CONSIGLI E APPROFONDIMENTI PER IL BENESSERE PSICOLOGICO IN AZIENDA
IN EVIDENZA
Benessere Psicologico in azienda: 7 sfide per il 2024
La Salute Mentale come sfida all’Age Management
Lo stonewalling nelle relazioni
![]()
Benessere Psicologico in azienda: 7 sfide per il 2024
La Salute Mentale come sfida all’Age Management
Lo stonewalling nelle relazioni
Lo stonewalling nelle relazioni e sul lavoro
Crisi di “mezza età” della coppia: come affrontarla e superarla
Giornata Nazionale del Fiocchetto Lilla: Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione e Benessere Psicologico
Fondata nel 1989 dal Dr. Patrick Légeron, Stimulus è la società di consulenza leader nel campo della salute psicologica sul lavoro.
La sua missione è duplice: prevenire i rischi psicosociali e promuovere il benessere sul posto di lavoro, per rispondere alle sfide economiche e umane.
Presente in Francia, Italia e Spagna, al suo interno operano 150 esperti (psicologi, sociologi, formatori) che progettano e realizzano soluzioni su misura per migliorare le condizioni di lavoro.
Benessere Psicologico in azienda: 7 sfide per il 2024
+170% le richieste pervenute nel 2023 al servizio socio-assistenziale di Stimulus
Stress, ansia e depressione: crescono i fattori di rischio per il benessere mentale
Se negli anni pandemici e postpandemici abbiamo osservato perlopiù risposte a bisogni contingenti, nel corso del 2023 possiamo testimoniare come il tema del Benessere Psicologico per molte realtà si stia trasformando da “tendenza” a elemento cardine delle strategie aziendali.
Un elemento non più solo relegato alle funzioni Risorse Umane, ma che abbraccia la totalità dell’organizzazione, inserendosi in maniera decisa in ambiti come i valori aziendali e lo sviluppo del business.
Analizzando quanto successo negli ultimi dodici mesi, possiamo individuare almeno tre aspetti che hanno contraddistinto l’evoluzione del Benessere Psicologico nei contesti organizzativi.
Cresce sempre di più la consapevolezza da parte delle Persone e delle figure chiave nelle organizzazioni dell’importanza della Salute Mentale,
a cura di
Andrea BertolettiCountry Manager
Stimulus Italia
sia in termini di creazione di un ambiente di lavoro positivo, sia nei termini di miglioramento delle performance di collaboratori e collaboratrici La riduzione dello stigma, il superamento di alcuni dei principali ostacoli all’accesso al Supporto Psicologico hanno reso le Persone sempre più consapevoli dei benefici che il proprio Benessere può portare tanto in ambito personale quanto professionale.
Sempre più organizzazioni hanno posto la loro attenzione sul ruolo chiave delle figure manageriali, come punto di riferimento per l’azienda e per i propri collaboratori, in termini relazionali, di engagement e di benessere organizzativo. Nello svolgimento del loro ruolo sono emerse due nuove dimensioni per la salvaguardia della Salute e delle performance: la capacità di gestire i segnali di malessere psicologico di collaboratori e collaboratrici e l’abilità di mantenere viva la relazione con gli stessi, tenendo conto delle specificità di ciascuno. Competenze e skills per le quali sono necessari nuovi strumenti e competenze.
Oggi non possiamo più pensare alle organizzazioni come un insieme di procedure, processi e competenze tecniche Sempre più aziende, infatti, desiderano essere promotrici di un ambiente che permetta di esprimere le capacità di ogni Persona e allo stesso tempo essere in grado di migliorare il livello di benessere individuale e collettivo. Partendo da questa necessità, la Salute Mentale diventa un elemento cardine dell’intero sviluppo strategico, dal punto di vista gestionale, per contribuire alla creazione di un ambiente che garantisca alle persone di esprimersi al meglio, e dal punto di vista performativo e di business, migliorando la definizione di obiettivi e i risultati di performance di ogni collaboratore e collaboratrice
BENESSERE PSICOLOGICO E
ORGANIZZAZIONI: SETTE
TENDENZE PER IL 2024
Dal nostro osservatorio, fatto di confronti quotidiani con i professionisti del Mondo delle Risorse Umane, Manager e CEO di aziende nazionali e multinazionali, possiamo osservare un mondo estremamente dinamico e in fermento.
