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La nuova Via della Seta

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LA NUOVA VIA DELLA SETA

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PER CONCRETIZZARE GLI OBIETTIVI DEL PAESE, SECONDO LA CINA LO STRUMENTO MIGLIORE È QUELLO DI REALIZZARE UNA CINTURA ECONOMICA CHE RIPERCORRA LE TRACCE DELLA VIA DELLA SETA, COMPRENDENDO QUINDI ANCHE L’EUROPA QUALE TERMINALE OCCIDENTALE

L’ANTICA VIA DELLA SETA

L’espressione “Via della Seta” venne coniata nel 1877 dal Barone Ferdinand von Richthofen, con riferimento a quella che è stata la merce che ha dato il maggiore impulso ai contatti commerciali fra Oriente e Occidente, almeno nella fase iniziale. La sua esistenza, tuttavia, non risale al XIX secolo: sono 2000, infatti, gli anni che ci separano dalla nascita di questa via commerciale così importante per la storia dell’umanità. A dispetto dell’ormai nota definizione, non si trattava di “una” Via della Seta, quanto, piuttosto, di una vasta rete di itinerari, che permetteva il collegamento tra il cuore della Cina e le coste del Mediterraneo. Inoltre, non veniva commerciato soltanto il pregiato tessuto, ma anche carta, spezie, ceramiche e, con esse, Diplomatici, monaci ed esploratori veicolavano idee, tecnologie e valori. Nel 138 a.C., un certo Zhang Qian fu inviato dalla Dinastia Han in missione nei misteriosi territori dell’Ovest. Al suo ritorno, portò con sé una scoperta che cambiò il corso della storia: la scoperta dell’Europa. Fu lui a permettere l’apertura di una pista che avrebbe reso possibile il collegamento tra le due superpotenze dell’epoca: la Cina imperiale e la Roma imperiale. Da quel momento, le vie che collegavano questi due mondi, precedentemente ignari dell’esistenza l’uno dell’altro, dovevano essere protette, non solo per permettere l’apertura di relazioni commerciali con l’Occidente, ma anche per aumentare la sicurezza dell’impero e alimentare i rapporti diplomatici con gli Stati confinanti. La costruzione di un prolungamento difensivo lungo il confine settentrionale, oggi conosciuto come Grande Muraglia, fu uno dei segni più eclatanti dell’importanza, non solo di mantenere una sicurezza politico-militare all’interno dell’impero, ma anche di proteggere le vie percorse dai mercanti. Non va tuttavia dimenticato che, nel concetto di antica Via della Seta, si possono anche comprendere le rotte che le navi cinesi seguivano attraverso il Mare Cinese per giungere sino alle coste dell’Oceano Indiano, nell’attuale India. Da qui, attraverso diversi intermediari, erano soprattutto i mercanti arabi a occuparsi dei commerci, risalendo il Mar Rosso e giungendo poi sino ai porti italiani.

1. La ricostruzione dei principali tracciati dell’antica Via della Seta terrestre

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2. La ricostruzione dell’antica Via della Seta marittima

