Tablet Roma Febbraio 2017

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Editoriale di Lorenzo Sigillò

Terremoto e neve killer, di chi è la colpa? A distanza di alcuni giorni dalle nuove scosse di terremoto che hanno allarmato il Centro Italia, sono ancora terribilmente attuali le immagini delle località tragicamente innevate e sconvolte dal sisma. I volti della tragedia sono essenzialmente tre: di chi lotta tremendamente per la sopravvivenza, di chi ha perso tanto, soprattutto i propri cari, e di chi lavora senza sosta per aiutare. Poi purtroppo ci siamo noi, che vi raccontiamo le cose, le cronache e le polemiche. Tablet non cerca la notizia a tutti i costi, nè tantomeno viaggia sullo sciacallaggio del dramma: nella nostra informazione cerchiamo di consegnarvi tutto quello che è in nostro possesso per mettervi nelle condizioni di esplorare l’argomento evitando il populismo. I fatti sono noti. Tre forti scosse di terremoto nella zona di Montereale, tra L’Aquila e Rieti, hanno colpito il cuore dell’Italia nella mattinata di mercoledì 18 gennaio, l’ultima delle quali ha portato persino all’evacuazione di alcune scuole fino a Roma, con chiusura e controlli delle Metropolitane. Magnitudo tra 5.3 e 5.6 con una profondità di 9 chilometri. Intorno alle 10.25 la prima scossa, proprio lì, nella faglia che sembra essere ancora quella interessata a fine agosto e non solo. Ma la peggiore delle conseguenze del terremoto l’abbiamo scoperta alcune ore dopo, con la tragedia della slavina che ha travolto l’Hotel Rigopiano di Farindola (Pescara). Grazie alla caparbietà di soccorritori, Esercito, Vigili del Fuoco, Protezione Civile e cani soccorso, il dramma ha avuto anche una nota radiosa, con il ritrovamento di 11 superstiti dopo oltre 48 ore. Come se non bastasse la paura per i movimenti tellurici, la neve caduta copiosa in Abruzzo in questo gennaio, ha messo in ginocchio le popolazioni terremotate. La prima reazione che indigna è relativa proprio al meteo: se il terremoto non è prevedibile, le precipitazioni nevose erano ben attese da giorni, anche nella loro straordinarietà. Le richieste locali non sono state ascoltate. Non è stato previsto un piano eccezionale per questo, mentre aumentare il debito pubblico di miliardi di euro per salvare il Monte dei Paschi di Siena, questo sì. Come se non bastasse è venuta a galla una nuova beffa. Il question-time tra il Movimento Cinque Stelle ed il Ministro Anna Finocchiaro ha anche svelato che i 28 milioni di euro raccolti con sms, bonifici e donazioni sono ostaggio della burocrazia nelle casse della Tesoreria dello Stato. I soldi (si spera tutti o quasi…) arriveranno, c’è un preciso protocollo d’intesa tra le società di telefonia, lo Stato ed i destinatari dei fondi (es. Protezione Civile), che prevede inevitabili step burocratici, ma è disumano non aver provveduto né prima, né ora, a procedure straordinarie d’urgenza che ne permettano lo sblocco immediato. Questo è uno degli schiaffi dello Stato alle famiglie vittime del terremoto, assieme ad una lotteria per i prefabbricati abitativi, alla sopravvivenza in questo rigido inverno, spesso persino senza l’energia elettrica nei paesi fino alla porte di Roma. L’unico modo per essere ascoltati come cittadini diventano i social network, l’indignazione corre sulla rete, le vittime sono insoddisfatte, si sentono abbandonate e non tutelate. Ma forse non lo è nessuno veramente. E forse un po’ di senso di colpa se la devono sentire in tanti. I tuttologi, gli allarmisti, i polemici, i populisti, quando i veri modi di aiutare sono soltanto due, stare zitti o andare lì. L’ignoranza corre nei bar, negli uffici pubblici evacuati, sui post di facebook, sui gruppi di whatsapp, con le mamme che ritirano i bambini di Roma dalla scuole. Mi spiace cara mamma che leggi, ma se la scuola di tuo figlio è a rischio per delle scosse a 150 km da Roma, quella scuola è a rischio tutti i giorni. E non per il sisma. Stesso discorso vale per uffici, case e palazzi. Il terremoto sotto i 6 gradi non fa danni, le costruzioni fatte male sì. E questo non è populismo. Chiedere una certificazione non è populismo, non costruire in zone a rischio, elaborare piani di investimento per il futuro e non speculare sull’edilizia non è populismo. È una normalità quella che si chiede alle istituzioni, è una intelligenza basilare quella che si chiede ai cittadini. Roma non è a rischio, ma la storia ci insegna che alcune zone possono essere maggiormente colpite e che la città subisce facilmente ciò che avviene nel vicino Appennino. Non c’erano i mezzi scientifici di oggi e si stava appena sviluppando la vecchia scala Mercalli (che calcola il sisma in base ai danni) ma Castelporziano nel 1895, i colli Albani nel 1899 e Monte Mario nel 1909 hanno ‘ballato’, eccome! Dagli Appennini, per quattrocento anni fino al forte movimento tellurico più vicino alla zona di Roma nel 847, ci furono danni a diversi monumenti tra cui sono noti quelli a palazzo Valentini ed il parziale crollo del Colosseo. Persino Petrarca, nel 1349, lasciò la sua testimonianza di un evento sismico che arrivò fortissimamente a Roma. continua a pag 44.

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TABLET ROMA

ANNO 5 NO 47 FEBBRAIO 2017 SOMMARIO

TabletRoma è distribuito da Tablet Distribuzione in tutte le principali attività commerciali, sportive e di servizio e parziale porta a porta nei quartieri di Casalpalocco, Axa, Infernetto, Acilia, Dragona, Ostia, e presso i nostri partners. É inoltre distribuito nei quartieri del Torrino, Eur e Spinaceto TabletRoma Reg. Trib. di Roma n° 296/2012 del 19/10/2012 WWW.TABLETROMA.IT

7 È PRONTO IN TABLET Il nuovo inserto

editore Tablet Edizioni di Cristina Anichini Via Difilo 41 - 00124 Roma - P.I. 13042831001 C.F. NCHCST66E63H501F anichini@tabletroma.it direttore responsabile Stefano Quagliozzi - quagliozzi@tabletroma.it community manager Cristina Ippoliti - tabletromasocial@yahoo.com progetto grafico tablet ADV Maurizio De Vincentiis impaginazione e grafica Marco Flore stampa Poligraf s.r.l. Via Vaccareccia, 41/b - Pomezia - tel. 06 9106822 pubblicità 340.340.69.70 Rita Chiodoni - pubblicita@tabletroma.it - ritachiodoni@libero.it direzione e redazione redazione@tabletroma.it tablet eventi Massimo Gallus - eventi@tabletroma.it mob. 334.39.22.475

14 PRIMO PIANO Festival di Sanremo al via

20 TABLET RUN Correre in inverno

Hanno collaborato a questo numero Giorgia Conti, Annamaria De Calisti, Rita De Francesco, Barbara Donzella, Valentina Ecca, Massimo Gallus, Simona Gitto, Cristina Ippoliti, Alessandra Lino, Federica Lorenzetti, Valentina Mele, Giulia Migani, Giuseppina Montaruli, Giulia Monti, Daniele Romani, Davide Sagliocco, Lorenzo Sigillò, Emanuela Sirchia

30 SISTEMA BINARIO Facebook, il social della “verità”

40 DONNE 2.0 AstroSamantha

Buona

42 TABLET SOCIAL Come è cambiata la fotografia

Centro Commerciale “Le terrazze” casal palocco via Prassilla 41, int 33-1° piano

É consentita la riproduzione anche parziale di testi, grafica, immagini e spazi pubblicitari solo se autorizzata in forma scritta da Tablet Edizioni di Cristina Anichini. Parte delle immagini presenti su questa rivista sono fonte Internet e sono utilizzate solo a fini informativi. Poichè non è stato possibile risalire ai titolari dei diritti, secondo la legge vigente, la redazione si scusa per la mancata citazione rimanendo a disposizione di qualsivoglia richiesta e precisazione da parte dei titolari stessi.

Pasqua!

La collaborazione a questo mensile è da ritenersi libera e gratuita salvo diversi accordi.Del contenuto degli articoli, degli annunci economici e pubblicitari sono legalmente responsabili i singoli autori. Gli articoli pervenuti anche se non pubblicati non si restituiscono. La Direzione si riserva il diritto di non pubblicare il materiale pervenuto o di effettuare gli opportuni tagli redazionali. Si ringraziano i partners commerciali per il contributo alla pubblicazione e alla diffusione di questo periodico. Finito di stampare il 2 Febbraio 2017

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n o u B ! n i t n e l a V n a



Gabriele Bonci appassionato del suo mestiere unico nel suo genere, per questo Pronto IN TABLET ha deciso di iniziare questa nuova rubrica con lui che nel nostro territorio ha creato “impresa” ed ha elaborato una sua formula vincente per fare dei buonissimi prodotti da forno. Gabriele Bonci non usa il cellulare e non ama internet, perche tutto quello che lo distrae dalla sua professione lo mette da parte. Tablet ha il piacere di incontrare uno dei mostri sacri della panificazione Italiana, appena rientrato dagli USA. Imprenditore per eccellenza ha creato nei suoi locali spazio per accogliere appassionati di pane e pizza nello storico tempio del pane e della pizza in via della Meloria, 43 a Roma. Dal 2003 ha iniziato a percorrere un viaggio nel magico mondo della panificazione. Nel 2003 ha iniziato a fare televisione grazie ad Antonella Clerici alla Prova del Cuoco su RAIUNO,e Bonci risulta essere da subito un grande comunicatore e gli piace spiegare al pubblico come preparare il pane, la pizza e come mantenere i lieviti: farlo davanti alle telecamere lo diverte molto. Le sue origini lo tengono molto legato alla terra e per questo acquista le materie prime direttamente dal contadino, Non manca mai di mostrare la sua gratitudine ai suoi genitori e soprattutto alla moglie Elisa, che fin dall’inizio di questa bellissima avventura lo ha supportato ed incoraggiato. Quale formazione bisogna avere per diventare un panificatore? Sicuramente è importante avere una formazione teorica, conoscere le proprietà di una farina, capire come reagisce quando entra in contatto con l’acqua, sapere cosa succede quando si aggiunge il lievito. C’è poi la parte pratica che si apprende sul campo, non bisogna essere mai stanchi di rubare con gli occhi e soprattutto non bisogna mai smettere di studiare. Sappiamo che hai iniziato nella cucina di tua madre: quando lavori quali regole conservi ancora oggi? L’amore per quello che faccio ed il rispetto maniacale per le materie prime. Quali sono secondo te le differenze tra “panificatore” e “panettiere? Il panettiere si occupa della vendita del pane e dei prodotti da forno, il panificatore invece si occupa soprattutto della produzione. Ovviamente l’uno non esclude assolutamente l’altro. Com’è cambiato il pane negli anni? In passato il pane era un alimento primario, non c’era tavola imbandita che non avesse al centro una bella pagnotta familiare da 2 chilogrammi. Oggi il pane ha perso questo ruolo centrale sulle tavole degli italiani, il consumo medio si attesta intorno ai 60 grammi a testa e per questo la produzione è molto diminuita. Aggiungo che, se una volta si trovavano poche varietà di pane, il classico casereccio e magari un integrale, oggi la produzione si è molto diversificata ed in commercio troviamo molte tipologie di pane, dai più semplici: bianco, integrale, grano duro, a quelli speciali: alle noci, alle patate, alle olive, solo per citarne alcuni. Oltre al lievito e alla farina cosa serve per fare un buon pane? Materie prime di altissima qualità e tanta passione. Come scegli i tuoi prodotti? Utilizzo esclusivamente prodotti naturali e cerco di aiutare i contadini, che considero eroi del nostro tempo. Li conosco uno per uno, porto i miei ragazzi sui loro campi e mi accerto personalmente che i prodotti che scelgo siano realizzati nel rispetto dell’ambiente e senza pesticidi o altri veleni. Come organizzi le tue giornate di imprenditore? Ogni mattina alle 4 entro in laboratorio e mi occupo di impasti e produzione, poi vado in ufficio e mi dedico ad appuntamenti e riunioni, in ultimo cerco di essere presente in ogni punto vendita e verificare che tutto vada per il meglio.

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Si vocifera che stai per iniziare un percorso come insegnante per una catena Italiana di pizzerie vero o falso? Falso. Progetti televisivi per il 2017? Per il momento solo la Prova del Cuoco, più avanti vedremo.

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La semplicità paga sempre, grazie per l’intervista Gabriele.


Sui Generis si trasforma in esclusiva Cucina Giapponese. La cucina giapponese è l’espressione dell’arte culinaria sviluppata in Giappone. La cucina tradizionale viene chiamata in lingua giapponese nihon-ryōri o washoku per identificare la cucina precedente al periodo Meiji, in contrapposizione alla cucina yōshoku “cucina occidentale” diffusasi nel Paese nipponico in seguito all’abolizione del periodo di sakoku (Paese chiuso) conseguente alla Restaurazione Meiji. Durante quest’ultimo periodo, numerose pietanze di origine occidentale furono importate e adattate ai gusti locali. Lasciamo la parola ai nostri clienti... I nostri clienti ci definiscono: Il locale delle esperienze.... con le misteriose delizie orientali giapponesi di Micaela... Ma sicuramente alzarsi da tavola già con la voglia di scoprire le prossime...

“Squisitezze dal mondo del Giappone” Sono stata qui già due volte ed ho potuto godere dei sapori unici del mondo giapponese. Piccolo Ristorante che dedica diverse giornate alla cucina tipica giapponese. Pesce freschissimo ed ingredienti di alta qualità. Lo chef Micaela Giambanco è eccezionale. Sushi eccellente. Il gelato al sesamo nero assolutamente da provare Lo consiglio!