Ma cosa possiamo aspettarci per questo 2024?
Ecco sette sfide e tendenze che ci aspettano in questo nuovo anno.
1. SVILUPPO ORGANIZZATIVO
Lo Sviluppo Organizzativo, inteso come l’insieme di strategie e interventi finalizzati al miglioramento continuo delle organizzazioni, rappresenterà la modalità più efficace per promuovere Salute Mentale e Benessere Psicologico come elementi chiave del successo aziendale
2. EMPLOYER BRANDING
Attraverso processi partecipativi, formazione e gestione del cambiamento, le aziende potranno creare un ambiente che ottimizzi l’efficienza e favorisca la crescita sostenibile Valutazione continua, identificazione dei punti di forza e progettazione di strategie mirate, sono cardini per garantire il pieno potenziale delle Persone. A fronte di un costante impegno per prendersi cura della Salute Mentale di collaboratori e collaboratrici, emerge oggi l’esigenza di comunicare in modo chiaro l’impegno delle organizzazioni su questo tema. Questo per un duplice obiettivo: valorizzare la Salute Mentale e il Benessere Psicologico al centro della cultura aziendale,
fungendo da motore per l’aumento dell’engagement interno e consolidare l’attrattività dell’organizzazione sul mercato del lavoro, posizionandola come un datore di lavoro consapevole e focalizzato sul benessere individuale. A fronte di tutto questo la Salute Mentale diventa un elemento chiave da inserire e valorizzare nella strategia complessiva di Employer Branding.
Un aspetto fondamentale nel corso del 2024 sarà la misurabilità delle iniziative di sensibilizzazione, formazione e supporto in ambito benessere psicologico. Sempre più organizzazioni iniziano a chiedersi: qual è il ritorno di investimento delle politiche di Benessere Psicologico? Come posso valutare i risultati tangibili ottenuti? A fronte di questi nuovi bisogni, diventa cruciale la capacità di analizzare attraverso attività di People Analytics lo stato di salute della propria organizzazione per creare interventi mirati sulle esigenze specifiche, individuando i KPI e le metriche da tenere in considerazione e analizzare nel corso del tempo.
4. NUOVE FIGURE CHIAVE
Prima del periodo pandemico e nella prima fase post-pandemica, il tema della Salute Mentale in organizzazione è sempre stato relegato ai dipartimenti Risorse Umane, Salute e Sicurezza e alle figure professionali incaricate di creare strategie e politiche di Wellbeing in organizzazione.
A partire dal 2023 (e ci aspettiamo sempre più anche nei prossimi anni), il tema della Salute Mentale e del Benessere Psicologico ha coinvolto figure manageriali e in posizioni di leadership in diversi dipartimenti Responsabili di funzione, Direttori e CEO sono destinati a diventare figure chiave per la valorizzazione dell’impegno dell’organizzazione a sostegno e supporto del Benessere Psicologico dei propri collaboratori e collaboratrici e per la creazione di una adeguata cultura aziendale
I segnali degli ultimi due anni evidenziano come il Social Wellbeing diventerà sempre più una dimensione chiave per garantire il Benessere Psicologico dell’individuo. Caregiving e disabilità, sono solo alcune delle tematiche emergenti che possono impattare in maniera significativa sulla vita della Persona La costruzione di un ambiente di lavoro positivo e orientato al Benessere della persona passerà sempre più anche dalla capacità di anticipare questi bisogni, ascoltare le necessità di collaboratori e collaboratrici, fornire loro un supporto adeguato, strumenti e percorsi formativi in grado di aiutarli nel rispondere a situazioni contingenti, ma anche valorizzando le nuove competenze che acquisiranno.
