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WWW.TACTICALNEWSMAGAZINE.IT • TNM n°1

N

MILITARY • LAW ENFORCEMENT • MIL SIM

EURO 5,00 - GENNAIO 2011

FIRE TEST CARACAL F

REPORT FROM LA PIRATERIA NELL’OCEANO INDIANO

ESCLUSIVO SELVANS

FOCUS ON

EXTREMA RATIO

LA PRIVATIZZAZIONE DELLA DIFESA

AFGHANISTAN SCENARI OPERATIVI

TEST ON THE FIELD SPP BODY ARMOUR COHORT - 1

TEST BY TNM

GAV GRAVITY ZERO ADV WOODLAND

REGOLE D’INGAGGIO

IL DECALOGO DEL SOLDATO



EDITORIALE EDITORIALE EDITORIALE EDITORIALE EDITOR

ALEA IACTA EST... è iniziata l’avventura di Tactical News Magazine

Questa rivista è nata per riempire uno spazio che mancava nel panorama editoriale italiano. Tactical News Magazine è la prima rivista dedicata al mondo della tattica e dell’operatività, al ruolo dell’uomo sul terreno, alle sue competenze, ai suoi strumenti e alla sua condizione psicofisica: Military, Law Enforcement & Security, Mil Sim (Military Simulation), ma anche outdoor, survival e storia militare. Edita dalla Corno Editore, TNM si avvale di uno staff giornalistico altamente qualificato, a cominciare dal Direttore Responsabile Giuseppe Morabito, e di collaboratori esterni specialisti nel settore, tra cui giornalisti, reporter specializzati, operatori ed ex delle forze speciali italiane e straniere, military & security advisor, operatori professionisti della sicurezza e istrutturi di survival. TNM offre al lettore un inedita possibilità di documentarsi attraverso recensioni e prove sul campo di equipaggiamenti, armi e accessori, rubriche tecniche sul combattimento armato e disarmato, sulle procedure tattico operative in ambito security e military, rubriche dedicate ai Corpi Speciali, case study e storie reali di operatori ed ex operatori, reportage esclusivi dalle zone più calde del globo, una sezione dedicata al Mil Sim (Military Simulation: disciplina derivata dal softair ma rivolta a simulazioni realistiche con approccio tattico operativo) e molto altro ancora... Questo che Vi state preparando a leggere è il primo numero, per Voi lettori che sia il primo numero il secondo o il terzo poca cambia, perchè logicamente la Vostra attenzione è e sarà sempre focalizzata sui contenuti della rivista! Per me invece, ideatore di questo progetto, il primo numero è qualcosa di particolare, qualcosa che ha occupato la mia vita negli ultimi 8 mesi, qualcosa che ho visto crescere giorno dopo giorno come un “terzo figlio” e dato che sono già un felice papà di altri due “veri”, è a loro che dedico questo editoriale: a Ludovica e ad Alessio, nati rispettivamente il 5 luglio e il 9 gennaio non a caso il numero con cui Tactical News Magazine è registrato presso il Tribunale di Milano è 509 (il caso). Ringrazio inoltre tutti i collaboratori della rivista che hanno reso possibile questo primo numero, gli amici che mi hanno sostenuto moralmente, i nostri Fans di Facebook che sono oramai arrivati a quota 15.000, mia moglie Valentina con la quale pubblicamente mi scuso per aver ultimamente sottratto molto tempo alla nostra vita di coppia (ma per TNM questo ed altro), Gianpiero Spinelli che più volte mi ha convinto a non mollare e andare avanti nel progetto anche quando personaggi con propositi poco chiari hanno cercato di boicottare il mio progetto editoriale, Giovanni Petretta mio amico di sempre e compagno di 1000 avventure compresa questa... e quindi dato che ho appena considerato Tactical News Magazine un avventura, che l’avventura abbia finalmente inizio... BUONA LETTURA Mirko Gargiulo (Direttore Editoriale)


INDICE INDICE INDICE INDICE INDICE INDICE INDICE INDICE I

02

062

04

CULTURE, RELIGIONI, TRADIZIONI...

014

LAW ENFORCEMENT E CIVILIAN SECURITY

EDITORIALE NEWS FATTI E MISFATTI

016

HOT POINT

AL-QAEDA IN EAST AFRICA

020

STORIE DI TUTTI I GIORNI IMBOSCATA IN ROUTE IRISH

SCENARI OPERATIVI

066 067 NEWS

068

DIFESA PERSONALE

070

LAW ENFORCEMENT

022

CHIAMAVANO “FERRI”…

LA PIRATERIA MARITTIMA NELL’OCEANO INDIANO

TACTICAL FITNESS

REPORT FROM

026

076

PREPARARE IL CORPO PER ALLENARE LA MENTE

OPERAZIONI TATTICHE

078

032

CARACAL F… LA LINCE DEL DESERTO

L’ESSENZIALE SI CHIAMA COHORT-1

082

036

LA SCELTA DELL’ARMA

CQC CQB MOUT

TEST BY TNM

SPECIAL OPERATIONS

LA CACCIA AD AL-ZARQAWI

FIRE TEST

CLOSE PROTECTION

087

038

TACTICAL GADGET

CONTRACTOR & PMC

COLTELLI TATTICI

FOCUS ON

092

042

IL SELVANS DELL’EXTREMA RATIO

GZ ADV MILITARY WOODLAND

MILSIM SECTION

TRIED & TESTED BY TNM

095

048

096

U.S NAVY. DALLE TABELLE AL COMPUTER DA IMMERSIONE

FORMAZIONI D’ATTACCO

MILITARY DIVING

052

ARMI MILITARI

TAVOR ASSAULT RIFLE OF THE 21ST CENTURY

COMBAT TRICKS

100

TEST ASG FN F2000

106

056

SOFT AIR TECNICO

IL DECALOGO DEL SOLDATO

CONSIGLI

REGOLE D’INGAGGIO

109

058

110

IL PUGNALE BAIONETTA

GHOST RECON

INSIDE

WAR GAMES


INDICE


AROUND THE WORLD ASIA VERTICE NATO SULL’ AFGHANISTAN Lisbona – Il summit della NATO tenutosi a Lisbona a fine Novembre ha stabilito le linee guida per la transizione delle operazioni di sicurezza dal contingente ISAF al governo afghano. Il Segretario Generale della NATO, Anders Fogh Rasmussen, ha spiegato che “a partire da Gennaio, le forze afghane prenderanno il comando delle operazioni di sicurezza, a cominciare da determinate aree per poi espandersi al resto del Paese. L’obiettivo per le forze afghane è di assumere il pieno controllo delle operazioni di sicurezza entro la fine del 2014.” La NATO assisterà il governo di Karzai nel corso di questa delicata fase e la partnership con l’Afghanistan continuerà in futuro, al di là delle operazini di combattimento. Entro la fine del 2011 le forze afghane dovrebbero raggiungere la consistenza di 300.000 unità, mentre grazie al contributo ISAF sembra che la loro preparazione stia gradualmente migliorando. La NATO non lascerà comunque il Paese finché le forze afghane non saranno reputate in grado di gestire in maniera efficace la sicurezza. Anche allora, contingenti ridotti e specializzati potranno rimanere in Afghanistan per continuare ad offrire assistenza. La flessibilità dei partner NATO deve però scontrarsi con la realpolitìk del Primo Ministro britannico, David Cameron, il quale intende comunque ritirare le proprie truppe entro il 2015 ed in tempo per le elezioni del Maggio dello stesso anno. La pacificazione non passerà comunque solo attraverso l’uso delle armi. Sarà infatti concessa clemenza a quei talebani che decideranno di rinunciare alla lotta ed accettare la costituzione afghana. TNM ••• 04

COMMERCIALI

MANOVRE NAVALI TRA COREA DEL SUD ED USA Seul – Dopo l’ attacco d’artiglieria nord coreano contro la piccola isola di Yeonpyeong nelle acque occidentali vicino al confine sud coreano, le marine della Corea del Sud e degli USA hanno dato il via ad un’ esercitazione navale congiunta della durata di quattro giorni. Evidente l’ intento deterrente dell’ esercitazione, la quale vede anche la partecipazione della portaerei USS George Washington con i suoi 75 aerei e di altre quattro navi da guerra USA. Mentre il Presidente sud coreano Lee Myung-bak avverte di tenersi pronti ad una possibile “azione inaspettata” da parte dei bellicosi vicini, l’agenzia di stampa nord coreana KCNA ha diramato un comunicato governativo nel quale si avverte che “se gli USA porteranno la loro portaerei nel mare occidentale di Corea, nessuno potrà prevedere le conseguenze.” Fonti USA hanno dichiarato che l’ esercitazione era in programma da molto tempo prima che si verificasse l’ attacco contro Yeonpyeong, che ha causato 4 quattro morti e 18 feriti tra civili e militari. (foto U.S. Navy)


AFRICA

PIRATI ATTACCANO FREGATA EUNAVFOR Oceano Indiano – La fregata spagnola SPS Infanta Cristina è stata attaccata da un gruppo di pirati nella notte del 6 Novembre, mentre era intenta a scortare una nave dell’Africa Union Mission in Somalia. I pirati hanno utilizzato per l’attacco la nave cargo giapponese Izumi, dirottata il 10 Ottobre, con ancora a bordo i suoi 20 membri d’equipaggio filippini. Sembra che l’attacco sia stato respinto riducendo al minimo l’uso della forza. Secondo quanto affermato dal portavoce di EUNAVFOR, il Tenente Colonnello Peter Klingvall, l’impiego di navi cargo dirottate dai pirati si starebbe intensificando, poichè consentono un maggiore raggio d’azione, mentre l’utilizzo di vascelli con a bordo ostaggi rappresenta un fenomeno di recente manifestazione. Prima dell’Infanta Cristina, un’altra nave militare, l’olandese “Johan de Witt”, impegnata nell’operazione “Atalanta”, fu attaccata, questa volta per errore, dai pirati. Resisi conto dello sbaglio, i criminali tentarono la fuga, per poi essere catturati dai marines olandesi e dalle forze speciali maltesi lanciatesi all’inseguimento del battello.

NEL 2011 MANOVRE CONGIUNTE ITALIA - RUSSIA Roma - A partire da quest’anno, Italia e Russia terranno manovre navali congiunte ed esercitazioni terrestri che coinvolgeranno i nostri Alpini ed i paracadutisti russi. “L’obiettivo delle esercitazioni è quello di migliorare il coordinamento durante le operazioni di atterraggio sulle montagne. La selezione della località in cui si terranno tali esercitazioni sarà effettuata da esperti militari di entrambi i paesi”, ha dichiarato una nota ufficiale diramata dal Ministero della Difesa russo. L’accordo è stato raggiunto tra il ministro della Difesa Ignazio La Russa ed il suo omologo russo Anatoly Serdyukov a Sochi, nell’ambito di un vertice tra il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ed il presidente russo Dmitry Medvedev. I due ministri hanno anche discusso altri punti della cooperazione bilaterale. “Fra gli eventi congiunti tra i due paesi, particolare attenzione verrà prestata a IONEX-2011, alle manovre navali congiunte, alle visite di navi nei porti russi ed italiani, ai negoziati intergovernativi per accordi volti alla prevenzione di incidenti in mare, ai programmi di interscambio per gli studenti delle accademie militari, agli scambi di esperienza in merito alla sanità militare ed all’addestramento in quota”.

EUROPA ESERCITAZIONE “SCUDO 2010” Torre Veneri – Si è svolta dal 26 Novembre al 4 Dicembre, presso la base logisticoaddestrativa di Tai di Cadore (BL) e l’area addestrativa di Torre Veneri (LE), l’esercitazione “Scudo 2010”, che ha coinvolto il Centro Militare Veterinario di Grosseto in vista dell‘impiego di unità cinofile in teatri operativi. Tai di Cadore ha visto operare gli assetti cinofili di fanteria in un contesto montano e testare materiali cinotecnici alle basse temperature, mentre a Torre Veneri gli assetti cinofili del genio si sono addestrati nella ricerca di IED (ordigni esplosivi improvvisati), sperimentando l’impiego del VTLM “Lince” per la mobilità delle unità cinofile. Nel corso dell’esercitazione è stato sperimentato il sistema “View Dog”, costituito da una microtelecamera posizionata sul cane, utilizzata per l’acquisizione remota di immagini durante la ricognizione di un itinerario. Le unità cinofile sono da tempo utilizzate con successo da unità EOD e forze speciali dei Paesi NATO impegnate in Afghanistan ed Iraq, con ruoli anti-esplosivo e d’attacco. (foto Isaf Media)


STATI UNITI AL QAEDA SI PREPARA A CELEBRARE IL DECENNALE DELL’11 SETTEMBRE Langley – Da oramai tre anni una speciale task force è al lavoro per sventare gli attacchi che, con tutta probabilità, Al Qaeda lancerà in occasione dell’11 Settembre 2011. Oltre che negli USA, forte è l’apprensione anche in Europa ed in altre parti del mondo dove, secondo gli analisti, sarebbero già state infiltrate cellule dormienti incaricate di preparare operazioni spettacolari. L’ufficio preposto all’individuazione di eventuali piani terroristici, è stato denominato “2011 Desk” e condivide informazioni con i servizi di intelligence di numerosi Paesi del mondo. La National Security Agency USA ha già raccolto un considerevole quantitativo di informazioni derivanti da intercettazioni elettroniche sui “festeggiamenti per il 2011”, inoltre sono state identificate diverse cellule terroristiche che in Afghanistan e Pakistan si starebbero preparando allo scopo specifico. Le eliminazioni di terroristi effettuate in queste aree attraverso l’uso di droni e forze speciali, sono difatti aumentate nello scorso degli ultimi mesi. Sembra inoltre che il fallito attentato del Natale 2009 su di un volo di linea per Detroit, non sia stato altro che un espediente per testare la possibilità di colpire una città USA sfruttando le falle nella sicurezza, che possono generarsi quando un individuo si sposta da un continente all’altro. Non è un caso che l’attentatore, il nigeriano Umar Farouk Abdulmutallab, sia stato definito “sacrificabile” da Al Qaeda, che ha celebrato l’operazione come “un successo”.

CYBERCOM PIENAMENTE OPERATIVO Washington – Il Dipartimento della Difesa USA ha annunciato il raggiungimento della piena operatività per CYBERCOM, il Cyber Command voluto per far fronte ai crescenti attacchi informatici contro le infrastrutture militari e civili statunitensi. Guidato dal generale dello US Army Keith Alexander, CYBERCOM ha assorbito personale e funzioni dalla Joint Task Force for Global Network Operations (precedentemente sotto la Defense Information Systems Agency), e dal Joint Functional Component Command for Network Warfare, facente precedentemente parte dello US Strategic Command (STRATCOM), il quale era responsabile per il coordinamento di operazioni su network elettronici. Il prossimo passo per CYBERCOM sarà quello di rafforzare il proprio programma addestrativo, cosí da poter fronteggiare le molteplici minacce provenienti dal cyberspazio.

WEBCAM UTLIZZATE NEL FALLITO ATTENTATO A TIMES SQUARE New York – Le webcam installate nei luoghi turistici delle grandi città del mondo, verrebbero impiegate dalle cellule di Al Qaeda nello studio degli obiettivi per futuri attentati. E’ quanto emerso dalle indagini sul fallito attacco dinamitardo a Times Square del Maggio 2010. L’attentatore, Faisal Shahzad (condannato all’ergastolo), ha rivelato come mesi prima dell’azione avesse utilizzato le webcam turistiche installate a Times Square, per studiare l’intensità del traffico, identificando le ore di punta nelle “l’obiettivo” si popolava di famiglie e turisti in visita ai teatri della zona. Shahzad è arrivato addirittura a localizzare il posto auto dove avrebbe lasciato il suo SUV imbottito di esplosivo. Quel 1° Maggio a Times Square, solo lo spirito d’osservazione di un ambulante evitò la tragedia, permettendo alla polizia di evacuare la zona e disinnescare l’ordigno. Shahzad venne arrestato due giorni dopo all’aeroporto JFK, in procinto di fuggire alla volta di Dubai. TNM ••• 06


MEDIORIENTE IDENTIFICATI I NUOVI LEADER DI AL QAEDA IN IRAQ Baghdad – È stato identificato il successore di Abu Omar al-Baghdadi, l’ex emiro dello “Stato islamico” ucciso ad Aprile in un raid nei pressi di Tikrit. Si tratterebbe di Abu Bakr al-Baghdadi, pseudonimo di Ibrahim Awad Ibrahim alSamarrai. Il nuovo emiro sarebbe assistito dal suo braccio destro al-Naser Lidin Allah Suleiman, vero nome Numan Salman Mansour al-Zaidi. L’identificazione è avvenuta grazie alla cattura del “ministro dell’ Interno” di al Qaeda, Hazim Abdel Razzaq al-Zawi, arrestato a fine Novembre grazie ad un’operazione delle forze di sicurezza ad al-Anbar e del cugino di Abu Omar al-Baghdadi. I due nuovi leader sono stati reclutati da Al Qaeda, mentre erano detenuti nel carcere di Buka, a Bassora, da un un dirigente del gruppo anch’egli detenuto.

SUD AMERICA MASSICCIA OPERAZIONE ANTI GANG A RIO

RITARDI NEL PROGRAMMA IRON DOME ISRAELIANO Tel Aviv – L’Israeli Air Force (IAF) ha momentaneamente abbandonato i propri propositi di dispiegare il suo sistema di difesa missilistico Iron Dome a ridosso dei confini con la Striscia di Gaza ed il Libano, da dove partono attacchi con razzi Qassam e Katyusha da parte di Hamas ed Hezbollah. L’IAF ha inoltre posticipato la capacità operativa iniziale del sistema (sviluppato dalla Rafael Advanced Defence Systems), originariamente pianificata per Novembre. Il ritardo sarebbe dovuto alle difficoltà riscontrate nell’addestramento del personale. Una volta operativo, Iron Dome sarà dispiegato nel centro di Israele al fine di poter essere spostato in poche ore su l’uno o sull’altro fronte, a seconda delle esigenze operative del momento.

Rio de Janeiro – I progressi delle Unitá Pacificatrici di Polizia nelle favelas, sembrerebbero essere il motivo dell’ondata di violenza scatenata a Rio de Janeiro da bande di narcotrafficanti. Il compito di tali Unitá è quello di riportare la legge in aree ove, sovente, la cittadinanza si sente abbandonata dalle istituzioni. Cosí facendo esse evitano che la popolazione si rivolga alle bande locali per dirimere questioni di ordine comune, indebolendone di fatto il potere. Ad Ottobre le autorità avevano intercettato uno scambo di missive tra i leader della gang Comando Vemelho, i quali si lamentavano della presenza delle Unitá Pacificatrici nelle loro zone, da qui la necessità di lanciare una serie di violenti attacchi per riprendere il controllo del territorio. L’installazione di questi presidi di Polizia permanenti, ha quindi scatenato un’ondata di violenza senza precedenti, che ha raggiunto il suo culmine durante l’ultima settimana dello scorso Novembre, quando, criminali pesantemente armati, hanno impedito l’installazione di un presidio nella favela di Villa Cruzero. Il Governo ha risposto immediatamente inviando 800 militari, a supporto degli agenti di polizia e del BOPE già impegnati nell’operazione. A fronte degli sforzi delle autorità per riportare ordine e legalità nelle favelas, le organizzazioni per i diritti umani hanno contestato l’installazione delle Unitá Pacificatrici interpretandola come militarizzazione atta a provocare le gang locali. Nel 2014 e nel 2016 Rio ospiterà rispettivamente i mondiali di calcio e le olimpiadi, pertanto, il tema della sicurezza nella metropoli resta una priorità sul tavolo del Governo. TNM ••• 07


COMMERCIALI ASIA LOCUST FAN GOGGLE REVISION EYEWEAR leader nella produzione di occhiali balistici protettivi per le forze armate in tutto il mondo, introduce l’Asia Locust Fan Goggle con un efficente e innovativo sistema antiappanamento.Robusti e costruiti con materiale di altissima qualità son l’ideale per un uso in ambienti polverosi e umidi. Il nuovo Asia Locust dispone di un silenzioso ed efficientissimo sistema a ventola che riduce sensibilmente l’appanamento delle lenti, garantendo all’operatore un eccezzionale visuale in qualsiasi condizione climatica. Le lenti ad alta prestazione OcuMax® garantiscono un protezione aggiuntiva mentre il disegno dell’occhiale permette la compattibilità con qualsiasi sistema di visione notturna,cashi e binocoli. Soddisfano tuttii requisiti ANSIZ87.1-2003 per gli impatti ad alta velocità. www.revisioneyewear.com

OTTEGEAR M1 COMBAT GLOVE SYSTEM La OTTEGEAR azienda americana leader nella produzione di equipaggiamenti militari e per alpipinismo, utilizza per la produzione dei propri prodotti solo i materiali più innovativi, progettati per durare nel tempo e per essere sottoposti agli usi più estremi e le missioni più impegnative. M1 Combat Glove System è stato sviluppato in risposta a questa esigenza. È possibile utilizzarlo solo come un guanto da combattimento o aggiungere un sottoguanto per avere calore supplementare. • Eccellente resistenza all’acqua e vento. • Tessuto testato per ASTM D 6.413. • PBI Gold ® (40% PBI ® / 60% Kevlar ®), fodera supplementare a portata di mano. • PBI ® (polibenzimidazole) è una delle fibre più resistenti alle alte temperature. Ha una elevata resistenza alla trazione ed a molti prodotti chimici per una durata superiore. • Idrorepellente, resistente all’abrasione Pittards WR100x Armortan Goat Leather. • Hook & Loop chiusura regolabile in larghezza. • Elastico al polso per una migliore calzata. • Filo di rinforzo in Kevlar ®. • Alta percentuale di lana naturale per aggiungere il calore. • Nomex ® filo resistente al fuoco. www.ottegear.com TNM ••• 08


POHL FORCE KNIVES ALPHA THREE Il modello Alpha Three è l’evoluzione del modello Alpha Two disegnato da Dietmar Pohl in collaborazione con gli istruttori della polizia e delle forze speciali del H3 Training division. Si tratta di un robusto folder, con lama in acciaio D2 al carbonio, studiato per impieghi gravosi e grazie alle sue generose dimensioni si presta anche all’utilizzo con guanti. La Coltelleria Collini è distributore esclusivo per l’Italia di tutti i modelli Pohl Force, sia fissi che folder. Prezzo 179,00 euro (IVA inclusa). Destinazione d’uso: tattico/militare Tipo di produzione: Industriale Lama: in acciaio D2 al carbonio, 61 HRC Manicatura: Zytel (in colorazione Desert o Nera) Lunghezza lama: 113mm. Spessore della lama: 5mm. Lunghezza totale: 260mm. Bilanciatura: arretrata, 1 cm dal ramo di guardia Peso: 220g. Note: numerato e munito di certificato di produzione, ambidestro (all’interno della confezione è presente il piolino da montare per rendere il coltello apribile con una sola mano); di serie anche un foderino per la conservazione o il trasporto. www.coltelleriacollini.it

ASSAULT 3L HYDRATION CARGO PACK SOURCE La TACTICAL EQUIPMENT nasce dalla passione del Fondatore Didier Pastorino per la Militaria in genere ed in particolar modo per quella Americana. Per questo motivo è specializzata nella vendita di abbigliamento ed equipaggiamento Statunitense di alta qualità. L’Assault 3L Hydration Cargo Pack SOURCE è un ottimo prodotto che rispecchia la decisione dell’azienda di commercializzare solo il top. 4 Spallacci imbottiti, sagomati e regolabili. Sistema indipendente di sospensione con pannello posteriore rinforzato. Vano liquido separato dal vano di carico e facilmente accessibile tramite cerniera superiore. Tube di routing attraverso spalla sinistra o destra. Storage Spazi Multipli-Include uno scomparto principale con zip, una tasca esterna di grandi dimensioni e tasca piatta. 8 Multiple MOLLE / PAL. www.tacticalequipment.it


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Ars Optical Group - ITALY - defence@arsenik.it


LOWA TASKFORCE ZEPHYR GTX HI CUT Di tutto si potrà dire della Germania ma non che non sappiano produrre eccellente materiale militare o Outdoor. Ubriachi di splendidi gioielli nostrani quali Jolly o Crispi, cerchiamo di valutare con estrema attenzione le pregevoli produzioni calzaturiere della teutonica Lowa che ha saputo coniugare l’ esperienza sportiva e le esigenze tattiche e militari per giungere ai vertici della produzione. Il modello Task Force Zephyr GTX Hi cut rappresenta quanto di meglio potremmo desiderare sia per ciò che riguarda uno scarpone Outdoor, sia per chi desidera affrontare situazioni operative. Il design, moderno e accattivante, racchiude come fosse un prezioso scrigno una serie di caratteristiche di eccezionale valenza per un Operatore. Leggeri e comodissimi, impermeabili e traspiranti, questi desert boots vantano uno stabilizzatore che permette di distribuire e bilanciare al meglio il peso del corpo e dell’eventuale equipaggiamento: realizzato in Nylon rigido a ¾ di lunghezza, tutela e supporta ginocchia e schiena durante lo sforzo della camminata. Realizzati con membrana Goretex, che garantisce la migliore traspirabilità e impermeabilità, hanno la tomaia in crosta e Cordura che ne garantiscono una notevole resistenza e protezione. Al suo interno il nostro arto inferiore scoprirà un rinforzo imbottito, all’altezza della caviglia, per far si che una volta indossato lo stivaletto, la caviglia stessa sarà ben salda senza per questo dare sensazione di eccessiva immobilità. La suola e il battistrada non sono firmati Vibram, bensì da un apposito progetto e disegno della Iowa così come il plantare, concepito per controllare la temperatura interna. Interessante anche il sistema di posizionamento e tiraggio dei lacci, per garantire un’allacciatura e slacciatura rapida. www.lowa.it

SIG SAUER P.290 SUB COMPACT 9mm La P290 SUB-COMPACT 9mm, è la nuova pistola in polimero della Sig Sauer. Progettata per essere facilmente occultabile questa pistola in 9 millimetri è un arma di piccole dimensioni che soddisfa le esigenze di tutti quegli operatori che necessitano di una piccola arma di backup. I grip sono removibili e permettono svariate personalizzazioni Inoltre disponibile in due tonalità.

BLACKHAWK!® ULTRA LIGHT 3-DAY ASSAULT PACK • Leggere e sub-compatta • DAO (Double Action Only) Trigger • Grip removibili

Costruito in cordura leggera 210/330 denari. Grosso scomparto principale di facile accesso, tasca frontale e tasca mappa S.T.R.I.K.E. ™, pals sull’interozaino. Tascone posteriore per sistemi d’idratazione (NOTA: vescica di idratazione non incluso). Spallacci imbottiti con D-ring,tutte le tasche sono chiuse da cerniere YKK®.

www.sigsauer.com

www.blackhawk.com

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BLACKHAWK“THERMO-FUR” Fa’ parte della linea WARRIOR WEAR della ormai sempre più apprezzata azienda americana BLACKAWK, è realizzato con un confortevole pile spesso che lo rende ottimo come maglione o giacchetto con un rapporto caldo/peso eccezionale. È adatto come giacca militare o per usi di Close Protection grazie alle maniche raglan e all’inserto sotto l’ascella che garantiscono libertà di movimento a 360°. La giacca dispone frontalmente di tasche per le mani e tasca pettorale zippata. www.madmaxco.com

LEATHERMAN WAVE Uno dei modelli di punta in casa Leatherman è il Wave. Robusta e particolarmente efficace nell’uso, è costruita completamente in acciaio inossidabile e senza necessità di doverla aprire, garantisce accesso diretto a due lame (a filo liscio e seghettato) e due seghetti (per legno e metalli, che funge anche da lima di due differenti grane). All’interno trovano posto vari utensili, tutti con blocco di sicurezza, tra cui forbice, cacciavite piatto, apriscatole e due porta-inserti per l’utilizzo dei bit proprietari Leatherman, meno spessi e ingombranti di quelli standard. Il tutto con un peso di poco più di 200 gr. Un’attrezzo ideale da portare sempre con sé per ogni evenienza! Prezzo 125,00 euro (IVA inclusa). Utensili: Acciaio Inox Manicatura: Acciaio Inox Lunghezza chiusa: 100 mm. Lunghezza aperta: 160 mm. Peso: 238 g. Fodero: sagomato, in Cuoio o Nylon, con fissaggio verticale o orizzontale www.coltelleriacollini.it TNM ••• 012

ISTRUZIONI AL COMBATTIMENTO Questo manuale voluto dalla nota azienda Extrema Ratio e commissionato a uno dei più accreditati esperti del settore, s’inserisce nel completamento della formazione professionale del militare nel combattimento individuale, istruisce nell’uso del pugnale o pugnalebaionetta, adoperato solo o inastato sul fucile. Tali insegnamenti sono sviluppati per adempiere a questo tipo di combattimento soprattutto negli ambienti di terra, ma vengono fornite pure le basi di una preparazione anche in ambiente acquatico. Pagg. 112, numerose illustrazioni. Euro 20. tactical.promotion@gmail.com


JETBEAM M1X Le torce a led JETBeam sono moderni sistemi di illuminazione progettati e realizzati utilizzando le migliori tecnologie al mondo, per soddisfare le esigenti richieste di militari, forze dell’ordine, professionisti del salvataggio e appassionati di vita all’aria aperta. Il modello M1X, della serie Military, è attualmente al top in quanto a potenza: ben 700 lumens! Il suo impiego di elezione può essere considerato il “search and rescue”, ovvero ricerca e salvataggio (civile o militare), ma qualsiasi appassionato di vita all’aria aperta la potrà utilizzare con soddisfazione. Presenta dimensioni decisamente ridotte - meno di 20 cm, un diametro della testa di poco superiore ai 6 - tanto che la si può definire compatta. Grazie al moderno led CREE MC-E che sviluppa 700 lumens la portata è di oltre 450 metri e il fascio di luce presenta uno spot centrale ben concentrato, unito ad uno secondario che permette una buona illuminazione periferica. La parabola è in alluminio, con finitura orange peel e un particolare disegno sviluppato dai tecnici JETBeam per ottenere sempre le massime prestazioni. Led protetto da un vetro minerale antiriflesso, ampia parabola con anelli per limitare il surriscaldamento, design antirotolamento ed anello frontale in acciaio che può fungere da rompi vetri sono altre caratteristiche di rilievo. Tutto il corpo è realizzato in alluminio aeronautico T6061 T6 anodizzato Type HA III e permette di accoglie o tre batterie al litio CR123, anche in versione ricaricabile; in alternativa montando l’apposita prolunga è possibile impiegare quattro CR123 o due batterie 18650: potendo contare in questo modo su tempi di utilizzo superiori. Deputato ad accensione e spegnimento è un pulsante posteriore, circondato da un anello protettivo in acciaio, che consente anche la funzione momentary on (accensione momentanea, ad es. per effettuare delle segnalazioni). Due sono le modalità di funzionamento impostate: a testa completamente avvitata viene sviluppato il max, mentre svitandola la potenza scende a 10 lumens. Questa torcia è, inoltre, dotata del circuito I.B.S. - esclusiva JETBeam - che permette di selezionare a piacimento l’emissione luminosa del più basso dei due output, impostando una luce fissa dell’intensità voluta oppure una delle varie segnalazioni memorizzate o uno strobo. Robustezza ed affidabilità sono garantite dal rispetto delle stringenti specifiche di resistenza agli impatti US MILSTD-810F dell’esercito statunitense e dello standard IPX 8 (immersione a 3 mt per 30 min.) sull’impermeabilità. Un utile accessorio disponibile è l’interruttore remoto per comandare a distanza l’accensione della torcia.