Nel corso della storia, questi collegamenti non furono sempre intensi quanto lo erano stati ai tempi dell’Impero Romano o come nel periodo in cui visse Marco Polo, che racconta come si presentasse nel XIII secolo il percorso che raggiungeva le lontane terre del Catai (attuale Cina). In seguito al periodo di prosperità che seguì il viaggio di Zhang Qian, per tutta la durata della Dinastia Han, ovvero fino al 220 d.C., la Via della Seta mantenne una stabilità politica che permise il fiorire di commerci nell’area. Agli albori della Dinastia Tang (618-917), la Via era invece controllata per un lungo tratto da tribù turche, che bloccarono gran parte del traffico commerciale. Nel 760, l’Impero cinese perse del tutto il controllo delle regioni dell’Asia centrale e i commerci furono interrotti. L’apice dei traffici tra Occidente e Oriente venne raggiunto durante la Dinastia Yuan (1271-1368). Questo periodo fu caratterizzato dalla cosiddetta “Pax Mongolica”, termine usato da molti storici per definire la condizione di relativa sicurezza venutasi a creare all’interno del vastissimo Impero mongolo (26 milioni di km2) esteso tra Cina settentrionale, Siberia e Asia centrale. Questo enorme territorio fu conquistato da Gengis Khan nel 1206 e poi diviso alla sua morte in quattro parti: Dinastia Yuan, Il Khanato di Persia o Ilkhanato, Khanato Chagatai e Khanato dell’Orda d’Oro. L’Impero Mongolo permise una riapertura della Via della Seta sotto la protezione imperiale. In Europa, i prezzi delle mercanzie asiatiche calarono e la pace permise a molti viaggiatori europei, come ad esempio il citato Marco Polo, di compiere viaggi verso oriente. Questo periodo di forte rinascita dei traffici commerciali conobbe un rapido declino in concomitanza con la disintegrazione dell’Impero mongolo. La Via perse la sua uniformità politica, culturale ed economica, tornando a frantumarsi sotto il dominio di piccole potenze di origine principalmente nomade, che traevano guadagno dalle tasse imposte sui prodotti che attraversavano molti regni e che, di conseguenza, facevano sì che il prezzo dei prodotti crescesse a dismisura. Nel territorio cinese, la caduta dell’Impero Mongolo ebbe come conseguenza la cacciata della Dinastia mongola degli Yuan e una forte chiusura economica che impedì l’accesso a tutti gli stranieri. Un altro fattore che contribuì in maniera forse ancora più profonda al declino della millenaria rete di strade carovaniere che collegavano Cina e Europa fu però l’ingresso delle potenze iberiche nel commercio mondiale, attraverso l’utilizzo di nuove e molto più rapide vie marittime, aperte in seguito al raggiungimento dell’Oceano Indiano doppiando il Capo di Buona Speranza. Nel 1492, Cristoforo Colombo raggiunse le coste del Centro America e nel 1498 Vasco Da Gama sbarcò a Calicut, sulla costa Sud-occidentale del continente indiano. Questi due avvenimenti in particolare e la circumnavigazione del Globo, portata a termine dalle navi di Ferdinando Magellano tra il 1519 e il 1522, segnarono l’inizio dell’egemonizzazione degli oceani da parte delle potenze europee. In pochi anni, le spedizioni commerciali portoghesi verso le Indie si fecero sempre più frequenti, fino all’instaurazione di una rotta che assicurava un collegamento annuale diretto con il Portogallo. Questa nuova via che circumnavigava il continente africano entrò quindi in concorrenza diretta con le vie terrestri, da sempre principale modalità di collegamento tra Oriente e Occidente. Sommando la nascita di queste nuove rotte marittime, la chiusura commerciale dell’Impero cinese e la frammentazione dei territori dell’Asia centrale, si delinea molto bene il quadro generale che portò al quasi completo abbandono dei collegamenti via terra tra Europa ed Estremo Oriente e al conseguente decadimento di snodi commerciali un tempo importantissimi come le città di Samarcanda, Bukhara o Kashgar.

3. I viaggi di scoperta del XV e XVI secolo e le nuove rotte commerciali verso le Indie (Fonte: www.treccani.it)

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LO SVILUPPO COMMERCIALE CINESE