Anche nel 2024 ci attendiamo (e auspichiamo) che la dimensione della diversità e inclusione continui a essere un tema cruciale nelle organizzazioni La costruzione di una cultura attenta a evitare ogni forma di disuguaglianza e favorire l’inclusione passerà necessariamente da un processo di evoluzione nelle scelte aziendali: dalla creazione di iniziative occasionali all’ideazione di strategie di medio-lungo periodo. In quest’ottica, la valorizzazione della stretta connessione tra diversità, equità e inclusione e la dimensione psicologica dell’individuo potranno fare la differenza nella costruzione di best practice e interventi che valorizzano le unicità e portino effettivi benefici all’intera organizzazione
Un’ultima tendenza che ci aspettiamo si confermi nel 2024 sarà la volontà delle aziende multinazionali di creare piani di Wellbeing a livello internazionale. Per avere successo, un programma globale dovrebbe coprire 3 dimensioni: interventi di analisi e valutazione organizzativa, percorsi di formazione per lo sviluppo delle competenze del personale e programmi di supporto e accompagnamento per i collaboratori Dimensioni che dovranno avere una linea guida a livello globale ma che per avere un successo concreto dovranno essere flessibili, capaci di adattarsi all’evoluzione del contesto socio-culturale in cui i collaboratori e le collaboratrici di ogni nazione si trovano a vivere quotidianamente
Anche in questo 2024, come Stimulus Italia vogliamo porci come motore e spinta all’innovazione nel campo del Benessere Psicologico e della Salute Mentale in azienda
Con un impegno costante e attento alle dinamiche di un mondo del lavoro sempre in continua evoluzione, lavoreremo a fianco delle organizzazioni per creare programmi efficaci e sostenibili, che rispondano alle esigenze mutevoli del contesto globale, contribuendo così a costruire un ambiente lavorativo sempre più inclusivo, responsabile e sereno
+170% LE RICHIESTE PERVENUTE NEL
2023 AL SERVIZIO SOCIOASSISTENZIALE DI STIMULUS
+170% LE RICHIESTE PERVENUTE NEL 2023 AL SERVIZIO SOCIOASSISTENZIALE DI STIMULUS: ECCO QUALI SONO I BISOGNI DEGLI ITALIANI CON FAMILIARI NON AUTOSUFFICIENTI
Si conferma l’alto numero di richieste presso il servizio socio assistenziale di Stimulus Italia, tra le poche aziende italiane di consulenza per il benessere psicologico nei luoghi di lavoro a offrire supporto ai caregiver. Gli operatori spiegano: diamo informazioni, ma anche supporto psicologico.
Per Andrea Bertoletti, Country Manager di Stimulus Italia: “Servono strategie e piani di wellbeing più ampi, nei quali il benessere delle persone sia concepito in modo globale. ”
Milano, 8 febbraio – +170% di richieste di consulenza e aiuto sui temi dell’assistenza a parenti anziani, familiari disabili o minori di 15 anni pervenute nel corso del 2023 Nel 50% dei casi analizzati, il familiare con un bisogno specifico era un anziano. Per il 21,23%, la richiesta riguardava la situazione di un minore; nel 19,86% si trattava di un disabile Per il 20% le richieste erano su pratiche e documenti legati all’assistenza; il 16% riguardava la ricerca di assistenza domiciliare Il bisogno di informazioni chiare, che gli utenti non riescono a trovare, è stata la prima motivazione nell’appellarsi ai professionisti di Stimulus, nel 46% dei casi.
Sono i dati emersi dal Report “Social Care” di Stimulus Italia, società di consulenza per il benessere psicologico nei luoghi di lavoro, tra le poche in Italia che offrono, ai professionisti e professioniste nelle aziende italiane, un servizio dedicato ai temi socio-assistenziali. I Care Manager di Stimulus operano su due ambiti: da una parte, offrono informazione e orientamento rispetto ai servizi presenti sul territorio, dall’altra, supportano e accompagnano le persone verso la risoluzione del problema. Il team di professionisti è in grado di rispondere a domande relative alle diverse aree sociali: minori e famiglie, adulti, anziani e persone disabili.
