Dna etruschi e troia di alberto palmucci

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di Enea dalla città (vd. p. 128 e f. 56). Sappiamo pure che nel VI-V sec. a.C. gli Etruschi produssero anche vasi ed anelli sia con la scena di Enea che porta via da Troia gli dèi Penati della città sia con la scena di Enea che trasferire in Etruria il culto di sua madre Turan (Venere) (vd. p. 141, ss. e f. 62A e B). Sappiamo infine che in uno specchio etrusco di IV sec. a.C. è graffita una scena dove Tarconte si trova insieme ad Alessandro ed a Priamo re di Troia (vd. p. 110 e f. 49). Sappiamo infine che a Tarquinia c’è un epigrafe marmorea che con buona probabilità ricorda la venuta di Tarconte (o di Còrito o di Enea) dalla troiana città di Hamaxiton a Tarquinia (vd. p. 160). Lo stesso Licofrone, infatti, pur ricordando la tradizione erodotea, ne presentò un’altra che la conciliava con quella etrusca. Egli, come abbiamo già visto (vd. p. 147), antepone a Tirreno il fratello maggiore Tarconte (cfr. luv. Tarhunta, Tarhun, Tarhui o Taru). Secondo Licofrone, essi erano entrambi figli di Telefo re della Misia. Da altre fonti poi si ricava che la loro madre era Iera oppure Astioche sorella del re di Troia (vd. p. 110). Essi, comunque, secondo Licofrone, portarono una colonia in Etruria. Qui era già arrivato Enea coi sui esuli Troiani; e vi si era fissato tanto stabilmente che aveva già potuto concedere pietosamente “un poco di mare e di terra” al sopraggiunto Odisseo che gli aveva chiesto perdono. Anche Tarconte e Tirreno dice Licofrone, si uniranno ad Enea. E tutti insieme, Tarconte e Tirreno, Enea ed Odisseo, abiteranno in Etruria. Noi abbiamo già considerato la notevole possibilità che questa tradizione della venuta di Enea dalla Troade in Etruria, e di Tarconte e Tirreno dalla Misia in Etruria risalga ad Ellanico (2a metà V sec. a.C.) ed a Lesche (1a metà VII sec. a.C.): ambedue erano di Lesbo, isola della Misia. Secondo Tzetze, poi, almeno per quanto riguarda Enea, la fonte di Licofrone era stata proprio Lesche (vd. p. 147). Da altri autori sappiamo che Enea sposerà una sorella di Tarconte chiamata Roma o Tirrenia (vd. p. 149). Tirreno, figlio di Telefo, fondò Agilla442; Tarconte (cfr. luv. Tarhu / Tarhunta) invece fondò Tarquinia443 (etr. Tarchu-na; lat. Tarqui-nia), la nuova città del dio Tarhui (cfr. luv. Taruisa / *Tarhui-sa “Troia” e Tarhuntassa). Questo dio era stato pure il patrono di Troia (vd. pp. 103-104). Secondo un’altra versione erano stati i Troiani, portati in Etruria da Còrito, figlio di Paride, a fondare o rifondare la città di Còrito (oggi Tarquinia) (vd. p. 121). Il nome di Tarconte (luv. Tarhunta, Tarhun, Tarhui o Taru), è anatolico, e nella migrazione dalla Misia in Etruria rappresenta l’elemento anatolico. Tirreno (eg. Turuscia o Turscia), invece, rappresenta l’elemento italico emigrato in Anatolia (Troia, Misia, Lidia) e tornato in Italia. La Misia è oggi una parte della Turchia. A nord confinava con la Troade e ne incorporava la parte compresa tra le foci del Caico e dell’Ermo; a sud confinava con la Lidia, e col tempo vi fu compresa. Più tardi nacque una commistione fra la tradizione misio-troiana e quella erodotea, così Dionigi di Alicarnasso poté scrivere che Alcuni hanno sostenuto che Tirreno era figlio di Ercole (come Telefo) e di Onfale Lidia (come il tirreno Meleo)444. Anche Strabone si mosse su questa linea quando scrisse: Ati, uno dei discendenti di Ercole e di Onfale, in seguito ad una carestia, avendo due figli, estrasse a sorte Lido e lo trattenne con sé; invece fece emigrare Tirreno con la maggior parte del popolo. Giunto in questi luoghi, Tirreno, dal suo nome, chiamò Tirrenia la regione e fondò dodici città assegnando loro come ecista Tar442

Servio, op. cit. , 8, 480. Tzetze, op. cit. , 1245. 444 Dionigi di Alicarnasso, op. cit. , I, 28,1. 443

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