OUTPUT E DURATE (indicative) Min Usando 3 batterie CR123: 10 Lumens per 150 h Usando 2 batterie 18650: 10 Lumens per 300 h Max Usando 3 batterie CR123: 700 Lumens per 1 h e 40 min. Usando 2 batterie 18650: 700 Lumens per 3 h SPECIFICHE • Diametro testa: 63 mm. • Diametro tubo/tappo posteriore: 25.4 mm (1 pollice). • Lunghezza totale: 198 mm. • Peso: 285 g. (senza batterie) Prezzo 165,00 euro (IVA inclusa, prolunga acquistabile al costo di 14,00 euro). www.coltelleriacollini.it TNM ••• 013


FATTI E MISFATTI FATTI E MISFATTI FATTI E MISFATTI accogliente, pulito e confortevole. Il giorno dopo ebbe inizio il corso, eravamo in 6: 2 ex legionari, 3 inglesi tutti ex Royal Army, ed io, l’unico pesce fuori d’acqua in quanto “ex special” di niente. I nostri istruttori erano ex 9 Para ed ex 22 SAS, e dopo le presentazioni di rito iniziammo a lavorare sul serio tutti i giorni dalle 08 alle 20, un’ammazzata soprattutto per chi non parla inglese fluentemente. I primi tre giorni furono di First Aid at work (primo soccorso) sia teoria che pratica con esami teorici e pratici tutti i giorni. Nei giorni seguenti iniziammo il corso di C.P. (Close Protection), veramente ben strutturato con lezioni teoriche e pratiche equamente ripartite, e immancabili test di fine giornata quando sei cotto come una pera. Alla fine dei 18 giorni, dopo aver superato un esame pratico della durata di 30 ore, sostenni anche l’esame per ottenere l’abilitazione al SIA: 60 test a risposta multipla collegati online direttamente al server del SIA Government, e alla fine dopo tanta fatica e soprattutto stanchezza, superai anche quello. Soddisfatto da un corso stupendo in cui non è mancato neanche il senso dell’umorismo con istruttori fantastici, severi ma umani, sempre pronti ad aiutarti ed a rispiegarti le cose anche mille volte senza mai alterarsi, dei veri uomini oltre che professionisti DI PASQUALE RICCI affermati, che sono stati capaci di creare un’esperienza che mi ha lasciato molto, anche alla luce delle amicizie fatte, torno a casa. Qui iniziano le dolenti note, mi collego al sito internet del SIA dove chiedo che mi venga spedito il form da compilare per avere la licenza, che non è gratis costa 245 pounds, dopo aver ricevuto il modulo, lo compilo gli allego tutti i documenti, C.I., Passaporto, carichi pendenti, ecc. e spedisco tutto. Dopo 15 Innanzitutto vorrei ringraziare la redazione di T.N.M. per avermi giorni mi ritorna tutto indietro con una lettera che mi informa che tutti i documenti devono essere tradotti da un istituto di dato l’opportunità di raccontare a tutti i lettori, ma soprattutto traduzione riconosciuto da loro, che volendo posso reperire sul agli operatori di sicurezza italiani che decidono di andare loro sito, e che, cosa più importante, avevo omesso di compilare nel Regno Unito a frequentare il corso per il rilascio della il campo obbligatorio del UK PASSPORT NUMBER… Vedendo licenza SIA con la speranza di lavorare in Inghilterra a cosa ciò mi chiesi: “ma questi hanno capito che, ringraziando Dio, vanno incontro. Una piccola premessa mi sembra doverosa: sono Italiano?”, comunque faccio tradurre i miei documenti (96 ho sempre sentito parlare da operatori e gente del settore Euro) e rispedisco tutto un’altra volta. Passano altri 15 giorni e della sicurezza molto più esperti di me di questa fantomatica questi mi rimandano tutto indietro un’altra volta ribadendo che licenza SIA, così ho iniziato una ricerca su internet dove ho volevano il numero del passaporto inglese, allora scrivo al mio trovato tutte le informazioni riguardanti questo brevetto, per istruttore che mi dice di mandare a lui la documentazione che cui ho deciso di trovare la società più seria e quotata che organizzava questi corsi. Dopo aver contattato svariati operatori avrebbe risolto il problema. Così il plico riparte per l’ennesima del settore soprattutto stranieri mi sono visto consigliare quasi volta, però ero convinto fosse l’ultima, e invece no, altro unanimamente la N.S.C. (National Security College). Contattata problema: la firma era illeggibile, non avevo mandato tutti i la segreteria della scuola ho prenotato un corso a febbraio documenti e soprattutto chi mi aveva tradotto i documenti non era riconosciuto da loro. A questo punto non ci ho più visto, ho 2010, e qui sono iniziati i primi intoppi. Due giorni prima di mandato una mail dicendo che poteva anche essere che mi partire fui chiamato da una segretaria del college la quale mi fossi dimenticato di mandargli un documento, ma per quanto avvertiva che il corso era stato posticipato a data da destinarsi riguardava la traduzione l’istituto era stato individuato sul per problemi logistici. In quel momento fui assalito dalla disperazione, soprattutto perché avevo già pagato interamente loro sito, quindi gli allego il link, e che se tutte le difficoltà erano dovute ad una natura razziale e non burocratica mi il corso, così ho richiamato la segreteria per esprimere tutta la mia delusione e le mie perplessità, ma mi hanno rassicurato sarei rivolto all’ambasciata italiana. Stavolta dopo 10 minuti ricevo una risposta, sempre via mail in cui mi dicono che dicendomi che il corso si sarebbe svolto molto presto, e che qualsiasi inconveniente economico avuto (tipo spostamento del non si spiegano neanche loro il problema ma tuttavia di biglietto aereo), se documentato, mi sarebbe stato rimborsato, rispedirgli un’altra volta il tutto che avrebbero provveduto anche se con qualche remora aspettai. Dopo circa un mese ad una rapida risoluzione. Cosa che ho fatto ma a tutt’oggi fui ricontattato nuovamente... ”Finalmente si partiva”. Giunsi non so ancora come stanno le cose, spero di darvi buone a Poole, nel sud dell’Inghilterra di fronte all’Isola di White, un notizie nel prossimo numero. A volte ci lamentiamo della posto bellissimo. Il 10 aprile fui sistemato in una camera del nostra burocrazia, ma pare che quella estera non abbia molto da invidiarci. “The Foundry Arms”, un tipico pub inglese, un posto molto

ODIS…S.I.A. PER UN ITALIANO UNA “STORIA INFINITA”

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DI ENRICO CERRETA

BLACK DEATH AL-QAEDA IN EAST AFRICA

L’assetto geopolitico dell’East Africa è perennemente esposto ad una situazione di instabilità a causa della debolezza dei sistemi democratici, della corruzione e del lento sviluppo economico. Ad aggravare tale scenario si aggiungono ciclicamente aspri scontri interetnici derivati da motivi storici, culturali e religiosi mai risolti. Inoltre, notevoli squilibri locali, sommati alle fallite opportunità di integrazione economica promosse dalla Banca Mondiale, hanno allargato le profonde fratture sociali, diffondendo una crescente sfiducia nella governance tra cittadini e Stato. Ciò ha contribuito alla penetrazione ed alla strumentalizzazione nei conflitti nazionali africani da parte di attori internazionali, che hanno precipitato il fragile quadro politico verso l’era della guerra TNM ••• 016

globale. Pertanto, l’East Africa già percorsa da crisi interne è stata sempre più coinvolta nei problemi che attualmente affliggono la comunità internazionale, quali la preoccupante crescita dell’Islam radicale e l’insidia prodotta dalla pirateria tra il Golfo di Aden e l’Oceano Indiano. Un caso particolarmente grave in questo quadrante geografico è rappresentato dalla Somalia. Stato virtuale, privo di un Governo nazionale dopo la caduta del dittatore socialista Siad Barre (1991), è in gran parte diventato una zona di guerra. Infatti, con l’assenza di un Governo in grado di esercitare il potere coercitivo e garantire la stabilità entro i propri confini, la Somalia è diventata una piattaforma del fondamentalismo islamico. Dal caos somalo sono emerse progressivamente sino a conquistare il controllo di molte aree nel centro-sud del Paese, le Corti Islamiche (ICU). Affermatesi anche con l’uso della violenza, utilizzata per strappare il controllo territoriale ai signori della guerra somali, le Corti hanno acquisito consenso tra la popolazione applicando strettamente la Shari’a per dirimere questioni di tipo legale. Tuttavia, pur essendo un’Unione di Corti al loro interno dimostrarono numerose differenze soprattutto derivate dallo stanziamento clanico che determinava una forte rivalità tra leader. Questo aspetto andò ad incidere prima di tutto sulle milizie, infatti Hassan Dahir Aweys – già coinvolto nel conflitto dell’Ogaden – si staccò dal sistema delle Corti per costituire il movimento guerrigliero, Hizbul Islam. Questo gruppo somalo di cui non esistono stime sul numero di effettivi è stato sostenuto dall’Eritrea in funzione anti-etiope a partire dal 2004. Dotata di ampi appoggi militari, Hizbul Islam, riuscì dopo aspri scontri ad ottenere il controllo di alcune aree di Mogadiscio (Giugno 2006), a quel punto Aweys provò a trasformare il successo militare in vittoria politica, trattando direttamente con il Presidente somalo Sharif Sheikh Ahmed per entrare a far parte del comitato esecutivo e compiere la transizione federale rimasta incompiuta. Tale richiesta venne respinta dal Presidente moderato, sicuro di poter garantire le funzioni del Governo provvisorio (TFG) attraverso la tutela esercitata dalle truppe ONU ed etiopi presenti in Somalia. Intanto Aweys cambiò tattica lanciando pericolosi proclami da Radio Shabelle,


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radicale definita dai mass media i “talebani neri” era già presente in Somalia, tuttavia divenne un temibile gruppo terrorista con l’arrivo di numerosi combattenti qaedisti che resero autonomo il gruppo, dotandolo di una branca finanziaria ed un ramo di intelligence. Nello specifico, tra gli elementi più in vista vi erano Salah Ali Saleh Nabhan nell’ala militare e Ahmed Godane in veste di ideologo. Tali leaders salafiti sono esponenti di Al-Qaeda fuggiti dall’Iraq parallelamente ai successi derivati dalla dottrina controinsurrezionale applicata dal Generale Petraeus (2007-2008). La saldatura tra i due gruppi terroristi divenne più chiara in base alle dichiarazioni di Zawahiri, che in un video rivolto a Nabhan, definiva i miliziani di al-Shabaab come suoi fratelli e leoni dell’Islam in Somalia. Da ciò emerse la necessità tra gli apparati di sicurezza occidentali di instaurare una incitando ripetutamente i somali ad imbracciare le più stretta collaborazione con le autorità etiopi, poiché armi contro le truppe etiopi di stanza a Baidoa (sudera incrementata la minaccia nell’area soprattutto a Somalia). Il clima di violenza esercitato da Hizbul causa delle modalità con cui venivano messi a segno Islam e da altri gruppi associati, stava rapidamente gli attentati in Somalia contro il Governo provvisorio, il conducendo le aree centro-meridionali del Paese corpo d’armata etiope e la missione di pace condotta verso una nuova insurrezione armata orchestrata ai dall’Unione Africana in Somalia (AMISOM). Infatti, danni dell’Etiopia. Nonostante la Somalia fosse una uomini-bomba ed esplosivi improvvisati posizionati al voce prioritaria nell’agenda della Banca Mondiale, bordo delle strade (IED), simili a quelli fabbricati da con oltre 40 progetti per risollevare lo standard di vita Al-Qaeda in Iraq, hanno ulteriormente aggravato lo della popolazione civile, ed una spesa complessiva che scenario politico-sociale del Paese. Ciò che di sicuro negli ultimi anni si è aggirata intorno ai 527 milioni le reti di intelligence occidentali temono, è che dalla di dollari; il Paese si stava avviando verso una nuova Somalia partiranno attentati sempre più distanti dal spirale di violenza. Tuttavia, questa volta la violenza territorio in cui sono stati concepiti. Tali timori si sono avrebbe scosso anche altri Paesi dell’East Africa oltre concretizzati dal momento che la minaccia islamista l’Etiopia, poiché i radicali avrebbero potuto sobillare le negli ultimi mesi sta alzando il tiro, distribuendo minoranze somale degli Stati limitrofi. Di fronte a tali su più livelli la spirale di violenza; a cominciare timori, l’Etiopia decise di invadere il Sud della Somalia dall’East Africa sino a riguardare l’intero panorama per restituire il potere al Governo provvisorio, ritenuto internazionale. inadeguato anche dagli osservatori internazionali. Con il Inoltre, la catena di attentati ad opera di al-Shabaab, sostegno finanziario USA, un notevole equipaggiamento culminata con la bomba esplosa in Uganda durante bellico proveniente dal Nord-Corea fatto passare i Mondiali di calcio (Luglio 2010) ha posto in allarme attraverso il Somaliland indipendente, l’Etiopia soffocò l’anti-terrorismo occidentale anche perché questo l’insurrezione armata in Somalia, mettendo in fuga gruppo non ha il solo intento sovversivo volto a da Mogadiscio il vertice di Hizbul Islam e ponendo respingere le forze che sostengono il Governo una taglia di 5 milioni di dollari sulla testa di Aweys; il provvisorio, bensì ha un progetto politico di matrice quale fu costretto a riparare in Egitto (2007). -Questa qaedista più ambizioso, ovvero la costituzione di un operazione militare, del tutto necessaria per porre emirato in East Africa che abbracci il sud-Somalia, la rimedio al pericoloso esperimento politico delle Corti regione etiope dell’Ogaden, il nord Kenya, Puntland, Islamiche provocò oltre 15.000 morti somali e un Somaliland e Gibuti. Da ciò sono emersi legami sempre milione di profughi, senza trovare una soluzione per più stretti relativi al gruppo somalo con l’ala qaedista infondere stabilità nel Paese. Anzi l’occupazione etiope algerina (AQIM) e, la consistente branca di Al-Qaeda aveva suscitato un profondo malcontento nel tessuto presente nella penisola arabica; resi ulteriormente sociale, ampliando ulteriormente il caos. Infatti, dalla plausibili dal momento che il ramo di intelligence di aldisfatta degli islamisti si fece spazio un gruppo armato Shabaab è guidato da Fazul Abdullah Mohammed. sino ad allora marginale rispetto al caotico panorama Tale nomina lascerebbe intravedere un coordinamento politico, al-Shabaab. Questa milizia islamica ultraTNM ••• 018


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unico tra questi tre gruppi sovversivi, allargando di conseguenza sia i propri interessi strategici che il numero di effettivi. Ciò porterebbe l’East Africa, ed in particolare la Somalia ad essere uno dei fronti più duri dello jihadismo internazionale. Attualmente, infatti la minaccia individuata dall’anti-terrorismo francese (DGSE) e britannico (MI-5) relativa a tutti gli Stati europei ha posto in luce un dato allarmante. Gli jihadisti arrestati di recente in Gran Bretagna e Francia provenivano da campi di addestramento somali (Settembre 2010), così come gli jihadisti introdottisi negli Stati Uniti attraversando la frontiera del Messico e fermati in Minnesota dall’FBI (2009). Le capacità operative di Al-Qaeda in East Africa si sono potute irrobustire attraverso il business di 200 milioni di dollari in riscatti versati ai pirati somali dalle compagnie navali durante gli ultimi due anni. Nonostante la forza navale internazionale (CTF-151) promossa dagli USA per creare un corridoio di sicurezza navale attraverso il Golfo di Aden, la più recente cooperazione NATO-Russia per contrastare le attività illecite ai danni del traffico navale diretto verso l’Oceano Indiano e l’embargo di armamenti voluto da Medvedev per la Somalia; non si è raggiunto il risultato di sconfiggere la pirateria. Tale obiettivo rimarrà difficile da conseguire esclusivamente con forze navali, almeno fino a quando il presumibile sostegno cinese alla pirateria somala non verrà adeguatamente affrontato. La pericolosità del gruppo terrorista e la massiccia presenza di combattenti qaedisti in East Africa ha indotto gli USA a contrastare il fenomeno terrorista in quest’area incrementando il proprio sostegno militare ai Governi dell’area, in particolare al Governo provvisorio del Presidente somalo Sharif Sheikh Ahmed. Infatti, questa scelta è stata incrementata soprattutto in vista delle elezioni politiche, che si terranno in Somalia nel 2011. Questa tappa ormai prossima potrebbe innescare in caso di esito positivo per le forze del Governo provvisorio, un processo che trasformerebbe il caotico panorama politico rimasto sino ad oggi vantaggioso soltanto per lo schieramento islamista. Infatti, la nascita di un Governo nazionale, dotato di una Costituzione valida per tutta la Somalia rappresenterebbe una pesante sconfitta politica per i piani sovversivi dei gruppi associati ad Al-Qaeda, andando di conseguenza ad incidere sull’intera area del Corno d’Africa. Pertanto, in questa prospettiva può essere osservato il problema somalo, dal quale discenderà tutta la lotta di potere in corso a Mogadiscio. L’area centro-meridionale del Paese resta il fronte principale della guerra in Somalia; in dettaglio è fondamentale per le forze che sostengono il Presidente Ahmed controllare la strada MogadiscioChisimaio, asse critico per la sicurezza del Governo provvisorio somalo. Lungo questa direttrice attualmente si concentrano gli interventi mirati da parte degli “american strike team” da ultimo la caccia nella città di Merca (sud di Mogadiscio) ad alti esponenti qaedisti, quali Ahmed Godane e Ali Mahmud Raage (portavoce di al-Shabaab, altrimenti noto come Muktar Robow). - Questa notizia è stata riportata dai mass media (26 Settembre 2010) come misteriosa comparsa di un elicottero dalle coste della Somalia, che ha aperto il fuoco su una casa per eliminare un meeting di islamisti. Probabilmente, l’incontro al vertice di al-Shabaab era importante per coordinare nuovi attacchi ai danni del Governo provvisorio e dell’AMISOM in vista del 2011. Questa fase di attesa ha scatenato una corsa contro il tempo per entrambi gli schieramenti somali, al fine di creare un clima vantaggioso ai propri interessi politico-strategici. Pertanto, a causa della minaccia sovversiva rappresentata da Al-Qaeda gli Stati dell’East Africa si troveranno nei prossimi mesi sul banco di prova, con elezioni politiche che si aggiudicheranno nuovamente sulla “canna del fucile”.


STORIE DI “TUTTI I GIORNI” STORIE DI “TUTTI I GIORNI” ST

DI GIANPIERO SPINELLI

IRAQ-BAGHDAD IMBOSCATA IN ROUTE IRISH

Gianpiero Spinelli e uomini della sicurezza irachena. Molti di questi uomini addestrati da Spinelli e da altri contractor italiani, perderanno la vita durante le varie imboscate della guerriglia Sunnita

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Bejii, ore 8.00 - Il team di Bejii 2, composto da tre veicoli suburban, si prepara per una missione di scorta verso Baghdad. La missione consiste nell’accompagnare il Security Manager di Bejii all’aeroporto di Baghdad. Dopo un controllo dei mezzi presso la base di K2, il convoglio inizia la sua missione in direzione Baghdad. Nel mezzo di punta (point car), un ford F 250 pick–up, ci sono tre contractors italiani: il primo alla guida, il secondo quale shooter ed il terzo alla mitragliatrice montata esternamente. Tutto procede per il meglio anche se tutti sono molto preoccupati per la situazione di insicurezza che in quei giorni devasta l’intero Iraq. A Baghdad, non appena entrato nella Route Irish, il convoglio viene attaccato da un auto in corsa che dall’altra corsia spara alcune raffiche e fugge via. Nessuno viene ferito ed il convoglio continua in direzione dell´aeroporto. Dopo pochi minuti dal primo agguato, circa 20/30 insorgenti attaccano il convoglio, scaricando raffiche di AK 47e RPKM da un ponte e da alcune abitazioni sul lato destro e sinistro della strada. Il convoglio è pesantemente colpito, ed uno degli italiani viene ferito da una pallottola al volto. lI Ford F 250 è seriamente compromesso, tanto che dopo pochi metri all’uscita di un tunnel si ferma perché il motore è danneggiato. Tutti escono dai mezzi e rispondono al fuoco degli insorgenti che ripiegano solo sotto il fuoco delle mitragliatrici di squadra. I contractors italiani e gli uomini della sicurezza irachena sono praticamente a piedi con un ferito ed un morto. L’auto con a bordo il Security Manager parte lasciando morti e feriti al loro destino. All’improvviso un mezzo con alcuni iracheni feriti ed un morto si ferma per prestare assistenza, ma i tre contractors italiani decidono di aspettare l’intervento dell´esercito americano e, sopratutto, di non abbandonare i feriti ed il corpo di un P.S.D. iracheno. Lanciato l’SOS, un altro contractor italiano di Rapallo ex paracadutista del 186º Reggimento di Siena, ascoltando la chiamata di emergenza dei suoi amici, eroicamente e da solo sale a bordo di un mezzo e dalla Green Zone decide di andare incontro agli amici in pericolo. L’imboscata sulla Irish Street è sicuramente considerata una delle più violente e micidiali dell´operazione O.I.F., e il comportamento dei P.S.D. italiani nonchè la loro reazione, venne riconosciuto dagli americani, i quali ringraziarono ed elogiarono la grande professionalità degli italiani.


TORIE DI “TUTTI I GIORNI”


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DI FABIO GIANGOLINI

LA PIRATERIA MARITTIMA

NELL’OCEANO INDIANO L’elicottero Lynx della marina militare olandese piomba sul ponte della nave cargo “Taipan”, annunciandosi con brevi raffiche di mitragliatrice. Il mitragliere al portellone sta sparando attraverso i vetri del ponte di comando, per convincere i pirati che hanno dirottato la nave a tenere basse le teste. Pochi secondi dopo, dal portellone dell’elicottero, gli uomini delle forze speciali si calano tramite fast rope su alcuni container sottostanti ed iniziano ad aprirsi la strada verso il proprio obiettivo. Nell’arco di pochi minuti, tutti i dirottatori somali sono catturati senza sparare un colpo, e l’equipaggio viene liberato illeso. Quello appena descritto è uno dei rari casi di intervento armato da parte delle forze di sicurezza di un Paese occidentale nell’Oceano Indiano. Prima degli olandesi, solo la US Navy aveva risposto con tale decisione ad atti di pirateria marittima contro mercantili, con l’eliminazione di tre dirottatori da parte dei tiratori scelti del SEAL (Sea Air Land). Oggi la pirateria (in particolar modo quella che minaccia le rotte commerciali al largo delle coste somale) rappresenta una delle priorità sull‘agenda della comunità internazionale, con l’UE e gli Stati Uniti a garantire una presenza fissa nell’area di crisi.

DALLO STRETTO DI MALACCA AL CORNO D’AFRICA Una delle prime regioni del globo ad essere interessata in tempi recenti da fenomeni di pirateria marittima è stato lo stretto di Malacca. Situato tra la Malesia e Singapore, lo stretto si estende per 900 chilometri e rappresenta la più importante rotta commerciale tra i Paesi produttori di greggio e l’estremo oriente. Nel 2004 vi si sono verificati il 40% degli atti di pirateria marittima mondiale, spingendo Indonesia, Malesia e Singapore a lanciare una serie di missioni di pattugliamento volte al contrasto del fenomeno. A seguito dell’iniziativa, gli attacchi contro le navi in transito nello stretto sono scesi da settantanove nel 2005 a cinquanta nel 2006, con un ulteriore marcata diminuzione nel 2009. Di contro, TNM ••• 022

con l’acuirsi di crisi regionali, aree quali la costa della Somalia ed il Golfo di Aden hanno registrato un aumento degli episodi di pirateria. Il 22 Agosto 2008, per proteggere le rotte commerciali nel Golfo di Aden, è stata stabilita una Maritime Security Patrol Area, ovvero un’area sottoposta a continuo monitoraggio da parte di un contigente navale multinazionale costituito da sedici Paesi. La presenza militare ha mitigato però solo in parte il problema. Gli attacchi nel Golfo sono continuati nel corso del primo semestre del 2009, per fermarsi durante il mese del Ramadan e riprendere al termine della stagione dei Monsoni. Il 2009 ha visto inoltre un incremento degli incidenti al largo delle coste est della Somalia ed il trend per il 2010 sembra in aumento. I pirati Somali hanno allargato la loro zona d’operazione, arrivando a lambire Kenya, Tanzania, Seychelles,


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Madagascar, l’Oceano Indiano oltre i 69 gradi est di longitudine ed il Mare Arabico in prossimità dell’Oman. La tecnica per abbordare le navi mercantili è sempre la stessa: i pirati compaiono a bordo di lance e piccole imbarcazioni (probabilmente lanciate da “navi madri”) e non esitano a far fuoco con fucili d’assalto AK-47, mitragliatrici leggere ed RPG (Rocket Propelled Grenade) per assaltare i vascelli.

I PIRATI: CHI SONO E COME SI FINANZIANO La tendenza di numerosi governi al pagamento di riscatti milionari per il rilascio delle navi e dei loro equipaggi, ha portato i signori della guerra somali a facilitare tali attività, spartendo i proventi con i pirati. La maggir parte dei pirati operanti nell’area del corno d’Africa ha un’età compresa tra i 25 ed i 30 anni, e proviene dal Puntland, regione nord orientale della Somalia. Secondo uno studio pubblicato dal think thank Globalsecurity.org, esistono attualmente quattro gruppi di pirati operanti nella regione. La National Volunteer Coastguard, al comando di Garaad Mohamed, è specializzata nell’intercettare piccole imbarcazioni lungo la costa di Chisimaio, nel sud della Somalia. Il Merca Group, guidato da Yusuf Mohammed Siad Inda’ade, è meno organizzato e costituito da piccoli gruppi sparsi nei pressi della citta’di Merca, a sud. Il Puntland Group è invece prevalentememte formato dai pescatori del Puntlan, mentre i Marines Somali risultano ad oggi essere il gruppo piú forte e sofisticato, con un’organizzazione di tipo militare. Le armi vengono prevalentemente acquistate in Yemen e sul mercato nero di Mogadiscio. Si tratta di fucili d’assalto AK-47, RPG-7, mitragliatrici leggere e pistole semi automatiche quali la TT-30, tutte armi quindi di manifattura russa. Le operazioni vengono finanziate attraverso un sistema di tipo borsistico, con i finanziatori che acquistano

le azioni degli attacchi in programma. La borsa era situata ad Harardhere,nel centro della Somalia, ma l’arrivo in città nel Maggio 2010 di membri delle milizie islamiche di Hizbul Islam (Partito Islamico), ha costretto molti pirati a fuggire altrove. A tale sistema si aggiungono le offerte dei migliaia di rifugiati somali presenti nei Paesi occidentali, sotto forma di soldi, equipaggiamento ed informazioni. Il pagamento dei riscatti per la liberazione delle navi e degli equipaggi sequestrati è oramai una consuetudine. Quando un ministro degli esteri afferma che si è giunti alla liberazione di una nave “attraverso canali diplomatici”, sta in effetti celando il pagamento di un riscatto. I soldi sono normalmente inseriti all’interno di sacchi di liuta lanciati da elicotteri, posti all’interno di contentitori stagni lasciati su piccole barche, o lanciati tramite paracadute sul ponte delle navi dirottate, come nel caso della “Sirius Star” nel Gennaio 2009. Una volta impossessatisi del denaro, i pirati procedono ad autenticarlo rapidamente, per mezzo di macchinette conta banconote provenienti da Dubai o Gibuti.

NAVFOR, ATALANTA E PSC Al momento attuale sono due le missioni principali anti pirateria nele acque del corno d’Africa. Sotto “Ocean Shield” operano i Paesi membri NATO, mentre “Atalanta” è il nome dato alla missione UE nell’area. Ad esse va ad aggiungersi la Combined Task Force 151 operata dalla Quinta Flotta USA. Lo scopo della missione NATO è quello di agire quale deterrente e disturbare le azioni di pirateria, e si basa su di un principio di difesa multi strato, con parte delle unità ad incrociare nei pressi delle coste dalle quali partono gli attacchi ed i rimanenti vascelli a pattugliare le rotte mercantili. Il Commodoro Steve Chick (Royal Navy) al comando di “Ocean Shield”, spiega come lo scopo delle forze dispiegate sia quello di


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sventare eventuali attachi prima che questi possano avere luogo. Se viene fermata una barca con armi, strumenti per la scalata delle fiancate delle navi e carburante in eccesso, tutto l’equipaggiamento viene gettato in mare. L’arresto per atti di pirateria può avvenire infatti solo in flagranza di reato. La procedura attualmente in uso, non impedisce ovviamente ai potenziali aggressori di rifornirsi e cercare di colpire nuovamente. Ai pirati sono neccessari in media venti minuti per catturare una nave. “Non appena arriva una richiesta di soccorso da un mercantile sul canale d’emergenza 16, ci alziamo in volo”, spiega il pilota di un Lynx inglese. “Finché i pirati sono in mare possiamo

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ingaggiarli, ma se riescono a mettere piede sul ponte, allora la responsabilità d’intervento passa nelle mani delle forze speciali”. A causa dei rischi connessi ad un assalto, la maggior parte dei governi preferisce pero’pagare riscatti milionari. Il primo passo per scongiurare tali attacchi é quindi quello di prevenirli facendo transitare i mercantili attraverso l’Internationally Recommended Transit Corridor, un corridoio di sicurezza nel Golfo di Aden sotto costante osservazione. Diverse contromisure possono inoltre essere adottate dagli equipaggi stessi. Tra queste rientrano l’impiego di manovre atte a creare onde anomale che capovolgano le piccole imbarcazini degli aggressori, il fissaggio di filo spinato lungo i parapetti delle navi e l’uso di idranti per respingere chiunque tenti di scalarne le fiancate. Un metodo meno ortodosso, ma sicuramente piú efficace, è invece quello impiegato dall’equipaggio del mercantile cinese “Zhenhua 4”, che nel Dicembre 2008 ha sventato un tentativo di dirottamento lanciando bottiglie molotov contro gli aggressori. Il 17 Novembre 2009 l’UE ha lanciato l’operazione “ATALANTA”, volta a proteggere le navi del World Food Programme recanti aiuti umanitari e di AMISOM (African Union Mission Somalia) da atti di pirateria. Alla missione, condotta nell’ambito della European Security Defence Policy, partecipano assetti provenienti da Italia, Belgio, Francia, Germania, Grecia, Olanda, Malta e Spagna, supportati da


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Ucraina e Norvegia. Le navi della missione offrono convogli di scorta operanti dai vari porti ad orari prestabiliti. Il costo sostenuto da una nave per attendere in porto la partenza del prossimo convoglio militare di scorta, è però proibitivo, ed è per questo che un crescente numero di compagnie si sta affidando ai servizi offerti da Private Security Companies (PSC), specializzate nel settore della sicurezza marittima. L’impiego di questo tipo di compagnie e’dettato dalla loro possibilità di adattarsi alla tabella di marcia del mercantile, laddove gli assetti militari operano invece seguendo orari prestabiliti.

UN QUADRO LEGISLATIVO INCERTO Ogni qual volta dei pirati vengono catturati, essi sono processati attraverso il sistema legale di uno dei Paesi nella regione, molto spesso il Kenya. Diverse delle nazioni africane piú stabili non sembrano però pronte ad accogliere centinaia di pirati nelle loro prigioni. L’UE sta cercando a tal proposito di raggiungere un accordo con il governo delle Seychelles, per fare in modo che i pirati catturati possano essere processati ed internati nel Paese. Secondo Jaap de Hoop Sheffer, ex segretario della NATO, una possibile soluzione potrebbe essere costituita dall’istituzione di un tribunale internazionale, che si occupi dei crimini connessi alla pirateria marittima. Un efficace esempio del caos legislativo nel quale le missioni multinazionali si trovino a dover operare,

è dato da un recente episodi avente quale protagonista la marina militare russa. Nel corso della prima settimana del Maggio 2010, i suoi commandos hanno ripreso il controllo della petroliera russa “Moscow University”. Dopo un primo momento nel quale sembrava che i dirottatori sarebbero stati trasferiti a Mosca per il processo, le autorità hanno dichiarato di essere state costrette a liberarli a causa di una “imperfezione” nelle leggi internazionali. Non è chiaro a che tipo di imperfezione le autorità russe facciano riferimento, ma non sono in pochi a pensare che Mosca abbia invece deciso di eliminare i dieci dirottatori senza il bisogno di costosi processi.

IL FUTURO Non vi è ombra di dubbio come la risoluzione del problema della pirateria marittima nel corno d’Africa, passi necessariamente attraverso la stabilizzazione della regione. Nove Paesi stanno cooperando per sviluppare le proprie capacità nel combattere la pirateria marittima. Si tratta di Gibuti, Etiopia, Kenya, Madagascar, Maldive, Seychelles, Somalia, Tanzania e Yemen. A Gibuti le forze di sicurezza francesi stanno addestrando le forze armate somale, mentre la stessa Gibuti sta addestrando 200 membri della guardia costiera, i quali prepareranno a loro volta i propri colleghi in Somalia. Un aiuto alla stabilizzazione del Paese, lo sta dando anche l’UE con la missione EUTM (European Training Mission Somalia), per l’addestramento a Kampala, in Uganda, di 2000 soldati delle forze armate somale.


