R.A. marzo 2012

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scheda

Suore Missionarie di Nostra Signora degli Apostoli

v i s i t ate i l n o s t ro

sito w w w .nsaita

Indirizzi

PROCLAMARE ED INSEGNARE IL VANGELO Il mandato missionario che i discepoli hanno ricevuto dal Signore (cf. Mc 16, 15) contiene un esplicito riferimento alla proclamazione e all’insegnamento del Vangelo. Il compito della Chiesa consiste quindi nel realizzare l’annuncio e la trasmissione del Vangelo, che è «potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede» (Rm. 1, 16) e che in ultima istanza si identifica con Gesù Cristo (cf. 1 Cor. 1, 24). Il Vangelo è una Parola viva ed efficace, che opera ciò che dice. È una persona: Gesù Cristo come Parola definitiva di Dio, fatta uomo. TRASMETTERE LA FEDE È favorire l’incontro fra gli uomini e Gesù Cristo. È creare in ogni luogo e in ogni tempo le condizioni perché questo incontro tra gli uomini e Gesù Cristo avvenga. Il fine della trasmissione della fede, il fine della evangelizzazione è di portare «per Cristo al Padre nello Spirito» (Ef 2, 18) è questa l’esperienza della novità del Dio cristiano. In questa prospettiva trasmettere la fede in Cristo significa creare le condizioni per una fede pensata, celebrata, vissuta e pregata. AGOSTINO PLANQUE E IL SUO METODO MISSIONARIO Una intensa vita spirituale: più si è santi più si è missionari: “La vita spirituale non è altro che l’unione intima con Dio, più sarà forte ed intima, più la vita sarà abbondante. Vivete in Dio e per Dio. È il modo migliore per trovare la gioia, perché Dio è verità e amore”. “La libertà assolutamente necessaria è la libertà dal peccato! Ogni giorno noi domandiamo a Dio che il suo Nome sia santificato, che il suo Regno venga, che si faccia la sua volontà… non dimentichiamo ciò che vogliono dire queste parole. Perché qui c’è la giustizia e la vera libertà dei figli di Dio. Volere tutto ciò è il solo bene”. L’amicizia con Cristo: amato, imitato, servito: “Cercate in tutto Gesù Cristo, il vostro migliore amico ed unico appoggio. La vita di Gesù contiene tutto quanto ci è necessario per giungere alla santità: deve essere la nostra meditazione quotidiana”. “Nella vita si incontrano difficoltà e pene, esse sono la croce e la croce ci unisce a Gesù,colui ci rende forti nella nostra debolezza. Gesù è con noi per darci riposo e farci sperimentare la libertà dei figli di Dio…”

Regina Apostolorum nsa

ALGERIA sr FERRARIO Flora sr CATAPANO Sandra 5 Rue des Fréres Ould Ahcéne · 31007 EL MAQQARI ORANO T. 00213 041 282218 · florafnda@yahoo.fr sandra.catapano#@yahoo.it

BURKINA FASO sr COMI Alma

Siamo presenti in

Rivista Trimestrale Anno 25

l i a . o rg

marzo 2012 · N

1

Francia · Irlanda · Italia · Olanda Argentina · Canada Algeria · Benin · Botswana Burkina Faso · Ciad · Costa D’Avorio Egitto · Ghana · Libano · Niger Nigeria · Tanzania · Togo

B.P.264 DIABO T. 00226 40 77 50 12 · comi.alma@yahoo.fr

TCHAD sr ALBERTI Margherita B.P. 152 SARH T. 00235 68 13 51 · marghensa@tiscali.it

TOGO sr PROFUMO Etta B.P. 36 KOLOWARE - SOKODE T. 00228 90 37 144 · ettanda@yahoo.fr

COSTA D’AVORIO sr MARTINELLI Marisa 03 B.P. 332 ABIDJAN 03 ADJAME T. 00225 20 37 12 52 · marisa.nelli@tiscali.it

sr. SCHIAVON Annamaria B.P.113 FERKESSEDOUGOU T. 00225 36 86 80 02 · annamariasc@yahoo.fr

sr GEROSA Enrica sr BOLZAN Giuliana B.P. 44 GAGNOA · T.00225 32 77 27 24 gerosaenrica@yahoo.fr · giulibo@email.it

sr BIASINI Mariangela B.P. 35 KADIOLO MALI T. 00225 36 86 70 72

sr SANGALLI Piera B.P. 158 ABIDJAN 18 T. 00225 21248720 · piera_nda@yahoo.fr

La mancanza della mia TERRA

N.S.A MILANO Sede Provinciale Via Accademia, 15 · 20131 Milano tel: 02.70600256 · fax: 02.70634815 nsa-mi@iol.it www.nsaitalia.org

N.S.A AIRUNO Via Solaro,19 · 23881 Airuno LC tel: 039. 9943 080

Animazione Missionaria

Via Solaro, 21 · 23881 Airuno LC tel: 039. 9271 125 · animazione-nsa@libero.it

N.S.A BARDELLO Piazza Trieste, 5 · 21020 Bardello VA tel: 0332.743379 · 0332.746246 Cenacolo

N.S.A MARINO Via Colizza, 56 · 00047 Marino Laziale RM tel: 06.93661138 · fax. 06.93800157

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MISSIONE Bonifico (IBAN) IT36 PO56 9601 6020 0000 6007 X52, intestato a Provincia Italiana Congregazione Suore Missionarie N. S. Apostoli

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IL MANDATO MISSIONARIO

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CHE CERCATE? Lettera aperta ai giovani

MESSAGGI AL MONDO

RIPROGETTARE con nuove forme di IMPEGNO


che ci lega, io mi considero responsabile. È di Dio che sei stato privato, è Dio che dovrei restituirti. Ma tu sai che la Fede non posso, non possiamo donarla. Devo cercare di darti Dio in un altro modo. Tu crederai o non crederai, come vuoi. Io La sola porta che si apre sulle nozze di Dio, con i suoi amici è la porta

terrò Dio accanto a te. Cristo ha detto, ed è il nocciolo di tutta la vita cristiana, di amare Dio con tutto il nostro cuore e

dell’amore, della sollecitudine fraterna.

più di tutto, e di amare tutti gli uomini

A questa porta Madeleine Delbrel è

come noi stessi. È questo il modo in cui

rimasta affezionata per tutta la vita: ha

ha voluto che noi fossimo cristiani. E

atteso paziente all’esterno, non si è stancata di bussare, l’ha aperta per far

questo amore che prendo con me per tornare accanto a te (…). Con lui tutto

Pellegrinaggio SMA-NSA Domenica 29 aprile 2012

entrare chi era fuori, l’ha varcata per

un ordine assoluto. Tutto inizia così dal

Santuario della Madonna del Carmine San Felice del Benaco • lago di Garda

uscire incontro a chi era rimasto

basso, così concreto, e così materiale

PROGRAMMA DELLA GIORNATA

escluso. Tenere Dio accanto a quelli di

e corporale, che puoi volerlo: amare è

cui lei si faceva prossimo. Cosi con la sua vita è stata capace di realizzare

inizia e tutto finisce con «Amerai» che è

versare un bicchiere d’acqua a chi ha sete, dar da mangiare a chi ha fame, dare un ricovero a chi è senza. È essere

quello che lei stessa auspicava: che

in prigione col prigioniero, all’ospedale

Cristo ci insegni a riconoscerlo dove

vicino al malato. È avere il cuore distrutto

egli è e a portarlo dove egli non é.

da ogni preoccupazione ogni pena, ogni dolore dell’altro. È essere un fratello per

Madeleine Delbrel (1904-1964), poetessa, assistente sociale, mistica, è una delle più singolari figure spirituali del XX secolo.

ciascuno e un fratello per tutti, è vivere

con gioia per loro e per loro morire.

(Testo scritto in occasione della grande missione che ebbe luogo a Clermont-Ferrant nel corso del 1961 e rivolto ad un ateo.)

11.00 Celebrazione Eucaristica 12.30 Pranzo al ristorante (Prezzo 17,00 €). È prevista una sala per accogliere coloro che porteranno il pranzo al sacco 14.45 Testimonianze dei nostri missionari/e di ritorno dall’Africa 16.00 Partenza Come arrivare: Da Milano: Prendere l’autostrada A4, uscire a Brescia Ovest, continuare sulla SP BS11, prendere l’uscita in direzione Verona/ Salò, continuare seguendo la direzione per Salò (SS 45BIS), proseguire seguendo le indicazioni per San Felice del Benaco. Da Genova: Dall’autostrada A7, seguire la direzione per Piacenza, continuare sull’autostrada A21 fino a Brescia Centro, seguire la direzione per la SS 11 Verona/Mantova, uscire in direzione Verona/Salò, proseguire in direzione di Salò percorrendo la SS 45BIS, continuare seguendo le indicazioni per San Felice del Benaco. Da Brescia: Percorrere la SP BS11 in direzione Centro/Tangenziale Sud, uscire in direzione Verona/Salò, continuare in direzione di Salò percorrendo la SS 45BIS, proseguire seguendo le indicazioni per San Felice del Benaco.

Per informazioni e prenotazioni: P. Toni - Sr. Marta . 049 9900494 . smaferiole@smaferiole.org P. Andrea . 010 307011 . consitalia@missioni-africane.it Sr. Martina . 02 70600256 . animazione-nsa@libero.it

Annunciazione. Abside, pittore Maestro di S. Felice 1486

hanno lasciato solo. A motivo dell’unità

APPUNTAMENTI

per separarti da Dio, dei cristiani ti

APPUNTAMENTI

Nel momento in cui tu hai fatto di tutto

Rifletti Qual è il tuo rapporto con il Vangelo? Com’è presente nella tua preghiera e nella tua vita di ogni giorno? Hai letto almeno una volta per intero i quattro Vangeli? Il Nuovo Testamento… la Bibbia? Quali sentimenti suscita in te l’espressione “intimità” con Cristo, “stare” con Gesù? Qual è il tuo modo di annunciare trasmettere la tua fede nel contesto in cui vivi? Le tue fatiche…

Prega Ti benediciamo Signore per il dono della fede, per i credenti, antichi e nuovi, che hanno ascoltato la tua Parola. Ti lodiamo per la terra buona dove è caduto il seme del Vangelo producendo il trenta, il sessanta e anche il cento per uno. La tua Parola veramente illumina e riscalda, ci parla nell’oggi della vita, ci spinge sui sentieri del tuo Regno. Per il miracolo della tua Parola, inesauribile nutrimento di fede, lascia che ti ringraziamo, Signore! Per il fuoco che essa ha fatto ardere nel nostro petto e nel petto di tanti, ti benediciamo, nostro Dio! Perché per noi e per tanti Parola di vita eterna, che ha alimentato la fede, ha tenuto accesa la speranza, ha nutrito la carità anche in ore difficili, ti rendiamo grazie, Signore! Lampada ai passi del tuo popolo è la tua Parola che cammina nella notte del tempo. Ti rendiamo grazie per quel tanto di luce, che di volta in volta hai voluto concederci perché procedessimo nell’umiltà e nella verità, nella consolazione spirituale e nella speranza. AMEN (Card. Carlo Maria Martini)

Completa e conserva questa scheda che ti accompagnerà per i prossimi numeri


Editoriale

fratelli in UMANITÀ Essere

C

arissimi amici, ho trovato “semplicemente” e “straordinariamente” missionario il Messaggio di Benedetto XVI per la Quaresima 2012. Vi propongo alcuni passaggi significativi: • fissare lo sguardo sull’altro, prima di tutto su Gesù, e ad essere attenti gli uni verso gli altri, a non mostrarsi estranei, indifferenti alla sorte dei fratelli. • Anche oggi risuona con forza la voce del Signore che chiama ognuno di noi a prendersi cura dell’altro. Anche oggi Dio ci chiede di essere «custodi» dei nostri fratelli (cfr Gen 4,9), di instaurare relazioni caratterizzate da premura reciproca, da attenzione al bene dell’altro e a tutto il suo bene … l’essere fratelli in umanità e, in molti casi, anche nella fede, deve portarci a vedere nell’altro un vero alter ego, amato in modo infinito dal Signore. Se coltiviamo questo sguardo di fraternità, la solidarietà, la giustizia, così come la misericordia e la compassione, scaturiranno naturalmente dal nostro cuore. • L’attenzione all’altro comporta desiderare per lui o per lei il bene, sotto tutti gli aspetti: fisico, morale e spirituale Il bene è ciò che

suscita, protegge e promuove la vita, la fraternità e la comunione. La responsabilità verso il prossimo significa allora volere e fare il bene dell’altro, desiderando che anch’egli si apra alla logica del bene; interessarsi al fratello vuol dire aprire gli occhi sulle sue necessità. • Il «prestare attenzione» al fratello comprende altresì la premura per il suo bene spirituale … in vista della salvezza eterna. • I discepoli del Signore, uniti a Cristo mediante l’Eucaristia, vivono in una comunione che li lega gli uni agli altri come membra di un solo corpo. Ciò significa che l’altro mi appartiene, la sua vita, la sua salvezza riguardano la mia vita e la mia salvezza. Tocchiamo qui un elemento molto profondo della comunione: la nostra esistenza è correlata con quella degli altri, sia nel bene che nel male; sia il peccato, sia le opere di amore hanno anche una dimensione sociale. • Attenzione agli altri nella reciprocità è anche riconoscere il bene che il Signore compie in essi e ringraziare con loro per i prodigi di grazia che il Dio buono e onnipotente continua a operare nei suoi figli. Quando un cristiano scorge nell’altro l’azione dello Spirito Santo, non può che gioirne e dare gloria al Padre celeste (cfr Mt 5,16). L’attenzione reciproca ha come scopo il mutuo spronarsi ad un amore effettivo sempre maggiore, «come la luce dell’alba, che aumenta lo splendore fino al meriggio» (Pr 4,18). • Di fronte ad un mondo che esige dai cristiani una testimonianza rinnovata di amore e di fedeltà al Signore, tutti sentano l’urgenza di adoperarsi per gareggiare nella carità, nel servizio e nelle opere buone (cfr Eb. 6,10). A tutti l’augurio di un cammino quaresimale fecondo e santo che ci porti alla gioia di Pasqua. La Redazione


