Tablet Roma Settembre 2016

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Editoriale di Stefano Quagliozzi

Terremoto 6.0: per non dimenticare

Licenziamo alla stampa questo numero di settembre con le immagini negli occhi e il dolore nel cuore del disastro naturale che ha colpito molti Comuni del Centro Italia, in particolar modo di Amatrice, Accumuli, Pescara del Tronto e Arquata del Tronto, alle ore 3.36 del 24 agosto scorso. Nei giorni della tragedia ci siamo resi conto di quanti romani siano legati a quei posti, luoghi natii, luoghi frequentati sin dall’infanzia quando si andava in villeggiatura alla fine della scuola. Fino a pochi giorni quanti sono stati in quelle terre a pochi passi dalla Capitale per godere delle bellezze e del buon cibo. Adesso lì il tempo si è drammaticamente fermato in attesa di un futuro per ora incerto. Nella nostra bella Italia purtroppo si è ancora molto lenti nella ricostruzione anche se la speranza che dopo ogni evento di questa portata qualcosa possa essere cambiato e migliorato non è ancora persa. Vedremo quali provvedimenti seri sarà in grado di prendere il nostro attuale Governo. Nei giorni in cui leggeremo queste poche righe si starà ancora scavando e rimuovendo le macerie. Grandi come sempre i volontari e non della Protezione Civile, i Vigili del Fuoco e tutte le Forze dell’Ordine e dello Stato mobilitate al servizio dei nostri connazionali bisognosi. Abbiamo assistito al grande movimento che si è raccolto attorno alla tragedia per la raccolta di beni di prima necessità e di fondi per la sussistenza degli abitanti colpiti. Belle iniziative e grandi persone in prima linea. Sollecitiamo e sensibilizziamo ancora i nostri lettori affinchè questo movimento solidale non si fermi perchè i bisogni e le necessità di queste persone proseguiranno per molto tempo ancora, ricordando che le uniche garanzie affinchè le raccolte vadano in mani sicure e a buon fine è rivolgendosi alle Associazioni accreditate e collegate con la Protezione Civile e la Croce Rossa Italiana, se non direttamente alle amministrazioni dei Comuni colpiti. Cerchiamo di non dimenticare e di donare quanto possibile per i su-

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perstiti di questo evento cataclismatico, evitando che l’oblìo abbia la meglio su chi si accinge ad affrontare l’inverno, ormai alle porte, senza più neanche una coperta, un tetto e, ancor peggio, in molti casi uno o più affetti cari con cui superare i momenti più difficili. Grazie a nome nostro e dell’intera Redazione di Tablet per quanto riusciremo a fare per questi nostri concittadini.

L’Editore Cristina Anichini

Il Direttore Responsabile Stefano Quagliozzi

Ribadiamo di seguito i numeri sicuri a cui fare riferimento:

Protezione Civile 800.840.840 Croce Rossa Italiana 06 5510 Croce Rossa di Rieti 0746 200700

Pasmail:qaiuti@cri.it ua!

Croce Rossa Italiana

IBAN: IT40F0623003204000030631681 causale “Terremoto Centro Italia”

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É consentita la riproduzione anche parziale di testi, grafica, immagini e spazi pubblicitari solo se autorizzata in forma scritta da Tablet Edizioni di Cristina Anichini. Parte delle immagini presenti su questa rivista sono fonte Internet e sono utilizzate solo a fini informativi. Poichè non è stato possibile risalire ai titolari dei diritti, secondo la legge vigente, la redazione si scusa per la mancata citazione rimanendo a disposizione di qualsivoglia richiesta e precisazione da parte dei titolari stessi. La collaborazione a questo mensile è da ritenersi libera e gratuita salvo diversi accordi.Del contenuto degli articoli, degli annunci economici e pubblicitari sono legalmente responsabili i singoli autori. Gli articoli pervenuti anche se non pubblicati non si restituiscono. La Direzione si riserva il diritto di non pubblicare il materiale pervenuto o di effettuare gli opportuni tagli redazionali. Si ringraziano i partners commerciali per il contributo alla pubblicazione e alla diffusione di questo periodico. Finito di stampare il 1 Settembre 2016

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P rimopiano di Cristina Anichini

TUTTI A SCUOLA!... APPASSIONATAMENTE Per un rilancio della lettura Si torna sui banchi di scuola, e con quali intenzioni? Noi ci auguriamo con le migliori! Sia da parte degli studenti e delle loro famiglie che da parte dei docenti, ma soprattutto che lo spirito migliore lo mostrino i Dirigenti scolastici affinchè sappiano disporre al meglio della piena autonomia ormai conferitagli dal Ministero, che da quest’anno vigilerà seriamente sul loro operato con pieni poteri di revoca dell’incarico se non di licenziamento nel peggiore dei casi, ma anche di premi per i più meritevoli. Le famiglie si aspettano e pretendono molto dalla scuola, perchè è in quella sede che si basa, o almeno si dovrebbe basare, l’educazione allo studio e, in parte, alla vita dei nostri giovani, affinchè possano sviluppare quelle giuste competenze che un domani possano permettergli di affrontare il mondo del lavoro con maggiori sicurezze. Determinante è il rapporto di rispetto reciproco che deve instaurarsi fra i docenti, i genitori e il dirigente scolastico, in modo da portare avanti il Piano formativo in serenità e nel riconoscimento delle rispettive esigenze e competenze. Per tutto il percorso formativo scolastico dei giovani questo collegamento deve rimanere determinante e in costante regime di collaborazione in modo da creare una linea di contatto e di continuità tra ciò che avviene all’interno della scuola a quello che avviene all’interno della famiglia. Riconoscere l’autorità scolastica e quella familiare da entrambe le parti, e di conseguenza da parte dello studente, può solo produrre quegli effetti positivi che sono alla base dei cambiamenti migliorativi della nostra società. Diamoci tutti da fare... appassionatamente!

La sapienza e la conoscenza rappresentano concetti che molti giovani pensano di poter facilmente scavalcare per arrivare più velocemente al successo o comunque all’acquisizione

La colpa di alcune perdite culturali è spesso dei predecessori che non sono stati in grado di trasmettere ai propri successori. La trasmissibilità da padre in figlio. Nella concezione moderna la cultura è quell’insieme di conoscenze e di pratiche acquisite che vengono trasmesse di generazione in generazione. Quindi diamoci da fare e stimoliano i nostri figli a seguire alcune rotte riconoscendo ovviamente i cambiamenti ormai in atto da decenni, soprattutto quelli degli ultimi anni. Importante è dare i giusti strumenti per arrivare alla conoscenza, oltre alla trasmissione dei buoni valori etici e della propria conoscenza. Uno degli strumenti fondamentali è la lettura. Stimolare alla lettura, coltivandone il seme fin dall’inizio, curandone la crescita con le giuste dosi e le giuste formule per non rischiare di produrre l’effetto contrario. Da una ricerca dell’ISTAT relativa all’anno 2015 risulta che in Italia il 42% delle persone di 6 anni e più (circa 24 milioni) abbia letto almeno un libro nei 12 mesi precedenti per motivi non strettamente scolastici o professionali.

La lettura continua ad essere molto meno diffusa nel Mezzogiorno. Nel Sud meno di una persona su tre (28,8%) ha letto almeno un libro mentre nelle Isole i lettori sono il 33,1%. I “lettori forti”, cioè le persone che leggono in media almeno un libro al mese, sono il 13,7% dei lettori (14,3% nel 2014) mentre quasi un lettore su due (45,5%) si conferma “lettore debole”, avendo letto non più di tre libri in un anno. L’ 8,2% della popolazione complessiva (4,5 milioni di persone pari al 14,1% delle persone che hanno navigato in Internet negli ultimi tre mesi) hanno letto o scaricato libri online o e-book negli ultimi tre mesi. Interessante è il dato che rappresenta come la lettura e la partecipazione culturale vanno spesso di pari passo; cioè come fra i lettori di libri, coloro che coltivano altre attività culturali, praticano sport e navigano in Internet sono regolarmente più numerosi rispetto a quelle dei non lettori. A tal proposito vogliamo portare all’attenzione dei nostri lettori una delle più interessanti iniziative per la promozione della lettura, #ioleggoperché, organizzata a livello nazionale dall’Associazione Italiana Editori, fondata sulla passione dei lettori di ogni età ed estrazione. Dopo il successo del 2015, che ha visto la mobilitazione di migliaia di persone e la consegna di 240mila libri in tutta Italia, nel 2016 #ioleggoperché cambia veste per diventare una grande raccolta della durata di 9 giorni a sostegno delle biblioteche scolastiche, e un motore di nuove iniziative all’interno delle aziende e del mondo del lavoro. Da sabato 22 a domenica 30 ottobre nelle librerie aderenti sarà possibile acquistare libri da donare alle scuole dei tre ordinamenti: primarie e secondarie di primo e secondo grado. Non solo. Gli editori raddoppieranno i libri acquistati dagli italiani, mettendo a di-sposizione degli istituti un numero pari di volumi. L’obiettivo comune è di popolare di migliaia di

testi le biblioteche degli istituti scolastici che avranno aderito al progetto e ne avranno fatto richiesta. Questo progetto stimola molto la partecipazione attiva delle persone interessate che diventano i Messaggeri dell’iniziativa, il suo cuore pulsante. Sono i lettori forti, gli studenti appassionati, gli insegnanti attivi, i genitori e i nonni sensibili, e poi i librai e i bibliotecari motivati e tutte quelle persone che vogliono far parte di un grande progetto di ingaggio sociale e di promozione della lettura. Ognuno con la propria motivazione e la libertà di scegliere il grado di coinvolgimento, porteranno #ioleggoperché nelle librerie, nelle scuole, nelle aziende, sul web e ovunque sarà necessario supportare e incentivare la raccolta. Per raggiungere lo scopo è necessario il coinvolgimento di più persone possibile, semplici cittadini e non, che possano coinvolgere sia le scuole dei propri figli che le librerie a loro care, potendole perfino mettere in contatto per portare avanti al meglio l’iniziativa. Per chi fosse interessato è necessario registrarsi entro il 15 settembre sul sito www.ioleggoperche.it e diffondere l’iniziativa. Condividere sui social network i momenti più significativi di #ioleggoperché, e sempre sul sito scoprire e seguire le Missioni, attività ed eventi dedicati ai Messaggeri.

Interessante è come l’iniziativa #ioleggoperché sia diffusa anche nelle aziende. Non è solo iniziativa culturale, ma anche economica, politica e civile, perchè la lettura è un fenomeno strettamente correlato con lo sviluppo economico e democratico di un paese. Grazie alla collaborazione con Confindustria-Gruppo tematico Cultura, nel 2016 gli imprenditori sono invitati ad aderire al progetto, dotando la propria azienda di una biblioteca e di un patrimonio librario. Le nuove biblioteche aziendali offriranno una scelta varia, in grado di rispondere alle esigenze di tutti e non saranno semplicemente delle raccolte di manuali e testi professionali. Sposeranno pienamente lo spirito dell’iniziativa: la passione per i libri e la lettura di ogni genere. Cercare di salvaguardare il proprio patrimonio culturale attravrerso la lettura è dimostrazione di come un popolo, una nazione, una piccola comunità tenga alle proprie radici e impari dal proprio passato per poter costruire un futuro migliore, dentro e fuori la famiglia, dentro e fuori la scuola.

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Parola d’Ordine: CULTURA. Il sapere generale di un individuo. Diciamo e sosteniamo che questo termine, apparentemente desueto, sia da rilanciare negli ambiti più giovanili che lo considerano, ahimè, sinonimo di noia e di vecchio.

di una posizione di rilievo, convinti che il sapere passi per formule mordi e fuggi messe a disposizione dalla tecnologia e da alcuni media. Purtroppo non è così, magari certi risultati arrivano anche velocemente ma di certo non durano nel tempo.

Il 9,1% delle famiglie non ha alcun libro in casa, il 64,4% ne ha al massimo 100. La popolazione femminile ha maggiore confidenza con i libri: il 48,6% delle donne sono lettrici, contro il 35% dei maschi. La quota di lettori risulta superiore al 50% della popolazione solo tra gli 11 e i 19 anni e nelle età successive tende a diminuire; in particolare, la fascia di età in cui si legge di più è quella dei 15-17enni. Quest’ultimo dato è molto importante e significativo perchè l’età della giovinezza è l’ultima tappa fondamentale prima dell’età adulta, momento in cui non bisogna far perdere ai ragazzi il contatto con la lettura, che sembra invece affievolirsi con il passare del tempo.