OPERAZIONI TATTICHE IN AMBIENTE URBANO OPERAZIONI T Kandahar - Afganistan Militari inglesi membri del Royal Logistics Corps durante l’operazione “TOUR”

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TATTICHE IN AMBIENTE URBANO OPERAZIONI TATTICHE IN AMB

DI HUNTERONE 74

CLASSIFICAZIONE DELLE MODERNE DOTTRINE RIGUARDANTI IL COMBATTIMENTO IN AMBIENTE URBANO

I recenti avvenimenti internazionali, legati alle drammatiche azioni di matrice terroristica, hanno messo in evidenza i rischi concreti verso i quali la società moderna può incorrere. Al verificarsi di tali possibilità, le forze di polizia, così come le forze armate devono saper dimostrare attitudini oramai divenute standard comunitarie in ambito NATO. Secondo recenti studi, i più probabili Combat Settings (luoghi di contatto e scontro), richiedono abilità collaudate sul campo e nel tempo, per mantenere una percentuale di perdite tollerabile (25-30%). Attualmente, come del resto hanno dimostrato le varie crisi in Bosnia, Cecenia, Somalia, Afghanistan, Iraq, Brasile ed Israele, il 75% degli scontri a fuoco avviene in ambiente urbano. L’U.S. ARMY ha inoltre affermato che la quasi totalità degli ingaggi a fuoco avviene in condizioni di scarsa visibilità, in presenza di civili, da una distanza che varia da 40/50 metri per le operazioni urbane di tipo convenzionale ed a 5/10 metri per il combattimento a corta distanza, meglio conosciuto come CQB (Close Quarter Battle). Con questi dati sono intuibili le reali difficoltà delle operazioni condotte in questo particolare scenario considerato il più pericoloso e sicuramente il più ricco di insidie.

Le operazioni in ambiente urbano hanno una caratteristica unica che le differenzia dalle altre: la multidimensionalità, cioè la possibilità di operare in tre sotto- scenari facenti parti di un unico contesto. Questi sotto-scenari sono rappresentati dalle vie sotterranee (gallerie, sotto-passaggi, metropolitane e canali di scolo) cioè qualsiasi struttura urbana situata al di sotto del manto stradale, dalle strade e dagli edifici. É importante ricordare, indipendentemente che si tratti di una grande metropoli o di un piccolo villaggio, che ogni ambiente urbano ha un sistema di identificazione che consiste in una relazione tra terreno, infrastrutture e società. Ciò è dimostrato dal fatto che la complessità architettonica e la geografia delle aree urbane è in costante processo di mutamento, e rende necessaria, di conseguenza, una costante attualizzazione dell´addestramento, delle informazioni e degli equipaggiamenti. Ogni ambiente urbano trasmette all´operatore dati importantissimi riguardo le tradizioni, la cultura, gli usi e costumi e le varie problematiche sociali delle popolazioni che vi abitano. La struttura di ogni ambiente urbano varia in funzione della storia, della cultura dei suoi abitanti, dello sviluppo economico e del clima: elementi che ne definiscono sia l’architettura, sia la scelta dei materiali di costruzione. Tutte le operazioni in aree urbane sono catalogate con l´acronimo inglese di MOUT ( Military Operation on Urban Terrain ). Questo tipo di operazioni normalmente coinvolgono un ristretto numero di truppe che agiscono con l´obbiettivo di occupare, presidiare o mettere in sicurezza determinate aree di interesse strategico. Gli operatori impiegati in questo tipo di operazioni, frequentemente, possono trovarsi a fronteggiare elementi ostili ad una distanza variabile dai 40/50 fino ai 100 metri. Le loro azioni tendono a neutralizzare unità ostili, oppure semplicemente a destrutturarle. Nelle forme operative più avanzate la neutralizzazione è selettiva, distinguendo così gli obiettivi di interesse militare e non. Normalmente le azioni sono condotte da unità convenzionali congiunte a forze speciali con capacità tecniche e d´intervento altamente specializzate. Nel caso in cui l’azione si svolga all´interno delle cosiddette aree confinate, cioè all´interno di case ed edifici, dove le distanze di contatto e d’ingaggio si riducono a circa


OPERAZIONI TATTICHE IN AMBIENTE URBANO

5/10 metri, l´operazione viene denominata CQB (Close Quarter Battle). Questa modalità di intervento viene definita di tipo selettivo e chirurgico (surgical operation) ed ha come obbiettivo la neutralizzazione di bersagli selezionati e riconosciuti, riducendo tendenzialmente a zero il coinvolgimento di persone non identificate come “Target”. LA DIFFICOLTÀ E LA PERICOLOSITÀ NELLO SVOLGIMENTO DELLE OPERAZIONI IN AMBIENTI URBANI Come spiegato precedentemente, queste tipologie di operazioni comportano delle difficoltà oggettive, imputabili, come abbiamo visto, allo scenario operativo complesso ed articolato, che offre all´elemento

Helmand-Afganistan Royal Marines Commandos inglesi impegnati nell’operazione “SON CHARA”

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ostile una maggiore possibilità di movimento ed interazione con l’ambiente circostante. Ciò e’ dovuto principalmente ad una migliore conoscenza del territorio che offre al nemico maggiori elementi di protezione. Ogni volta che un team o un plotone si apprestano ad occupare un ambiente urbano, ad entrare all´interno di un compartimento per neutralizzare un elemento ostile o a liberare un ostaggio, sono perfettamente consapevoli che i rischi di cadere durante l´azione sono molto elevati. Ogni angolo, ogni porta, ogni centimetro calpestabile potrebbero nascondere un pericolo. Per questo motivo le dottrine operative devono essere costantemente riviste in base alla tipologia dell’azione da condurre. In particolare, nelle città moderne, spesso caratterizzate da abitazioni ed edifici sviluppati su vari livelli di altezza e spazi ristretti, l´utilizzo di procedure altamente chirurgiche, rapide e dinamiche, danno la possibilità al singolo operatore di selezionare e neutralizzare gli elementi ostili, con una significativa riduzione di perdite tra i civili. Queste metodologie operative risultano molto complesse, ed obbligano l’operatore ed il team impiegato ad un costante addestramento specialistico. Tale addestramento deve essere in grado di riprodurre tutte quelle situazioni improvvise che ogni operatore deve essere addestrato a gestire con raziocinio, determinazione ed immediatezza. Il successo di ogni operazione dipende da molteplici fattori ma in particolare quello umano é sempre il più importante poiché determina, il più delle volte, la differenza tra il vivere o il morire!


COLTELLI 100% TATTICI Pohl Force GmbH è una società specializzata nello sviluppo di coltelli da combattimento e da escursione. L’azienda è guidata da Dietmar Pohl, designer di lame rinomato a livello internazionale. Grazie ai rapporti di collaborazione con unità speciali di forze armate e di polizia in tutto il mondo, Pohl Force è riuscita a sviluppare coltelli adatti ad ogni scenario operativo e in grado di coniugare prestazioni di prim’ordine ad un design moderno e funzionale. Pohl Force utilizza solo materiali di alta qualità: che si tratti di acciaio, polimeri o materiali naturali come legno e cuoio. Tutte le lame sono progettate per poter essere usate anche in modo gravoso, partendo dal presupposto che i principali acquirenti saranno appartenenti a forze dell’ordine o reparti militari oppure appassionati di attività outdoor: persone che dovranno fare affidamento sulla bontà del loro coltello anche in situazioni limite.

Tra i molti tipi di acciai inox utilizzabili, Pohl Force ha volutamente evitato di impiegare quelli sinterizzati, che hanno prestazioni di alto livello ma sono anche molto costosi e difficli da manutenere. Pohl Force predilige la filosofia del noto statunitense coltellinaio Jimmy Lile: cioè utilizzare acciai adatti ad ogni tipo di situazione, bilanciati nella composizione, robusti e di facile manutenzione quali l’inox 440C e il carbonioso D2.

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DI MAURIZIO MARTUCCI

L’ESSENZIALE SI CHIAMA

COHORT - 1 TNM ••• 032


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La P.P.S. è una delle aziende più blasonate nel mondo del law enforcment in quanto i prodotti sono costruiti a misura di operatore, infatti sono di fattura semi-artigianale e configurabili su richiesta. Le particolarità, di questo capo sono indubbiamente la semplicità costruttiva e l’esatto dimensionamento del complesso. Per raggiungere questo standard i produttori hanno sviluppato il progetto direttamente in area operativa, essendo a loro volta operatori di sicurezza in aree di crisi.

COME SI PRESENTA: Il cohort -1 è un body armour molto compatto, destinato all’uso in ambienti ristretti e urbani. Il modello in prova ha una struttura standard, senza parti extra; presenta il sitema MOLLE, su richiesta, su tutta la superficie visibile, esattamente troviamo 6 file da 8 pals sulla parte frotale (leprime2 file in

alto sono ricoperte ed intervallate da velcro per la sospensione dei lembi di chiusura delle tasche porta caricatori; la parte posteriore presenta 6 file, 2 da 6 pals ricoperti ed intervallati da velcro e 4 file da 8 semplici, inoltre troviamo una massiccia maniglia di sicurezza; sulle spalle troviamo 4 file da 2 pals 3 delle quali velcrate, queste servono per la sospensione delle maniglie di trazione (innovazione che agevola molto le manovre di apertura e chiusura del Body Armor), idem per i fianchi dove troviamo 3 file da 4 pals, con velcro tra le file per bloccare le maniglie. Aprendo tutte le chiusure del body Armor si divide in due semi gusci, su quello frontale troviamo i flap velcrati , ogni zona presenta due falde che formano una chiusura a sandwich, questi presentano le maniglie per agevolare le manovre di vestizione, inoltre sulla parte interna sono visibili delle strisce di velcro all’altezza delle spalle, queste per creare dei passanti in caso di impiego non


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IMPRESSIONI: Ho indossato il body armor completo di protezioni per circa 6 ore e svolto varie attività motorie: trekking, progressione stealth , r.a.i. offensiva e difensiva ecc. Il cohort-1 si è dimostrato molto versatile per le operazioni a rapida progressione, senza ostacolare in nessun modo rilevante i vari movimenti del corpo. Ia cordura usata è ottima, leggera e resistente; per non parlare delle cuciture formate da tre battute intrecciate, che conferiscono alla struttura un’ottima solidità. Il body Armor scarica bene il suo peso distribuendolo sulla parte alta del corpo in modo omogeneo; l’adozione del solo velcro e cordura ha aumentato il confort nel porto prolungato. Per attività di piantonamento aumenterei la superficie protetta con le parti opzionali dedicate. In conclusione il COHORT -1 è, nella sua semplicità e precisione costruttiva, la soluzione migliore per l’operatore più esigente.

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convenzionale del body o per stabilizzare il body indossato. Il semiguscio posteriore ha gli estremi velcrati sia sul fronte che sul retro, anche qui sono presenti le maniglie di manovra. Passiamo ai vani porta piastre. All’interno del semiguscio ci sono due vani,grazie ad una maniglia apriamo il divisorio ed inseriremo la piastra SAPI livello III o IV , lo spazio è abbondante tanto da poter inserire una piastra più larga, per stabilizzare l’inserto la P.P.S. ha pensato di apporre strisce di velcro lungo le pareti della sacca; chiudendola le parti non a contatto con la piastra si serrano riducendo lo spazio circostante, il sistema è molto efficace infatti non ci sono movimenti anomali dell’inserto. Nel secondo scomparto trova posto la soft armour livello IIIA, la dimensione è la stessa del primo vano ma, a differenza della piastra ceramica, questa è più larga, da qui notiamo quanto precisa sia stata la realizzazione del body armor, lo spazio è conformato per gli inserti Point Blank liv. III A e non permette variazioni di modulo. Il divisorio è in cordura sottile spalmata per conferirne una maggiore resistenza. Il sistema di ritegno dei due vani è affidato ad una grossa striscia di cordura velcrata. Il primo approccio con il body è stato superlativo, infilato a casacca, è stato deduttivo prendere le maniglie e richiuderle sulla parte anteriore, il secondo passaggio è quello di chiudere i secondi flap per serrare il sistema.Il body calza perfettamente ed è aderente al corpo.Una volta indossato si ha l’impressione di non aver nulla addosso tanto da sentirsi in alcune zone del corpo scoperti, in particolare impugnando una carabina e andando in puntamento non si trova nessuna resistenza nello stringere le braccia, merito della sagomatura del body, come già detto, sviluppato a misura di operatore; provandolo in auto, durante una simulazione d’ingaggio e partendo dal lato guida, gli spostamenti per defilarsi all’esterno del mezzo sono fluidi, il body non intralcia le manovre, lo si sente appena. Da notare che la copertura termina all’altezza dell’alto addome, quindi una zona è parzialmente scoperta. Per rendere completo il sistema, la PPS ha prodotto degli optional da aggiungere al body armour, parliamo dei porta piastre per i deltoidi, para collo, para inguine.


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SCHEDA PRODOTTO MARCA: Personal Protective System MODELLO: cohort-1 CATEGORIA: body armor COSTRUZIONE: semi-industriale MATERIALI: cordura, velcro PREZZO: da 375,00 $ ( in base alla configurazione) TEMPI DI LAVORAZIONE: da 1 a 12 mesi E-MAIL: info@p2sys.com


JOINT SPECIAL OPERATIONS COMMAND JOINT SPECIAL OPER DI FABIO GIANGOLINI

LA CACCIA AD AL-ZARQAWI “Controterrorismo industriale” è stata la definizione coniata per descrivere la strategia adottata dal Generale Stanley McChrystal in Iraq, a capo del Joint Special Operations Command (JSOC) dal Settembre 2003 al Giugno 2008. Il JSOC sovrintende alle operazioni delle forze speciali appartenenti al Tier 1 (Delta Force e SEAL Team Six), del 24th Special Tactics Squadron e dell’Intelligence Support Activity della CIA. In qualità di comandante della struttura che sovrintende alle operazioni cosidette “black” del Governo USA, McChristal avrebbe mosso un’impressionante macchina da guerra per distruggere le infrastrutture di Al Qaeda in Iraq ed eliminare il suo capo, lo spietato Abu Musab al-Zarqawi.

verso l’obiettivo via terra ed a bordo di elicotteri. Nonostante la partecipazione del SAS a queste operazioni di cattura, la missione principale per l’unità rimaneva comunque quella di trovare le armi di distruzione di massa del regime iracheno. Ma nell’estate del 2003, quando divenne chiaro che dell’arsenale in questione non era rimasta alcuna traccia, il SAS ricevette nuovi ordini, che lo autorizzavano a spostare il fulcro della propria missione in Iraq, dalla ricerca dell’arsenale NBC di Saddam, alla neutralizzazione di qualsiasi tipo di minaccia all’incolumità delle forze della coalizione. Nella notte di Halloween del 2003, un convoglio composto da due dozzine di operatori del SAS si diresse verso Ramadi, nei cui dintorni si trovava in attesa un distaccamento della Delta. La OPERAZIONI CONGIUNTE missione era quella di catturare un jihadista sudanese operante come facilitatore per l’entrata di terroristi in Iraq. Nei giorni Alla conquista di Baghdad nel Marzo 2003, gli operatori del JSOC precedenti, l’intelligence USA aveva intercettato conversazioni avevano stabilito il loro quartier generale nel Baghdad International telefoniche tra il soggetto ed altri individui sospetti e, non appena Airport, ma con il passare dei mesi e le mutate esigenze operative, la posizione del terrorista venne confermata, era stata data luce la Delta Force ed i Rangers a loro supporto avevano deciso di verde per l’operazione “Abalone”. I distaccamenti avrebbero spostarsi in una villa a Baghdad, nell’area che sarebbe presto fatto irruzione in alcune abitazioni ubicate in una zona rurale. A divenuta nota con il nome di Green Zone. Trovarsi esattamente supportare l’attacco, vi sarebbe stato un plotone di veicoli corazzati nella capitale, piuttosto che al Baghdad International Airport, Bradley. Due edifici vennero assaltati in contemporanea dal SAS aveva un senso a causa della frequenza con la quale venivano e dalla Delta Force. Mentre la prima abitazione venne bonificata lanciate operazioni contro gli insorgenti ed i jihadisti presenti senza particolari incidenti, la squadra del SAS che aveva l’ordine nella capitale. Anche lo Special Air Service (SAS) e lo Special Boat di prendere una casa circondata da un muro di cinta, si trovò Service (SBS), che costituivano immediatamente sotto il tiro di AK-47 ed RPG. Coperti da alcuni la Task Force Black, vennero colleghi appostati sul tetto di un edificio, gli operatori dovettero dopo poco tempo spostati ritirarsi. Sotto il fuoco nemico cadde il Caporale Ian Plank, mentre dall’areoporto a Baghdad, un sottufficiale rimase ferito. Alla Delta Force venne quindi nell’edificio adiacente a quello ordinato di assaltare la casa, con il supporto dei cannoni da 25mm occupato dalla Delta. Dopo e dei missili TOW dei Bradley. Il SAS continuò la propria missione l’operazione “Row”, che attaccando una terza abitazione. Un insorgente venne ucciso, aveva visto le forze speciali mentre altri tre (tutti stranieri) furono catturati, anche se non fu mai britanniche partecipare chiaro se tra questi ultimi vi fosse l’obiettivo della missione o se alla presa del nord-ovest questo fosse stato ucciso nel corso dell’operazione. dell’Iraq insieme ai colleghi CONTROTERRORISMO INDUSTRIALE statunitensi ed australiani, SAS ed SBS erano rimasti Il punto di svolta nelle operazioni controinsurrezionali in Iraq lo si privi di mezzi di locomozione, ebbe con l’arrivo in Settembre del Generale Stanley McChrystal. potendo contare solo su di Ex comandante del 75th Ranger Regiment, ed ora alla guida del una manciata di Land Rover JSOC, McChrystal impresse un’accelerazione senza precedenti e SUV. Trovarsi nello stesso alle missioni contro obiettivi d’interesse, tanto che con lui si arrivò complesso con gli operatori a parlare di “controterrorismo industriale”, per l’elevato numero della Delta, consentiva quindi Membro della Task Force “Black” di raid che si susseguivano ogni notte. McChrystal individuò alla Task Force Black di innanzitutto la necessità di ottenere informazioni aggiornate e avvalersi dei mezzi dei colleghi statunitensi. Parte di un muro dettagliate, a supporto delle operazioni dei suoi uomini. Il Generale confinante venne abbattuto, e ben presto si creò uno scambio di operatori tra i due edifici. Venne allestita una piazzola d’atterraggio era conscio che la scarsa attendibilità dei dati sui movimenti di figure chiave del regime e jihadisti, avrebbe minato i risultati alle spalle del complesso, che fu ribattezzato Mission Support della Coalizione e provocato perdite tra militari e civili. Al di fuori Station “Fernandez” (in memoria del Master Sargeant Georg del nord, sotto il controllo curdo, la CIA non aveva all’epoca Fernandez della Delta Force, ucciso in Aprile nel nord del Paese alcuna capacità di raccolta informazioni in Iraq, dato che le reti dai terroristi di Ansar al-Islam), mentre la Task Force Black di informatori dell’agency erano state smantellate negli anni ’90 chiamò la propria parte dell’edificio “The Big Brother House”. dall’amministrazione Clinton, convinta che fosse possibile affidarsi Questa stretta convivenza non poté che portare le forze speciali inglesi ed americane ad operare congiuntamente. Il 16 Giugno, agli alla tecnologia piuttosto che alle risorse umane per la raccolta di informazioni. McChrystal allestì quindi la sua rete di spionaggio operatori venne ordinato di arrestare Abid Hamid Mahmoud alTikriti, baathista e quarto nella lista dei “most wanted”. Il bersaglio e spostò il quartier generale del JSOC dall’aeroporto di Baghdad venne catturato nella città di Tikrit, con il SAS e la Delta trasportati (Camp Nama) alla base aerea di Balad, mettendovi a capo il TNM ••• 036


RATIONS COMMAND JOINT SPECIAL OPERATIONS COMMAND JOINT Membri della Task Force “Black”

comandante della Delta Force. Il Generale integrò poi nella struttura i servizi di informazione di tutte le branche delle forze armate, mettendo i dati raccolti a disposizione degli operatori del JSOC, che potevano beneficiare anche delle informative provenienti da speciali uffici informativi, creati da Mc Chrystal in tutto il medioriente. Questi facevano pervenire rapidamente le informazioni raccolte al JSOC, evitando i passaggi burocratici imposti dalle ambasciate USA nei vari Paesi. Entro la fine del 2004, il network informativo costruito da McChrystal era pienamente operativo e la sua macchina da guerra si preparava a colpire il network del terrore in Iraq. Tra gli obiettivi di McChrystal vi era quello di interrompere il flusso di terroristi stranieri infiltrati da Siria, Arabia Saudita ed Iran. E’per questo che il JSOC supporterà nel Febbraio 2004 l’operazione “Aston”, condotta dalla Task Force Black a Baghdad, contro un gruppo di jihadisti provenienti dall’Iran. Nel frattempo le forze speciali britanniche avevano finalmente ottenuto i loro elicotteri ed il supporto informativo del Secret Intelligence Service (meglio noto come MI6), ma per farlo avevano dovuto sacrificare la propria autonomia. Da quel momento in avanti, le operazioni della Task Force Black non sarebbero più state dirette dal Directorate of Special Forces, bensí dal Chief of Joint Operations, l’organo a capo delle operazioni delle forze britanniche a livello mondiale. La seconda conseguenza di questa decisione, fu che la Task Force Black dovette iniziare a distanziarsi dal JSOC, per via del divieto di consegnare prigionieri alle forze USA, nel caso vi fosse stato il sospetto che questi potessero essere trasferiti in Afghanistan o presso la struttura detentiva del JSOC a Balad dove, si dice, venivano impiegati metodi di coercizione fisica e psicologica sui prigionieri sottoposti ad interrogatorio.

“Snake Eyes” il JSOC intendeva supportare le operazioni delle forze regolari nelle città di Aditha, Ramadi e Fallujah, tappe intermedie nel viaggio dei jihadisti provenienti da Siria e Giordania. Il 23 Luglio 2005, giunse al JSOC la notizia di un imminente attentato suicida nella capitale. Con il Seal Team Six e la Delta impegnati al completo ad ovest, la responsabilità dell’intevento ricadde sulla Task Force Black, in quel momento prevalentemente composta dall’SBS. Supportata da distaccamenti di Rangers e carri M-1, la Task Force Balck raggiunse il nascondiglio dei terroristi a bordo di jeep Hummer e Puma, dando inizio all’operazione “Marlborough”. Al momento dell’assalto, uno degli attentatori uscì correndo incontro agli operatori facendosi saltare in aria. L’esplosione non provocò feriti, ma investì uno dei Puma, che solo per poco non perse il controllo. Dall’alto, gli elicotteri indicarono la presenza di un secondo fuggitivo, manovrando per permettere ai tiratori a bordo di abbattere il terrorista. Un terzo attentatore, già con indosso il giubetto esplosivo, venne eliminato durante l’irruzione nel covo. “Marlborough” fu una delle ultime operazioni effettuate dalle forze speciali britanniche sotto il nome di Task Force Black, la cui esistenza era oramai nota all’opinione pubblica. Una nuova denominazione venne quindi adottata: quella di Task Force Knight.

MORTE DAL CIELO

Le basi dell’operazione che avebbe portato all’eliminazione di alZarqawi, vennero gettate il 16 Aprile 2006, grazie al raid effettuato dalla Task Force Knight in una fattoria presso Yasufiyah, contro il responsabile delle campagne mediatiche di Al Qaeda in Iraq (in pratica colui il quale si occupava di diffondere i video degli attentati e delle decapitazioni di ostaggi su internet). Il soggetto in questione era anche implicato nella preparazione di attacchi con autobombe. Nel computer del terrorista, vennero trovati filmati recenti ritraenti al-Zarqawi. Finalmente, il 20 Maggio, dopo oltre un mese di interrogatori all’interno della base di Balad, il soggetto ammise di OBIETTIVO AL-ZARQAWI conoscere la posizione di Sheik al-Rahman, consulente spirituale di al-Zarqawi, oltre ai protocolli di sicurezza seguiti da questo per È in questo clima, e potendo contare quindi solo in parte sulla incontrare il leader di Al Qaeda in Iraq. La Task Force Kinght fu Task Force Black, che nell’estate del 2004 il JSOC iniziò a dare incaricata di verificare la presenza di al-Rahman a Baghdad. Una la caccia al giordano Abu Musab al-Zarqawi, leader di Al Qaeda volta confermata l’identità del soggetto, esso venne passato agli in Iraq. La prima opportunità di eliminare al-Zarqawi si presentò uomini di McChrystal. Il 7 Giugno 2006, alle 18:15, il sipario stava il 20 Febbraio 2005. Elementi del JSOC vennero inseriti tramite per calare su al-Zarqawi. Un drone assegnato al JSOC aveva elicottero nei pressi di una strada nella provincia di Anbar, per seguito una vettura di colore blu partita dalla capitale. A bordo, allestire un posto di blocco ed intercettare il terrorista in viaggio al-Rahman si preparava ad incontrare il leader di Al Qaeda in Iraq. da Ramadi a Fallujah. A questo punto non è esattamente chiaro Nella centrale operativa del JSOC, McChrystal ed i suoi uomini cosa sia accaduto. Alcuni affermano che il mitragliere che avrebbe seguivano in trepidante attesa le immagini trasmesse dal drone. A dovuto aprire il fuoco sulla macchina contentente al-Zarqawi e due metà viaggio al-Rahman spense il suo telefono cellulare, temendo guardie del corpo e che aveva forzato il blocco, non poté sparare a di essere seguito. Le immagini che poco più tardi comparvero sugli causa di regole d’ingaggio restrittive. Sembra anche che un drone schermi a Balad non lasciarono dubbi: fermo sull’uscio di una Predator stesse seguendo il mezzo, ma che gli apparati di visione fattoria, nel mezzo di un palmizio nel villaggio di Hbib a Baquba, si difettosi non avessero consentito di effettuare l’ingaggio del mezzo. trovava Abu Musab al-Zarqawi, uscito allo scoperto per accogliere il L’incidente in questione spinse McChrystal a richiedere che a suo ospite. Nell’arco di pochi minuti, due bombe JDAM lanciate da supportare ogni futura operazione, fossero sempre tre droni. Egli un F-16 colpirono la fattoria. Un’unità statunitense venne inviata sul aveva nel frattempo allargato la rete del JSOC, per essere certo posto per confermare la riuscita dell’operazione. di catturare od eliminare al-Zarqawi. Nella base aerea di al-Asad, L’attacco aereo aveva distrutto la fattoria, uccidendo alubicata ad ovest nella provincia di Anbar, si trovava dispiegato Rahman, insieme a due donne e due bambini presenti all’interno il SEAL Team Six (Task Force Blue); a Tikrit, nel nord, vi erano i dell’obiettivo. Al-Zarqawi, ancora in vita, venne estratto dalle Rangers della Task Force Red; gli uomini della Delta Force (Task macerie ed ammanettato. Il terrorista morirà pochi minuti dopo. Force Green) operavano dalla MSS “Fernandez” a Baghdad. La Grazie ai dati rinvenuti all’interno della fattoria, il JSOC effettuò Task Force Black era invece responsabile per Baghdad e le aree quella stessa notte diciassette raid contro membri di Al Qaeda circostanti, ma con mandato di operare contro ex membri del a Baghdad. Il corpo di al-Zarqawi, dopo l’identificazione a Balad, regime. Con ogni raid, gli uomini del JSOC collezionavano una serie venne trasportato nel cuore della notte nel deserto, e gettato senza crescente di informazioni, che sarebbero poi state analizzate alla troppe cerimonie in una buca dalle forze speciali. Seppellendo albase di Balad per la pianificazione delle operazioni successive. In Zarqawi in una località segreta, la Coalizione evitò che la tomba del concomitanza con la ricerca di al-Zarqawi, continuavano anche le terrorista si trasformasse in luogo di pellegrinaggio per i jihadisti di operazioni contro i canali di infiltrazione in Iraq. Con l’operazione tutto il mondo.


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DI GIANPIERO SPINELLI

CONTRACTOR & PMC

LA PRIVATIZZAZIONE DELLA DIFESA I Contractor sono oggi presenti nelle aree di crisi internazionali più pericolose, conducendo operazioni di protezione e scorta di altissimo profilo e incarichi delicatissimi, oltre all´addestramento e al supporto logistico. Sono considerati professionisti delle armi con grandissima esperienza acquisita dopo anni di permanenza all´ interno di famose forze speciali, o formati in centri d´addestramento oggi usati anche per la formazioni di importanti istituzioni come lo US Secret Service ( servizio di protezione del presidente degli USA.). Protagonisti e figli della globalizzazione e del fenomeno ”Military & Security Outsourcing”, e della privatizzazione della Difesa, sicuramente rappresenteranno un punto di riferimento indispensabile in grado di modificare gli assetti strategici e della stabilizzazione internazionale.

I CONTRACTOR NON POSSONO ESSERE CONSIDERATI MERCENARI Anche se a prima vista può sembrare condannabile chi combatte per “denaro”, non esiste guerra nella storia dell’umanità che non abbia visto schierate, a volte da entrambe le parti, truppe prezzolate. Persino nelle crociate, quando Papa Urbano II lanciò il suo appello al concilio di Clermont perché tutta la cristianità si unisse contro gli

“infedeli” disse: “Non sono io, ma il Signore che vi incita, voi eroi del Cristo, a cacciare questi vili miscredenti... Cristo comanda!... Cessino le lotte intestine e tutti insieme combattiamo contro gli infedeli; i briganti si trasformino in soldati; i mercenari si conquistino il premio eterno... Quando verrà la primavera, i guerrieri si mettano in cammino sotto la guida del Signore!” E di lì a poco una folla eccentrica e male armata, preceduta da una avanguardia guidata da un semplice cavaliere Gautier (la nobiltà arrivò dopo perche impiegò più tempo a prepararsi), si incamminò verso l’est. in Egitto il Faraone Ramesse II si servi di mercenari Shardana provenienti dalla Sardegna per combattere i suoi nemici Hittiti ( XIII secolo ). In Sicilia e nella Magna Grecia (IV-III secolo a.C.) comparvero a più riprese milizie mercenarie reclutate tra le popolazioni locali. Agatocle, tiranno di Siracusa (IV-III secolo a.C.), arruolò mercenari italici, una parte dei quali, imamertini, si ammutinarono scacciando i coloni greci da Messina e installandosi nella città. Analoga la vicenda dei mercenari campani arruolati nella stessa epoca da Roma per la guerra contro Pirro. Roma dovette comunque ricorrere spesso a truppe mercenarie, arruolate nelle province periferiche dei suoi domini come auxilia (truppe ausiliarie), spesso fornite dai piccoli sovrani soggetti a Roma


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ARTICOLO 47 DEL PROTOCOLLO 1 DI GINEVRA Secondo l’articolo 47 del protocollo 1 di Ginevra, si definisce mercenario una qualsiasi persona che è reclutata nel paese in conflitto e all’estero individualmente con l’obiettivo di combattere e prendere parte direttamente alle ostilità. Il mercenario è una persona, che con adeguata preparazione, a scopo di lucro, compie azioni militari per conto di un privato, una società o di uno stato, secondo un contratto prestabilito ed accettato consensualmente. Negli ultimi anni al posto del termine mercenari, considerato dispregiativo, si è cominciato a usare l’ anglicismo contractor. Tale eufemismo in realtà indica una qualsiasi persona che sia impegnata allo svolgimento di un particolare compito definito in base a un contratto. Sono criticati dall’ opinione pubblica, che spesso però si scorda che la storia ha sempre visto eserciti regolari e mercenari impiegati anche congiuntamente per decidere le sorti di molte battaglie. É importante classificare il tutto in tre realtá differenti. La prima si riferisce alla figura del ´´Mercenario´´ ampiamente descritta nel articolo 47 del 1º Protocollo aggiuntivo del 1977 e del 1949, che classifica il medesimo come reclutato per combattere in uno specifico conflitto, protagonista diretto delle ostilitá, motivato esclusivamente dallo scopo di lucro e guadagno. Mentre non puó essere considerato ´´Mercenario ´´ colui che é cittadino di una delle parti in conflitto o residente nel territorio controllato da una delle parti in conflitto, membro delle forze armate di una delle parti in conflitto, membro delle

forze armate o contrattato dalle medesime di un terzo stato che sia stato inviato ufficialmente in missione. Il Contractor é ingaggiato dalle PMC ( Private Military & Security Company ), grandi corporation specializzate che si occupano di consulenze nel settore difesa e sicurezza, protezione VIP , addestramento e formazione e difesa di siti di interesse industriale e strategico. Sono civili e godono dello status di´´ legittimi combattenti´´ secondo l’art.43 comma 3 del protocollo aggiuntivo del 1977 della Convenzione di Ginevra, se facenti parti di contratti governativi legati alle forze armate di uno dei due paesi in conflitto. Alla fine delle ostilitá e del conflitto questo personale continua ad essere considerato civile, perció qualsiasi conseguenza legale dovuta ad azioni o crimini fatti durante l´espletamento delle attivitá sono giudicati dalla legislazione comune emanata dal paese occupato e occupante. L´autorizzazione al porto d´armi é legalmente concessa dal governo locale o dalle forze d´occupazione, e l´uso della forza é regolamentato dal SOP (Standard Operational Procedures) emanate degli organi competenti e legati alla natura dei contratti e degli oblighi di servizio. É importante ricordare che durante le ostilitá tutte le azioni di natura violenta contro i PSD contractor sono ufficialmente leggittime e riconosciute come esercizio facente parte del conflitto in atto. A questo segue che la risposta alle suddette ostilitá da parte dei PSD Contractor é leggittimata dal concetto di difesa attiva, preventiva ed autorizzata.