Il CUAMM e i suoi 60 anni di storia OBIETTIVI DEL MILLENNIO

Nei suoi obiettivi sanitari, “Medici con l’Africa Cuamm” è impegnato in particolar modo per: • Eliminare la povertà estrema e la fame Il traguardo: dimezzare, entro il 2015, la percentuale di persone che vivono con meno di un dollaro al giorno e di persone che soffrono la fame. • Raggiungere l’istruzione primaria universale Il traguardo: assicurare, entro il 2015, che in ogni luogo i bambini e le bambine siano in grado di portare a termine un ciclo completo di istruzione primaria. • Promuovere l’uguaglianza di genere e I’empowerment delle donne Il traguardo: eliminare la diseguaglianza di genere nell’istruzione primaria e secondaria preferibilmente entro il 2005 e a tutti i livelli di istruzione entro il 2015. • Diminuire la mortalità infantile Il traguardo: ridurre di due terzi, entro il 2015, il tasso di mortalità infantile al di sotto dei cinque anni d’età. • Migliorare la salute materna Il traguardo: ridurre di tre quarti, entro il 2015, il tasso di mortalità materna. • Combattere l’Hiv/Aids, la malaria e le altre malattie Il traguardo: arrestare, entro il 2015, e invertire la tendenza alla diffusione dell’hiv/ aids, della malaria e di altre malattie, quali la tubercolosi. • Sviluppare un partenariato globale per lo sviluppo Sono stati 189 stati i membri delle Nazioni Unite che nel 2000 hanno sottoscritto la Dichiarazione del Millennio con la quale si sono impegnati a costruire un partenariato per lo sviluppo, attraverso politiche e azioni concrete volte a eliminare la povertà. Assicurare la sostenibilità ambientale Il traguardo: integrare i principi di sviluppo sostenibile nelle politiche e nei programmi dei paesi, arrestare la perdita delle risorse ambientali, dimezzare il numero di persone che non hanno accesso all’acqua potabile. Contatti: Medici con l’Africa Cuamm • via S. Francesco 126 • 35121 Padova 0039 049 8751279 0039 049 8751649 • cuamm@cuamm.org Rivista Trimestrale Anno 25. n. 1 Direttore Responsabile: Sr. Fiorina Tagliabue Autorizz. Tribunale di Varese n. 185 del 5.10.1966 Sped. in abb. post. art. 2 Comma 20 lettera C Legge 662/96 - Milano

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ASSOCIATA ALLA associazione stampa missionaria italiana iscritta all’unione stampa periodica

Garanzia di riservatezza Il trattamento dei dati viene svolto nell’ambito della banca dati della Rivista Regina Apostolorum e nel rispetto della legge 675/96 sulla tutela dei dati personali; la quale assicura che essi non sono trasmessi a soggetti terzi alle Suore Missionarie di Nostra Signora degli Apostoli. Chiuque desiderasse comunicare la cancellazione o modifiche può farlo inviando un fax alla redazione: n. fax 02.70.63.48.15.


Sommario 4

12

Vita nsa

Un pellegrinaggio, una BENEDIZIONE

Un’AMICIZIA che si MOLTIPLICA

30

Una CHIESA sempre più ECUMENICA

RIPROGETTARE IMPEGNO

22

26

Messaggi al mondo

con nuove forme di

18

Dalla missione

Dalla parte di 32

La mancanza della mia

TERRA

Camminando...

Adesso parliamo noi

CREATIVITÀ

Lettera aperta ai giovani

Parola d’ordine

Profili

SE IO FOSSI COPTO

38

CHE CERCATE?

42

“Tra POPOLI d’ONORE”

46

La CASA dell’AMORE


Vita nsa

Un una Gerusalemme

Q

pellegr BENED

uesto viaggio, davvero una benedizione! Sono felice di averlo potuto fare. È stato un risalire verso le mie radici spirituali, alle sorgenti limpide della tradizione cristiana. “La casa dell’amico non è mai lontana” dice un proverbio africano. E chi mi è più amico di Gesù? Lui il Signore della mia vita. Si va a trovare l’amico per fargli piacere ma anche per conoscere la sua famiglia, i vicini, i luoghi dove abita, come si vive, e tutto questo per amarlo di più, per capirlo meglio. È così che spiego il mio grande desiderio di voler fare questo pellegrinaggio, di andare a conoscere la sua terra là dove ha vissuto. E questo sicuramente mi aiuta a continuare, con forza, speranza e più entusiasmo e amore, il cammino quotidiano. È stupendo l’incontro con la terra di Cristo, con le strade e i villaggi attraversati da Lui, vedere quello che Lui ha visto, camminare dove Lui ha camminato con gli echi delle sue parole e dei suoi atti che

affiorano dai campi, dal lago di Tiberiade, dal deserto di Giuda, da Gerusalemme… mi sembra di essere ritornata a casa. I vangeli hanno un’altra dimensione, sono molto più concreti. Ora vedo dove Maria ha avuto la prima visita dell’angelo e dove ha avuto la seconda, non è difficile vederla salire alla fonte, magari passando davanti alla casa di Giuseppe. L’aver visto le loro grotte mi riconcilia con la grotta della nascita di Gesù. È normale, Maria non poteva partorire sul davanti della grotta in mezzo a tutti; nel locale dietro, dove si tengono gli animali è al riparo, è nell’intimità. Dopo la visita alla Basilica dell’Annunciazione, che racchiude la grotta, la casa di Maria. Dopo aver visitato il museo della Basilica, siamo stati alla chiesa di San Giuseppe che racchiude la sua casa. Mi sono seduta là a guardarlo lavorare e vedevo Maria e Gesù con lui, nella vita quotidiana. Inutile dire che ho pregato per tutte le famiglie, specialmente per le giovani coppie e per quelle in difficoltà.


grinaggio, EDIZIONE Siamo saliti al Monte Carmelo, visitato il santuario di Murhaka, piccolo ma molto bello, semplice, dove si stava bene con Gesù presente. Non solo Elia ha avuto la fortuna di vedere il Signore … Abbiamo attraversato il lago di Tiberiade, quante volte Gesù l’ha fatto con i suoi discepoli, quante volte si è fermato sulle rive di questo lago. Ecco anch’io sono stata lì. Ci siamo fermati a Tabga dove Gesù ha moltiplicato i pani e dove ha preparato la colazione per i suoi discepoli delusi per una notte di pesca infruttuosa. Dove ha chiesto a Pietro: “mi ami?” questa domanda era rivolta anche a me… cosa dire? Come rispondere senza raccontar bugie? Signore io vorrei tanto amarti, averti come il Signore della mia vita ma vedi le mie debolezze… guarda ti prego il fondo del mio cuore ed aumenta la mia fede. Al monte delle Beatitudini l’ho sentito ripetere il suo insegnamento proprio tutto per me. Ci siamo fermati a Cafarnao, alla casa di Pietro che era poi diventata la casa di

Gesù, perchè è lì che avevano l’abitudine di fermarsi. A Cafarnao un centurione romano si avvicina a Gesù per parlargli del suo servo che soffre terribilmente. Gesù è pronto ad andare da lui per guarirlo. Ne approfitto per presentargli i tanti ammalati che conosco e che vivono momenti terribili perché non si vede una possibilità di guarigione. Penso in modo particolare a David, agli ammalati di AIDS seguiti a Bethanie, a Maingara, a Kolowaré, a Ferké… e affido al Signore anche quelli che non conosco. Siamo andati a Bania alle sorgenti del Giordano, un fiume caro a Gesù, è andato lì per farsi battezzare da Giovanni. Ho rinnovato le mie promesse battesimali e ho camminato un po’ lungo questo piccolo fiume, sono passata sotto il ponte romano anche Gesù ha visto tutto questo. Il Monte Tabor, che splendore! Aveva ragione Pietro di voler fare tre tende e rimanere lì! Abbiamo celebrato nella cappella di Elia, la tenda che Pietro non ha potuto fare. Abbiamo incontrato la co-

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Vita nsa munità “Mondo X” che si occupa del luogo. Bravi giovani che escono dalla droga, hanno scelto bene il luogo, qui sono trasfigurati, cambiati, rinnovati. A Cana abbiamo visto il luogo del miracolo. Vedo Maria indaffarata a servire e Gesù con i suoi amici fanno festa. Qui molte coppie si sono ridetti il loro sì. Ho pregato per i fidanzati, gli sposi, le coppie in difficoltà, le coppie che convivono senza matrimonio. Da Nazareth, attraverso la Samaria, andiamo a Gerusalemme, passando per Nablus e visitiamo il pozzo di Giacobbe. Ho bevuto dell’acqua che anche Gesù ha bevuto un giorno, stanco del viaggio si era fermato qui e l’aveva chiesta alla samaritana. Visita al Monte Sion, a san Pietro in Gallicantu, Pietro è qui che ha rinnegato Gesù. Penso ai perseguitati per la loro fede, per i martiri che hanno il coraggio di non abbandonare Gesù… Alla casa di Caifa, mi ha impressionato la scala per la quale Gesù è salito e sceso, legato, insultato questa è la vera scala santa per me. È come se fosse presente. Andiamo al Cenacolo. Mi è spiaciuto per il gran disordine e baccano: un gruppo di francesi occupano tutte le panche disponibili, il loro accompagnatore, un prete credo, parla come se si dirigesse a 500 persone, dopo 20” è ancora lì. Aspetto di trovare un po’ di calma. Mi arrendo e mi metto in un angolino e rivedo Gesù per l’ultima Cena lo vedo lavare i piedi degli apostoli, ascolto le sue parole piene di tristezza. Giuda se ne va. È da qui che parte per il Gethsemani. Prego per i preti amici, per quelli in difficoltà. Eccolo che ritorna dopo la risurrezione per portare la pace. Prego perché la pace vera copra la terra cominciando da questo Paese. C’è un bell’ulivo in bronzo all’interno, proprio qui dove sono seduta, che simboleggia

credo, la pace di Gesù. Vedo Maria riunita qui con i discepoli in preghiera, aspettando lo Spirito Santo. Prego per il nostro istituto, per la Chiesa che qui è nata, e poi mi ricordo della mia cresima. Passiamo alla chiesa Dormitio della Vergine. Bella chiesa dedicata alla Madonna. Terminiamo con la Messa al Cenacolino. Andiamo al Monte degli Ulivi: mi impressiona essere dove Gesù è salito al cielo anch’io guardo in alto, forse credo di vederlo c’è l’edicola giustamente dell’Ascensione. C’è poi la chiesa di Betfage, dove Gesù è salito sull’asinello per l’entrata trionfale in Gerusalemme. Anch’io sono fra la folla. C’è poi il monastero del Paternoster. Appena entro vedo alla mia destra al secondo quadro il Padre Nostro in mooré è stato messo lì perché lo vedessi subito e non mi dimentichi del Burkina L’ultimo quadro che vedo è il Padre Nostro in milanese! C’è il luogo dove Gesù ha insegnato la Preghie-

Gruppo al completo


Sabato 19 novembre è stata per me la giornata più importante di tutto il pellegrinaggio: la

Nascita e la Morte di Gesù. Al mattino, dopo la messa nella grotta di san Gerolamo, non

lontana dalla grotta dove Gesù è nato, sono scesa alla grotta della Natività. Inginocchiarmi e baciare la stella, ringraziare, lodare, pregare in quei pochi minuti in cui ho potuto rimanerci. La folla tanta (…). Poi una capatina alla Chiesa al Campo dei pastori. Ecco i piccoli che sono stati invitati dagli angeli ed hanno risposto con fiducia alla chiamata ed hanno il privilegio di essere i primi ad adorarlo. Ad Ein Karim, alla basilica della Visitazione di Maria a Elisabetta. Bello sedermi lì dove certamente tutte e due si sono sedute a

ra. È anche il luogo dove Gesù ha pianto per Gerusalemme. C’è anche la tomba di Maria, nella necropoli. Al Getsemani c’è la basilica e la grotta dell’arresto. La passione di Gesù è iniziata qui. I suoi sentimenti si palpano in questo luogo, il suo martirio inizia e per che cosa se non per salvare noi poveri peccatori che viviamo come se Lui non fosse mai esistito Signore abbi pietà di noi! Signore perdonaci, davvero non sappiamo quello che facciamo, non sappiamo chi tu sei e non conosciamo di quale amore ci ami, con quanta passione ci vuoi felici. Misericordia Signore e grazie per tenere viva in me la memoria del tuo Martirio. Ti presento tutta l’umanità perché tutti siamo peccatori: salvaci! La Piscina Probatica dove Gesù ha guarito il paralitico. Sicuramente, questa piscina, era una sorgente termale come ce ne sono in questa zona. Davvero Gesù si è occupato di tutti, nelle più svariate situa-

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raccontarsi le cose di Dio, a

condividere le loro speranze, timori, l’attesa …


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Vita nsa zioni. Sono io attenta ai tanti bisogni delle persone che mi circondano? Li so vedere? Prego per gli ammalati soli, abbandonati, per le persone anziane nelle case di riposo, delle nostre suore di Bardello, Airuno, Marino… Tutti abbiamo bisogno di un sorriso, di una carezza, di una parola, proprio come Gesù ha fatto sempre a chiunque. Grazie per questo insegnamento. Apri Signore il mio cuore, liberami da me stessa. La Chiesa di Sant’Anna molto bella. È importante perché è lì che Maria è nata. Penso a tutte le mamme incinte, perché tutto vada bene per loro e per i neonati, i bambini abbandonati, che trovino persone capaci di amarli di custodirli di proteggerli come fu per Maria in questa casa. Via Dolorosa. Qui inizia la salita di Gesù al Calvario. Purtroppo la via crucis non è stata preparata dal gruppo. Siamo di corsa, mi dispiace. C’erano chiesette sul cammino dove potevamo entrare e pregare un istante e invece no, via di corsa. Cerco di viverla da sola ma non è questo che mi aspettavo. Vedo gruppi di pellegrini che pregano bene, che fanno seriamente la via crucis ed ho voglia di unirmi a loro, un gruppo è tedesco, l’altro italiano. Forse noi, come preti e suore, diamo tutto per scontato, come se non avessimo più sentimenti… Alla fine entriamo nella Basilica del Santo Sepolcro tanta gente, liturgie dei vari gruppi e non si può andare né al sepolcro né sul calvario. Riesco giusto ad inginocchiarmi alla pietra dove è stato deposto il corpo di Gesù e mi trovo lì con Giuseppe d’Arimatea, Nicodemo arrivato con 30 chili di aromi per prepare il corpo di Gesù alla sepoltura, c’è sicuramente Maria la Madre e le altre donne che la sorreggono, Giovanni. Mi fa male vedere che gli apostoli non ci sono, sono due discepoli che si occupano del corpo di Gesù.