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Cosa ci serve per quattro persone 300 g di ciliegie duroni 250 g di salmone affumicato classico un limone non trattato 50 g di senape 100 ml di olio extravergine di oliva 5 g di sale 2 g di pepe nero macinato qualche foglioline di basilico fresco Cosa ci serve per le tagliatelle 350 g di farina 00 150 g di farina di grano saraceno 5 uova intere 5 g di olio di oliva extravergine Mettiamoci al lavoro Miscelate la farina 00 con la farina di grano saraceno, quindi impastatela con le uova e un filo di olio extravergine per dare elasticità all’impasto; lavorate il composto fino a ottenere un panetto omogeneo. Lasciatelo riposare avvolto nella pellicola per trenta minuti. Tagliate intanto le ciliegie e privatele del nocciolo; conditele con il succo di mezzo limone non trattato e lasciatele riposare per venti minuti. Recuparate un pò del sugo delle ciliegie ed emulsionatelo con un cucchiaio di senape, un pizzico di sale, il pepe e l’olio extravergine di oliva, ottenedo cosi una citronette. Tagliate a striscioline il salmone affumicato e mettetelo in una ciotola coperta da pellicola in frigorifero. Stendete la pasta a uno spessore di tre millimetri, quindi tagliatela a coltello, ottenendo le tagliatelle. Lessatele in acqua bollente salata per circa sei minuti, versateli in una scolapasta e raffreddatele sotto l’acqua corrente per un minuto, poi scolatele. Condite le tagliatelle con la citronette, le ciliegie e il salmone, completando con foglioline di basilico fresco.

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Musica di Valentina Ecca

Settembre: ricomincia la scuola, ma la “musica” è sempre la stessa «La musica nelle scuole è un disastro e basta flauti». Questa è la frase di uno dei più importanti compositori italiani; Ennio Morricone. Così il maestro, in un’accorata lettera a “Il Messaggero”, ha scritto la sua sull’insegnamento della musica nelle scuole italiane. Per lui, se mai si vorrà mettere mano a questa lacuna, ci vorranno dieci anni prima che le cose cambino. È vero, in Italia manca la cultura della musica intesa come materia in grado di formare l’essere umano. Ricordo quando a scuola c’era l’ora di musica; era come fare una seconda ricreazione. Così veniva intesa, dagli studenti, poiché così veniva considerata anche dagli insegnanti, che mai avevano remore nello sforare dieci o quindici minuti dopo la campanella: «tanto dopo avete musica». Avvilente, malsano e frustrante questi sono gli aggettivi che vengono in mente pensando che, in realtà, la musica investe le nostre vite quotidianamente e i ragazzi, oggi più che mai, sono agevolati da una fruizione semplice e immediata di questi contenuti. Basti pensare ai canali di streaming, a YouTube e quant’altro. L’errore però è che, così facendo, diventano delle mere spugne senza gusto, perché non hanno una cultura di base e una preparazione che li educhi all’ascolto. In Italia e a Roma le cose si stanno, pian piano muovendo, si pensi all’Istituto Comprensivo Mozart che possiede, nel suo piano didattico, un corso ad indirizzo musicale. Qui i bambini, prima di poter accedere, fanno un test selettivo poiché la sezione ha dei numeri limitati. Non è molto, ma è già qualcosa. Diversi anche i Licei ad indirizzo Musicale e Coreutico dove le materie carat-

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terizzanti sono rispettivamente la musica, la teoria e storia della musica, lo studio di uno o più strumenti musicali e le esercitazioni orchestrali o corali. Ottimo! Verrebbe da dire. Non proprio, perché l’impostazione didattica rimane ancora molto classica e anche gli strumenti che i ragazzi possono scegliere sono quelli appartenenti ad un’epoca poco contemporanea. Non c’è un rinnovo, un andare al passo con i tempi; cosa che la musica invece rappresenta essendo una portatrice sana d’innovazione, pensiero e moda. Ci vorrebbero corsi di batteria (che non è percussione), di basso elettrico, di chitarra elettrica, pianoforte moderno e tastiere, canto moderno e tecnologie informatiche applicate alla musica. Se la missione della scuola è quella di educare e pensare al futuro non può continuare ad avere programmi scolastici che guardano solo al passato. Ci vuole un corpo docente in grado d’ispirare lo studente e in grado di parlare la sua stessa lingua. Questo dovrebbe essere per qualsiasi indirizzo scolastico e più che mai per quello musicale. Ci troviamo in un momento storico in cui qualsiasi ragazzo con un minimo di curiosità può avvicinarsi alla composizione musicale, grazie alla tecnologia il divario fra “studio di registrazione” e “cameretta di casa” sta diventato sottilissimo. Perché allora non sfruttare questo Rinascimento contemporaneo e far sì che la scuola pubblica possa diventare la fabbrica di grande musica, di cultura e di profondità innovativa?


Decalogo di Valentina Mele

10 cose che vi renderanno un bravo studente Visto che apparirà sul numero di settembre, l’ideale sarebbe un decalogo sulla scuola. Magari relativo ai modi per essere un ottimo studente. Le premesse erano queste, poi qualcosa è cambiato. Mi trovavo di fronte al foglio bianco e riflettevo sulla scuola, quando in televisione compare la pubblicità di una nota marca di zaini e nella mia mente, come una sorta di flash-back proustiano, mi sovviene quella sensazione di fastidio che mi capitava nell’era liceale. Quando in piena estate, per una specie di sadismo psicologico apparivano pubblicità di materiale scolastico, come a voler ricordare che due mesi volano in fretta. Due mesi! Seguendo il flusso libero dei miei pensieri ho formulato un’altra riflessione: quanto tempo è passato da quando la mia estate durava così tanto? 3 pieni mesi di totale beatitudine... E così in quell’istante mi sono sentita, odio dirlo, vecchia! Per quanto nella mia testa io sia ancora convinta di avere poco più di 15 anni devo accettare il fatto che i realtà ho più del doppio di quella età, ed ogni giorno accade qualcosa che me lo ricorda. A questo punto ho stilato al volo un altro decalogo, che poco ha a che fare con la scuola, spero che la redazione di Tablet non me ne voglia. In fondo per essere un buon studente occorre solo studiare.

10 situazioni che ti fanno sentire vecchia!

5- Non capire la maggior parte delle parole e delle mode dei giovani di oggi. Continuando a chiederti perché la K ha sostituito la C. 6- Usare l’espressione “giovani di oggi”. 7- Guardare Titanic, che ha segnato in modo indelebile la tua adolescenza, e provare più attrazione per Billy Zane che per lo sbarbatello biondo, che a 15 anni eri convinta fosse il tuo uomo per la vita.

1- Guardare pubblicità di zaini o diari a luglio e sorridere ricordando i tempi in cui “Già fanno pubblicità di scuola? Ma è finita da neanche un mese!” Rendersi conto a malincuore che la propria estate inizierà tra più di un mese ancora.

8- Non poter più partecipare a Miss Italia o diventare una coniglietta di Playboy perché hai superato l’età massima richiesta. Non che avessi mai avuto interesse per questo genere di cose, però fino a qualche anno fa non mi era vietato.

2- Guardare delle serie tv. Friends (serie tv cult degli anni 90/2000) che adoravi (io l’adoro tuttora) in cui i protagonisti erano, e ti sembravano, molto più grandi di te e rendersi conto che hanno meno anni di quanti ne hai tu adesso. La tata (altra serie tv degli anni 90) in cui la protagonista diminuiva la sua età, dichiarando di avere meno anni di quanti ne hai ora e accorgersi che l’età vera è comunque minore della tua adesso. Quasi quasi inizio a calarmi gli anni.

9- Osservare l’abbigliamento di una quindicenne di adesso e trovarlo familiare. Accorgersi che usavi lo stesso tipo di abbigliamento, diverso dagli adolescenti di 5 anni fa e realizzare che hai l’età per vivere il ritorno di una moda.

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3- Ascoltare chiacchiere di sedicenni, sentirle familiari, scoprire che frequentano la tua stessa scuola, capire che hanno il tuo stesso professore di Storia e Filosofia e quando li rendi partecipi di ciò, ti inseriscono nel discorso esordendo “Anche la SIGNORA aveva il professore Tal de’ Tali”. Ma signora a chi? E non venitemi a dire che è una questione di educazione, quando un sedicenne ti chiama “signora” è perché ti vede molto più grande di lui.

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4- Svegliarsi prima la mattina per avere il tempo di applicare 3 creme diverse sul viso.

10- Passare molto tempo e usare svariati trucchi, seguire moltissimi tutorial di make up artist per realizzare un trucco perfetto sul viso, cha abbia l’esito di farti apparire struccata e perfetta naturalmente. L’importante in fondo sono gli anni che uno si sente... Per favore, vogliamo seriamente credere a questo banalissimo luogo comune? Posso anche sentirmi una dodicenne ma sono sicura che se vado a Disneyland non mi fanno pagare il biglietto ridotto. Forse l’unica cosa realmente importane è godersi la propria età, qualunque essa sia.


TLaablet Run rubrica per i runners di Lorenzo Sigillò

Come porsi subito nuovi obiettivi È dura, durissima, perché non solo si torna dalle vacanze e si riaffrontano i problemi quotidiani, ma abbiamo messo su qualche chilo, le giornate si accorciano e non abbiamo propria voglia di fare niente! Niente paura, se vi sentite così, siete normali esseri umani. Settembre somiglia a gennaio, ma mentre all’inizio dell’anno il nemico è il torpore invernale, dopo le ferie è tosta ripartire con ancora la mente ed il corpo in totale relax. L’arma dei buoni propositi è valida anche dopo l’estate, sono in molti a considerare questo periodo come il vero inizio dell’anno e non hanno tutti i torti perché tutto sembra riattivarsi e perciò dimostrerete

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subito buon senso decidendo i vostri obiettivi e soprattutto utilizzando la regola base valida in ogni campo della vita, la cosiddetta SMART! Specific, Measurable, Achievable, Relevant, Timely, ovvero dovete essere ‘smart’ semplici ma intelligenti proprio come i vostri nuovi obiettivi da runner! È stato già difficile tornare alla routine, adesso il passo decisivo per tornare o cominciare a infilare i pantaloncini da corsa è essere sinceri con se stessi. Ponetevi subito un traguardo SPECIFICO, preciso, che sia arrivare a correre 5 km o prepararvi ad una distanza più impegnativa o ad una gara: non pensate solo ‘voglio muovermi’, ma piuttosto, ‘voglio partecipare a quella corsa da 10 km’. I chilometri non mentono, quindi la vostra meta deve essere oggettivamente MISURABILE, ma per i non neofiti stabilire anche il tempo, ad esempio 10 km in meno di 50 minuti, sarà ancora meglio. Naturalmente dovete essere REALISTICI (achievable, raggiungibile) e pensare ad un risultato alla vostra portata, non ponetevi l’idea di una maratona se non correte da anni o di dimezzare il vostro ‘personale’, ma immaginate qualcosa alla vostra portata. Allo stesso modo però dovete STIMOLARVI (relevant, rilevante per voi), non correte un chilometro in più dello scorso anno o 20 secondi in meno dello scorso mese, immaginate qualcosa di fattibile ma che abbia il sapore della sfida. Ed infine, definite TEMPORALMENTE (timely) il vostro traguardo: quella gara tra sei mesi ad esempio, che avete proprio bisogno di cerchiare sul calendario! Fatelo subito! Per chi ha già benzina nelle gambe, ecco le prossime gare in programma per ripartire alla grande: l’11 settembre a Lariano si corrono i 10 km della terza edizione della Porcino Run mentre il 18 stessa distanza, ma a Genzano, per la quarta Corsa del Pane genzanese. Se invece siete già pronti per i “42,195” sabato 17 si corre l’affascinante 43esima Maratona del Mugello (Borgo S.Lorenzo, FI), considerata la più antica d’Italia! Ancora, domenica 25 una buona mezza maratona alla 16esima edizione di Sabaudia e se ancora non vi basta, vi diamo già una dritta per il 9 ottobre, l’attesissima Trenta del Mare a Ostia. Stay Smart, Stay Tablet Run!