FOCUS ON FOCUS ON FOCUS ON FOCUS ON FOCUS ON FOCUS O L’ORGANIZZAZIONE STRATEGICA DELLE PMC Le società dalla tradizione più consolidata sono: l’ormai scomparsa sudafricana Executive Outcomes (Eo), la britannica Sandline International, la statunitense DynCorp e la belga International Defence and Security (Idas), mentre l’inglese Defence Systems Limited (Dsl) e l’americana Mpri non assumono personale da impegnare in combattimento, ma forniscono addestramento militare, raccolta d’informazioni, servizi di comunicazioni militari, armi, e protezione ai clienti. Negli Stati uniti, oltre a Blackwater, Vinel, Logicon, Mpri e Dyncorp, le Pmc più importanti sono Saic e Ici of Oregon. Una PMC fa spesso parte di gruppi legati al settore della difesa, del settore energetico e del settore finanziario e forniscono consulenze o servizi specialistici di natura militare e civile offrendo servizi altamente specializzati nei settori: Security, Defense, Logistics ed Infrastructure. Inoltre le moderne PMC hanno linee di fronte differenti, alcune di queste si occupano esclusivamente di supporto logistico e svolgono attività di assistenza e aiuto non letale, fornendo consulenze per l’addestramento e la ricostituzione delle forze armate e di polizia nel periodo post-bellico. Altre PMC invece sono fornitrici di servizi militari e svolgono attività dirette di implementazione, comando e servizi di sicurezza. Oggi le PMC sono in grado di offrire servizi per governi e grandi corporation mettendo in campo uomini altamente preparati e tecnologie in tempi compressi e senza nessun tipo di ritardo dovuto a burocrazie e catene di comando. Queste compagnie sono in grado di selezionare il miglior personale sul mercato, ovviamente con esperienze nelle più note forze speciali, rivestendoli di incarichi di altissima responsabilità aziendale e trasformandoli in una via di mezzo tra tecnici e soldati. La velocità d´impiego e mobilitazione sul campo, fondi finanziari altissimi e la possibilità di avere uomini migliori e le più innovative tecnologie, permettono alle PMC di raggiungere obbiettivi di interesse strategico tali da influenzare i conflitti e molte volte le borse mondiali. Questa fortissima simbiosi che lega il mondo delle PMC a quello finanziario permette a queste corporation un dinamismo imprenditoriale unico e la possibilità di poter operare in centinaia di settori diversi ma legati l´un l´altro. La ricerca costante di nuove tecnologie, nuovi settori di interesse imprenditoriale e nuovi scenari d´intervento consentono alle PMC di essere presenti in più teatri contemporaneamente, creando un network

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capillare in grado di sviluppare altissimi proventi su settori diversificati, sia nei paesi di primo mondo, sia nei paesi in via di sviluppo. Questo sviluppo e questa espansione di mercato é dovuta anche ad una concorrenza limitata a sole 90 PMC dislocate in 110 paesi e soprattutto perché é considerata l´unica attività sottomessa al concetto di “concorrenza non concorrenza”, tanto che le grandi PMC sub contrattano parte dei loro contratti a società più piccole a loro affiliate o con cui hanno rapporti di collaborazione. Per questo motivo non esiste una concorrenza spietata come in altri settori, visto che anche una compagnia piccola può sicuramente essere in parte protagonista di grandi contratti e grandi progetti. Si calcola che il mercato internazionale della sicurezza avrà un aumento di lucro dal 4 a 20 volte nei prossimi 10 anni, dovuto ai cambiamenti negli assetti geopolitici internazionali. Basti pensare che i contratti che la difesa USA ha appaltato alle PMC nel 2008 hanno superato $ 383,348,280,990 . La crescita di queste PMC é nota. Basti pensare che DYNCORP LLC, una delle più note corporation di questo settore, é cresciuta del 53% tra il 2004-2006 arrivando a produrre un fatturato nel 2008 di $ 1,255,123,762, MPRI $ 1,922,519,033, SAIC $ 10,500,138,871,Caci $ 158,461,575, Aegis $ 92,310,681 , Black Water $ 219,648,104

L’IMPORTANZA DELLE PMC NEL RIPRISTINO DELLA PACE E NELLO SVILUPPO DEI PAESI NEI PERIODI POST-BELLICI Sicuramente questo argomento ha suscitano negli ultimi anni dibattiti sulla legittimità delle PMC e a sua volta dell´uso dei Contractor nel ripristino della pace e nei processi di ricostruzione post-bellica, questo dovuto al fatto che ci sono ancora governi che si avvalgono del concetto del ricorso alla forza come monopolio esclusivo delle forze armate nazionali. Questa é sbagliato, visto che gli assetti strategici internazionali sono cambiati e che la diffusione di nuovi e numerose aree di crisi internazionali non permettono più alle forze armate regolari, molte volte unite in grandi coalizioni, di affrontare questo tipo di emergenze. Sopratutto nei periodi post-bellici si é visto come molti eserciti, anche di grandi paesi come gli USA e alcuni paesi della NATO, non sono in grado di garantire il mantenimento della pace e della ricostruzione. Questo non è dovuto alla mancanza di professionalità, organizzazione, uomini o


ON FOCUS ON FOCUS ON FOCUS ON FOCUS ON FOCUS ON FOCUS ON tecnologie ma agli incarichi molteplici che molte volte le forze armate nazionali sono impegnate ad affrontare. Proprio per far fronte a queste necessità molti governi hanno contrattato le grandi PMC per ausiliare gli eserciti regolari in determinati settori. Oggi in molti paesi, settori come l´addestramento e la riqualificazione delle forze, la sicurezza, il supporto logistico e medico delle forze armate é affidato alle PMC le quali hanno cosi permesso di velocizzare e snellire tutti quei processi d´intervento di ricostruzione post-bellica una volta legati a catene di comando e a processi burocratici lenti, inefficienti e dispendiosi. L´esperienza della Bosnia Erzegovina, dell´Iraq, dell´Afghanistan e di altri paesi ha dimostrato l´indispensabile utilizzo delle PMC e dei Contractor nel ripristino della pace e della democrazia. In Iraq il numero dei Contractor é nettamente superiore al numero di soldati regolari americani e, secondo fonti del US Department of Defense, senza l´utilizzo dei Contractor le forze della coalizione si sarebbero trovate in difficoltà tali da creare enormi ritardi nei processi di ricostruzione, innescando problematiche destabilizzanti e di conseguenza l´aumento dei conflitti interni. Sicuramente avrebbe indotto la Coalizione ad una veloce ritirata. Per questo motivo é indispensabile che PMC ed eserciti regolari operino congiuntamente per garantire l´esportazione della democrazia nel mondo.

PROGRAMMI E CONTRATTI INTERNAZIONALI Esistono centinaia di programmi e contratti internazionali che ogni anno vengono affidati alle grandi PMC, sia nel settore privato che governativo, ognuno con caratteristiche differenti ma alla fine con un unica finalità:il ripristino della legge e della pace. Elencheremo solo quegli più conosciuti legati sopratutto ai progetti e agli interessi del governo USA, che di riflesso influenzano la stabilità dell´intero globo. US.WWPSP: Il World-Wide Protection& Security Programme é un contratto governativo degli USA in cui si affida alle PMC l´addestramento e in alcuni casi anche la protezione di tutti i consolati e le ambasciate americane del mondo. É un programma altamente complesso visto il livello di professionalità e responsabilità richiesto dal US Department of Defense alle PMC vincitrici dell´appalto. Black Water, Tripple Canopy e Cruccible, Kroll sono le PMC piú impegnate in questo programma. US.ATAP: L´Anti-Terrosim Assistance Programme é un programma di addestramento e assistenza per l´addestramento e consulenza riguardo l´anti-terrorismo, riservato ai paesi alleati o amici degli USA. Anche l´ATAP é molte volte affidato a PMC che svolgono questo programma sotto il controllo del Dipartimento di Stato in vari paesi.CIVIL POLICE: Il Civil Police é un programma di addestramento e riqualificazione delle forze di polizia nel periodo di ricostruzione post-bellica. Questo programma é in via di svolgimento in Iraq, Afghanistan, Pakistan. Grandi PMC come Dyncorp, Saic, Caci e Aegis sono incaricate di questo delicatissimo compito. US.ACOTA: L´Africa Contingency Operations Training Assistance é un programma di addestramento per i paesi africani sopratutto dell´area subsahariana e centrale, riguardo alle operazioni anti-terrorismo. Oltre a questo

programma si occupa di riqualificare le forze armate e di polizia dei paesi sopra indicati. Dyncorp, Global e alcune società africane sono da anni sotto contratto per questo programma di addestramento e consulenze. AFRICAP: Africap é un programma sotto controllo del Dipartimento di Stato Americano riguardo la risoluzione dei conflitti e programmi di supporto ai contingenti africani impegnati nelle operazioni di Peace Keeping. I paesi dove questo programma é in via di svolgimento sono Sudan, Repubblica Democratica del Congo,Somalia, Liberia e Sierra Leone. Dyncorp International si é aggiudicato questo contratto per U$ 375,000,000. PLAN COLOMBIA: Programma segretissimo sotto il controllo della DEA e del Dipartimento di Stato USA di assistenza alla lotta del narcotraffico a favore del governo Colombiano. Dyncorp, Saic, Caci sono da anni contrattate in questo delicatissimo programma, per svolgere azioni di pattugliamento aereo, azioni di distruzione delle piantagioni di cocaina e assistenza militare alle forze armate..

LEGGI E LEGISLAZIONI INTERNAZIONALI Montreaux Document Le norme internazionali che disciplinano le PMC non vengono applicate univocamente, per questo motivo 34 paesi hanno proposto alla comunitá internazionale un documento siglato come Montreaux Document. Con questo documento gli stati si impegnano a creare uno stato giuridico internazionale per la PMC. Il documento é stato siglato nel 2006 ed ha visto protagonisti il governo elvetico e il comitato Internazionale della Croce Rossa. Il documento é stato redatto definitivamente il 17 Settembre 2008 ed é attualmente all’attenzione del ONU. Per la stesura di questo documento hanno partecipato una Task Force composta da rappresentanti di governo di ben 17 paesi e rappresentanti delle piú importanti PMC. 2009 riconoscendo le attivitá e la legalitá delle attivitá delle PMS´C. I paesi che hanno partecipato e sotto scritto il Montreaux Document sono i seguenti: 1. Afghanistan, 2. Angola, 3. Australia, 4. Austria, 5. Canada, 6. Cina, 7. Francia, 8. Germania, 9. Iraq, 10. Polonia, 11. Sierra Leone, 12. Sud Africa, 13. Svezia, 14. Svizzera, 15. Inghilterra, 16. Ucraina, 17. USA e altri 17 compresa l’Italia hanno aderito in date sucessive.


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GZ ADV MILITARY WOODLAND UN ECCELLENZA

PER LE OPERAZIONI

MILITARI DI GIANPIERO SPINELLI

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In questi ultimi mesi ho avuto modo di testare alcuni prodotti gentilmente messi a disposizione di Tactical News Magazine da diverse aziende. Sono rimasto decisamente impressionato per quanto sia cresciuto il “Made in Italy” nel settore degli equipaggiamenti milspec. Per il primo numero della rivista abbiamo selezionato un giubbotto equilibratore con specifiche caratteristiche militari denominato GZ ADV Military prodotto da “Gravity Zero”. Personalmente non avevo dubbi sull’eccellenza di questo prodotto dal momento che è stato progettato da uno dei migliori esperti di attività subacquee del nostro paese. Nel corso dei primi test ho effettuato diverse immersioni mantenendomi sempre intorno alla curva di sicurezza dei 30 metri, e sono immediatamente rimasto colpito dall’eccellenza di questo prodotto sia per la qualità dei materiali sia per la perfetta la vestibilità, ma quello che ho trovato straordinario è stato l’equilibrio che lo stesso riusciva a garantirmi durante le immersioni in perpendicolare. Deciso a non accontentarmi unicamente delle mie personali sensazioni ho fatto effettuare ulteriori test ad altri tre esperti, ex integranti di forze speciali di diversi paesi e specializzati nelle operazioni anfibie e subacquee di tipo tattico. Inizialmente l’ho inviato in Brasile per farlo testare dal mio amico e fratello l’ex sergente del GRUMEC-GER (Forze speciali della marina brasiliana) Mauri Fragozo de Albuquerque, meglio conosciuto come ‘’Mec Fragozo’’ che oltre all’esperienza brasiliana è stato uno dei pochi ad effettuare dei periodi di interscambio addestrativo presso i famosi NAVY SEAL’S a Norfolk (Virginia). Dopo di che ho ceduto il testimone a Ken Mc Dowell ex sergente dei famosi Marsoc (Marines Special Operations Command) capo istruttore della sezione Combat Diver. Infine ho affidato l’ultima valutazione al mio amico ex maresciallo del 9° Reggimento d’assalto ‘’Col Moschin’’ P.V, sicuramente considerato, ad oggi, il migliore esperto di operazioni anfibie in Italia. Il risultato è stato unanime: il prodotto si è dimostrato davvero eccellente, efficiente ed innovativo, pertanto dovrebbe essere assolutamente preso in considerazione dagli addetti ai lavori, come si può dedurre dalle recensioni che gli stessi specialisti cortesemente si sono impegnati a fornirmi.


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Mec Fragozo GRUMEC GER (Forze Speciali della marina Brasiliana): Faccio immersioni subacquee di ogni tipo da circa 20 anni, sia all’interno della marina militare brasiliana sia nel mondo civile, nel ramo tecnico delle operazioni riguardanti le ispezioni di condotte delle istallazioni GOPLAT. Sicuramente in questi anni ho utilizzato centinaia di materiali di altissimo livello, molti dei quali importati anche dal vostro paese che considero numero uno nel rifornimento di materiali e apparecchiature per le attività subacquee, e decisamente non avevo mai visto un giubbotto equilibratore con specifiche militari a questo livello. I materiali mi hanno molto colpito per la resistenza sia del cinghiaggio, sia dei materiali in cordura Dupont 1000. Entusiasta del prodotto, ho voluto mostrarlo ad amici operatori del Grumec presso la base di Mocangue a Rio de Janeiro i quali non hanno fatto altro che confermare quella che era stata la mia prima valutazione ‘’il GAV è eccellente’’ in tutte le sue parti, per questo sicuramente dovrebbe essere proposto alle forze speciali in America Latina che purtroppo sono male equipaggiate, soprattutto in visione di appuntamenti internazionali come la Coppa del Mondo e le Olimpiadi che si terranno in Brasile nel 2014 e 2016. Avvenimenti in cui le forze speciali brasiliane dovranno equipaggiarsi in termini di avanguardia per poter svolgere al meglio le proprie operazioni e il GZ ADV Military sarebbe per noi un’eccellente soluzione innovativa.

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Ken Mc Dowel MARSOC (Marines Special Operations Command USA): Dopo diverse telefonate del mio amico Gianpiero ho accettato di testare questo GAV con specifiche military prodotto da un’azienda italiana da lui referenziatami. In principio ero un po’ scettico, non per mancanza di fiducia nei materiali subacquei “made in Italy”, che ritengo siano tra i più validi in commercio, ma perché in altre occasioni, durante i miei 25 anni di servizio presso il corpo dei marines, non avevo trovato nessuna azienda italiana disponibile a fornirci materiali in prova in cosi breve tempo. Ricevuto questo il GZ ADV Military mi sono soffermato ad una prima ispezione visiva dei materiali di costruzione e ciò che ha attirato immediatamente la mia attenzione e mi ha incuriosito è stata la culla di allocazione per un montaggio semplice e rapido e la resistenza delle cinghie di cattura della bombola. Ho inserito una bombola da 18 lt che avevo in garage, l’ho agganciata all’interno della culla d’alloggiamento, dopo di che ho appeso il Gav al soffitto con un gancio e mi sono appeso alla bombola esercitando tutto il mio peso, convinto di farla sganciare dall’apposita culla. Le mie previsioni non si sono mostrate attendibili, la bombola non si è sganciata dalla culla di alloggiamento e tanto meno il maniglione di trasporto è collassato. Impressionato da questo, il giorno seguente ho testato il GZ ADV Military in acqua e anche in questa occasione ho cercato di creare dei collassi strutturali anche in corrispondenza dell’attacco del corrugato e della valvola di scarico rapido, ma niente da fare: tutto ha tenuto perfettamente. Ho continuato ad immergermi per altri 15 giorni e posso dire ,a rigor di logica, che si tratta di uno dei migliori e più affidabili giubbotti equilibratori che abbia mai personalmente utilizzato. Spero che “Gravity Zero’” possa farlo conoscere ufficialmente allo US.Marines Corp poiché ne risulterebbe sicuramente interessato.


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P.V Ex 9° Reggimento paracadutisti d’assalto ‘’Col Moschin’’ (Italia): L’entusiasmo di Gianpiero nel propormi questo GAV con specifiche military mi ha incuriosito e convinto a testare questo prodotto, soprattutto dopo il resoconto dei miei colleghi d’oltre mare. Personalmente ho provato il GZ ADV Military per circa un mese e devo dire che si tratta di un eccellente equipaggiamento che potrebbe trovare un grande riscontro sia all’interno del reggimento sia tra le altre forze speciali italiane. Ho riscontrato un eccellente ampiezza nelle tasche che di solito in questo tipo di prodotto risultano contenute. Inoltre i materiali di costruzione sono di qualità eccellente e la cordura 1000 Dupont rende il prodotto davvero forte e resistente anche agli urti più violenti. Lo schienalino imbottito garantisce un eccellente confort durante le immersioni, specialmente durante le discese in perpendicolare. Sicuramente mi sento di consigliare questo prodotto, e credo possa essere tranquillamente presentato a coloro che militarmente usano questo tipo di equipaggiamento.


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NOTE TECNICHE - GZ ADV MILITARY GIUBBETTO EQUILIBRATORE MILITARE. VERSIONE WOODLAND. • Costruzione doppio sacco in cordura 1000. • Imbracatura imbottita con anelli inox posizionati per favorire il trasporto di equipaggiamenti pesanti. • Il GAV è concepito per eccedere le più rigide specifiche militari. La spinta totale è di 200 N (secondo CE EN1809). • Una vestibilità eccezionale grazie alla costruzione doppia camera ed al design tridimensionale. • Cerniera d’ispezione della camera d’aria protetta. Una culla di allocazione per montaggio veloce e facile. • Rinforzi in corrispondenza dell’attacco del corrugato e della valvola di scarico rapido. • Camera d’aria in PU rinforzato da 0,35 micron. • Cordino spesso per agire sulla valvola di scarico. • Power inflator a pistone. • Esterno in Cordura DuPont 1000 con finitura Woodland con certificato d’origine. • Fastex da 50 mm e fascia tessile ad altissima resistenza. • Fascione ventrale regolabile. • Ampie tasche con chiusura velcro. • Quattro anelli a D inox da 50 mm posizionati strategicamente per poter agganciare tutto il necessario ma senza essere di impaccio in nessuna situazione. • Passanti per fruste di servizio. • Schienalino imbottito ad assorbimento acqua neutro. • Prodotto in due taglie: Small-Medium Large e Medium Large-Extra Large.

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U.S NAVY DI FABRIZIO PIRRELLO

DALLE TABELLE AL COMPUTER DA IMMERSIONE È trascorso più di un quarto di secolo da quando, nel lontano 1970, i Navy SEAL’s, l’unità subacquea della US NAVY, introdussero due innovazioni nelle immersioni militari: l’autorespiratore a circuito chiuso completamente controllato da computer e il Dry Deck Shelter, una sorta di garage subacqueo applicato sul ponte dei sommergibili nucleari per ospitare un veicolo subacqueo SDV (SEAL delivery vehicle), impiegato per operazioni subacquee estremamente lunghe che obbligavano i SEAL’s a lunghissime decompressioni. Il rebreather consentiva il mantenimento della PO2 costante a 0,7 ATA indipendentemente dalla profondità ed aveva esteso enormemente le possibilità d’intervento subacqueo dei SEAL’s incrementando i tempi di permanenza in immersione. L’uso di mezzi di trasporto a medio raggio estendeva ulteriormente le possibilità operative dei SEAL’s. Ma l’estensione dei limiti operativi comportava lunghissime soste di decompressione. Le soste venivano calcolate attraverso le Standard Navy Air Decompression Tables. Nel 1978 la Navy Experimental Diving Unit (NEDU) comincia le sperimentazioni per la realizzazione di un computer da decompressione specifico per la US Navy. Obiettivo: costruire un algoritmo quanto più aderente possibile alle cognizioni dell’epoca in materia di teoria cinetica dei gas ed alle reali condizioni d’impiego. Ultimato l’algoritmo iniziarono le sperimentazioni per verificare che lo stesso fosse sicuro. Uno dei primi verificatori delle tabelle decompressive (con PO2 costante) fu il Cap. Ed Thalmann, Senior Medical Officer del NEDU. Dal 1981, CAPT Thalmann supervisionò centinaia di sperimentazioni che condussero allo sviluppo delle tabelle. Terminato lo sviluppo di queste e ricevuta l’approvazione della US Navy, il modello matematico era pronto per essere trasferito in un computer da immersione. Molti dei prototipi costruiti nei laboratori della US Navy si dimostrarono non affidabili e si giunse alla conclusione che occorreva commissionare all’esterno il computer con il modello elaborato dalla US Navy. In quel periodo i SEAL’s avanzarono ulteriori richieste: l’algoritmo doveva considerare anche l’impiego di miscele respiratorie diverse nella TNM ••• 048

medesima immersione. Il CAPT Thalmann ed i suoi colleghi al NEDU iniziarono quindi gli studi per adattare le tabelle US Navy Standard per Aria all’uso di miscele Nitrox. Le ricerche del CAPT Thalmann continuarono presso il Naval Medical Research Institute (NMRI). Il NMRI sviluppò un modello secondo un nuovo approccio definito “probabilistic model”. Dall’approccio Haldaniano del CAPT Thalmann si passava al modello probabilistico del NMRI. Bisognava individuare e ridurre la percentuale di rischio accettabile. Tuttavia il nuovo approccio dimostrò che gli incidenti aumentavano se le condizioni dell’immersione si discostavano molto dallo standard. Nel 1990 gli studi del Decompression Computer per la US Navy furono condotti dal Naval Special Warfare Biomedical Research Program. Solo nel 1993 gli studi e le sperimentazioni produssero risultati accettabili, ma le nuove tabelle mostravano limiti anche più conservativi rispetto alle tabelle ad aria della US Navy per raggiungere quel risultato, mentre i SEAL’s avevano richiesto un algoritmo che consentisse loro decompressioni più brevi e non più lunghe... Gli studi sembrarono aver raggiunto una impasse e subirono una lunga battuta d’arresto nei risultati. Le ricerche comunque proseguirono sul modello del CAPT Thalmann, già impiegato per generare le tabelle per il mixed-gas rebreather impiegato dalla US Navy. Il modello calcolava la decompressione ad aria e per PO2 costante di 0,7 ATA in una miscela nitrox. Le tabelle generate da questo modello erano in qualche caso più conservative delle US Navy Standard, ma per immersioni più profonde fornivano tempi di non decompressione più ampi. La US Navy stabilì che il modello decompressivo definitivo su cui basarsi era proprio quello di Thalmann,chiamato VVAL18 (Tab. 1). Fu aperta una gara d’appalto per la costruzione del computer in cui introdurre l’algoritmo prescelto e questa fu vinta dalla Cochran Consulting Company, il cui prodotto fu il Cochran Commander. La prima macchina arrivò al NEDU per i collaudi nel 1996. I test del NEDU, guidati dal CAPT Dave Southerland, rivelarono alcuni errori che furono corretti e nel Gennaio 1998 il NEDU


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Membri del Seal Delivery Vehicle Team 2 (SVDT-2) si preparano a “lanciare”un SVD dal retro del sommergibile USS Philadelphia SSH690 classe Los Angeles


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dichiarò il Cochran NAVY pronto per i test sul campo nell’ambito dei SDV teams. Ulteriori migliorie furono apportate ai computer per meglio rispondere alle esigenze operative dei SEAL’s (per impiego di aria o nitrox e con rebreather). Il 20 Octobre 2000, il NEDU sostenne l’approvazione del Cochran Navy per l’inserimento nell’equipaggiamento standard dei SEAL’s. Un anno dopo il Supervisor of Diving and Salvage for the U.S. Navy autorizzò l’impiego del computer da parte delle unità SEAL’s. La prima immersione operativa militare con il Commander Navy risale a 31 Gennaio 2001 nelle acque di Barber’s Point (Hawaii). Sebbene il Cochran NAVY sia il computer da decompressione con l’algoritmo più aggressivo nelle immersioni che non richiedono tappe di decompressione, la sicurezza dell’operatore è sempre al primo posto. Prima di tutto il computer parte dal presupposto che il sommozzatore respiri una miscela con il contenuto più alto possibile di N2 in relazione alla profondità d’impiego; ciò non avviene nella maggior parte dei casi proprio in funzione dell’adozione di miscele e apparati di respirazione più efficienti. In secondo luogo, i SEAL’s effettuano immersioni di gruppo, ed il profilo di decompressione seguito è sempre il più penalizzante visualizzato da

ogni componente il team. Le procedure d’immersione seguite sono ovviamente mirate a garantire la massima sicurezza d’impiego. Il Cochran NAVY non prevedeva l’impiego di miscele trimix o heliox. I NAVY SEALs avanzarono la richiesta di un algoritmo che tenesse conto della possibilità di utilizzare anche miscele a base di elio per specifiche missioni condotte in profondità. La più recente evoluzione del Cochran NAVY è il nuovo EMC-20H Low Mu, un computer da immersione compatibile con miscele Trimix ed Heliox che adotta il recente algoritmo codificato come Cochran Environmental & Microbubble Cognizant basato su 20 compartimenti. L’unità si caratterizza per la bassissima segnatura magnetica. Il computer EMC 20H Low Mu eccede le specifiche militari richieste per i teams impegnati in operazioni di sminamento. Il prodotto è stato concepito per essere impiegato nelle più disparate condizioni d’immersione con un occhio di riguardo a quelle che sono le specifiche d’impiego militare (retroilluminazione tattica, funzione scatola nera, ecc.). L’EMC-20H Low Mu è dotato del Touch Contact Programming e di alimentazione con batterie Lithium per incrementare l’affidabilità, la versatilità e la durata del ciclo di vita delle batterie. “Quando la versione civile EMC-20H è stata testate ed approvata da

Per testare e poi utilizzare i nuovi computer, i subacquei della Marina Militare statunitense, sono stati adeguatamente preparati. Molta attenzione è stata dedicata alla formazione del personale: i subacquei della Marina Militare statunitense per essere abilitati all’utilizzo del computer, al termine di un corso della durata di 5 ore, devono superare un test rispondendo correttamente ad almeno l’ 80 % delle domande.Nell’ambito del corso vengono illustrate le procedure operative: ogni subacqueo deve avere il proprio computer, solo se questo si blocca in immersione (schermo bianco, allagamento,ecc ecc) il subacqueo potrà allora utilizzare per la decompressione i dati del computer del compagno di immersione.Nelle immersioni ripetitive (entro 24 ore dalla precedente) se nella squadra viene sostituito un operatore chi subentra deve utilizzare il computer dell’operatore uscente. Durante una risalita in gruppo, tutti gli operatori devono rispettare i tempi del computer che segnala la decompressione più lunga.Nel caso che il subacqueo risalga a una profondità inferiore a quella permessa dal computer (ceiling), se si torna sul fondo entro un minuto non ci sono penalizzazioni, altrimenti è necessario tornare alla profondità alla quale ci si doveva fermare (o alla tappa che è stata saltata) e moltiplicare il tempo di decompressione previsto per 1.5. Dopo un immersione il computer U.S Navy non indica il tempo necessario per la completa desaturazione dell’ organismo, come invece fanno altri computer in commercio, pertanto dopo una prima immersione non sono consentite immersioni ripetitive a un altitudine a 305 metri e non è consentito volare nelle successive 24 ore.

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svariate marine militari, abbiamo ricevuto la richiesta di ridurre la segnatura magnetica dell’unità” dice Mike Cochran, Presidente e CEO della Cochran Undersea Technology. “L’EMC 20H Low Mu è la medesima versione robusta, affidabile del EMC 20H per impiego civile ma adotta una serie di materiali che rendono il computer amagnetico come richiesto dalle applicazioni militari. Questa innovazione sarà sicuramente di grande interesse per vari reparti speciali”. L’EMC-20H Low Mu va a sostituire il NAVY VVAL 18, al quale aggiunge tutte le caratteristiche di flessibilità d’impiego e di facilità d’uso della versione civile EMC.

PROFONDITÀ (MT)

USN 55

VVAL 18

6

Senza limiti

Senza limite

9

405

372

10

310

232

12

200

163

15

100

92

18

60

63

21

50

49

24

40

40

27

30

34

30

25

29

34

20

26

37

15

23

40

10

19

43

10

17

46

5

14

49

5

12

52

5

11

55

5

10

58

5

9

61

Non ammesso

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Tabella 1: Confromto tra i tempi massimi in curva di sicurezza (in minuti) consentiti dalle tabelle U.S. Navy 8revisione del 1995) e le nuove tabell VVAL 18 utilizzate nel computer U.S. Navy.

Sottomarino d’attaco nucleare americano SSN classe Virginia


ARMI MILITARI ARMI MILITARI ARMI MILITARI ARMI MILITA

T.A.R. 21 THE RIFLE OF

THE 21ST CENTURY DI GIANLUCA SCIORILLI

Nonostante il nome ricordi quello di un noto tranquillante, con il TAVOR 21 la Israel Military Industries (IMI) grazie al contributo dell’IDF e del “genio creativo” di Zalman Shebs, da circa un decennio ha realizzato, e migliorato nel tempo, uno dei più interessanti, moderni e versatile “bull pup assault rifle” in cal. 5,56 NATO (223 Rem.) mai realizzati, in grado di meglio soddisfare le necessità delle Forze Armate Israeliane per i conflitti in area urbana (M.O.U.T.- C.Q.B.) e attività operative SWAT e Counterterrorism, rispetto agli M16 ed M4 finora utilizzati. Il TAVOR ASSAULT RFLE of the 21st Century denominato T.A.R. 21 ripropone il “bull pup concept”, in chiave più moderna e versatile rispetto ai suoi antesignani più noti quali l’austriaco ed ottimo Steyr AUG, il francese FAMAS, ed il britannico SA80. I primi prototipi di bull pup rifles, risalgono alla fine degli anni 40 con i britannici EM1 ed EM2 ma il vero sviluppo di questo progetto si è visto dagli anni 70 in poi. Lo scopo principale era quello di ridurre gli ingombri complessivi del fucile d’assalto e rendere così la silhouette del militare meno identificabile, mantenendo però una ottimale lunghezza di canna a vantaggio della precisione e della potenza. Questo è stato possibile posizionando l’otturatore direttamente nella calciatura e dietro l’impugnatura. Il difetto principale di tale sistema era dato dal presunto rischio di avere l’otturatore e la camera di scoppio a contatto col volto dell’operatore e lo squilibrio delle masse in movimento e del peso solo nella parte posteriore. Infatti a causa di questi problemi, non tutti i progetti bull pup hanno trovato una collocazione nell’ambito militare, se non i modelli sopraccitati e, per l’appunto, il T.A.R. 21. Il TAVOR 21 vanta una meccanica a presa di gas a pistone, ed un’ergonomia davvero eccezionale che grazie al largo utilizzo di materiali compositi lo rende leggero e confortevole nell’uso, ma altrettanto robusto e molto affidabile anche in condizioni estreme come ad esempio nelle attività anfibie. E’un’arma dotata di selettore a colpo singolo, raffica a tre colpi, e raffica continua, (semi- burstfull auto) , è completamente ambidestra e come nello TNM ••• 052


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S.T.A.R. 21 con ottica notturna della israeliana ITL e bipede pieghevole.

