungere tra il 1977 e 1979 con il più complesso Advanced Dungeons & Dragons, il quale che raccoglieva e raggruppava le regole, espansioni e correzioni dell'Original Dungeons & Dragons che erano ormai sparse in più manuali, rivedendole e unificandole. Il nuovo regolamento fu pubblicato suddiviso in tre volumi a copertina rigida, Monster Manual (1977), Player's Handbook (1978) e Dungeon Master's Guide (1979). La TSR prosperò anche se ebbe un momento di declino, quando Kevin Blume e il fratello Brian presero la maggioranza della compagnia rinominandola TSR inc. Successivamente Gygax riuscì a rimuovere dal consiglio di direzione i due fratelli mentre le quote di maggioranza della società vennero comprate da lorraine Williams; dopo un ultimo periodo di prosperità la casa editrice falli nel 1997 comprata dalla Wizards of the coast. Attorno a D&D si andò creare un universo pieno di giochi di ruolo, non solo di stampo fantasy, ma anche di fantascienza (come il famosissimo Traveler del 1977 dalla Game Deigners’Workshop, una importante casa editrice americana di giochi cartacei “di nicchia” fallita nel 1996) e nacquero nuovi editori tra cui il più Notizie dalla Terra di Altrove n. 8


famoso è senz’altro Chaousium, fondata da greg Stafford nel 1974 e diverrà famosa per due giochi principalmente: Runequest stampato nel 1978 e Call of Cthulhu del 1981. Da non dimenticare Rolemaster edito dalla Iron Crown Enterprises nel 1981. l’universo che si andò a creare sui giochi di ruolo è di certo vasto, ma come ultima cosa ricordiamo come nel 1986, nel tentativo di produrre un singolo sistema di gioco generico per tutti i giocatori la Steve Jackson Games pubblicò GURPS il "Sistema di Gioco di Ruolo Universale". L’"universalità" del gioco si dimostrò una tattica di vendita di successo, fu il secondo sistema di gioco di ruolo più popolare negli anni novanta. Volendo invece toccare l’Italia, sappiamo che da noi il gioco di ruolo ha sempre avuto una forte vitalità e ha portato non solo creatività, ma per quanto riguarda il fantasy, sono stati i giochi di ruolo e i libri games ad avvicinare il pubblico nostrano sempre di più ai romanzi fantasy e alle sue varie ramificazioni. Da noi Dungeons and Dragons (la già citata scatola rossa) fu edita in italiano a cura di Giovanni Ingellis nel 1985 dalla casa di giochi Editrice Giochi; già conosciuta da metà del novecento, è famosa per aver stampato giochi di società come Monopoli Cluedo e Risiko. Ma già esistevano nel nostro paese giochi di ruolo originali come I signori del Caos di Auro Miselli e Franco Tralli e edito dalla casa editrice Black­out nel 1983; un gioco totalmente italiano seppur ispirato al più famoso original Dungeons & Dragons, la stessa casa editrice poi stampò una rivista denominata “ i signori del Caos”. Nello stesso periodo venne pubblicato anche un altro gioco, ovvero Kata Kumbas di Agostino Carocci e Massimo Senzacqua, edito nel 1984 dalla Orion Editrici e pubblicata dalla Bero Toys; il gioco è di carattere umoristico­fantasy e a differenza dei signori del caos, ha un regolamento e un ambientazione originali, oltre tutto apportava all’idea di giochi particolarismi tecnici interessanti su come muovere il personaggio; uno tra tutti iil fatto che il personaggio che si andava creando era in realtà la mente del giocatore stesso che veniva rapita e trasportata in questo mondo fantastico. Seppur quindi in ritardo rispetto agli Stati Uniti, questi sono i primi giochi di ruolo stampati in Italia; da li nasceranno decine di titoli originali del nostro paese, anche se si dovrà aspettare ancora un po’ di tempo per vedere dei giochi di ruolo provenienti dal nostro paese, divenire famosi a livello internazione; oltre ciò nel nostro paese dagli anni ottanta in poi verranno tradotti molti giochi cartacei famosi provenienti dal resto del mondo.