Il percorso seguito dalla Cina per presentarsi oggi come uno dei maggiori protagonisti globali a livello economico e politico è iniziato con l’avvio del periodo di riforme attuate nel 1978 da Deng Xiaoping. A partire dalla morte di Mao Zedong nel 1976, l’orientamento nello sviluppo economico del Paese è cambiato, portando la Cina a raggiungere tassi di crescita annui che hanno superato il 10%. La prima fase di questo sviluppo è derivata da mutamenti interni, come una diversa organizzazione dell’agricoltura e della distribuzione della terra, per poi arrivare all’importante contributo dato dalla svolta in campo economico attraverso l’internazionalizzazione dell’economia cinese. Il processo di riforme economiche cinesi può essere diviso in più fasi. Il primo grande cambiamento rispetto al periodo maoista basato sulle comuni è stato quello riguardante il settore agricolo. Venne introdotto, a partire dal 1978, un sistema denominato “Household responsibility system”. La sua introduzione iniziò dapprima nelle aree più povere del Paese e prevedeva dei contratti con gli agricoltori sull’uso della terra, che restava sempre comunque soggetta a tasse e regolamentazioni severe. Questo sistema passò progressivamente a una liberalizzazione del mercato legato alla produzione agricola, sfociando a metà degli anni Novanta in una politica completamente di mercato. La produzione, grazie a queste riforme, subì un incremento, il reddito delle famiglie aumentò, facendo aumentare, di conseguenza, i consumi. Venne introdotto un sistema di tassazione sul profitto della produzione e si dovettero creare le prime forme di diritto sulla proprietà. Una riforma con caratteristiche simili venne applicata anche a livello industriale, a partire dalla seconda metà degli anni Ottanta. In questo ambito, un altro cambiamento fondamentale fu il passaggio dai finanziamenti derivanti da sussidi statali a finanziamenti attuati attraverso un sistema bancario. La politica di sviluppo economico adottata da Deng Xiaoping viene spesso definita come “Politica della porta aperta” e consentì l’entrata nel commercio internazionale e lo sviluppo interno cinesi. Nel 2001, la Cina entrò a far parte della World Trade Organization (WTO), conoscendo un’ulteriore apertura. La Cina entrò nell’economia globale sfruttando da subito il vantaggio competitivo derivante dalla presenza di una grande quantità di manodopera a basso costo. Molte Imprese e Società straniere aumentarono la loro presenza nel Paese, soprattutto trasferendovi la parte di produzione riguardante i beni intermedi e semilavorati, poi spesso assemblati nei Paesi sede delle Società. Gli obiettivi raggiunti dalle riforme economiche, attuate gradualmente e in modo molto controllato, hanno permesso un evidente sviluppo della nazione e un’entrata da protagonista nell’economia globale. All’inizio delle riforme, nei primi anni Ottanta, il peso del PIL cinese all’interno di quello mondiale era inferiore al 5%, mentre nel 2011 è stato superato il 15%, avvicinandosi oggi al 20%. Per più di 20 anni, la crescita cinese ha ottenuto risultati straordinari ma, come in parte ci si aspettava, negli ultimi anni è stata più moderata. La politica economica cinese, basata soprattutto sull’acquisizione di conoscenze dai Paesi più sviluppati (economia chiamata catching-up), ha permesso al Paese di svilupparsi velocemente: i suoi vantaggi diminuiscono però quando il livello di conoscenze si avvicina a quello delle economie più industrializzate. Un fattore che ha contribuito in questo percorso di sviluppo attraverso catching-up è stata la manodopera a basso costo. Nel 2015, la popolazione cinese era pari a 1.371.220.000 persone. Dopo gli anni Settanta, il tasso di fertilità, che era stato molto alto in passato, si è abbassato a soli 2,0 figli per coppia, livello minimo per mantenere le dimensioni della popolazione. La Cina si trova in questo momento a dover trovare delle soluzioni efficaci per poter proseguire la propria politica economica, basata in larga parte sulla disponibilità di forza lavoro. I fattori che avevano contribuito alla crescita per i primi decenni dall’introduzione delle riforme si stanno quindi lentamente esaurendo e, inoltre, la Cina si trova confrontata con la sfida di dover affrontare il passaggio da una società a reddito medio (Middle-Income Society) a una Società ad alto reddito. Un tema di fondamentale importanza nell’attuale situazione economica cinese è rappresentato dal problema dell’eccesso di capacità produttiva, che si viene a creare quando la produzione eccede la domanda di mercato. Uno sviluppo della situazione in questo senso potrebbe costituire un freno nel processo di riforme che la Cina sta intraprendendo. Già negli anni Novanta se ne presentarono i primi segni e l’allora Premier Zhu Rongji decise di chiudere diverse Imprese statali per limitare l’eccesso di investimenti che si stava rivelando deleterio anche a causa della non ancora completa integrazione del Paese nel mercato mondiale. Dopo questo primo contatto con il problema, nonostante l’esplosione dell’industria pesante cinese e un aumento esponenziale della produzione, l’apertura al commercio internazionale e l’adesione alla WTO hanno permesso di contrastarlo, fino al suo nuovo insorgere nel 2008. All’interno del Tredicesimo Piano Quinquennale cinese, che copre il periodo dal 2016 al 2020, sono state illustrate le soluzioni ufficiali alle questioni economiche del Paese. Questo è il primo piano redatto sotto la leadership del Presidente del Partito Comunista Cinese (PCC) Xi Jinping, eletto nel 2012. L’influenza del Presidente si può notare nei punti chiave del piano. Il principio di base su cui è stato redatto il testo, in particolare, è un tema che Xi Jinping ritiene fondamentale per l’evoluzione del Paese. Si tratta della realizzazione di quella che il Presidente definisce una “società moderatamente prospera”. Questo obiettivo di primaria importanza verrà portato a termine attraverso cinque elementi chiave: innovazione, coordinazione, ambiente, apertura internazionale e, infine, la condivisione. Inoltre, per combattere il problema della sovrapproduzione, è stato in seguito aggiunto un ulteriore punto sotto il nome di “riforme del lato offerta”, che intende innalzare il livello della qualità dei prodotti dell’industria quale soluzione alla crisi. L’apertura internazionale si è concretizzata in un enorme progetto chiamato “Una Cintura, una Via”, che interessa una vasta gamma di settori. L’obiettivo principale è quello di assumere sempre più importanza all’interno degli affari interna-

zionali, accettando anche di farsi carico delle responsabilità indotte da una partecipazione da protagonista nelle dinamiche dell’economia globale. La Cina intende realizzare infrastrutture per creare collegamenti internazionali, ridurre le barriere commerciali con molti Stati per favorire gli investimenti, realizzare Corridoi economici attraverso accordi internazionali e non solo bilaterali, favorire gli scambi culturali e generare un ambiente internazionale più sicuro. Vengono inoltre introdotte, per garantire il sostegno finanziario del progetto, tre linee di finanziamento che sono, il Fondo per la Via della Seta, l’Asian Infrastrutture and Investments Bank e la BRICS New Development Bank. Quest’ultima è una struttura finanziaria autonoma che si propone come alternativa al gruppo del G7 occidentale e ha come principale obiettivo quello di stabilire degli equilibri finanziari globali meno influenzati dalle decisioni delle economie occidentali. Per appoggiare il progetto, sul versante diplomatico, la Cina ha avviato parecchie iniziative volte a rafforzare le relazioni con le Nazioni del gruppo ASEAN, acronimo di Association of Southeast Asian Nations. Fondata nel 1967, include gli Stati di Brunei, Cambogia, Indonesia, Laos, Malaysia, Myanmar, Filippine, Singapore, Thailandia e Vietnam.