IL TAVOR 21

È PRODOTTO NELLE SEGUENTI VARIANTI: • T.A.R. 21 versione standard multiruolo per fanteria Lungh. Tot. 725 mm – Lungh. canna 460 mm – peso a vuoto kg. 2,800 • C.T.A.R. 21 versione “commander” più compatta per SF / Commandos Lungh. Tot. 640 mm – Lungh. canna 380 mm – peso a vuoto kg. 2,700 • S.T.A.R. 21 versione “sharposhooter” con bipiede e ottica media focale tipo ACOG 4X Lungh. Tot. 725 mm – Lungh. canna 460 mm – peso a vuoto kg. 3,400 • * M.T.A.R. 21 la versione più compatta ideale per SF / SWAT, HR, CQB Lungh. Tot. 480 mm – Lungh. canna 250 mm – peso a vuoto kg. 2,400 *anche per il M.T.A.R. 21 è in fase di sviluppo un lanciagranate tipo M203 appositamente dimensionato.

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M.T.A.R 21 con Reflex Sight della Meprolight e torcia tattica

STEYR AUG è possibile variare l’espulsione dei bossoli da entrambi i lati (operazione semplice ma che richiede uno smontaggio parziale dell’arma). E’ a norme STANAG e può dunque utilizzare caricatori a norme NATO tra i quali quelli già in uso con gli M16 / M4. E’ possibile dotare il T.A.R. 21 con kit per lanciagranate M203 da 40 mm, e grazie alle guide “picatinny rails M1913”, è possibile equipaggiarlo con torce, accessori e ottiche di vario genere sia diurne che notturne (NVD). Normalmente il TAVOR 21 è equipaggiato con il valido e robusto sistema ottico e laser integrato realizzato dall’israeliana ITL denominato M.A.R.S. (Multipurpose Aiming Reflex Sight). Questo moderno dispositivo optoelettronico di puntamento, consente di utilizzare laser visibili o IR, è alimentato da una sola batteria da 1,5 volt e nella modalità di puntamento reflex ha una durata di 200 ore consecutive, mentre nella modalità laser ha una durata di 10,000 operazioni della durata di 5 sec. cadauna. Il M.A.R.S. e’ compatibile con i sistemi NVD ed ha 5 posizioni: Off (Spento), High (intenso), Medium (medio), Low (basso), Very Low (molto basso per l’impiego di apparati NVD). Durante i test iniziali delle prime serie del T.A.R. 21 pare si TNM ••• 054

siano verificati alcuni problemi di funzionamento a causa della sabbia fine a contatto con l’otturatore. Il problema è stato analizzato e risolto brillantemente dai tecnici della IMI e dopo numerosi interventi tecnici il T.A.R. 21 è oggi un’arma di grande affidabilità. Dopo diversi test effettuati dall’IDF, il T.A.R. 21 è stato distribuito alle unità addestrative del “Battaglione Tzabar “della “Brigata Givati”, che li hanno adottati nel novembre del 2001. A quanto pare T.A.R. 21 durante intensivi tests sul campo ed operazioni militari è stato trovato significativamente più ergonomico, affidabile e flessibile degli M4. Nonostante una lenta sostituzione a favore del T.A.R.21 pare che i sempre ottimi M16 / M4 resteranno in servizio con la IDF per alcuni anni, anche perché il prezzo di un M16 è di circa un terzo rispetto ai quello del T.A.R.21 . In dotazione alle unità della “Brigata Givati” e della “Brigata Golani” nel 2008 / 2009 il CTAR 21 ha ricevuto il “battesimo del fuoco” nell’Operazione Piombo Fuso” (Cast Lead) nella “Striscia di Gaza” e dal responso dei militari è emerso che i T.A.R. 21 è un’arma molto affidabile e pratica, non essendosi rilevati problemi durante l’impiego operativo.


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REGOLE D’INGAGGIO REGOLE D’INGAGGIO REGOLE D’INGAGGIO

DI VINCENZO COTRONEO

IL DECALOGO

DEL SOLDATO

QUALI SONO LE REGOLE E COME SI APPLICANO DURANTE LE ATTIVITÀ NEI TEATRI OPERATIVI Gli attuali teatri operativi offrono alle nostre truppe contesti assolutamente diversi da quelli che ci potrebbe aspettare nell’identificazione comune di uno scenario tipico di conflitto. L’asimettricità delle forze opposte, sia dal punto di vista formale (non solo eserciti per identificabili contrapposti ma masse di unità ostili non immediatamente identificabili e cellule terroristiche frammiste alla civile popolazione del luogo, che prediligono interventi non diretti ma indiretti e “sporchi” come l’utilizzo di ordigni IED e l’utilizzo di kamikaze che creano disordini e morti generalizzate ed indiscriminate) che sostanziale (i numeri, gli armamenti e le tecniche di addestramento, molto diversi e difficili da identificare anche per la migliore squadra di agenti di intelligence esperta di humint), è una delle maggiori difficoltà per il conseguimento dell’obiettivo delle missioni internazionali,

“Chi non è intriso di guerra e di morte non può capire la pace. Non ne capisce il valore e neppure il significato. E se prima non si capisce la guerra diventa anche ridicolo attribuirsi la patente di pacifista…”

da Soldati di Fabio Mini, generale C.A. E.I. comandante KFOR Kosovo

che è quello del sostegno alla pace ed al ripristino (quando non si debba parlare di creazione) dello stato di democrazia e sicurezza del Paese nel quale ci si trova ad operare. Tali motivazioni costringono gli operatori militari all’osservazione continua di scrupolose regole comportamentali al fine di individuare con maggiore efficacia i potenziali soggetti maldisposti, distinguere i comportamenti ostili dagli atti ostili (e diversificare le risposte), e soprattutto consentono di evitare di configgere con la popolazione civile, che è bene ricordarlo, subisce i danni, le privazioni e le perduranti alee di preoccupazione TNM ••• 056

“Non esiste uno Stato che tragga profitto da una lunga guerra. Chi non comprende appieno i rischi di un conflitto non potrà comprenderne appieno i vantaggi… La suprema arte militare consiste nell’insidiare le altrui strategie, a ciò seguono nell’ordine, la rottura delle altrui alleanze e l’attacco diretto all’esercito. La peggior politica è assediare le città: un metodo da applicare solo in mancanza di alternative;” da L’arte della guerra di Sun Tzu

tipiche delle zone di combattimento. Quindi si è cercato di fornire al personale delle Forze Armate italiane le norme basilari comportamento nei casi in cui l’Italia sia impegnata in conflitti armati od in operazione a sostegno della pace, denominate con l’acronimo PSO. Sono state formulate in modo chiaro e comprensibile a tutti gli operatori, in modo da ridurre al minimo le incomprensioni che possono esservi nella catena di comando e di esecuzione degli ordini. Sono ispirate ovviamente al Diritto Internazionale Umanitario, una volta definito come Diritto Internazionale dei Conflitti Armati, e regola l’intero andamento delle operazioni militari, sovrintendendo alle regole di ingaggio, alle decisioni politiche, ed a ogni decisione strategica che venga posta in essere dai comandanti, dal Comando Generale al comandante della singola squadra operante sul campo. Il vantaggio: garantire l’uniformità delle decisioni, affinchè non configgano tra loro e siano sempre e comunque riferibili al sistema normativo internazionale che regola i conflitti armati e non. Peraltro, disporre di un’unica serie di norme di comportamento da applicare sia nei conflitti armati che nelle operazioni di pace presenta l’indubbio vantaggio di addestrare il personale militare secondo un unico standard.


O REGOLE D’INGAGGIO REGOLE D’INGAGGIO REGOLE D’INGAGGIO

L’obiettivo: A) ridurre le sofferenze non necessarie; B) assicurare il rispetto della dignità umana; C) facilitare il processo pace; Le norme che regolano il Diritto dei Conflitti Armati o D.I.U. mirano anche a tutelare i non combattenti e le categorie deboli, ovvero i malati, i feriti, i naufraghi e soprattutto i PoWs, i prigionieri di guerra. Quale è dunque lo scopo? Limitare il conflitto alle sole forze combattenti evitando i danni (almeno nella maggior parte percentuale) alle persone estranee alle ostilità, in modo da ridurre le sofferenze (già abbastanza pesanti considerato il clima di conflitto nel quale si vive) e limitare l’uso della forza al solo conseguimento degli obiettivi militari. Limitare l’uso della forza però può risultare un concetto di difficile applicazione ed interpretazione se non ben codificato. Una soluzione è data a questo problema dalla definizione delle ROE, le regole di ingaggio che specificano senza possibilità di interpretazione o di valutazione personale, le circostanze ed i limiti entro cui la forza militare può e deve essere esercitata. Le ROE sono ordini, e come tali vanno eseguiti, costituendo lo strumento attraverso il quale i comandanti controllano l’uso della forza da parte delle unità campali che dipendono dai loro comandi. Seppure elaborate dalle autorità militari, le ROE obbligatoriamente devono subire un passaggio di controllo politico da parte del Governo, e per essere approvate devono essere in grado di dimostrare la propria affinità con gli aspetti operativi, politici, diplomatici e giuridici della missione, ed ovviamente devono essere conformi alle regole del Diritto Internazionale Umanitario. Tutto ciò per significare a chi legge che non è sempre vero che (come afferma qualcuno) le regole di ingaggio permettono ai militari impegnati in PSO di trasformarsi in tanti piccoli Rambo senza limitazione di azione e con il permesso di premere il grilletto a proprio piacimento. Il comportamento non conforme al diritto dei conflitti armati invece può compromettere l’esito finale della missione, disonora il combattente, lede il prestigio del proprio Paese ed espone i responsabili a gravi conseguenze penali.

IL DECALOGO DEL SOLDATO Sono solo 10 regole, la cui osservanza consente il perseguimento degli obiettivi militari nel rispetto delle regole del Diritto Umanitario.Se applicate correttamente consentono ad ogni operatore di svolgere al meglio il proprio lavoro ed alla propria unità di avere maggiori chance di successo operativo. • Combattere solo il nemico e gli obbiettivi militari; • Non arrecare maggiori distruzioni di quanto richiesto per assolvere al proprio compito; • Divieto di impiego di armi e munizioni proibite, divieto di modifica dell’armamento e delle munizioni in dotazione (divieto di provocare sofferenze inutili inflitte all’avversario); • Disarmare chi si arrende senza attaccarlo e consegnarlo ai superiori; • Trattare tutti con umanità; • Prendersi cura dei feriti (di tutti i feriti) ed assicurare loro

le cure di cui hanno bisogno; • Rispettare la popolazione civile evitando rappresaglie, prese di ostaggi, sequestri di beni; • Rispettare tutto ciò (persone e cose) che porta o presenta simboli speciali identificativi di una protezione; • Rispettare la proprietà civile ed evitare il saccheggio; • Prevenire le violazioni al DIU e denunciare ai superiori le infrazioni commesse. Ovviamente ogni regola ha le sue basi tecniche e giuridiche utili per la piena comprensione ed applicazione da parte degli operatori. Nei prossimi numeri, osserveremo ed analizzeremo una per una le regole sopra esposte, attraverso il sistema delle Regole di Ingaggio, attraverso gli aspetti peculiari del sistema giuridico regolante i conflitti armati e le modalità operative delle nostre Forze Armate.

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DI ANTONIO MERENDONI – GALDINO GALLINI

IL PUGNALE BAIONETTA

UN’ARMA MODERNA PUÒ SEMBRARE STRANO, MA PER CHI CONOSCE LA STORIA STRANO NON È, LA BAIONETTA O MEGLIO IL PUGNALEBAIONETTA È RITORNATO AD ESSERE UN ELEMENTO ESSENZIALE DELL’EQUIPAGGIAMENTO DEL MILITARE DI OGNI SPECIALITÀ. I COMANDI DEGLI ESERCITI PREFERISCONO PERÒ COME È RISULTATO DALL’IMPIEGO OPERATIVO UN PUGNALEBAIONETTA CHE POSSA ADEMPIERE A LAVORI DIVERSI, COME NEL COMBATTIMENTO ESSERE IMPUGNATA O INASTATA. A QUESTA RICHIESTA LE AZIENDE PRODUTTRICI SULLA CONSULENZA DEGLI SPECIALISTI HANNO ORAMAI PRODOTTO QUESTO TIPO DI ARMA IN NUMEROSI MODELLI, CON SOLUZIONI PIÙ O MENO RIUSCITE, MA CONTRIBUENDO NELL’IMPORTANZA OPERATIVA DI QUEST’ARMA. LA BREVE STORIA DI QUEST’ARMA È nella seconda metà del Seicento che si realizzò un’arma bianca da poter essere inastata sui moschetti, per permettere al fante, data la lentezza delle operazioni di ricarica che lo mettevano in grave pericolo, di combattere contro fanteria e cavalleria nello scontro ravvicinato. Le prime baionette, dette “a spina”, non vennero apprezzate pienamente in quanto avevano la conformazione di una corta spada a lama sottile e l’impugnatura era affusolata, con la base arrotondata così da poter essere inserita nella canna del fucile. Pertanto, quando la baionetta era inastata era impossibile sia sparare che ricaricare l’arma. Inoltre era molto frequente il distacco involontario dalla volata del fucile. Fu agli inizi del Settecento che venne introdotta la baionetta ad incastro, dotata di una boccola tubulare che abbraccia la parte esterna della volata della

canna, incastrandosi in una camma che ne assicura la fissità. Con la fattura della baionetta cosiddetta a “L”, questa si scosta sufficientemente dal vivo di volata, permettendo così sia lo sparo che la ricarica del fucile. Questo tipo di baionetta è molto semplice e di basso costo, la lama poteva essere a sezione triangolare, quadrangolare o piatta. La ritroviamo anche su alcuni fucili della seconda guerra mondiale: Mosin Nagant russo, Lee Enfield Mark VI inglese ecc.. Purtroppo l’utilizzo di questo modello di baionetta anche come pugnale è estremamente scomodo e le lame a sezione triangolare o quadrangolare non hanno un filo tagliente, comportando così la necessità di dotare il militare ancora di un pugnale. La più attuale baionetta ad incastro è quella per il FAL belga, la lama di questa baionetta ha sezione piatta ed è ricavata dallo stesso tubo-manicotto che s’inserisce all’esterno della canna. Pertanto è pure TNM ••• 059


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possibile impugnarla comodamente ed utilizzarla come pugnale. Le baionette modello a “daga” furono introdotte nell’ottocento, l’arma era dotata di una vera impugnatura con apposito scasso per il fissaggio al fucile, la guardia era di solito caratterizzata dal tipico anello in cui s’inseriva la canna del fucile. La maggior parte delle attuali baionette mantiene tale conformazione. Il costo di produzione era però molto più gravos rispetto a quelle ad incastro, ma quest’arma poteva sostituire perfettamente la sciabola o la daga di cui spesso erano dotate le fanterie (infatti le lame erano lunghe 50-60 cm o anche di più). Già a partire dal secolo XVIII comparvero anche le baionette integrali, queste erano fissate al fucile o alla pistola ed erano solitamente congegnate con dei meccanismi a snodo che ne permettevano il ripiegamento o la retrazione lungo l’arma stessa. Questo tipo di baionetta trovò impiego anche in molte armi moderne. Il moschetto italiano ’91, il 91-24, il Balilla; i moschetti russi modello 1944 ed il Simonov SKS; la versione cinese dell’AK 47; la carabina CZ mod. 52 ecc. Per quanto riguarda l’evoluzione della baionetta va notato come nella fase più antica la lunghezza della lama è molto elevata, infatti la fanteria doveva spesso fronteggiare la cavalleria e la lunghezza del fucile con baionetta inastata permetteva di scontrarsi mantenendo una distanza sufficiente per sottrarsi ai colpi della sciabola del cavaliere. La lama tende ad accorciarsi drasticamente in molte baionette prodotte dagli inizi del Novecento in poi, in quanto l’uso tattico della cavalleria diventa impossibile (per le armi ad elevata frequenza di tiro) e così l’utilizzo della baionetta si limita agli scontri tra fanterie. È proprio durante la prima guerra mondiale, dagli scontri individuali avvenuti nelle trincee che nasce quella necessità di avere una baionetta-pugnale, anche per usi non legati al solo combattimento e indusse le Commissioni Militari per gli armamenti a concepire uno strumento che potesse soddisfare molte esigenze pratiche del militare moderno.

L’ATTUALITÀ L’evoluzione comporta innovazioni nella forma, dimensioni e soprattutto nei materiali. Cambia la qualità degli acciai impiegati. Vengono introdotti i trattamenti esterni per contrastare la corrosione. Gli acciai al carbonio vengono sostituiti da quelli inossidabili. Le vecchie impugnature in legno, ferro o ottone, vengono sostituite con bachelite, plastica, micarta ecc... Anche i foderi si evolvono, oltre ai materiali di cui sono fatti, spesso vengono dotati di alloggiamenti per pietra affilatrice, sistema tagliafili ecc... Attualmente, ad ogni fucile d’assalto corrispondono uno o più tipi di baionetta. Per l’M16-M4 americano ci sono quattro o cinque modelli ufficialmente adottati. La Russia e le nazioni dell’ex Blocco Sovietico erano riusciti ad imporre una uniformazione delle armi e calibri in dotazione, per cui anche le baionette erano intercambiabili. In generale la baionetta moderna tende ad assumere una conformazione che la accomuna sempre più al pugnale ed a perdere il caratteristico aspetto marziale del passato. Ma sminuire l’importanza della baionetta nell’uso tattico, è assolutamente tendenzioso, perché nella realtà non è così e lo comprovano episodi noti durante gli impieghi di PSO dalla Somalia all’Afganistan. Sicuramente gli assalti diretti inastando la baionetta contro linee nemiche saranno rari, ma l’impiego di quest’arma è ancora importante. In ambiente urbano, foresta ecc. la baionetta inastata può essere più veloce e determinante dello sparo. Inoltre un tentativo a breve distanza per impossessarsi del fucile d’assalto e disarmarlo, è molto difficile se questo ha inastato la baionetta. Ancora in uno scontro caotico di gruppo, spesso è impossibile sparare ad un nemico che si ha di fronte se dietro ad esso ci sono dei nostri commilitoni, sia per la difficoltà di tirare precisamente e per la capacità perforante molto elevata dei moderni calibri, con il pericolo di colpire un commilitone con lo stesso proiettile che ha trapassato il nemico. In una tale situazione il militare ben addestrato deve usare la baionetta inastata. Infine non bisogna dimenticare l’aspetto psicologico della baionetta: il militare che la utilizza inastata sul suo fucile d’assalto, è consapevole di avere uno strumento di difesa in più in caso di scontro ravvicinato, mentre l’avversario che se la vede puntata addosso, sentirà sicuramente un brivido di paura poco piacevole lungo tutto il corpo. TNM ••• 060


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SCENARI OPERATIVI SCENARI OPERATIVI SCENARI OPERATI

DI VINCENZO COTRONEO

CULTURE, RELIGIONI, TRADIZIONI, POPOLI,

LA VITA CHE OGNI GIORNO SI SVOLGE NEI LUOGHI DOVE SI PORTA AVANTI L’IMPEGNO MILITARE DEI NOSTRI SOLDATI, DELLE ONG, DEI PROFESSIONISTI PRIVATI DELLE PMC. L’area mediorientale che attualmente ha visto e vede ancora orgogliosamente impegnate le nostre migliori unità delle FFAA, è un crocevia di strade e sentieri che portano dall’Asia all’Europa attraverso deserti ed alture che a dispetto di quanto possano sembrare spoglie ed inospitali per l’uomo, raccolgono l’essenza di antiche mescolanze tribali, di culture frammiste a tradizioni arcaiche millenarie, di religioni ufficiali che si accompagnano a riti pagani tipici che variano a seconda delle zone geografiche che si attraversano e spesso che variano al variare dei villaggi che si incontrano all’improvviso sul sentiero solcato dalle pesanti ruote dei mezzi incolonnati in convoglio. Panorami che somigliano a quelli lunari durante il giorno, fatti di sabbia e pietre con temperature che sciolgono gli anfibi, a misteriosi e poco affidabili coltri di buio durante la notte quando la temperatura precipita in fondo sulla colonnina di mercurio. E’ questo il semi-sconosciuto ambiente nel quale lavorano le truppe ISAF, tra non poche difficoltà ambientali che mettono a dura prova le tensioni nervose e che fanno capire il perché di addestramenti tirati al limite dello sforzo mentale e fisico che si affronta prima di posare gli anfibi su questi territori. In sintesi, non è il massimo come scenario, ma in ogni caso, tocca misurarsi con quello che si trova e quindi è compito doveroso in capo ad ogni operatore, sia esso appartenente alle truppe ISAF o meno, documentarsi sul modo di relazionarsi con i costumi, gli usi, le religioni del posto in cui ci si trovi a lavorare, per affrontare nel migliore dei modi possibile ogni impegno sia esso operativo, assistenziale od umanitario. Date le variabili dovute alla provenienza diversificata delle tribù afgane piuttosto che gli usi tipici delle tribù, dovuti a comportamenti di millenaria derivazioni, si può sicuramente trovare una costante nell’alveo del sistema di religione osservata in prevalenza dalla popolazione che abita queste zone, l’Islam. Chi intende oggi approcciare da profano l’affascinante mondo dell’Islam, dovrà farlo con mente lucida ed aperta, accettando di poter correggere alcune impostazioni e direttive TNM ••• 062

assolutamente deviate che arrivano nelle nostre case attraverso i media nazionali ed internazionali di qualunque genere. Ed è quello che fanno (o che dovrebbero fare…) tutti gli operatori che si trovano a svolgere il proprio lavoro in aree di crisi a maggioranza etnica e religiosa di matrice islamica. Una area vastissima a livello geografico, che copre l’Africa dalle coste atlantiche nigeriane, passando attraverso il Maghreb ed in Nord Africa, fino alle più classiche e conosciute zone di influenza religiosa musulmana, ovvero la penisola arabica e la fascia mediorientale che separa l’Europa dal resto del vecchio continente, senza contare alcune significative zone dell’Africa centro-sud orientale e l’arcipelago indonesiano che comprende asta parte del sud est asiatico. Tanto per capirci, ci si trova di fronte ad una popolazione credente e professante di circa un miliardo e trecentomilioni di persone che hanno fatto dei precetti coranici la guida e la direzione della propria vita; 1.300.000.000 di individui!! Il dato è tratto dal Vatican World Christian Database una organizzazione religiosa di stampo cattolico d’origine americana che si occupa di censire ogni 3-5 anni la popolazione mondiale allo scopo di “soppesare” su basi percentuali la sempre più crescente presenza della religione all’interno del mondo laico delle scelte politiche. Nell’indagine targata 2007, il VWCD ha sottolineato come il numero dei professanti la religione musulmana abbia superato il dato numerico relativo ai cristiani, fermi a circa un miliardo e centomilioni di fedeli. E’ evidente quindi che gli operatori in zone ad alto rischio con prevalenza di fedeli musulmani debbano essere adeguatamente preparati ad integrare nel proprio bagaglio di conoscenze utili alla buona riuscita della missione, anche gli elementi base della cultura musulmana e della religione islamica, partendo dal presupposto che non tutti gli islamici sono arabi, e non tutti gli arabi sono islamici. Quella dell’Islam non è solo una cultura, ma è anche un insieme composto ed a volte non ben organizzato di religione (con diverse scuole di pensiero e di applicazione, ufficialmente se ne contano


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ben quattro nella sola confessione sunnita), di mistica, di condotte di vita, di leggi rigide, di usi, costumi e tradizioni, di modi di pensare e di agire, a volte profondamente diversi in ordine alla regione geografica nella quale si opera, ma sempre legati da quel filo rosso che è la comune fedeltà al precetto coranico. Sarà quindi utile all’operatore sapere che anche a livello temporale, il diritto islamico (cosi detto, ma che non raccoglie come appena scritto solo le norme giuridiche) è circa 400 anni indietro rispetto all’età moderna nella quale viviamo, essendo databile la prima predicazione del profeta Maometto tra il 622 ed il 624 d.c., periodo nel quale il profeta affrontò per la prima volta il pellegrinaggio da Medina sua città natale al La Mecca, città santa dell’Islam, secondo la rivelazione che Allah concesse al profeta Maometto per bocca dell’arcangelo Gabriele. E’ quindi impossibile schierarsi contro un precetto che derivando direttamente da Dio è considerato dai fedeli come impossibile da mettere in discussione. La realtà umana, considerata la propria natura corruttibile non è in grado di poter discutere circa l’interpretazione da offrire ai precetti delle sure coraniche od alle sentenze islamiche forgiate in base TNM ••• 064

alla sharia dai saggi e dai maestri religiosi, uniche figure di autorità che racchiudono in uno le occidentali figure del sacerdote, del pubblico ministero e del giudice. L’islam è un coacervo di anime, di pensieri, di comunità assolutamente diversi e distanti le une dalle altre, ma assolutamente in grado di ritrovarsi sotto lo stesso cappello quando da parte dei kafir ovvero gli infedeli, venga posto in pericolo o minacciato il precetto religioso, od offesa una pratica obbligatoria. Per comprendere meglio il concetto, si può pensare alla chiamata alle armi del popolo islamico nel 1979 in occasione dell’invasione dell’allora Armata Rossa Sovietica ai danni dell’Afghanistan. Se è vero che storicamente le due più grandi confessioni (sciiti e sunniti) non si sono mai amati ne sono andati mai troppo d’accordo, è altrettanto vero che per la difesa dell’ideale religioso e politico islamico, le differenze di scuola e confessione, di razza e di casta, di nazionalità e provenienza, vennero assolutamente cancellate dal richiamo di Abdul Yuseef Azzam uno sceicco palestinese che per primo proclamò la guerra di resistenza ai russi e determinò le teorie che portarono alla codificazione del primo jihad combattente dell’era moderna, deviando


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completamente dalla impostazione sociale e pacifica che fino ad allora era accomunata al termine jihad, che letteralmente è tradotto con “impegno, sforzo” e non già come invece indicato dai media che preferiscono il termine “guerra santa” (posto anche che il termine arabo per guerra è harb e non jihad). Il Corano e la Sharia rappresentano quindi le pietre di paragone con le quali i nostri operatori civili e militari giornalmente sono obbligati a confrontarsi, vuoi per la buona riuscita delle operazioni, vuoi per la stessa sopravvivenza dell’operatore. Il modo di entrare in una casa, riconoscere gli angoli della preghiera tramite l’identificazione immediata di un mirhab od in minbhar in Moschea, il modo in cui ci si siede intorno ad un tavolo o si tiene un meeting con un muftì o con un muktar, il modo in cui si tratta una collaborazione con uno zaim, fanno la differenza, a volte fondamentale per gli obiettivi della missione. Ma si va anche sulla quotidianità, con l’apprendimento dei modi di comportamento con le donne, che comprendono anche semplici sguardi che se prolungati o particolarmente intensi in determinate aree del mondo possono mettere in pericolo la donna stessa, la quotidianità dell’ingresso

in una Moschea con i rituali che prevede e con l’assoluto divieto di consultare le copie del Corano presenti all’interno, cosi come la quotidianità del rispetto dei cinque pilastri dell’Islam, (la dichiarazione di fede da ripetere ogni giorno, la preghiera da effettuare 5 volte al giorno, l’elemosina, il digiuno e in ultimo il pellegrinaggio alla città santa de La Mecca da effettuare almeno una volta nella vita), come anche la capacità di riconoscere caste, origini e privilegi dal colore della kefja o shemag indossata dagli uomini per strada. Insomma un mondo assolutamente complicato e caotico, ma altrettanto affascinante e pieno di curiosità, capace di sorprendere anche le persone più esperte di culture popolari, a volte capace di inorridire per l’estrema brutalità e severità delle prese di posizione assunte in ordine alla rigidità con la quale viene amministrata la giustizia in nome di Dio. Un mondo che va scoperto volta per volta con molta attenzione e con molto rispetto, in modo da riuscire a crearsi un proprio spirito critico, non condizionato da altrui considerazioni più o meno capaci di fare colpo o scoop sul pubblico generalista. Dito sul grilletto…ok, ma cervello e capacità di dialogo e di ascolto sempre in modalità operativa.


LAW ENFORCEMENT E CIVILIAN SECURITY LAW ENFORCEME DI MIRKO GARGIULO ( DIRETTORE EDITORIALE )

LAW ENFORCEMENT E CIVILIAN SECURITY “Vivo in una società sicura?”. Questa domanda se la pongono ogni giorno circa 6.890.000.000 persone, ovviamnte in misura differente a seconda della località in cui si vive. E le risposte sono certamente differenti. Nessuno potrebbe immaginare di ricevere la stessa risposta da un abitante di una Favelas di Rio de Janeiro e da un cittadino di Treviso. Ciò che differenzia ancora di più la risposta non è tanto il numero effettivo di crimini entro quella specifica comunità (Rio o Treviso ), quanto la “percezione di criminalità” Rimanendo dentro i nostri confini nazionali dobbiamo sinceramente ammettere che l’attività investigativa e di intelligence negli ultimi anni ha consentito di aumentare il numero degli autori di reato denunciati e di catturare un maggior numero di grandi latitanti. I dati parlano chiaro, il rapporto sulla criminalità in Italia realizzato nel 2007 dal Viminale

indicava la diminuzione tendenziale negli ultimi anni di reati come gli omicidi o gli scippi, con l’aumento però delle rapine e delle violenze sulle donne. Tralasciando per un momento i nostri problemi “ domestici “ negli ultimi dieci anni altre nuove e pericolose minacce incombono sulle nostre teste come delle spade di Damocle. Stiamo entrando in un’epoca di incertezza, criminalità organizzata e terrorismo sono sfide globali a lungo termine. dobbiamo pesare bene le minacce che abbiamo di fronte e prepararci a trattare con loro. Sabotaggi, attentati suicidi, sequestri, estorsioni, ricatti,rapine,narcotraffico, avvelenamento e altre forme di terrore, criminali e terroristi utilizzano la stessa tattica per raggiungere un obiettivo desiderato. La lotta su più fronti contro il terrorismo e la criminalità devono comprendere la diplomazia, l’intelligence, e sopratuttuo le forze di polizia e gli operatori della sicurezza con il difficile compito di prevenire i reati e le stragi e difendere la popolazione civile. L’eterna lotta tra il bene e il male è sempre aperta! Nel medioevo i cavalieri divennero una grande forza, un aristocrazia del valore, un argine contro i tiranni e gli oppressori, il simbolo della fedeltà e dell’onore. Il codice d’onore di ogni cavaliere esaltava la dedizione ai deboli e alle loro necessità d’aiuto contro le ingiustizie dei prepotenti e oggi cosi come allora la comunità mondiale ha bisogno di nuovi cavalieri, di nuovi paladini del bene per difendere gli innocenti contro l’aggressione ingiusta. Sono passati secoli, sono cambiati i mezzi, sono cambiati gli scenari, sono cambiate le sfide e gli aggressori ma quello che non è mai cambiato e mai cambierà sono i valori, che spingono certe persone a combattere ogni giorno per difendere i più deboli a rischio della propria vita... VALORI DI LIBERTÀ E GIUSTIZIA.