Lo faccio in casa

di Giorgia Conti Tel. 339 7268608 email: larosadeldessert@gmail.com Facebook: La Rosa del Dessert Instagram: La Rosa del Dessert

Gelato After Eight Menta e cioccolato…un’accoppiata vincente, almeno per me… I famosi cioccolatini a sfoglia di cioccolato con il ripieno di menta sono un po’ come le Superga…le ami o le odi, non ci sono mezze misure! Un mio amico li ama solo se freddi di frigo e allora l’idea è venuta spontanea: perché non fare un gelato che li ricordi? Ecco gli ingredienti: (circa 4 porzioni) LATTE 250ml SCIROPPO ALLA MENTA 100ml PANNA FRESCA 250ml ZUCCHERO 50g SCAGLIE DI CIOCCOLATO FONDENTE 50/80g (a vostro gusto)

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Procedimento: Se avete la gelatiera potete amalgamare tutti gli ingredienti con un frullatore e poi far fare il resto alla macchina, inserendo solo verso la fine le scaglie di cioccolato. Porre poi in freezer per un’ora circa per gustarlo al meglio. Se non avete la gelatiera, vi consiglio di montare la panna a parte e di unirla al resto degli altri ingredienti con delicatezza, poi porre in freezer per circa 4 ore (se avete modo di rimescolarlo di tanto in tanto anche meglio). Guarnite le coppette con qualche altra scaglia di cioccolato e due foglioline di menta e il gioco è fatto!


di Daniele Romani facebook.com/ostialove1 e-mail: ostialove@gmail.com

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La nascita di Ostia

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Una delle figure principali che contribuirono alla nascita del Lido è stata quella dell’ingegnere Paolo Orlando. La necessitĂ di dotare la cittĂ di Roma di un porto marittimo, collocato nella foce dello Stagno (oggi Canale dei Pescatori), si concretizzò con il progetto elaborato da Orlando negli anni 1896 e 1898. Con la costituzione, nel 1904, del “Comitato Pro Roma Marittima per il Porto di Roma e la Navigazione del Tevere e del Neraâ€? iniziarono i lavori di prolungamento della via Ostiense fino al mare, e nel 1907, con la concessione al Comune di Roma di una fascia costiera lunga 7 chilometri e larga 90 metri, nacque ufficialmente la borgata denominata “Ostia Nuovaâ€?. Questi sono anche gli anni in cui spuntò la prima attivitĂ commerciale su una spiaggia deserta a pochi metri dal mare lo “Chalet Augusta del Lido di Romaâ€?, un capannone che disponeva anche di un telefono, di proprietĂ di Federico Bazzini, il ravennate che coordinò 20 anni prima le squadre di operai addette alla bonifica del territorio. Una targa, posta sotto il portico dell’Hotel Belvedere in piazza dei Ravennati, ci ricorda l’impresa. Ma uno degli aspetti che influĂŹ allo sviluppo delle attivitĂ commerciali fu proprio il collegamento viario di Roma verso Ostia Nuova. Infatti, attraverso la via Ostiense si giungeva al mare sostando su uno slargo circolare (oggi Piazza dei Ravennati) che permetteva la manovra e il ritorno indietro delle automobili e della corriera Fiat che era a tutti gli effetti un servizio pubblico fornito dalla societĂ Chiari-Sommariva. Il percorso della corriera, effettuato due volte al giorno e per una durata di 40 minuti, collegava Piazza Montanara (in prossimitĂ del Teatro Marcello) con lo Chalet Bazzini. Il 14 settembre del 1907, due mesi dopo la concessione dei terreni del litorale al Comune di Roma, Paolo Orlando propose per la prima volta la costruzione di Ostia. E un anno dopo, a supporto del progetto del porto marittimo, disegnò il primo Piano Regolatore di Ostia Nuova, supportato da una veduta prospettica a spese del Comitato Pro Roma Marittima. Il concetto ispiratore fu la creazione di una moderna cittĂ -giardino suddivisa in tre parti principali: la prima costituita da una spiaggia

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profonda 50 metri, da destinarsi all’uso pubblico balneare; la seconda, della profondità di 424 metri, riservata all’ordinaria urbanizzazione; l’ultima, piÚ interna, della profondità di 136 metri, occupata da edifici residenziali e da un parco. Ostia si dispose quindi lungo tre viali principali paralleli (corrispondenti agli attuali lungomare Paolo Toscanelli, via di Santa Monica/via Granito di Belmonte e Corso Duca di Genova/Corso Regina Maria Pia), ciascuno largo 20 metri e si articolava attraverso un modulo costante, formato

ď€ ď€‚ď€ƒď€„ď€…ď€†ď€‡ď€ ď€ˆď€‰ď€Šď€… dall’intersezione delle vie normali e diagonali, che creavano numerose piazze di diversa forma e ampiezza. Le due maggiori erano poste in corrispondenza del viale centrale, alle cui estremitĂ erano collocate rispettivamente la stazione della futura ferrovia Roma-Ostia (in corrispondenza dell’attuale Piazzale della Posta) e la rotonda aggettante sugli stabilimenti balneari. Il fine era garantire che tutte le abitazioni avessero la veduta del mare, protette dalla zona destinata a parco, barriera naturale contro le zanzare presenti nelle limitrofe zone paludose. Il progetto, approvato nella seduta consiliare del 3 febbraio 1911, non fu mai applicato. Si criticava, infatti, l’estrema uniformitĂ del tracciato viario, slegato dalla morfologia naturale del terreno, e l’eccessiva ampiezza dei viali e delle piazze a scapito degli spazi edificabili. BisognerĂ aspettare 5 anni per l’approvazione dell’Amministrazione Comunale di un nuovo disegno della cittĂ a firma dell’architetto Gustavo Giovannoni per l’Associazione fra i Cultori di Architettura.

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S istema Binario

Wacom Bamboo Spark 2

di Simona Gitto

404 - Area found

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No, non è un errore. Non state fissando una pagina bianca che vi dice, non troppo velatamente, che quello che stavate cercando non è stato trovato. Area 404 è un luogo che è stato trovato, eccome. Presentato come “il più avanzato nella storia di Facebook”, Area 404, nato il 2 agosto appunto in casa Facebook, è un maxi-laboratorio di 2044 metri quadrati nella sede di Menlo Park pronto ad accogliere le innovazioni e le meraviglie tecnologiche del futuro. L’obiettivo, infatti, non è quello di implementare il core business del gruppo, social network o chat, ma di dare forma ai mercati tecnologici del futuro. Da oggi fino al 2025, ricerca e sviluppo devono coordinarsi lungo tre assi fondamentali: dalla connettività estesa in modo capillare in tutto il mondo, alla realtà virtuale, fino all’intelligenza artificiale. Lo scopo è quello di riunire tutti gli ingegneri in un unico grande spazio, dotato di qualsiasi strumento necessitino, in modo da poter implementare il progresso il più rapidamente possibile. Il lungimirante papà di Facebook, Mark Zuckerberg, ha cercato a lungo uno spazio del genere, non trovandolo (ecco perché il particolare nome, mutuato dal ben noto codice http 404). Da qui, la decisione di crearne uno proprio - con tanto di fondamenta rinforzate per sostenere il peso dei macchinari presenti, che effettivamente sono tra i più disparati: abbiamo fresatrici a cinque assi così potenti da riuscire a tagliare qualsiasi cosa, acciaio e granito compresi; un multitornio a nove assi; macchine a controllo numerico (CNC) e una macchina per misurare le coordinate (CNM); postazioni di design tridimensionale; un microscopio elettronico a trasmissione; e così via. La presenza di questi macchinari è fondamentale, perché assicura velocità nella realizzazione di prototipi e garantisce la possibilità, ai diversi reparti del laboratorio, di cooperare in maniera sinergica e strutturata. L’intero laboratorio è, in sostanza, diviso in due aree: i laboratori di ingegneria, con 50 banchi di lavoro dotati di attrezzature con configurazioni personalizzate in base ai progetti che dovranno realizzare; i laboratori di prototipazione, in cui si trovano tutti i macchinari succitati, il fulcro produttivo dell’Area.

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Nel laboratorio operano il team Connectivity lab, che si impegna a favorire la diminuzione del digital divide, e quello di Oculus, che si occupa dello sviluppo della realtà virtuale. L’idea è quella di realizzare letteralmente qualsiasi cosa, dalle singole componenti al prodotto finito, in sede, evitando di coinvolgere terze parti - il che velocizza la produzione, ma soprattutto assicura sicurezza e segretezza (l’ingresso al laboratorio è interdetto perfino a Zuckerberg!). Tra le numerose promesse di Area 404 ci sono prototipi come i sensori per il progetto Opencellular (piattaforma wifi che aiuterebbe ad estendere la connettività), gli snodi per il wifi di Terragraph, banda larga, e le antenne di Project Aries, così come i nuovi dispositivi per la cattura di immagini a 360 gradi e i droni ad energia solare (si veda il progetto Aquila). Gli ingegneri si sono già messi d’impegno a lavoro, e il primo e più fervente sostenitore del progetto, Mark Zuckerberg, incarna le loro e le nostre speranze: “Nei prossimi 10 anni costruiremo qualsiasi cosa, dai visori Oculus agli aerei ad energia solare” - ha annunciato Zuckerberg dal suo profilo Facebook - “Abbiamo sempre avuto laboratori per ciascun progetto, ma il nostro nuovo laboratorio sarà il centro in cui gli ingegneri potranno lavorare insieme per far avanzare ancora più velocemente la connettività in tutto il mondo”.


Ma, creativi si nasce o si diventa? di Paola Ferrini Presidente Ass.ne Meravigliarte

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E’ luogo comune pensare che individui con spiccate capacità creative debbano la loro fortuna ad una precisa predisposizione genetica e che quindi la fantasia, la creatività o l’immaginazione siano facoltà tipiche dell’essere artista o di chi svolge attività di tipo creativo. Dunque, artisti, musicisti, attori, registi, stilisti ….tutti “figli d’arte”? Non è propriamente così, o quantomeno non così scontato anche se è vero che il nascere in una condizione privilegiata in questo senso, può condurre con più facilità ad un percorso analogo sulle impronte di famiglia. Ma in realtà i veri motivi sono altri. Potenzialmente infatti, chiunque fin dalla nascita può sviluppare grandi doti creative. Ma come? perché? Da cosa dipende? Cosa vuol dire essere creativi? A cosa serve realmente nella vita? La verità è che i potenziali straordinari che la creatività può attivare nel percorso formativo e di crescita dell’individuo spesso si ignorano. Come si ignora l’importanza degli stimoli che si trasmettono in special modo nei primi anni di vita del bambino, per la formazione della sua personalità. E’ proprio in questa delicata fase prescolare e negli anni immediatamente successivi che è di fondamentale importanza incrementare le sue conoscenze tangibili e sensoriali, intervenendo sulla sfera emozionale attraverso stimoli creativi provenienti dal mondo della fantasia, sapientemente provocati e proposti da parte di chi esercita attività di formazione sul bambino: la famiglia e la scuola. Più si agirà sull’immissione continua di stimoli, dati, conoscenze tramite favole e giochi creativi, esperienze estetiche e pratiche del mondo delle arti, maggiore sarà la sua fantasia o meglio la capacità di pensare in senso libero a cose nuove ancora non esistenti. E’ da lì che poi ha origine il pensiero creativo quale sviluppo di capacità per finalizzare in modo concreto l’uso

della fantasia e dell’invenzione. I prodotti della fantasia – come quelli della creatività – nascono infatti da relazioni che il pensiero organizza con tutto ciò che conosce. La differenza tra l’essere creativo e il non esserlo, sta proprio nella capacità di sviluppare o meno una mente in grado di creare relazioni e scambi continui tra le conoscenze acquisite e non essere solo un contenitore di tanti dati e informazioni solo da ripetere in un codice. Una mente creativa è dunque una mente elastica, libera, non condizionata, predisposta a qualsiasi tipo di cambiamento e capace di trovare soluzioni anche per i problemi di tutti i giorni. Paradossalmente una persona molto colta non è automaticamente una persona con molta fantasia se il suo bagaglio conoscitivo rimane fine a sé stesso se non subisce una contaminazione attiva con il mondo che lo circonda tramite una condivisione, uno scambio e una trasmissione

continua di conoscenze. L’individuo creativo, infatti, è in continua evoluzione e le sue possibilità creative nascono dal costante aggiornamento nonché dall’allargamento della conoscenza in ogni campo. In tal senso il creativo prende e restituisce cultura alla comunità, cresce con la comunità. Al contrario, una persona non creativa, rimane tendenzialmente più rigida, individualista, ostinata poiché inconsciamente più schiava delle proprie impalcature mentali e stereotipi. La crescita culturale della collettività dipende dunque anche dalla nostra capacità di saper dare, in particolare ai bambini in via di formazione, più possibilità di sviluppare una mente creativa quale valore aggiunto e risorsa tra le più straordinarie per la vita.


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Dopo questa panoramica potremmo sentirci un po’ sconsolati… ma se il tutto avviene al di fuori della nostra consapevolezza, come possiamo “non giocare”? Ci sono delle modalità per uscire dai giochi: per esempio, rispondendo al messaggio ulteriore con una transazione incrociata dall’Adulto, che di fatto blocca il messaggio psicologico ulteriore. Troppo tecnico? Mi sa di sì… anche se è vero che non ci sono altri modi, se non appunto diventare consapevoli: cioè capire come funziona il gioco e quali sono i “campanellini d’allarme” che, risuonando, ci avvertono che stiamo entrando in un gioco.

Giochiamo? grazie, no!