Cosa avrà pensato Maria vedendo questo? Poveri apostoli! Non erano certo pronti al martirio. Meno male che poi verrà lo Spirito per ristabilire un po’ d’ordine. Vedo su quella pietra i corpi martoriati dei martiri per la fede e anche per gli altri uomini uccisi per motivi politici o semplicemente per cattiveria, odio, o addirittura per amore, gelosia. Vedo il corpo di Ben laden, di Gheddafi, di Alfonse, di tutte le vittime delle atrocità di Abidjan. Loro non hanno avuto nessuno che preparasse il loro corpo per la sepoltura. Sabato 19 novembre è stata per me la giornata più importante di tutto il pellegrinaggio: la Nascita e la Morte di Gesù. Al mattino, dopo la messa nella grotta di san Gerolamo, non lontana dalla grotta dove Gesù è nato, sono scesa alla grotta della Natività. Inginocchiarmi e baciare la stella, ringraziare, lodare, pregare in quei pochi minuti in cui ho potuto rimanerci. La folla era tanta e allora bisognava uscire per lasciar entrare gli altri pellegrini che aspettavano. Poi una capatina alla Chiesa al Campo dei pastori. Ecco i piccoli che sono stati invitati dagli angeli ed hanno risposto con fiducia alla chiamata ed hanno il privilegio di essere i primi ad adorarlo. Ad Ein Karim, alla basilica della Visitazione di Maria a Elisabetta. Bello sedermi lì dove certamente tutte e due si sono sedute a raccontarsi le cose di Dio, a condividere le loro speranze, timori, l’attesa. Lì oltre al pozzo di Elisabetta c’è anche la pietra dietro la quale Elisabetta ha nascosto Giovanni durante la persecuzione di Erode. È il luogo dove Elisabetta ha vissuto con il bambino. L’incontro di Maria ed Elisabetta è avvenuto qui, ma Giovanni è nato un po’ più distante, dunque forse la casa era là e qui il pozzo. Al ritorno a Gerusalemme non era tardi e così, Marghe e io, siamo andate alla Basi-


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Basilica dell’Annunciazione, Galilea

lica del Santo Sepolcro, dove siamo scese alla tomba di Gesù e poi su al Calvario. Che emozione. Essere lì, toccare, baciare quelle pietre sulle quali il corpo di Gesù è stato martoriato, dove Gesù ha sofferto e ci è rimasto per delle ore e poi là nel silenzio della tomba il suo corpo ha riposato. Il sudario, gli angeli. Tutto questo presente lì dove anch’io sono stata, quello che anch’io ho toccato. Sono rimasta senza parole. Non avevamo più niente da dirci. Il cuore era troppo pieno di gratitudine, di gioia ma nello stesso tempo di dolore. Come si può vivere tante emozioni contrastanti nello stesso momento? Spianata del Tempio, il palazzo trasformato in moschea, Aqz, la moschea della pietra, i colonnati, l’edicola dell’ascensione di Maometto, la vista della città. Tutto straordinario. Scendiamo al Muro Occidentale. Anch’io mi ero preparata la mia preghiera scritta su un minuscolo

biglietto da mettere nel muro: preghiera per la pace a partire da qui. Sono stata impressionata nel vedere le numerosissime ragazze che pregavano al muro. Mi sono trovata accanto ad una ragazza che con il suo libretto in mano, appoggiata la testa al muro piangeva, singhiozzando. Anche a me le lacrime sono scese. Quanta pietà ho visto. Ragazze che sembravano nate solo per pregare, per essere qui come testimoni di una fede. Probabilmente era il tempo della ricreazione, erano tutte in divisa, arrivavano da due punti della piazza in gruppetti, ma una volta arrivate qui, dopo essersi lavate le mani alla fontana ognuna partiva per conto suo e non era una preghiera di qualche minuto la loro. Passiamo al Cardo, alla città vecchia, quartiere ebreo. Al pomeriggio andiamo a Betania. Per arrivarci abbiamo dovuto fare un grande giro costeggiando “il muro della vergogna” (non so se si chiama


Vita nsa proprio così ma per me lo è!). Sono stata contenta di poter vedere questo luogo dove Gesù amava venire perché incontrava degli amici ed era sempre ben accolto. Anche lui aveva bisogno di amicizia, conforto, tenerezza, attenzione e questo mi piace. Ho camminato un po’ fra le mura del vecchio villaggio. Ho pensato forte

Siamo andate alla Basilica del Santo Sepolcro, dove siamo scese alla tomba di Gesù e poi su al Calvario. Che emozione. Essere lì, toccare, baciare quelle pietre sulle quali il corpo di Gesù è stato martoriato, dove Gesù ha sofferto e ci è rimasto per delle ore e poi là nel silenzio della tomba il suo corpo ha riposato. Il sudario, gli angeli…. Tutto questo presente lì dove anch’io sono stata, quello che anch’io ho toccato. Sono rimasta senza parole. Non avevamo più niente da dirci. Il cuore era troppo pieno di gratitudine, di gioia ma nello stesso tempo di dolore. Come si può vivere tante emozioni contrastanti nello stesso momento?

forte a Bethanie di Fada, agli ammalati, al personale. Lunedi, in viaggio per Haifa, ci siamo fermati a Wadi Qelt, nel deserto, per la messa. Era ancora presto. Emozionante, bello. Ho pensato al mondo, mi è sembrata una messa sul mondo a causa degli spazi attorno a noi. A Masada e a Qumran, agli scavi del monastero degli Esseni, dove sono state ritrovate delle pergamene dell’AT, Isaia quasi completo. A Gerico, al monte della Quarantena o delle Tentazioni, dove Gesù è venuto per 40 giorni per vivere in intimità col Padre. Non siamo saliti al monte, l’abbiamo solo guardato dal basso, peccato. Ci sono due monasteri, uno a mezza costa e uno in cima al Monte. Abbiamo visto il Sicomoro di Zaccheo e poi la Fonte di Eliseo. Al Sicomoro ho pensato a Gesù che interpellava Zaccheo. Gesù è passato da lì. Io non sono salita sull’albero ma sicuramente Gesù mi ha visto lì e mi ha chiamata. All’entrata di Gerico Gesù ha guarito un cieco, ho pensato a Cristina, Rino e tutti

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Suor Piera e suor Margherita con alcuni partecipanti al pellegrinaggio


11 i tanti ammalati che conosco che hanno bisogno di essere aiutati da Gesù come il cieco. Ci siamo fermati per quattro giorni ad Haifa alla Stella Maris, il convento dei carmelitani dove abbiamo vissuto un tempo di ritiro con Padre Saverio sulla ricerca di Gesù nei Vangeli. Partendo per Tel Aviv, la collina fiorita, passiamo da Jaffa: dove Pietro ha risuscitato Tabita. Lidda dove Pietro guarisce Enea. Ci fermiamo ad Emmaus, luogo tenuto dalla communauté dell’Emmanuel. Bellissimo posto. Bello ritrovarsi così, in compagnia dei due discepoli e di Gesù per vederlo ancora una volta spezzare il pane per noi. Bello il luogo, silenzoso, che porta alla preghiera. Qui Gesù si è fatto prossimo dei due discepoli scoraggiati, con la sua Parola e con le spezzare del pane, ha riscaldato loro il cuore, li ha rinfrancati, e da questo incontro, da queste parole e da questo banchetto nasce la missione: ripartono a Gerusalemme senza indugio. Ecco cosa mi spinge alla missione: La prossimità promessa, la Parola, l’Eucaristia e

allora anch’io posso ripartire con gioia, forza e coraggio. Al Kibbuz Lavi, aperto nel 1954, abbiamo avuto la fortuna di avere come guida la signora Eva, di origine svizzera, che ha scelto di venire a vivere qui in ricordo dei suoi genitori, morti ad Auschwitz. Loro erano molto religiosi e sovente le parlavano della Terra Promessa. Siamo stati anche al museo dell’Olocausto Yad Vashem, impressionante. Peccato di non aver avuto tempo per vedere la Sinagoga della Memoria. Sabato, partendo per Tel Aviv ci siamo fermati a Neve Shalom - Wahat as-Salam (Oasi della Pace). Il nome di questo villaggio è preso dal libro di Isaia 32,18 “il mio popolo abiterà un’oasi di pace”. Non abbiamo avuto una guida per la visita. Ma conoscendo un po’ lo scopo di questa comunità sono contenta di esserci passata. È un villaggio dove vivono insieme dei Giudei e dei Palestinesi (musulmani e cristiani) tutti cittadini d’Israele. Dal 1977 delle famiglie hanno scelto di vivere qui insieme nell’uguaglianza e l’amicizia, convinte che le loro differenze invece di essere causa di conflitti, possono essere, al contrario, sorgente di arricchimento. I membri del villaggio vogliono dimostrare così la possibilità di coesistenza sviluppando una comunità sociale e culturale, fondata sull’accettarsi mutualmente, il rispetto e la cooperazione nella vita quotidiana. Attualmente al villaggio ci sono 60 famiglie ma più di 300 sono in lista di attesa nella speranza di raggiungere la comunità. Le attività importanti della comunità sono: il nido, la scuola materna e la scuola elementare, poi la scuola della Pace, e il Centro Spirituale. Questa comunità ci dice che la Pace è possibile, senza muri e senza armi, abbattendo i pregiudizi e apprezzando ognuno i valori dell’altro. Suor Piera Sangalli, NSA


Messaggi al mondo

RIPROGETTA con nuove forme di

IMPEGNO


Pubblichiamo alcuni stralci del DISCORSO DEL SANTO PADRE AL CORPO DIPLOMATICO ACCREDITATO PRESSO LA SANTA SEDE

Non dobbiamo scoraggiarci ma riprogettare risolutamente il nostro cammino, con nuove forme di impegno. La crisi può e deve essere uno sprone a riflettere sull’esistenza umana e sull’importanza della sua dimensione etica, prima ancora che sui meccanismi che governano la vita economica.