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“Allora. . . il gruppo entra dentro la locanda e vede… ” qualsiasi master di D&D quando non sa che fare

La locanda è sempre stato un luogo magico per ogni giocatore di gioco di ruolo. In qualsiasi storia e in qualsiasi situazione, c’è sempre un luogo dove fermarsi riposare e dove hai la certezza di non trovare troppo guai (come no!). Credo di poter dire senza sbagliare, che il luogo più conosciuto e più usato nei giochi di ruolo sia la locanda come quelle delle grandi città, dove vanno e vengono tante persone, o la piccola e calorosa taverna del paese di montagna, o ancora la bettola più sporca e mal frequentata del porto dove hai attraccato. La locanda è un luogo di grande importanza non solo per la comodità di far trovare un luogo confortevole dove far riposare i personaggi, ma perché SE deve accadere qualcosa in una trama di gioco, luoghi di ristoro come quelli sono i posti giusti dove andare a raccattare informazioni. Sarà il locandiere, o il giovane e curioso oste, oppure la simpatica garzona, ma uno di loro vi darà le informazioni che cercate; se non saranno loro invece troverete sempre degli avventori interessati a parlare, il menestrello che canta e suona qualche ballata o l’ubriacone di turno che dice di aver visto qualcosa di interessante, oppure il giocatore d’azzardo. La locanda non è solo un luogo per riposarsi o per trovare informazioni; è anche il luogo migliore per divertirsi. Si possono trovare gare di vario genere, da chi beve di più a scontri a braccio di ferro, oltre a giochi d’azzardo con le carte per poi ritrovarsi in una delle più classiche delle situazioni. Insomma alzi la mano chi non si è mai trovato in mezzo a una rissa assurda, iniziata non si sa in che modo e dove vige sempre (o quasi) una regola: niente armi o magie, solo calci pugni bottigliate e sediate! Non c’è niente da fare, perché accade sempre e ogni volta al massimo parte da due o tre persone per poi ingigantirsi fino a coinvolgere tutta la locanda. Questo genere di cose succede facilmente in giochi di ruolo di ambientazione fantasy­medievale, ma questo genere di situazioni è possibile trasportarlo in molte altre tipologie di gioco: non troveremo più il nome locanda, ma in ambientazioni moderne e contemporanee, nei paesi sperduti ci sarà la possibilità di trovare una taverna o una locanda, ma nei centri cittadini avremo i pub, i locali notturni o simili; altro nome vero, ma con una simile utilità di gioco. Mi vengono in mente giochi Immagine di Michael Mueller come Vampiri, oppure Cthulhu, ma questo accade anche in ambientazioni post­apocalittiche, come Sine Requie; diverso può essere il discorso per i giochi fantascientifici, spesso ambientati nello spazio e in un futuro molto diverso dal nostro, fa eccezione probabilmente solo il gioco fantascientifico­ Punk, Cyberpunk 2020. Tipologie di giochi differenti certo, ma in ognuno di essi c’è sempre qualcosa che accomuna tutti. Vero, stiamo parlando di un cameo classico, che ad alcuni potrebbe sembrare banale, scontato o addirittura inutile; forse sarà così, ma personalmente trovo l’utilizzo delle locande nei giochi di ruolo un modo per movimentare delle giocate, un qualcosa che il master può facilmente creare, portando comunque divertimento ai giocatori, perché volente o nolente a tutti è di grande utilità un punto di incontro come la locanda. Spesso può essere visto come un check­point per i giocatori che stanno portando avanti una missione precisa, oppure può essere visto come luogo di inizio di una storia. Non a caso infatti, una delle varie possibilità che si ha nei giochi di ruolo e “creare il gruppo d’avventurieri” usando come luogo per il raggruppamento una locanda (un ottimo modo per raggruppare giocatori che per razza o background sono molto dissimili, in questo caso una qualsiasi missione che potrebbe invogliare tutti i giocatori sarà di grande utilità). Infine la locanda come punto di fine di una storia. Il luogo giusto per festeggiare una vittoria di qualche genere come la riuscita di una missione pericolosa, o la fine di una guerra o un assedio vinto. In questo caso verrà vista la locanda come un luogo di pace, di speranza e di divertimento dove i giocatori potranno fare un po’ come vogliono … fino alla prossima pericolosa avventura si intende.