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Un paio di mesi fa abbiamo visto come i legami di attaccamento con le figure primarie di accudimento ed i conseguenti Modelli Operativi Interni che si strutturano durante la prima infanzia (principalmente con i genitori) influenzino, anche da adulti, le nostre relazioni interpersonali. Avevamo anche scritto, sempre negli scorsi numeri di Tablet, di cosa accade tra gli Stati dell’Io quando comunichiamo con l’altro, secondo l’ottica della Comunicazione Transazionale: le transazioni complementari, incrociate, ulteriori. Per ampliare il discorso ed offrire ulteriori spunti di riflessioni, l’argomento di questo mese riguarderà i GIOCHI nelle relazioni interpersonali. Giocare fa bene? Di solito sì… ma non sempre. Vediamo di cosa si tratta. In Analisi Transazionale il “gioco” è definito come “una serie di transazioni ulteriori complementari rivolte ad un risultato definito e prevedibile, caratterizzato da un colpo di scena (cioè un improvviso stravolgimento della relazione), con un conseguente stato d’animo negativo (tornaconto) in entrambi i soggetti della relazione”. Facciamo un esempio concreto: ci sarà capitato di voler aiutare un amico od un familiare che presentino una difficoltà, dando loro dei consigli…. E sentirci rispondere: “sì ok, ma….” e, dopo una serie di tentativi, vedere che l’altra persona si “altera” perché non si sente aiutata e sentirci noi, di conseguenza, dispiaciuti ed inadeguati. Ecco… questo è un esempio classico di gioco, dove la transazione complementare sembra svolgersi a livello Adulto – Adulto (Non so cosa fare – Prova a fare…) ma, in realtà, la reale transazione comunicativa è a livello ulteriore tra Bambino e Genitore (Prenditi cura di me se ci riesci – Ok ci penso io). Ma quando avviene il “colpo di scena” che è l’elemento caratteristico del gioco? Quando, dopo le prime battute di comunicazione, il familiare o amico che stiamo tentando di aiutare cambia posizione nella relazione: in modo verbale o anche non verbale, mostra di essere stufo di consigli inadeguati e di non sentirsi soddisfatto dell’aiuto. Ed ecco che noi ci sentiamo confusi e sperimentiamo uno spiacevole senso di inadeguatezza. Questo è il risultato definito e prevedibile, cioè il “tornaconto” del gioco: un sentimento spiacevole sperimentato da entrambi i “giocatori”… noi che ci sentiamo inadeguati e magari ci diciamo che nessuno ci apprezza e l’altro che si sente triste e si conferma la sua convinzione che nessuno è in grado di aiutarlo.

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esempio, il “Prendermi a calci” e il “Ti ho beccato, figlio di…”. Quante donne, per esempio, si adattano a compagni poco attenti e premurosi, rimanendo insoddisfatte ma passive nella relazione? Fino al giorno in cui esplodono con comportamenti rabbiosi e magari rompono il rapporto. Questo è il “Ti ho beccato figlio di...”. Oppure: quante persone accettano compagni che trascurano o addirittura maltrattano fino al giorno in cui vengono poi puntualmente lasciatie e rifiutate? Questo è il “Prendimi a calci”. O anche, c’è il gioco coniugale che sicuramente è molto giocato e conosciuto: “E’ tutta colpa tua!”.

Quali sono le caratteristiche dei giochi? - Sono ripetitivi: ogni persona gioca il suo gioco preferito, gli altri giocatori possono cambiare ma lo schema del gioco rimane lo stesso. - Sono al di fuori della consapevolezza dell’Adulto, cioè la persona non è consapevole dello schema che propone e ripropone. - Come abbiamo detto, i giochi terminano con un’emozione spiacevole sperimentata da entrambi i giocatori (inadeguatezza, confusione, tristezza). - Comportano uno scambio di transazioni ulteriori, cioè si verifica qualcosa a livello psicologico che è diverso da quanto viene manifestato a livello sociale. - Comportano sempre un momento di sorpresa o confusione, il giocatore ha la sensazione che sia successo qualcosa di inaspettato, che non comprende. Ma perché giochiamo i giochi? Esistono delle motivazioni valide: ottenere carezze, rendere l’altro prevedibile e sicuro, sapendo come agganciarlo, sfuggire l’intimità mantenendo comunque rapporti emotivamente intensi o anche difendersi dall’intimità, magari perché abbiamo una inconsapevole e profonda paura di essere rifiutati. Ma soprattutto, i giochi ci servono a mantenere la nostra posizione esistenziale e le nostre convinzioni di copione o, per dirla con Bowlby, a confermarci i nostri Modelli Operativi Interni: per esempio, io sono OK e gli altri non sono OK o il contrario (io non sono Ok e gli altri sono OK)… o anche io e gli altri non siamo OK. Ma quanti “giochi” possiamo giocare? Tanti… Eric Berne ha scritto un libro, di lettura accessibile a tutti, in cui ne parla e li descrive (“A che gioco giochiamo”). Ne menziono alcuni: nell’esempio fatto prima noi stavamo giocando al gioco “Sto solo cercando di aiutarti” mentre il nostro ipotetico amico giocava al “Sì, ma...”. Altri giochi comuni nelle relazioni sono, per

Sicuramente il percorso terapeutico è il luogo elettivo per imparare a “non giocare”: comprendere la posizione esistenziale a cui noi abbiamo aderito e dalla quale partono gli inconsci messaggi svalutativi che conducono al gioco, così da poterlo bloccare

o ignorare, spiegando il gioco stesso e portando alla consapevolezza il messaggio psicologico che viene dal nostro copione di vita ed il motivo per cui lo giochiamo ripetutamente. In questo modo sarà possibile rifiutare l’emozione spiacevole, il tornaconto negativo finale del gioco. Ed anche (soprattutto!) imparare modi alternativi per darci ed ottenere carezze: ovviamente positive e…. “Grazie, no!” alle carezze negative.


Sport di Cristina Anichini

Dalle Olimpiadi alla scuola. Lo sport per tutti L’Italia alle Olimpiadi di Rio 2016 non è stata solo una presenza sportiva di rilievo (al 9° posto nella classifica medaglie) ma anche la consacrazione della nostra immagine all’estero. E’ stata la rappresentazione del Made in Italy, di quanto cioè noi siamo in grado di fare e di essere, delle nostre eccellenze. Casa Italia “la più bella di sempre” è lo slogan che ha accompagnato la nostra presenza brasiliana, un ambiente unico nel suo genere in cui hanno vissuto i visitatori, gli atleti e tutti gli addetti ai lavori. La struttura diretta da Diego Niepi, Direttore Marketing e Sviluppo della CONI Servizi spa, ha ospitato i maggiori esponenti del Comitato Olimpico Internazionale, come il Presidente Thomas Bach, i Presidenti di Federazioni Internazionali, i Presidenti federali, dirigenti, tecnici e atleti. Grande presenza alla cucina dello Chef Davide Oldani, che si è espresso all’interno di uno spazio con un panorama mozzafiato, punto di incontro tra l’aspetto agonistico, l’arte, la tradizione e l’innovazione come solo noi italiani sappiamo fare.

I nostri risultati:

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8 medaglie d’oro, 12 d’argento e 8 di bronzo. Niente di nuovo sotto al sole. Il numero delle medaglie si attesta nella media dei risultati rispetto ai giochi olipici delle passate edizioni. Sorprendenti finali, anche per quelle senza la vittoria dell’oro, e annunci di grandi cambiamenti. Ci consolidiamo in importanti discipline come il tiro alla carabina, la bicicletta su pista, il judo e la canoa. Diventiamo sempre più campioni nella pallavolo, pallanuoto e beach volley. Ma ci perdiamo anche campioni nella corsa, nei tuffi e nel ciclismo, e soprattutto nell’atletica dove purtroppo abbiamo avuto nella storia solo pochi campioni, ma eccellenti. Lo sport italiano gode di buona salute ma molto si può e si deve fare per recuperare soprattutto in molte discipline in cui siamo arrivati alle pendici della zona medaglia, come la ginnastica artistica. In ogni caso gli azzurri donano sempre grandi emozioni e grandi sorprese. Dobbiamo incentivare i ragazzi allo sport e sperare che possa cominciare una loro formazione seria anche nella scuola.

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Ma dove passa oggi in Italia la formazione dei nuovi atleti? Il CONI, il Comitato Olimpico Nazionale Italiano, emanzione del CIO (Comitato Olimpico Internazionale) è l’autorità di disciplina regolazione e gestione delle attività sportive nazionali, un ente pubblico a cui è demandata l’organizzazione e il potenziamento dello sport nazionale, affinchè promuova la massima diffusione della pratica sportiva. Le statistiche sportive 2015, elaborate sui dati delle Federazioni Sportive Nazionali e delle Discipline Sportive Associate riconosciute dal CONI, individuano 4 milioni e 535 mila Atleti tesserati, 917 mila Operatori sportivi (Dirigenti societari, Tecnici, Ufficiali di gara) e 63 mila Società sportive affiliate. Tra i compiti principali del CONI vi è quello di promuovere la pratica motoria, fisica e sportiva, nonché diffondere una maggiore consapevolezza e cultura del movimento tra tutta la popolazione, con particolare attenzione ai più giovani, a partire dall’ambiente scolastico, attraverso offerte sportive ed interventi formativi specifici e mirati. Per realizzare questi obiettivi il CONI attua - in collaborazione con il MIUR e con le altre Istituzioni - diverse iniziative nella scuola. Nel nostro municipio per esempio l’Istituto Comprensivo W.A. Mozart ha aperto dall’anno accademico 2015/2016 la sezione sportiva fin dalla scuola media, una iniziativa appoggiata appunto dal CONI anche in relazione alla candidatura di Roma per le Olimpiadi del 2024. Le quattro iniziative importanti nelle scuole sono: Sport di classe, educazione fisica nella scuola primaria, (www.progettosportdiclasse.it) - Campionati studenteschi, progetto di attività sportiva agonistica nelle scuole secondarie di 1° e 2° grado (www.campionatistudenteschiit.serversicuro.it) - Sport e integrazione, per contrastare le forme di discriminazione razziale e intolleranza(www.fratellidisport.it) - Vincere da grandi, mira ad offrire, gratuitamente, a ragazzi tra i 5 e i 14 anni, che vivono in contesti territoriali e sociali difficili, un’esperienza sportiva (www.coni.it) In attesa delle Paraolimpiadi Rio 2016 dal 7 settembre, buono Sport a tutti!!


Social

di Cristina Ippoliti

ITALIANO 2.0.

La lingua italiana al tempo dei social

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Facebook, Instagram, Twitter. Ormai la nostra lingua è scandita 140 caratteri alla volta. Il nostro modo di esprimersi è sempre più social. Basta fare un salto nel passato, per scoprire che il Vocabolario degli Accademici della Crusca è stato il primo vocabolario della lingua italiana (uscito nel 1612, fu realizzato e pubblicato dall’Accademia della Crusca, istituzione culturale fondata a Firenze nel 1583). Il dibattito tra i puristi, ovvero gli amanti delle tradizioni, e i cosiddetti innovatori prosegue, appunto da allora. Fino a pochi anni fa, per avere voce in capitolo, si doveva essere qualcuno, un signor-esperto-della-lingua-a-cinque-stelle. Oggi per avere dei followers (ops…! Mi è scappato un anglicismo!) non è necessario essere dei luminari, ma basta avere a disposizione una connessione internet direttamente proporzionale alla nostra lingua lunga, o meglio al nostro corrispettivo in battute al minuto/velocità di digitazione. Il T9 ci facilita i giochi, e la “coscienza” diventa coscienza per magia, e la “beneficienza” si auto corregge in beneficenza. Certo, rimane il problema non da poco conto dei congiuntivi delle “h”, ma qualche cellulare più smart degli altri ci aiuta persino in questo. È vero che a scuola si legge e si scrive sempre meno, che la lettura non è più un passatempo molto amato, ma la realtà social costituisce un mondo a parte. Tutti siamo liberi, autorizzati a scrivere qualunque pensiero, padroni di noi stessi, dei nostri like, dei nostri hasthag. È nata la lingua italiana 2.0. Più petalosa, meno bacchettona, più ricca di inventiva. Uno slancio verso il futuro o verso la catastrofe? Vi sono mai capitati sotto gli occhi i libricini di Stefano Guerrera (giovane dalla brillante e fervida fantasia, che nel 2013 apre una pagina su Facebook e la chiama “Se i quadri potessero parlare”, sulla quale vengono pubblicate foto di capolavori artistici con didascalie scritte in romanesco da lui inventate) “Mai ‘na gioia – Il libro di storia dell’arte più pazzo del mondo” e “Ciaone”? Indimenticabile la versione british “Hellone” del post BRexit. Insomma, noi facciamo i social, ergo noi facciamo l’italiano del 2000. Lo scorso anno a questo fenomeno del tutto #sconosciuto è stato dedicato Classico 2015: il festival della lingua italiana all’epoca dei social network. È intervenuta anche Valeria Della Valle, docente di linguistica italiana alla Sapienza. Valeria Della Valle ha rilasciato numero interviste in difesa del nostro modo di essere autori di questa rivoluzione online. Internet e i social media sono scagionati dall’accusa di rovinare la lingua italiana. Anzi, gli italiani scrivono molto di più grazie a queste piattaforme che non mettono soggezione, e fanno venire voglia di provare.