TARE

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Messaggi al mondo

I

l momento attuale è segnato purtroppo da un profondo malessere e le diverse crisi: economiche, politiche e sociali, ne sono una drammatica espressione. A tale proposito, non posso non menzionare, anzitutto, gli sviluppi gravi e preoccupanti della crisi economica e finanziaria mondiale. Questa non ha colpito soltanto le famiglie e le imprese dei Paesi economicamente più avanzati, dove ha avuto origine, creando una situazione in cui molti, soprattutto tra i giovani, si sono sentiti disorientati e frustrati nelle loro aspirazioni ad un avvenire sereno, ma ha inciso profondamente anche sulla vita dei Paesi in via di sviluppo. Non dobbiamo scoraggiarci ma riprogettare risolutamente il nostro cammino, con nuove forme di impegno. La crisi può e deve essere uno sprone a riflettere sull’esistenza umana e sull’importanza della sua dimensione etica, prima ancora che sui meccanismi che governano la vita economica: non soltanto per cercare di arginare le perdite individuali o delle economie nazionali, ma per darci nuove regole che assicurino a tutti la possibilità di vivere dignitosamente e di sviluppare le proprie capacità a beneficio dell’intera comunità. Desidero ricordare che gli effetti dell’attuale momento di incertezza colpiscono particolarmente i giovani. Dal loro malessere sono nati i fermenti che, nei mesi scorsi, hanno investito, talvolta duramente, diverse Regioni. Mi riferisco anzitutto al Nord Africa e al Medio Oriente, dove i giovani, che soffrono tra l’altro per la povertà e la disoccupazione e temono l’assenza di prospettive certe, hanno lanciato quello che è diventato un vasto movimento di rivendicazione di riforme e di partecipazione più attiva alla vita politica e sociale. È difficile attualmente tracciare un bilancio definitivo dei recenti avvenimenti

e comprenderne appieno le conseguenze per gli equilibri della Regione. L’ottimismo iniziale ha tuttavia ceduto il passo al riconoscimento delle difficoltà di questo momento di transizione e di cambiamento, e mi sembra evidente che la via adeguata per continuare il cammino intrapreso passa attraverso il riconoscimento della dignità inalienabile di ogni persona umana e dei suoi diritti fondamentali. Il rispetto della persona deve essere al centro delle istituzioni e delle leggi, deve condurre alla fine di ogni violenza e prevenire il rischio che la doverosa attenzione alle richieste dei cittadini e la necessaria solidarietà sociale si trasformino in semplici strumenti per conservare o conquistare il potere. Invito la Comunità internazionale a dialogare con gli attori dei processi in atto, nel rispetto dei popoli e nella consapevolezza che la costruzione di società stabili e riconciliate, aliene da ogni ingiusta discriminazione, in particolare di ordine religioso, costituisce un orizzonte più vasto e più lontano di quello delle scadenze elettorali. Sento una grande preoccupazione per le popolazioni dei Paesi in cui si susseguono tensioni e violenze, in particolare la Siria,


15 dove auspico una rapida fine degli spargimenti di sangue e l’inizio di un dialogo fruttuoso tra gli attori politici, favorito dalla presenza di osservatori indipendenti. In Terra Santa, dove le tensioni tra Palestinesi e Israeliani hanno ripercussioni sugli equilibri di tutto il Medio Oriente, bisogna che i responsabili di questi due popoli adottino decisioni coraggiose e lungimiranti in favore della pace. Ho appreso con piacere che, in seguito ad un’iniziativa del Regno di Giordania, il dialogo è ripreso; auspico che esso prosegua affinché si giunga ad una pace duratura, che garantisca il diritto di quei due popoli a vivere in sicurezza in Stati sovrani e all’interno di frontiere sicure e internazionalmente riconosciute. La Comunità internazionale, da parte sua, deve stimolare la propria creatività e le iniziative di promozione di questo processo di pace, nel rispetto dei diritti di ogni parte. Seguo anche con grande attenzione gli sviluppi in Iraq, deplorando gli attentati che hanno causato ancora recentemente la perdita di numerose vite umane, e incoraggio le sue autorità a proseguire con fermezza sulla via di una piena riconciliazione nazionale.

Il Beato Giovanni Paolo II ricordava che «la via della pace è la via dei giovani» poiché essi sono «la giovinezza delle nazioni e delle società, la giovinezza di ogni famiglia e dell’intera umanità». I giovani, dunque, ci spronano a considerare seriamente le loro domande di verità, di giustizia e di pace. Pertanto è a loro che ho dedicato l’annuale Messaggio per la celebrazione della Giornata Mondiale della Pace, intitolato “Educare i giovani alla giustizia e alla pace”. L’educazione è un tema cruciale per ogni generazione, poiché da essa dipende tanto il sano sviluppo di ogni persona, quanto il futuro di tutta la società. Essa, perciò, costituisce un compito di primaria importanza in un tempo difficile e delicato. Oltre ad un obiettivo chiaro, quale è quello di condurre i giovani ad una conoscenza piena della realtà e quindi della verità, l’educazione ha bisogno di luoghi. Tra questi figura anzitutto la famiglia, fondata sul matrimonio di un uomo con una donna. Questa non è una semplice convenzione sociale, bensì la cellula fondamentale di ogni società. Pertanto, le politiche lesive della famiglia minacciano la dignità umana e il futuro stesso dell’umanità. Il contesto familiare è fondamentale nel percorso educativo e per lo sviluppo stesso degli individui e degli Stati; di conseguenza occorrono politiche che lo valorizzino e aiutino così la coesione sociale e il dialogo. È nella famiglia che ci si apre al mondo e alla vita e, come ho avuto modo di ricordare durante il mio viaggio in Croazia, «l’apertura alla vita è segno di apertura al futuro». In questo contesto dell’apertura alla vita, accolgo con soddisfazione la recente sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, che vieta di brevettare i processi relativi alle cellule staminali embrionali umane, come pure la Risoluzione


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Messaggi al mondo dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa, che condanna la selezione prenatale in funzione del sesso. (…) Continuando la nostra riflessione, un ruolo altrettanto essenziale per lo sviluppo della persona è svolto dalle istituzioni educative: esse sono le prime istanze a collaborare con la famiglia e faticano a compiere il compito loro proprio se viene a mancare un’armonia di intenti con la realtà familiare. Occorre attuare politiche formative affinché l’educazione scolastica sia accessibile a tutti e che, oltre a promuovere lo sviluppo cognitivo della persona, curi la crescita armonica della personalità, compresa la sua apertura al Trascendente (…) In tale prospettiva, ben si comprende come un’efficace opera educativa postuli pure il rispetto della libertà religiosa. Questa è caratterizzata da una dimensione individuale, come pure da una dimensione collettiva e da una dimensione istituzionale. Si tratta del primo dei diritti umani, perché essa esprime la realtà più fondamentale della persona. Troppo spesso, per diversi motivi, tale diritto è ancora limitato o schernito. Non posso evocare questo tema senza anzitutto salutare la memoria del ministro pachistano Shahbaz Bhatti, la cui infaticabile lotta per i diritti delle minoranze si è conclusa con una morte tragica. Non si tratta, purtroppo, di un caso isolato. In non pochi Paesi i cristiani sono privati dei diritti fondamentali e messi ai margini della vita pubblica; in altri subiscono attacchi violenti contro le loro chiese e le loro abitazioni. Talvolta, sono costretti ad abbandonare Paesi che essi hanno contribuito a edificare, a causa delle continue tensioni e di politiche che non di rado li relegano a spettatori secondari della vita nazionale. In altre parti del mondo, si riscontrano politiche volte ad emarginare

il ruolo della religione nella vita sociale, come se essa fosse causa di intolleranza, piuttosto che contributo apprezzabile nell’educazione al rispetto della dignità umana, alla giustizia e alla pace. Il terrorismo motivato religiosamente ha mietuto anche l’anno scorso numerose vittime, soprattutto in Asia e in Africa, ed è per questo, come ho ricordato ad Assisi, che i leaders religiosi debbono ripetere con forza e fermezza che «questa non è la vera natura della religione. È invece il suo travisamento e contribuisce alla sua distruzione». La religione non può essere usata come pretesto per accantonare le regole della giustizia e del diritto a vantaggio del “bene” che essa persegue. In questa prospettiva, sono fiero di ricordare, come ho fatto nel mio Paese natale, che per i Padri costituenti della Germania la visione cristiana dell’uomo è stata la vera forza ispiratrice, come, del resto, lo è stata per i Padri fondatori dell’Europa unita. Vorrei inoltre menzionare segnali incoraggianti nel campo della libertà re-


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Il rispetto della persona dev’essere al centro delle istituzioni e delle leggi, deve condurre alla fine di ogni violenza e prevenire il rischio che la doverosa attenzione alle richieste dei cittadini e la necessaria solidarietà sociale si trasformino in semplici strumenti per conservare o conquistare il potere. Invito la Comunità internazionale a dialogare con gli attori dei processi in atto, nel rispetto dei popoli e nella consapevolezza che la costruzione di società stabili e riconciliate, aliene da ogni ingiusta discriminazione, in particolare di ordine religioso, costituisce un orizzonte più vasto e più lontano di quello delle scadenze elettorali.

ligiosa. Mi riferisco alla modifica legislativa grazie alla quale la personalità giuridica pubblica delle minoranze religiose è stata riconosciuta in Georgia; penso anche alla sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo in favore della presenza del Crocifisso nelle aule scolastiche italiane (…). Nel continente africano, che ho nuovamente visitato recandomi re-

centemente in Benin, è essenziale che la collaborazione fra le comunità cristiane e i Governi aiuti a percorrere un cammino di giustizia, di pace e di riconciliazione, in cui i membri di tutte le etnie e di tutte le religioni siano rispettati. È doloroso constatare che tale meta, in vari Paesi di quel continente, è ancora lontana. Penso in particolare alla recrudescenza delle violenze che interessa la Nigeria, come hanno ricordato gli attentati commessi contro varie chiese nel tempo di Natale, agli strascichi della guerra civile in Costa d’Avorio, alla persistente instabilità nella Regione dei Grandi Laghi e all’urgenza umanitaria nei Paesi del Corno d’Africa. Chiedo, ancora una volta, alla Comunità internazionale di aiutare con sollecitudine a trovare una soluzione alla crisi che dura da anni in Somalia. Infine, mi preme sottolineare che una educazione rettamente intesa non può che favorire il rispetto del creato. Non si possono dimenticare le gravi calamità naturali che, nel 2011, hanno colpito varie zone del Sud-Est asiatico, e i disastri ambientali come quello della centrale nucleare di Fukushima in Giappone. La salvaguardia dell’ambiente, la sinergia tra la lotta contro la povertà e quella contro i cambiamenti climatici costituiscono ambiti rilevanti per la promozione dello sviluppo umano integrale. Pertanto auspico che, in seguito alla XVII sessione della Conferenza degli Stati Parte alla Convenzione ONU sui cambiamenti climatici, da poco conclusasi a Durban, la Comunità internazionale si prepari alla Conferenza dell’ONU sullo sviluppo sostenibile (“Rio+20”) quale autentica “famiglia delle Nazioni” e, perciò, con grande senso di solidarietà e di responsabilità verso le generazioni presenti e per quelle future. Benedetto XVI


Camminando...

Parola P d’ordine

CREATIVITÀ

ositivo il bilancio dell’anno 2011 dedicato alle famiglie; all’approfondimento del rapporto tra cultura e nuove tecnologie; al contributo dei vescovi alla riscrittura degli statuti nazionali dell’insegnamento cattolico; una riflessione sull’assemblea domenicale e la riaffermazione del significato di questa celebrazione con la partecipazione effettiva fedele alla messa; i temi dell’ecologia e dell’ambiente, il rispetto e insieme la difesa, dei simboli e valori cristiani. Il cardinale André Vingt-Trois ha chiuso l’assemblea plenaria della Conferenza episcopale francese, riunitasi a Lourdes dal 4 novembre, riassumendo i principali temi trattati durante l’incontro sottolineando la vitalità della Chiesa di Francia, testimoniata, in particolare, dalla creazione di un nuovo gruppo di lavoro e dal rinnovamento di più di due terzi delle presidenze delle commissioni e dei consigli. «Queste elezioni, ha detto, non sono il gioco delle sedie musicali di un’associazione, ma la trasmissione di sei anni di lavoro ecclesiale su campi vitali (liturgia, catechesi, ministeri, movimenti, famiglia e società, bambini e giovani, ecumenismo, relazioni interreligiose, comunicazione, diritto canonico), la trasmissione a volti nuovi che seguiranno una scia e daranno un rinnovato impulso». La novità più interessante è forse l’istituzione del gruppo di lavoro chiamato: «Ministri ordinati e fedeli laici: quale presenza dei cattolici nella società contemporanea?». Alla guida è stato chiamato monsignor Eric de Moulins-Beaufort, vescovo ausiliare di Parigi e membro della Commissione dottrinale della Conferenza episcopale. L’organismo composto da presuli ed esperti, dovrà animare la riflessione in quest’ambito durante le prossime assemblee plenarie, soprattutto, come ha spiegato monsignor


La parola d’ordine è «creatività»: la Conferenza dei religiosi e delle religiose di Francia la porrà al centro dell’assemblea generale del novembre 2012, mettendo in evidenza come la vita religiosa dia ancora prova di audacia profetica davanti alle sfide dell’epoca attuale. Ma serve più visibilità, soprattutto nei confronti delle nuove generazioni.

Bernard Podvin, portavoce dei vescovi, attraverso proposte tese a dare dinamismo alla presenza della Chiesa nella società contemporanea. Sulla vita religiosa in Francia, sui suoi mutamenti, sulla sua vitalità, hanno fatto il punto, a Lourdes, il vescovo di Nancy e Toul, Jean Louis Papin, Presidente della Commissione per la vita consacrata, padre Jean-Pierre Longeat e suor Florence de la Villeon, rispettivamente presidente e vice-presidente della Conferenza dei religiosi e delle religiose di Francia (Corref). Per lungo tempo, si legge in una sintesi dell’incontro, le congregazioni religiose hanno prosperato senza un intervento episcopale particolare. Rispondendo a bisogni specifici della società, secondo il proprio carisma, le fondazioni hanno spesso fatto da sole. Adesso che la crisi delle vocazioni riguarda anche la vita religiosa, i vescovi francesi vogliono lavorare assieme alla Corref per promuovere nuove ini-

ziative e dare ulteriore slancio. La parola d’ordine è «creatività»: la Corref la porrà al centro dell’assemblea generale del novembre 2012, mettendo in evidenza come la vita religiosa dia ancora prova di audacia profetica davanti alle sfide dell’epoca attuale. Ma serve più visibilità, soprattutto nei confronti delle nuove generazioni. Padre Longeat ha portato l’esempio di nuove fondazioni, come nella diocesi di Coutances et Avranches, dove una comunità internazionale accoglie i turisti sulle spiagge dello sbarco in Normandia, di comunità composte da più congregazioni (come la casa dell’“Arche” a Toul che aiuta le famiglie dei detenuti), di iniziative ecumeniche quali sono quelle proposte dalle diaconesse di Reuilly, protestanti, e dalle suore di Santa Clotilde, cattoliche, a Parigi. Il presidente della Corref ha insistito sul ruolo dei laici associati (40.000, cioè tanti quanto i religiosi), grandi collaboratori delle congregazioni con le quali condividono la spiritualità e il carisma del fondatore. Congregazioni che sono anche straniere. Al riguardo Monsignor Papin ha fornito cifre significative: 101 comunità femminili, nate da 80 congregazioni, installaste in 40 diocesi; e 44 comunità maschili in 23 diocesi. I componenti vengono dall’Europa: (Polonia); dall’Asia (Vietnam e India), dall’Africa, arrivati in Francia dopo l’appello di un vescovo o in virtù di un gemellaggio tra diocesi. Osservatore Romano