Chi non ha una spada venda il mantello e ne compri una (Luca 22,35-38)

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DIFESA PERSONALE DIFESA PERSONALE DIFESA PERSONALE

DI GIUSEPPE MORABITO

LA DIFESA PERSONALE La parola “difesa”, così come il concetto stesso di difesa, si riferisce a quel campo infinito di possibili azioni o comportamenti che si oppongono ad un altro concetto, quello di “offesa”, in un continuo gioco di equilibri fra l’eccesso ed il difetto. Equilibri molto complicati, non solo da un punto di vista pratico ma anche e soprattutto da quello legale, che infatti definisce la difesa “legittima” solo quando questa è “proporzionale all’offesa”. Ma come si può nei brevi attimi di un’aggressione calcolare quale sia la giusta proporzionalità? O come si può definire a priori quali saranno gli effetti di una nostra azione, magari solo una semplice spinta, che si oppone ad un tentativo di aggressione nei nostri confronti? Poiché se vi sarà un “difetto di difesa” l’offesa sortirebbe il suo effetto e ne verremmo lesi, invece se vi fosse un “eccesso di difesa” compieremmo un illecito e verremmo puniti. La prima regola da seguire per ridurre al

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E DIFESA PERSONALE DIFESA PERSONALE DIFESA PERSONALE

minimo le possibilità di ritrovarci in questa complessa situazione è di aggiungere al concetto di “difesa” il termine “preventiva”, e cioè operare in maniera da risolvere a monte il problema evitando il manifestarsi della situazione stessa. Se, ad esempio, uscendo portiamo con noi l’ombrello anche se non piove, stiamo compiendo una “difesa preventiva” dalla pioggia che potrebbe cadere poi. E questo vale a tutti i livelli del comportamento umano e sociale: le armi atomiche, essendo un deterrente per la loro immensa capacità distruttiva, diventano una difesa preventiva della pace; i paraurti sono una difesa preventiva dell’integrità della nostra auto, ecc.. Da questi esempi possiamo facilmente desumere che “difesa preventiva” significa acquisire e avere a disposizione una serie di mezzi, abilità o comportamenti atti a rendere vana una eventuale offesa oppure a limitarne il più possibile i danni. Se poi entriamo nel campo del “personale”, anche la difesa diventa “difesa personale” obbedendo alle stesse regole generali della prevenzione come scelta elettiva, il che significa arrivare ad avere a disposizione mezzi, abilità o logiche di comportamento migliori di quelle di un ipotetico aggressore. Difendersi dal crimine in tutti i suoi infiniti aspetti comporta di conseguenza un attento studio ed una perfetta organizzazione delle difese più opportune, che non sono immutabili, ma variano a seconda delle circostanze e delle necessità di ogni categoria di persone, per età, per professione, per ambiente o anche, semplicemente, per orario giornaliero. Diversi sono i rischi che affronta la massaia quando resta sola in casa o quando esce per fare la spesa, quelli dell’anziano signore che va a ritirare la pensione, da quelli di un tassista nel suo lavoro quotidiano o quelli del poliziotto nell’esercizio delle sue funzioni. Per ognuna di queste categorie esistono regole ed accorgimenti differenti per fare si che la difesa sia “organizzata” e non affrontata con mezzi occasionali quasi mai idonei al manifestarsi delle difficoltà. Purtroppo i tempi, non certo per nostra responsabilità, hanno da una parte ridotto le nostre libertà e dall’altra reso possibile l’aumento di una sempre più sfacciata microcriminalità dalla quale nessun cittadino è al sicuro e sarà certamente più opportuno adattarvisi se non si riuscirà presto a cambiarli. Ecco quindi giustificato il nascere di scuole ed organizzazioni specializzate nello studio di soluzioni diverse a seconda delle esigenze. Ma come scegliere? Come definire un concetto di “qualità” nel campo della sicurezza? Basta un po’ di logica, di buon senso e magari accettare qualche consiglio da chi, come noi, da qualche decennio si occupa di queste tematiche, anche se sappiamo bene che “nemo profeta in patria”.

Innanzitutto diffidate da chi vi propone di risolvere tutto con lo scontro fisico, oppure armandovi, poiché questo vi porterebbe, se siete fortunati, in un ospedale e se non lo siete, davanti ad un giudice. Nessuna forma di difesa può prescindere dalle leggi vigenti e l’arma più è “impropria” e più mette in pericolo anche chi la usa. Chiedete a chi vi si propone come insegnante la sua storia e il suo percorso, eviterete di essere truffati da chi si ricicla, per moda o per convenienza, all’interno di un settore in cui una falsa o errata conoscenza può mettere in gioco la vostra stessa vita. E non lasciatevi influenzare da racconti di risse o bravate, che definiscono più il vissuto di un killer che di un operatore della sicurezza. Già è più serio chi vi propone la pratica di un’arte marziale, che però richiede lunghi anni di allenamento, e non sempre, soprattutto se è vista in chiave sportiva, vi garantisce l’apprendimento di ciò che potrebbe occorrervi in uno scontro reale. Affermazione che può apparire paradossale, ma se consideriamo che le discipline della prima generazione, che naturalmente avevano la loro ragione d’essere nell’applicazione allo scontro reale, hanno finito con lo specializzarsi nell’uso di armi (lance, spade, catene, ecc.) ormai in disuso, possiamo facilmente comprendere quanto a poco ci servirebbe oggi, in una rapina, essere maestri di Kendo, la Via della Spada, o di Kyudo, la Via del Tiro con l’Arco, senza nulla togliere a queste splendide discipline. Lo stesso non si può dire delle discipline che invece prendono in esame il combattimento corpo a corpo, sempre che siano praticate con i dovuti riferimenti al sistema difensivo reale, e non specializzate esclusivamente al confronto agonistico, poiché per strada, non esistono arbitri, punteggi o regole di comportamento. E sempre se non si siano stilizzate in forme di combattimento di tipo “artistico” che, se pur rispondenti ai requisiti richiesti da una qualche Arte Marziale, non trovano più applicazione nella logica dello scontro reale. Se poi teniamo presente che per esprimere una valida capacità difensiva è fondamentale anche essere psicologicamente preparati a farlo, nel senso che a poco servirebbe la migliore preparazione tecnica se la nostra azione è resa incerta dal timore o dalla paura, ci renderemo conto di quanto sia difficile trovare oggi nel mondo delle Arti Marziali dei reali metodi di difesa personale. Infine cercate, nell’imparare la difesa, di non “offendere” voi stessi con rambistiche ed assurde pratiche che mettano la vostra incolumità più in pericolo di quanto probabilisticamente un aggressore potrebbe fare. TNM ••• 069


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DI FABIO ROSSI

UNA VOLTA SI CHIAMAVANO “FERRI”…

IL MONDO DELLE MANETTE NEL PANORAMA ITALIANO Le manette sono dei dispositivi di contenzione fisica impiegati per immobilizzare e stabilizzare le persone pericolose o potenzialmente fuori controllo ed attualmente fanno parte della dotazione standard di ogni operatore di polizia. Nella sua lunga storia l’uomo ha sempre avuto la necessità, nel bene o nel male, di contenere coercitivamente i suoi simili, impedendone i movimenti delle mani e dei piedi e, sicuramente, uno dei primi dispositivi utilizzati è stata la corda. A seguire, con l’avvento della lavorazione dei metalli, sono stati creati dei robusti anelli di ferro, collegati con una catena, che venivano serrati a caldo con un piolo; i greci ed i romani, ad esempio, hanno utilizzato questi metodi per

CATENELLE IN DOTAZIONE AI CARABINIERI SINO ALLA META’ DEGLI ANNI ‘80


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incatenare gli schiavi sulle loro navi a remi. Quest’ultima soluzione, con il passare dei secoli, è diventata sempre più inadeguata a causa del peso nel trasporto dei manufatti ma soprattutto per la loro difficoltà di applicazione a soggetti ostili con differenti caratteristiche fisiche. L’innovazione si ebbe il 17 giugno 1862 quando un inventore di nome W. V. Adams brevettò delle nuove manette dalla chiusura regolabile. Esse hanno rivoluzionato il sistema introducendo un anello che poteva essere regolato per stringere i polsi. Questo consisteva in un arco metallico, con delle tacche incise sulla parte esterna, che venivano bloccate tramite la chiusura di un meccanismo a chiave. Questo progetto di base, composto da due bracciali collegati da una corta catena è stato, negli anni successivi, più volte modificato e migliorato sino al 1912 quando George CARNEY brevettò le manette autobloccanti rendendo obsolete tutte le altre reperibili in commercio. Nel nostro paese il passaggio alle manette è stato molto più lento, basti pensare che l’Arma dei Carabinieri ha dotato i suoi uomini delle cosiddette “catenelle” sino alla metà degli ’80 e che gli stessi hanno utilizzato i “ferri o schiavettoni” per le traduzioni dei detenuti sino ai primi degli anni ’90. Le manette moderne, che attualmente equipaggiano anche le Forze di Polizia italiane, offrono buoni margini di sicurezza ed affidabilità e sono costituite da due semi-strutture di forma ovoidale collegate da una corta Catena (meccanica) o da cardini snodati; queste ultime, di più recente realizzazione, conferiscono una maggiore rigidità e quindi controllo del soggetto ostile. Sono realizzate utilizzando varie tipologie di acciai speciali, di norma inox AISI 440, che a volte vengono associati a rivestimenti in tecnopolimero, raggiungendo un peso mediamente di poco superiore ai 400 gr. Ciascun anello ha un segmento rotante, chiamato “costola” che si inserisce su una sezione dentata al fine di agganciare il polso in modo rapido e stabile. La loro lunghezza complessiva è di circa 24 cm. La misura massima del perimetro interno del bracciale, quando il cricchetto di bloccaggio è impegnata alla prima tacca, è di circa 22 cm e di 16 cm quando lo stesso è impegnato all’ultima tacca. I due bracciali regolabili sono dotati di una serratura che utilizza una

SCHIAVETTONI UTILIZZATI PER IL TRASPORTO DEI DETENUTI FINO AI PRIMI ANNI 90

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chiave universale progettata per un doppio utilizzo: consente di provvedere all’apertura della serratura principale e di inserire e sbloccare il cosiddetto “double-lock” ovvero il meccanismo, posto generalmente sul lato, che impedisce agli anelli, una volta chiusi attorno ai polsi, di continuare a serrarsi e quindi creare danni fisici al soggetto. Molte sono le aziende che a livello mondiale producono manette di sicurezza e che varie aziende importano in Italia, tra queste meritano una menzione, per le innovazioni tecnologiche e l’accuratezza nella realizzazione, l’inglese Hiatts Handcuffs, recentemente assimilata dalla Safariland e le americane Smith & Wesson ed ASP – Armament System and Procedures. Quest’ultima, il cui motto è “Protecting those who protect” ha la sua sede ad Appleton nel Wisconsin ed è stata fondata nel 1975 da Kevin PARSONS. L’azienda ha all’attivo la produzione di svariate categorie di prodotti dedicati al settore del Law Enforcement ma ha raggiunto livelli di leader nella produzione dei Tactical Baton estensibili, dei simulacri da addestramento riproducenti armi denominati “Red Gun” e delle manette, tanto che quest’ultime sono state ufficialmente adottate in oltre 80 nazioni nel mondo. Le manette ASP Tactical sono il prodotto di studi avanzati sia nel design che nella struttura. La loro conformazione è il risultato di analisi, di simulazioni e lunghe progettazioni al computer. La resistenza è stata massimizzata con l’applicazione di una struttura unica: le manette sono forgiate in appositi stampi e costituite da acciaio inossidabile e vengono successivamente pressofuse e preformate in un polimero soggetto ad una pressione di 75 tonnellate. La “costola”, nel punto di appoggio sul polso, è piatta al fine di aumentare la superficie di appoggio e facilitarne l’applicazione. La copertura è realizzata in vari colori al fine di poter identificare “a vista” la parte mobile. Le differenti colorazioni vengono anche utilizzate dai vari Dipartimenti di Polizia americana, come i codici colore del triage medico; ad ogni colore assegnato corrisponde un diverso LE QUATTRO TIPOLOGIE DI SERRATURE ASP

CARATTERISTICHE DELLA MANETTA CHAIN ASP

messaggio che deve essere immediatamente percepito dall’operatore, come la pericolosità del soggetto a cui le manette sono state applicate. Un particolare esempio è dato dal colore rosa, che venne introdotto alcuni anni addietro da Joe ARPAIO, Sceriffo della Contea di Maricopa in Arizona, il quale, avendo notato che questo colore trasmetteva ai detenuti un effetto psicologico calmante, decise di assegnare loro l’intero corredo di lenzuola, asciugamani ed abbigliamento intimo rosa. La serratura è formata da un unico pezzo ed in caso di rottura può essere facilmente rimossa e sostituita. La chiave di sbloccaggio può essere inserita nelle serrature, che per motivi di praticità sono state


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VARIE COLORAZIONI DELLA MANETTE PRODOTTE DALLA ASP

collocate su entrambi i lati. Sono disponibili quattro tipologie di serrature, tre operative, che permettono di poter aumentare le caratteristiche di sicurezza ed utilizzano da uno a tre denti di arresto svincolati l’uno dall’altro, una da training che permette l’apertura senza l’impiego della chiave in quanto la costola scorre in entrambe le direzioni. Le manette ASP sono inoltre certificate a norma NIJ Standard – 0307.01, ottenuta dopo essere state sottoposte ai severi controlli del National Law Enforcement and Correction Technology Center americano. A questo punto dobbiamo analizzare i criteri che dovrebbero portarci alla scelta della “giusta” manetta. L’Operatore di Polizia o l’Amministrazione che ne effettua l’approvvigionamento, vengono generalmente influenzati dal prezzo di acquisto, che a seconda del modello e del costruttore possono anche superare i 100 euro. Invece i parametri di valutazione dovrebbero indirizzarsi principalmente alle precise e chiare caratteristiche tecnico-tattiche relative al loro impiego. Ad esempio, per un operatore impegnato nel servizio di pattuglia o pronto intervento, ci si dovrebbe orientare all’utilizzo di un modello “a catena singola” in quanto questo tipo consente una maggiore semplicità e manovrabilità d’impiego e quindi una più facile applicazione in caso di interventi movimentati su soggetti non consenzienti. Diversa invece la situazione in cui gli operatori devono effettuare una traduzione e possono dirigere la loro scelta verso manette a doppio cardine o rigide, che permettono di accrescere il controllo di sicurezza al fine di impedire la fuga del soggetto arrestato. Conclusa l’analisi tecnica e la scelta della nostra manetta non dobbiamo sottovalutare l’importanza di procedere ad un serio addestramento che ci permetterà, attraverso lo studio e la pratica di moderne tattiche e procedure di ammanettamento, soprattutto simulando situazioni di stress indotto, di giungere al contenimento ed al bloccaggio del soggetto ostile. Argomento che svilupperemo, supportati dalla collaborazione di influenti esponenti del settore, in uno dei prossimi numeri della rivista. (Le foto e le caratteristiche delle manette ASP sono state gentilmente concesse dalla ditta Mad Max Co. di Formello (Roma) www.madmaxco. com)

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TACTICAL FITNESS TACTICAL FITNESS TACTICAL FITNESS

DI DECIMO ALCATRAZ/GIANLUCA FAVRO

PREPARARE IL CORPO PER ALLENARE LA MENTE I professionisti della sicurezza – poliziotti, militari, guardie private per le scorte valori e guardie del corpo – hanno come obbligo per il proprio addestramento personale il maneggio e l’utilizzo dell’arma di servizio. Molti si recano nei poligoni e sparano dai banchi di tiro centinaia di colpi nel tunnel, a distanze tra i 15 e i 25 metri, indossando le cuffie. Altri si iscrivono ad associazioni di tiro dinamico e competono in manifestazioni sottoposte a regole e percorsi tracciati. Quanto sarà utile tutto ciò nel disgraziato momento in cui dovranno affrontare un conflitto a fuoco? È meglio essere onesti con se stessi: poco o nulla. Saper sparare con la pistola non significa automaticamente saper combattere con la pistola. Un’alta percentuale degli scontri a fuoco avviene in contesti, con situazioni ambientali e possibilità di Il clubbell bruiser da 45lbs è lo strumento base per i programmi di forza movimento completamente differenti rispetto a quelle cui si è abituati in addestramento classico: distanza massima di 3/5 metri, presenza di persone estranee, condizione di luce variabile, tempi dall’ingaggio alla conclusione dell’azione che variano tra 5 e 7 secondi. Le reazioni spontanee dell’organismo umano vanno dall’accelerata e violenta produzione di adrenalina, del battito cardiaco e del ritmo respiratorio, alla diminuzione delle capacità motorie e di coordinazione, all’abbassamento della vista con “effetto tunnel” e alla perdita quasi TNM ••• 076

totale della visione periferica. A volte subentra addirittura una mancanza di coordinamento motorio e un’immediata o progressiva paralisi mentale: l’incapacità di decidere cosa fare, come e quando, contro chi, a protezione di chi altro. Come accrescere allora le proprie possibilità di sopravvivenza in un conflitto? Allenando il tiro istintivo, ovvero quella particolare reazione, che prevede una vorticosa combinazione di adattamento e immediata valutazione del contesto, grande velocità e precisione abbinate a uno spirito determinato. A differenza di quello che si potrebbe pensare il tiro istintivo è rapido e semplice da apprendere, ma deve basarsi su metodologie d’insegnamento e di training uniche, capaci di condizionare l’operatore a reagire a situazioni operative inaspettate, sfruttando al meglio le reazioni meccaniche e la memoria muscolare, che tutta la struttura del corpo è capace di mantenere, se opportunamente sollecitata. In questo, l’utilizzo dei clubbells – clave di ferro conosciute in Russia, Persia, India e importate anche nella Roma imperiale per l’allenamento di legionari e gladiatori - rappresenta un sistema di condizionamento fisico ottimale. Vediamo come e perché. Chi sarà chiamato a dover utilizzare il tiro istintivo, con ogni probabilità dovrà reagire, gestendo repentini cambiamenti dinamici di posizione e di allineamento, alcune volte indotti da percussioni, ostacoli fissi e mobili, spostamenti bruschi. La possibilità di poter contare su una mobilità ottimale, in grado di permettere il recupero di una perfetta stabilità è determinante per ottenere velocità e precisione di tiro senza l’uso delle tacche di mira. L’integrazione della respirazione è fondamentale per controllare le reazioni emotive e riconquistare gli allineamenti necessari ad essere efficaci e precisi: lo scopo non è competere per realizzare le rosate più strette nei bersagli di carta o sui popper, ma fermare il prima ed il più efficacemente possibile qualcuno che ci ha attaccato ed è protagonista di un atto criminoso ai danni nostri o di terzi. Perché ciò avvenga è necessario che il corpo acquisisca istintivamente una posizione naturale ready to combat: gomiti perfettamente estesi e bloccati, spalle abbassate e rilassate, colonna, nuca e testa allineate, polso esteso per garantire il massimo allungamento dell’avambraccio verso il target. I clubbells possono essere utilizzati con grande vantaggio nell’addestramento di posizioni basilari per il tiro istintivo: la gestione eccentrica del peso, l’abitudine a gestire selettivamente la forza, l’attivazione del core addominale per acquisire la stabilità necessaria e regolare la respirazione aiutano infatti a migliorare l’isoscele, realizzando una maggior chiusura dei gomiti sul tronco e una più solida, veloce e precisa estensione dell’arma verso il target, incrementando l’efficacia del tiro e l’aggressività del gesto, che è fondamentale nel combattimento. Ma le necessità di addestramento


TACTICAL FITNESS TACTICAL FITNESS TACTICAL FITNESS TACT

bodyweight warm up

non riguardano solo il gesto puramente tecnico dell’ingaggio con l’arma su bersaglio, ma hanno una ricaduta decisamente più ampia, che comprende il contesto e le compromissioni fisiologiche che un combat armato richiede. L’obiettivo è chiaro e semplice: il tiro istintivo da difesa e le condizioni fisiche che lo influenzano diventano vitali, se si crea la condizione di poter reagire solo quando ormai si è già stati coinvolti in una situazione ad altissimo rischio. Purtroppo nello scontro reale non ci sono medaglie per il secondo: questi soccombe. L’addestramento deve aumentare le possibilità di sopravvivere e di vincere la guerra urbana molecolare, che si combatte ogni giorno nelle vie delle maggiori città di questo nostro pianeta. Sono diversi i metodi di lavoro “sotto stress” ormai comunemente utilizzati: ognuno ricerca la massima efficacia in relazione al contesto nel quale si trova ad operare. Per intenderci, è logico che i corpi di polizia in servizio presso gli aeroporti debbano condizionarsi ad operare in spazi estremamente affollati con la necessità di coprire distanze anche notevoli prima dell’ingaggio, mentre le attitudini che deve sviluppare il personale impegnato in compiti di scorta e protezione ravvicinata prevedono esplosività e immediatezza della risposta, con capacità di muovere il corpo/peso del proprio target, salvaguardandone l’incolumità. Alla base di tutte queste metodologie di addestramento è posta una necessità di condizionamento fisico estremamente complessa, perché comprende aspetti cardiovascolari, muscolari, articolari e neurali, ognuno dei quali richiederebbe allenamenti specifici, troppo impegnativi da sopportare con costanza per i tempi, i carichi e la fatica. Un operatore attivo, di solito, non ha a disposizione strutture particolarmente attrezzate, pause regolari da dedicare a sè e vive invece come fondamentale la necessità di mantenere la propria condizione fisica ad un livello di assoluta qualità, dove si intende una funzionalità del proprio organismo e del proprio corpo utile a svolgere con prontezza e senza traumi il lavoro richiesto. Da qualche tempo a questa parte alcuni centri d’addestramento d’eccellenza come la scuola antiterrorismo LOTAR e alcune Secret Service Units di Israele, l’accademia Tactical Unit e Hostage Negotiation del New York Police Departement e il FLETC di Glynco in Georgia, solo per fare qualche esempio, hanno cominciato ad utilizzare per la preparazione fisico-atletica del proprio personale il TACFIT® o Tactical Fitness, che abbina l’allenamento fisiologico specifico con lo stimolo neuro-muscolare

più idoneo a ricreare una situazione di stress simile a quella che si genera in una situazione operativa di ingaggio. Particolari tipologie di esercizi con i clubbell – press, flag press, barbarian squat, ad esempio – vengono inserite all’interno di 26 protocolli, uno per ciascuna lettera dell’alfabeto NATO, codificati secondo 6 diversi sistemi di lavoro, per costringere l’organismo a non abituarsi mai allo stesso stimolo e alla stessa risposta fisiologica e ormonale. La preparazione fisica è una caratteristica e uno skill indispensabile per i lavori che pongono al loro centro la risposta e la soluzione di una crisi. Sfortunatamente la maggior parte dei training fisici non rispondono alle esigenze operative perché sono pensati in funzione sportiva e in modo particolare per la costruzione di massa muscolare, sovrastimano la parte aerobica con un lavoro di lunga durata a ritmo costante medio-lento. In realtà la preparazione fisica per i contesti operativi di combat, armato e disarmato, deve sviluppare la capacità di lavorare ad altissima intensità, con capacità di movimento multiplanari, in ripetizioni successive esplosive di brevissima durata con tempi di recupero ipercontenuti. Il TACFIT® ridefinisce il fitness come “be more prepared than the challenges you face”: essere più preparato delle sfide che devi affrontare”. In alcuni dei prossimi articoli intervisterò per Tactical News Magazine Scott Sonnon, inventore del Tacfit, e Alberto Gallazzi Europe Director: vi guiderò così alla scoperta dei segreti del fitness operativo, attraverso l’esperienza diretta di chi la utilizza come risposta alle proprie necessità per il combat armato e corpo a corpo al massimo grado di coinvolgimento.

New York Police Departement Hostage Negotiation Team. TACFIT training con Alberto Gallazzi

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DI GIANLUCA SCIORILLI

CARACAL F… LA LINCE DEL DESERTO COLPITO NEL SEGNO!!! DESIGN E TECNOLOGIA EUROPEE… PORTAFOGLIO MEDIORIENTALE.

Di questo azzeccato binomio fanno parte la genialità ingegneristica di Wilhelm Bubits, già disegnatore di armi corte come Glock, Walther PT99, Stayer M-A1 e l’azienda Caracal International LLC con sede ad Abu Dhabi capitale degli Emirati Arabi Uniti.

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L’ARMA Funzionamento semiautomatico, scatto a doppia azione alleggerita con percussore interno parzialmente prearmato ed un peso di sgancio tarato vicino ai 2.200 grammi. Fusto in tecnopolimero ad alta resistenza con slitta per il montaggio degli accessori tattici. Guide di scorrimento volutamente allungate ed incorporate nella parte superiore del fusto; una soluzione tecnica che ha permesso di agevolare lo scorrimento del carrello e di ridurre notevolmente le sollecitazioni di torsione a cui viene sottoposto il fusto durante le fasi operative. La Caracal presenta una linea di canna molto bassa rispetto all’impugnatura, caratteristica ottenuta mediante l’introduzione di un innovativo progetto che prevede il percussore disassato in relazione alla molla e al particolare design del gruppo di scatto. Assoluta assenza di sicure manuali, in perfetta linea concettuale da parte dell’ideatore con la Glock e la Steyr M-A1. Sono invece presenti una sicura automatica al percussore, costituita da una sottile piastra che si interpone lateralmente e che sostituisce il tipico paletto che agisce sul piano verticale, ed una sicura automatica composta da

una leva a bilanciere, integrata sul grilletto, che ne ostacola l’arretramento accidentale. Due le possibili opzioni per poter equipaggiare l’arma con differenti organi di puntamento: i tradizionali “tacca di mira e mirino” e l’innovativo sistema denominato “Quick Sight” dove la tacca di mira, spostata molto in avanti in prossimità del mirino, è ottenuta per fresatura dal pieno direttamente sul carrello. Soluzione che permette una rapida ed istintiva acquisizione dell’obiettivo alle corte distanze, rendendo l’arma equipaggiata con questo sistema maggiormente idonea alla difesa personale.


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Posizionamento ambidestro e adeguate dimensioni per lo sgancio del caricatore, dimensioni piuttosto slim per la leva dell’hold open, quest’ultima non sempre molto facile da azionare in situazioni di stress. Ottimi e ben marcati gli intagli presenti sulla parte posteriore del carrello che permettono un’ottima presa e ne agevolano le fasi di arretramento anche in situazioni di emergenza. L’impugnatura, che è parte integrale del fusto in tecnopolimero, è caratterizzata da serie di profonde quadrettature sia sulla parte frontale che su quella posteriore. Il grip è ulteriormente incrementato da due inserti laterali con finitura denominata “buccia d’arancia”. Due le versioni importate in Italia dall’azienda Fratelli Tanfoglio S.N.C ed attualmente catalogate nel solo calibro 9x21 IMI:

CARACAL F

CARACAL F - versione Full-Size , canna da 104 mm, lunghezza totale di 178 mm, un’altezza di 135 mm, spessore di 28 mm e un peso a vuoto di 750 grammi. I caricatori hanno una capacità variabile dai 16 ai 18 colpi a seconda del calibro. CARACAL C - Versione compatta, canna da 90 mm, lunghezza totale di 167 mm, un’altezza di 122 mm, spessore invariato rispetto al modello F e un peso a vuoto di 700 grammi. I caricatori hanno una capacità variabile dai 13 ai 15 colpi a seconda del calibro.

LA PROVA. Protagonista della nostra prova una Caracal modello F in calibro 9x21, messa a disposizione da Angelo Cerotti, titolare dell’armeria Brixia Shooting Store CARACAL C di brescia. Il modello testato utilizzava i classici riferimenti di puntamento e non l’innovativo “Quick Sight”. Particolare scelta di Wilhelm Bubits di inserire la tacca di mira nella piastrina di ritenzione del caricatore, nella cui parte posteriore, inoltre, quando è presente il colpo in canna, fuoriesce una piccola porzione del percussore che ha funzione tattile di avvisatore di colpo in canna. Questa soluzione ci ha lasciato inizialmente scettici ma dopo aver provato l’arma non abbiamo riscontrato differenze con le soluzioni tradizionali ed abbiamo quindi riconsiderato la scelta valutandola un buon compromesso tra funzionalità e industrializzazione della catena di montaggio che ha come fine l’abbassamento dei costi, risultato raggiunto essendo la Caracal una delle polimeriche più economiche del mercato. Dopo aver familiarizzato con l’impugnatura ed aver riposizionato più volte le mani l’acquisizione del bersaglio è stata molto intuitiva; l’iniziale difficoltà del grip è da imputare al fusto piuttosto lungo e stretto e progettato per ospitare un caricatore in lamiera con 18 munizioni in calibro 9x21. Sparati alcuni colpi di confidenza, eseguendo anche qualche rapido cambio caricatore, al fine di verificare l’istintività nell’operare sui vari dispositivi, ci siamo immediatamente resi conto delle effettive difficoltà di azionare la leva del hold open che, come in precedenza riportato, forse risulta eccessivamente sottodimensionata e realmente problematica da utilizzare se l’operatore indossa guanti tattici o ha le mani molto sudate. Abbiamo inizialmente esaminato la pistola utilizzando posizioni di tiro accademico per verificarne precisione e giustezza.

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Particolare del’innovativo sistema denominato “Quick Sight”, ottenuto per fresatura dal pieno direttamente sul carrello

Il risultato ottenuto alla distanza dei 25 metri è stato più che soddisfacente considerato che la giustezza, cioè la capacità del tiratore di disporre la rosata al centro del punto mirato, è molto influenzato dal feeling che si crea con l’arma. Il peso di scatto non ci è sembrato esagerato e, alla misurazione con il dinamometro, si è attestato vicino ai 2,2 kg, chiaramente non ideale per il tiro lento mirato ma sicuramente ottimale considerando che è destinata ad un impiego prettamente operativo da parte di personale appartenente a Forze di Polizia o Militari. Per il test sul tiro rapido mirato, quello più pertinente alle esigenze operative, abbiamo impiegato sagome ad ingaggio multiplo, poste a distanze ed angolazioni adeguate ad un ambiente urbano. La Caracal ha dato il meglio di sé confermando le aspettative del progetto; ha dimostrato di essere agevolmente gestibile nel rilevamento e non è mai incorsa in alcun problema tecnico, ottenendo buone rosate con le munizioni commerciali utilizzate. Prova effettuata presso: Campo di Tiro di Mazzano ( BS ) Condizione metereologiche: Sereno Vento: Assente Temperatura: 15° circa Munizioni utilizzate: Fiocchi

CURIOSTÀ

Il caracal è un felino di piccola grandezza. Alto da 45 a 50 cm, pesa da 8 a 18 kg. È robusto, abbastanza basso sulle zampe ed ha una coda relativamente lunga. La testa, piccola, porta orecchie molto lunghe, appuntite e che terminano con pennelli di peli neri lunghi fino ad 8 cm (al colore di questi pennelli è dovuto anche il suo nome: dal turco Karakulak, “orecchio nero“). È più scuro sul dorso che sui fianchi. Il ventre, il petto, e l’interno delle membra è grigio chiaro, quasi bianco, a volte picchiettato di punti rossastri o bruni. Sulla testa, il caracal è segnato da due strisce scure sotto gli occhi e da una macchia scura che circonda il muso. La distribuzione geografica del caracal copre l’Africa e una parte dell’Asia. Esso esiste in Turkmenistan (deserto del Karakum), nel Turkestan, nel Pakistan, nell’Afghanistan, in Iran, Iraq, India, e secondo Prakash (1960) non è raro nel Rajasthan. Lo si trova in parecchie regioni dell’Arabia Saudita, così come nelle zone molto secche dell’Africa. Il caracal è principalmente notturno. La sua biologia è ancora conosciuta molto male. È un felide solitario di giorno si nasconde nelle tane delle volpi e del porcospino. Quando il tempo è coperto il caracal a volte esce in pieno giorno per la caccia. Allora lo si può scorgere camminare trotterellando furtivamente per un sentiero indigeno.


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LA SCELTA DELL’ARMA PER IL PROFESSIONISTA DELLA PROTEZIONE RAVVICINATA Per gli operatori che oggi si occupano di sicurezza, in particolar modo della protezione ravvicinata dei VIP nelle operazioni di executive, la scelta dell’arma giusta, conforme all’esigenze operative, è una necessità che deve essere vagliata con estrema attenzione da parte degli addetti ai lavori. Sicuramente non è possibile affidarsi a leggende o stereotipi poco aderenti alla realtà in cui un’arma è meglio di un’altra, ma bisogna sempre seguire

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delle scelte oculate poichè l’arma deve adattarsi alle esigenze di carattere operativo. Le armi corte semiautomatiche si possono dividere in quattro categorie: • a singola azione • sola doppia azione D.A.O ( Double Action Only ) • ad azione mista • a percussore semilanciato


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A SINGOLA AZIONE Con questo tipo di pistole, per essere pronte al fuoco, dopo aver introdotto il primo colpo in camera di scoppio, il cane deve essere mantenuto armato con la sicura inserita. Utilizzando armi corte a singola azione il personale non particolarmente addestrato può percepire un certa insicurezza nel maneggio, nonostante la presenza della sicura manuale e di quella dorsale che impediscono in ogni caso la partenza accidentale del colpo se non impugnata correttamente.

SOLA DOPPIA AZIONE Questa tipo di meccanica è molto diffusa negli Stati Uniti, la sua particolare configurazione rende il funzionamento dell’arma semiautomatica simile a quella di un revolver, con questa tipologia vengono cosi abolite le sicure manuali.