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Le abbreviazioni, tipiche di Twitter, si usavano già nell’antica Roma, e nel Medioevo erano fondamentali per risparmiare preziosa pergamena. Secondo la docente, la scuola dovrebbe insistere di più sul concetto di registro linguistico; i ragazzi dovrebbero sapere cosa è lecito scrivere in quale ambiente, su quale piattaforma. Capire che non esiste l’italiano, ma diversi italiani e sapere quale usare per ogni occasione. Basterà dare un’occhiata ai numeri dell’Osservatorio neologismi (parole nuove, appena nate, appena create) del Cnr, per rassicurarsi e rendersi conto che internet non ha aperto le porte alle parole straniere; dal 1998, la loro percentuale tra i neologismi è sempre il 10% all’anno. Parole nuove, quindi non come rischio di deturpare la lingua, ma come segnale importante della sua vitalità. La stessa l’Accademia della Crusca sta riportando in auge la lingua italiana, dimostrando di sguazzare nel caos linguistico del social web meglio di un giovane nerd. Lo sbarco sui social network da parte dell’istituzione per antonomasia della lingua italiana si spiega a partire dal voler svecchiare metodi e tattiche di diffusione della nostra lingua in continua evoluzione, mescolandosi con l’universo per molti “profano e illetterato” del social web, ed tutto ciò è da lodare e non poco. Il lavoro di ripulitura della lingua, che da sempre porta avanti senza la presunzione della maestrina dalla matita rossa e blu, è imbevuto di uno spirito social che fa invidia a molti. Dovremmo, quindi, iniziare a pensare che le lingue sono organismi vivi, non sono controllabili, e che seguono un loro percorso; e non è “colpa” di nessuno se mutano.


Storie dai Municipi di Roma di Barbara Donzella

La Via Maestra Ogni mattina, alla stessa ora, entro nel bar di Via del Verano e mi siedo con un barattolo di succo e una cannuccia, in un angolo del locale. Per circa 10/15 minuti, prima che arrivi il tram 19 e riversi sulla strada un’orda di ragazzini, il posto è tranquillo. Particelle di polvere galleggiano silenziosamente. La luce che entra dalla vetrina proietta l’ombra della lattina sull’azzurro del tavolino circolare. Strappo l’estremità della carta che avvolge la cannuccia, stringo quest’ultima tra i denti e ci soffio dentro. La carta dovrebbe prendere il volo, ma è come se avesse i motori ingolfati e rimane immobile, anche stavolta. Sfilo l’incarto con le dita, immergo l’asticella di plastica nell’alluminio e aspiro il liquido. La ripetitività rende tutto rassicurante e al tempo stesso irreale. Sembra di essere dentro uno spazio multidimensionale di Escher, in cui si rischia di perdersi nel paradosso, non riconoscendo più l’inizio e la fine delle cose. Oggi, però, qualcosa mi ha distratto dal solito percorso. Un secondo prima di entrare nel bar, m’è parso di intravedere qualcuno di familiare. Ho attraversato e mi sono fermata a un paio di metri da quella persona.

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Una donna sulla settantina dalla testa color mogano, sostava accanto alla vetrata del locale con le slot machine, cercando qualcosa nella propria borsetta. Con la coda dell’occhio si è accorta di me e dopo aver sigillato la borsa, m’ha squadrato e ha detto: “Tu sei Beatrice.” “Esatto, sono io signora.” ho risposto, a quella che ho riconosciuto essere la mia maestra delle elementari. Di lei ricordavo solo pochi dettagli: i capelli gonfi, il piccolo crocifisso d’argento che portava sempre appeso al collo e l’adorazione per la mia compagna di banco, Alessia. “Sono sorpresa che si ricordi di me.” e ho abbozzato un sorriso. “Oh cara, certo che mi ricordo di te. Tu sedevi accanto alla piccola Alessia Campo. Quant’era bella. Sembrava una bambola di porcellana.” e ha assaporato quelle parole, come fossero una zolletta. “Ah, infatti, mi pareva strano” e ho riso, mentre un cane pisciava su una catena attaccata alla ruota di un motorino.

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“Beatrice, tu eri una brava bambina…non particolarmente bella o intelligente, intendiamoci, ma comunque una brava bambina.” “Grazie per l’attestato di stima. Fortuna che lo scopro ora, sennò credo sarei diventata un’alcolizzata.” Lei ha sorriso per cortesia e poi aprendo la borsetta, ha ricominciando a rovistarci dentro. “Ma no, non te la prendere Bea! Ti dico queste cose come fossi una figlia. Piuttosto raccontami, sei sposata? Hai figli?”, ha chiesto senza guardarmi in faccia. “No.” D’improvviso, come un giocattolo a cui è finita la carica, lei s’è bloccata. Poi, è partito il gruppo elettrogeno e ha ripreso a muoversi. “Dovresti! Hai una certa età. Il tempo passa veloce e poi ti ritrovi a 50 anni triste e sola. Io, grazie a Dio, sono sposata da 40 anni e ho avuto una vita piena: 3 figli e 4 nipotini.” “Ha una vita piena.” “Esatto, è quello che ho detto. Perché?”. Prima che potessi spiegarmi, una donna corpulenta dai capelli dorati ha chiesto strada. Spingeva un uomo in carrozzina. Mi sono scostata e li ho fatti passare. Erano lentissimi. Non capivo chi portasse chi, eppure a dispetto di tutto procedevano ostinatamente in avanti. Dopo averci superato, hanno attraversato la strada e si sono infilati nel mio bar. “Lei è stata fortunata ad aver trovato la persona giusta.” ho detto alla mia interlocutrice. “La persona giusta?” ha fatto eco lei: “Ahahah. Quante stupidaggini, figliola! Non esiste alcuna persona giusta, gli uomini sono tutti uguali. Uno vale l’altro.” “Veramente, io penso che…”, ma prima che potessi finire il concetto ha detto: “Sai qual è l’unica cosa che serve? La PERSEVERANZA.” e ha scandito quelle 5 sillabe, come pensasse avessi problemi di comprensione. Poi ha continuato: “Mia marito, per 10 anni, m’ha tradito con una della nostra parrocchia e vuoi sapere com’è finita?” “Se se la sente di dirmelo.” “Certo! Lei è morta. Come ti dicevo figliola…Perseveranza. Tu pensa a sistemarti.”

“Ci penserò, anche se non credo mi basti.” ho mormorato, fissando dei fili d’erba che s’erano fatti strada nel cemento. “Ah davvero! E cos’altro vorresti?” “Non so. Credo qualcuno che, come me, cerchi la connessione tra le cose…o almeno tenti di trovarla.” “Connessione?” ha domandato, interdetta. “Ha presente quei punti infinitesimamente piccoli che quando li unisci mostrano un disegno e tutto prende un senso? Ecco, quello.” Una folata di vento ci ha scompigliato i capelli, schiacciando al suolo l’erba. “Ahahah sei divertente Bea. Un po’ strana, ma divertente.” Poi, trionfante, ha estratto dalla borsa un piccolo portamonete di pelle marrone. “Guarda che non c’è Nulla da cercare. Nasci, cresci, ti sposi, metti al mondo dei figli e quando arriva il tuo momento il Padreterno ti chiama.” e ha indicato il camposanto, con la mano che reggeva il piccolo astuccio. “La vita è come te l’ho descritta io e prima l’accetterai e prima comincerai a vivere meglio.” e con un gesto secco, ha richiuso la cerniera della borsetta. “Ora devo andare, ma pregherò affinché Gesù risolva i tuoi problemi.” “Ma io non ho prob…” e lei: “Certo, certo figliola.” Poi toccandomi la spalla, m’ha guardato e ha detto: “Tante belle cose” e senza aspettare il mio saluto, s’è voltata, camminando verso l’ingresso del locale con le slot machine. La porta scorrevole si è aperta e lei è entrata, scomparendo un momento dopo dietro i vetri. Il vento, intanto, era calato e i fili d’erba s’erano risollevati. Mi sono riordinata i capelli e sono tornata sino al bar. Dalla vetrina ho guardato in direzione del mio solito posto nell’angolo. Ora era occupato da due persone, la donna

dai capelli d’oro e il suo accompagnatore in carrozzina di poco prima. Le ombre dei loro bicchieri ricordavano quella della mia lattina. Anche lui aveva una cannuccia incartata in mano, anzi due. Strappando l’estremità dell’involucro da entrambe, ne ha offerta una alla commensale, dicendole qualcosa. Lei non sembrava molto convinta, ma l’ha accettata. L’uomo, allora, ha inclinato la testa all’indietro e tenendo la cannuccia in verticale, in equilibrio tra i denti, ha aspettato. Qualche secondo dopo lei lo ha imitato. Immobili, per tre secondi, si sono guardati e, infine, all’unisono hanno soffiato con forza. I due piccoli razzi sono schizzati verso l’alto. Poi, quando stavano per ritornare alla base, la porta s’è aperta. Una folata di vento è entrata, facendo riprendere quota alle piccole capsule, che fluttuando hanno varcato la porta, scomparendo lontano, tra le risa dei due. E le mie.

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L’avvocato risponde a cura dell’avvocato Federica Lorenzetti lorenzettiavv@gmail.com

Manutenzione delle strade e sinistri stradali: responsabilità ed omicidio volontario Salve a tutti e ben ritrovati. Nell’articolo di questo mese voglio parlarvi del dovere di ogni Comune/Ente preposto di garantire una corretta manutenzione del manto stradale e di eventuali responsabilità per omessa attività, sino ad arrivare alla configurazione dell’omicidio stradale. Precisamente mi preme evidenziarvi come, molte e recenti sentenze, abbiano individuato una responsabilità oggettiva nelle ipotesi in cui l’utente subisca lesioni personali in presenza di una mancata manutenzione, come è l’esempio scolastico della caduta accidentale di un pedone su un cubetto instabile della pavimentazione stradale “non visibile, né segnalato”, del quale vi ho già parlato, sino ad arrivare alla verificazione di veri e propri sinistri stradali. Orbene, in tali ipotesi la Giurisprudenza ha stabilito l’esistenza di una presunzione di responsabilità di danni alle cose, applicando un importante articolo del codice civile, l’art. 2051 c.c. , e potendo così garantire il risarcimento per i danni subiti dagli utenti dei beni demaniali, quando la custodia del bene, intesa quale potere di fatto sulla cosa, sia esercitabile da parte dell’ente preposto nel caso concreto. Anche nell’ipotesi di sinistri stradali, la presunzione in tali circostanze, resta superata dalla prova del caso fortuito (inteso quale fenomeno non valutabile né ipotizzabile né prevedibile). Ovviamente il caso fortuito non è previsto nel comportamento del danneggiato che subisce le suddette lesioni personali, ad esempio, in presenza di un avvallamento sul manto lasciato aperto al pubblico, senza alcuna segnalazione delle condizioni di pericolo. Di qui la responsabilità dell’ Ente pubblico che, oltre a non provvedere alla corretta manutenzione della strada, non si cura di segnalare il pericolo, facendolo così diventare una sorta di insidia o di trabocchetto per l’ignaro malcapitato e al quale può essere richiesto, in via civile, il risarcimento del danno patito. Inoltre, con l’introduzione dell’omicidio stradale, è stato previsto come, in caso di morte dovuta a cause non soggettive (ubriachezza etc..) ma strutturali: a titolo esemplificativo la strada sconnessa, le buche, il guard rail assente o talmente vecchio da risultare inutile, il segnale sbagliato

o inesistente, le strisce pedonali sbiadite, la curva modellata come non si dovrebbe, la galleria buia, l’autovettura costruita male (senza freni, pericolosa ed inutilizzabile etc…) e tanti altri esempi di cattiva manutenzione, con la circolare di coordinamento con il Codice stradale, sia stata prevista la configurabilità di tale responsabilità in capo al soggetto tenuto alla custodia, manutenzione, corretta costruzione individuando, così concretamente, i soggetti responsabili un tempo difficili da sanzionare.

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Tendenze

Mestieri

di Giuseppina Montaruli - Visagista Freelance c/o Centro Estetico Somawell Parchi della Colombo 349/7861613 - giusymont@gmail.com

A cura della Città dei Mestieri

Abbronzate e truccate Ciao a tutte! Tornate dalle vacanze? Tanto abbronzate e rilassate!!?? Spesso mi chiedono come bisogna truccarsi e se bisogna farlo nonostante la bellissima abbronzatura. Oggi vi insegnerò come realizzare un trucco per tutti i giorni. Anche se si ha la pelle abbronzata importante idratarla bene perché la pelle risulta più secca. Stendere per bene il fondotinta estivo su tutto il viso che oltre a uniformare l’ abbronzatura vi proteggerà dai raggi ultravioletti. Passate un primer sull’ occhio. Scegliete un colore di ombretto luminoso dal beige al bronzato, dal panna al rosato, verde acido o celeste o un grigio perlato. Stenderlo dalla radice delle ciglia su tutta la palpebra mobile. Scegliere una matita di contrasto ad esempio se mettiamo il beige possiamo scegliere o una matita azzurra o canna da zucchero, o blu notte. Se scegliamo un colore bronzo una bella matita di colore terra bruciata; se invece un verde, di contrasto una matita verde smeraldo; se un celeste una matita Bluet; se grigio matita nera. Tracciate una linea sottile dall inizio occhio sino alla fine. Poi un’ altra linea nella parte inferiore delle ciglia sino ad unire con la linea superiore e sfumarla. Passare una matita sulle sopracciglia. Applicare il mascara dalla radice delle ciglia alle lunghezze. Scegliere un bel rossetto idratante ovviamente ricordandoci di sceglierne

uno appropriato. Ad esempio se decidiamo di truccarci con i marroni i colori che potranno stare bene sono quelli che vanno dal rosso chiaro al color carne. Così, se decidiamo di truccarci con l’azzurro. Con i verdi vanno bene anche i glicine, i rosati e gli aranciati. Con il trucco di color grigio metterei un bel rosso, con il trucco che dà sui colori del viola va bene un color carne. Mettiamo la terra sullo zigomo, sulla fronte e sul mento. Tante persone non vogliono truccarsi perché sudano. Io consiglio di rinfrescare con acqua ‘Evian spray vis’ che ci permette anche di fissare il trucco. Ci sono piccoli flaconi che si possono portare in borsa e quindi passarlo più volte. Io sono di esempio a tante persone perché spesso mi chiedono che colori ho sugli occhi. Mi rendo conto che a volte e difficile abbinare i colori giusti però i trucchi sono dei colori che vanno applicati sul nostro viso per abbellirlo e deve risultare un effetto piacevole da essere osservato. Basta un pò di pratica e poi tutto viene naturale. Mi auguro che questi consigli possano ritornarvi sempre utili e piacevoli da ricordare. Buon trucco a tutte!!!!