Perlefamigliedianzianinonautosufficientic’èunproblemaquasipiùdifficile dell’assistereilorocari.L’ostacolomaggioreèottenereleinformazionisui servizisocio-sanitaridisponibili,sullenormativeesull’iterburocraticoper riceverebonusesussidi Loconfermal’attività,semprepiùrichiesta,deiCare managerdiStimulusItalia InItaliaglianzianinonautosufficienti,cheperetà avanzata,malattiegraviodecadimenticognitivihannobisognodiassistenza continua,sonocirca3milionie800mila.Secondostimerecenti,potrebbero diventare4,4milioninel2030e5,4milioninel2050.SecondoilPattoperun nuovowelfaredellanonautosufficienza,ifamiliaricaregivercheoggigravitano suglianzianinonautosufficientisonoquasi10milioni Conlaleggedelega anzianidelmarzo2023èstataannunciataunariformacomplessivadeiservizi sullanonautosufficienza,conl’obiettivo,traglialtri,dimettereordinee uniformareiservizisulterritorio.L’iterdellariformaètuttoraincorso.
“Spesso non è facile, per i caregiver, individuare quali sono gli interlocutori sul loro territorio a cui si devono rivolgere per fare delle richieste o avere delle informazioni sui servizi socio-assistenziali territoriali Reperire questo tipo di notizie, inoltre, porta via molto tempo in ricerche e telefonate, spesso inconcludenti”.
“La percezione più diffusa, tra le famiglie di persone malate e non autosufficienti, è di essere abbandonati”, continua Comandatore. “Si sentono soli di fronte alla burocrazia, inermi di fronte al problema di salute del loro caro, smarriti, perché non sanno cosa fare”. I servizi sociali e sociosanitari e assistenziali pubblici sono disomogenei sul territorio, ma il primo problema, in realtà, è capire quali sono, dove si trovano e come accedervi, cioè “trovare il giusto referente e le informazioni specifiche per il proprio problema”, conferma Comandatore
I Care manager di Stimulus sanno che “in situazioni di emergenza (specie se improvvise), può succedere di non avere la lucidità e la razionalità necessarie per prendere decisioni importanti per i propri familiari Le persone che assumono in famiglia il ruolo di caregiver hanno spesso bisogno di sentirsi accompagnati nel fare determinate scelte per i propri cari e, soprattutto, hanno la necessità di sentirsi rassicurati sul fatto di aver valutato ogni possibilità”
Sara Comandatore Social Care Coordinator Stimulus Italia
Il servizio socio-assistenziale è uno degli interventi che Stimulus Italia offre alle aziende e ai loro collaboratori. Oggi, si affianca alle consulenze di sostegno psicologico, online, al telefono e in presenza; ad attività per il benessere sui luoghi di lavoro come la messa a disposizione di stanze di ascolto, momenti di confronto tra i professionisti, progetti di formazione per manager e responsabili delle risorse umane.
Nel solo 2023 le consulenze degli psicologi Stimulus ai professionisti e professioniste, erogate tutti i giorni, dal lunedì alla domenica, a qualsiasi ora, sono state 17.234. Le richieste ricevute in ambito socio-assistenziale sono state 319.
“Il servizio socio-assistenziale è tra i nostri servizi più recenti, ma la sua grande curva di crescita è il segnale di un bisogno importante. Stimulus ha come obiettivo un nuovo modello strategico di wellbeing, nel quale il benessere delle persone è concepito in modo globale. Così come pensiamo a professionisti e professioniste più soddisfatti, pensiamo alle loro famiglie Nel caso del servizio socio-assistenziale, non si tratta solo di dare informazioni, o rispondere a necessità ed esigenze di natura pratica ma di saperle comunicare al meglio. Consideriamo il caso di un genitore anziano che ha bisogno di assistenza: si tratta di situazioni che hanno un impatto importante nella vita delle persone, anche da un punto di vista emotivo Il vantaggio di un servizio integrato è affiancare e sostenere i caregiver, anche da un punto di vista psicologico”.
Andrea Bertoletti, Country Manager Stimulus Italia
Negli oltre 17mila colloqui effettuati nel 2023 da Stimulus Italia, la società di consulenza per il benessere psicologico nei luoghi di lavoro emerge una sofferenza individuale che si declina in preoccupazioni o stati ansiosi, sintomi depressivi e stress.
