Lenci

Page 11

-064_LENCI.qxd

17-10-2011

11:29

Pagina 20

Come si è detto in esordio, la parabola creativa del settore ceramico di Lenci si concluse a ridosso del 1933, quando gli Scavini passarono la proprietà dell’azienda ad altri: certo si continuò a produrre «belle statuine» e oggetti d’arredo, sia riproponendo modelli del catalogo storico, sia adattandosi a richieste del mercato sempre più dozzinali e illustrative, e Sturani continuò a prestare il suo lavoro alla produzione, ma sempre più con fastidio e disamore. Era finita un’epoca, gli «anni ruggenti» erano stati cancellati dalla grande crisi del 1929, il mercato degli oggetti di lusso si era radicalmente ridotto, il mondo della piccola e media borghesia pur identificando ancora nelle Lenci uno status symbol sociale, un regalo prezioso per matrimoni ed eventi familiari, le abbandonarono prediligendo, quando del caso, le piattelle, le statue e i rilievi ceramici con l’icona della Madonna col Bambino. La stessa idea di scultura d’arredo, intesa come veicolo del gusto moderno e alla portata della classe media con l’obiettivo di rendere elegante e «alla moda» un’abitazione comune, si era esaurita: queste «Tanagrine» del Novecento, così come a suo tempo le danzatrici ellenistiche in terracotta, appartenevano a un mondo che stava tragicamente esaurendo il proprio percorso.

1

Per la ricostruzione della storia della manifattura ceramica Lenci il volume di A. PANZETTA, Le ceramiche Lenci 1928-1964. Catalogo generale dell’archivio storico della manifattura,

santi e R. Rava, Centro Di, Firenze 1987; V. TERRAROLI, Milano déco: le arti decorative cit.; ID., Le arti decorative in «Domus» 1928, in Le arti decorative in Lombardia nell’età moderna 1780-1940, a cura di V. Terraroli, Skira, Milano 1998, pp. 345-369; L. MANNA, Gio Ponti. Le maioliche, Biblioteca di via Senato, Milano 2000. 10 Ceramica italiana cit., passim. 11 La piastra decorativa, di proprietà privata e proveniente da casa Vacchetti, non fu mai messa in produzione. 12 A. PANZETTA, Le ceramiche Lenci cit., p. 12. 13 Ibid. 14 S. PETTENATI, Le ceramiche cit., p. 93. 15 V. TERRAROLI, Futurismo, arti decorative e quotidianità. L’eredità modernista e l’oggetto come veicolo di modernità, in Futurismo 1909-2009. Velocità+Arte+Azione, catalogo della mostra a cura di G. Lista e A. Masoero, Skira, Milano 2009, pp. 419-451 (con bibliografia precedente). 16 A. PANZETTA, Felice Tosalli, 1883-1958, Allemandi, Torino 1989. 17 Ricapitolativi di tutta l’attività dei laboratori Wiener Werkstätte è stata la mostra del centenario della fondazione e il relativo catalogo Der Preis der Schönheit. 100 Jahre Wiener Werkstätte, MAK, Vienna 2003. Il settore ceramico era governato da Michael Powolny sul quale si veda E. FROTTIER, Michael Powolny. Keramik und Glas aus Wien 1900 bis 1950, Böhlau, Vienna-Colonia-Weimar 1990, poi seguito da Dagobert Peche, ammirato e imitato da Gio Ponti, per il quale si veda Die Überwindung der Utilität. Dagobert Peche und die Wiener Werkstätte, G. Hatje, Ostfildern 1998, e da Vally Wieselthier, scultrice e designer, per la quale si veda M. HÖRMANN, Vally Wieselthier 1895-1945. Wien-Paris-New York. Keramik-Skulptur-Design der zwanziger und dreßiger Jahre, Böhlau, Vienna-ColoniaWeimar 1999. 18 M. MUNARI, Guido Andloviz. Ceramiche di Laveno 1923-1942, Tipografia Ostiense, Roma 1990. 19 Francesco Nonni. Ceramiche degli anni Venti, a cura di G. C. Bojani, Centro Di, Firenze 1986. 20 E. GAUDENZI, Pietro Melandri (1885-1976), Gruppo editoriale Faenza, Faenza 2002. 21 G. PONTI, Editoriale, in «Domus», II, gennaio 1929. 22 M. HÖRMANN, Vally Wieselthier cit., pp. 142, 172-173. 23 R. PAPINI, Le arti d’oggi cit., tav. CCLXVI. 24 Ibid., tav. CCLXXV. 25 Ibid., tav. CCLXXVI. 26 Ibid. 27 M. G. GARGIULO, Essevi. Autoritratto d’artista, Fioranna, Napoli 2008. 28 Der Preis der Schönheit cit., p. 148. 29 Ceramica italiana cit., pp. 82, 169. 30 M. HÖRMANN, Vally Wieselthier cit., pp. 124-125, 129. 31 Il ruralismo magico di Giuseppe Piombanti Ammannati, a cura di M. Pratesi, Polistampa, Firenze 2006, fig. 36, p. 53, data per dispersa, ma in realtà in collezione privata. 32 Ibid., fig. 33, p. 51. 33 Ora in collezione privata.