La scommessa di Jonas di Andrea Giusto

Lo straniero giunse in città una sera d'inverno. Jonas udì il cavallo salire la strada che portava alla locanda e uscì dal ricovero dei cani appena in tempo per vedere le zampe dell'animale fermarsi scalpitando davanti a lui. Una lampada alimentata dal grasso di balena spandeva una luce giallastra sull'insegna del Gabbiano Affogato, separando il ragazzo e il nuovo arrivato tanto dall'oscurità che li stringeva da ogni parte quanto dal luminoso baccano che proveniva dall'interno della locanda. «Cerco una stanza,» disse una voce sommessa. Jonas posò il secchio che conteneva il pasto serale dei cani e sollevò lo sguardo sul cavaliere. L'uomo aveva gli abiti impolverati; i capelli neri, nascosti da un ampio cappello, incorniciavano un viso affilato d'età indefinibile. Le spalle erano ampie ma curve, come a sopportare il dolore di una ferita. Aveva l'aspetto di un predicatore o forse di un mago, uno di quelli veri che venivano dal Nord, non uno dei cialtroni locali che imbonivano la folla dai loro carretti dipinti. Tuttavia non fu tanto l'uomo ad attirare la sua attenzione, quanto la sua cavalcatura. Dove il padrone sembrava debole, il cavallo mostrava una vitalità straordinaria. Era uno stallone nero come mai Jonas ne aveva visti, e scalpitava ed eruttava fumo dalle narici dilatate, come se fosse impaziente di riprendere il cammino. «Cerco una stanza per la notte,» ripeté l'uomo, riscuotendolo dalla sua meraviglia. «Chiedete a Jacob, il padrone. Lo trovate al banco.» Lo straniero scese faticosamente da cavallo, porgendogli le redini. «Non spaventarti. Sarà gentile con te,» disse. Poi si caricò il bagaglio sulle spalle e sparì all'interno della locanda. Jonas rimase solo con il cavallo. Aveva temuto che l'animale gli sarebbe sfuggito dalle mani, ma non appena il suo padrone se ne fu andato quello lo seguì docilmente verso la stalla e si lasciò impastoiare senza dargli problemi. Avrebbe voluto ammirare ancora a lungo quella strana bestia, ma tra i compiti del garzone del Gabbiano Affogato rientrava anche la cura dei cani da combattimento, perciò raccolse il secchio e tornò dagli animali, che lo accolsero latrando. Gettò loro il pastone e si avvicinò a una gabbia isolata, dove il suo cane lo attendeva in silenzio. Tigre avrebbe dovuto essere morto da un pezzo. Non aveva nessun difetto evidente, ma quando lui e i suoi fratelli erano nati Jacob aveva osservato la cucciolata con gli occhi dell'esperienza e aveva deciso che era un debole. Sarebbe stato spacciato ancor prima di entrare nell'arena, perciò perché sprecare del cibo? Ma Jonas lo aveva nascosto, nutrendolo di nascosto con gli avanzi della cucina. Quando il locandiere lo aveva scoperto, invece di bastonarlo per avergli disubbidito era scoppiato a ridere dicendo: «Puoi tenerlo se ci tieni, ma dovrai crescerlo e addestrarlo a tue spese. E pongo un'altra condizione,» aveva aggiunto, in tono stranamente compiaciuto. «Quando sarà pronto dovrà sfidare il mio campione. Se lo batterà, ti concederò la libertà. Altrimenti sarai mio per sempre.» Jonas era stato comprato al mercato degli schiavi all'età di sei anni e da allora non aveva più saputo nulla di sua madre, che lavorava nelle piantagioni. Forse un giorno avrebbe potuto riscattare se stesso con il lavoro o con il denaro, ma ci sarebbero voluti decenni. Non voleva attendere tanto. Pur sapendo di correre un rischio, aveva accettato. A dispetto di tutte le previsioni Tigre era cresciuto forte e fiero: ogni volta che lo guardava, Jonas sentiva il petto che gli si gonfiava d'orgoglio. E mancava così poco, ormai: domani sarebbe stato il gran giorno, il giorno della sua liberazione. Accarezzò il capo dell'animale che rispose leccandogli la mano, poi tornò all'interno della locanda per servire ai tavoli. Lo straniero aveva preso l'unica stanza del terzo piano – praticamente una soffitta – e aveva pagato un extra per ricevere i pasti in camera. Jacob era stato lieto dell'affare e non intendeva violare il desiderio di solitudine del suo ospite, se c'era da guadagnarci. Quando Jonas entrò nella stanza con il cesto del pranzo notò subito lo strano odore, come di medicinali, poi vide lo straniero seduto sul letto; si era tolto la camicia e il suo petto era avvolto da una Notizie dalla Terra di Altrove n. 8