“Ottima cucina giapponese! Non solo sushi!” Già da diverso tempo volevo provare questo ristorante e soprattutto i piatti giapponesi tradizionali offerti solo qui. Io e il mio fidanzato siamo rimasti assolutamente colpiti in positivo! Mika, la chef, ha vissuto per anni in Giappone ed offre tutta la sua esperienza e professionalità in questo localino. Gentilissima ed ospitale!

“Unico” Un angolo di Giappone a Roma. Cibo, bevande e arredo sembrano prelevati direttamente dal Paese del sol levante, ed in effetti è proprio così. Piatti tipici della tradizione cucinati e creati con passione e molta cura per il cliente. Lasciatevi guidare nelle scelte dalla “chef” e vivrete un “viaggio” indimenticabile. Complimenti!

“Oishi” Abbiamo finalmente ritrovato il gusto prezioso ed autentico scoperto in Giappone. Un ristorante gestito con passione e professionalità, un menù per tutti i gusti, attento alla tradizione ma con spunti innovativi. Il ramen, delizioso ed abbondante, è da bis, così come il tonkatsu, le polpette di tonno e la crocca di patate e panko.

“Da ritornarci prestissimo” Siamo stati venerdì sera per provare la cucina giapponese. Eccezionale! Sushi freschissimo assolutamente da prendere e il Misa Ramen non è da meno. È rarissimo trovare un ristorante Giapponese che cucini pietanze calde preparate con cosi tanta cura. Abbiamo mangiato il Takoyaki con la pastella preparata al momento dalla chef Micaela, buonissime.


I gonfietti

Tel. 339 7268608 email: larosadeldessert@gmail.com Facebook e Instagram: La Rosa del Dessert

A carnevale ogni golosità è concessa!!! Adoro le frappe ma non ho mai capito il senso delle castagnole, così compatte e inclini ad assorbire tutto l’olio. E’ per questo che in questa festività preferisco a loro i gonfietti, così soffici e morbidi da sciogliersi in bocca. Quando li cucinava mia mamma, io rimanevo a debita distanza ma mi divertivo a vederli girarsi da soli in frittura! Per i più golosi è possibile riempirli di crema pasticcera o di crema alle nocciole utilizzando una sac à poche con un beccuccio sottile. Il piacere è assicurato!!!

200g farina 25 g zucchero semolato 50 g burro 4 uova 1 limone bio 50 g Zucchero a velo Olio per friggere Sale

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Procedimento: Dopo aver portato ad ebollizione i 250g di acqua, buttatevi dentro la farina e mescolate in fretta. Aggiungetevi lo zucchero, il burro, un pizzico di sale, la scorza grattugiata del limone e rimestate energicamente il composto sbattendolo contro le pareti del recipiente. Lasciate cuocere fintanto che la pasta si staccherà dalle pareti del recipiente e apparirà compatta e liscia, il che dovrebbe avvenire in 5 minuti. Toglietela allora dal fuoco, lasciatela raffreddare e unitevi, uno alla volta, le uova. Mettete al fuoco un tegame non eccessivamente grande e a pareti alte con abbondante olio (deve riempire per tre quarti il tegame). Non appena l’olio sarà caldo (non bollente, altrimenti i dolcetti non avranno il tempo di gonfiarsi e di aumentare di volume), immergete poco per volta il composto, facendolo scendere da un cucchiaino o da una tasca di tela a bocchetta liscia, formando delle palline regolari che farete dorare rigirandole con la forchetta (tendono a girarsi anche da soli). Man mano che i gonfietti si aprono e diventano rosati, scolateli dall’olio, adagiateli su una carta assorbente, lasciateli raffreddare leggermente e spolverateli con lo zucchero a velo.


Piacevoli contrasti. Una preparazione ricercata, in cui la dolcezza della barbabietola e delle mele è in armonia con la delicata sapidità dell’orata. Cosa ci serve per quattro persone 800 g di filetti di orata gia puliti e sfilettati - quattro filetti 300 g di barbabietola rossa cruda quattro mele renette 100 ml di calvados 150 ml di olio extravergine d’ oliva un rametto di rosmarino fresco la parte verde del gambo di due cipollotti 5 g di sale 2 g di pepe Mettiamoci al lavoro Per la ricetta dell’orata al cartoccio con barbabietole e mele al Calvados, tagliate le mele con la buccia a spicchi e la barbabie-tola a fettine molto sottili, già precedentemente sbollentata in acqua e sale. Bagnate la carta da forno per renderla malleabile, strizzatela bene, stendetela su una teglia,ungetela con un po’ di olio, aggiungete un pizzico di sale e una macinata di pepe. Ungete i filetti di orata, salateli e pepateli. Adagiate le fettine di barbabietola sulla teglia, ponetevi sopra i filetti di ombrina, aggiungete la mela tagliata a spicchi grossi e cospargete tutto con una tazzina di Calvados. Chiudete il cartoccio e infornatelo a 220°C per quindici minuti.

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Una volta che i filetti risulteranno cotti, toglieteli delicatamente con l’aiuto di una spatola dalla teglia, facendo attenzione a non rompere la carta forno alla base, quindi portate ogni filetto sui piatti da portata e completate la guarnizione con un rametto di rosmarino, le mele, il gambo del cipollotto tagliato a rondelle e servite in tavola aggiungendo un filo di olio extravergine di oliva.

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Le uscite del mese di Cristina Ippoliti

AL CINEMA. LIFE, ANIMATED. La storia di Owen, ragazzo autistico, alle prese con la vita. Le sue sfide, e quelle della sua famiglia. Un viaggio verso l’indipendenza, con il conseguente ingresso nella società. A tre anni in Owen qualcosa si spegne. Smette di parlare. Non riesce più a comunicare con l’esterno. Con il mondo. Qualcosa non va. Questo qualcosa prende il nome di autismo. Etichetta, dolore, difficoltà, normalità di una famiglia qualunque. Una famiglia come la nostra. I film Disney divengono improvvisamente la chiave di volta. Diventano un linguaggio per esprimere l’amore, la perdita, la parentela e la fratellanza, riconnettendosi con l’amore della famiglia e il resto del mondo. Forse tutto ora acquista quasi un senso.

MUSICA. Il codice della bellezza di Samuel Il codice della bellezza, il primo album da solista di Samuel, uscirà Venerdì 24 Febbraio, dopo la partecipazione del cantante al prossimo Festival di Sanremo con il brano Vedrai. Il disco, prodotto in America da Michele Canova, racchiuderà 12 canzoni scritte tra Torino, Roma e Palermo, tra cui proprio il pezzo sanremese e i singoli La risposta e Rabbia. Il nuovo lavoro conterrà anche alcuni brani firmati da Samuel insieme a Jovanotti, con cui duetta in Voleva un’anima. Samuel scrive su Facebook che “racconta quel momento in cui ci si rende conto di essere arrivati alla fine di un amore, al termine di un viaggio bellissimo, il momento in cui bisogna avere la forza di guardarsi andare”.

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IN LIBRERIA. I MIEI BAMBINI HANNO I SUPERPOTERI di Carlotta Jesi Una trama che colpisce. Che parla dell’Italia di oggi. Delle diagnosi. Della gara verso un arrivo all’omologazione. L’abitudine al non rispetto dei tempi dei bambini. Un certificato di diversità, o quantomeno di difficoltà. In una classe di uguali per forza. Di scadenze. Di test. Di schede. Di valutazioni. « ‘Scrivi meglio’ è il messaggio che la maestra continua a ripetere su ogni compito. Ma mio figlio non lo fa apposta. D’altronde anche noi genitori, prima di capire cos’era realmente, abbiamo scambiato la dislessia per un crampo alla gamba, un mal di testa, il trasloco, la stilografica con il pennino rotto, quel bullo di quinta e la preadolescenza.» Carlotta è la mamma di due bambini dislessici e ogni giorno combatte con caparbietà, inventiva e tanta ironia contro la tiritera che rischia di risuonare nella testa dei suoi figli: «Non sei capace, non ce la farai mai». E non può dimenticare la frase che uno dei due ha sussurrato ai compagni di classe che lo prendevano in giro perché rallentava la ricerca: «Credete che se riuscissi a scrivere meglio e più veloce non lo farei?» Terapie per la dislessia ce ne sono tante, ricette pratiche per conviverci, invece, zero. In questo libro c’è quella di Carlotta e della sua famiglia. Quello che racconta è un viaggio pieno di saliscendi tra difficoltà, tenerezze e divertimento, in cui si scoprono anche dei «superpoteri» come la creatività, un modo tutto originale e geniale di risolvere i problemi, una sensibilità particolare nel capire gli altri.

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P rimopiano di Giulia Monti

Festival di Sanremo, Meno quattro giorni al via su rai uno Sanremo, la città dei fiori e dell’immancabile Festival della Canzone Italiana. Quest’anno, per la sessantasettesima edizione, la gara canora per eccellenza si presenta con un trio al timone che accorpa in sé diverse reti televisive in una sorta di melting pot che assicurerà percentuali di share di rilievo. Conduttore ufficiale delle cinque serate in musica (da martedì 7 a sabato 11 febbraio), Carlo Conti affiancato per la prima volta da Maria De Filippi e da Maurizio Crozza che sarà presente per ogni appuntamento con una sua “finestra”.

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LE MODALITÀ DELLA SFIDA Ventidue i cantanti big in gara e otto le nuove proposte. Nel corso della prima serata saliranno sul palco undici big che si sfideranno al televoto e davanti alla giuria della Sala Stampa: ciascun tipo di votazione peserà per il 50%. I primi otto classificati si qualificheranno per l’appuntamento di venerdì mentre gli altri entreranno nel torneo eliminatorio. Mercoledì sera si esibiranno gli altri undici campioni che seguiranno la stessa “sorte” dei loro colleghi mentre per la prima volta calcheranno il palco dell’Ariston le prime quattro

proposte divise in due coppie a sfida diretta: i due vincitori arriveranno alla serata finale, quella di venerdì. Giovedì sarà la serata del torneo eliminatorio e del ripescaggio: due dei sei campioni saranno eliminati mentre gli altri quattro andranno all’appuntamento di venerdì insieme ai sedici già qualificati. Sul versante nuove proposte invece toccherà alle altre quattro proposte sfidarsi come i loro colleghi che si sono esibiti la sera prima. E così si arriva a venerdì; i venti big in gara si esibiranno e quattro saranno eliminati seguendo un metodo di voto misto: il telefoto peserà per il 40%, la giuria degli esperti per il 30% e la giuria demoscopia per il restante 30%. Inoltre questa sarà la serate che decreterà il, vincitore per la sezione nuove proposte 2017.Nel gran finale di sabato per i sei campioni in gara si ripartirà da zero: le precedenti votazioni saranno annullate e i loro brani verranno giudicati dal telefoto (40%), dalla giuria di esperti (30%) e dalla giuria demoscopia (30%).I tre big più votati accederanno alla finale e dopo la loro nuova esibizione uno di loro sarà incoronato come vincitore e avrà il diritto di partecipare all’Eurovision Song Contest 2017.


VENTIDUE BIG E LE OTTO NUOVE PROPOSTE Svelati i meccanismi di scelta, ecco i nomi dei cantanti che si sfideranno fino all’ultima nota. I big sono: Al Bano con Di Rose e di Spine, Elodie con Tutta colpa mia, Paola Turci con Fatti bella per te, Samuel con Vedrai, Fiorella Mannoia con Che sia benedetta, Nesli e Alice Paba con Dò retta a te, Michele Bravi con Il diario degli errori, Fabrizio Moro con Portami via, Giusy Ferreri con Fatalmente male, Gigi D’Alessio con La prima stella, Raige e Giulia Luzi con Togliamoci la voglia, Ron con L’ottava meraviglia, Ermal Meta con Vietato morire, Michele Zarrillo con Mani nelle mani, Lodovica Comello con Il cielo non mi basta, Sergio Sylvestre con Con te, Clementino con Ragazzi fuori, Alessio Bernabei con Nel mezzo di un applauso, Chiara con Nessun posto è casa mia, Francesco Gabbani con Occidentali’s Karma, Bianca Atzei con Ora esisti solo tu e Marco Masini con Spostato di un secondo.

PER LA PRIMA VOLTA, CINQUE CANTANTI NON ISCRITTI ALLA SIAE

Quest’anno per la prima volta sul palco dell’Ariston saliranno cinque artisti che non sono più iscritti alla Siae ma hanno affidato la gestione dei loro diritti d’autore a Soundreef, società autorizzata lo scorso marzo dalle autorità inglesi a operare sul Le otto proposte, invece, sono: Francesco Guasti con Univer- mercato europeo dei diritti d’autore in ambito musicale. so, Lele con Ora mai, Leonardo Lamacchia con Ciò che resta, Maldestro con Canzone per Federica, Marianne Mirage con Le Fra i big ci sarà Gigi D’Alessio che aveva aperto la strada nei canzoni fanno male, Tommaso Pini con Cose che danno ansia, mesi scorsi, il cantautore Nesli, il maestro Adriano Pennino che Valeria Farinacci con Insieme e Braschi con Nel mare ci sono dirigerà l’orchestra per l’esibizione dello stesso D’Alessio oltre a i coccodrilli. Tommaso Pini in gara tra i Giovani. E sulla sponda di Soundreef è approdato anche uno dei compositori più importanti degli I SUPER OSPITI ultimi decenni che quest’anno ha scritto il brano di Al Bano Fin qui, tutto italiano come il Festival vuole. Ma sul palco per Sanremo: il maestro Maurizio Fabrizio. Ha scritto canzoni dell’Ariston anche quest’anno saliranno i super ospiti. per artisti come Mia Martini, Patty Pravo, Mina, Ornella Vanoni, Dalla band britannica Clean Bandit che con il suo Rockabye si è Mietta, Al Bano, Riccardo Fogli, Eros Ramazzotti, Antonello Venguadagnata il doppio disco di platino in Italia, a Robin Williams, ditti, Renato Zero, Angelo Branduardi, e Miguel Bosé. Fabrizio dall’alternative rock scozzese Biffy Cliro a Mika e Ricky Martin, è il quinto autore più presente al Festival di Sanremo con 33 passando per Raoul Bova e Rocio Munoz Morales, Tiziano Ferro canzoni, tra cui due primi posti (“Storie di tutti i giorni” per Rice Carmen Consoli, Paola Cortellesi e Antonio Albanese, Giorgia cardo Fogli nel 1982 e “Sarà quel che sarà” per Tiziana Rivale e il super ospite Zucchero. nel 1983) e tre terzi posti (Strano il mio destino per Giorgia nel 1996, Sempre per Lisa nel 1998 e Schiavo d’amore per Piero SAVINO AL TIMONE DEL DOPOFESTIVAL Mazzocchetti nel 2007) e ha scritto pezzi come “I migliori anni Immancabile quanto il Festival anche il Dopofestival. Al timone della nostra vita” di Renato Zero e “Almeno tu nell’universo” di stavolta ci sarà in diretta da Villa Ormond di Sanremo Nicola Mia Martini. È autore anche di musical e colonne sonore. Savino, Ubaldo Pantani e la Gialappas Band.