Allemandi, Torino 1992, resta il testo di riferimento a cui si aggiungono repertori parziali quali S. PETTENATI, Le ceramiche. Dal progetto all’oggetto, in Mario Sturani 1906-1978, a cura di M. M. Lamberti, Allemandi, Torino 1990, pp. 91-137; L. PROVERBIO, Lenci ceramiche da collezione, Tipostampa, Torino 2001; M. G. GARGIULO, I racconti della Lenci. Fotografie, disegni, ceramiche, Fioranna, Napoli 2008. 2 Come risulta nel documento del 9 dicembre 1922, conservato presso l’Ufficio centrale brevetti, Registro dei marchi, vol. 187, n. 94, citato in A. PANZETTA, Le ceramiche Lenci cit., pp. 9-10, nota 2. 3 Ceramiche di Lenci. Elenco delle opere, catalogo della mostra (Milano, Galleria Pesaro, dicembre 1929), presentazione di U. Ojetti, Galleria Pesaro, Milano 1929. 4 Sulla storia dell’ISIA della Villa Reale di Monza cfr. L’ISIA a Monza. Una scuola d’arte europea, a cura di R. Bossaglia, Associazione Pro Monza, Monza 1986, e V. TERRAROLI, Appunti sul dibattito del ruolo delle arti decorative negli anni Venti in Italia: da Ojetti a Papini, da Conti a D’Annunzio, da Sarfatti a Ponti, in Arte nella storia. Raccolta di studi in onore di G. C. Sciolla, a cura di V. Terraroli e F. Varallo, Skira, Milano 2001, pp. 131-140. 5 V. TERRAROLI, La ceramica europea e italiana 1900-1950: i percorsi della modernità, in Ceramica italiana d’autore 1900-1950, a cura di V. Terraroli, Skira, Milano 2007, p. 19. 6 Riguardo alla fenomenologia degli Arts Déco esiste ormai una ricca quanto eterogenea bibliografia, ma si vogliono ricordare il catalogo delle recenti mostre londinesi: Art Déco 1910-1939, a cura di C. Benton, T. Benton e G. Wood, Bulfinch, Londra 2003, e Modernism: designing a new world 1914-1939, a cura di C. Wilk, V&A, Londra 2006; per l’Italia, oltre a Milano déco. La fisionomia della città negli anni Venti, a cura di R. Bossaglia e V. Terraroli, Skira, Milano 1999, si veda anche Il Déco in Italia, a cura di F. Benzi, Electa, Milano 2004; mentre sulla ceramica del periodo dell’Art Déco si veda K. MCCREADY, Art Déco and Modernist Ceramics, Thames & Hudson, Londra 1995. Imprescindibili restano le numerose riviste, i cataloghi delle esposizioni, i cataloghi della produzione delle singole manifatture e i repertori, in particolare: R. PAPINI, Le arti d’oggi. Architettura e arti decorative in Europa, Bestetti e Tumminelli, Milano-Roma 1930; Les Arts décoratifs modernes. France, a cura di G. Quénioux, Librairie Larousse, Parigi s.d. (1928); Encyclopédie des arts décoratifs et industriels modernes au XXème siècle, 12 volumi, Office Central d’Éditions et de Librairie, Parigi s.d. (1930 c.). 7 Sulle manifestazioni espositive a Monza cfr. V. TERRAROLI, Milano déco: le arti decorative e industriali tra il 1920 e il 1930, in Milano déco. La fisionomia cit., pp. 29-127, e 19231930 Monza, verso l’unità delle arti. Oggetti d’eccezione delle Esposizioni internazionali di arti decorative, catalogo della mostra a cura di A. Pansera e M. T. Chirico, Silvana, Cinisello Balsamo 2004. 8 G. PONTI, Le ceramiche. Le ragioni dello stile moderno, in L’Italia alla Esposizione Internazionale di arti decorative e industriali moderne Parigi MCMXXV, Roma 1925, p. 70. 9 Ricchissima è la bibliografia su Gio Ponti, ma si ricordano in particolare i seguenti riferimenti bibliografici: Gio Ponti. Ceramiche 1923-1930. Le opere del Museo Ginori di Doccia, catalogo della mostra a cura di F. Abboni, S. Salvi, G. Pampaloni e P. C. Santini, Electa, Milano 1983; Gio Ponti. Ceramica e architettura, a cura di G. C. Bojani, C. Pier-