sciatura macchiata di sangue. L'uomo gli dava le spalle e sembrava assorto a fissare il ritratto di una donna in una cornice da viaggio; quando si accorse della sua presenza lo richiuse di scatto. Contemporaneamente, il ragazzo udì il rumore di una pistola che veniva armata sotto le lenzuola. Trascorsero alcuni istanti di tensione, poi l'uomo si rilassò. «Devi imparare a bussare,» disse, nello stesso tono sommesso della sera precedente. «L'ho fatto, signore. Non avete risposto, e la porta era aperta.» Lo straniero si infilò la camicia mentre Jonas preparava il pranzo, poi lo sguardo gli cadde sui lividi che aveva sul braccio. Jonas se ne accorse e cercò di nasconderli con la manica strappata. L'altro ebbe uno strano sorriso e gli allungò una moneta. «Devi avvertirmi se vedi arrivare qualcuno che mi cerca – disse. «Qualunque forestiero vada in giro a far domande su qualcuno che mi somiglia. Ce ne sono altre per te, se mi sarai utile. «Sì signore.» Jonas stava per andarsene quando lo prese una smania di confidenza. Forse perché aveva visto le ferite dello straniero, e lui le sue. «Questa sera combatte il mio cane. Se vince sarò libero. Volete assistere?» L'altro, chino sul cibo, non gli rispose. Jonas lo lasciò a se stesso, deluso, e scese le scale fino all'affollata sala comune, dove la musica di un piccolo piano automatico cercava senza successo di sopraffare il baccano dei clienti. Anche se era solo mezzogiorno, il freddo all'esterno aveva riempito la locanda. Logan Harbor era stato un minuscolo villaggio di pescatori e un approdo per le baleniere, prima che qualcuno scoprisse tracce d'oro nel fiume che scorreva alcune miglia più a nord. Da allora erano arrivate legioni di disperati da ogni angolo del paese, che baracca dopo baracca si era ingrossato come una vescica sul dorso di una mucca. Non era insolito che al Gabbiano Affogato bazzicassero persone poco raccomandabili, ma l'atteggiamento dello straniero, gentile e scostante insieme, aveva messo a Jonas una certa curiosità. Perciò tese l'orecchio quando udì due clienti parlare tra loro. Erano al terzo bicchiere – lo sapeva perché Jacob gli aveva insegnato a tenere il conto delle consumazioni – e la loro conversazione cominciavano a farsi divertente. «E io ti dico che quello è un mago vero. Uno di quelli con la licenza,» esclamò il primo, un vecchio cercatore d'oro. L'altro fece un verso incredulo. «E quando mai ne hai visto uno tu, vecchio ignorante?» Jonas si avvicinò, fingendo di regolare il piano automatico. Quegli automi stavano avendo un grande successo nelle case da gioco della Frontiera, e molti maghi si erano arricchiti grazie ai loro brevetti. «Quand'ero un moccioso facevo l'inserviente nel negozio di uno stregone patentato, in una grande città, su al Nord,» continuò il vecchio. «Aveva centinaia di barattoli pieni di schifezze puzzolenti, quelle cose che usano negli incantesimi, e non ho dimenticato quell'odore. Ieri sera mi è passato accanto con le sue borse da sella e ho sentito lo stesso odore.» «Sarà stato sterco di cavallo, per quanto eri bevuto. E poi che diavolo ci fa un mago in questo cesso di paese?» Il vecchio si strinse nelle spalle. «Magari è un negromante che ha usato un incantesimo oscuro e sta scappando dalla giustizia,» precisò, in tono teatrale. «Magari ha una taglia sulla testa.» «Certo, allora perché non vai a riscuoterla tu?» L'altro scoppiò a ridere. «Dimenticavo quel tuo problema con la giustizia…» In quel momento Jonas venne richiamato da un gruppo di clienti abituali, seduti accanto al fuoco con le solite prostitute. «Ehi Jonas, stasera combatterà il tuo cane, vero? Portaci una bottiglia, così festeggiamo!» esclamò uno, tra le risate generali. E poi, appena sussurrata, una voce femminile aggiunse: «Povero idiota. Fa quasi pena, vero?» Ingoiando la rabbia, Jonas tornò dietro il bancone. Si chinò ad afferrare la bottiglia di whiskey e per buona misura ci sputò dentro tre volte. Jacob aveva scavato una fossa circolare nel terreno dietro le stalle, profonda sei piedi e larga dieci. Una fossa per il combattimento dei cani. Intorno ad essa aveva piantato una serie di torce che ardevano nella