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I FIORI Ad incorniciare tutta la manifestazione canora, i fiori che diventeranno parte integrante della scenografia. E quest’anno ad occuparsene è stata l’Associazione Fioristi Italiani, fra cui spicca il nome di Patrizio Bellanti, che da anni si occupa, nella sua sede di Petali & Petali all’Infernetto, di creare decorazioni che coniugano tradizione e originalità usando, oltre ai classici fiori, anche frutta e verdura. I ringraziamenti vanno al Mercato dei Fiori di Sanremo, ai Fioristi Italiani, a Piante & Fiori d’Italia e alla Scuola Pianeta Fiore, con cui Patrizio Bellanti ha collaborato a questa magnifica esperienza

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Ormai da qualche anno all’Infernetto, esiste una realtà che opera nel quartiere e fa della promozione culturale e sociale per adulti e bambini uno dei suoi cavalli di battaglia. Si tratta della libreria Samarcanda, situata nel grazioso centro commerciale Colombia dove, oltre alla vendita di libri di vario genere, vengono proposti giornalmente corsi ed eventi tutti finalizzati alla diffusione di cultura e di spazi di aggregazione. Per i più piccoli, oltre ai corsi di lingua e disegno, si sperimentano laboratori alternativi come quello di architettura, dove i bambini giocano e si divertono con le forme esprimendo una propria creatività e comprendendo la logica sottesa alla costruzione di case, strade, palazzi e spazi pubblici, nelle varie culture e nelle varie parti del mondo. Un altro spazio importante per i bambini è quello relativo all’alfabetizzazione emotiva; in un’epoca in cui il fuggire da sé e la “disconnessione” dai propri sentimenti porta a diversi disturbi anche e soprattutto tra i bambini, il laboratorio ha lo scopo di portare ogni bimbo, attraverso il gioco e il divertimento, a comprendere cosa sono le emozioni e i sentimenti, ad imparare ad ascoltarsi ed essere in empatia con il proprio lato emotivo. Non mancano spazi divertenti e ludici, come le letture animate per i più piccini, quando sul colorato e “magico” tappeto della libreria, vengono narrate storie bellissime di cavalieri e principesse, di animali strani e bizzarri, di bambini e bambine intrepide e coraggiose e di avventure straordinarie tra pirati, indiani, fate e streghe che fanno viaggiare nel bel mondo della fantasia! La libreria Samarcanda non è solo spazio per bambini, anche gli adulti possono trovare un luogo accogliente di socializzazione e cultura. Oltre ad essere presente un gruppo di lettori che periodicamente si riunisce per condividere insieme le proprie esperienze di lettura, spesso vengono organizzati presentazioni di libri, incontri con gli autori, ma anche piccoli concerti e reading letterari. Di seguito i prossimi eventi: Sabato 11 febbraio ore 11.00 presentazione del libro “Un tifone in arrivo” di Cristiana Pezzetta, Buk Buk editore. L’autrice ci accompagnerà alla scoperta di questa avvincente storia che parla di incontri tra culture diverse e di amicizia! Sabato 4 marzo ore 18.00 la libreria ospiterà Paolo Pilati da tutti conosciuto con il soprannome Tarzanetto, caro amico di Pier Paolo Pasolini e tra i protagonisti del romanzo “Ragazzi di vita”. Tarzanetto, tra aneddoti e ricordi, ci trasporterà in una Roma di altri tempi con un misto di ilarità e tristezza, sorrisi e occasioni di riflessione sul nostro recente passato. Il tutto accompagnato da musica dal vivo e letture ad alta voce.

SAMARCANDA, LIBRERIA DI QUARTIERE

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POTRAI TROVARCI PRESSO

Centro Commerciale Colombia Via G. Bassani, 11 00124 Infernetto (Roma) Tel. 0650931318 libreria-samarcanda.com


di Daniele Romani facebook.com/ostialove1 e-mail: ostialove@gmail.com www.ostialove.it

I primi tracciati viari Uno degli aspetti che influenzò lo sviluppo urbanistico, architettonico e commerciale di Ostia è stato il collegamento viario di Roma verso il mare. La via Ostiense, che in alcuni tratti era stretta, paludosa e impraticabile dopo le piogge, venne sistemata nel 1907 e prolungata da Ostia Antica verso il mare. Si giungeva al litorale sostando su una piazza circolare (oggi Piazza dei Ravennati) che permetteva la manovra e il ritorno indietro delle automobili e della corriera Fiat, un servizio pubblico fornito dalla

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società Chiari-Sommariva. Il percorso della corriera, effettuato due volte al giorno e per una durata di oltre un’ora, collegava Piazza Montanara (in prossimità del Teatro Marcello) con il litorale. Ma per la costruzione di una “Nuova Ostia”, sancita con la legge dell’11 luglio 1907, in cui: “… il demanio concede al Comune di Roma l’uso perpetuo della zona demaniale litoranea fra la sponda sinistra del Tevere e Castel Fusano …”, l’ingegnere Paolo Orlando, Assessore ai Lavori Pubblici e delegato del Sindaco Colonna, il 14 giugno 1914, fece assegnare i fondi per la costruzione del primo chilometro di Lungomare. La costruzione iniziò alla fine del mese di luglio del 1915 per mano della Cooperativa dei Romagnoli. Rispetto a piazza dei Ravennati, che era uno slargo senza edifici, il Lungomare, chiamato in origine Viale della Marina di Roma, si sviluppava 700 metri a levante, fino all’attuale Piazzale Magellano e 300 metri a ponente, fino all’attuale Via Giuliano da Sangallo. Per la costruzione della strada, a unica carreggiata e a doppio senso di marcia, vennero utilizzati i detriti di sterro provenienti dagli scavi di Ostia Antica. Nel 1931, il Viale della Marina di Roma, dopo la sistemazione e il raddoppio della carreggiata con la realizzazione di un aiuola centrale, mutò il proprio nome in Lungomare Cristoforo Colombo e nel dopoguerra prese l’attuale denominazione di Lungomare Paolo Toscanelli. Quando la via Ostiense non riuscì a contenere il traffico dei tanti romani diretti verso il litorale, iniziarono, nel 1927, i lavori della Via del Mare. Lunga oltre 23 chilometri e adibita al solo transito delle automobili, l’intero percorso, largo 14 metri, non prevedeva l’inserimento di strade. Il tracciato era fiancheggiato da oleandri ogni 5 metri e illuminato, su entrambi i lati, da circa 3500 lampioni. La Via del Mare venne inaugurata un anno dopo l’inizio dei lavori, nell’ottobre del 1928. L’espansione edilizia e balneare di Ostia verso levante portò al necessario prolungamento del lungomare fino al Canale dei Pescatori. Nel 1931, solo dopo 4 mesi di lavori, venne inaugurato il Lungomare Caio Duilio, con una sede stradale larga 30 metri caratterizzata da un parapetto di colonnette alternate di travertino. Per l’occasione la RACI (Reale Automobile Club d’Italia) organizzò un Radio-Autoraduno a cui presero parte 1400 concorrenti venuti da tutta Italia.



TLaablet Run rubrica per i runners di Lorenzo Sigillò

Non rinunciate alle corse invernali: l’abbigliamento vincente Poche semplici indicazioni per il runner invernale, ma molto importanti. A seconda della propria sensibilità alla temperatura, si può ridisegnare il proprio outfit, per non rinunciare ad allenamenti e corse, anche in questi mesi più rigidi. Cominciamo con gli errori da non commettere. Inutile coprirsi in maniera esagerata ed evitate i capi in cotone che assorbono umidità e si raffreddano addosso o quelli poco aderenti, che non fanno altro che far entrare aria tra la pelle ed il tessuto. Quando fa freddo, correre con indosso una maglia di cotone bagnata è una delle più spiacevoli sensazioni che si possano sentire sul corpo! Sì, invece, ad un abbigliamento bene a contatto con la pelle, ma sempre traspirante, come si deve presentare il primo degli strati del corridore, manica corta o lunga a seconda di quanto si è freddolosi. Sopra l’intimo traspirante, si può indossare la maglia tecnica, anch’essa di lunghezza preferita. In questo caso il comfort termico sarà garantito. In una giornata di sole e priva di vento, la parte superiore del nostro corpo potrebbe già essere soddisfatta, ma in casi avversi, la nostra protezione può essere ottimizzata. Un classico k-way, smanicato o meno, può completare il tutto contro vento e pioggia. Per quanto riguarda invece la parte inferiore del corpo, la percezione del freddo può essere molto soggettiva. Da quando si ricordi che l’uomo pratichi lo sport della corsa, il pantaloncino corto è una semplice costanza che non è mutata negli anni: le gambe si scaldano subito e non c’è bisogno di pantaloni lunghi che rallentino o diano fastidio al passo. Tuttavia nell’ultimo decennio, i progressi dei materiali tecnici e le varie mode, hanno proposto un abbigliamento aderente che arrivi fino al ginocchio e anche oltre. Che dire, se vi trovate a vostro agio ed al caldo, ben vengano. Non sottovalutate il vecchio consiglio della nonna: mani e piedi sempre caldi! Guanti e calzini non sono un optional, anzi. Esistono molti guanti da corsa di diversi costi, in ottimo materiale sintetico, fino ad arrivare agli scaldamani, tutto da preferire ai classici guanti di lana. Naturalmente però, quest’ultimi sono sicuramente e più facilmente in giro per casa, quindi passerà un po’

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d’aria, ma meglio di niente! Le calze tecniche invernali sono anch’esse decisamente preferibili alle tradizionali, ma è importante che siano ben aderenti al piede per evitare le vesciche, in caso di maggiore umidità. Ed occhio alle calzature: da modificare la vostra bella scarpa leggerissima che usate in estate, in caso di terreni bagnati, scivolosi, fanghiglie o peggio ancora con improvvise lastrine di ghiaccio. Per i più freddolosi o semplicemente i calvi, consigliamo un berretto di lana, o una fascia oppure anche una copriorecchie. Mal di gola e dolori articolari si combattono invece con gli scaldacollo, un dettaglio sottovalutato da molti, ma che può fare davvero la differenza, soprattutto nei giorni successivi! Il sudore che si ferma sulla gola e sul collo sa essere micidiale, favorendo i tipici malanni di stagione. Attenzione però a non lasciare raffreddare le parti a fine corsa. E questo in generale vale sempre. Nonostante sia piacevole scambiare quattro chiacchiere al termine di una sessione, il corpo abbassa velocemente la temperatura e senza accorgervene, il sudore e l’aria possono causarvi sgradite sorprese nei giorni a venire. Asciugatevi subito e cambiatevi con capi asciutti. E se è importante il post corsa, ricordate che sono fondamentali anche i momenti prima. Utilizzate il buon vecchio olio canforato, fate sempre un buon riscaldamento (v. lo scorso numero di Tablet Run) e vedrete che con i muscoli caldi, dopo i primi minuti di corsa, il freddo sarà un ricordo… e ad agosto rimpiangerete queste giornate! Stay Tablet, Stay coperto… e Run!

Le gare consigliate a febbraio: 5 - Napoli City half marathon, Napoli, 21,195 km competitiva e 3 km Family Run 5 - Maratonina dello Jonio, Gallipoli (Lecce), 21,195 km competitiva e 5,5 Family Run 12 - Corsa del Ricordo, Roma (quartiere Giuliano-Dalmata), 10 km competitiva e 5 km non competitiva 19 - Rock & Run, Roma (pineta di Castelfusano a Ostia), 14 km competitiva e Fitwalking di 7 km o 3 km 19 - Maratona di San Valentino, Terni, 42,195 km o 21,097 km competitive e 5 km Family Run 26 - XMilia, Roma (Tor Vergata), 10 miglia romane = 14,800 km competitiva 26 - Tokyo Marathon, Giappone, 42,195 km competitiva e 10 km Family Run (25/02 - 5 km Friendship Run)



©Vivian Maier/Maloof Collection, Courtesy Howard Greenberg Gallery, New York.