LA BELT AND ROAD INITIATIVE

Gli aspetti trattati nei paragrafi precedenti hanno trovato sintesi nella definizione del progetto One Belt, One Road (OBOR), che è stato tradotto in italiano in “Una Cintura, una Via”. One Belt, One Road è il nome ufficiale del progetto, tradotto dal cinese. In Occidente, è più conosciuta la nuova definizione BRI, Belt and Road Initiative, che rappresenta l’evoluzione della OBOR, in quanto è stata coniata quando ormai parlare di una sola via era diventato forviante. I media occidentali hanno da subito adottato il nome “Nuova Via della Seta” per presentare il progetto al pubblico, riprendendo la descrizione fatta da Xi Jinping. Questa iniziativa ha un’importanza strategica notevole per lo sviluppo economico cinese ed è anche uno strumento di diplomazia volto a creare una situazione di vantaggio comune in tutta la regione. La definizione di un progetto di queste dimensioni può essere considerata la prima proposta che vede il Paese porsi alla guida di un nuovo sistema a livello internazionale. Il progetto è stato presentato per la prima volta da Xi Jinping nel 2013 in Kazakistan. Durante una Conferenza tenuta in un’Università della capitale, il Presidente ha anche ricordato quali siano le radici che un tempo avevano collegato Xi’an al continente europeo. Per concretizzare gli obiettivi del Paese, lo strumento migliore, secondo la Cina, è appunto quello di realizzare una cintura economica che ripercorra le tracce della Via della Seta, comprendendo quindi anche l’Europa quale terminale occidentale. Il territorio in questione ha dimensioni vastissime e una popolazione di tre miliardi di persone. A inizio Ottobre, sempre nel 2013, Xi Jinping ha scelto di presentare la seconda parte del progetto durante un intervento al Parlamento indonesiano. Il titolo del discorso è stato “Lavorare insieme per la costruzione di una comunità dal destino comune tra Cina e ASEAN”. Dopo aver ricordato al pubblico il vantaggio apportato dalle relazioni amichevoli coltivate nella regione, il Presidente ha parlato per la prima volta del progetto complementare a OBOR, chiamato Via marittima della Seta del Ventunesimo Secolo: “TwentyFirst Century Maritime Silk Road” (MSR). Queste due occasioni rappresentano il lancio dell’iniziativa che ha reso più chiari gli obiettivi di crescita cinesi. Ulteriori informazioni in merito al progetto sono state fornite in occasioni successive, attraverso diversi mezzi. Il documento più importante che chiarisce tutti gli obiettivi chiave e traccia il percorso per la realizzazione della Cintura Economica della Via della Seta e della Via Marittima della Via della Seta del XXI secolo è stato pubblicato solo nel 2015, precisamente il 28 Marzo. Il titolo del documento è “Visions and Actions on Jointly Building Silk Road Economic Belt and 21st Century Maritime Silk Road” ed è stato rilasciato congiuntamente dalla Commissione Nazionale per lo Sviluppo e le Riforme, il Ministero degli Affari Esteri e il Ministero del Commercio. A partire dalla crisi finanziaria del 2008, l’economia mondiale ha faticato a riprendersi del tutto e questa consapevolezza pone l’iniziativa cinese come un mezzo volto alla ricerca di un nuovo modello di cooperazione internazionale, che punti su un mondo

4. La mappa ufficiale della Belt and Road Initiative, pubblicata nel 2013 da Xinhua 5. L’aggiornamento dei percorsi della Belt and Road Initiative risalente al Dicembre del 2016 e pubblicato dall’Amministrazione nazionale cinese per il rilevamento, la mappatura e la geoinformazione

