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Cina: da Confucio al mercato globale Turismo d'Italia

01­2005

I cinesi possono viaggiare all'estero solo in gruppi di almeno 5 persone grazie a un passaporto turistico e devono richiedere il visto per recarsi nel paese di destinazione ad AdV governative. Giornali, televisione, radio e perfino Internet: non passa giorno senza che tutti i media si interroghino sul fenomeno Cina a suon di articoli, sondaggi, interviste e reportage. L’”Impero di Mezzo”, che fino a 300–350 anni fa era più civilizzato dell’Europa, sta finalmente uscendo dall’“autoisolamento” che lo ha posto ai margini dello sviluppo mondiale. Gli impressionanti ritmi della crescita economica stanno proiettando velocemente la patria di Confucio verso i mercati occidentali e molti ipotizzano, forse con eccesso di ottimismo, che nell’arco di qualche decennio potrebbe diventare la prima economia del mondo. Le performance di sviluppo sono molto significative: il Prodotto Interno Lordo (PIL), generato per il 45% dal settore privato, è secondo solo a quello degli Stati Uniti, con un incremento dell’8% annuo dal 1996 al 2003 e del 12% tra il 1991 e il 1995. Con lo sviluppo economico permangono però molte limitazioni alla libertà di informazione e troppo spesso non vengono rispettati i diritti civili. Per dirla in un altro modo: la Cina è la nazione al mondo più ricca dopo gli USA ma con una velocità di crescita più che doppia e molte contraddizioni ancora da risolvere. Ecco i fattori che hanno determinato il raggiungimento dello sviluppo economico: la sensibile riduzione del tasso di analfabetismo tra gli adulti; l’impressionante crescita della popolazione iscritta all’università e alla scuola secondaria; il deciso aumento del tasso di urbanizzazione, favorito dai programmi messi a punto dal governo; la progressiva emersione di una classe media composta da imprenditori privati, manager, proprietari di piccole e medie imprese commerciali e industriali, addetti ai servizi commerciali. Un’altra misura dello sviluppo economico è il significativo aumento dell’utilizzo di Internet. Gli utenti della Rete erano pochissimi nel 1995, 600 mila nel 1997 per giungere a 68 milioni nel luglio del 2003. La Cina, anche in questo caso, si posiziona al secondo posto, dopo gli Stati Uniti. La posta elettronica non ha registrato il medesimo successo; solo l’80% dei navigatori ha un indirizzo e­mail, che nella maggior parte dei casi non viene utilizzato regolarmente. La lingua utilizzata su Internet è esclusivamente il cinese e, dato che l’utilizzo della carta di credito è poco frequente, l’abitudine di fare acquisti sul WEB non è molto diffusa. Gli on line shopper sono il 5% del totale dei navigatori e il 4,8 % di questi ha acquistato viaggi. Grazie alle trasformazioni di cui abbiamo appena parlato, la struttura dei consumi sta diventando più complessa e varia; un numero progressivamente crescente di Cinesi dispone di una capacità di spesa più elevata e desidera destinare una parte significativa delle sue entrate in attività ricreative e turismo. Queste evidenze aprono ottime prospettive agli operatori turistici italiani ed europei che possono contare su un nuovo mercato di circa 100 milioni di nuovi potenziali turisti entro il 2020. Ma non è tutto oro quello che luccica. Come vedremo nel prossimo numero di Turismo d’Italia, ospitare questo tipo di turisti comporta importanti problematiche legate alle tradizioni culturali, alle abitudini e agli stili di vita molto diversi da quelli occidentali e alla rara conoscenza della lingua inglese. In aggiunta alle scarse possibilità economiche, che fino a pochi anni fa interessavano la quasi totalità della popolazione e che impedivano di sostenere


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