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gli esseri umani e di costoro con tutta la ggi ha senso parlare creazione e farlo partendo dal Vangelo. di nuova evangelizzazione nella misuCi viene chiesto di mostrare Dio con la ra in cui ci permette di renderci conto nostra vita, senza bisogno di moltiplicache l’umanità continua ad avere bisore i discorsi su di Lui. gno della proclamazione del Vangelo, Oggi sembra che ciò che è imporpur ostinandosi a chiudersi nella sua tante dell’evangelizzazione supera noindifferenza e a conoscere Gesù, il Sitevolmente la dimostrazione della bontà gnore. E la risposta potrà giungere solo di cui il Vangelo è portatore. dall’opera missionaria vissuta in modo Alla nuova evangelizzazione è chieradicale da ogni singolo cristiano. sto di rendere evidente, nel mezzo di Da San Paolo, che nella sua prima una grande dilettera ai Coversità di situarinzi affermava zioni, la persona che per il suo di Gesù come essere apostolo, Alla nuova evangelizzazione l’unico capace il compito di è chiesto di rendere evidente, di illuminare evangelizzare nel mezzo di una grande e di dissipare era essenziale, diversità di situazioni, la le tenebre che quando diceva: sembrano impe“Guai a me se persona di Gesù come dire la contemnon predicasl’unico capace di illuminare plazione della si il Vangelo!”, e di dissipare le tenebre bellezza che è fino all’ultima Dio in mezzo ai parola del Santo che sembrano impedire suo popolo. La Padre Benedetla contemplazione della riflessione sul to XVI, che ci bellezza che è Dio in mezzo tema della nuoricorda l’urgenai suo popolo. va evangelizzaza di annunciare zione, partendo Cristo ai nostri dalla prospetticontemporanei, va missionaria, credo ci porti a definire noi missionari abbiamo avvertito semche oggi non è possibile essere missiopre l’urgenza di annunciare il Vangelo nari come si era trenta o quaranta anni come qualcosa che nasce in contempofa. Saltano alla vista l’esigenza di quaranea con il nostro essere cristiani. Non lificazione, di preparazione o di speciaa caso, infatti, la Chiesa si è riconosciulizzazione che possono intimorirci, perta da sempre missionaria per essenza. ché sicuramente ci rendiamo conto che Oggi le domande che la realtà ci il missionario dei nostri tempi non potrà pone sono troppo esigenti e non permetimprovvisarsi e il vero evangelizzatore tono risposte a metà. Ci viene chiesto non avrà risposte per tutti gli scenari di dire cosa significa essere cristiani nel che gli si presentano, ma potrà essere mondo dell’economia, della politica, luce e fermento ovunque sia capace di della cultura. Ci viene chiesto di dare vivere la fede in tutta la sua radicalità. risposte alla ricerca quasi frenetica del senso della vita, di offrire possibilità alternative ai difficili rapporti esistenti tra P. Enrique Sàchez G. Mccj


“Tu sei il Volto della bontà e della misericordia: per questo vuoi salvarmi! Dentro di me ci sono le tenebre: vieni con la tua limpida luce. Dentro di me c’è tanto egoismo: vieni con la tua sconfinata carità” + ANGELO COMASTRI

Auguri di Buona Pasqua a voi e alle vostre famiglie Suore Missionarie di Nostra Signora degli Apostoli


Profili

Se io fos di Tarek Heggy

L’autore, noto intellettuale egiziano amante della libertà vera per tutti, è da sempre uno dei più strenui difensori della minoranza copta. Questo suo testo, scritto originariamente nel 2007, è ancora attualissimo. E profetico.


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ssi copto S

e fossi un copto infrangerei i cieli d’Egitto e del mondo con le mie grida denunciando il clima di oppressione in cui i Copti egiziani vivono oggi. Se fossi un copto comunicherei al mondo intero le ingiustizie che molti copti hanno subito a partire dal 1952 e hanno impedito loro di occupare ruoli amministrativi e politici che meritano. Se fossi un copto griderei con tutto il fiato in gola contro le enormi ingiustizie che fanno sì che io paghi tasse che vengono poi versate dallo Stato ad AlAzhar che non ammette i copti in nessuna facoltà. Se fossi un copto esprimerei tutta la mia rabbia perché devo pagare tasse usate per costruire decine di moschee quando lo Stato egiziano non ha mai pagato una lira per la costruzione di una sola chiesa a partire dal 1952, con l’unica eccezione di una donazione attuata 40 anni fa dal Presidente Nasser per la costruzione della cattedrale di san Marco ad Abbaseya. Se fossi un copto leverei la voce per l’assenza di un solo copto in molti consigli


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Profili legislativi nell’Egitto contemporaneo. Se fossi un copto scriverei un articolo dietro l’altro per descrivere il modo in cui i mezzi di informazione ignorano le mie esigenze e le feste religiose come se la popolazione copta in Egitto non esistesse. Se fossi un copto farei sapere al mondo intero che la storia copta non è debitamente considerata nei curriculum scolastici egiziani e che lo studio della lingua araba a scuola non consiste più nello studio di testi letterari, poesie, romanzi, drammi e racconti brevi, bensì nello studio della sacra scrittura islamica che viene giustamente insegnata nelle classi con studenti musulmani. Se fossi un copto avrei mobilitato il mondo intero per fare notare le difficoltà che i copti hanno per ottenere il permesso

a costruire una chiesa (con i propri fondi non con i proventi delle tasse che loro stessi pagano). Se fossi un copto porterei all’attenzione dell’opinione pubblica mondiale i commenti oltraggiosi fatti da alcuni scrittori musulmani sui copti, quali il loro convincimento che i copti non devono assumere il governo pubblico, che devono pagare la gizya e che non devono servire nell’esercito. Tradurrei gli scritti oscurantisti quali il testo assurdo del Dr. Mohamed Emara, finanziato da Al-Azhar, il cui finanziamento proviene dalle entrate fiscali, comprese quelle pagate dai copti, che sono vilipesi in libri pubblicati a spese dello stato. Se fossi un copto avvierei una campagna sia interna sia esterna in cui si chiede l’eliminazione della voce “religione”

“Tarek Heggy è uno degli scrittori più creativi e prolifici nel mondo arabo”. Prof. Shibely Telhami, Maryland University, USA “Heggy is the most systematic social critic currently active in Egypt”. Emmanuel Sivan “Heggy è il critico più sistematico sociale attualmente attivo in Egitto”. Emmanuel Sivan "Tarek Heggy is an encyclopedic reader in all fields of knowledge, a writer, intellectual and political analyst, a man of letters and an artist who has developed deeply into the vast seas of literature and art, an international petroleum expert and a politician". Kamal Al-Mallakh “Tarek Heggy è un lettore enciclopedico in tutti i campi del sapere, uno scrittore, intellettuale e analista politico, uomo di lettere e un artista che ha sviluppato in profondità nel vasto mare della letteratura e dell'arte, esperto internazionale di politica e di petrolio”. Kamal Al-Mallakh


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dalla carta d’identità egiziana. Perché mai una persona che vuole avere a che fare con me deve sapere la mia religione? Se fossi un copto avvierei una campagna contro la burocrazia egiziana che ha consentito alla legge dello statuto personale per non musulmani di restare chiusa in un cassetto per quasi un quarto di secolo, facendo sì che i copti la chiamino scherzosamente la legge del

disastro personale invece di legge dello statuto personale (in arabo statuto si dice ahwal, ma se la lettera h viene pronunciata gutturalmente il significato diventa disastro). Se fossi un copto farei sapere al mondo intero che la questione copta in Egitto è solo una delle manifestazioni di una forma mentale che è diffusa in questa regione del mondo e chiamerei l’umanità intera a costringerla a ritornare sui propri passi e abbandonare questo cammino oscuro e pericoloso. Traduzione dall’arabo di Valentina Colombo

Il testo è stato raccolto nel volume di Tarek Heggy, Le prigioni della mente araba, trad. it., Marietti, Milano 2010.


Dalla missione

amici

Un’ che si moltip


izia

iplica

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Gli 84 “nipotini” di Zorgho Un’amicizia di lunga data Conosco Amèlie da quasi dieci anni. Da quando ragazzina alle elementari è venuta da noi, a Diabo, per chiedere alla comunità di aiutarla a continuare gli studi. Sua madre, vedova, con molti altri figli, non possedeva i mezzi necessari per portarla ad un diploma che le permettesse di avere un lavoro. D’accordo con le altre consorelle, ho iniziato a seguire Amèlie, cercando anche di conoscerla meglio per verificare la serietà del suo cammino. E il cammino è stato buono: la giovane si è impegnata a fondo (risultando spesso prima della classe), ha conseguito il diploma di insegnante delle elementari e finalmente, dopo tanto faticare, ha da due anni una classe sua. Durante il periodo degli studi, Amèlie ha


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Dalla missione saputo maturare come donna e come cristiana: serietà di comportamento, lettura quotidiana della Bibbia, preghiera personale, partecipazione regolare alla vita della parrocchia. Mi scrive: “Amo la preghiera attraverso la quale so come comportarmi nella vita di ogni giorno. La parola di Dio è il mio pane quotidiano”. Aggiungo anche la riconoscenza ed amicizia nei miei confronti e della comunità. Amicizia che resiste al passare del tempo e che ci ha permesso di intrattenere uno scambio che arricchisce entrambe.

A Zorgho: una classe allegra e sovraffollata Amèlie insegna a Zorgho, grosso villaggio a circa 50 km da Diabo. Gli abitanti sono in maggioranza musulmani, ma esiste anche una parrocchia ed è presenAmélie

te una comunità di religiose: le Suore di “Notre-Dame du Lac”. Ecco alcuni stralci delle ultime lettere in cui Amèlie racconta quello che vive “Mi piace il mio lavoro, lo vivo con entusiasmo cerco di essere corretta e assidua, mi assento solo se strettamente necessario”. “La mia classe è di 84 fra ragazzi e ragazze (43 maschi e 41 femmine) e richiede un impegno continuo che svolgo con tutte le mie forze, lavoro duramente, ma sono serena. Voglio bene ai miei alunni e mi sforzo di trattarli tutto allo stesso modo, senza preferenze, aiutando quelli che sono più poveri o maggiormente in difficoltà… Nella mia classe i musulmani sono 51, i cattolici 30, i protestanti 3. Ciò non mi impedisce di dare loro anche una formazione religiosa: quando parlo di Dio ricordo loro che siamo fatti a sua


29 immagine e quindi tutti figli del Signore Onnipotente. Ho una preferenza per i bambini e gli anziani…quando vedo una vecchietta penso subito a mia nonna che mi ha allevata e educata. Era profondamente buona: che Dio l’abbia nella sua pace”.

L’amicizia che genera solidarietà Lo scambio e l’amicizia con Amèlie si è naturalmente “prolungata” ai suoi alunni: è stato spontaneo per me interessarmi a loro, conoscerli meglio, scrivere, ricevere foto e notizie… È nata così l’idea di un “gemellaggio” fra di noi che ha suscitato entusiasmo fra i ragazzi, molta gioia in me e negli amici ed amiche che condividono il mio amore per l’Africa. Amèlie è attenta alle necessità dei suoi alunni e cerca di aiutare discretamente i

più bisognosi. Prima di Natale ha organizzato una festicciola in cui i ragazzi hanno cantato e ballato, condividendo qualche dolcetto comperato al mercato! Una bella festa di bambini poveri, ma ricchi di vitalità che sanno godere anche delle più piccole cose. Ecco quindi un semplice ritratto di quelli che chiamo i “nipotini” di Zorgho. I quali, neanche a farlo apposta, chiamano me “Jaaba”, cioè “nonna”… e va bene…che cosa non farei per l’Africa! Da piccole cose ne possono nascere grandi: penso a questi ragazzi che fanno esperienza di rapporti che attraversano continenti, etnie, religioni e che porteranno, speriamo, nel cuore e nella mente la certezza che è possibile vivere e costruire rapporti fraterni e di solidarietà. Suor Marisa Bina, NSA Amélie con i suoi bambini


Dalla missione

CHIESA ecumenica

Una sempre più

Parla suor Sandra Catapano che da qualche anno vive la realtà del paese musulmano dove i credenti in Cristo rappresentano l’1% della popolazione: “La Chiesa è la casa di tutti”. di Ilaria Nava

C

ome vivono i cristiani in Algeria, dove rappresentano circa l’1% della popolazione in un Paese a maggioranza musulmana? Qui a Orano, i cristiani sono un’esigua

minoranza nel più grande Stato del continente africano. “Nella terra di S. Agostino, nel III secolo la cristianità era fiorente ma dopo diverse colonizzazioni islamiche è sopravvissuta solo grazie alla trasmissione della fede di generazione in generazione. Nel secolo scorso ha poi subito due perdite: la prima, per la partenza di un imponente numero di fedeli francesi, rimpatriati dopo l’indipendenza dell’Algeria, nel 1962, e successivamente per la privazione di molte pro-


31 prietà e attività. Ora è un’umile presenza, socialmente amata da molti, e ufficialmente tollerata”. Ma, inaspettatamente, è l’immigrazione a vivificare il cristianesimo in Algeria. Sei anni fa l’arrivo di numerosi cristiani provenienti da altri Paesi africani sub sahariani, studenti o emigrati per lavoro, è una realtà che ha interrogato e sollecitato la comunità di Orano e che alimenta il desiderio di conoscenza e condivisione tra le varie confessioni: “La nostra parrocchia, la cattedrale di S. Maria, ha aperto le porte alle centinaia di fedeli della chiesa evangelica e pentecostale, protestante, agli egiziani copto-ortodossi e copto-cattolici, a migliaia di emigranti lavoratori asiatici, ai quali mancano sia un luogo di culto autorizzato sia dei responsabili in loco. Così ci s’incontra nella nostra chiesa che accoglie, dopo la celebrazione, differenti gruppi di preghiera.