Tablet Arte di Barbara Donzella

Le strade senza nome di Vivian Maier Le fotografie dell’artista in mostra a Roma

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Se qualcuno vi raccontasse di una donna che ogni giorno, per 35 anni della sua vita, avesse scattato decine di foto, accumulando così chilometri di negativi e che non li avesse mai mostrati a nessuno, salvo poi essere trovati solo alcuni anni dopo la sua morte? Sicuramente pensereste all’ennesima trama di un film. Non è così!Questa è esattamente la storia di Vivian Maier (1926 – 2009). Pioniera della street photography (bambinaia di mestiere) - cominciando da autodidatta - ha osservato con la sua Rolleiflex le persone e le strade di Chicago e New York, mentre mutavano nel corso di cinque decenni. Vivian Maier ha esposto oltre 2.000 rotoli di pellicola, 3.000 stampe e più di 100.000 negativi. Ogni scatto è uno storyboard che racconta decine di microstorie. Gente senza nome di tutti i ceti sociali, come senza nome sono le strade (da qui il titolo della mostra a Lei dedicata, di cui a breve vi parleremo) fotografate senza abbellimenti. Alcune volte le persone sono state immortalate senza che se ne accorgessero altre, invece, volutamente colte con espressioni di stupore, disappunto o divertimento indirizzate all’obiettivo. Istantanee in bianco e nero di vita americana in cui razzismo e classismo erano la normalità e che lei, con il suo sguardo critico, ha saputo riconoscere, insieme alla bellezza di momenti di semplice quotidianità. Come l’atteggiamento spavaldo e tronfio di un ragazzino mentre un altro coetaneo di colore gli sta lucidando le scarpe. O alcuni bambini schierati in fila, come un piccolo plotone, mentre brandiscono spade fatte con scope e indossano elmi di cartone. O ancora, la risata fragorosa di una donna a cui fa da contrappunto il pianto disperato di un bambino, di un’altra foto. Il lavoro della Maier può essere accostato a quello dei grandi fotografi di strada del 20° secolo, come Robert Frank, Dorothea Lange o Diane Arbus. Di questa immensa mole di materiale fotografico l’autrice sviluppò solo pochissimi rullini, conservando il resto in decine di scatoloni, alcuni dei quali collocati in un deposito di Chicago. E molto anni dopo (nel 2007, due anni prima della sua morte) proprio quest’ultimi vennero venduti all’asta e acquistati da un ragazzo, John Maloof, appassionato di collezionismo che, accortosi dell’enorme talento della fotografa, cercò di rintracciarla, insieme al resto dei rullini. Quando finalmente riuscì a risalire all’identità dell’artista, purtroppo scoprì che era già morta. Così Vivian Maier se ne andò credendo che tutto il suo lavoro fosse ancora stipato, fra i suoi effetti personali, in quel deposito. Grazie, però, al bel documentario intitolato Finding Vivian Maier, di John Maloof e Charlie Siskel - arricchito con testimonianze di persone che l’hanno conosciuta - il mondo ha avuto la possibilità di conoscere quest’artista. E proprio a Vivian Maier è dedicata l’esposizione dal titolo “Where the Streets Have No Name” (dichiarato omaggio alla canzone della band U2, contro l’anonimato delle società) allestita all’ILEX Gallery di Roma, presso 10b Photography Gallery, in Via San Lorenzo da Brindisi 10b (zona Garbatella). La mostra, realizzata in un ampio spazio espositivo, curato e ben illuminato, permette di osservare in maniera godibile trentatré stampe in gelatina d’argento della fotografa, che ci raccontano il suo variegato mondo. Iniziata alcuni mesi fa, visto il successo di pubblico, l’esposizione è stata prorogata sino al 5 marzo 2017. Per info orari di apertura visitate il sito www.ilexphoto.com Non vi resta che andare a scoprire le sue strade senza nome.

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PAGINE UTILI: http://www.10bphotography.com http://ilexphoto.com/newgallery/it https://www.facebook.com/10bphotography/ https://www.facebook.com/ilexphoto/

VM009, Vivian Maier, New York, NY, n.d.

VM001 Vivian Maier, At the Balaban & Katz United Artists Theatre, Chicago, IL, 1961

VM003, Vivian Maier, Chicago, IL, August 16, 1956



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Le Teleangectasie sono delle dilatazioni di piccoli vasi sanguigni superficiali, che assumono l’aspetto di arborescenze antiestetiche di colore rosso o bluastro, visibili attraverso l’epidermide. Generalmente è presente una predisposizione genetica (ereditaria) che viene attivata o esacerbata da vari fattori di rischio quali: fumo di tabacco, scarso apporto di vitamine ed antiossidanti, traumi, situazioni infiammatorie, ipertensione, gravidanza, congestione del microcircolo superficiale, esposizione ripetuta a fonti di calore; frequentemente si associano a dermatosi. La presenza di Teleangectasie non è solo un’inestetismo, ma è segno di un danno presente a livello della microcircolazione superficiale, che tende ad aumentare nel tempo.

Si possono prevenire?

Sapendo di avere una familiarità, si possono assumere dei venotonici per bocca, antiossidanti naturali, come i derivati della vite rossa ed estratti di mirtillo, associati a terapie topiche in crema, senza dimenticare mai una costante e idonea protezione solare. Delle sedute di CARBOSSITERAPIA (iniezione di Anidride Carbonica Medicale) possono essere molto utili per decongestionare il microcircolo superficiale, e ridare tono ai vasi, migliorando nel contempo il tono vascolare e l’ossigenazione dei tessuti.

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Dott. Antonino Marchese

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Forse non tutti sanno che... a

Casalpalocco da circa 7 anni è presente un

ospedale privato di altissimo livello, all’avanguardia nella cura delle malattie cardiovascolari. Incontriamo questo mese il dott. Stefano Tonioni, Direttore del Dipartimento Cardiovascolare, dell’Ospedale Privato Cardiovascolare di Casalpalocco, che ci spiega sapientemente come questa importante struttura della GVM Care & Research è strtturata ed opera sul nostro territorio.

Quali altri tipi di interventi fate?

La cardiochirurgia vanta la presenza di operatori di grande esperienza e professionalita’, per intervenire su casi di by-pass aorto-coronarici e per il trattamento chirurgico delle valvole, patologia affrontata spesso in minitoracotoBuongiorno Dottore, la ringrazio innanzitutto del tem- mia, cioè con accesso laterale e miniinvasivo. po che sta dedicando ai nostri lettori. Ci descrive le Esiste anche a possibilità del trattamento delle valvole per potenzialità di questa struttura? via percutanea (TAVI). Altre eccellenze sono rappresentate dalla chirurgia vascolare e dalla radiologia interventisL’Ospedale Privato Cardiovascolare di Casal Palocco tica, anche per il trattamento interventistico del fibroma G.V.M. è dotato di 91 posti letto, di cui 4 di Unità Coro- uterino. È importante ricordare l’applicazione della TAC narica, 8 di terapia Intensiva. Sono presenti una sezione e RMN sul cuore, indagini ormai divenute fondamentali all’avanguardia di Radiologia, con TAC e Risonanza Ma- soprattutto per lo screening dei soggetti a rischio. gnetica, un centro di Riabilitazione e 4 sale operatorie. Esiste inoltre un ambulatorio di Cardiologia , con tutte Che rapporto avete con il sistema sanitario naziole metodiche diagnostiche non invasive ( ECG, Ecocar- nale? diogramma, Eco Doppler, ECG Holter 24, Test Ergometrico…), aperto su prenotazione tutti i giorni. Essendo una L’Ospedale Privato Cardiovascolare di Casal Palocco struttura privata, è convenzionato in forma diretta con le è inoltre collegato ad un network sanitario nazionale assicurazioni sanitarie più note e comuni. (G:V:M), con strutture convenzionate col sistema sanitario nazionale, distribuite su altre regioni, per il trattamento Quali sono i servizi e i reparti a disposizione dei pazi- delle patologie cardiovascolari in tempi veloci e con ridotenti e dei clienti? ta lista di attesa. Le malattie cardiovascolari sono epidemiologicamente le L’Ospedale Privato Cardiovascolare di Casal Palocco è una più diffuse e frequenti al mondo; rappresentano la prima struttura dedicata interamente alle malattie cardio-toraco- causa di mortalità nella popolazione. vascolari. È attivo un reparto di Cardiologia clinica, per i Da qui è nata l’esigenza da parte del Presidente Ettore ricoveri, con telemetria e personale medico-infermieris- Sansavini, di realizzare a Roma un centro iperspecializzato tico altamente qualificato; È attivo un Servizio di Emodi- e all’avanguardia sul cuore, collegato anche all’Ospedale namica e Cardiologia Interventistica, per l’effettuazione San Carlo di Nancy, sempre di proprietà di G.V.M., strutdi corona-rografie e angioplastiche coronariche, anche in tura convenzionata con SSN e dotato di molteplici branche urgenza, con reperibilità attiva. In Emodinamica si effettua- specialistiche. no routinariamente anche angiografie ed angioplastiche nel distretto vascolare periferico ( carotidi, renali, femorali, piede diabetico) ed il trattamento di aneurismi dell’aorta Dr. StefanoTonioni per via endovascolare e chiusura della pervietà del forame Direttore del Dipartimento Cardiovascolare ovale e difetto interatriale. Ospedale Privato Cardiovascolare di Casal Palocco


Un posto tranquillo Dott.ssa Giulia Migani Psicologa / Psicoterapeuta Analista transazionale socio-cognitiva Mediatore Feuerstein PAS Basic e Standard I livello EMAIL: giuliamigani@yahoo.it Cellulare: 338 3839479

I disturbi specifici di apprendimento

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Continuando la serie di articoli che hanno come “tema di sottofondo” la scuola, questo mese parlerò di DSA, cioè dei Disturbi Specifici di Apprendimento. Nella scuola italiana vi è sempre stata poca attenzione per i DSA e soltanto da qualche anno un numero crescente di insegnanti li ha conosciuti in modo più approfondito. Con l’approfondimento della conoscenza, si è parimenti sviluppata la competenza in ambito psicodiagnostico e, di conseguenza, c’è stato un aumento considerevole delle diagnosi di DSA nella scuola (i dati dicono che gli alunni oggi certificati DSA sono circa il 3-4% ma si stima che la popolazione con difficoltà di apprendimento magari non certificata arrivi a toccare il 10%). Cosa sono i DSA? È un argomento complesso, difficile da sviluppare in una pagina o poco più… I DSA sono un gruppo eterogeneo di disordini che si manifestano con significative difficoltà nell’acquisizione e nell’uso delle abilità di LETTURA, SCRITTURA e CALCOLO. Questi disordini sono intrinseci all’individuo, probabilmente legati a disfunzioni del Sistema Nervoso Centrale e possono essere presenti lungo l’intero arco di vita. Ci sono diverse ipotesi sulla genesi dei DSA. La comunità scientifica (Consensus Conference) ne individua l’origine nella presenza di anomalie neurobiologiche congenite in alcune aree cerebrali: la struttura cerebrale e le connessioni neuronali necessarie all’elaborazione dell’informazione si sviluppano in un modo differente dalla norma e ne condizionano i processi. Il disturbo NON ha un carattere lesionale MA congenito e coinvolge il substrato neurobiologico deputato ai processi di lettura, scrittura e calcoloI manuali diagnostici (DSM, ICD) definiscono i DSA come un disturbo manifesto nell’apprendimento della lettura, scrittura, calcolo, nonostante un’istruzione adeguata e IN ASSENZA di deficit intellettivi, neurologici o sensoriali e con adeguate condizioni socioculturali. Questa definizione è

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interessante perché ci fa capire che i DSA non sono un deficit intellettivo. Non sono un ritardo cognitivo, tanto per essere espliciti. È un disturbo, che però interessa uno specifico dominio di abilità, magari in modo significativo ma circoscritto e lasciando intatto il funzionamento intellettivo generale. Ma quali sono i DSA?: Dislessia, Disgrafia, Disortografia, Discalculia. Più in dettaglio: la Dislessia è un disturbo specifico che si manifesta con una difficoltà nell’imparare a leggere, in particolare nella decifrazione dei segni linguistici, ovvero nella correttezza e nella rapidità della lettura; la Disgrafia è un disturbo specifico di scrittura che si manifesta in difficoltà nella realizzazione grafica; la Disortografia è un disturbo specifico di scrittura che si manifesta in difficoltà nei processi linguistici di transcodifica; la Discalculia è un disturbo specifico che si manifesta con una difficoltà negli automatismi del calcolo e dell’elaborazione dei numeri. Dislessia, disgrafia, disortografia e discalculia possono presentarsi separatamente o anche insieme in un DSA misto. Ma poi, andando al sodo, cosa comportano questi DSA? Beh… non solo compromettono appunto l’apprendimento delle principali abilità accademiche ma hanno ricadute psicologiche importanti di tipo relazionale, emotivo e sociale. È facile comprendere quanto un DSA possa incidere nella vita dei bambini/ragazzi in età scolare, poiché essi passano la maggior parte della loro giornata a scuola e a casa a svolgere compiti. Ogni giorno lo studente si trova di fronte alle sue specifiche difficoltà e a tanti fallimenti, fa una fatica enorme magari senza riuscire e questo determina un pesante vissuto di inadeguatezza. Fino a una decina di anni fa (circa) anche i bambini con DSA, soprattutto dislessici, avevano diritto all’insegnante di sostegno, così come quelli portatori di handicap fisici (legge 104/92). Ella poteva svolgere attività di recupero didattico e anche fare un lavoro importante a livello di potenziamento cognitivo e contenimento emotivo. Ma da qualche anno, a causa dei tagli alla scuola, non è più prevista la figura del docente di sostegno per gli


alunni con DSA. Lo Stato Italiano si è occupato del “problema DSA” con la legge 170 del 2010, che sostiene che il consiglio di classe deve individuare l’alunno con DSA e darne comunicazione alla famiglia, la quale si attiva per avere una certificazione diagnostica. Una volta pervenuta questa diagnosi, la scuola è tenuta alla stesura del Piano Didattico Personalizzato (PDP), individuando gli strumenti compensativi, le misure dispensative e le forme ed i tempi di verifica e valutazione adeguate. Ma niente sostegno… il che da una parte è buono, perché significa che il DSA non è un handicap. C’è anche il rovescio della medaglia però: l’alunno

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con DSA molto spesso non viene seguito adeguatamente, perché le maestre proprio non ce la fanno con i tempi, con gli altri alunni e anche con la loro magari scarsa preparazione in materia. A volte, pur osservando un ragazzo con possibile DSA e trovando una famiglia non collaborativa, il docente finisce per lavarsene le mani. Perché, diciamolo, un altro DSA in classe significherebbe un problema in più.Sia a livello didattico che burocratico. Per cui ci sono ragazzi, a volte, un po’ abbandonati a loro stessi e alle loro cadute e fallimenti… e di questo voglio tornare a parlare nel prossimo articolo.