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multipolare, in cui rivestano sempre più importanza la globalizzazione economica e lo sviluppo congiunto di nuove tecnologie. Il documento contiene anche le linee guida per la creazione di un’area di commercio senza barriere, agevolando gli investimenti e il commercio, stando però sempre attenti a mantenersi nell’area di manovra concessa dagli Accordi di Agevolazione al Commercio della WTO. All’interno del Paese, ogni Provincia deve sfruttare i propri vantaggi competitivi: le caratteristiche chiave di ogni regione sono riassunte nel documento. Le regioni Nord-occidentali e Nord-orientali sono importanti come base di partenza per le tratte di collegamento verso le regioni settentrionali. Le regioni Sud-occidentali fungono evidentemente da punto strategico per il collegamento con le Nazioni dell’ASEAN. Da qui transiteranno soprattutto i collegamenti via terra, che permetteranno di meglio integrare la Via della Seta Marittima a quella terrestre. L’importante forza economica delle regioni costiere, compresi Hong Kong e Taiwan, dovrà essere sfruttata per la creazione dell’area chiave che funge da terminale orientale della Via della Seta Marittima. Il vantaggio delle regioni interne riguarda soprattutto la disponibilità di territorio, la forte base industriale e la disponibilità di risorse umane. Da qui partirà anche il collegamento ferroviario commerciale tra Cina e Europa. La prima mappa ufficiale della Nuova Via della Seta è stata pubblicata nel 2013 dall’Agenzia stampa ufficiale Xinhua e l’ultimo aggiornamento risale invece al Dicembre del 2016. Analizzando le differenze principali tra le due versioni, si possono notare tre novità importanti: • la descrizione molto più dettagliata dei Corridoi economici terrestri; • l’abbandono del porto di Venezia quale terminale occidentale della Via della Seta Marittima e, più in generale, di ogni approdo sulle coste della penisola italiana; • la Via della Seta Marittima non raggiunge più un porto in particolare ma prosegue in direzione dell’Oceano Atlantico, così come a Est si aprono rotte marittime verso l’Artico e l’Australia. Nonostante la maggiore specificazione dei percorsi terrestri e dei porti asiatici, africani ed europei toccati, le aperture non ancora definite a Est e a Ovest confermano la natura ancora aperta del progetto, che evolve seguendo gli accordi politici e non preclude nuovi sviluppi. A riprova della flessibilità del BRI, si può intuire il rinato interesse cinese verso i porti italiani, manifestato nelle trattative per il “Memorandum of understanding” per l’adesione dell’Italia all’iniziativa. Vengono citati i porti di Ravenna, Trieste e soprattutto Venezia. Il nome della città di Marco Polo affascina ancora i cinesi: la presenza dell’Italia nella “Yi Dai Yi Lu” (Una Cintura, una Via) conferirebbe al progetto il vanto di poter annoverare tra i suoi firmatari un Paese del G7. In particolare, a Trieste è atteso il benestare dell’Autorità di sistema portuale per una free zone dedicata agli investimenti cinesi nella logistica. Gli interessi cinesi non si stanno limitando all’Adriatico, ma coinvolgono anche il sistema portuale di Genova e Savona, primo sistema di scalo merci per il Nord-Ovest del Paese e per i collegamenti ferroviari e autostradali con Francia, Spagna, Germania e il Nord Europa. Il Presidente dell’Autorità di sistema portuale di Genova e Savona sta valutando un memorandum per la costituzione di una Società con il più grosso Gruppo di costruzioni cinese CCCC (China Communications Construction Company) per la realizzazione di alcune grandi opere necessarie al sistema logistico ligure. Al di là della pianificazione globale dichiarata delle vie marittime, la BRI si sta diramando nei terminali europei con azioni mirate ad ampliare significativamente il proprio raggio d’azione. Attualmente sono previsti oltre 1.300 progetti di investimento; a questi bisogna aggiungere, come nel caso dei porti italiani, un congruo numero di iniziative parallele, finalizzate al medesimo scopo. I porti chiave lungo la Via sella Seta Marittima sono stati definiti ed è possibile stilarne la lista: • Kuantan (Malaysia); • Kyaukpyu (Birmania); • Jakarta (Indonesia); • Colombo e Hambantota (Sri Lanka); • Gwadar (Pakistan); • Gibuti; • Mombasa (Kenya); • Pireo (Grecia). Lungo i percorsi terrestri della nuova Via della Seta, la Belt and Road Initiative comprende invece sei Corridoi economici di seguito dettagliati.

6. Gli otto porti più importanti lungo la Via della Seta del XXI secolo (Fonte: www.lehmanbrown.com)

7. I sei Corridoi economici (Fonte: www.lehmanbrown.com)

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Il “New Eurasian Land Bridge” (NELB)

Si tratta di una ferrovia internazionale che collegherà, attraverso un tracciato lungo il continente euroasiatico, la provincia cinese dello Jiangsu a Rotterdam. Secondo i piani, la lunghezza complessiva del tracciato sarà di 11.800 km e interesserà 30 Stati. Sino ad oggi sono già in attività quattro collegamenti che fanno parte del progetto e sono quello tra Chongqing e Duisburg in Germania, da Chengdu fino a Lodz in Polonia e dalla città di Yiwu parte invece un collegamento che, attraversando Kazakistan, Russia, Bielorussia, Polonia, Germania, Belgio e Francia, si dirama verso la Penisola Iberica fino a Madrid e a Nord verso la stazione di Barking nei pressi di Londra.