“Durante le grandi feste poi, dopo le celebrazioni, tutti restano all’interno del Centro intitolato al nostro emerito vescovo, monsignor Pierre Claverie, ucciso nel 1996, per condividere la fraternità di un pasto di festa preparato alternativamente dai vari gruppi. Con alcuni responsabili delle comunità etniche poi, sosteniamo il parroco per la visita dei migranti ricoverati in ospedale. Numerose sono anche le nascite in questi ultimi mesi, e le richieste dei genitori, anche di altre confessioni cristiane, per il battesimo dei neonati”. Anche il consiglio pastorale diocesano è ecumenico, con 25 membri, tra cui 5 responsabili di altre confessioni religiose, tutti partecipanti alla vita dell’unico luogo cristiano raggiungibile, la parrocchia di S. Maria. Tra loro anche alcuni giovani, come Tiaret: “L’ultima volta - ricorda suor Sandra - ci ha raccontato la sua gioia nel veder nascere un piccolo gruppo di preghiera tra i giovani protestanti. I giovani della nostra comunità partecipano alla loro preghiera e i protestanti condividono con i nostri giovani l’Eucaristia del venerdì, e così avviene anche nella città di Tlemcen. Non è raro sentirsi dire che “la Chiesa cattolica, qui in terra algerina, è la nostra famiglia, è il luogo della nostra integrazione!”.


32

Dalla parte di

La mancanz

TERRA Maria Giovanna Fidone Di origine siciliana, nel 1993 si laurea all’Università “La Sapienza” di Roma in Scienze Politiche, indirizzo politicointernazionale, discutendo una tesi in ambito di tutela dei diritti umani. Perfeziona gli studi presso l’Università di Padova, frequentando la Scuola di Specializzazione in Istituzioni e tecniche

di tutela dei Diritti Umani, diretta dal Prof. Papisca e successivamente, a Roma, frequentando diversi corsi di perfezionamento in diversi ambiti (in diritto islamico dei diritti umani, in progettazione e fundraising, GOPP, ecc.). Dal 1998 lavora al Consiglio Italiano per i Rifugiati, CIR Onlus, rivestendo diversi ruoli e


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nza della mia N

a cura di Maria Giovanna Fidone

ell’ambito del fenomeno della globalizzazione le migrazioni assumono un significato determinante in relazione alla promozione di uno sviluppo economico equilibrato, al progressivo superamento delle disuguaglianze sociali, al rispetto della persona umana e al buon funzionamento delle strutture democratiche. Sebbene il processo di globalizzazione abbia ridotto le barriere spazio-temporali fra i

responsabilità (operatrice nella sezione legale, responsabile dell’ufficio progettazione e coordinatrice di progetti nazionali ed europei). Svolge attività di ricerca, con pubblicazioni tematiche in diritto dell’immigrazione e tutela dei rifugiati su riviste nazionali ed europee; è consulente e docente per la

materia immigrazione e asilo presso Enti pubblici (Scuola Superiore dell’Amministrazione dell’Interno - SSAI, Sistema nazionale di Protezione per Richiedenti asilo e rifugiatiSPRAR, Provincia di Roma e altri Enti locali, Corsi universitari, ecc.) e privati (Centri di accoglienza per stranieri, Scuole di formazione

professionale, Associazioni di tutela, Patronati, ecc.). Ha acquisito una considerevole esperienza sui temi connessi alla migrazione, asilo, tutela dei diritti umani e sviluppo, anche con la partecipazione a Colloqui e Seminari di studio presso Università e Associazioni di ricerca europei e del Mediterraneo.


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Dalla parte di vari popoli, gli effetti del processo di globalizzazione tuttavia, oltre ad implicare un’accelerazione della circolazione e dell’interscambio di merci, persone e conoscenze, ha condotto anche allo scontro ed al dialogo fra culture diverse. Da qui la doppia lettura delle migrazioni come fenomeno positivo o negativo per i popoli: se da una parte infatti si tende a neutralizzare il fenomeno migratorio dai paesi poveri a quelli industrializzati, con lo spostamento delle aziende nei paesi in via di sviluppo evitando così il peso economico e sociale della presenza dei migranti nel proprio territorio, dall’altra parte non può non considerarsi l’apporto culturale, sociale ed economico che i migranti contribuiscono a dare ai paesi di accoglienza. La migrazione di per sé rappresenta l’alternativa all’impossibilità di vivere nel proprio paese, per una serie di cause: allo stesso tempo la migrazione è un fattore di sviluppo là dove rappresenta l’unico canale di ingresso nel circuito economico dei paesi industrializzati. Certamente all’interno del fenomeno della globalizzazione, generalmente analizzato secondo gli effetti negativi che sta producendo si deve leggere, a mio parere, anche un’accezione positiva e non solo sostanzialmente economica: la globalizzazione si presenta

come lo sviluppo spontaneo di una fittissima rete di strutture associative transnazionali, operanti a fini di comunicazione, cooperazione e solidarietà sulla base della consapevolezza di un comune destino dei popoli e della condivisione del medesimo nucleo di valori, i diritti umani riconosciuti dalle Convenzioni giuridiche internazionali. Da qui il ruolo propositivo della persona, “straniero o cittadino” nella comunità locale e internazionale, per la promozione e la tutela dei diritti umani, ad ogni livello. E proprio in relazione alla promozione e tutela dei diritti umani ad ogni livello, che non si può non considerare anche una particolarissima categoria di migranti, i rifugiati, avendo in comune con i primi soltanto l’aspetto del partire dal proprio paese di appartenenza, nolenti tuttavia a spostarsi e costretti spesso a vivere là dove non avrebbero mai pensato di vivere! E, a differenza di un comune migrante, il rifugiato non può avvalersi all’estero della protezione delle autorità diplomatiche del suo paese! Certamente, spesso la differenza fra i migranti economici e i rifugiati non è così facile da riconoscere, soprattutto quando la fuga avviene da Paesi in cui la povertà è perpetuata dal sistema politico. Il rifugiato è quindi chi ha come unica via di sopravvivenza, la

fuga; ha l’unica speranza di ricevere una degna accoglienza; e come alternativa all’esilio, accettare il proprio destino di morte. Secondo la definizione giuridica internazionale, elaborata nell’ambito delle Nazioni Unite (ONU), così come espressa a Ginevra nel 1951 nella Convenzione relativa allo status di rifugiato all’art. 1, il rifugiato è chi… “temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, cittadinanza, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche, si trova fuori del Paese di cui è cittadino e non può o non vuole, a causa di questo timore, avvalersi della protezione di questo Paese”. Le cause della fuga possono


ni in carica, ritenendo che il responsabile della persecuzione debba essere il governo dello Stato, escludendo dunque altri eventuali “agenti di persecuzione”. Tuttavia, in seguito al mutare delle situazioni politiche internazionali, l’interpretazione “ristretta” al solo governo in carica come unico persecutore riconosciuto, è mutata, lasciando spazio anche alla valutazione dell’incidenza per il rifugiato di altri “agenti di persecuzione” (come accaduto, per esempio, alcuni anni fa nella vicenda dell’Algeria, dove appunto l’agente di persecuzione era estraneo all’apparato governativo, essendo invece costituito da gruppi parastatali non riconosciuti dal governo). Negli anni recenti, del resto, in seguito alla perdita dell’equilibrio politico mondiale nuovi fatti hanno contribuito a rendere insufficiente la definizione generale di Rifugiato, così come stabilita dalla Convenzione di Ginevra: le sempre più numerose guerre fra Stati o fra etnie all’interno di uno stesso Stato e i disastri conseguenti anche a livello ambientale, hanno portato la comunità internazionale a interrogarsi sulla necessità di un allargamento della definizione generale. La grande maggioranza dei rifugiati non fugge solo da atti mirati di persecuzione individuale, bensì

“Il giorno seguente presi l’aereo diretta in Venezuela, sola. Non sapevo che non avrei più rivisto mio nonno. Superai le formalità dell’aeroporto con le reliquie della nonna strette al petto […] Avevo anche una borsa di plastica con un pugno di terra del nostro giardino con l’idea di piantare i nostri nontiscordardimè da qualche parte. […] L’aereo si alzò attraverso uno strato di nubi e pochi minuti più tardi sorvolava i picchi innevati della Cordigliera delle Ande. Quelle cime bianche che spuntavano fra le nuvole invernali furono l’ultima immagine che vidi della mia patria. Tornerò, tornerò, ripetevo come una preghiera.”

essere molteplici, individuate comunque nella persecuzione basata sull’identità del rifugiato (razza, nazionalità, appartenenza ad un gruppo sociale), o sulle sue convinzioni (religione o opinione politica). Denominatore comune, definito e accettato tradizionalmente dagli Stati firmatari della Convenzione di Ginevra del 1951, è la persecuzione personale da parte dello Stato di cittadinanza, sia esso il governo in carica, siano anche gruppi parastatali (gruppi armati di opposizione al governo) sui quali lo Stato non riesce ad avere alcun controllo. L’interpretazione generale dell’art. 1 della Convenzione da parte degli Stati firmatari ha sempre comunque ristretto l’ambito di applicazione ai soli gover-

35

(Isabel Allende, Paula, Feltrinelli, Milano 1995, p. 225).


Dalla parte di

“Ho 28 anni, ho

combattuto per la

libertà del mio paese e durante le

manifestazioni e gli scontri ho perduto parzialmente l’uso del braccio destro; ho deciso quindi di fuggire e di rifugiarmi in Italia poiché la situazione era diventata troppo pericolosa per la mia incolumità e per quella della mia famiglia: temevamo persecuzioni e arresti a causa della mia

da, massicce violazioni dei diritti umani, pulizia etnica, coinvolgimento dei civili in operazioni militari, violenze generalizzate, gravi turbamenti dell’ordine pubblico che sconvolgono radicalmente la vita quotidiana e minacciano la sopravvivenza. Molti Stati africani e dell’America latina hanno esteso già questa definizione a quanti si ritrovano in questa condizione, riconoscendo così lo stretto legame che unisce la condizione di rifugiati con le violazioni dei diritti umani. La protesta o la resistenza di fronte a violazioni dei diritti dell’uomo può provocare rappresaglie o assumere essa stessa forme violente; il perpetuarsi di violazioni accompagnate dalla violenza, che porta ad ulteriori violazioni e ad un clima generalizzato di paura, rappresenta la sequenza che di frequente produce l’esodo in

partecipazione a quelle manifestazioni.

Italia Svezia

sono stati infatti

Francia

portati via dalla

Kenya

polizia poco dopo la

mia fuga”.

U.K. Giordania Germania Siria

(Da: CIR, Richiedenti asilo e

Iran

rifugiati chi siete?, Roma,

Pakistan

1994, p. 55)

massa. L’esigenza di protezione internazionale del rifugiato nasce infatti dalla violazione dei suoi diritti, accompagnate dalla chiara responsabilità dello Stato di cittadinanza che viene meno al suo dovere di difesa dei suoi cittadini. La necessità della fuga resta l’unica alternativa ad una vita altrimenti costretta a rinunce e sofferenze: in regimi autoritari o alle prese con conflitti armati, dove sono forti le tensioni d’ordine politico, economico, etnico o sociale, nei quali il rispetto dei Diritti umani non costituisce certamente priorità di governo, la non uniformità o conformità al regime, per idee, razza, religione, stato sociale, significa incapacità di vivere degnamente, significa sofferenze, rinunce, l’incapacità di trovare un lavoro e una residenza sicura, convivere con una paura costante di precarietà nella quale improvvisa-

Paesi che ospitano rifugiati • Fine 2009

Alcuni miei compagni

36

54.965 81.356 196.364 269.363 358.928 450.756 593.799 1.054.466 1.070.486 1.740.700


“Vivere come rifugiato significa la mancanza della mia terra e anche la mancanza dell’esprimermi come essere umano, in tutto quello che posso e che voglio, il diritto di lottare per quello che vogliamo…”.