Un quinto delle professioniste e dei professionisti che, nel 2023, si sono rivolti agli psicologi di Stimulus, nell’area dei colloqui su tematiche personali, ha segnalato momenti di stress eccessivo. Fra i problemi di natura personale, il 54,22% delle consulenze – 5 su 10 – riguarda una sofferenza legata all’ansia Nel 34,84% dei casi si tratta di preoccupazioni ansiose, nel 19,38% l’apprensione si protrae nel tempo, fino a potersi definire uno stato ansioso. Nell’11,77% dei colloqui, uomini e donne hanno mostrato sintomi depressivi, con manifestazioni intense e puntuali Nell’8,37% dei casi, i segnali, prolungati nel tempo, sono giunti a configurare uno stato depressivo.
LO STRESS: UNA RISPOSTA ALLE SFIDE EMOTIVE, SOCIALI E COGNITIVE
Il Report Stimulus rileva anche il dettaglio delle consulenze erogate in merito a tematiche professionali. Nel 46,3% degli incontri, la sfida maggiore riguarda le difficoltà di relazione con colleghi e superiori. Nel 24,1% dei casi riguarda un problema di benessere negli ambienti di lavoro.
Spiega Marisabel Iacopino, Senior Service Coordinator Stimulus Italia: “I disagi che vediamo sono la spia di una crescente mancanza di serenità nelle persone, con possibili ripercussioni sulla vita privata e sul lavoro. Al tempo stesso, sono aumentate la sensibilità e la consapevolezza degli individui per i loro stati emotivi: quando sentono un malessere, sempre di più si pongono nella prospettiva di riconoscerlo e di provare a fornire un rimedio, mostrando un atteggiamento anche preventivo, prima che tale disagio diventi di ancor più difficile gestione”
Marisabel Iacopino, Psicologa, Senior Service Coordinator, Stimulus Italia
Incoraggianteèlacrescitadellerichiestedeicolloquiinpresenza:sonostati 3.672,nelcorsodel2023,conunaumentodel17,65%rispettoal2022.Nel2023è statainauguratalaformuladellosportelloinloco:538consulenzesisonosvolte pressoilpuntodiascoltopsicologicodirettamenteinazienda.
“In questo 2023 l’avvio degli sportelli di ascolto psicologico in loco ha dimostrato quanto lo stigma nei confronti del malessere psicologico si sia ridotto e allo stesso tempo quanto le aziende si siano impegnate nell’abbattere barriere culturali legate alla salute mentale. Le persone, diventando sempre più consapevoli del proprio benessere, appaiono meno timorose nel richiedere supporto e a farlo anche in contesti aziendali”.
Valentina Marchionno, Network Coordinator Stimulus Italia
“Illivellodibenesserepercepitoall’internodiun’organizzazionerappresentail risultatodellacapacitàedeglisforzidiquest’ultimadipromuoverloneipropri collaboratoriecollaboratricialivellopsicologico,fisicoesociale Questodato dimostrache,sedaunlatoinquestiannisisonoraggiuntirisultatiimportanti perquantoriguardalapromozionedelbenessereedellaconsapevolezzasui temilegatiallasalutementaleneiluoghidilavoro;dall’altro,èfondamentale predisporrestrumentiperrilevareisegnalidimalessereemergentie continuareapromuovereunaculturadelbenessereorganizzativo”.
Andrea Bertoletti, Country Manager Stimulus Italia
Micro-meditazione in azienda: benefici
Le 8 competenze per migliorare il benessere in azienda
Come supportare i Caregiver in azienda: 5 azioni concrete
La Salute Mentale come Sfida all’Age Management
Nell’ambito dell’attuale contesto aziendale, caratterizzato dalle sfide che si moltiplicano ogni giorno, da ritmi frenetici e crescente pressione, l’introduzione di pratiche di consapevolezza può rivelarsi un cardine fondamentale per migliorare il benessere di ogni persona.