Il Corridoio economico Cina-Mongolia-Russia (CMREC)

Questo Corridoio è stato proposto nel Settembre del 2014 in Tagikistan in occasione di un vertice tra i tre Capi di Stato coinvolti. Non si tratta di un solo percorso, bensì di due arterie principali: la prima parte dalla regione cinese di Pechino-Tianjin-Hebei e, passando da Hohhot, che si trova nella Mongolia Interna cinese, giunge sino in Russia, passando dalla Mongolia; la seconda tocca le città cinesi di Dalian, Shenyang, Changchun, Harbin e Manzhouli prima di dirigersi verso la russa Chita. Il piano prevede la costruzione di infrastrutture di trasporto, di porti e servizi di ispezione doganali che permettano di velocizzare le procedure, investimenti industriali, scambi culturali e l’aumento della collaborazione in vari settori, come, per esempio, quello della sicurezza. Attraverso la creazione di questo Corridoio, è inoltre possibile includere il progetto russo dell’Unione Euroasiatica (UEE), che è stata fondata da Russia, Bielorussia, Kazakistan e Armenia nel 2014 sul modello dell’Unione Europea e la “Steppe Road”, una superstrada lunga quasi 1.000 km che colleghi Russia e Cina.

Il Corridoio economico Cina-Asia centrale-Asia occidentale (CCWAEC)

I percorsi di questo Corridoio si snodano lungo le rotte dell’antica Via della Seta e collegano quindi la Cina alla Penisola Arabica, al Golfo Persico e al Mar Mediterraneo. Il terminale orientale è la Provincia dello Xinjiang e i Paesi toccati sono Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Uzbekistan e Turkmenistan in Asia Centrale e Iran, Arabia Saudita e Turchia a occidente. Nel Giugno del 2015, in occasione del “Third China-Central Asia Cooperation Forum” tenutosi a Shandong, è stata firmata, dalla Cina e cinque Paesi dell’Asia centrale, una dichiarazione che prevede l’impegno congiunto per la realizzazione del Corridoio.

10. Il Corridoio economico Cina-Mongolia-Russia

8. Il tracciato principale attraverso l’Eurasia (Fonte: lehmanbrown.com)

9. Le diramazioni ferroviarie del terminale europeo del Corridoio (Fonte: www.merics.org)

11. Il Corridoio economico Cina-Asia centrale-Asia occidentale (Fonte: Sebastien Goulard, www.oboreurope.com)

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Il Corridoio economico della penisola Cina-Indocina (CIPEC)

Il ponte terrestre che collega la Cina ai Paesi membri dell’ASEAN riveste un ruolo importantissimo nella riduzione delle tensioni territoriali del Mar Cinese Meridionale. Questo Corridoio parte dalla ricchissima area del Delta del fiume delle Perle (che rappresenta oggi il 25% dell’intero export cinese), attraversa Vietnam, Laos, Cambogia, Thailandia, Birmania, Malaysia e giunge a Singapore. I due collegamenti principali sono la superstrada NanchongGuang’an e la ferrovia ad Alta Velocità Nanning-Guangzhou che giunge fino a Hanoi e Singapore. Al momento, sono state costruite o sono ancora in costruzione nove autostrade internazionali per velocizzare gli spostamenti nell’area. In Indonesia, con il sostegno diretto della Cina, la rete stradale è stata ampliata e contemporaneamente hanno preso avvio i lavori per l’edificazione di tre ferrovie ad Alta Velocità.

Il Corridoio economico Cina-Pakistan (CPEC)

Nel corso di una visita ufficiale in Pakistan nel 2013, il Premier cinese Li Keqiang ha proposto questo Corridoio molto importante anche dal punto di vista strategico. La partenza del tracciato è situata a Kashgar, nella Provincia dello Xinjiang, e ha una lunghezza complessiva di 3.000 km fino al porto pakistano di Gwadar. Il Corridoio rappresenta quindi il collegamento tra la Via della Seta terrestre e quella marittima. Quasi 46 miliardi di Dollari sono già stati investiti per lo sviluppo della rete ferroviaria, autostradale, i gasdotti, gli oleodotti e la posa di cavi in fibra ottica. Attraverso questo passaggio, il collegamento tra Medio Oriente e Cina per il trasporto di merci e petrolio è nettamente, più breve. Attualmente l’attraversamento dello stretto di Malacca per il raggiungimento dei porti cinesi prevede circa 12.000 km di navigazione, senza aggiungere il tragitto via terra necessario

per raggiungere lo Xinjiang dal mare. Una volta percorribile, il tracciato Gwadar-Kashgar permetterà di risparmiare in termini di tempo e di costi sul trasporto delle merci per chi opterà per questa soluzione.