0

mente può accadere qualcosa di incomprensibile alla persona o ai suoi familiari. Sul piano concreto non bisogna dimenticare che nel mondo, nel 2010 il numero dei rifugiati è stato di 43,3 milioni (si tratta del numero più alto dalla metà degli anni novanta!) secondo le stime dell’ACNUR-UNHCR (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati), che ha un mandato specifico delle Nazioni Unite per la protezione e assistenza di questa categoria. Infatti nell’ampia definizione di rifugiati sono senza dubbio ricompresi coloro che stanno ancora chiedendo il riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione internazionale in generale (secondo la definizione che ne ha dato l’Unione Europea in una sua Direttiva, la n 83 del 2004 applicata in tutti gli Stati membri), i cd. richiedenti asilo - asylum seekers ; coloro che, ottenuto lo status, hanno tuttavia deciso di rientrare nel proprio paese per una situazione di ristabilita sicurezza, returnees; e gli sfollati interni, che non hanno cioè oltrepassato la frontiera nazionale ma necessitano di protezione da parte della comunità internazionale, internally displaced people-IDP. Dopo la disgregazione del regime sovietico, i rivolgimenti storico-politici sfociati in crisi negli anni ’90 quali la Ex-Jugoslavia, la Somalia, la

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(a cura di E.A. Hein Alocco La moglie di Lot. Vivere in esilio, Edizioni Lavoro, Roma 1996, p. 82)

Cecenia, la Liberia, e anche di recente memoria come i fatti occorsi in Tunisia e in Egitto, la comunità internazionale ha anche constatato che i movimenti di rifugiati non sono fenomeni strettamente legati solo a cause di natura politica e di persecuzione individuale: oggi la grande maggioranza di rifugiati abbandona il proprio paese di origine a causa di una violenza generalizzata, massicce violazioni dei diritti umani, che mettono in pericolo le popolazioni civili. Da ormai oltre 10 anni in Europa l’obiettivo è di “conservare e sviluppare l’Unione quale spazio di libertà, sicurezza e giustizia in cui sia assicurata la libera circolazione delle persone insieme a misure ap-

propriate per quanto concerne i controlli alle frontiere esterne, l’asilo, l’immigrazione, la prevenzione alla criminalità e la lotta contro quest’ultima” (trattato di Amsterdam del 1997). Da quanto emerge è necessario evidenziare quanto importante sia il ruolo della comunità internazionale, chiamata, consapevolmente, ad intervenire quando lo Stato di cittadinanza diventa incapace o non disposto volontariamente a garantire ai suoi cittadini i diritti umani e le libertà. Se per il principio di sovranità nazionale, l’ingerenza negli affari interni di uno Stato è spesso vietata, essa è obbligatoria invece nei casi in cui la vita e la sicurezza delle popolazioni è messa a repentaglio. Il Codice internazionale dei Diritti umani, in questo caso, è obbligatorio e prevale su ogni altro vincolo internazionale! “…Tu lascerai ogni cosa diletta più caramente; e questo è quello strale che l’arco dell’esilio pria saetta. Tu proverai sì come sa di sale lo pane altrui, e come è duro calle lo scendere e ‘l salir per l’altrui scale…” (Dante - Paradiso canto XVII vv. 55-60) Maria Giovanna Fidone (Consiglio italiano per i Rifugiati) fidone@cir-onlus.org www.cir-onlus.org


Adesso parliamo noi

CHELettera CE R Carissime/i, mi è stato

chiesto dalla redazione della nostra rivista “REGINA APOSTOLORUM” di scrivere due righe sul Forum che si è tenuto qui in Casa SMA-NSA di Feriole a fine anno e che aveva per oggetto di riflessione proprio voi, giovani. “Che cercate? - Giovani e Missione” era il titolo scelto per queste giornate.

M

etterci in ascolto dei vostri desideri, delle vostre attese … anche delle vostre paure … non è cosa sempre facile, quando a parlare poi siamo noi, missionari e missionarie insieme a qualche laico … tutti adulti. La domanda “Che cercate?” l’abbiamo a un certo punto sentita indirizzata a noi, in tono anche un po’ provocatorio: “Ma in fondo che cosa cercate da questi giovani?” … Così invece di scrivere il solito “articolo soap” ho pensato che sarebbe stato più interessante - e sicuramente più stimolante per la sottoscritta - scrivervi una lettera … magari leggendola vi vien voglia di reagire e così tra di noi può iniziare o continuare un dialogo … chissà … io ci provo.


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E RCATE? aperta ai giovani Non a caso ho scelto questa foto che vedete! Guardarla ogni tanto mi aiuterà … è molto significativa per me … tre giovani sorridenti, “belle” che mi hanno accompagnata in un viaggio in Benin, l’estate scorsa … sono l’immagine che vorrei

1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10.

portarmi dentro di voi … scrivendovi … Parto allora (alla Fabio Fazio) con un elenco di dieci parole che esprimono ciò che voi dite di voi stessi (da un questionario intitolato “Giovani e Missione” a cui una sessantina di voi ha risposto):

VITA la mia … dono, consapevolezza di sé, quotidianità … Vangelo … FEDE ricerca, credere nell’amore, work in progress … non so … GLI ALTRI gioia dell’incontro, amicizia, in rete GRUPPO star bene, conoscersi, profondità … aiuto reciproco … SERVIZIO impegno per gli altri, volontariato SCELTA coerenza, realizzarmi, mettermi in gioco, paura del “per sempre” (???) MISSIONE essere solidali, conoscenza di altri popoli, condivisione, testimonianza PARTENZA desiderio profondo, per arricchirmi, decidere … con altri ... ISTITUZIONI rifiuto … comunicazione difficile … RELIGIONI rispetto, pari valore …


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Adesso parliamo noi Vi riconoscete? Oppure vi ritrovate meglio in queste altre? È ciò che si dice della vostra generazione (diciamo 15-34 anni?). Si parla di: Crisi del desiderio. Si dice che non sognate più alla grande, ma che vi accontentate di soddisfare bisogni rispondenti al “tutto, qui, subito” … i vostri desideri rischiano di essere precari … inconsistenti … Sfilacciamento delle identità. Nascete già individualisti, “figli unici”. Desiderate essere autentici, volete realizzarvi … avete un buon livello di tolleranza e di rispetto verso gli altri, ma per non far soffrire e soprattutto per non soffrire ... Luoghi diversi. Il virtuale corrisponde alla realtà per voi. Si dice che “vivete uno spazio dilatato e un tempo istantaneo”. Le amicizie su facebook per voi sono reali! Diversamente. Giovane è chi ha il cervello che lavora in modo diverso: link, ipertesto, rizoma, smart, zapping … Corpo. Voi attraverso il corpo dite quello che siete. Volete provare le cose, fare esperienza a una temperatura emotiva, affettiva talvolta molto alta. Mettete una certa enfasi sulla sessualità e anche sulla cura di voi stessi. Apertura al religioso. Amate le esperienze religiose forti, come le GMG, i pellegrinaggi (tipo santuari) e poi cercate esperienze di fraternità dove trovate calore, comprensione, dove potete condividere in verità … l’unione fa la forza, insomma! Ecco … questo è quanto in sintesi ci è stato raccontato di voi … non male direi! Quello che abbiamo capito poi, noi missionari, è che non è scontato che voi comprendiate il linguaggio con il quale talvolta ci rivolgiamo a voi. Ad esempio parole come “ad gentes” “ad vitam” “ad extra” sono di un altro pianeta! Anche il termine Missione, che per noi è così ovvio … non

è tale per voi, anzi, talvolta ci contestate il modo in cui lo usiamo …! Non parliamo poi di … vocazione missionaria! Insomma a questo punto devo dirvi che … avremmo proprio tanto da imparare gli uni dagli altri … io da voi sicuramente e non solo come usare adeguatamente facebook! “Che cosa è veramente importante? C’è qualcosa per cui vale la pena spendere la vita? Perché è così vitale per alcuni partire … incontrare … annunciare?” Voi ci chiedete di essere delle persone VIVE, che sanno VIVERE quello che dicono e che lo trasmettono con quello che sono … con la loro passione … non è forse così? Don Raffaele, un nostro caro amico sacerdote, che già ci aveva aperto gli occhi sulla realtà che voi vivete, ci ha aiutato a


41 focalizzare qualche PUNTO DI INCONTRO … tra il vostro mondo e il nostro, quello cioè della Missione. Questa volta sono tre le parole che, secondo lui, potremmo cercare di vivere INSIEME: La narrazione. Ho già sperimentato con alcuni di voi quanto sia bello e importante raccontarsi in verità. Dire ciò che ci sta a cuore. Quando narri qualcosa fai già una professione di fede … affermi che la tua storia ha un senso e vale la pena essere detta a chi ti ascolta. E questo ti aiuta a mettere insieme pezzi di storia, frammenti di vita che altrimenti resterebbero insignificanti. Chi narra ordina nel tempo le cose. Che bello! La fraternità. Anche questa è una parola che ha una forte risonanza in me … in noi … “Un discepolo disse: «Tutti i maestri dicono che il tesoro spirituale si scopre attraverso la ricerca solitaria.

Quindi, perché siamo qui tutti insieme?» «Siete tutti uniti perché la foresta è sempre più forte di un albero solitario» rispose il maestro. «La foresta conserva l’umidità, resiste agli uragani, e aiuta il suolo ad essere fertile. Ma ciò che rende forte un albero sono le sue radici. E le radici di una pianta non possono aiutare un’altra pianta a crescere. Essere uniti insieme per uno stesso scopo significa permettere a ogni persona di crescere alla sua maniera, e quello è il cammino di quelli che desiderano essere vicini a Dio»”. L’esperienza. Fare esperienza insieme di annuncio del Signore all’ambiente giovanile che non ne sente parlare o che se ne è allontanato. Che significa dialogo ma anche trovare delle occasioni per dire la nostra fede, senza vergogna … e dirla insieme. Tutto questo perché l’altro, gli altri a loro volta si dicano … Personalmente ho sempre tanta voglia di conoscervi … di imparare da voi … e perché no! - di mettermi in gioco con chi di voi ha voglia di impegnarsi e di mettersi in gioco. Il COME lo possiamo inventare insieme. So che alcuni/e ci stanno già pensando … Il Gruppo Ad Gentes (GAG) per esempio ha preso sul serio questa proposta di “mettersi in gioco insieme” … c’è qualcun altro che ci sta? A chi è interessato propongo di scrivermi a questo indirizzo: martapettenazzo@ gmail.com o di cercarmi su facebook sotto lo stesso nome, scrivendo GAG … giusto per riconoscerci. Così mi aiuterete ad addomesticarmi a questo strumento a voi così familiare. A presto dunque! Buona avventura … Sr. Marta Pettenazzo, NSA


Adesso parliamo noi

“B

envenuti tra la mia gente!” Così Suor Alma ci ha accolto a braccia aperte alle porte di Ouagadougou, la capitale del Burkina Faso. Gli occhi pieni di luce, la voce carica di entusiasmo, in men che non si dica abbiamo capito da dove provenisse quell’inconsueta energia, quell’incontrollabile orgoglio per una terra all’apparenza arida e contraria alla vita. “La bellezza di una terra sta nella gente che la abita”, diceva un famoso filosofo, e mai frase potrebbe essere più azzeccata per descrivere il Burkina Faso, nessuno sbocco sull’Oceano, orizzonti di fuoco e savana brulicante, ma scrigno di un popolo unico al mondo, uomini d’onore dal cuore immenso, onesti e laboriosi, sempre pronti alla condivisione ed all’accoglienza. Diabo, così si chiama la parrocchia che ci ha accolto, conta quasi 45.000 anime sparse in più di 40

villaggi nel raggio di una ventina di chilometri dal centro. La vita è dura, la gente ha ben poco con cui vivere, l’acqua scarseggia e le scuole faticano a sorgere, ma negli sguardi di tutti si può leggere chiaramente una immensa energia, un assoluto rifiuto ad arrendersi a

Viaggio in Burkina di don Gi

Tra “ d’

PO

ONO


43 quella povertà che non deve minimamente graffiare nemmeno i sogni dei più deboli, dei bambini, dei malati. Un innato senso del progresso comune ed una lucida consapevolezza che solo

on Giancarlo e i suoi ragazzi

tutti insieme, convivendo come fratelli (ed ovviamente anche con il nostro aiuto) un futuro migliore è possibile, è certezza. Suor Alma, con l’aiuto di altre sorelle e di Padre Sylvain, sta facendo tanto, tantissimo, sia dal punto di vista sociale, sia da quello Evangelico. Con i nostri occhi abbiamo visto la passione con cui questi missionari costruiscono, osservano, educano, soprattutto i bambini, il futuro di queste terre. Nei nostri dieci giorni li abbiamo affiancati nelle loro attività, accompagnandoli nei villaggi più lontani

OPOLI ” ORE


Adesso parliamo noi per la celebrazione della Messa e la festa che ne consegue, visitando i pozzi d’acqua e le strutture costruite grazie agli aiuti economici provenienti dall’Italia, intrattenendo le centinaia di bambini accorsi per la catechesi e la distribuzione del riso… Le cose belle da raccontare sarebbero migliaia, ma sono ancora troppo poche. Il bisogno di acqua è tanto, la necessità di altre scuole è fondamentale, i servizi ospedalieri e di assistenza non riescono a stare al passo con le epidemie e le malattie tipiche soprattutto della stagione delle piogge, che decimano la popolazione, affondando i loro artigli nelle carni soprattutto dei più deboli, i bambini. Le iniziative di Suor Alma sono ancora molte, ed indispensabile è il nostro aiuto, poiché visibilmente si riesce a vedere come l’attività di queste persone straordinarie abbia notevolmente migliorato le condizioni di vita di queste persone accoglienti e generose, senza distinzione di sesso o religione. Sì, perché fuori dalle capanne non c’erano solamente cristiani ad accoglierci e ringraziarci, ma anche

… La vita è dura, la gente ha ben poco con cui vivere, l’acqua scarseggia e le scuole faticano a sorgere, ma negli sguardi di tutti si può leggere chiaramente una immensa energia, un assoluto rifiuto ad arrendersi a quella povertà che non deve minimamente graffiare nemmeno i sogni dei più deboli, dei bambini, dei malati… Con i nostri occhi abbiamo visto la passione con cui questi missionari costruiscono, osservano, educano, soprattutto i bambini, il futuro di queste terre.