Tablet Roma incontra di Cristina Ippoliti

Intervista a Luisa Codeluppi, autrice del libro: “Del diabete, dell’amore e di altre briciole di vita”. Luisa Codeluppi, vive tra Reggio Emilia e Roma. È laureata con lode in Filosofia e insegna materie letterarie in una scuola media. Si ammala di Diabete di tipo 1 a 13 anni.

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Nasce Anpal e cambia tutto per la ricerca del lavoro L’Agenzia nazionale avviata il 6 luglio avrà il compito di attuare le linee di indirizzo e il monitoraggio degli utenti. Chi è disoccupato e riceve il sussidio lo dovrà impegnare per riqualificarsi. Centri dell’impiego o ex uffici di collocamento. Croce e delizia anzi, diciamoci la verità, più croce che delizia per quanti hanno cercato o cercano un lavoro. Con il Jobs Act, la riforma del diritto del lavoro pubblicata lo scorso anno, si è dato il via ad una vera e propria trasformazione dei Ci e in particolare, proprio per quanto riguarda la ricerca del lavoro. Con il Jobs Act, sono stati approntati gli otto decreti attuativi e, lo scorso 6 luglio, è stata avviata anche Anpal (agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro). All’agenzia è stato affidato il compito di attuare le linee di indirizzo fissate dal ministero del lavoro in materia di politiche attive. Come tutte le novità però sono ancora molti i lati oscuri sui quali lavorare ed il rodaggio in questo caso è quantomai essenziale. Nel calderone Anpal entrano di diritto Inps, Inail, agenzie per il lavoro. Isfol, Camere di commercio, Università ed Istituti scolastici. Tutti soggetti chiamati a collaborare, ognuno con le proprie competenze. L’Anpal farà da casa madre di tutti gli uffici di collocamento che non saranno più a carattere provinciale. Chi cerca un’occupazione infatti potrà anche concorrere per un posto che si trova in una città diversa da quella nella quale si risiede. Scopo principale di Anpal è quello di ridurre le attese per il collocamento e per quanti, perso il lavoro, ne devono trovare un altro. Dal 6 luglio, chi si iscrive ad un centro per l’impiego si iscriverà anche all’Anpal con un patto di servizio. E chi perde il lavoro, fino a quando non ne trova un altro, deve impegnarsi a seguire corsi di formazione e riqualificazione. Il tutto, monitorato da un tutor. A proposito di tempi, il disoccupato (differente da chi è inoccupato) deve essere ricevuto entro i due mesi dalla perdita del lavoro. Un tempo fissato anche per l’utente che deve rispondere alla chiamata entro 15 giorni. Chi non lo fa perde una parte dell’assegno di disoccupazione.

ASSEGNO DI DOSOCCUPAZIONE A questo punto è bene parlare delle novità in campo di sussidi. La Naspi o assicurazione sociale per l’impiego, è l’assegno che percepisce chi è in disoccupazione e quindi ha perso un lavoro. L’assegno può essere speso solo in servizi utili alla ricollocazione. Dimostrando così di mettersi in gioco per acquisire nuove esperienze (corsi di formazione etc...). L’assegno ha durata semestrale, con possibilità di proroga di altri sei nell’ipotesi in cui non sia stata spesa l’intera somma, e può essere utilizzato presso i Centri per l’Impiego o i soggetti accreditati.

L’UNIONE FA LA FORZA Tornando alla nuova normativa, la rete di servizi che ruota attorno all’Anpal, si serve di un fascicolo dell’utente, nel quale è annotata la sua storia e le info sui percorsi educativi e formativi, i periodi lavorativi, i sussidi ricevuti. Con il riordino della normativa in materia di servizi per il lavoro e di politiche attive cambiano anche i requisiti dello status di lavoratore disoccupato. Impegno, interesse, riqualificazione annullano la parola che fino ad oggi ha regnato sovrana in questo ambito: passività. Rimettersi in gioco diventa quindi lo scopo principale di chi ha perso un lavoro. All’Anpal è anche attribuito il coordinamento dei programmi formativi per chi non ha impiego e come per il disoccupato è previsto il percorso formativo o di riqualificazione professionale.

Città dei Mestieri e delle professioni di Roma e del Lazio Via del Sommergibile 11- Ostia Lido Tel. 06.5672763 – 06.671073150 municipio10@cittadeimestieri.lazio.it - ww.cittadeimestieri.lazio.it città dei mestieri e delle professioni Municipio X

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Luisa, parlaci un po’ di te, raccontaci chi sei, la persona che sei… La tua vocazione nei confronti della scrittura, quando è nata, se sei una lettrice appassionata, se ti ha aiutata ad esorcizzare i tuoi demoni… Scrivo da sempre. Scrivere per me è come parlare: inevitabile. Scrivo la tristezza, la gioia, la quotidianità. Scrivo di diabete, invece, per urgenza, per sopravvivenza. Il diabete di tipo 1 è una malattia complessa, contraddittoria, spesso cattiva. Se non avessi trasposto il mio vivere la malattia sulla carta, probabilmente in questi 31 anni di malattia sarei implosa. Se il tuo lavoro ha influito su questa tua capacità… Cosa può significare per i tuoi ragazzi la scrittura… Insegno lettere agli adolescenti e, anche se oggi l’orientamento della scuola oggi prevede un sapere molto diverso, fatto di test, di quiz e punta alla prestazione, io cerco di insegnare loro la necessità dell’”espressione”, l’importanza della precisione terminologica per riuscire a capire il proprio sentire e ad esprimerlo. E poi naturalmente il tuo rapporto con il diabete, quando l’hai scoperto, se riesci a viverci bene, qualche esperienza particolare… Mi sono ammalata di diabete di tipo 1 a 13 anni, dopo un’influenza. I primi anni sono stati relativamente semplici. Con iniezioni, prove glice-

miche, attività fisica e regime dietetico l’equilibrio glicemico raggiunto era abbastanza buono. Col passare degli anni la malattia si è più volte trasformata, le cose sono diventate complesse e l’equilibrio molto più instabile. Il diabete di tipo 1 ha un forte impatto con la socialità (che oggi ruota intorno alla tavola), ci impone di scendere a patto con i nostri limiti, di smussare la nostra quotidianità, di dare ascolto a un corpo con pretese molto severe. È un compagno scomodo e io ho iniziato a disinnescare il suo potenziale distruttivo attraverso la sua narrazione. Perché diabetici e non dovrebbero leggere il tuo libro… Nel mio primo libro “Lu, la mia vita col diabete 1” (ancora in vendita attraverso Amazon) ho raccontato il diabete illuminando da dentro i vari aspetti. Nel secondo “Del diabete, dell’amore e di altre briciole di vita” (in vendita su Amazon e in tutte le librerie) ho voluto inserire i pensieri riferiti alla malattia all’interno di un racconto (a tratti in forma poetica) che comprende tutti gli altri aspetti della vita (amore, solitudine, affetti…). Perché la malattia cronica è questo, uno degli aspetti della mia vita. E come gli altri aspetti, se ricreato attraverso le giuste parole, acquisisce una peculiare bellezza.

JOBS ACT

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+Eventi Roma

MUSICA

21 Settembre - Cia Ilhõa de Teatro in “La Prudencia” -Work in progress(di Claudio Gotbeter), con Claudio Gotbeter e Fabio Ronzano. Teatro Dafne, via Mar Rosso, 329, tel. 06/5667824 (ore 21.00) - 8 euro 22 Settembre - Compagnia dei Demoni in “L’invenzione senza futuro” -viaggio nel cinema in sessanta minuti- (ideato da: Federico Giani, Celeste Gugliandolo, Francesca Montanino, Mauro Parrinello),. Teatro Fara Nume, via Domenica Baffigo, 161, tel. 06/5612207 (ore 21.00) - 8 euro 23 Settembre - SERATA EVENTO - Simone Cristicchi legge “Mio nonno è morto in guerra” -voci, canzoni e memorie della seconda guerra mondiale-. Teatro Nino Manfredi, via dei Pallottini, 10, tel. 06/56324849, cell. 348.834477 (ore 21.00) - 10 euro 24 Settembre - Compagnia Comedias Negras in “Quedese con el cambio” (Conservare il cambio), (Testo e Regia di Claudio Gotbeter). Essenza Teatro, viale frà Andrea di Giovanni, 150, 06/5216576 (ore 20.00) - 8 euro 25 Settembre - Nogu Teatro in “Il rimpasto”, (Scritto da Daniele Trovato), Regia di Ilaria Manocchio. Affabulazione, piazza M.V.Agrippa, 7h, 06/45432479 (ore 21.00) - 8 euro 26 Settembre - Melania Fiore in “Tutto il mio amore” (Scritto, Diretto e Interpretato da Melania Fiore). Sala Massimo Troisi. viale Cardinal Ginnasi, 12 06/5665208 (ore 21.00) ingresso 8 euro

ARTE

TEATRO

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17 Settembre - Presentazione ufficiale del Festival e a seguire “Tutti insieme appassionatamente” Kermesse artistica degli amici di Ciro su suoi testi. Teatro del Lido, via delle Sirene 22 - tel. 06/5646962 (ore 21.00) ingresso gratuito

Giardini di Ninfa Il Giardino di Ninfa è aperto al pubblico soltanto in alcune date stabilite e l’ingresso è regolato esclusivamente attraverso visite guidate al fine di preservare il suo delicato equilibrio ambientale. Di seguito riportiamo i giorni di apertura al pubblico per l’autunno 2016 Settembre 3 e 4 Ottobre 1° e 2 Novembre 6

CUCINA

Taste of Roma “Vieni ad Assaggiare i Grandi Chef!” Dal 15/09/2016 al 18/09/2016 Giardini Pensili Auditorium Parco della Musica Mettete alla prova i vostri cinque sensi grazie ai migliori chef del territorio, che apriranno le porte della cucina di eccellenza, grazie alla formula che trasforma piatti “fi rmati” in cucina popolare, con prezzi di vendita tra i 5 e i 7 euro, ad eccezione delle “icone” che non superano comunque i 10 euro. Un appuntamento oramai fi sso per passeggiare, scoprire, incontrare e degustare in compagnia, che vuole accogliere tutti al suo grande banchetto per provare nuovi sapori, ma l’occasione per sperimentare, imparare, mettersi alla prova, al fianco dei grandi maestri della cucina italiana! Chef, lezioni live, buongustai, degustazioni accessibili a tutti: squadra che vince non si cambia.

Come prenotare la visita ai Giardini di Ninfa? Per agevolare l’ingresso e rendere più piacevole la passeggiata nel Giardino, la Fondazione consente di effettuare le prenotazione online. Sia i gruppi che i singoli visitatori (individui, coppie, amici, famiglie, gruppi inferiori ad i 25 partecipanti, ...) per visitare il Giardino di Ninfa dovranno prenotarsi online scegliendo il giorno, la fascia oraria e di pagare facilmente online con PayPal evitando così le scomode file e le attese. BIGLIETTERIA orari 2016 validi nei giorni di apertura al pubblico settembre 9,00 - 12,00 15,00 - 18,30 ottobre - novembre 9,00 - 12,00 14,00 - 16,00 BIGLIETTO D’INGRESSO validi nei giorni di apertura al pubblico 2016 Il biglietto d’ingresso si acquista e comprende la guida. Individuale: € 12,00 Minori al di sotto degli 11 anni Accompagnati da un genitore (non valido per gruppi) gratuito. Diversamente abili con certificato di invalidità 100% gratuito - accompagnatore € 5,00 - Hortus conclusus facoltativo € 2,00 INFORMAZIONI UTILI - L’ingresso è regolato esclusivamente da visite guidate, senza prenotazione, con partenza ogni dieci minuti. - la visita guidata dura un’ora circa e al suo termine non è possibile trattenersi nel Giardino, ma è possibile visitare l’hortus conclusus, un giardinetto all’italiana risalente al XVII secolo, dall’impianto regolare, caratterizzato da un agrumeto e vasche con cigni. - ricordiamo che all’interno del Giardino non è possibile pranzare al sacco o fare un pic-nic. Nei pressi del Giardino si trovano bar o agriturismi. - le visite guidate sono garantite anche in caso di pioggia. - il Giardino è agevolmente percorribile da carrozzine e sedia a rotelle prestando attenzione a radici sporgenti, sassi, rami bassi o altro intralcio. - i cani sono ammessi purchè non superino i 5kg di peso, al guinzaglio corto e portando con sè gli appositi sacchettini. La Direzione si è vista obbligata ad attuare questa limitazione a causa degli inappropriati comportamenti dei proprietari dei cani verificatisi in passato. INDIRIZZO Giardino di Ninfa, Doganella di Ninfa, Via Provinciale Ninfina 68, 04012

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Ci.Me - 1° Festival del Teatro Indipendente “Ciro Melillo” Occasione di confronto fra stili e linguaggi diversi fuori dai circuiti tradizionali e dalle caste di produzione.