AD AZIONE MISTA Nella armi ad azione mista, solitamente, il primo colpo viene esploso in doppia azione ed i successivi in singola: questo comporta lo svantaggio di

cambiare le condizioni di tiro tra il primo colpo e i successivi. Il vantaggio che deriva, invece, da questa meccanica, è quello di portare l’arma pronta al fuoco in condizioni di massima sicurezza.

A PERCUSSORE SEMILANCIATO Questo tipo di armi non ha il cane, ma utilizzana un percussore che viene armato completamente solo nel momento dello sgancio, azionato dalla catena di scatto, nell’istante in cui si tira il grilletto. Questo tipo di meccanica permette quindi di portare l’arma pronta all’uso senza che vi siano sicure manuali da azionare ed a differenza delle armi a doppia azione non cambia l’impostazione tra il primo colpo e i successivi. Una volta scelta l’arma a noi più congeniale, in base a parametri molto soggettivi, dobbiamo considerare materiali, dimensioni ed ergonomia. Per quanto riguarda i materiali, oggigiorno, i polimeri hanno soppiantato gli acciai e le leghe leggere in quanto la “plastica” ha un ottimo rapporto peso/prestazioni, anche se alcuni operatori preferiscono la solidità di questi ultimi in quanto il peso maggiore aiuta anche nella gestione dello sparo.


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F.R. OPERATORE PROFESSIONISTA DELLA SICUREZZA A mio avviso non esiste la pistola perfetta, possono esistere un’arma ed un calibro che più si avvicinano alle nostre esigenze personali o di servizio, ma la stessa scelta potrebbe non essere condivisibile da parte di un’altra persona con diverse mansioni o attività lavorativa. Le mie scelte saranno quindi indirizzate diversamente, a seconda, che io sia un operatore della sicurezza e che lavori in divisa, quindi autorizzato al porto esterno, oppure che io sia un professionista a rischio, autorizzato al porto per difesa personale e che indossi costantemente “giacca e cravatta” e debba mantenere la massima occultabilità e discrezione. In entrambi i casi sarà quindi fondamentale optare per un modello dalle diverse dimensioni che andranno sicuramente ad influire sulle maggiori o minori capacità di autonomia di fuoco. Per la scelta del calibro non esistono grandi problematiche in quanto quasi tutti i modelli di “moda” hanno una vasta gamma di possibilità che rispondono a buone attitudini di stopping power. Stesso ragionamento per le fondine, ormai prodotte in svariati materiali, sia naturali che sintetici e preformate per quasi tutti i modelli in commercio con diversi sistemi e livelli di ritenzione passiva. Una cosa fondamentale dovrebbe unire tutte le tipologie di persone che si apprestano a scegliere una pistola da portare al fianco per difesa personale: l’addestramento!

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FABIO GARRAFA Nella scelta dell’arma per close protection si deve considerare in primo luogo il paese dove si è scelto di operare e quindi le differenze normative che vigono nelle varie parti del mondo, per esempio in alcuni stati sud americani non è consentito il calibro superiore al 38 special, in Italia non è permesso il 9 parabellum. In USA non sono consentiti caricatori con capacità superiore a 10 colpi. Ovviamente il problema non si pone per i gli appartenenti alle forze di polizia che sono obbligati ad utilizzare quello che passa la loro amministrazione o possono disporre di ciò che viene considerato idoneo dai singoli reparti di appartenenza. Nella pratica è richiesta l’occultabilità dell’arma e dei suoi accessori, stendendo in senso orizzontale le braccia si deve evitare che durante i movimenti l’arma possa essere vista e produrre in questo modo allarme sociale o peggio ancora essere considerata una minaccia. L’arma deve poi essere facilmente “indossata” in modo aderente ed in posizione di facile estrazione mantenendo al massimo le condizioni di sicurezza, per cui deve essere escluso il porto nella posizione opposta alla mano di uso evitando in questo modo l’estrazione incrociata. Escluse quindi tutte le fondine con il porto a sinistra (per i destri) anche perché le munizioni di scorta per bilanciare il peso devono essere portate all’opposto e con la mano che impugna l’arma non sarebbero raggiungibili. Anche le


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fondine ascellari tanto care alle serie tipo Miami Vice, salvo casi particolari, sono da escludersi in quanto rivolgono la volata dell’arma verso l’indietro o verso l’ascella e sotto lo stress dell’azione la partenza di un colpo sarebbe quanto meno inopportuno se non letale per l’operatore stesso. Ricordiamo che nella parte interna del braccio passa l’arteria e una ferita in quella zona oltre che invalidare permanentemente può facilmente tranciare l’arteria con conseguente tempo di vita inferiore ai 4 minuti. Le fondine più apprezzate sono quelle in materiale plastico (Kidex) con o senza il pad di appoggio al fianco o le migliori versioni in cuoio specifiche per il porto occulto. Stessa attenzione deve essere dedicata al munizionamento di scorta, in genere rappresentato da un paio di caricatori almeno per le armi a grande volume di fuoco. Altri caricatori potranno essere riposti nel cruscotto dell’auto o comunque disponibili in tempi meno immediati anche se nella maggior parte dei casi non vengono esplosi che pochi colpi, poiché in ogni caso non è possibile programmare la durata di uno scontro ne tantomeno sapere in quanto tempo cesserà la minaccia. L’aspetto psicologico dell’avere ulteriori caricatori e quindi di non restare a secco di munizioni, gioca un ruolo molto importante. Veniamo ora alle armi da scegliere. L’uso del revolver una volta era da prediligere per la sicurezza che mostravano rispetto alle armi semiautomatiche per via delle minori possibilità di inceppamento, ma questa teoria poteva risultare valida solo quando le munizioni erano fabbricate con standard qualitativi inferiori a quelli di oggi.Le moderne munizioni offrono ampie sicurezze anche in caso di umido o brevi immersioni in acqua. Esigenze operative inoltre pongono limiti ai revolver non solo per il numero dei colpi o per la velocità di fuoco, ma nella lentezza di ricaricamento e nella poco occultabilità dei speed loaders . Impensabile inoltre il rifornimento con munizionamento sciolto. Scegliere una wonder nine sia essa una Glock o una Beretta o altro vuol dire orientarsi verso i calibri 9mm o 40. Questi calibri offrono una buona controllabilità, un grande volume di fuoco e la scelta di una vasta possibilità di munizionamento come tipologia di palla. Il 40 che è la scelta delle maggiori polizie in USA in Europa è decisamente un calibro poco diffuso e impedirebbe cosi di farsi passare o passare un caricatore al compagno durante un eventuale scontro a fuoco quindi nel caso di vip protection è da considerarsi una scelta sbagliata. Il calibro preferito per la scorta negli stai uniti, come in molte altre parti del mondo,è il 45ACP, le Colt 1911 e derivate sono le preferite. Altro aspetto da considerare è il potere perforante delle munizioni e conformazione di palla e l’idoneità di queste nell’arma scelta. Rammentiamo che in Italia non è consentito l’uso di palle espansive mentre lo è

invece in molti altri Paesi. Per concludere credo che molto importante sia il binomio arma operatore il quale deve essere correttamente addestrato all’uso di quest’ultima, utilizzando le tecniche specifiche del servizio richiesto e avere la completa padronanza derivata dalla ripetizione degli esercizi anche sotto stress indotto. Personalmente ho portato per lungo tempo una Para Ordinance 45 o una Colt Commander caricate con palle a fattore 170 semiwadcutter e tre caricatori senza che sia mai stata individuata esternamente e senza avere disagio per il peso grazie soprattutto alla scelta oculata di idonea buffetteria. GIANPIERO SPINELLI OPERATORE SPECIALIZZATO IN OPERAZIONI DI PROTEZIONE E SCORTA Vista la particolarità delle operazioni di Executive Vip Close Protection sicuramente si dovrà usare un arma che abbia dimensioni contenute, ben occultabile e che non debba creare nessun tipo d’imbarazzo al vip esponendolo a situazioni che lo renderebbero ridicolo. Con questo non critico la scelta di alcuni operatori nell’utilizzo giornaliero di armi corte di grandi dimensioni molte volte motivata da un discorso di

Fondina in Kidecs sagomata per Glock 17 creata artigianalmente. (creazioni di Obe Farini)


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Fondina della Blackhawk (mod. Cutaway 4213) in cuoio per porto occulto destinato a pistole subcompact

deterrenza psicologica, ma sicuramente una pistola o un revolver di grandi dimensioni è meno occultabile e permette da parte di eventuali potenziali antagonisti di individuare con facilità il personale di protezione armato. Anche le scelta di armi corte a singola azione, solo doppia azione, ad azione mista e a percussore semilanciato,è molto personale e non si può dire quale sia la migliore scelta o quella più appropriata visto che ogni operatore si riconosce nella propria arma. Personalmente ho conosciuto durante la mia esperienza lavorativa in America Latina operatori che per la protezione personale usavano revolver cal 38 da 2 pollici e si trovavano benissimo e non mai avrebbero cambiato la loro arma con una semiautomatica. Questo esempio serve a dimostrarci il fatto che la scelta dell’arma è una cosa molto individuale e che ogni operatore sceglie a propria discrezione . Personalmente io sceglierei una pistola in polimeri

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tipo la Glock in cal 45 di dimensioni compatte che mi consenta un buon porto oltre ad un efficienza tecnica di altissime performance. Un altro aspetto da non trascurare, la scelta di avere più munizioni al seguito alloggiate in comodi caricatori che non siano d’intralcio soprattutto durante gli spostamenti in macchina di diverse ore. Molto importante inoltre è la scelta della fondina, fondine sia in Kidex (es. Blade Tech) che in cuoio (es Galco) che consentano un ottima aderenza alla cinta e una veloce estrazione soprattutto quando si indossa la giacca e la cravatta. Importantissimo è anche avere un eccellente back-up rappresentato da un revolver in cal 38 due pollici senza cane (modello Body guard) facilmente occultabile nella tasca dei pantaloni o altrove che garantisce una potenziale e indispensabile seconda chance nel caso l’arma primaria subisse dei malfunzionamenti improvvisi e non risolvibili.


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IWI JERICHO 941

Israele è una nazione che vive la drammatica consapevolezza di essere in costante pre allarme e, pur avendo una vita relativamente breve, appena 63 anni dalla nascita dello Stato, vanta il triste primato di numerose aggressioni da parte dei suoi bellicosi vicini. Pertanto le esigenze militari e armiere sono sempre state vitali per questa antica e nuova striscia di terra, cardine di ben tre grandi religioni, al punto che gli stanziamenti per la difesa sono quelli più elevati del mondo. La sua industria più nota, la IMI (Israeli Military Industries), oggi IWI (Israeli Wapon Industries) ha generato fior fiore di armi da fuoco a partire dal massiccio Galil fino al sistema Tavor ma passando anche per “fallimenti di successo” quali l’ormai famosissima ed enorme pistola Desert Eagle, bocciata per l’uso militare e di polizia ma graditissima al mercato civile. Al contrario di questo “Golia”, la già citata industria ha partorito una successiva arma corta denominata Jericho 941 e nota anche c ome “Baby Eagle” che, a sua volta, è diventata una vera e propria linea con numerose varianti. Caratterizzata dalle minuscole dimensioni e mutuata da alcuni modelli della ceca CZ e l’italianissima Tanfoglio, vanta la possibilità di sparare due differenti calibri e cioè il dinamico 9 x 19 mm (9 mm) e il potente .40 S&W. Molto amata dai servizi di sicurezza israeliani, che hanno sostituito la gloriosa ma superata Beretta in cal. 22 nota come Modello 71, la Jericho SCHEDA TECNICA 941 permette un tiro rapido ed istintivo grazie anche alla configurazione dell’ impugnatura e alla naturale posizione Costruttore: IWI ( Israeli Weapon Industries) della mano su di essa. Idonea sia per operatori destrosi che Nazionalità: Israele mancini, quest’arma a doppia azione può essere facilmente Destinazione d’uso: Forze Armate e di Polizia occultata grazie anche alle non esagerate dimensioni e al Cal.: 9 x 19 mm (9 mm) / .40 S&W peso ridotto. Lo sparo risulta fluido, non troppo violento per Lunghezza: 264 mm i colpi da 9 mm mentre diventa ben più impegnativa quando Organi di mira: fissi si affronta il cal. 40. La sua ultima versione in polimero, con Materiali: acciaio, polimero tanto di slitta anteriore per accessoriarla di torcia tattica Tipologia: pistola semi automatica convertibile o Laser Sight, rappresenta quanto di meglio possiamo Magazine: 9 mm: 15 proiettili/.40 S&W: 10 proiettili pretendere da questa serie che, come poche armi corte al Peso: 940 gr mondo, è davvero “Born in Battle”. Sicura: sì


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NOVATAC 120 TACTICAL Le torce tattiche sono oggi uno degli accessori legati alle esigenze del personale militare o di polizia tra le più necessarie e ricercate. Non si sta accennando alle cineserie di basso livello, certamente economiche ma anche di scarsa affidabilità ma di strumenti che devono vantare caratteristiche di assoluta eccellenza a cui affidare anche l’ esito di un operazione e, in ultima analisi, l’ incolumità propria o altrui. Il modello 120 T della statunitense Novatac rappresenta un ottimo esempio di connubio tra dimensioni, tipologie di luminosità e prezzo. Dimenticati i veri e propri manganelli tipo Maglite, questa torcia tattica va in contro tendenza: di minuscole dimensioni, realizzata esternamente in Alluminio anodizzato a specifica militare, è decisamente semplice da usare anche e soprattutto in un contesto operativo. Brandita a pugno, il pollice ripiegato sulla parte posteriore, spingendo una sola volta il pulsante posto sul retro della stessa si otterrà una luce che a potenza massima vanta un valore di ben 120 Lumens. Un’ ulteriore opzione, premendo una seconda volta, permette di passare a 10 e successivamente a soli 3 Lumens. La funzione Strobo è, inoltre, di notevole interesse in quanto sviluppante 120 Lumens a intermittenza e che può risultare efficace per disorientare un avversario o effettuare segnalazioni di emergenza. Dotata di controllo digitale della luminosità, sistema che riduce automaticamente la potenza luminosa ad un livello più basso quando la pila stà per esaurirsi, è anche impermeabile all’ acqua fino a una profondità di 20 mt. Funziona con batterie al litio tipo CR123 da 3 V oppure con ricaricabili tipo RCR123 e 16340. E, come se non bastasse, con SCHEDA TECNICA il Novatac Quick Reaction Mount c’è la possibilità di utilizzare la 120 T agganciata a una slitta della propria arma lunga o corta fornendo Costruttore: l’importante supporto tattico. Un piccolo ma grande sistema. Novatac (www.novatac.com) Orgogliosamente “Made in USA”. Distributore/Rivenditore: Top Equipment (www.topequipment.it) Peso: 65 gr. Lunghezza: 80 mm Materiali: Alluminio Funzione: Torcia Tattica

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SPEC OPS COMBAT MASTER SHEAT Li avevano dati per spacciati, vetusti simboli di antiche glorie belliche di altri tempi e invece i coltelli, da combattimento o tattici, a lama fissa o richiudibile, stanno da qualche anno tornando a nuova vita e al fianco di personale militare, di polizia e nella comunità degli operatori delle varie PMC. Inutile citare le loro qualità intrinseche e il fatto di essere una più che affidabile arma back up ma le lame, di ogni genere, spesso non sono accessoriate di un adeguato fodero che ne tuteli le caratteristiche. Splendidi acciai con punte smussate o senza filo, ossidate da elementi ambientali o persino arrugginite potrebbero arrecare danni a chi affida la propria o altrui sicurezza e persino la stessa sopravvivenza. Messi nel dimenticatoio i foderi in cuoio tipo Camillus o Bowie, valutati senza troppo entusiasmo quelli iper tecnologici in mescola plastica, possiamo orientarci verso una proposta davvero dedicata e professionale della statunitense Spec Ops che si occupa di interessanti accessori per professionisti ad altissimo standard qualitativo. Il modello Combat Master Sheat è un ottimo fodero universale per lame fisse di tipo combat e tactical di medie dimensioni: per dare un idea, il Navy SEAL 2000 della S.O.G. risulta perfettamente a suo agio. Su disegno di ex membri dei Green Beret americani e Navy S.E.A.L. e realizzato in resistentissima Cordura 1000, mantiene al sicuro la lama del proprio coltello grazie a una guaina in Kydex del tipo “Milti Fix”. Accettato come accessorio Mil -Spec, vanta vari agganci di sicurezza, una tasca centrale dove riporre piccoli attrezzi o una torcia tattica, cordino da paracadute resistentissimo per allacciatura cosciale o altre esigenze di emergenza. Varie le tipologie di posizionamento la cui più ovvia è alla cintura, ma altrettanto valida è quella al jacket o combat vest e persino rovesciato o agganciato

allo zainetto tattico. I colori, sobriamente militari, vanno dal nero al verde, dal Tan al Coyote Brown. Oltre ad essere interamente realizzato negli USA è anche garantito a vita, come tutte le proposte Spec Ops. Forse il miglior fodero sul mercato.

SCHEDA TECNICA Costruttore: Spec Ops Brand (www.specopsbrand.com) Tipologia: fodero Materiale: Cordura 1000, Kydex, Acciaio Allacciatura: alla cintura, cosciale, allo zainetto tattico, al tactical e combat vest Fibbie: di sicurezza, a bottone metallico o plastica

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Importatori e distributori dei marchi ARC'TERYX LEAF - SOURCE - REVISION - CRISPI - PROPPER - T.A.G - ASOLO

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NITE MX10 Se credete che il celebre Rolex al polso sia l’eccellenza per calcolare lo scorrere del tempo, allora questo articolo non fa per voi e con esso l’oggetto cui è dedicato. Il tempo, per un operatore militare o della sicurezza, va ben oltre l’appuntamento per un pranzo di lavoro o un aperitivo al venerdì sera così come il suo orologio non è uno status simbol o espressione artistica di una passione. Sul filo dei secondi vengono coordinate azioni che mettono in gioco il successo di una missione, la vita propria e altrui. Un orologio tattico o militare è quindi uno strumento importante quanto la propria arma e deve vantare caratteristiche di assoluta affidabilità. Dovrà essere robusto, concepito per adattarsi ed affrontare disagi ambientali di ogni genere e situazioni tattiche; dovrà andare “oltre” il proprio ruolo e permettere di effettuare calcoli e persino fornire una fonte di luce, deve essere waterproof, di ottima precisione, shock-resistance. Questo interessante Nite MX 10 è un orologio di chiara matrice britannica per look e concezioni: niente americanate stile veri o presunti Navy SEAL Watch, ma una linea semplice, funzionale che lascia anche notevoli tracce di eleganza. E l’azienda produttrice, la Nite’s appunto, di esperienza ne dovrà avere se persino i riservati e letali uomini del S.A.S. (Special Air Service) hanno al proprio polso questi orologi, alcuni espressamente dedicati a questo leggendario reggimento. Disponibile in differenti colori e con una cassa di acciaio inossidabile, il modello MX 10 vanta un movimento svizzero al quarzo realizzato da Ronda di invidiabile precisione e un illuminazione al Tritium che permette di leggere dati e cifre anche in condizioni di bassa o nessuna visibilità. Perchè il Tritium o Trizio? A differenza degli altri sistemi di tipo passivo, che diventano fosforescenti dopo essere stati esposti a forti sorgenti luminose, come la luce solare o una lampada alogena, il sistema GTLS (Gaseous Tritium Light Source- Sorgente Luminosa a Trizio Gassoso) rimane sempre attivo e presenta una luminosità costante nel tempo. Dopo circa 12 anni l’intensità luminosa tenderà a diminuire, lentamente ma nel complesso un segnalatore di tipo GTLS svolge il suo lavoro fino a circa 20 anni. Il vetro è in zaffiro anti-graffio e con trattamento anti-riflesso e l’ MX 10 è ovviamente impermeabile fino a 100 mt. Il cinturino è realizzato in polimero anti scivolo per una massima aderenza al polso. Unico neo, la mancanza di una ghiera per il calcolo di eventuali immersioni ma anche dai piccoli capolavori non si può avere tutto. Solo il meglio. Parola dei S.A.S. SCHEDA TECNICA Diametro: 42 mm Profondità: 10,75 mm Peso: 76 gr Cristallo: Zaffiro con rivestimento antiriflesso Movimento: Ronda 505.6 Swiss Made Durata Batteria: 45 mesi www.nitewatches.co.uk

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DI ANTONIO MERENDONI, GALDINO GALLINI FOTO DI MAX MASALA

IL SELVANS DELL’EXTREMA RATIO Nata nel 1997, questa prestigiosa azienda si è subito distinta nel settore della coltelleria per la qualità elevata dei suoi prodotti e per la funzionalità dei suoi modelli. Per questo motivo i prodotti della ditta di Prato riscuotono così tanto successo sia tra i collezionisti che tra gli operatori militari e civili che, nelle loro missioni, il coltello lo utilizzano veramente. L’ultimo nato della linea Extrema Ratio è il SELVANS; un tattico di dimensioni compatte che si va ad

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affiancare all’ONTOS. La lama è lunga 15,5 cm, ha uno spessore di 6,3 mm ed un’altezza di 43 mm; è affilata solo inferiormente ed ha una punta tipo “tanto” leggermente arrotondata, poco acuminata così da ridurre al minimo la possibilità di rottura in caso di torsioni, cadute accidentali del coltello o uso gravoso della punta stessa. L’acciaio utilizzato è l’N690, ha una durezza di 58HRC ed è trattato superficialmente mediante una brunitura opaca antiriflesso che gli conferisce un aspetto molto combattivo. L’affilatura è stata eseguita in modo da poter effettuare agevolmente tagli fini, ma si presta perfettamente ad un uso più rozzo quali il chopping, il batoning ed il bushcrafting. I biselli hanno un angolo più acuto rispetto all’ONTOS e questo gli conferisce una maggiore penetrazione ed una più elevata capacità di taglio quando lo si utilizza per tagliare il legname. Il dorso della lama è piatto ma presenta una falso filo di 5 cm. Questo assottigliamento comincia a soli due cm dall’attaccatura dell’impugnatura e rende un po’ fastidioso il posizionamento del dito pollice


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sul dorso della lama. In quel punto manca anche il classico zigrino per impedire lo scivolamento in avanti del pollice stesso. L’impugnatura “full tang” misura 14,5 cm, è in forprene ed è fissata al codulo mediante due viti passanti che ne permettono lo smontaggio. La sua conformazione mantiene la sagomatura caratteristica della linea Extrema Ratio. Ha uno spessore di 21 mm che si riduce anteriormente a 19 mm. Il risalto centrale è alto 32 mm. L’altezza della parte anteriore è 30 mm, mentre la parte posteriore ha una altezza di 32 mm. L’estremità posteriore presenta un risalto indispensabile per impedire lo scivolamento in avanti dalla mano quando la presa non è sufficientemente salda. Purtroppo il manico del SELVANS è privo di “skull crasher”, un accessorio molto utile e comodo che, all’occorrenza, può essere utilizzato come un piccolo martello. È interessante notare come l’elevata lunghezza dell’impugnatura, consenta di posizionare la mano nella porzione anteriore per un uso normale del coltello, ma volendo utilizzare il SELVANS come accetta, impugnando il manico nella posizione completamente arretrata si ottiene una potenza veramente elevata e la penetrazione dei fendenti è sorprendente se si considerano le compatte dimensioni della lama. Obiettivamente stiamo valutando un mini-machete a lama spessa che pesa ben 424 grammi e che ha un baricentro volutamente appruato per ottimizzare la capacità di taglio quando lo si usa come accetta. Alla base della lama e alla estremità posteriore del manico ci sono i fori per il laccio da polso. Come abbiamo già accennato l’impugnatura è in forprene: un materiale eccellente, stabile e costante a tutte le temperature, con una porosità che consente una presa salda anche con mani bagnate; la sua morbidezza è ideale per attutire le sollecitazioni sulla mano quando lo si


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utilizza come accetta. Le caratteristiche del materiale abbinate alla indovinata conformazione dell’impugnatura, permettono un utilizzo estremamente confortevole anche durante le fasi di lavoro gravose e prolungate. Il fodero è in nylon rinforzato in modo da renderlo rigido. Può essere indossato in posizione cosciale grazie al passante superiore ed alla cinghia per il fissaggio alla coscia. È comunque possibile rimuovere i due elementi appena citati e posizionare il fodero in cintura, al fianco dell’operatore, mediante due passanti siti sul lato posteriore del fodero. Due fibbiette in plastica poste ai due estremi del fodero consentono di attaccare il SELVANS alla cinghia-spallaccio del porta giberne. La fuoriuscita accidentale del coltello è scongiurata dalla presenza di una fascetta situata sul passante superiore che abbraccia l’impugnatura e da una robusta fettuccia che chiude parzialmente la bocca del fodero. Sia la fascetta che la fettuccia si chiudono mediante un doppio bottone a pressione. Il SELVANS è dotato anche di un kit di sopravvivenza, alloggiato in un contenitore in nylon fissato sul lato esterno del fodero. Il kit è dotato di affilatore diamantato, bussola, mini torcia elettrica, acciarino, sega a filo, fischietto per emergenza, 2,5 metri di paracord, filo di rame e compresse per disinfettare l’acqua. Il contenitore del kit può essere rimosso dal fodero e può essere inserito in cintura o altrove mediante due passanti posteriori. Siamo pertanto dinnanzi ad un robusto e compatto coltello tattico e da sopravvivenza che può soddisfare pienamente le esigenze di personale militare o civile che deve operare in zone particolarmente impervie e selvagge. Grazie alle contenute dimensioni che ne facilitano il porto, il SELVANS può essere una scelta vincente anche per il campeggiatore o per l’escursionista esigente. L’indiscutibile robustezza è sicuramente la caratteristica saliente di questo modello, ma la conformazione e le capacità di taglio gli conferiscono quella ecletticità che lo rendono idoneo all’utilizzo nelle condizioni più varie. (Si ringrazia la Coltelleria Collini di Busto Arsizio (VA), per avere fornito il modello per l’esame.)

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WWW.TACTICALNEWSMAGAZINE.IT • TNM n°1

MILITARY • LAW ENFORCEMENT • MIL SIM

COMBACT TRICKS

FORMAZIONI D’ATTACCO

TEST ASG FN F2000

SOFT AIR TECNICO CONSIGLI

IL SET UP GIUSTO PER AFFRONTARE UN PATTUGLIAMENTO 24-32h


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FORMAZIONI D’ATTACCO

Quel che segue fornirà informazioni di importanza cruciale che potranno essere messe in pratica immediatamente. A questo punto dovrei esigere che mi mostriate la stretta di mano segreta della fanteria, ma tralasceremo certe formalità. Queste formazioni sono le stesse utilizzate nel combattimento armato. Sono progettate per ottimizzare la potenza di fuoco della pattuglia, limitandone l’esposizione al nemico. La bellezza di queste formazioni risiede nella semplicità di applicazione. Ogni truppa in formazione saprà dov’è la propria linea di fuoco semplicemente in base alla posizione che ogni singolo membro ricopre nel dispiegamento applicato. Il comando e il controllo delle truppe d’attacco può essere difficile, ma, se eseguito correttamente, le formazioni stesse permettono un adeguata comunicazione con il minimo dispendio di energie.

FORMAZIONE A COLONNA Questo tipo di formazione è costruita in modo tale da avere ogni truppa in una singola fila dietro il Point Man. Questo dispiegamento non è altro che una linea di operatori uno dietro l’altro. Il campo di fuoco del Point Man è di 120 gradi rispetto alla sua visione frontale. Il secondo uomo in linea deve monitorare un’area di fuoco di 90 gradi a sinistra della formazione, il terzo deve monitorare un settore di 90 gradi a destra e così via. I settori di fuoco sono sfalsati a destra e a sinistra per ogni membro della pattuglia eccetto il Drag Man, la sua area di fuoco è di 120 gradi in chiusura alla formazione. La formazione a colonna ha molti vantaggi: Facilità nella comunicazione tra capo e coda della formazione grazie al passaggio di informazioni da membro a membro della pattuglia. Facilità nei movimenti che permettono un elevato numero di operazioni stealth e un minimo rischio di perdite. Totale controllo sulla posizione della formazione in movimento. Gli svantaggi del dispiegamento a colonna sono nella vulnerabilità dei fianchi e l’impossibilità di concentrare il fuoco sul fronte anteriore. Esempio di formazione a colonna

Dal momento che ogni membro è dietro ad un altro, l’unico che può sparare avanti senza ferire un altro membro della pattuglia e senza uscire dalla formazione è il pointman. Questo è certamente un utilizzo limitato della potenza di fuoco della pattuglia durante un attacco.

VARIANTE: FORMAZIONE A DOPPIA COLONNA Lo spiegamento a doppia colonna non è altro che una formazione fatta a due o più colonne. I membri di ogni fila devono mantenere il contatto visivo con quelli della colonna a fianco costantemente. Nell’eseguire questa formazione vi renderete velocemente conto di quanto comunicare diventi più complesso. Il capo pattuglia sarà costantemente impegnato nell’assicurarsi che la formazione resti compatta. Inoltre la formazione a doppia colonna non migliora molto lo spiegamento delle pattuglie armate in prima linea. Tuttavia, la questo tipo di formazione è molto più protetto sui fianchi e si muove molto più agilmente di altre formazioni che restano troppo sparpagliate sul campo. Con questi dati possiamo ritenere che questo spiegamento è consigliabile nei seguenti casi: • Nel passaggio attraverso radure con fitta vegetazione dove è più alta la probabilità di imboscata. • Nel guidare un breve e rapido attacco attraverso fitte vegetazioni, puntando le vostre armi a colpire il fianco del nemico.

FORMAZIONE A CUNEO Questa formazione è progettata sistemando le truppe a destra e a sinistra del Point Man, questo forma una ampia “V”, ottima per gli attacchi frontali. L’area di fuoco del Point Man è di 120 gradi rispetto alla sua visione frontale, i due successivi membri in formazione, dispiegati a destra e a sinistra, coprono un settore di fuoco di 90 gradi che TNM ••• 96


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Esempio di formazione a cuneo

Esempio di formazione a diamante

inizia direttamente dal centro a seguire rispettivamente a destra o a sinistra. Lo stesso vale per le ultime truppe in formazione, dispiegate ancora a sinistra o a destra rispetto all’uomo posto di fronte a loro. Non c’è un’area di fuoco di coda in quanto questa formazione è stata disegnata per essere seguita da successive squadre d’attacco aventi lo stesso dispiegamento. Ecco un elenco dei vantaggi dati da questo modello tattico: • Il controllo del campo frontale risulta considerevolmente facile grazie alle squadre di fuoco di ogni truppa che si susseguono l’una all’altra. • Questa formazione è certamente più sicura dal pericolo di un’imboscata rispetto alle altre menzionate in precedenza. • Particolare molto importante è il fatto che l’intera pattuglia ha una linea di tiro anteriore diretta non avendo compagni come ostacolo. Gli svantaggi della formazione a cuneo sono dati dalla difficoltà di comunicazione tra i propri membri e che stanca le truppe se la formazione viene usata per tempi operativi prolungati. Se poi la truppa dovesse cambiar direzione i problemi sarebbero ancor maggiori dato che ciò porterebbe ad uno sforzo fisico considerevole delle truppe sui fianchi, le quali dovrebbero correre attraverso la vegetazione per non perdere la posizione. È facile tra l’altro che le ali non riescano a sentire l’ordine di cambio di direzione data la dispersività delle comunicazioni ottenendo così un immediato sfasamento della stessa.

consiste nella velocità di movimento della squadra e nel cambiamento di direzione. Inoltre permette una sicurezza per la truppa a 360 gradi. Per queste ragioni la formazione a diamante è consigliabile nei casi seguenti: • Quando una squadra è in pattuglia da sola, lontana da qualsiasi tipo di assistenza, e deve garantire la propria sicurezza. • Quando una pattuglia più grande decide di mantenere la sua squadra in formazione a cuneo per un lungo periodo, in questo caso la variante a diamante è preferibile.