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Facebook: il social paladino della “verità”

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Questa è definitivamente una di quelle volte in cui il re dei social, Facebook, non ci sta. Non ci sta a passare per il responsabile della circolazione incontrollata di bufale sul web. Da tempo la crew di Facebook ha messo in moto il sistema dei “filtri anti-bufala” negli Stati Uniti, cercando di arginare già tra le mura di casa la circolazione di notizie false facilmente credute vere dagli utenti (non passano inosservate, ad esempio, le cooperazioni virtuose del social network con ABC News e Associated Press). Il prossimo a sperimentare la cosa sarà nientemeno che un paese europeo, la Germania. La scelta non è casuale: entro la fine di quest’anno, proprio in Germania, si terranno le attesissime elezioni federali, e il Social non ha alcuna intenzione di veder replicare le accuse mosse nei suoi confronti, di aver in qualche modo permesso la circolazione di notizie false per avvantaggiare una parte politica piuttosto che un’altra. Non è difficile immaginare la precedente occasione in cui a Facebook sono state imputate simili responsabilità. Non dimentichiamo che meno di qualche mese fa in Usa si sono tenute le elezioni presidenziali, e da più parti si è gridato alla faziosità. Per tornare allo scenario tedesco, un’analisi compiuta da BuzzFeed News sui tipi di notizie maggiormente cliccate nello scorso anno, ha evidenziato la preferenza tra gli utenti dei social di notizie false riguardanti Angela Merkel in merito alle sue politiche relative all’immigrazione. Il metodo di costruzione di questi articoli fraudolenti, messo in luce dagli autori dell’indagine, è molto semplice: è sufficiente mescolare un legittimo contenuto politico di parte con informazioni false, in modo da suscitare passioni (negative) e coinvolgimento (perlopiù animosità nei confronti di qualcuno o qualcosa). Quello delle fake news non è un problema ascrivibile unicamente a Germania e Stati Uniti, comunque. Notizie false hanno minato la pace tra Pakistan e Israele a natale, e anche qui in Italia, una frase attribuita al premier Paolo Gentiloni, “necessario che gli italiani facciano sarifici”, mai pronunciata, è diventata virale in poche ore, con le dovute conseguenze e rimostranze. Questo dimostra che il problema è globale. Il sistema anti-bufale avrà proprio l’obiettivo di contenerlo, questo problema. Gli utenti dei social avranno la possibilità di segnalare facilmente qualsiasi notizia falsa; le segnalazioni verranno, poi, inoltrare a compagnie di fact checking con sede in Germania (il collettivo non-profit Correctiv), che hanno siglato l’accordo Poynter’s International Fact Checking Code of Principles, e che controlleranno se l’articolo sia falso

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o meno; se falso, l’articolo verrà contrassegnato con un marchio e sarà accompagnato dalle motivazioni per cui viene etichettato come bufala, non comparendo più in cima al news feed. Come se non bastasse, la battaglia sarà attiva anche contro le ragioni economiche che sono alla base delle notizie false, dal momento che estirpare il problema sul nascere è sicuramente il passo più importante da muovere. Gli editori dovranno dare una mano, dal canto loro, ad evitare che contenuti illegittimi circolino con troppa facilità, ottenendo in cambio una maggiore visibilità e ampi introiti con l’inserimento massiccio di video su Facebook: sarà il cosiddetto Progetto Giornalismo Facebook. Le aziende editoriali virtuose saranno, in tal modo, premiate, mentre Zuckerberg promette di adottare il pugno duro contro tutte quelle realtà fraudolente che si nascondono dietro il nome di famose testate giornalistiche, cavalcando l’onda della loro visibilità e fuorviando i lettori (basti pensare ai titoli a effetto acchiappa-click). Contestualmente, il team di Facebook sta lavorando ad una funzione che mostri contenuti e notizie direttamente curati dagli editori all’interno del news feed: un contenitore di articoli chiamato “Collections”, affidabile e verificato, per il quale non si ha ancora una data definitiva di rilascio. L’impegno di Facebook contro le bufale è iniziato già dal mese di novembre scorso, quando la compagnia si è messa a lavoro non solo per porre un freno alle fake news, ma anche per prevenirle, a partire dal tentativo di miglioramento dell’algoritmo che le individua. Ovviamente non può fare tutto da solo. Il ruolo chiave rimane quello degli utenti: è la comunità dei social ad avere per prima il dovere di segnalare le falsità. Per prima cosa, iniziando a non credere proprio a tutto.


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+E venti Roma

di Valentina Ecca

La musica nella Capitale riprende quota in questo febbraio 2017.

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Si parte con il live di due giovani cantautrici italiane Elisa Rossi e Ketty Passa. Le due promesse della musica nostrana portano, sul palco del Monk, i loro nuovi album. “Eco” è il nuovo disco di Elisa Rossi, voce eterea e sonorità pop. “Era Ora” il lavoro di Ketty Passa, suoni più urban per lei. Le due saranno live il 2 febbraio. Un’altra voce femminile e italiana è quella di Arisa. L’artista, reduce dall’avventura di X Factor, torna a calcare i palchi ita-liani. Sarà a all’Auditorium Parco della Musica il 4 febbraio con il “Voce 2017 Tour”. Si cambia completamente genere con i Biffy Clyro; band statunitense con un sound pop rock alla Simple Plan. Il trio sarà all’Atlantico di Roma il 6 febbraio. I Biffy Clyro hanno all’attivo diversi tour mondiali e sono stati band d’apertura di gente come Foo Fighter, Red Hot Chili Peppers e Muse. Si torna alla musica italiana con Il Teatro degli Orrori, la band veneta porterà il 9 febbraio sul palco del Qube l’ultimo album “S/t”. Dopo quattro anni dall’ultimo lavoro in studio tornano The Dandy Warhols con “Distortland”, la band alternative rock di Portland sarà al Monk di Roma il 17 febbraio. Imperdibile sarà il recital intimo di Art Garfunkel all’Auditorium Parco della Musica il 18 febbraio dove interpreterà il suo repertorio da solista, i grandi successi di Simon & Garfunkel, le incisioni di alcuni dei suoi compositori preferiti e parti della sua prossima autobiografia. Sempre all’Auditorium PdM arriva Samuele Bersani con “La fortuna che abbiamo Tour 2017”. Il live ripercorrerà 25 anni di carriera del cantautore riminese. Ilmesesichiudeconilconcertodiunodeipiùapprezzati e innovativi cantautori degli ultimi tempi: Cosmo. Marco Jacopo Bianchi, vero nome dell’artista, ha invaso radio e servizi di musica in streaming con il suo ultimo disco “L’ultima festa”. Sonorità a cavallo fra pop ed elettronica quelle di Cosmo che si è aggiudicato il plauso di pubblico e critica con questo ultimo disco. L’artista sarà al Monk di Roma il 22 febbraio.

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di Cristina Ippoliti

LEGGIAMO INSIEME. “E se poi prende il vizio?” di Alessandra Bortolotti. Chiamiamoli bisogni!

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È questione di istinto. Istinto e, dall’altra parte, paura. Ecco cosa ci racconta “E se poi prende il vizio?” di Alessandra Bortolotti. Ci racconta quello che viviamo quotidianamente. La nostra lotta ai pregiudizi culturali. “Spesso, da noi, si condivide l’opinione secondo cui un bambino che piange o reclama attenzione è soltanto un bambino viziato, capriccioso, furbo o noioso che vuole distrarre l’adulto senza un motivo valido; come se i bisogni emotivi dei bambini fossero trascurabili o, addirittura, come se ignorarli servisse al bebè da palestra di vita per diventare grande, forte e indipendente.” Questo libro ci racconta di come una futura Mamma, anzi una Mamma - perché chi non si sente già Mamma seppur ancora con il pancione?, - insomma di come una Mamma spesso possa soffrire, sentirsi sola, giudicata, con il dito puntato, per la gestione della propria maternità e della crescita del proprio bambino. “La percezione di normalità delle pratiche e degli oggetti per l’infanzia dipende dalla cultura a cui apparteniamo molto più che dalle reali e oggettive necessità dei bambini. I genitori che non aderiscono ai modelli sociali, culturali ed economici dominanti rischiano di sentirsi […] degli extraterrestri, delle persone “diverse”, che daranno adito a commenti e giudizi, e che saranno spesso tentati di nascondersi o dubitare di sé e delle proprie scelte, soltanto perché non sono usuali.” Quante volte non abbiamo saputo dare un nome a questi nostri bisogni naturali? Quante volte abbiamo avuto paura del dialogo? Abbiamo rinunciato al confronto? “Non sono i bisogni dei bambini a essere falsi, ma le modalità con cui organizziamo le nostre vite attorno a questi bisogni che si trasformano in una tirannia.” Abbiamo avvertito come sbagliato il nostro istinto, un qualcosa da contenere, relegare, domare, affidandoci ai consigli assolutamente non richiesti degli altri? “Nella nostra cultura, basata sulla separazione madre/bambino, si ritiene che il neonato debba essere da subito “bravo”, cioè che non disturbi, che dorma tutta la notte, che sia autonomo e indipendente. Si ignora, spesso, l’importanza della necessaria e fisiologica relazione di dipendenza fra madre e neonato, indispensabile per conoscersi e crescere, fin dai primi momenti di vita.” Il nostro istinto, il nostro amore, forse ci hanno già avviate verso un mondo al quale non sappiamo ancora dare nome: la genitorialità ad alto contatto. “L’indipendenza è davvero un valore? E quando diventa incapacità di relazionarsi con il prossimo?” Quante volte ci hanno riso in faccia per il nostro bisogno di amare? Per il portare, il co-sleeping, l’allattamento, l’autosvezzamento? Perché così tanto spesso sono le stesse donne a giudicarsi fra loro, invece di tendere una mano rassicurante? “Sembra che i bambini disturbino e basta. Per quale ragione si vuol far credere ai genitori che non è possibile divertirsi con i propri figli? Perché passa il messaggio che non si possa vivere in armonia con i bambini? […] I figli sono diventati target di mercato, non-persone, piccoli tiranni che devono fare i bravi; come se un neonato nascesse maleducato, cattivo, despota, prepotente; come se si divertisse a non far dormire i genitori per puro sadismo, perché è furbo e intenzionalmente maligno! Dove sta il rispetto per la vita?” Costruire qualcosa di magico, di concreto, di reale, che sia esattamente l’opposto di tutto ciò, secondo me è

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realmente possibile. Provare a fare rete è un dovere. Una rete umana, di contatto, fatta di istinto e amore. Un ponte. “Ciò che intendiamo come “vizi” non sono altro che bisogni primari irrinunciabili di ogni cucciolo d’uomo. Sono bisogni d’amore che trovano conferma nella fisiologia e nelle secrezioni ormonali coinvolte durante il parto e nell’allattamento. Non sono opinioni o mode educative, ma norme biologiche imperative da rispettare.” Fieri di perdere in partenza questa gara nel mostrarsi i migliori, i più competenti, preparati, medicalizzati. Dite: è faticoso frequentare i bambini Avete ragione. Poi aggiungete: perché bisogna mettersi al loro livello, abbassarsi, inchinarsi, curvarsi, farsi piccoli. Ora avete torto. Non è questo che più stanca. È piuttosto il fatto di essere obbligati ad innalzarsi fino all’altezza dei loro sentimenti. Tirarsi, allungarsi, alzarsi sulla punta dei piedi. Per non ferirli. Janusz Korczak. Poeta, medico, educatore morto a Treblinka L’autrice. Alessandra Bortolotti, Psicologa esperta del periodo perinatale. Mamma di due bambine. Autrice del volume I cuccioli non dormono da soli (Mondadori) e di E se poi prende il vizio? (Il Leone Verde). Si occupa da circa vent’anni di fisiologia della gravidanza, parto, allattamento, sonno infantile e accudimento dei bambini basato sul contatto. Conduce incontri dopo parto per genitori in Toscana. È presidente del MIPPE (Movimento Italiano Psicologia Perinatale), membro del direttivo del MAMI (Movimento Allattamento Materno Italiano), peer counselor in allattamento secondo il modello OMS/ UNICEF ed è formatrice freelance sui temi inerenti la genitorialità e la fisiologia del periodo perinatale.


Tendenze di Giuseppina Montaruli

Il Contouring gli zigomi, scurite la parte sotto e sfumate sui laterali del viso. Aggiungete un tocco di blush leggero sulle guance e sfumate gli altri due colori. Viso triangolare: applicate la terra sui lati della fronte e sfumate verso il basso. Poi stendete l’illuminante sul mento e tra l’osso zigomatico e le mascelle. Infine aggiungete il blush sulle guance sfumando verso le tempie. Viso quadrato:applicate la terra agli angoli della fronte e sulla mascella. Stendete l’illuminante al centro del mento e sulla fronte e il blush sulle guance, facendo dei piccoli cerchi e non sfumando verso l’alto. Il consiglio è acquistare una palettina dell’artedeco (che rivendo nel centro Somawell) già predisposta con illuminante, blush e terra; tutti opachi e con una praticità da spennellare al mattino in maniera veloce e facile. Credo che questa tecnica si possa utilizzare senza paure perché permette di stravolgere il viso.....buon trucco a tu tte!!!!