In questo articolo, esploreremo la tecnica delle micro-meditazioni come una soluzione innovativa per raggiungere il benessere attraverso brevi momenti di consapevolezza Queste pause di consapevolezza offrono infatti un’opportunità per rigenerare la mente e migliorare il benessere complessivo
MICRO-MEDITAZIONE: UNA VIA PER IL BENESSERE PSICOLOGICO
La meditazione è una tecnica che si utilizza per raggiungere una padronanza dell’attività mentale, sviluppare una maggior consapevolezza di se stessi e della realtà, riuscire a quietare il turbinio di pensieri che solitamente ci avvolge e migliorare il proprio stato di salute psicofisica…
La meditazione, pratica secolare, è diventata popolare anche in Occidentale grazie agli studi scientifici svolti negli anni ’70 che sostenevano i benefici per chiunque la praticasse e all’apporto di Kabat-Zinn, considerato il padre della mindfulness moderna, oltre che a causa della diffusione del malessere mentale avvenuta negli ultimi anni
La meditazione tradizionale, che richiede spesso 30 minuti o più di calma e concentrazione, ad oggi può risultare impegnativa: non tutti hanno il giusto tempo da dedicarle e può risultare ardua da praticare, specialmente in un contesto caratterizzato da continue distrazioni
Per molte persone risulta infatti difficile riuscire a distaccarsi dal flusso costante di pensieri ed è dunque facile scoraggiarsi quando i primi tentativi falliscono, con il conseguente abbandono definitivo della pratica meditativa.
i i i
Il nome sottolinea la sua praticità: questa tecnica richiede una pratica meditativa dai 60 secondi ai 2-3 minuti, il che permette anche di inserirla facilmente nella routine quotidiana, anche tra una attività e l’altra.
Le micro-meditazioni si basano sull’idea che la meditazione non debba necessariamente richiedere lunghi periodi di tempo: è sufficiente dedicare brevi, concentrati attimi di consapevolezza e di immersione nel qui ed ora, nel momento presente, senza immaginarsi altrove e senza lasciarsi intrappolare da preoccupazioni future e pensieri sul passato
Questo approccio si allontana quindi dall’idea tradizionale di meditazione come pratica impegnativa, aprendo invece le porte a chiunque desideri sperimentare i vantaggi della consapevolezza senza dover rivoluzionare la propria routine
La flessibilità rende le micromeditazioni un ’efficace pausa rigenerante sul luogo di lavoro e uno strumento per gestire l’emotività di cui ci si può avvalere anche nelle giornate più faticose e intense.
È stato già dimostrato che questi brevi momenti possono comportare significativi benefici per la salute mentale e per il benessere: rilassamento profondo, riduzione di sintomi depressivi, dello stress e dell’ansia, aumento delle energie, aumento della memoria, incremento dell’attenzione e della concentrazione e miglioramento della performance
PRATICARE LA MICRO-
MEDITAZIONE: 4 ESERCIZI PER IL NOSTRO QUOTIDIANO
I brevi momenti di consapevolezza raggiungibili con questa pratica possono diventare un antidoto allo stress, permettendoci di ricaricare le energie e di osservare il presente senza lasciarci travolgere dagli eventi
Ecco alcune pratiche che possiamo sperimentare ogni giorno per esercitarci nella micro-meditazione:
1. Respirazione consapevole: consiste nel trovare momenti durante la giornata per concentrarsi consapevolmente sulla respirazione Lo si può fare ovunque e in qualsiasi momento, mentre si è seduti alla scrivania, quando si è in coda alle poste, o durante una breve pausa dal lavoro. Inspirare ed espirare consapevolmente per alcuni minuti può aiutare a ristabilire la calma e a rinnovare la nostra energia.
2. Focus sensoriale: osservare ciò che i sensi percepiscono permette di connettersi immediatamente con il momento presente. Questo atto di consapevolezza aiuta a distogliere l’attenzione da preoccupazioni future o rimpianti passati rivolgendo l’attenzione a ciò che si sta facendo in quel momento. Lo si può mettere in pratica anche durante le attività automatiche, come prendere un caffè, lavare i piatti o farsi una doccia.
3. Apprezzare il presente: consiste nel praticare la gratitudine concentrandosi su ciò che si ha e di cui si è grati, cercando di non dare per scontato ciò che ci circonda. Questo esercizio può contribuire a ridurre lo stress, creare un atteggiamento positivo, incrementare significativamente il benessere sia fisico che mentale.