Venerdì 9 settembre Ore 21:00 Sotto le stelle di Roma NAOMI BERRILL “FROM THE GROUND” Mercoledì 14 settembre Ore 20:00 In conversazione: arte, politica, religione e società “Culto e divieto delle immagini” Hera Büyüktaşçıyan e Silvia Pedone Venerdì 16 settembre Ore 21:00 Sotto le stelle di Roma JOAN THIELE “SUMMER TOUR” Giovedì 21 settembre Ore 20:00 In conversazione: arte, politica, religione e società “Rapporto fra gesto e immagine” Matteo Montani e Gabriele Simongini Venerdì 23 settembre Ore 21:00 | Sotto le stelle di Roma PILAR in concerto Federico Ferrandina: chitarre | Andrea Colella: contrabbasso Martedì 27 settembre Ore 20:00 In conversazione: arte, politica, religione e società “Forma e immagine nella contemporaneità” Pietro Ruffo e Paolo Fabbri Giovedì 29 settembre Ore 20:00 In conversazione: arte, politica, religione e società “La trasformazione dello spazio” Zimoun e Guido Comis Vnerdì 30 settembre Ore 21:00 | Sotto le stelle di Roma MARGHERITA VICARIO in concerto

VISITE GUIDATE

LOVE. L’arte contemporanea incontra l’amore Riuniti i più importanti artisti dell’arte contemporanea CHOSTRO DEL BRAMANTE - dal 29 settembre 2016 al 19 febbraio 2017 Una novità assoluta e imperdibile nel panorama delle proposte culturali capitoline degli ultimi anni che si candida a riportare la città di Roma in linea agli stessi livelli delle più stimate realtà espositive internazionali. Per la prima volta saranno riuniti tra i più importanti artisti dell’arte contemporanea, come Yayoi Kusama, Tom Wesselmann, Andy Warhol, Robert Indiana, Gilbert & George, Francesco Vezzoli, Tracey Emin, Marc Quinn, Francesco Clemente, con opere dai linguaggi fortemente esperienziali (All the Eternal Love I Have for the Pumpkins della Kusama tra le più instagrammate al mondo), adatte a coinvolgere il pubblico attraverso molteplici sollecitazioni. L’esposizione romana intende affrontare uno dei sentimenti universalmente riconosciuti e da sempre motivo d’indagini e rappresentazioni, l’Amore, raccontandone le diverse sfaccettature e le sue infinite declinazioni. Un amore felice, atteso, incompreso, odiato, ambiguo, trasgressivo, infantile, che si snoda lungo un percorso espositivo non convenzionale, caratterizzato da input visivi e percettivi. La mostra è prodotta e organizzata da Dart - Chiostro del Bramante e Arthemisia Group.

Proseguono fino al 30 settembre i Concerti presso la terrazza del Complesso del Vittoriano “Vittoriano, appuntamenti d’arte e musica”, ovvero concerti jazz e incontri con i protagonisti dell’arte contemporanea in una location rara quanto spettacolare: la terrazza del Vittoriano.

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T ablet consiglia di Cristina Ippoliti

“Cosa pensano le ragazze” di Concita De Gregorio. Fotografia dell’Italia che è Donna

“Cosa pensano le ragazze” è un libro tanto profondo quanto semplice, frutto di un lavoro di donne, con donne, per le donne. Un progetto nato dal Blog omonimo di Repubblica, portato avanti dal Concita De Gregorio e dal suo team, “Le Ragazze”, per raccontare, attraverso materiale, video, interviste, lettere aperte al mondo delle donne, l’Italia delle donne, l’Italia al femminile, la nostra terra di ieri e di oggi. Le testimonianze sono tra le più varie, adolescenti e nonne, italiane di nascita e di adozione, mamme, figlie, single e sposate.“Cosa pensano le ragazze” è un libro, un documentario, una raccolta. Una raccolta di sentimenti, di paure, di dubbi, di passioni. Un titolo, brevi racconti, poche pagine, 130 fogli di vita di donne. L’essere donne in questo paese che ancora troppe volte ci pone in secondo piano, essere donne nelle forme, nei vestiti, nella carriera, tra le mura domestiche, tra le lenzuola, essere donne con uno stipendio da uomo, ma sempre un po’ meno, essere donne all’italiana, essere amanti, essere viste come il tacco dodici che ci si rifiuta di portare, essere ancora tutto e non sapere cosa della propria vita. Essere donne nell’era dell’eterna adolescenza, nell’era della non-guida, dei non-punti di riferimento, nell’era del Dio Denaro, della maternità, per forza, perché è sempre stato così. Un libro di sopravvivenza per uomini? Non credo. Un libro su quello che c’è di più magico ed emozionante nella natura: essere donna. I rapporti con i coetanei nell’epoca del corteggiamento alla pari, o meglio alla rovescia “Ma secondo te se invece dico subito quello che penso? – Guarda, le ragazze che parlano troppo mettono ansia. Più stai zitta e meglio è. […] Ci sono quelli che si nascondono quelli che scappano e di solito ce n’è uno che sta fermo lì. Quello che non si spaventa vuol dire che è il più forte e te lo porti a casa. È un metodo, no? Se il tipo non si spaventa vuol dire che fa per te. – Sì, o magari è sordo.”. La differenza tra essere Donna ed essere femmina. “Le strategie, le manfrine. Le cose da femmina. Io non so

Trovare la propria ispirazione, il lavoro dei propri sogni, al di là del guadagno, dello stipendio, dello status sociale che comporta. Una donna indipendente, che guadagna tanto fa paura, una donna autonoma fa paura, una donna che combatte alla pari fa paura. Fa paura anche una donna che dimentica la propria natura in nome di questa stessa parità imposta. “Anna era una bambina autistica. Al principio non sapevo cosa fare, cosa dirle, dove mettere le mani. Poi piano piano mi sono messa a guardarla, ad ascoltarla. Non devi avere fretta, devi essere pronta all’insuccesso. Un passo avanti, due passi indietro. Però sono belle le cose semplici. Correre, fare le bolle di sapone. Siamo diventate molto amiche. Quando rideva mi sentivo così felice. La gioia pura. Abbiamo fatto milioni di bolle di sapone. Ho lasciato Lingue orientali, ho deciso che volevo capire Anna. Stava in un mondo persino più affascinante e solitario del mio. Mi sono messa a studiare per fare l’operatrice sanitaria. Qualsiasi cosa, avrei studiato, per restare con Anna.”. Il territorio dei sentimenti, soprattutto quelli più oscuri, quelli delle sabbie mobili dell’anima.“Non ho mai un pensiero triste. È un pensiero bello. Io non sono mai davvero proprio triste. A momenti, ma mi passa. Mi piace la vita, tutta, proprio così com’è”. “Vorrei sapere come ha fatto a sapere con certezza che quella era la cosa giusta. Come te ne accorgi, da sola. Questo.

Come si fa a non avere paura quando prendi una decisione così.”. “Ma puoi anche dormire coi piedi che si toccano, se sei davvero stanca. È meraviglioso anche così. Un abbraccio, senza sesso, quando sei stanca è perfetto.”. “Di base sarei malinconica. Sono malinconica. Poi rido un sacco ma che c’entra. […] Tendo a vedere nero. […] Mi prendo poco sul serio e penso, anzi, che nessuno mi prenda sul serio.”. “Non ho paura di niente che sia fuori di me. È di me che ho paura. Io sono la persona col potere di farmi più male e non ho paura di farmelo. Dunque ho paura di me. […] Invece sento il peso del mondo sulle spalle, e io che non riesco. Troppo insicura, fragile, esposta al vento. Devo espiare. Mi devo punire. Di non essere all’altezza.”. “Dipingo: coloro, alberi, mani. Fotografo persone che si muovono. Parlo, ascolto tutto. Sono naturalmente, di indole, piena di gioia. Poi certo piango anche molto. Ma amo quello che succede quando succede. Nulla si dimentica, tutto continua ad accadere. […] Non riesco a immaginare il futuro se non pieno di speranza. Credo nelle persone, nella fiducia e nella stima che gli uni hanno degli altri. nella fortuna degli incontri. Ho paura delle separazioni. Di mio ci metto un sorriso, e allargo gli occhi. […] ora penso che siano fatti per farci entrare tutte le cose del mondo. Tutta la luce.”. Dolori di coppia, ma delle donne un po’ di più. Perché è difficile far capire cosa si prova, come si possa odiare il proprio corpo, quando non ti regala la vita. “Per me i figli sono la ragione della vita. E non lo dico perché non ne ho avuti. Ne ho avuti ma non sono nati.”. “Eleonora, tu vuoi avere figli? – No. – Perché? – È un’idea che mi spaventa. Cosa ti spaventa dell’idea di avere un figlio? – Il padre.”. “Vorrei essere libera, i genitori devono vivere bene, felici, essere un esempio di coraggio. Il coraggio delle scelte anche dolorose, perché alla fine quello che conta non è la coerenza, è la libertà. […]Io penso che un tradimento si può sopportare solo se non si dice. Non ci può essere condivisione. Bisogna che chi tradisce si porti il peso del silenzio. Se la veda con se stesso. Oppure prenda una decisione. È così difficile prendere una decisione? Cosa c’è di tanto difficile, qual è la remora? Paura, di cosa? O vai, o resti.”. “Però l’amore, secondo me, è questo. Esserci sempre, esserci, e basta. L’amore è quando una persona diventa l’abitudine di un’altra e non si può più stare senza.”. Un libro consigliato a tutte le donne.

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fare la fragile per finta, che poi hai tutta un’altra intenzione. Non piango mai, non faccio mai silenzio per farmi chiedere a cosa pensi, non inclino la testa da un lato quando parlo e rido rovesciandola all’indietro. Proprio non sono capace. Parlo a voce alta, dico sempre la mia. […] Le profumiere rovinano la piazza. […] Ma chi glielo avrà insegnato? Ma dove hanno imparato?”. “Secondo me gli uomini in generale sono più buoni delle donne. Sono più semplici, meno furbi, più buoni. Le donne programmano tutto. […] Io non sono capace.”. La vera indipendenza. “Nonna Esa dice che non c’è obbligo. […] Non smettere mai di studiare, di lavorare. L’indipendenza prima di tutto. […] Quando vedo come si guardano sento quasi come un imbarazzo, un pudore e penso che bisogna abbassare gli occhi perché abbaglia, quando ha quella luce, l’amore.”. Le donne arrivate in Italia per fuggire dal loro destino e le loro figlie, le seconde generazioni. “Mia madre di vergogna di come parla l’italiano. Si vergogna di quello che gli altri pensano di lei, invece io mi vergogno per gli altri. […] Loro a me dicono che sono schiava. Penso alle loro vite e alla mia, lo vedo come vivono. […] Mi fa venire voglia di tornare a studiare perché poi voglio partire, voglio viaggiare, e dopo voglio tornare e allora sì, magari, da grande, quando avrò tutte le parole per farlo – me lo immagino sempre – andrò in piazza, sui gradini della chiesa, e spiegherò bene la storia della libertà, della tradizione, di Maria Vergine e del suo velo, della bellezza. Adesso no, non ancora. Non sono pronta. Fra un po’.”. “Mia madre si chiama Hala, che in arabo è il cerchio che circonda la

luna di notte. Lei è così, un cerchio di luce. Vorrei mio padre, che da bambina mi leggeva il Corano per addormentarmi. Non c’è più da tanto tempo. Vorrei il mio amico più caro, porto la sua lettera nel portafogli sempre, è una lettera che mi protegge. C’è scritto sto arrivando, vengo in Italia da te. Di lui mi è rimasta solo la sua lettera. È tutto distrutto, dove sono nata. Non c’è più niente, solo dolore. Però non bisogna pensare troppo al dolore. Cullarlo come un bambino a volte sì, ma anche poi lasciarlo dormire nella culla.”. “Ho avuto paura quando sono partita, dolore per mia madre che restava. Ora che ho lasciato il mio Paese, ho viaggiato per il mare, ho attraversato l’Europa: mi sento libera. Ho voglia di fare molte cose. Studiare, la cosa più importante. Poi avere una casa, una vita in pace, dei figli.”.

