Documenti e studi 26 a

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In questa situazione Decio volle attuare una politica tesa a rafforzare l’unità romana attorno alla religione tradizionale. Riteneva che la salvezza potesse venire dal propiziarsi gli dei e dalla restaurazione delle antiche tradizioni per ottenere la protezione divina. In questo clima Decio, tra la fine del 249 e gli inizi del 250 d. C., emanò il primo editto che scatenò la prima persecuzione generale contro i cristiani finalizzata a creare apostati, non martiri. Con questo editto l’imperatore ordinava a tutti gli abitanti dell’Impero di giurare fedeltà agli dei pubblici “populi romani” e di dimostrare questa fedeltà grazie ad una serie di adempimenti cultuali quali i sacrifici agli dei, segno della loro adesione alla religione ufficiale dello Stato, la degustazione di carni sacrificali, le libagioni e le offerte di incenso. Inoltre, per verificare l’osservanza di queste disposizioni in tutte le provincie, vennero costituite delle commissioni per vigilare sul compimento dei sacrifici e per rilasciare un certificato scritto di adorazione, il libellus, redatto in duplice copia, una delle quali veniva archiviata e registrata nello stesso ufficio, mentre l’altra veniva rilasciata al cittadino per essere esibita alle autorità locali. Per chi, come Agata, rifiutava di abiurare al cristianesimo, prima di passare alla prigionia, alla tortura, alla confisca dei beni e all’esecuzione della pena di morte, le autorità dovevano tentare in tutti i modi di indurre i cristiani all’apostasia e al culto agli dei mediante la persuasione, la tortura e il carcere. Secondo G. Lanata17, l’editto non precisava le sanzioni da adottare contro i trasgressori, né contemplava eventuali misure specifiche contro i cristiani; inoltre i governatori provinciali potevano sempre disporre in modo discrezionale. Con queste modalità Decio intendeva perseguire due ambiziosi obiettivi: evitare ogni forma di avversione nei suoi confronti e sapere contro chi dover procedere, individuando nei cristiani i responsabili delle sciagure accusandoli di superstizione e di attirare le ire degli dei sull’Impero. Volendo tentare un bilancio della persecuzione di Decio possiamo dire che essa, pur essendo durata poco, fu assai terribile, eseguita con spietata efferatezza, ma non ebbe l’effetto sperato; innanzitutto perché non ha fatto altro che alimentare la corruzione di molti funzionari dello Sta17

Cfr. G. LANATA, Gli atti dei martiri come documenti processuali (Studi e testi per un Corpus Iudiciorum 1), Milano 1973, 76-77.

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