Giuseppina Montaruli - Visagista - Freelance c/o Centro Estetico Somawell - Parchi della Colombo - 349/7861613 giusymont@gmail.com

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Buongiorno. Come state? Oggi vi parlerò di una bella tecnica di Makeup molto utile, importante per creare volumi, per smussare alcuni difetti del viso come il doppio mento, il naso un po’ grandino, ecc. É tutto un gioco di colori e ombre che vi assicuro, anche nella maniera più semplice, aiuta tantissimo!!! Capisco che ogni donna cerca la praticità, fondotinta copri occhiaie e blush e via. Capisco che è uno step in più e spesso al mattino non abbiamo il tempo per farlo, però è anche vero che a volte può fare la differenza, ad esempio quando vogliamo essere impeccabili e qualche minuto in più aiuta ad esserlo. Si possono fare due tipi di conturing: uno più delicato, più leggero che aiuta a migliorare i lineamenti del viso senza stravolgerlo; il secondo può proprio farci apparire diverse. Cosa si usa per il conturing? esistono vari metodi e vari trucchi. Per costruire dei volumi si possono usare due fondotinta, dei correttori e una terra, senza glitter ovviamente, opaca e molto leggera. Prima si usa il fondotinta, poi una cipria e poi una terra per evitare di creare macchie. Si sceglie un colore non troppo aranciato, ma freddo: non dobbiamo far risaltare l’abbronzatura, ma la dobbiamo snellire. Per i pennelli è meglio usare quelli piccoli, consentiranno di dare definizione e più precisione. La forma è indifferente, scegliete quello con cui vi trovate meglio. È anche importante scegliere gli illuminanti sia per oscurare che illuminare. Meglio quelli non perlati, soprattutto se la pelle non è più giovane e imperfetta, perché possono mettere in evidenza i difetti. Nello specifico come fare un conturing. Viso lungo: scurite con la terra le mascelle, la fronte, e sotto gli zigomi, senza avvicinarvi troppo nè al naso nè alla bocca. Stendete il blush orizzontalmente dagli zigomi fino al centro del viso e sopra applicate l’illuminante. Viso tondo: stendete l’illuminante sul mento e sulla zona sovrastante

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L’ avvocato risponde a cura dell’avvocato Federica Lorenzetti lorenzettiavv@gmail.com

Lasciare da solo il cane in giardino è reato. Salve a tutti e ben ritrovati. Nell’articolo di questo mese voglio parlarvi di una recentissima sentenza della Cassazione la quale statuisce, di fatto, come, lasciare i cani nel giardino senza compagnia e lontani dall’abitazione, sia un reato, e nello specifico, come si possa configurare il reato di abbandono. La Corte di Cassazione, chiamata a decidere su un caso, infatti, ha confermato la condanna a un uomo che, nella quotidianità, non si è occupato del proprio animale da compagnia per moltissimo tempo, condannandolo al risarcimento di duemila euro oltre alle spese di giudizio. Difatti, nel corso del procedimento che lo ha visto coinvolto, è stato accertato come l’uomo abbia inflitto gravi sofferenze al proprio cane (nello specifico un pastore tedesco), lasciandolo in cattive condizioni di salute e abbandonato in un giardino lontano dalla casa, vedendolo sporadicamente tanto da non accorg-

ersi delle pessime condizioni di salute dell’animale. Questo accertamento ha notevolmente pesato, nel giudizio dei giudici, che hanno rimproverato all’uomo non solo l’abbandono, ma anche l’omessa prestazione di cura e assistenza, dovuta ad un comportamento di trascuratezza colposa. Possiamo dunque valutare come, ad oggi, la Corte di Cassazione vanti una giurisprudenza ormai costante che tutela gli animali domestici, ulteriormente consolidata dalla condanna a questo colposo proprietario poichè il reato di abbandono di animali viene commesso e si può configurare “non solo con comportamenti che offendono il comune sentimento di pietà e mitezza verso gli animali per la loro manifesta crudeltà, ma anche le condotte che incidono sulla loro sensiblità psico-fisica, procurandogli dolore e afflizione”.

La tua casa è davvero sicura? In questo numero parleremo del terremoto, negli altri due parleremo di alluvioni e furti.

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Alcune regioni Italiane sono soggette a un elevato rischio sismico, un’eventualità latente che può manifestarsi all’improvviso perché (ad oggi) è impossibile prevedere i terremoti. Molto, però, si può fare in fase preventiva. È bene riconoscere i “campanelli d’allarme “della nostra casa per capire se l’abitazione è realmente sicura o, in caso contrario, porvi rimedio. Impariamo dal Giappone, dove le case antisismiche sono costruite a regola d’arte L’ingegnere giapponese Yoshiteru Murosaki, professore presso l’Università di Kobe e direttore dell’Istituto per la prevenzione dei disastri in una recente intervista ha affermato che consistenti danni agli edifici a seguito di onde sismiche del VI grado della scala Richter non sono un fatto normale, ma la conseguenza del mancato rispetto delle norme antisismiche nella costruzione delle case. Va comunque sottolineato che il governo nipponico stanzia ingenti investimenti per la prevenzione e il retrofitting antisismico, le case sono spesso costruite in legno e la popolazione è formata per gestire in sicurezza il verificarsi di terremoti, oltre a rispettare regole per minimizzare i rischi. In Italia la situazione è diversa e ci rende più vulnerabili, ma molto possiamo fare in fase preventiva: sapere con anticipo se la nostra casa è sicura in caso di terremoti ci permetterà di prendere adeguati provvedimenti per renderla antisismica. Per difendersi dai rischi di un terremoto è fondamentale conoscere il grado di rischio sismico della zona in cui si abita e, se presente, avere una casa

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costruita nel rispetto di tutte le regole volte a prevenire i danni in caso di movimenti tellurici. Proprio come è successo a Saro Rubei, muratore definito eroe di Amatrice il cui Agriturismo è una delle strutture che ha resistito meglio al recente terremoto: sono solo caduti a terra alcuni vasi di fiori. Così è stato anche per tutte le abitazioni - una quarantina - che ha costruito ad Amatrice e i cui proprietari sono corsi da lui a ringraziare per l’eccellente lavoro edilizio che li ha protetti dal sisma. Per edificare le abitazioni, il signor Rubei ha infatti sempre utilizzato cemento, cemento compresso e molto ferro, per garantire la massima solidità alle strutture.

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Aiuto ho un cucciolo! di Rita di Francesco

Ecco, non ce l’abbiamo fatta a resistere… Abbiamo sentito che è giunta l’ora di adottare un nuovo Nel nostro campo. Un Akita Inu, un Border Collie e un Australian Cattle Dog, tre razze “toste”, che socializzano compagno di vita, che alla nostra casa (e alla nostra vita) e mentre giocano si addentrano in una piscina piena di foglie. In una Puppy Class si affrontano anche nuove mancava qualcosa… e quindi abbiamo adottato un bel conoscenze sensoriali che aiutano i cuccioli a prendere consapevolezza e sicurezza nell’affrontare l’ambiente. cucciolo!Un meraviglioso, batuffoloso, splendidoso, simpatic… ma che fa? Come si permette di fare popò sul tappeto persiano? E poi perché piange tutta la notte e se resta solo in casa trovo tutto rosicchiato può andare incontro si può ovviare frequentando delle classi per cuccioli. Ormai e distrutto quando torno? Ma la cosa più assurda è che proprio non capisce… a Roma ci sono molti centri cinofili e tanti offrono la possibilità di partecipare certe cose non gli entrano in testa… Quanti hanno provato questa esperienza si a delle classi collettive chiamate appunto Puppy class, in genere un ciclo di sono trovati a pensare queste (e altre) cose? Come si fa a fare le cose nel modo lezioni per cuccioli dai 2 ai 6 mesi, organizzate in modo da dare ai proprietari migliore perché la vita insieme sia armoniosa e soddisfacente? Si “studia”. Cioè? gli strumenti giusti per impostare una buona relazione con il proprio cane, per imparare ad insegnar loro tutti quei comandi di base che saranno utili nella vita Ci si prepara prima, durante e durante e durante… Ci si prepara prima vuol dire che intanto bisogna considerare bene i propri ritmi quotidiana (richiamo, seduto, resta etc.) ma soprattutto che permetteranno al quotidiani di vita e valutare se sono compatibili con l’ingresso di una creatura cucciolo di socializzare con i suoi simili, cuccioli e adulti equilibrati, in assoluta da accudire. Non solo a livello economico, o fisiologico, ma anche in termini di sicurezza. Una puppy class ben organizzata e un proprietario attento è un mix che farà crescere un cane in maniera serena ed equilibrata. tempo, pazienza, voglia e possibilità di mettersi in gioco. Per esempio, se la nostra scelta ricade su una particolare razza è bene, anzi È ovvio che non sarà finita qui. Perché il cane è un individuo e come tale nella benissimo, informarci il più possibile sulle caratteristiche di quella razza, sul sua crescita passerà per molte fasi (compresa quella dell’adolescenza!), è quindi tipo di selezione (da caccia, da guardiania, da compagnia etc.), sugli allevamenti indispensabile prestare sempre attenzione ai suoi comportamenti e alle sue dove prendere il cucciolo. Ogni razza è stata selezionata per svolgere specifiche necessità ed evolvere e cambiare con lui. Ma una buona base è una buona base, mansioni e quindi possiede le caratteristiche giuste per compiere dati lavori lavorare bene all’inizio vuol dire preparare il terreno per una buona convivenza mentre ciò che non avrete fatto prima tornerà dopo, non succede sempre ma in financo quello di compagnia (i cosiddetti cani da grembo, per esempio). Per fare un esempio: nel caso fossimo tipi sedentari, con un lavoro che ci tiene buona percentuale sì e, certo, molto può esser recuperato ma ci vorrà molto più molte ore fuori e una volta a casa “chi si è visto si è visto” non sarebbe il caso di lavoro e impegno sia in termini di tempo che di costo. prendere un border collie, o in generale cani da conduzione di gregge/mandria, Detto questo godiamoci uno dei periodi più brevi della vita del nostro cane: perché sono selezionati per stare in attività molte ore al giorno, correndo e l’infanzia lavorando a stretto contatto con il proprietario. Una vita sedentaria e molte ore di solitudine porterebbero il cane a star male, e lo star male nel cane provoca l’insorgere di comportamenti che per noi risultano problematici ma anche così non fosse avremmo un cane infelice. Se il cucciolo proviene da un canile è ovvio che questa considerazione non vale, qui però si può fare un lavoro in corsa, osservando cioè il nostro cane che crescendo tirerà fuori certe attitudini piuttosto che altre e facendo un’onesta valutazione si riuscirà a capire di cosa avrà bisogno (nel caso un aiuto da parte di un professionista non è per nulla fuori luogo). È bene preparare gli spazi che lo accoglieranno, evitare di farlo “sbagliare” e quindi far sparire (solo per un po’ eh) i tappeti costosi, oggetti Un cucciolo e un adulto. L’incontro con cani adulti equilibrati aiuta il cucciolo a perfezionare masticabili e non (perché loro prima masticano poi decidono che quella cosa la propria capacità di linguaggio, a comportarsi correttamente nei confronti di altri cani e a lì non è interessante), pensare a un logistica su dove dormirà e dove mangerà, regolarsi in presenza di individui di diversa età e rango sociale. insomma bisognerà resettare un po’ la casa. E fin qui tutto bene. Poi la pallottola di pelo arriva, il primo appuntamento in genere è sempre dal veterinario che vi saprà dare anche dei buoni consigli sulla Associazione culturale di diffusione della cultura cinofila. gestione e poi… E poi a volte si possono presentare difficoltà che non si è in grado Le nostre attività hanno come cardine il benessere del cane e la prima base su di superare da soli, oppure si crea la necessità di far fare delle cose al cane (per cui si fonda tale benessere è una corretta, equilibrata e appagante relazione esempio un po’ di corretta cane-proprietario-famiglia. Per questo svolgiamo educazione, attività ludicoCucciolo di 3 mesi di Border Collie, linea da lavoro. socializzazione) ma non si sportive e di divulgazione. Da anni inoltre svolgiamo attività di volontariato, hanno a disposizione né prestando le nostre professionalità, in canili e rifugi nell’area della provincia le specifiche competenze di Roma Nord. Il nostro campo a sede in Campagnano di Roma. (specifiche, non generiche) Per informazioni: né spazi e cani adeguati per Rita 347 77 24 761 - Fabio 338 90 08 208 farlo giocare.A queste e alle ecamminacammina15@gmail.com altre problematiche cui si FB: Educatori Cinofili (e cammina cammina) - www.ecamminacammina.it

E CAMMINA CAMMINA

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Mestieri

BYE BYE POSTO FISSO

Lavoro, benvenuta flessibilità e benvenuta autonomia Anno nuovo vita nuova… lavoro nuovo? I buoni propositi, in questo caso, sono proiettati in un tempo più lungo rispetto ai canonici 365 giorni di questo 2017 appena iniziato. Chi è in cerca di un lavoro, sia che si tratti di un giovane magari fresco di studi, sia che si tratti di chi intende cambiare e migliorare la propria posizione o ancora, che si tratti di chi ha perso la propria occupazione per i più svariati motivi, è indispensabile guardarsi intorno.

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Come? Innanzitutto “studiando” i mestieri e le professioni che possano dare risposte positive alla ricerca del lavoro. Non c’è dubbio che, da questo punto di vista, ai vertici ci sono le situazioni che riguardano la digitalizzazione. E fin qui, non ci voleva molto a capirlo considerato che tutto o quasi ruota attorno alla Rete. Oggi come oggi basta scorrere le ricerche di personale per scoprire che anche un magazziniere o una commessa e persino un meccanico, devono conoscere almeno le basi dell’informatica. Kelly Service, nota agenzia che si occupa di ricerca e formazione del personale, ha dato indicazioni in questo ambito andando ad approfondire le specializzazioni di un settore sempre più vasto. Ed ecco allora analisti, programmatori, intelligence manager. Siamo indubbiamente in cima ad una ipotetica piramide ed in questo caso, sono probabilmente più coinvolti i giovani che hanno la possibilità di iniziare dalle basi e proseguire gli studi arrivando ad una laurea in ingegneria o informatica. Considerato il livello, ci troviamo dinanzi ad una professione molto richiesta e che dà modo di guadagnare tra i 25 ed i 75mila euro al mese. Il security manager è l’altro profilo oggi sempre più in voga. Non c’è azienda e di qualsiasi livello, che non abbia bisogno di questa preziosa figura. Si tratta di mettere nelle sue mani i dati, i progetti, i contatti racchiusi dentro i pc e proteggerli da… occhi indiscreti. Anche in questo caso la laurea specifica è più che necessaria. Gli stipendi? Altissimi. Ma c’è un altro numero che deve catturare l’attenzione: quello relativo alle possibilità occupazionali. Si calcola infatti che in Europa, nei prossimi 4/5 anni, le richieste relative a questi professionisti arrivino fino a 900mila!