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Le uscite del mese di Cristina Ippoliti

Comunicazione-linguaggio-comprensione uomo==>cane di Rita di Francesco

AL CINEMA. “L’Estate Addosso” di Gabriele Muccino

“L’estate addosso/ un anno è già passato/ la spiaggia si è ristretta ancora un metro/ le mareggiate/ le code di balena/ il cielo senza luna/ […] prima che il vento si porti via tutto/ e che settembre ci porti una strana felicità/ pensando a cieli infuocati/ ai brevi amori infiniti/ respira questa libertà”. Per gli amanti di Jovanotti e di Gabriele Muccino, nelle sale uscirà, per metà Settembre, la nuova commedia “L’Estate Addosso”, con Brando Pacitto, Taylor Frey, Matilda Anna Ingrid Lutz, Joseph Haro, Timothy Martin, per 01 Distribution. Marco ha 18 anni, sta per diplomarsi al liceo ma di fronte alle fatali scelte della vita, è terribilmente angosciato dall’incertezza assoluta sul proprio futuro. L’estate “della maturità” subisce un improvviso colpo di scena quando, in seguito ad un incidente con lo scooter, Marco riceve dall’assicurazione un risarcimento che gli consentirà di partire per San Francisco. Con suo grande disappunto però, anche Maria, una compagna di scuola soprannominata da tutti “la Suora”, partirà alla volta della sua stessa meta, ospite della stessa coppia di amici contattati dal compagno di classe Vulcano. All’aeroporto di San Francisco ci sono ad attenderli due ragazzi, Matt e Paul. Quel che Vulcano non ha detto è che Matt e Paul convivono e sono una coppia gay. Irritazione e pregiudizio si manifestano immediatamente e Marco prende ancor di più le distanze da Maria “la Bigotta”. Nonostante le premesse, nei giorni seguenti i quattro amici inizieranno a conoscersi, gettando le basi per costruire un’amicizia imprevista e sorprendente e i giorni inizieranno a trascorrere veloci e nuovi per tutti loro. Questa diventerà presto la loro Estate. Per sempre.

IN LIBRERIA. “La natura esposta” di Erri de Luca Dopo tanto tempo, Erri de Luca torna al romanzo e ci racconta una storia di una “terra di transiti”, sotto le montagne vicine al confine. Lui aiuta gli stranieri a passare oltre, di contrabbando, chiedendo per la tratta lo stesso denaro che prendono altri - il fabbro, il fornaio - ma restituendolo alla meta, perché a lui “piace essere utile all’età che da queste parti va a finire al macero, al delirio alcolico, all’ospizio”. Ma la cosa attira l’attenzione, arriva ai giornali, lo chiamano “il santo dei monti, il contrabbandiere gentiluomo”. Al fabbro e al fornaio, amici d’infanzia a cui una volta ha salvato anche la vita, la cosa non piace e lui si vede costretto ad allontanarsi dal paese per un po’, a svernare in una città sul mare. Lui sa lavorare con le mani, plasma il marmo, e grazie alla fiducia di un parroco sudamericano trova un impiego per guadagnarsi da vivere lontano da casa: riparare un grande crocifisso marmoreo, opera di un artista del secolo scorso. La nudità del Cristo, la sua “natura esposta”, è stata coperta in passato da un panno che ora la chiesa vuole rimuovere per restituire alla statua il suo primo messaggio, ma lui scopre che sotto a quel panno c’è - ultimo spasimo di una vita che si spegne - un principio di erezione. E soltanto la prima delle scoperte che, nel corpo a corpo con la statua, si rivelano alle sue mani che scalpellano, che indagano, che cercano il significato di qualcosa che lo riguarda da molto vicino. MUSICA. “Da chi non te lo aspetti “ di Tricarico

Per chiedere un seduto ci ritroviamo a recitare un mantra: Seduto! (il cane in piedi che ci guarda…) Ssseduto, seeeduto, seduuuto, SE-DU-TO, sedu-TO SEDUTOOO… ripetuto così tante volte che nemmeno il rosario di vostra nonna era così lungo... Oppure al parco lo chiamiamo dicendogli: Fufi, VIENI! E intanto però gli corriamo incontro, e lui felice pensa: Toh! Si gioca a acchiapparella con mamma! E via di corsa per tutto il parco… e questo si tradurrà in: Vieni = si gioca a scappare!!!! Pochi esempi per arrivare al punto: La comunicazione per essere tale deve avere: Colui manda il messaggio (coerente) ==> Il messaggio dato in una formula comprensibile per chi lo riceve ==> Colui che riceve ==> Che a sua volta comprenda il messaggio e risponda in maniera conforme. Sembra facile eh! Non lo è… Ma possiamo farlo diventare. Impariamo ad osservare noi stessi e ad osservare il nostro cane. Cerchiamo di capire se veramente ha compreso ciò che vogliamo da lui, senza perdere immediatamente la pazienza, iniziando ad etichettarlo come canaglia dispettosa. Cerchiamo di capire se il nostro messaggio è consono per le sue attuali capacità di comprensione. Non pretendiamo che abbia radicato le informazioni se per la prima volta riesce a capire ciò che gli stiamo dicendo/proponendo, piuttosto ad intervalli riproponiamo il messaggio, la ripetizione aiuta il radicamento delle conoscenze acquisite. Soprattutto non andiamo, noi umani, in ansia da prestazione. Se chiedo un seduto al mio cane, e lui non lo fa, forse ancora non ha ben chiaro cosa io gli stia chiedendo. Non lo capirà meglio se recito 100 “seduto” in un secondo… E vi assicuro che la “ripetizione coatta” non funziona nemmeno se il cane sa cosa gli state chiedendo ma in quel momento vi sta sfidando o più semplicemente non gli va… Tutto questo per dire, in fin dei conti: se il mio cane non mi capisce…non sarà che mi sono spiegato male io?

E CAMMINA CAMMINA Associazione culturale di diffusione della cultura cinofila. Le nostre attività hanno come cardine il benessere del cane e la prima base su cui si fonda tale benessere è una corretta, equilibrata e appagante relazione cane-proprietario-famiglia. Per questo svolgiamo educazione, attività ludicosportive e di divulgazione. Da anni inoltre svolgiamo attività di volontariato, prestando le nostre professionalità, in canili e rifugi nell’area della provincia di Roma Nord. Il nostro campo a sede in Campagnano di Roma. Per informazioni: Rita 347 77 24 761 Fabio 338 90 08 208 ecamminacammina15@gmail.com FB: Educatori Cinofili (e cammina cammina) www.ecamminacammina.it

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Un doppio album per Tricarico. Uscita la prima parte, già il 24 Giugno scorso, in tutti i principali digital store “Da chi non te lo aspetti – prima parte”, il nuovo progetto del cantautore, che è stato anticipato lo scorso 6 Maggio dall’uscita del singolo “Brillerà”, il cui video è stato realizzato in collaborazione con il duo comico Ale&Franz. Il disco contiene otto brani: sei sono inediti e poi ci sono due grandi successi, “Io sono Francesco” e “Musica”. Troveremo, invece, a partire da Settembre, “Da chi non te lo aspetti – seconda parte”, che contiene 5 inediti e due successi. Verrà poi pubblicato e distribuito nei negozi anche il cd che assomma in sé entrambe le parti, per un totale di undici brani inediti e quattro successi dell’artista.

Sì, lo so, un titolo che potrebbe andar bene per un libro anzi, per un’enciclopedia… La comunicazione del cane è complessa e raffinata ma allo stesso tempo semplice e diretta. È tutto e anche il suo contrario. Perché questa affermazione così contraddittoria? Perché noi esseri umani, spesso, facciamo fatica a comprendere il nostro amico a quattro-zampe, non parliamo del farci comprendere da lui. Perché stiamo parlando di “comunicazione” tra due differenti specie che, filogeneticamente, provengono da differenti rami evolutivi, fatto questo che comporta una distanza enorme nelle modalità e nelle finalità dei messaggi. Però è anche vero che sia l’uomo che il cane appartengono a specie definite “sociali”, il che comporta per entrambi la necessità di poter usufruire di un linguaggio complesso e articolato e questo apre la strada ad un terreno comune, in cui HOMO e CANIS possono comunicare e comprendersi, ma che spesso conduce purtroppo a notevoli incomprensioni. Dal mio personale punto di vista, se c’è incomprensione tra i due, la responsabilità va ricercata dal lato umano, perché, non solo noi ci eleviamo a specie più progredita, ma soprattutto gli studi del comportamento e del linguaggio canino sono andati molto avanti, e se è vero che molto dobbiamo ancora capire, è anche vero che molto si è scoperto e compreso… La comunicazione UOMO ==> CANE, può passare per molti canali, che noi non immaginiamo nemmeno. Tanto per cominciare, loro percepiscono la profondità del nostro respiro, e sentono quando questo cambia e noi iniziamo ad entrare in uno stato di tensione. Hanno un’ottima lettura delle posture del nostro fisico, e l’uso scorretto di questa da parte nostra, spesso, li porta a commettere errori di comprensione. Perfino le diverse tonalità della nostra voce giocano un ruolo importantissimo, più del significato delle parole stesse. Infatti, voglio confidarvi un segreto: i cani non parlano italiano, o inglese o tedesco o francese… I cani parlano il canese! Lo so che già state ridendo pensando che abbia fatto una battuta, ma non è così… Per credermi provate ad osservarvi e scoprirete quante volte durante la giornata ingaggiate soliloqui con il vostro cane (magari tentando di spiegare che il cuscino del divano, che si è appena mangiato, era di broccato ereditato dalla zia Gertrude), che vi osserva con gli occhi sgranati e la testa un po’ di lato, sforzandosi di captare qualche parola che già conosce tra le mille-mila che state pronunciando, o analizza l’enfasi del vostro discorso per capire l’emozione che c’è dietro (della serie: mi devo preoccupare? È triste? Ce l’ha con me?). A parte questo, lui del vostro discorso non ha capito altro. E questo è niente.

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S cadenzario Fiscale

Anna Maria De Calisti commercialista - Marta Montini consulente del lavoro

Lo Studio De Calisti A.M. e Montini M. saluta tutti i Lettori che si inoltrano nello scadenzario fiscale di Settembre 2016.

15/9

Si rende noto ai lettori che la prima scadenza del mese dopo l’estate è il 15 settembre in cui è il termine per la presentazione della dichiarazione del Mod. 770/2016 semplificato o ordinario in via telematica da parte dei contribuenti che lo inviano direttamente o tramite un intermediario abilitato o un ufficio dell’Agenzia delle Entrate.

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Chi ha scelto di rateizzare le imposte relative all’UNICO 2016 redditi 2015 la prima scadenza del mese è il 16 settembre per i titolari di Partita IVA. Si fa presente che la rateizzazione di imposte comprende se dovuta anche l’acconto della cedolare secca, inoltre si rende noto che il 30 settembre è la scadenza per le persone fisiche. Si rammenta che avendo dipendenti o collaboratori occasionali, la scadenza del 16 settembre prevede: IRPEF, Ritenuta d’acconto, contributi INPS. Inoltre, entro il 16 settembre coloro che sono titolari di Partita Iva e si trovano sotto un regime IVA mensile dovranno effettuare il versamento.

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Chi non ha potuto pagare omettendo imposte e ritenute (non versate o versate in misura insufficiente entro il 21 agosto 2016), con l’opportuno calcolo può ravvedersi entro il mese di settembre nel giorno 22.

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Con la scadenza del 26 settembre coloro che ne sono soggetti, devono presentare gli elenchi riepilogativi Intrastat.

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PROLUX Tanta LUCE in più rispetto a una normale finestra in pvc

Per la scadenza del 30 settembre ci sono adempimenti per: Modello 730/2016 richiesta al datore di lavoro o all’Ente Previdenziale (INPS, INPDAP etc.) di non effettuare l’acconto Irpef per il 2016 o di effettuarlo in misura inferiore. Modello UNICO 2016 (trasmissione telematica) termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi, in via telematica da parte dei contribuenti che la inviano direttamente o tramite un intermediario abilitato o un ufficio dell’Agenzia delle Entrate. Modello IRAP 2016 termine per la presentazione della dichiarazione IRAP, in via telematica, da parte dei contribuenti che la inviano direttamente o tramite un intermediario abilitato o un ufficio dell’Agenzia delle Entrate. Si rammenta ai lettori che con la scadenza del 30 settembre il contribuente può ravvedersi per le imposte non ancora versate.

Lo Studio ringrazia per l’attenzione dei lettori e rimane a disposizione, per ogni ulteriore chiarimento. In qualità di CAF CGN lo Studio è abilitato a fornire ulteriori servizi tra cui: 730 per coloro che sono dipendenti, collaboratori, pensionati - ISEE, RED, Detrazioni ecc. - Gestione Badanti e Colf - Successioni Studio De Calisti Anna Maria - Via Leonardo Mellano 72 - 00125 Roma tel. 06/52352585 cell. 3333087137 e-mail: amdec@libero.it

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