notte, illuminando i volti dei presenti; questi ultimi battevano i piedi per il freddo e si sfregavano le mani, mandando giù lunghi sorsi di whiskey mentre piazzavano le scommesse. Le bestie che stavano per affrontarsi erano già state condotte vicino alla fossa e rinchiuse in piccole gabbie metalliche; adesso abbaiavano furiosamente, e i loro latrati erano secondi solo agli schiamazzi degli uomini. Jonas aveva trascorso il pomeriggio in uno stato di febbrile agitazione. Quando era salito a portare la cena allo straniero aveva trovato la porta chiusa: si era stretto nelle spalle e gli aveva lasciato il cesto dietro la porta. Da allora aveva rivolto la mente unicamente al combattimento. Adesso si trovava accanto a Tigre: il mastino era agitato, sentiva l'odore dello scontro imminente. «Stasera abbiamo incontro speciale, signori!» disse il vecchio Jacob, arringando gli spettatori sull'orlo della fossa. «Il mio figliolo Jonas, che ho allevato togliendomi il pane dalla bocca, vuole abbandonarmi per andarsene per conto suo! Pensa che il suo bastardo possa sconfiggere la mia bestia migliore!» A quelle parole diede una stretta al guinzaglio di Diavolo, che si contorse e abbaiò furiosamente. «Questo moccioso si sta giocando la libertà! Non è divertente, signori? Scommettete!» Dagli spettatori provenne una specie di muggito, un misto di risate e di esclamazioni ironiche. Soddisfatto del suo discorso, il vecchio si sedette al tavolino dove venivano accumulate le puntate e dove tratteneva la sua percentuale. Si teneva sempre una doppietta sulle ginocchia, nel caso in cui i cercatori d'oro si fossero fatti venire delle strane idee; ma non capitava mai: il meccanismo delle scommesse li faceva diventare guardiani di loro stessi. Poi venne il momento di far uscire Tigre, di farlo saltare nella fossa. Tutto si svolgeva come in un sogno: l'abbaiare delle bestie, l'acclamare degli spettatori, il sorriso di Jacob con i suoi denti marci. Il colpo di una rivoltella diede il segnale: Jonas slegò Tigre. I cani si avventarono l'uno contro l'altro: alla luce delle torce non erano che un balenare zanne, un guizzare di muscoli ricoperti di pelliccia. Gli attacchi si alternavano fulminai alle schivate. Per un momento parve a Jonas che Tigre potesse vincere; ma poco a poco si fece largo nella sua mente l'impressione che ci fosse qualcosa di terribilmente sbagliato. Tigre era lento nelle schivate, i suoi attacchi perdevano forza. Sollevò gli occhi su Jacob, seduto al suo posto con la doppietta sulle gambe, dietro alla sacca dei soldi: il suo ghigno soddisfatto gli fece intuire la verità. Nel pomeriggio, mentre era occupato a servire i tavoli, il suo padrone aveva drogato Tigre. Si era preso gioco di lui. Lo aveva sempre fatto. Abbassò gli occhi appena in tempo per vedere Diavolo stringere la presa sul collo del suo animale. Stringere e stringere, finché il cane rabbrividì e poi rimase immobile. Dalla folla si alzò un ruggito di vittoria, misto ai lamenti dei perdenti. Poi qualcuno scese nella fossa a tirar fuori Diavolo, che fu rimesso nella gabbia; anche Jonas saltò giù e si inginocchiò accanto al suo cane. Ora capiva la propria stupidità: la schiavitù era un imbroglio che lui aveva creduto di poter battere stando alle regole del suo stesso aguzzino. E a causa della sua stupidità aveva sacrificato la vita di Tigre. Ricordava ancora quando era solo un cucciolo che gli leccava la mano… «Ecco che la giustizia trionfa!» stava declamando Jacob. «E ora Jonas, da bravo, togli quella carcassa dalla fossa. Abbiamo altri incontri stasera…» «Un momento,» lo interruppe una voce. «La scommessa non è ancora terminata. Non sono certo che il cane sia morto.» Il silenzio scese sugli spettatori. Improvvisamente Jonas fu consapevole di una presenza accanto a sé. Lo straniero si era chinato su Tigre e gli aveva appoggiato una mano sul fianco insanguinato. «Sei davvero un negromante?» gli chiese il ragazzo, prossimo al pianto, ricordando la conversazione tra i cercatori d'oro. «Puoi riportarlo in vita?» Quella domanda sembrò toccare una corda nell'animo dell'uomo, e per un momento i suoi occhi brillarono come per un'antica pena. «Non ne sono capace,» ammise infine. «Ma posso aiutarti a ottenere ciò che desideri davvero, se lo vuoi.» «Lo voglio.» L'uomo si chinò sull'orecchio di Tigre e bisbigliò alcune parole. Le sue membra iniziarono a contrarsi, lentamente dapprima, poi sempre più rapidamente. La folla osservava ammutolita quello sviluppo