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Restando incollati al pc… altrettanto in voga sono tutte le specializzazioni che riguardano la grafica. Un bel progetto, oltre alla valenza intrinseca dello stesso, necessita di una appetibile dimostrazione. E cosa c’è di meglio che illustrare un elaborato proprio con slide e magari animate, colorate e chi più ne ha più ne metta? Scendendo l’ideale piramide e tornando quindi a mestieri e professioni più alla portata di tutti, da non trascurare i settori dell’agricoltura, dell’accoglienza (ristoranti, ricevimenti etc…) Che dire poi del settore della salute e del benessere? Badanti, infermieri, terapisti sono sempre più richiesti e, per quanti seguono questa rubrica, non ci stancheremo di dire che mai come in questo campo, oltre alla preparazione sono necessarie predisposizione e passione. Non a caso abbiamo elencato una serie di situazioni lavorative che non richiedono necessariamente un posto fisso.Tutte quelle citate, come molte altre possono essere occupazioni autonome, autogestibili. Questo è lo spirito che ci proietta nel futuro ed è per questo motivo che le già citate prerogative, devono essere supportate da una grande professionalità. I mezzi informatici oggi a disposizione, pin, codici di accesso, password, pec e quant’altro indicano una via ben precisa, quella della Rete. Gli uffici pubblici ormai ad esempio, consentono al cittadino di effettuare la richiesta di certificati o di cambio di domicilio, on line con pc e con smartphone. Così come tante altri compiti del quotidiano. Nell’ormai imminente 2020, secondo Global Leadership Summit, almeno tre quarti delle forze lavoro non avranno più sede in un ufficio tradizionale. Non a caso di parla di “bricolage living”, sinonimo di modulazione e flessibilità.

Città dei Mestieri e delle professioni di Roma e del Lazio Via del Sommergibile 11- Ostia Lido Tel. 06.5672763 – 06.671073150 municipio10@cittadeimestieri.lazio.it - ww.cittadeimestieri.lazio.it città dei mestieri e delle professioni Municipio X


L’ imprenditore del mese di Massimo Gallus

Non perderti più tra messaggi e foglietti Don’t worry be Appo Tablet Roma incontra Caterina Borraccino, titolare della start-up di Appo srl, tutta targata Italia, che ci ha parlato di My Appo e delle strategie di diffusione e delle probabili novità che hanno sviluppato sino ad oggi. Il successo è innegabile e l’utilità dipende dal numero di persone che l’applicazione riuscirà a raggiungere. Caterina ci ha messo al corrente di accordi presi con catene di palestre e studi medici, che propongono ai propri clienti l’utilizzo di My Appo per la gestione degli appuntamenti. My Appo è un progetto davvero innovativo e tutto italiano. La squadra di My Appo ha dimostrato coraggio nel presentare un sistema innovativo nella gestione degli impegni giornalieri, e che integra la vita privata e quella rofessionale, con un meccanismo ben congeniato. L’infrastruttura di rete e l’app funziona molto bene e una volta entrati nel meccanismo di utilizzo, scambiare gli appo anche con amici e parenti risulta funzionale infatti anche noi di Tablet Roma l’abbiamo scaricata e la utilizziamo anche su IPhone. La scelta di una diffusione virale del prodotto è grauita per il privato ed a basso costo richiesto per le aziende. Vi segnaliamo che la versione dell’applicazione è disponibile il download gratuito per Android e per iOS ed Android. Cos’è My Appo? My Appo è un’ applicazione nata per diventare l’unico strumento dedicato agli appuntamenti, capace di scandire ogni impegno della vostra giornata, con gli amici, con i colleghi, con la famiglia, con se stessi! Aprite l’app e troverete tutti gli appuntamenti che vi riguardano. Gli appuntamenti del calendario del telefono e dell’account di posta verranno inseriti in automatico, potrete scambiare appuntamenti con i vostri contatti, con i gruppi, con le aziende presenti nell’app, e inserire i vostri impegni personali.

My Appo mobile è gratuita? L’applicazione mobile si scarica gratuitamente dagli store. Le funzionalità disponibili permettono di condividere gli appo con i contatti della propria rubrica che abbiano già installato My Appo sul proprio smartphone, o con i servizi commerciali registrati a My Appo web, che si è scelto di seguire. L’utente che

Quali servizi aggiuntivi offre My Appo mobile? L’utente My Appo potrà acquistare direttamente dagli store nuovi Appo Evento, in unità, in pacchetti o nella versione open, che permette l’invio illimitato di Appo Evento. My Appo web: gestionale di appuntamenti per le aziende. My Appo web ha un costo? L’azienda o il professionista può registrarsi all’applicazione web dal sito www. myappo.it scegliendo il pacchetto Registrazione oppure Registrazione + Abbonamento, entrambi di validità annuale. La Registrazione ha il costo di 59,00 €, una volta attivata la pagina aziendale sarà subito visibile dagli smartphone di tutti gli utenti My Appo mobile, nella sezione Aziende. Si presenta come un minisito dedicato: descrizione, foto, contatti, listino, catalogo, posizione geografica. Il pacchetto Registrazione + Abbonamento ha un costo di 139,00 € invece di 158,00 € per il primo anno. Per gli abbonamenti dal secondo anno in poi il costo annuo è di 99,00 €. Oltre a quello che offre il pacchetto Registrazione, sarà attivo l’invio illimitato di Appo Multipli e di Appo Promozione, quindi si possono ricevere prenotazioni, fissare appuntamenti, inviare Promozioni, inserendo direttamente nell’app dei propri clienti tutti i dettagli. Sarà possibile inoltre inserire un Promemoria per chiedere di riconfermare l’appuntamento. La comunicazione con i clienti viene attivata quando l’utente My Appo mobile sceglie di seguire l’azienda, cliccando SEGUI nella sua pagina sull’app. My Appo web può comunicare con più clienti contemporaneamente? L’azienda o il professionista che si è registrato gratuitamente alla versione web base, di sola Registrazione può acquistare: •Appo Multiplo, scegliendo più destinatari per lo stesso appuntamento utile per comunicazioni importanti, offerte, avvisi. •Appo Promozione: un appuntamento diretto a uno o più destinatari con un testo più ampio, di 500 caratteri, e la personalizzazione con un’immagine allegata, indicato per le offerte, gli eventi o le date speciali.

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Quali sistemi operativi supportano My Appo? My Appo mobile è disponibile per IOS e Android, scaricabile dai rispettivi store, in italiano e inglese.

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D onne 2.0 di Cristina Ippoliti

AstroSamantha si è permessa di scegliere il nome della propria figlia senza consultarci.

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Giorni fa mi sono imbattuta nella lettura di un articolo su LiberoQuotidiano.it, dalla sezione Sfoglio, intitolato La svolta araba di Astro Samantha: nasce la figlia, la clamorosa scelta. Il pezzo è il seguente: « Singolare scelta del nome per la figlia quella di Samantha Cristoforetti. La prima donna astronauta italiana dell’Esa è diventata mamma a novembre di una bambina (la notizia è trapelata ora), che ha chiamato Kelsey Amal. Ovvero, in arabo “coraggiosa” e “speranza”. Anche la notizia della gravidanza di Astro Samantha, la prima donna astronauta a toccare il record dei 200 giorni di permanenza nello spazio, era stata tenuta riservata fino a settembre scorso, a soli pochi mesi dal parto, quando la stessa Cristoforetti aveva dato l’annuncio della sua dolce attesa. Il padre della piccola è Lionel Ferra, addestratore di astronauti nella base Esa di Colonia. » . I commenti dei lettori lasciano veramente senza fiato. Un’esplosione di, di, di… un’esplosione. Satanasso scrive: « In Borbonia abbiamo piu’ personalita’...Noi abbiamo nostri nomi che in Italia sono motivo di “risatine etniche” nei media italiani tipo: “Nicola, Pasquale, Carmela. Salvatore” ecc, pero’ noi non ci vendiamo ai figli di Allah e non ci facciamo mettere i piedi in testa ! » . filen scrive: « La prossima volta che andrà in orbita al posto del casco indosserà il chador o come cazzo si chiama quello straccio la ahahah » . Skyler scrive: « Per coerenza perchè non prende la residenza ad Aleppo? Comunque il padre della bambina sarà un alieno visto quanta è cessa la madre...... » . E ancora, ancora, ancora… peterparker: « ecco adesso però se è coerente vada a vivere in Afganistan » . Lionel Ferra, il papà, è un addestratore di astronauti dell’ESA (Agenzia Spaziale Europea). Sul web sono presenti diversi video sul suo operato, che avviene a Colonia, in Germania. L’uomo, come si può ben intuire dal nome, è francese. Davvero pochissime le notizie sulla storia: per i due la privacy è stata sempre al primo posto. Insomma, a quanto pare, i lettori di LiberoQuotidiano.it non hanno intimamente gradito la scelta della nostra AstroSamantha. Sarà per l’islamofobia così di moda in Italia? Sarà perché a tanti risulterebbe difficile la pronuncia di questi nomi, quindi perché costringere mezza Italia a sentirsi in difficoltà? Sarà che AstroSamantha è nei nostri cuori e nelle nostre menti tutti, ma tutti i santi giorni, e ci sentiamo pronti a dimostrarglielo proprio adesso che è diventata mamma? Sarà che sono così belli i nomi tradizionali, che ne so, tipo “Maria”, che deriva

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COMMENTI ALL’ARTICOLO SU LIBEROQUOTIDIANO.IT TerroneScettico
05 Gennaio 2017 - 02:02 Avrebbe dovvto chiamarla Liberia o Benita perdiana! luigirusso
04 Gennaio 2017 - 08:08 I commentatori qui sotto fanno il gioco degli islamici ,rafforzando l’idea che tutto ciò che è arabo è anche islamico. Atei Cristiani ed Ebrei erano arabi centinaia di anni prima dell’Islam. L’arabicità dell’Islam è uno dei cavalli di battaglia dei “musulmani moderati” Satanasso
04 Gennaio 2017 - 08:08 In Borbonia abbiamo più personalità...Noi abbiamo nostri nomi che in Italia sono motivo di “risatine etniche” nei media italiani tipo: “Nicola, Pasquale, Carmela. Salvatore” ecc, però noi non ci vendiamo ai figli di Allah e non ci facciamo mettere i piedi in testa ! emigratoinfelix
03 Gennaio 2017 - 19:07 beh,se l’ha chiamata così avrà avuto le sue ragioni,immagino.Quello che non riesco n è ad immaginare nè a concepire è come un Paese, l’Italia, con milioni e milioni di cittadini in povertà assoluta, una economia disastrata, un debito pubblico ipertrofico ed un peso geopolitico praticamente NULLO si permetta di spendere cifre folli per farla passeggiare nello spazio...ma vaf.... Aloona
07 Gennaio 2017 - 03:03 Io invece non concepisco che, un giorno, anche quelli che dicono queste cose potranno usufruire delle scoperte scientifiche e delle nuove cure ediche a malattie senza soluzione che queste “passeggiate inutili” porteranno. Fosse per me, potreste estinguervi per idiozia aggravata e staremmo tutti più larghi. Dico, prima di parlare, leggetevelo UN articolo scientifico sull’argomento, UNO.

dall’ebraico Maryàm e significa principessa, signora. Infondo cosa c’è di più tradizionale di un nome ebraico? Geograficamente affine tra l’altro a Kelsey Amal. Sarà che ogni famiglia è differente, e ha ben altro da nascondere, anche dietro nomi propri di persona comuni? Sarà che il colore, il reddito ed l’età non fanno la famiglia. Non significano famiglia. Sarà che gli schemi culturali, i pregiudizi, ci fanno accanire gli uni contro gli altri? Sarà che le donne devono corrispondere sempre e comunque a certi standard condivisi. Eh sì, questo vale anche per le donne geniali. Anche per le donne che hanno trascorso duecento giorni tra le stelle. Riassumendo. Samantha Cristoforetti ha dato a sua figlia un nome arabo. Kelsey Amal. Coraggiosa speranza. Coraggio e speranza serviranno a tutti questi bambini nati e cresciuti in un mondo come quello che abbiamo creato. Ci vogliono tanto coraggio e tanta speranza anche per credere che il Cuore della propria figlia farà una piccola differenza da qualche parte del mondo, dove vorrà lei.