20

Le belle statuine MARIA MIMITA LAMBERTI

La porcellana viene quasi sempre usata per fare stupide bamboline J. J. WINCKELMANN

L

a citazione di Winckelmann qui proposta viene confutata nel bel romanzo di Bruce Chatwin Utz1, del 1988, un testo a cui mi sento di rimandare i visitatori di questa mostra torinese, nata dalle raccolte di alcuni collezionisti privati: lo scrittore, mettendo a frutto la propria esperienza di esperto d’arte per una grande casa d’aste londinese, delineava il ritratto immaginario di un collezionista di preziose porcellane di Meissen, confinato nella grigia Praga degli anni del dopoguerra, ma soprattutto narrava l’innamoramento quasi carnale e i motivi più profondi della ricerca e della raccolta di questi oggetti fragili e apparentemente inutili, ma capaci di ossessionare sovrani guerrieri come Augusto il Forte e Federico il Grande di Prussia per cui venne coniato nel XVIII secolo il termine di Porzellankrankheit, la «malattia della porcellana». Fatte le debite differenze, del diverso clima culturale della Torino di fine anni venti e dell’alta qualità delle ceramiche Lenci, a fronte della primogenitura e della storica eccellenza della regia manifattura di Meissen, restano alcuni importanti snodi su cui intrattenersi in percorsi paralleli. Troppo forzato, ma assai divertente, sarebbe accostare al giudizio negativo di Winckelmann quello di Mario Sturani (quando confessava in un romanzo autobiografico di aver temuto di sciupare il proprio talento alla Lenci, tanto da lasciare Torino e trasferirsi a Parigi per tentare di vivere di sola pittura): «Ero stufo di far ceramiche e ninnoli stupidi e graziosi: volevo fare il Pittore»2. Resta valido, invece, nel totale coinvolgimento emotivo dei collezionisti più appassionati, sia di porcellane del Settecento sia di ceramiche del Novecento, il riferimento ai motivi più profondi che spingono ad avvicinare l’universo policromo e composito dei tipi e delle invenzioni delle statuette da collezione fino a esserne travolti. Leggendo in Chatwin come «ognuno degli oggetti scelti da Utz doveva riflettere gli umori e le sfaccettature del “secolo della porcellana”: l’arguzia, il fascino, la galanteria, l’amore per l’esotico, la cinica indifferenza e la spensierata gaiezza - prima che tutto fosse spazzato via dalla rivoluzione e dal calpestio degli eserciti»3, anche le spregiudicate statuine di Nella, variante sbarazzina della disinibita garçonne con le gambe nude, il purillo o il cappellino a cloche, irrigidita nel 1935 nella divisa luttuosa da giovane italiana4, narrano a modo loro una storia non meno tragica delle aspirazioni alla modernità e delle scelte della società italiana, di cui le «bamboline Lenci» per quanto «stupide» finiscono per darci testimonianza. Ridurre come Utz «gli eventi di questo fosco secolo» a «rumori di fondo»5, immergendosi in un lillipuziano universo parallelo e dotandolo di vita propria, resta una delle motivazioni faustiane del collezionista, demiurgo delle proprie creature d’affezione, a cui può conferire vita maneggiandole con la massima cura (ancora Chatwin: «il possesso privato conferisce al proprietario il diritto e il bisogno di toccare. Come un bimbo allunga la mano per toccare ciò di cui pronuncia il nome, così il collezionista appassionato restituisce all’oggetto, gli occhi in armonia con la mano, il tocco vivificante del suo artefice»6). Altre tangenze con la cronaca dell’epoca finiscono per costruire intorno alle ceramiche Lenci e alla loro fortuna, diversi tracciati che si intrecciano con gli eventi della storia contemporanea italiana; lo testimoniano non solo la stretta amicizia di Mario Sturani, l’autore più creativo e fedele della ditta Lenci, con Cesare Pavese, ma anche i rapporti con il proprio suocero, il professore Augusto Monti, condannato dal tribunale speciale per complotto antifascista e imprigionato a Civitavecchia, a cui Sturani scriveva il 1o aprile del 1936: «Io lavoro e penso sempre nuove ceramiche e nuovi oggetti - sembra impossibile quanto ancora si vendano tanti oggetti sia pur belli ed eleganti ma così inutili»7. Così nell’autobiografia a due mani Noi due, edita nel 1997 dai coniugi Davide Jona e Anna Foa, non è solo un aneddoto il caso che portò la madre e la sorella del dissidente Vittorio Foa a manifestare la propria gratitudine per i presunti aiuti al proprio congiunto prestati dal presunto amico Dino Segre (in realtà infiltrato negli ambienti dell’antifascismo come informatore dell’OVRA), regalandogli proprio una costosa ceramica Lenci8. Una prova che ben documenta il pregio di quel manufatto, ma 21


Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.