VARIANTE: FORMAZIONE A DIAMANTE La formazione a diamante è un interessante alternativa a quella a cuneo. Se la squadra è composta da quattro membri, disponete semplicemente il quarto, ultimo in formazione, dietro in linea con il Point Man. Se ci sono cinque membri in squadra, collocate il caposquadra al centro della formazione, in linea con il Point e il Drag Man. Bisogna ricordare che questa formazione non permette il massimo dispiegamento di fuoco contro un bersaglio frontale, ma tuttavia, permette comunque una percentuale accettabile di fuoco contro un nemico frontale. La particolare convenienza del dispiegamento a diamante,

PER RIASSUMERE... Considerando che ogni situazione tattica è drammaticamente differente da quella successiva, il credo generale è che sia meglio utilizzare il tipo di spiegamento truppe che permette un miglior comando e controllo di manovre a distanza ottimale dal nemico. In seguito la pattuglia dovrebbe scegliere una formazione d’attacco che offra il più alto livello di sicurezza e il massimo utilizzo della propria potenza di fuoco. Per esempio, le pattuglie di solito usano una formazione a colonna per coprire grandi distanze. Questo perché la comunicazione si trasmette meglio in questo spiegamento, in quanto il contatto si perde meno facilmente e la pattuglia si affatica di meno. Quando il pericolo sembra imminente o ci si avvicina alla posizione del nemico, si cambia in formazione a cuneo per poter avere risultati più efficaci. Per quanto mi riguarda, ritengo che, la formazione a doppia colonna è da usare principalmente per penetrare forti linee nemiche e SOLO quando c’è un adeguata potenza di fuoco di sostegno. Il vantaggio della formazione a doppia colonna in questa situazione risiede nel fatto che, appena attraversata la linea nemica, si è pronti per attaccare sia sul fronte destro che sinistro senza dover fare alcun riposizionamento. In conclusione, come detto in precedenza, il diamante è buono per pattugliare da soli o alla fine di lunghe formazioni a cuneo. Questo vale anche per situazioni in cui una pattuglia molto numerosa deve spingere avanti in “cuneo modificato” (formazione a diamante) per lunghi periodi. Questa formazione è molto meno stancante per le truppe di una formazione a cuneo regolare... credetemi su questo! TNM ••• 97


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LEZIONI DA IMPARARE Nel caldo pomeriggio di un estate del 1993 in Virginia, un plotone della compagnia C del 314° Battaglione della 157° Brigata Separata di Fanteria muoveva fermamente contro una presunta posizione fortificata dell’ OpFor (nemico nelle esercitazioni). Il passo era rapido ma composto. Il lungo plotone, in formazione a serpente, era condotto dalla Fireteam Alfa del primo squadrone. La squadra Alfa era l’unico elemento del plotone in formazione a diamante. Il resto della pattuglia composta da trenta uomini seguiva in formazione a colonna. Il capo pattuglia seguiva gli Alfa e, quando il luogotenente Thomas fu sicuro di essere al punto di dispiego, ordinò al secondo squadrone di avanzare

“Ero troppo debole per difendere, quindi attaccai” Generale Robert E. Lee sul lato sinistro. Poco dopo l’ordine, il secondo squadrone contattò il primo via radio avvisando di un ritardo causato da una strada dissestata che portava direttamente nel perimetro difensivo dell’Opfor. Il caposquadra del secondo squadrone poteva vedere un gruppo di tre uomini che si preparava al combattimento, creando la base per una mitraglietta. Quindi ordinò ai suoi uomini di sistemare una loro mitraglietta per poter rispondere al fuoco dell’imminente attacco. Il terzo squadrone stava ancora avanzando lentamente in maniera cauta quando le linee nemiche aprirono il fuoco sul secondo squadrone. Sia il primo che il secondo squadrone risposero al fuoco immediatamente, con il primo squadrone a ridosso del secondo, il terzo nel frattempo, usciva dalla boscaglia e correva a posizionare le proprie armi sul campo di battaglia. Il caposquadra tenne il suo gruppo a colonna unita e guidò le truppe in un sentiero che portava direttamente in direzione delle linee di difesa nemiche. Appena il capo squadra del terzo raggiunse il primo, urlò a squarciagola la sua intenzione di irrompere nelle linee nemiche. Il capo della sezione Bravo del primo squadrone riconobbe il segnale a pollice su, pur in mezzo a fucili, mitragliette e simulatori di granate e il terzo squadrone si mosse in avanti sul lato destro della prima linea del plotone in un TNM ••• 98

formazione d’attacco molto inconsueta, quella a colonna. Appena il sentiero boschivo finì tramutandosi in un suolo erboso completamente aperto, lo squadrone si lanciò fuori dagli alberi, ma per l’OpFor era ormai troppo tardi per reagire adeguatamente. Il terzo squadrone si trovava ormai in mezzo alle linee nemiche dell’OpFor. Il capo squadra ordinò ai primi due uomini di sdraiarsi a terra e di sparare verso il nemico sul fianco destro. Gli ordinò a gran voce di non muoversi e continuare a sparare. Poi tornò indietro verso il resto del suo squadrone che stava per uscire dalla boscaglia e gli ordinò, con un gesto della mano, di prepararsi ad un’azione sul versante sinistro. Un istante dopo dette il segnale di muoversi. Lo squadrone assalì il nemico sulla sinistra, prendendo l’OpFor di sorpresa. Il capo squadra si accorse velocemente che la sua forza d’assalto aveva poca copertura in questo spazio aperto e così continuò il suo attacco spostandosi lungo l’intero fronte del primo e secondo squadrone. I due squadroni rimasero estasiati ammirando come il terzo squadrone semplicemente correva attraverso un campo aperto in piena luce da una posizione all’altra, abbattendo chiunque senza perdere una singola truppa! Davanti al secondo squadrone questo gruppo inafferrabile attaccava e comprometteva l’armata nemica in maniera ordinata e aggressiva. Un fronte di cinquanta metri del perimetro difensivo del OpFor era stato abbattuto. Il primo e il secondo squadrone si mossero velocemente in campo aperto, con membri del terzo squadrone che mantenevano le posizioni su entrambi i lati. Il comando degli OpFor fu posizionato ottanta metri dietro il plotone in una piccola ma verde oasi di alberi. Il plotone sistemò due mitragliette verso il bersaglio, mantenne le proprie linee e ordinò al resto della compagnia di andare avanti e fare breccia nelle linee nemiche. La diesa dell’OpFor, ormai allo stremo, implose completamente a causa dell’attacco. In uno strano gioco del destino le uniche perdite subite durante l’attacco furono quelle del luogotenente Thomas e del capo squadra del secondo. Entrambi colpiti sotto il fuoco della battaglia. Tuttavia i trenta uomini del plotone riuscirono ad attaccare una forza di centoventi avversari infliggendo dozzine di perdite al nemico, sconvolgendo completamente le difese avversarie!

QUAL’ È LA LEZIONE DA IMPARARE? La scelta della formazione d’attacco dipende dal numero di attacchi che si è pronti a sostenere e dal terreno sul quale si combatte. Nello specifico di questo caso il capo squadra fece la scelta fortunata di attaccare in formazione a colonna. Questa formazione permise allo squadrone di usare al meglio il sentiero percorso e ha avuto il beneficio aggiunto di arrivare sul campo con lo squadrone in una formazione precisa per attaccare il fianco del nemico. Una volta allo scoperto lo squadrone continuò a mantenere sotto pressione il nemico perché non c’erano opzioni tattiche migliori.


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L'AZIENDA TAIWANESE G&G HA MESSO IN COMMERCIO NEL 2010 LA REPLICA DEL FN F2000 SIA CON LE PLASTICHE IN COLORAZIONE NERA CHE SABBIA. DI DANILO SIRAGUSA

Calibro: 6mm Sistema: fucile automatico con alimentazione elettrica Lunghezza complessiva: 710mm Lunghezza canna: 430mm Diametro canna: 6.08 mm Peso: 3,2 kg in configurazione standard (scarico) Caricatore in dotazione: 450 colpi (tipo M4) Materiale del receiver: Alluminio Materiale del calcio e dell’impugnatura frontale: Nylon / fibra Dettagli Gearbox: Ingranaggi in metallo, boccole cuscinettate da 8mm, guidamolla in acciaio, pistone in Nylon / fibra T Hop up: in plastica Velocità del pallino alla volata: 90 - 100 m/sec con pallini G&G 0,20g Produttore: G&G Armament (Taiwan) Prezzo al pubblico suggerito: euro 352.00


TEST ASG TEST ASG TEST ASG TEST ASG TEST ASG TEST A Il nome della replica é G2010 e si presenta come una copia molto fedele dell’originale. Come l’arma vera, il G2010 é quindi completamente ambidestro. Tutte le funzionalità per azionare l’arma come il selettore di tiro o lo sgancio del caricatore sono identiche all’arma vera. La replica é anch’essa completamente modulare e disponibile in versione standard e “Hunter” dotata cioè di un’ottica 3.5x ingrandimenti sia in versione CQB che Long quest’ultima dotata di una canna leggermente più lunga. Non appena la si imbraccia l’ASG risulta immediatamente robusta, compatta e ben bilanciata, restituendo all’operatore una sensazione di solidità e facilità d’uso. Come l’arma vera anche la replica softair presenta delle caratteristiche interessanti e uniche nel suo genere. L’hop up é posto sulla parte superiore del calcio, appena dietro la tacca di mira posteriore; vi si accede aprendo un robusto sportellino in ABS attraverso il quale si può facilmente intervenire sulla regolazione del hop up. Il vano batteria é invece posto sulla parte terminale del calcio e vi si accede agevolmente rimuovendo un tappo di gomma che funge anche da poggia spalla. Il vano, profondo circa 14 cm, é sufficientemente capiente da alloggiare una batteria Ni-Mh da 9,6 volts o la maggiorparte delle Li-Po. Togliendo il tappo poggia spalla é anche possibile intervenire sulla regolazione della tensione della molla. Ciò consente di aumentare o diminuire la pressione della molla all’interno del gear box e di regolare di conseguenza la potenza o di sostituire la molla stessa. Come nell’arma vera, anche nella replica lo sgancio del caricatore é costituito da un pulsante posto sotto l’impugnatura che va premuto verso l’alto per rilasciare il caricatore. Anche questo pulsante é estremamente solido e robusto.

PARTICOLARE GEARBOX INTERNO

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La leva di armamento é posta sul lato sinistro e ha finalità esclusivamente estetiche. Intervenendo sul pulsante di sgancio posto sul fianco destro é possibile smontare il fucile in due parti, una frontale con la canna e una posteriore con il gear box. Sostituire, pulire o controllare la canna é davvero un gioco da ragazzi e richiede pochissimi istanti. In questo modo é anche possibile controllare il gruppo hop up e intervenire rapidamente in caso di inceppamenti. Grazie al design bullpup la canna risulta piuttosto lunga per un fucile così compatto, ovvero circa 43 cm, poco meno di quella di un AK47. Molto interessante risulta essere il design del gearbox di tipo completamente nuovo progettato esclusivamente per il G2010. Per smontarlo é sufficiente rimuovere il tappo poggia spalla, svitare due viti e sfilarlo via dal calcio. Ad una prima occhiata, senza aprirlo, si nota immediatamente che il motorino é integrato con il gearbox e ciò lo rende solido e stabilmente connesso agli ingranaggi interni, inaccessibile dalla sporcizia e dalla polvere. Altra cosa interessante é che il gruppo grilletto con i contatti elettrici si trova posizionato anch’esso esternamente ed é facilmente accessibile. Come già scritto infine anche la molla può

GEARBOX INTERNO


ASG TEST ASG TEST ASG TEST ASG TEST ASG TEST ASG TEST AS essere rimossa agevolmente, é sufficiente svitare il guidamolla dalla parte posteriore del gearbox. Allo stesso modo, avvitando o svitando il guidamolla, si può aumentare o diminuire il carico della molla con il risultato di un aumento o un decremento della potenza del fucile. Nel complesso il G2010 risulta essere un ottimo prodotto, dotato di soluzioni tecniche innovative e decisamente interessanti. Dovendo trovare un difetto a questa replica personalmente non ho apprezzato il tappo / poggiaspalla in gomma che mi é parso fissato in modo troppo leggero al calcio con il rischio di essere perso accidentalmente in campo. A parte questo é un ottima ASG, molto comoda e intuitiva, bilanciata benissimo e con un tiro teso e costante. Esteticamente può piacere o non piacere ma come riproduzione é davvero eccellente.

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CENNI SULL’ARMA VERA

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Il progetto del G2000 nasce all’inizio degli anni 90 quando la fabbrica belga FN Herstal diede inizio allo studio di quello che sarebbe stato il suo nuovo fucile d’assalto con l’ambizioso obiettivo di creare un’arma moderna e completamente modulare con soluzioni tecnologiche realmente d’avanguardia. Il modello FN F2000 fu presentato al pubblico per la prima volta nel 2001. Il fucile offre tutte le funzionalità più comuni e apprezzate dei fucili d’assalto moderni, ovvero struttura bullpup (posizione del caricatore arretrata oltre l’impugnatura e grilletto), design completamente ambidestro e configurabilità modulare. Quest’ultima caratteristica é estremamente importante perché consente di creare un’arma “su misura” altamente configurabile in base all’impiego operativo. Per operazione di peacekeeping ad esempio gli F2000 possono essere dotati di lanciagranate M303 che sparano proiettili lacrimogeni ma anche di lanciagranate EGLM da 40 millimetri e di altri accessori come sistemi ottici, puntatori laser e torce integrate. Sia il sistema di sicurezza che il meccanismo di innesco sono derivati dalla mitragliatrice leggera P90. La caratteristica unica e realmente innovativa del FN F2000 é certamente il sistema brevettato di espulsione frontale dei bossoli. I bossoli infatti vengono espulsi in avanti verso destra attraverso un vano posto anteriormente sul lato destro dell’arma


ASG TEST ASG TEST ASG TEST ASG TEST ASG TEST ASG TEST AS studiato in modo da non intralciare in alcun modo il tiratore durante il fuoco. Ciò consente di sparare agevolmente da dietro gli angoli ed impedisce la fastidiosa presenza di gas e detriti in prossimità della faccia del tiratore. La leva d’armamento è posta sul fianco sinistro dell’arma in una posizione tale che possa essere azionata anche da un operatore mancino. Il selettore é invece posizionato nella parte inferiore del ponticello, vicino il grilletto, comodamente azionabile sia che si usi la mano sinistra che la destra. L’arma é dotata di un regolatore di gas con due impostazioni: normale, per l’uso di munizioni standard conformi alle specifiche NATO e contrario, che immette un maggiore volume di gas nel sistema in caso di munizionamento sporco o con proiettili con bassa pressione. Tutte queste caratteristiche rendono questa innovativa arma bullpup realmente ambidestra, utilizzabile anche da tiratori mancini senza che si renda necessaria alcuna modifica. L’arma é dotata di una slitta superiore per il montaggio di ottiche e altri accessori, e di una inferiore, coperta da un’impugnatura anatomica, dove potere montare lanciagranate, sistemi di puntamento, altre impugnature con laser o torce integrate e così via. Nella configurazione di base L’F2000 é dotato di un’ottica con ingrandimento 1.6X. L’F2000 utilizza munizionamenti 5.56 x 45 ed é alimentato da caricatori standard NATO STANAG 4179. Calibro: 5.56x45 mm NATO Sistema: recupero di gas con otturatore rotante Lunghezza complessiva: 694mm Lunghezza canna: 400mm Peso: 3,6 kg in configurazione standard (scarico), 4,6kg con il lanciagranate. Caricatori: 30 colpi (compatibile con qualunque caricatore NATO / STANAG) SOLDATO DELL’ESERCITO PAKISTANO CON IN DOTAZIONE FN F2000


SOFT AIR TECNICO SOFT AIR TECNICO SOFT AIR TECNICO SO

DI ALESSIO TRAVERSA

SOFT AIR TECNICO In questa rubrica fissa presenteremo ogni mese il Programma Tecnico Nazionale GAS (Gruppi Autonomi Softair). Da diversi anni i GAS si stanno prodigando per creare un programma Nazionale di soft air; l’obiettivo è quello di creare le condizioni che permettano in un futuro, speriamo prossimo, un riconoscimento da parte del CONI del soft air come disciplina sportiva. Per raggiungere questo obiettivo le linee guida che hanno sempre animato i GAS sono state due: • La creazione di un programma tecnico da insegnarsi a livello Nazionale ed uguale in tutte le regioni italiane al fine di uniformare la disciplina e permettere la formazione delle nuove leve secondo precisi parametri evitando quei problemi che spesso accadono con i softgunner più inesperti. • La creazione di un albo Istruttori di soft air preparato e qualificato al fine di facilitare l’insegnamento del soft air. Per raggiungere questi due obiettivi è stata creata la Commissione Tecnica Nazionale GAS (CTN) che ha avuto il compito di redigere il Programma Tecnico Nazionale, ed un programma formativo quinquennale per chi decidesse di iniziare il percorso da istruttore TNM ••• 106

di soft air. La CTN è composta da professionisti del settore sicurezza, molti appartenenti all’associazione Protect360, i quali hanno grande esperienza sia pratica sia nella formazione degli operatori del settore sicurezza. Qui in queste pagine presenteremo il lavoro svolto finora. PREMESSA Spesso si parla di soft air e soprattutto di Tecniche di soft air con poca cognizione di causa. Nella mia esperienza di giocatore ho visto spesso fantomatici istruttori o ex operatori di qualche gruppo speciale creare corsi o improvvisare lezioni sulle “ultime tecniche” adottate a livello internazionale per questa o per quella situazione. A livello teorico tutto va bene e tutto diverte, in fondo si parla solo di soft air, dove il massimo che ti può capitare quando si sbaglia è quello di prendere qualche rafficata di pallini. Questi insegnamenti improvvisati creano però confusione nei giocatori meno esperti che capiscono i propri errori, o per meglio dire gli errori dei loro insegnati, solo dopo aver aver perso tempo a provare e riprovare


OFT AIR TECNICO SOFT AIR TECNICO SOFT AIR TECNICO SOFT AIR

qualcosa che non funziona. Questo accade perché il soft air è SOFT AIR mentre le tecniche militari sono TECNICHE MILITARI. Le differenze, agli occhi dei meno esperti, possono essere minime ma sufficienti da invalidare alcune procedure che magari in campo reale funzionano benissimo. Per questo motivo la CTN GAS ha “passato al setaccio” quello che normalmente viene insegnato scartando quello che nel soft air non funziona o adattandolo a questa disciplina. vCominciamo analizzando le differenze principali tra un contesto operativo e il soft air. In qualunque attività di confronto tra due o più individui, specialmente se di natura fisica, l’agonismo e la competizione si fanno sentire. Questa è una reazione atavica del nostro organismo che ha origine dal nostro essere animale il quale sente il confronto come una possibile minaccia alla propria esistenza e quindi reagisce di conseguenza producendo adrenalina ed altri ormoni specifici per aumentare la propria aggressività e le proprie performance. Anche nel soft air abbiamo quindi tutte quelle sensazioni e reazioni corporee che possono capitare al vero operatore sul campo di battaglia ma naturalmente esse risultano attenuate e più facilmente gestibili. Questo è un bene perché il soft air è “un gioco” che si spera presto diventi una disciplina sportiva, ma per ora rimane tale e come tale ha le sue regole la prima delle quali è quella di evitare il contatto fisico, sono quindi bandite tutte quelle tecniche pericolose (disarmi, close combat, ecc..) che vengono utilizzate a cortissima distanza. Altra differenza fondamentale consiste nell’attrezzatura impiegata. È vero che molti giocatori utilizzano un equipaggiamento di altissimo livello che va dai giubbotti tattici ai visori notturni di ultima generazione ma comunque sia le differenze rimangono e riguardano soprattutto l’ASG (air soft gun). Senza dilungarmi troppo su cosa sia e su come funzionano,

non essendo questa la sede appropriata, voglio solo brevemente sottolineare le differenze che intercorrono tra un ASG ed il suo omologo reale per poterne valutare l’impatto sulle tecniche che poi illustreremo nei futuri numeri di questa rivista. Caratteristiche e differenze di una ASG in confronto al suo omologo reale : • Peso ridotto e quindi maggiore maneggevolezza e minor affaticamento dell’operatore, anche se ormai molti giocatori preferiscono orientare le proprie scelte verso il “full metal” in modo da avere repliche dello stesso peso dell’arma vera. • Rinculo e rilevamento inesistente durante il fuoco prolungato e quindi maggior facilità a colpire un bersaglio in modalità raffica. • Assenza di shock dovuto allo sparo. In un arma vera la fiammata alla bocca ed il rumore assordante dello sparo, specie se in ambiente buio e chiuso, possono disorientare l’operatore. Le repliche da soft air funzionando su un principio diverso dalla termobalistica non creano questi problemi al giocatore. • Enorme potere invalidante del pallino con la possibilità di eliminare istantaneamente un avversario (onesto) colpendolo in qualunque parte del corpo o equipaggiamento. In ambito reale, nonostante TNM ••• 107


SOFT AIR TECNICO SOFT AIR TECNICO SOFT AIR TECNICO SO

le alte performance del moderno munizionamento, non sempre ciò avviene nei modi e tempi che si vorrebbe. • Grandissima autonomia di fuoco con la possibilità di sparare a raffica per lungo tempo senza dover ricaricare e senza subire i problemi dovuti al surriscaldamento della canna. Difetti di un ASG in confronto al suo omologo reale: • Penetrazione insussistente con l’impossibilità di perforare ostacoli/ripari anche inconsistenti dietro cui il nemico si è protetto. Questo risulta essere un grosso svantaggio per l’attaccante specialmente durante azioni di bonifica. • Esigua velocità del pallino con la possibilità di schivare una raffica nel caso si sia ad una distanza ragionevole da chi sta sparando. • Distanza di ingaggio massima di soli 30m circa per qualunque tipologia di armi in dotazione e quindi impossibilità pratica dell’utilizzo di sniper per come normalmente è concepito. Le differenze tra ambito operativo e soft air sono molte altre ma le principali sono quelle esposte sopra e sono

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anche quelle che normalmente inficiano le consuete tecniche creando problemi anche agli operatori più esperti i quali si trovano spesso in difficoltà a causa di queste fondamentali differenze. È anche vero però che tante procedure sono uguali specialmente quelle legate alla meccanica dei movimenti (techniques) ed alle tecniche di tiro (Gunhandling e Marksmanship). Partendo dai concetti base vedremo, di volta in volta, differenze e similitudini tra queste due realtà.


I CONSIGLI I CONSIGLI I CONSIGLI I CONSIGLI I CONSIGLI I CO

DI DAVID JNDIO

PROPOSTA DI SET UP COMPLETO PER UNA HARD SOFT AIR. PATTUGLIAMENTO 24-32h Affrontare una HSA ovvero una Hard Soft Air, è sempre un impegno tutt’altro che semplice. Un evento così “impegnativo” comporta prima di tutto una forte presa di coscienza da parte del giocatore operatore, la consapevolezza che per almeno un intero giorno ed una notte si troverà faccia a faccia con la stanchezza, l’impervia vegetazione, le difficoltà atmosferiche e talvolta la scarsità di cibo o acqua. È pur vero dall’altro canto che non esiste competizione agonistica all’interno del contesto “soft air” più divertente, appagante ed emozionante di una HSA. Il giocatore medio sa benissimo come preparazione, analisi, e programmazione di ogni piccolo dettaglio all’interno di una HSA siano requisiti indispensabile ancor più che utili. Percorrere dieci chilometri in più a causa di una cattiva analisi cartografica, dopo ormai 18h di gioco e con i muscoli infreddoliti e magari senza una giusta alimentazione, può davvero compromettere le proprie condizioni fisiche e lo stato psicofisico del giocatore, oltre che farci irrimediabilmente perdere punti e posizioni all’interno della classifica finale. Ma com’è un Set Up “modello” o quali requisiti deve rispondere? Bhè è una domanda a cui dare una risposta è quasi impossibile. Configurare un Set Up ideale è utopistico in quanto ogni giocatore avrà la propria configurazione, conoscerà i propri limiti e le proprie attitudini, avrà i suoi gusti e secondo quelli o assecondandoli costruirà la sua “ottimale” configurazione. Ci sono degli elementi però che pur facendo parte di una Kit List personale sono comuni a quasi tutti i set up di alto livello, fanno ovvero parte di quell’elenco di “cose indispensabili” che ogni giocatore di livello e di esperienza andrà ad inserire all’interno del proprio Set Up. Volendo in linea di massima “proporre” un set up sicuramente condivisibile da molti, almeno nelle parti generali, nella considerazione di una temperatura mite e di un territorio non particolarmente impervio con previsioni di tempo “sereno-poco variabile”, potremmo proporre qualcosa del genere:

I° LIVELLO

Giacca Tattica Pantalone Tattico Pile Cappello-Bonnie Sottopantaloni Leggeri Calze da Escursionismo Guanti Nomex

II° LIVELLO

Recon Vest (RRV, Chest Rig, Strike Command) Radio Auricolare Devgru Frogman Gps Telefono Cellulare Fascette tipo idraulico Nastro Adesivo 6-8 barrette energetiche Batterie Stilo almeno 4 Cyalume Tasca o Pacchetto Ifak (individual first aid kit) Bussola Sacchetto impermeabile

III° LIVELLO

Zainetto modulare Coprizaino Impermeabile Camelbak 3l Poncho Pile di ricambio Intimo di ricambio (calze, slip, canotta) Sacco a pelo Sgugpak Jungle Materassino Autogonfiante Paracord Salviettine Viveri e Razione K Sacchettino Sporco

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DI DAVID “DEXTER” INFANTI

GHOST

RECON

FUTURE SOLDIER, LA GUERRA DEL FUTURO. “Il soldato del futuro sarà come un F16 su due gambe”, lo dice Jean-Louis DeGay (vedi box di approfondimento, ndr), che sviluppa nuove tecnologie di guerra per l’esercito degli Stati Uniti. Non sorprende quindi che Ubisoft per la sua ultima fatica si sia ispirata ad un progetto reale il Future Soldier Initative 2030 - un programma di ricerca e sviluppo dell’Esercito degli Stati Uniti condotto dall’US Army Natick Soldier Research Development and Engineering Center. Infatti, molti degli equipaggiamenti altamente tecnologici che avremo a disposizione nel gioco, sono attualmente già in fase avanzata di sviluppo e diventeranno uno standard nei futuri scenari bellici tra dieci o vent’anni. Parliamo del Cross-Com che da Ghost Recon: Advanced Warfighter ha sempre caratterizzato la serie. È un visore digitale capace di fornire informazioni su obiettivi, rimanere in contatto permanente con i membri della propria squadra e indicare la posizione di contatti ostili, oltre a potere comandare a distanza droni di supporto all’azione. Così come nel gioco, anche nel mondo reale, al Natick, è stato sviluppato un copricapo multifunzionale - Headgear Subsystem - che diventerà il perno su cui ruoterà un team da combattimento del futuro: il sistema comprende servizi integrati di elaborazione tattica, che forniscono in tempo reale mappe, percorsi e dati con una visualizzazione a 360° attraverso l’utilizzo di un display a matrice attiva. Poi prenderemo confidenza con l’esoscheletro, una sorta di armatura leggera, meccanica e articolata, destinata a sostituire un giorno le odierne mimetiche e a potenziare le capacità fisiche del soldato velocità, resistenza e agilità maggiori - oltre a permettere grazie al camuffamento ottico, una parziale invisibilità. Ancora una volta una tecnologia non troppo fantascientifica secondo gli sviluppatori del gioco: questa tecnologia esiste già (da molto tempo è in fase sperimentale un metodo per proiettare davanti a sé l’immagine presente alle proprie spalle, rendendoci di fatto invisibili) e saranno utilizzate in futuro dall’esercito. Questa è una certezza. Per quanto riguarda le armi a disposizione, soffermiamoci sul fucile d’assalto a disposizione dei Ghost. Sarà integrato di shotgun o lancia-granate, sistema di puntamento olografico, caricatori maggiorati con proiettili 5.56 all’Uranio, oltre alla presenza di una lamauncino multiuso in titanio. Un fucile automatico di pura invenzione, che però si ispira fortemente TNM ••• 110

Nome_Ghost Recon: Future Soldier Editore_Ubisoft Sviluppo_Ubisoft Paris Studio Data di uscita_inverno 2010 Piattaforme_PC, Xbox360, PS3,

www.ghostrecon.it.ubi.com


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alle reali forme del FN F2000: quest’arma offre le più moderne soluzioni per un fucile d’assalto, come la configurazione bullpup e l’impugnatura ambidestra. Quest’ultima caratteristica la differenzia dalla maggior parte delle armi bullpup che, a causa dell’uscita delle cartucce all’altezza della guancia, non sono intercambiabili fra destrimani e mancini, se non con complicate operazioni poco attuabili in combattimento. L’F2000 risolve questo inconveniente facendo uscire le cartucce dalla cima della canna. Per finire, una delle tante novità che danno nuova luce alla serie, sarà la possibilità di poterci avvalere di tecniche di combattimento corpo a corpo direttamente ispirate al krav maga (tecnica di lotta militare creata dall’esercito israeliano), sempre più in uso tra le forze speciali di tutto il mondo. “Da sempre per la serie Ghost Recon (ispirato ai libri dello scrittore americano Tom Clancy, inventore del genere techno-thriller, da cui derivano anche le serie di Splinter Cell e Rainbow Six - ndr), abbiamo sempre lavorato a contatto con ricercatori e consulenti delle forze speciali americane e ascoltiamo sempre il loro feedback”, racconta Olivier Dauba, direttore creativo di Ubisoft, “il loro contributo non si limita a mostrarci le nuove tecnologie che vengono impiegate, ma anche a spiegarci i lati più professionali del loro mestiere. Ci hanno raccontato che un gruppo delle Forze Speciali vale più della somma dei suoi individui e deve questo suo prodigio al fatto che i membri del team si muovono come un unico organismo. Parliamo di soldati che vivono e crescono insieme e che passano anni della loro vita ad addestrarsi per agire in perfetta coordinazione. Nei veri campi di battaglia non c’è tempo per ascoltare gli ordini e la differenza viene fatta proprio dalla prontezza nelle reazioni. Ogni soldato sa cosa deve fare in ogni momento e a prescindere dalla situazione è sempre pronto a coprire le spalle al suo commilitone, senza che questi glielo debba urlare o mimare”. Esattamente allo stesso modo in Ghost Recon: Future Soldier, prendiamo il controllo di un singolo Fantasma e vedremo i suoi compagni di squadra agire indipendentemente da lui, senza bisogno che un giocatore con in mano un controller faccia loro da balia. Anche questa volta vestiamo i panni di un membro della squadra d’élite Ghost, unità composta da operatori delle forze speciali dell’esercito USA, Compagnia D, primo Battaglione, quinto Gruppo Forze Speciali di stanza a Fort Bragg, Carolina del Nord. La storia, abbandona i confini messicani degli ultimi due episodi per trasferirsi nei territori dell’ex Unione Sovietica. In un futuro relativamente vicino, un gruppo di ultranazionalisti russi riesce a portare a termine un colpo di stato, mandando il presidente legittimo in pensione anticipata e iniziando una campagna d’invasione verso paesi nordici ricchi di petrolio. È in questo scenario che il team dei Fantasmi entra in azione. La novità davvero interessante, al di là della storia in sé, è che gli sviluppatori hanno avuto l’accortezza di farci vivere il conflitto da differenti punti di vista. Quindi, oltre ad impersonare una vera macchina da guerra nei panni di un soldato Ghost, indosseremo i panni di personaggi completamente differenti, come ad esempio quella di una guardia del corpo presidenziale nel momento del colpo di stato, o di un tecnico a difesa della sua base petrolifera sotto attacco terroristico, o ancora di un semplice civile norvegese che tenta di salvare la sua famiglia. Un’idea semplice, ma interessante perché potrà darci delle molteplici prospettive di questo conflitto. Ghost Recon: Future Soldier si preannuncia essere - oltre ad un grande gioco secondo la migliore tradizione Ubisoft - una macchina del tempo che ci consentirà di dare una sbirciatina privilegiata sui campi di battaglia del futuro. Ovviamente sempre e comunque seduti comodamente sul nostro divano. Jean-Louis “Dutch” DeGay È dal 2001 responsabile per gli equipaggiamenti speciali per conto della U.S. Army’s Future Force Warrior Technology Program Office (FFW TPO). Precedentemente, DeGay sviluppava per il Corpo dei Marines, nuovi equipaggiamenti sempre più resistenti da utilizzare in combattimento. È stato Capitano, con dieci anni di servizio, nelle forze armate statunitensi con numerosi incarichi e operativo in molteplici missioni in tutto il mondo. Laureato all’Università della Georgia, insegna attualmente al Western New England College. Ha conseguito durante il suo servizio militare svariate specializzazioni tra le quali quella all’Airborne School, il Bradley Leader’s Course e alla Ranger School.


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TACTICAL NEWS MAGAZINE Military - Law Enforcement - Mil Sim n°1 - gennaio 2011 - mensile Direttore responsabile: Giuseppe Morabito giuseppe.morabito@tacticalnewsmagazine.it

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