inaspettato, come sotto un incantesimo. Alla fine Tigre fu in piedi. Solo che non era più Tigre: era una cosa silenziosa che non respirava, che non sanguinava, che non provava più rabbia né dolore. Le parole "mago rinnegato" cominciarono a diffondersi tra i cercatori d'oro, che istintivamente arretrarono di un passo, intimoriti. «Non… Non è valido! Quel cane non è vivo!» esclamò Jacob, quasi cadendo dalla sedia. «Non è nemmeno morto,» ribatté lo straniero. «Slega il tuo animale. Ora. Ho piazzato una scommessa sul cane del ragazzo e non voglio perderla.» Per tutta risposta, Jacob imbracciò il fucile e lo puntò verso di loro. «Sei un dannato negromante! Vuoi fregarti i miei soldi? Ti ammazzo!» Lo straniero sollevò il braccio in un gesto imperioso. Tigre scattò, coprendo d'un balzo la distanza che lo separava dalla gola di Jacob, che esplose inutilmente un colpo. Uomo e cosa caddero avvinghiati. Il tavolo dei soldi si rovesciò, spandendo banconote e monete dappertutto. Tra gli spettatori scoppiò il finimondo. Alcuni fuggirono; altri si avventarono sui soldi, cercando di arraffarne il più possibile. Altri ancora estrassero le rivoltelle per rapinarli. Ci fu anche chi decise di prendersela con loro due, forse sperando di incassare una taglia. Lo straniero fece abbassare Jonas e rispose al fuoco con la sua pistola, poi gettò tra gli assalitori un oggetto che esplose in una nube di fumo, oscurandoli alla loro vista; approfittarono della confusione per nascondersi dietro un grosso barile. «E ora?» chiese Jonas, tremante. Per tutta risposta lo straniero si cacciò le dita in bocca e fischiò. Subito dall'interno delle scuderie provenne un nitrito e uno scalpitio, finché il cavallo dell'uomo non si fermò a poca distanza da loro. «Aiutami a salire,» disse l'uomo. Jonas ricordò la fasciatura insanguinata e lo aiutò montare in sella. Poi disse: «Fatemi venire con voi, signore. Non ho più niente, qui.» «Hai la tua libertà, che è più di quanto immagini,» ribatté lui, serrando la presa sulle redini. «E comunque non ti piacerebbe dove sto andando.» Con quell'improvvisato congedo il cavaliere senza nome sparì nell'oscurità. Vennero due sceriffi dal Nord, alcuni giorni dopo. Fecero delle domande su di un certo mago fuorilegge, un negromante ricercato per aver compiuto esperimenti di rianimazione, ma i cercatori d'oro si mostrarono poco comunicativi. Il corpo di Tigre non era mai stato trovato, e questo aveva lasciato addosso agli abitanti di Logan Harbor il terrore che sarebbe potuto tornare. Forse fu anche per questo se dopo quella notte nessuno diede più fastidio a Jonas; e poiché Jacob era morto senza discendenti, poteva considerarsi a tutti gli effetti un uomo libero. Così abbandonò il villaggio e andò al Nord, dove aveva sentito dire che per quelli come lui le condizioni fossero migliori. Forse un giorno, quando avesse guadagnato abbastanza, sarebbe tornato a cercare sua madre per riscattarla. Il futuro era un libro aperto davanti a lui. Non seppe più nulla dello straniero. Ma ogni tanto, quando si accampava per la notte sul ciglio della strada, tirava fuori il portaritratti che aveva trovato il mattino successivo a quella notte memorabile, perduto nel fango. Lo apriva e passava ore a chiedersi chi fosse la donna del dipinto, quella che il negromante aveva cercato di riportare in vita dannandosi l'anima. E certe altre notti, quando il silenzio era più intenso e gli martellava i timpani, poteva percepire la presenza di Tigre che tornava a cercarlo. Breve biografia di Andrea Giusto Andrea Giusto nasce nel 1978. Dopo una sana infanzia a base di fumetti, videogiochi e cartoni giapponesi, scopre durante l'adolescenza gli autori classici della fantascienza: Asimov, Heinlein e Bradbury. Negli anni successivi, anche se distratto dagli studi, approfondisce la sua vera istruzione dedicandosi al fantasy ed esaurendo in breve tempo tutti i cicli fantastici più famosi e un numero imprecisato di quelli meno noti. Per completare il proprio apprendistato, nelle notti insonni si volge alla narrativa dell'orrore, scoprendo Poe, Lovecraft e C. A. Smith. Nel corso degli anni pubblica qualche racconto qua e là, usando diversi pseudonimi. Nel 2013 ha pubblicato il suo primo romanzo "Le porte di Arcadia" con la casa editrice Eterea Comics & Books.