Il Corridoio economico Bangladesh-Cina-IndiaBirmania (BCIMEC)

L’importanza di questo Corridoio risiede nell’unione di due mercati con un grande potenziale come quelli cinese e indiano: infatti, ai quasi 1.400 milioni di Cinesi si sommano i più di 1.300 milioni di Indiani. La costruzione di infrastrutture, la cooperazione economica e l’agevolazione degli 12. Il Corridoio economico Cina- scambi commerciali Indocina (Fonte: Sebastien Goulard, voluti da Pechino venwww.oboreurope.com) gono però rallentati dai timori nutriti dal Governo indiano nei confronti della Belt and Road Initiative. L’India non è favorevole alla costruzione di una linea diretta di collegamento verso la Cina perché teme che il proprio mercato interno possa risentirne in modo negativo. Il piano proposto dal Bangladesh, dal nome “Vision 2021”, prevede come obiettivo principale di aumentare il numero e l’importanza dei collegamenti con le Nazioni confinanti. Le aree di investimento su cui intende puntare il Paese sono quelle dell’energia, delle telecomunicazioni e dell’agricoltura. Alcuni progetti, come per esempio la costruzione di centrali a carbone o l’espansione della rete elettrica anche nelle aree rurali, vengono sviluppati con l’aiuto della Cina.

I PRINCIPALI RISCHI

L’iniziativa cinese, se considerata a livello generale, può presentare due diversi obiettivi. Sul piano economico, l’aumento delle esportazioni, l’accesso a nuovi collegamenti per la ricezione di materie prime e il rilancio delle Aziende verso una fetta di mercato di livello più alto presentano il progetto come uno strumento dello sviluppo del settore a livello nazionale. Dal punto di vista politico, si delinea invece l’intenzione di ridurre le tensioni politiche interne, soprattutto quelle scaturite dai movimenti indipendentisti e separatisti portati avanti da alcune minoranze etniche e quelle con le Nazioni dell’Asia orientale e Sud-orientale. Una valutazione d’insieme del piano BRI può far sorgere alcune perplessità sulle principali difficoltà a livello nazionale ed estero che la realizzazione degli obiettivi potrebbe incontrare. È necessario tenere presente che gli obiettivi proposti sono molti e alcuni ambiziosi: anche gli aspetti toccati abbracciano il campo economico, politico e della sicurezza, facendo così aumentare la possibilità di un eccesso di fiducia nei partner o difficoltà impreviste, che rischiano di ostacolare il percorso di attuazione.

13. Il Corridoio economico CinaPakistan (Fonte: Sebastien Goulard, www.oboreurope.com) 14. Il Corridoio economico BangladeshCina-India-Birmania (Fonte: Sebastien Goulard, www.oboreurope.com)