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musulmani, uniti tutti insieme in una pacifica convivenza, dove il rispetto reciproco e l’amore per la vita vengono al primo posto. Un inchino, un sorriso, un timido “bonjour”, un’innata educazione che in Italia si va via via perdendo, gente senza Don Giancarlo e i suoi ragazzi

nulla pronta a donarti ciò che di più importante può avere: le galline, come gesto di ringraziamento. Queste sono le cose che purtroppo non si trovano nei telegiornali, non si leggono sui quotidiani. Il bene, l’amore vero esiste ancora ed andrebbe reimpiantato in quelle terre a quanto pare “evolute”, “civilizzate”, accecate da una folle corsa all’arricchimento personale e materiale. Sono persone come Suor Alma che vanno ringraziate, a nome di tutti, per le cose che sta portando in mezzo a quella povera gente, e per le cose che ancora a noi ci permette di riportare in Italia. Grazie, o per meglio dire nella lingua locale, Barkà!” Diego, Davide, Marco e Don Giancarlo


Adesso parliamo noi

La casa dell’AMORE


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T

rentasette anni fa abbiamo avuto la gioia di avere un figlio che abbiamo chiamato Emanuele. Nato a sette mesi, dopo il parto, ha presentato dei problemi respiratori gravi. Non ce l’ha fatta ed è volato in cielo. Nel Signore abbiamo trovato la forza di superare questo momento e di credere nuovamente alla vita avendo avuto in seguito altri tre figli. Qualche anno fa, Elsa mia moglie incoraggiata da alcuni amici, mi ha detto: “Noi abbiamo aiutato i nostri figli a crescere, ad avere una casa dove abitare, ma non abbiamo costruito una casa a Emanuele”. Ci siamo, allora, rivolti ad alcune organizzazioni impegnate in progetti di sviluppo e di promozione umana. Il progetto umanitario che ci è sembrato fosse più vicino alla nostra sensibilità è stato quello di arrivare a realizzare una maternità in Ciad (Africa), alla periferia di

N’Djamena, la capitale. Qui, la Congregazione delle Suore di Notre Dame des Apotres (Nostra Signora degli Apostoli) monitorava e accompagnava, grazie a un piccolo ambulatorio, le mamme in gravidanza. Questo centro sanitario però non offriva a queste donne un luogo assistito per il parto. In sostanza, al momento del parto le mamme venivano rinviate alle loro case con rischi elevati sia per i nascituri che per loro stesse a causa delle condizioni di degrado igienico e di assenza di assistenza specialistica. La maternità ora porta il nome di: “Casa di Emanuele”. La prima bambina, venuta alla luce proprio il giorno dell’inaugurazione di questa nuova struttura, non ha fatto in tempo ad entrare … è nata sulla soglia. Si chiama Maria Irene. Subito dopo sono nati altri due bambini: Emanuele ed Emanuela. Da allora sono stati 420 i neonati e le mamme che hanno potuto usufruire dell’assistenza di Suor Emilienne Soubeiga, medico ostetrico e Direttore del Centro. “Il piccolo seme che è caduto in terra ha portato molto frutto! La Grazia del Signore ha fatto meraviglie”. Nella Celebrazione Eucaristica abbiamo sentito risuonare profondamente dentro di noi alcune parole del Vangelo. Innanzitutto ci siamo sentiti dei privilegiati. “Perché noi? Quali i nostri meriti per avere la grazia di essere questa mano aperta di Dio che si fa accoglienza di coloro che sono nel bisogno? Eppure il Signore ha guardato, come per Maria, alla nostra pochezza, ci ha presi per mano e ci ha resi testimoni della Sua potenza. Abbiamo sempre creduto che il Signore ci amasse tanto avendoci dato Emanuele ma ha voluto sconvolgerci dimostrandoci che il suo Amore vale molto di più, vale centinaia di figli!


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Adesso parliamo noi Abbiamo pensato a Maria e Giuseppe, respinti da tutti perché non c’era posto per loro nell’albergo. Se avessero bussato alla porta della Casa di Emanuele, e avessero chiesto: “C’è posto per noi?”. Sicuramente si sarebbero sentiti rispondere: “Certamente! Questo posto è stato preparato per voi, perché è stato preparato per tutti i poveri, i bisognosi della terra”. Ogni volta che nasce un bambino, per noi ora, è come se nascesse di nuovo Gesù”. Un altro segno forte è stata la presenza di tanta gente, non solo utenti della maternità, non solo il personale, ma suore di varie congregazioni che ci hanno dato la dimensione di una chiesa aperta ed accogliente, capace di fraternità e comunione, nel riconoscimento delle diversità. Ma ci ha ancor più stupito che il tutto era stato organizzato dal personale, che si è sentito il beneficiario in prima persona

della “Casa di Emanuele”. Persone che amano questo lavoro e desiderano dedicarsi agli altri con impegno e passione. A loro Elsa ha lasciato il mandato di far sì che questa maternità divenga sempre più una “Casa” accogliente, fraterna, attenta alle persone che ne hanno maggiormente bisogno. La Casa dell’Amore, in cui si possa respirare l’amore di Dio per tutti gli uomini. Tutto il nostro soggiorno è stato arricchito di regali meravigliosi. Ogni persona ci ha accolto come un dono. Ci ha fatto sentire che eravamo attesi come fossimo “in famiglia”. Abbiamo conosciuto suore appassionate, gioiose, felici della fede in Gesù e per le opere che Egli compie per mezzo loro. Autentiche sorelle, che sembravano da sempre parte del nostro affetto e della nostra amicizia. Davide Jacchetti


che ci lega, io mi considero responsabile. È di Dio che sei stato privato, è Dio che dovrei restituirti. Ma tu sai che la Fede non posso, non possiamo donarla. Devo cercare di darti Dio in un altro modo. Tu crederai o non crederai, come vuoi. Io La sola porta che si apre sulle nozze di Dio, con i suoi amici è la porta

terrò Dio accanto a te. Cristo ha detto, ed è il nocciolo di tutta la vita cristiana, di amare Dio con tutto il nostro cuore e

dell’amore, della sollecitudine fraterna.

più di tutto, e di amare tutti gli uomini

A questa porta Madeleine Delbrel è

come noi stessi. È questo il modo in cui

rimasta affezionata per tutta la vita: ha

ha voluto che noi fossimo cristiani. E

atteso paziente all’esterno, non si è stancata di bussare, l’ha aperta per far

questo amore che prendo con me per tornare accanto a te (…). Con lui tutto

Pellegrinaggio SMA-NSA Domenica 29 aprile 2012

entrare chi era fuori, l’ha varcata per

un ordine assoluto. Tutto inizia così dal

Santuario della Madonna del Carmine San Felice del Benaco • lago di Garda

uscire incontro a chi era rimasto

basso, così concreto, e così materiale

PROGRAMMA DELLA GIORNATA

escluso. Tenere Dio accanto a quelli di

e corporale, che puoi volerlo: amare è

cui lei si faceva prossimo. Cosi con la sua vita è stata capace di realizzare

inizia e tutto finisce con «Amerai» che è

versare un bicchiere d’acqua a chi ha sete, dar da mangiare a chi ha fame, dare un ricovero a chi è senza. È essere

quello che lei stessa auspicava: che

in prigione col prigioniero, all’ospedale

Cristo ci insegni a riconoscerlo dove

vicino al malato. È avere il cuore distrutto

egli è e a portarlo dove egli non é.

da ogni preoccupazione ogni pena, ogni dolore dell’altro. È essere un fratello per

Madeleine Delbrel (1904-1964), poetessa, assistente sociale, mistica, è una delle più singolari figure spirituali del XX secolo.

ciascuno e un fratello per tutti, è vivere

con gioia per loro e per loro morire.

(Testo scritto in occasione della grande missione che ebbe luogo a Clermont-Ferrant nel corso del 1961 e rivolto ad un ateo.)

11.00 Celebrazione Eucaristica 12.30 Pranzo al ristorante (Prezzo 17,00 €). È prevista una sala per accogliere coloro che porteranno il pranzo al sacco 14.45 Testimonianze dei nostri missionari/e di ritorno dall’Africa 16.00 Partenza Come arrivare: Da Milano: Prendere l’autostrada A4, uscire a Brescia Ovest, continuare sulla SP BS11, prendere l’uscita in direzione Verona/ Salò, continuare seguendo la direzione per Salò (SS 45BIS), proseguire seguendo le indicazioni per San Felice del Benaco. Da Genova: Dall’autostrada A7, seguire la direzione per Piacenza, continuare sull’autostrada A21 fino a Brescia Centro, seguire la direzione per la SS 11 Verona/Mantova, uscire in direzione Verona/Salò, proseguire in direzione di Salò percorrendo la SS 45BIS, continuare seguendo le indicazioni per San Felice del Benaco. Da Brescia: Percorrere la SP BS11 in direzione Centro/Tangenziale Sud, uscire in direzione Verona/Salò, continuare in direzione di Salò percorrendo la SS 45BIS, proseguire seguendo le indicazioni per San Felice del Benaco.

Per informazioni e prenotazioni: P. Toni - Sr. Marta . 049 9900494 . smaferiole@smaferiole.org P. Andrea . 010 307011 . consitalia@missioni-africane.it Sr. Martina . 02 70600256 . animazione-nsa@libero.it

Annunciazione. Abside, pittore Maestro di S. Felice 1486

hanno lasciato solo. A motivo dell’unità

APPUNTAMENTI

per separarti da Dio, dei cristiani ti

APPUNTAMENTI

Nel momento in cui tu hai fatto di tutto

Rifletti Qual è il tuo rapporto con il Vangelo? Com’è presente nella tua preghiera e nella tua vita di ogni giorno? Hai letto almeno una volta per intero i quattro Vangeli? Il Nuovo Testamento… la Bibbia? Quali sentimenti suscita in te l’espressione “intimità” con Cristo, “stare” con Gesù? Qual è il tuo modo di annunciare trasmettere la tua fede nel contesto in cui vivi? Le tue fatiche…

Prega Ti benediciamo Signore per il dono della fede, per i credenti, antichi e nuovi, che hanno ascoltato la tua Parola. Ti lodiamo per la terra buona dove è caduto il seme del Vangelo producendo il trenta, il sessanta e anche il cento per uno. La tua Parola veramente illumina e riscalda, ci parla nell’oggi della vita, ci spinge sui sentieri del tuo Regno. Per il miracolo della tua Parola, inesauribile nutrimento di fede, lascia che ti ringraziamo, Signore! Per il fuoco che essa ha fatto ardere nel nostro petto e nel petto di tanti, ti benediciamo, nostro Dio! Perché per noi e per tanti Parola di vita eterna, che ha alimentato la fede, ha tenuto accesa la speranza, ha nutrito la carità anche in ore difficili, ti rendiamo grazie, Signore! Lampada ai passi del tuo popolo è la tua Parola che cammina nella notte del tempo. Ti rendiamo grazie per quel tanto di luce, che di volta in volta hai voluto concederci perché procedessimo nell’umiltà e nella verità, nella consolazione spirituale e nella speranza. AMEN (Card. Carlo Maria Martini)

Completa e conserva questa scheda che ti accompagnerà per i prossimi numeri


scheda

Suore Missionarie di Nostra Signora degli Apostoli

v i s i t ate i l n o s t ro

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Indirizzi

PROCLAMARE ED INSEGNARE IL VANGELO Il mandato missionario che i discepoli hanno ricevuto dal Signore (cf. Mc 16, 15) contiene un esplicito riferimento alla proclamazione e all’insegnamento del Vangelo. Il compito della Chiesa consiste quindi nel realizzare l’annuncio e la trasmissione del Vangelo, che è «potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede» (Rm. 1, 16) e che in ultima istanza si identifica con Gesù Cristo (cf. 1 Cor. 1, 24). Il Vangelo è una Parola viva ed efficace, che opera ciò che dice. È una persona: Gesù Cristo come Parola definitiva di Dio, fatta uomo. TRASMETTERE LA FEDE È favorire l’incontro fra gli uomini e Gesù Cristo. È creare in ogni luogo e in ogni tempo le condizioni perché questo incontro tra gli uomini e Gesù Cristo avvenga. Il fine della trasmissione della fede, il fine della evangelizzazione è di portare «per Cristo al Padre nello Spirito» (Ef 2, 18) è questa l’esperienza della novità del Dio cristiano. In questa prospettiva trasmettere la fede in Cristo significa creare le condizioni per una fede pensata, celebrata, vissuta e pregata. AGOSTINO PLANQUE E IL SUO METODO MISSIONARIO Una intensa vita spirituale: più si è santi più si è missionari: “La vita spirituale non è altro che l’unione intima con Dio, più sarà forte ed intima, più la vita sarà abbondante. Vivete in Dio e per Dio. È il modo migliore per trovare la gioia, perché Dio è verità e amore”. “La libertà assolutamente necessaria è la libertà dal peccato! Ogni giorno noi domandiamo a Dio che il suo Nome sia santificato, che il suo Regno venga, che si faccia la sua volontà… non dimentichiamo ciò che vogliono dire queste parole. Perché qui c’è la giustizia e la vera libertà dei figli di Dio. Volere tutto ciò è il solo bene”. L’amicizia con Cristo: amato, imitato, servito: “Cercate in tutto Gesù Cristo, il vostro migliore amico ed unico appoggio. La vita di Gesù contiene tutto quanto ci è necessario per giungere alla santità: deve essere la nostra meditazione quotidiana”. “Nella vita si incontrano difficoltà e pene, esse sono la croce e la croce ci unisce a Gesù,colui ci rende forti nella nostra debolezza. Gesù è con noi per darci riposo e farci sperimentare la libertà dei figli di Dio…”

Regina Apostolorum nsa

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Rivista Trimestrale Anno 25

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marzo 2012 · N

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La mancanza della mia TERRA

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