-Blackie racconta. . . . . Chichibio e la GruDi Giovanni Bocaccio adattamento di Demon Black

A Firenze viveva un nobile e generoso contadino, Messer Corrado. Un giorno, vicino Peretola, mentre era a caccia con il suo falcone, catturò una gru e la diede al suo cuoco, Chichibio, per cucinarla per cena. Mentre Chichibio la cucinava, passo di lì Brunetta, la ragazza di cui il cuoco era innamorato. La ragazza entrò nella cucina invasa dal delizioso profumino della gru e iniziò a pregare il cuoco di fargliela assaggiare il quale, purtroppo dovette rifiutare. “Se non me la fai assaggiare, giuro che non ti guarderò più in faccia!” gli rispose, arrabbiata, la ragazza. Tanto fecero e tando dissero che, alla fine, litigarono! Chichibio, allora, per fare pace, alla fine, tagliò una coscia della gru e la diede a Brunetta e, la gru, fu servita al padrone, senza una coscia. Messer Corrado, stupito, fece chiamare Chichibio che, per giustificarsi, mentì : “Signore, le gru hanno solo una gamba” “Questa non è la prima gru che vedo! Non prendermi in giro!” rispose Messer Corrado “E’ proprio così, mio signore, e ve lo dimostrerò sugli uccelli vivi” Messer Corrado, per non mettersi a discutere davanti ai suoi ospiti, taglio corto e dicendo che l’indomani sarebbero usciti insieme ma, se aveva torto il cuoco, lo avrebbe conciato male! L’indomani, Corrado e Chichibio, uscirono presto e si diressero al fiume dove si torvavano sempre le gru e, arrabbiato, il signore disse “Adesso vediamo chi ha mentito ieri sera!” Chichibio, che sarebbe fuggito ben volentieri, si guardava in giro in cerca di una scappattoia ma, le gru, avevano tutte due belle gambe! Arrivati però al fiume, vide un gruppo di dodici gru che se ne stavano ritte su una gamba sola. Girandosi verso Messer Corrado, gliele mostrò dicendo: “Mio signore! Vedete?! Ieri sera non vi ho mentito, le gru hanno una sola gamba e una sola coscia!” Messer Corrado le guardò e gli rispose che ora gliele avrebbe fatte vedere lui le due gambe! Si avvicinò agli uccelli e gli gridò contro che, spaventate, misero giù l’altra gamba pronte a fuggire via. Girandosi verso Chichibio, Corrado, disse “Ora che mi dici?! Ne hanno una o due di gambe?!” Chichibio, impaurito, rispose “Ma messere, ieri sera non avete gridato alla gru arrostita. Se l’aveste fatto, anche lei avrebbe tirato fuori l’altra gamba!” Corrado, rimase talmente stupito da questa risposta, che tutta la sua ira passò immediatamente e scoppiò a ridere dando ragione a Chichibio. Chichibio, con la sua risposta pronta, riuscì a sfuggire alla punizione del suo padrone e, ridendo, tornare in pace a casa!

Notizie dalla Terra di Altrove n. 8


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