Tablet Social di Valentina Mele

Fermi! Mettetevi in posa! Dite cheese! Click. Come è cambiata la fotografia

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Queste sono all’incirca le frasi tipiche che pronuncia il fotografo di turno. Dall’altro lato c’è un attimo di fermento, poi ci si mette in posa, si dice cheese per far sì che il sorriso venga meglio e si attende il click. Il simpatico del gruppo all’ultimo secondo fa le corna dietro la testa di un amico o le orecchie da coniglio. Il risultato finale è una foto allegra che rappresenta la compagnia di amici, perlopiù in piedi e abbracciati. Situazione tipica, no? … Non proprio, almeno non più. Negli ultimi anni le foto sono completamente cambiate, in alcuni casi evolute, in altri confuse. Sfogliando degli album fotografici di qualche anno fa si possono vedere più o meno sempre le stesse pose e le stesse espressioni. Lo scopo era quello di immortalare un momento felice, un’amicizia o un evento importante e chi ne era stato partecipe. Nei matrimoni era di rito fotografare gli sposi con gli invitati in piedi davanti la chiesa. Ecco, le foto dei matrimoni sono uno specchio del cambiamento: più avanti si è passati a foto sempre in posa degli sposi, ma abbastanza assurde. Per esempio la sposa sdraiata sul cofano della macchina e lo sposo dietro. Nell’ultimo periodo quello che va più di moda in questo ambiente sono le foto, cosiddette, reportage, dove il fotografo saltando da un punto ad un altro dell’evento scatta foto riprendendo momenti importanti e soprattutto veri del giorno più bello. In questo caso si è passati dall’immortalare delle persone al fissare dei ricordi. E se il fotografo è bravo potrà regalare agli sposi il ricordo di ogni momento, anche il meno importante per sempre. Questa evoluzione si è trasmessa nella vita di tutti i giorni, grazie all’avvento del digitale che permette di verificare il risultato della foto e cancellarla nel caso in cui non sia perfetta. Le persone hanno iniziato, quindi, a scattare foto non in posa ma in momenti buffi e divertenti, la caratteristica principale è che fossero veri. Qualcosa però è cambiato di nuovo e il colpevole di ciò è il social network! Ebbene sì, lo so che si tende a dare ormai la colpa di ogni cosa ai social ma il punto è che sono entrati così tanto nella nostra vita da cambiarla notevolmente. Improvvisamente ci siamo sentiti un po’ tutti protagonisti di qualcosa, ci siamo sentiti tutti delle piccole star e il nostro angolo di gloria è l’account facebook, instagram... Abbiamo iniziato a quel punto a scattare foto di ogni istante della vita: quello che facciamo, che mangiamo, con chi passiamo il tempo e molto altro ancora. Praticamente quello che hanno sempre fatto i paparazzi, possiamo dire che siamo diventati i paparazzi di noi

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stessi. Coloro che lo facevano di professione, temo, dovranno cercare un altro lavoro. Gli stessi personaggi famosi sono diventate persone reali con i loro account. Una volta il paparazzo si doveva arrampicare su un albero, rischiare la propria vita, per fotografare Jennifer Lopez struccata dentro casa sua, adesso invece è la stessa Jlo ha pubblicare la foto appena sveglia e senza trucco sul suo instagram. Ed è così che siamo approdati nel mondo dei selfie. Il selfie (o la selfie, cioè un piccolo contenzioso tra chi dice che è femminile e chi maschile) è una foto scattata dal fotografato stesso, praticamente l’odierna forma dell’autoritratto, e pensare che il capostipite ignaro è Mr Bean che era costretto a scattarseli perché viaggiava sempre da solo. Hanno perso quella connotazione sfigata, passatemi il termine, per diventare una moda, combinata al poter fare un’infinità di foto (i cari vecchi rullini con un massimo di 36 foto sono solo un vago ricordo) porta a scattarsi foto, controllare e in caso rifarle. L’obiettivo è sempre quello di venire al meglio. Ricapitolando: da una comitiva in posa che dice cheese ad un fotografo a debita distanza, a ragazzi che si scattano foto da soli, nel loro quotidiano. Siamo passati dal voler fissare un ricordo al voler testimoniare la nostra vita. In fondo, fino a qui, sembra trattarsi di una naturale evoluzione tecnologica, poi qualcosa è successo di nuovo. O meglio sta succedendo proprio ora: il mondo della fotografia amatoriale sta vacillando: il futuro della foto inizia ad essere veramente confuso. Il futuro è come sempre nelle mani dei giovani e qualcuno ha notato le foto dei più giovani nell’ultimo periodo? Visi tagliati, smorfie, teste chinate, primi piani di labbra, abbracci con i volti coperti, mani davanti il viso... Che diavolo è successo alle foto? Parte del motivo va ricercato anche in una nuova “danza”, che pare spopoli tra i giovani: la dab dance. I primi a portarla sono stati alcuni calciatori, i più giovani ovviamente, che dopo ogni goal la praticano. Principalmente consiste nel chinare e coprire il volto con il braccio, di conseguenza molti ragazzi adesso si fanno foto in questa posizione. Come siamo passati dal voler mostrare ogni istante della propria vita, anche i momenti più banali, fotografandoci in continuazione con l’ossessione di venire perfetti a questo? Abbiamo toccato il punto più alto della vanità per poi sprofondare nella vergogna. Non è ironico che i figli diretti della vanità si coprano il viso?


+ Design

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di Alessandra Lino - Creativa Seriale

Portiamo il colore nelle nostre case … Aggiungiamo sapore! 1

Sono appena rientrata dal Messico e negli occhi ho ancora quei meravigliosi colori che mi ispireranno nelle nuove progettazioni che intraprenderò con il nuovo anno. Sono piena di idee e mi guardo continuamente intorno, anche nel mio appartamento, per capire come inserire gli splendidi elementi di arredo che mi sono riportata a casa. Quando torno da un luogo, cerco di portare con me i ricordi di viaggio nella vita di tutti i giorni perché sono convinta che un viaggio, qualunque esso sia, non finisce quando si torna a casa! Voglio parlarvi dell’Interior Design Messicano, perché anche voi tutti possiate farne tesoro con la speranza che qualche immagine possa guidarvi e - perché no? - aiutarvi nel possibile relooking di un ambiente o della vostra intera casa. L’architettura messicana è un’interessante fusione di elementi ispanici e coloniali. Nelle metropoli moderne esprime il ricordo di un percorso glorioso e racconta il passaggio di culture lontane che hanno influenzato la storia di questo paese, lasciando un segno indelebile. Nei piccoli centri si trovano tracce di un passato coloniale, impresso dai conquistatori spagnoli, ma che è stato elaborato e personalizzato con i colori, i sapori e i profumi di una cultura indios mai rinnegata. La popolazione messicana si rivela soprattutto nell’uso dei colori, delle decorazioni e attraverso meravigliosi tessuti. Gli interni come gli esterni sono semplici e ad esaltarli ci pensano i colori brillanti ed esotici mixati tra loro con l’uso di tinte dai toni pastello. Le case sono spazi creativi ed accoglienti che ospitano mobili rustici ed oggetti singolari. Lo stile è ricco e pieno di piccoli dettagli. Gli esterni diventano interni. Ma come definire realmente questo stile?! Come riconoscerlo e come mixare insieme tanti elementi? Ecco i punti salienti: Colori: la paletta - colori comprende toni ricchi e sfumature vibranti sia per i colori caldi sia per quelli freddi. Tra le tinte ricorrenti troviamo il rosso, il corallo, il fucsia, l’indaco, l’arancione, il giallo, la gamma delle terre, il petrolio, il blu, il verde, ecc …

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Tessuti: rigati o a stampe con soggetti primitivi o floreali, sono importanti nelle case e negli appartamenti messicani quali elementi di comfort in grado di portare calore raccontando la storia del luogo. (Foto 3) Piastrelle: rigorosamente dipinte a mano, smaltate e opache, montate a disegno o mischiate tra loro esse aggiungono carattere a scale, a imbotti, a pavimenti, a bagni 2 e a cucine. ( foto 5 e 6) Pavimenti: in pietra, ceramica o legno. Pareti: rigorosamente colorate e 6 pronte ad accogliere le decorazioni dalle più tipiche (a carattere religioso) (foto 4), ai patti in ceramica, agli specchi con cornici decorate, ai tessuti che all’occorrenza diventano quadri, e agli allegri sombreri in paglia. Soffitti: a tinta oppure con travi di legno La connessione con la natura è sempre presente. Il soggetto naturale viene utilizzato anche nella decorazione di piastrelle e nei tessili. Le piante entrano in casa e i patii diventano dei 5 veri interni. (foto 1 e 2) Così, colori folli e approccio minimale creano uno spazio sofisticato ed unico. (Foto 7 e 8) Quindi, se amate il look dei colori vivaci, l’arredamento rustico, il ferro battuto e le influenze dei nativi americani, allora si potrebbe pensare di prendere in considerazione l’Interior Design Messicano per ravvivare le vostre case. Per qualsiasi informazione, consiglio e ispirazione in più, scrivetemi su creativitaseriale@gmail.com A presto!

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S cadenzario Fiscale Anna Maria De Calisti commercialista

Lo Studio De Calisti Anna Maria saluta tutti i Lettori che si inoltrano nello scadenzario fiscale di Febbraio 2017.

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La prima scadenza del mese è il 9 febbraio giorno utile per l’invio dei dati relativi al Sistema Tessera Sanitaria per la predisposizione delle spese sanitarie, da portare in detrazione nel 730 precompilato 2017. Tale scadenza riguarda chi eroga prestazioni sanitarie e farmaci.

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Chi non ha potuto pagare omettendo imposte e ritenute (non versate o versate in misura insufficiente entro il 16 gennaio 2017), con l’opportuno calcolo può ravvedersi entro il 15 febbraio.

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Lo Studio rammenta che avendo dipendenti o collaboratori occasionali, la scadenza del 16 febbraio prevede: IRPEF, Ritenuta d’acconto, contributi INPS. In riferimento ai Titolari di Partita Iva iscritti nell’albo Artigiani o Commercianti, la scadenza del 16 febbraio prevede i contributi INPS relativi al 4° trim. 2016 e la liquidazione INAIL del premio annuale 2016 – 2017. Inoltre, entro il 16 Febbraio coloro che sono titolari di Partita Iva e si trovano sotto un regime IVA mensile dovranno effettuare il versamento.

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Con la scadenza del 27 Febbraio coloro che ne sono soggetti, devono presentare gli elenchi riepilogativi Intrastat.

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Inoltre con la scadenza del 28 Febbraio termina la presentazione della Dichiarazione per l’autoliquidazione INAIL 2016/2017 relativa alle retribuzioni corrisposte nell’anno 2016. Lo Studio rammenta una novità di quest’anno che entro il 28 Febbraio i titolari di Partita Iva, dovranno presentare in forma autonoma, tramite invio telematico, direttamente o tramite intermediari abilitati, la Dichiarazione IVA 2017 per l’anno d’imposta 2016.

Si rinnova ai lettori che lo Studio essendo anche CAF CGN è in grado di fornire ulteriori servizi tra cui: • 730 per coloro che sono dipendenti, collaboratori, pensionati. • Gestione Badanti e Colf. • Fatture Elettroniche per Enti pubblici. • Successioni. Lo Studio ringrazia per l’attenzione dei lettori e rimane a disposizione per ogni ulteriore chiarimento.

Studio De Calisti Anna Maria - Via Leonardo Mellano 72 - 00125 Roma - 06/52352585 cell. 3333087137 - email: amdec@libero.it Continua da pagina 3 Non esistono zone a rischio zero, le famose antisismiche, persino la leggenda della Sardegna è stata svelata dall’Istituto Nazionale di Geofisica che ha rilevato ben 8 terremoti negli ultimi 400 anni. La mano dell’uomo, tuttavia, può peggiorare le cose. Tutto può succedere, banale ma vero, se esiste la possibilità di un buco nero o di un 6 al Superenalotto, c’è anche quella che una zona con poco rischio sismico, si rende protagonista di una tragedia. Ma la verità è che per vincere al Superenalotto devi giocare per aumentare le possibilità. L’uomo allora ha deciso di rischiare anche sulla propria pelle. Costruendo ai piedi delle montagne, sugli argini dei fiumi, sopra le falde acquifere, sulla faglia di Sant’Andrea in California quanto ai Castelli Romani, ma davvero una casa o una vacanza a tutti i costi valgono una vita? Si spera in un futuro lontanissimo ma le cose riaccadranno, non è la natura ad uccidere, non è Dio, è l’uomo! Nel 1639 un terremoto spazzò via la Valnerina ed Amatrice, nel 1703 L’Aquila visse un sisma che sprigionò 5 volte l’energia di quello del 2009! Ha avuto senso ricostruire in quegli stessi posti? Centinaia di anni dopo viene da dire di no, ma come si fa a sradicare persone e tradizioni da una terra? Si può fare, ma solo a determinate condizioni, con la tecnologia ed appalti trasparenti ad esempio, se abbiamo 10 denari e costruire antisismico ne costa 20, non si può fare, se il privato o lo Stato non può farlo, non si deve fare. È durissimo da accettare, ma immaginiamo lo scenario del ‘700: si è ricostruito. Male. Dopo le guerre del ‘900 si è ricostruito. Male. Ovunque. Eppure oggi c’è un progresso, una scienza ed una tecnica di altissimo livello, i mezzi per costruire e gli strumenti per sapere certe cose ci sono e non possiamo ignorarlo. Se per arrivare a 20 denari si devono cancellare sprechi e ad esempio dimezzare gli stipendi dei politici, si deve fare, ma questo è un altro lungo discorso. Oggi il popolo è debole, l’altra faccia della medaglia è questa indignazione che monta tra le persone solo nei momenti di catastrofe, ma che poi passata la ‘nuttata’ torna ad essere “caffè, cornetto, lavoro, dove andiamo in vacanza?” Intanto il governo vende certezze per gli abitanti colpiti e il meteo diventerà clemente. Invece noi siamo capaci solo a far girare filmati e messaggi su Facebook e poi a votare con gli occhi chiusi il meno peggio. E’ una visione realista o pessimista? C’è chi invece scommette che le cose cambieranno, che entro 10 anni saremo, per scelta o obbligati, un paese fuori dalla Nato, fuori dalla UE, con una guerra tra poteri forti che non vorranno mollare e italiani terzomondisti che vorranno prendersi la rivincita di 70 anni di angherie e soprusi. La recente notizia diffusa nell’ultimo rapporto della Ong Oxfam di 8 uomini che contano come quasi 4 miliardi di persone è semplicemente immorale. L’italiano, l’uomo, questo lo sa? Oppure è più facile continuare a dare la colpa al fato e alla natura? Lorenzo Sigillò


Lo Studio offre servizi di consulenza del lavoro





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