Il Ribelle (Maggio 2009)

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certo un esempio da seguire, io sono un caso molto particolare. Come si dice in tivù: sono un esperimento da non ripetere a casa. Non sono un maestro di vita. La racconto semplicemente. Parlo di emozioni e sentimenti che spesso non si confesserebbero nemmeno a un amico. Ma sono veri e profondi. E soprattutto sono quelli che provano tutti. Tutto qua. Sono una espressione, non una guida. Quelli che si riconoscono nelle mie canzoni sono già così, non lo diventano.» Sarà. Ma l’ascendente rimane, e passa di mano in mano da un’infornata di ragazzi all’altra. Se per maestro di vita si intende uno che dispensa consigli, perle di saggezza che ti sollevano dal problema di trovarti da te le soluzioni, è chiaro che lui non lo è e non intende esserlo. E lo stesso discorso, naturalmente, vale per l’essere o non essere un esempio, nel senso di un modello da seguire passo passo nelle sue diverse manifestazioni. Non è che ogni sua azione meriti di essere incorniciata e osservata estaticamente in attesa di replicarla. Non è che per arrivare allo stesso risultato, alla stessa somma, bisogna per forza incolonnare le sue stesse identiche cifre. L’esempio c’è, ma è più sfumato. È un riverbero, più che un’intenzione. L’insegnamento – del tutto involontario, come quello di un artigiano che va avanti col proprio lavoro senza sapere, o curarsi, di essere osservato – non è tanto in quello che lui fa ma nel modo in cui lo attraversa: accettando che insieme al bello ci sia il brutto; accettando che le cose si rivelino diverse da quello che sembravano, e che quella diversità, per lo più, equivalga a un peggioramento. Un’accettazione che aiuta a farsi trovare preparati, quando arriva la botta che ti fa barcollare o che, addirittura, ti spedisce al tappeto, ma che non è certo un’anestesia, un antidoto che ti accompagna per sempre e che ti mette al riparo dalla sofferenza, dall’amarezza. «La realtà che vedo mi fa veramente schifo. Mi ha deluso proprio, la realtà.La realtà è una cosa molto triste e odiosa,se la vedi così, nuda e cruda. Ecco perché ho rivalutato molto i sogni e le illusioni: perché aiutano a vivere meglio. Qualsiasi sogno o illusione: credere in una persona, credere in una donna, in un rapporto, in un amore. Avere una fede. Non è importante che sia vera. L’importante è crederci, perché credendoci tu vivi meglio.»2 Infatti. Deluso e disilluso sono considerati sinonimi, ma forse è una conclusione affettata. Per essere delusi – da qualcosa o da qualcuno, oppure, ancora peggio, da qualcosa e da qualcuno – bisogna coltivare delle aspettative, dei desideri, addirittura dei sogni. Si immagina un avvenimento e lo si modella su ciò che si è. O, piuttosto, su ciò che si aspira ad essere. E se poi la realtà non è all’altezza di quelle aspettative, allora si incassa il colpo e si sposta lo sguardo altrove. Per ricominciare a cercare. Per trovare una nuova visione da seguire, da coltivare, da mettere alla prova.

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