Tra le sfide esterne che potrebbero rallentare la realizzazione del progetto figurano, per esempio, questioni ambientali, instabilità o cambiamenti politici, che non permettano di raggiungere accordi tra le Nazioni, difficoltà economiche dovute a eventi esterni oppure ancora difficoltà nel gestire questioni etniche e religiose. Tutti questi aspetti sono difficilmente prevedibili dalla Cina e ancor meno controllabili. Uno studio condotto da “The Economist” ha cercato di stilare una classifica del rischio riguardante le Nazioni coinvolte nel progetto BRI, tenendo conto di diversi fattori. I criteri considerati maggiormente sono stati la sicurezza nazionale, la stabilità politica, i rischi economici, lo stato di salute del mercato del lavoro e il livello delle infrastrutture locali. Molte Nazioni dell’Asia centrale sono risultate tra quelle con il più alto livello di rischio, nonostante siano tra i partner più importanti per realizzare tre dei sei Corridoi economici. La situazione in cui al momento si trova la Cina richiede che lo sviluppo pacifico e la difesa degli interessi nazionali possano trovare un equilibrio. Si tratta infatti di due elementi chiave della politica estera del Paese, che però entrano in conflitto e devono essere gestiti entrambi con la massima attenzione. La sicurezza nella regione asiatica rappresenta una priorità affinché gli interessi economici e l’approvvigionamento di risorse energetiche vengano mantenuti. Il controllo dei mari vicini attraverso la modernizzazione della marina militare, l’avanzamento dei diritti di sovranità nel Mar Cinese e l’integrazione sul mercato regionale costituiscono per il Governo cinese i tre principali obiettivi di sicurezza. Per quanto riguarda gli scambi commerciali, il Mar Cinese Meridionale rappresenta uno degli snodi più importanti del commercio marittimo mondiale. Il 50% delle petroliere a livello globale percorre rotte passanti per il Mar Cinese Meridionale e il traffico totale supera di tre volte quello del canale di Suez e di cinque volte quello del Canale di Panama. La Cina, mostrando poco rispetto degli accordi internazionali, ha attuato a partire dal 2012 alcune azioni aggressive volte a rafforzare la propria presenza negli arcipelaghi contesi. Le Filippine non sono però rimaste passive e hanno inoltrato una notifica di reclamo al Tribunale Internazionale del Diritto del Mare. Il Governo di Xi Jinping ha ribadito, a partire dal 2013, di non voler sacrificare gli interessi nazionali ma che la linea dello sviluppo pacifico non può assolutamente essere abbandonata. Evitando sempre una degenerazione della situazione che risulterebbe sfavorevole al Paese, la Cina ha portato avanti numerose mosse ritenute intimidatorie dalle Nazioni coinvolte. Tra le azioni più imponenti troviamo sicuramente la costruzione di strutture artificiali e l’ampiamento di arcipelaghi attraverso lavori di drenaggio dei fondali allo scopo di creare nuove isole. Nella regione sono stanziate sempre più navi militari, tra cui parecchie portaerei e, non lontano dalle coste del Vietnam, sono presenti piattaforme petrolifere cinesi. Anche l’importanza della regione dell’Asia Centrale nell’ambito della politica estera cinese ha assunto un ruolo sempre maggiore grazie al progetto One Belt, One Road. L’avvio di investimenti e finanziamenti nella regione da parte della Cina ha permesso comunque al progetto BRI di essere accolto in modo positivo da quasi tutte le Nazioni coinvolte. Le esigenze di molti Paesi vengono soddisfatte dalla diversificazione delle rotte di trasporto delle risorse energetiche come per esempio nel caso di Kazakistan e Turkmenistan, oppure riescono a sfruttare l’occasione per rilanciare la propria economia e orientarla verso un mercato più vasto e ricco di opportunità. Non va dimenticato che la crescente presenza cinese è una conseguenza della diminuzione del coinvolgimento di Stati Uniti e Russia nell’area. Il flusso di investimenti come anche l’immigrazione di lavoratori cinesi nei Paesi dell’Asia Centrale hanno fatto sorgere dei dubbi sui reali obiettivi della Cina che sembra, contrariamente a quanto più volte dichiarato, voler affermare il proprio ruolo dominante sostituendosi alle potenze occidentali. Esiste in Paesi come Kirghizistan, Uzbekistan e Tagikistan la sensazione che la Cina stia incoraggiando l’emigrazione di forza lavoro con l’obiettivo di creare gruppi capaci di influenzare la politica dei governi dell’Asia centrale. Permane pure da parte degli Stati Uniti un approccio diffidente, recentemente emerso in occasione delle trattative tra Cina e Italia per l’adesione al memorandum di intesa. “Noi vediamo la Belt and Road Initiative come un’iniziativa pensata dalla Cina per l’interesse della Cina, siamo scettici sull’adesione italiana” - afferma Garret Marquis, Portavoce del Consiglio per la Sicurezza nazionale della Casa Bianca. Appare quindi netta l’avversione dell’Amministrazione americana per la trattativa tra Italia e Cina sull’adesione alla nuova Via della Seta. Benché la Cina si sia presentata decisa a mostrare il proprio impegno da protagonista all’interno della comunità internazionale, Xi Jinping ha sottolineato, anche in occasione di una visita a Seattle nel 2015, come il suo Paese intenderà comportarsi affinché il suo sviluppo non venga percepito come una minaccia, in primo luogo da parte degli Stati Uniti. La situazione attuale, in seguito all’insediamento del Presidente Donald Trump alla Casa Bianca, è caratterizzata da un’imposizione incrociata di dazi doganali, le cui ripercussioni hanno un esito incerto e che viene attuata basandosi su strategie adottate all’insegna della cautela, visti gli interessi in gioco. In tutto il mondo permane ad oggi il timore dell’instaurarsi di un imperialismo economico cinese che in molte aree africane rischia di dar luogo a una formula di neo-colonialismo. È questo, a mio giudizio, il principale ostacolo realizzativo alla visione infrastrutturale della nuova Silk Road. La Belt and Road Initiative è un’iniziativa strategica con l’obiettivo di creare un’area di cooperazione politica ed economica in cui l’attore principale sia la Cina. Tra gli scopi impliciti c’è quello di sostituire gli USA come nuovo attore globale e di trovare una soluzione all’eccesso di capacità produttiva cinese. Non aderire al progetto comporta un rischio di marginalizzazione, in virtù della portata del progetto stesso che, nel disegno di Xi Jinping, abbraccia il 38% del territorio e il 62% della popolazione mondiale. È evidente che le principali Nazioni del G7 si trovino attualmente a doversi confrontare con un dilemma dai significativi risvolti sia economici sia strategici. n

STRADE

(1) Studente liceale presso il Liceo Lugano 1 (Svizzera) che ha approfondito l’argomento dello sviluppo commerciale cinese e della Belt and Road Initiative nell’ambito del proprio lavoro di maturità