4. Mindful walking: la camminata consapevole permette di trasformare una semplice passeggiata, o una qualsiasi attività motoria, in un’opportunità per la micro-meditazione. circostante.
Le micro-meditazioni offrono un approccio pratico e accessibile alla consapevolezza, consentendo a chiunque di sperimentare i benefici della meditazione senza la necessità di grandi impegni temporali.
Introdurre nella giornata queste brevi pause di consapevolezza può avere un impatto profondo sulla salute mentale e sul benessere complessivo, oltre che migliorare le proprie performance.
L’investimento in piccoli atti di consapevolezza può tradursi in una significativa crescita individuale e contribuire a creare un ambiente lavorativo più armonioso e sano.
L’implementazione di queste pratiche non solo favorirà il benessere individuale, ma anche la costruzione di una cultura aziendale più consapevole e inclusiva.
Il benessere in azienda è ormai un tema estremamente discusso anche e soprattutto per l’importanza riconosciuta nel creare e costruire un ambiente di lavoro che promuova la salute psicologica e la soddisfazione dei collaboratori
Ma come si può incrementare realmente il benessere organizzativo?
Insieme alle molte azioni che si possono fare a livello organizzativo, per incrementarlo risulta fondamentale allenare e far sviluppare alla propria popolazione alcune skill trasversali e comportamenti connessi che aiutano a creare una cultura e un ambiente lavorativo rivolto al benessere.
In questo articolo faremo un affondo sulle principali skill e su come svilupparle in organizzazione.
Tra le possibili spiegazioni alla base del fenomeno vi è l’ipotesi che possa trattarsi di un meccanismo di difesa, correlato quindi a sentimenti di disagio e difficoltà vissuti dal partner
Il concetto di benessere organizzativo è definito come una vera e propria:
a cura di Martina Cassani Psicologa, Psicoterapeuta, Senior Consultant Stimulus Italia
pietra angolare nell’ambito delle moderne dinamiche aziendali e si manifesta nella capacità dell’organizzazione di promuovere e mantenere il benessere psicologico, fisico e sociale dei propri collaboratori, a tutti i livelli e ruoli, contribuendo così a creare un ambiente di lavoro sereno e partecipativo (Torri, & Toniolo, 2010)”.
La multidimensionalità del benessere richiede l’impiego di diversi strumenti e competenze per essere raggiunta: non esiste un singolo esercizio o una singola attività, piuttosto è necessario adottare un mindset orientato a uno sviluppo e una crescita positiva e sostenibile per il singolo e per l’organizzazione.
Il benessere, infatti, si concretizza attraverso quelli che sono comportamenti quotidiani e, per incrementarlo, bisogna investire nel potenziamento delle giuste competenze
È ormai ampiamente dimostrato che investire nel benessere delle Persone anche attraverso l’esercizio di queste competenze influisce direttamente e in modo positivo sulla loro produttività (Randstad, 2023; Isham, Mair, & Jackson, 2021) e sulla qualità della performance aziendale (Global Wellbeing Survey di Aon, 2023).
Tra gli elementi necessari per un benessere personale e organizzativo, soprattutto le competenze relazionali risultano essere imprescindibili per la loro funzione di facilitatori nel creare e costruire un clima aziendale positivo, che rappresenta una delle principali dimensioni di una cultura orientata al benessere dei collaboratori (Ford, & DeShon, 2003). Le relazioni interpersonali giocano infatti un ruolo fondamentale nel definire il clima: relazioni positive tra colleghi e con i manager creano un ambiente cooperativo e sereno, aumentando significativamente il benessere, la qualità della performance, la soddisfazione lavorativa e riducendo lo stress
Quali sono quindi le competenze chiave per implementare il benessere in organizzazione?
Vediamo insieme le 8 competenze per migliorare il benessere in azienda.
1. Gestire le relazioni interpersonali, che consiste nella capacità di interagire in modo positivo con gli altri, con la finalità di costruire e mantenere relazioni significative e solide.
2. Comunicazione efficace, ovvero la capacità di comunicare a livello verbale e non verbale in modo efficace all’interno del proprio contesto, cruciale per promuovere un ambiente supportivo che contribuisce al consolidamento di relazioni positive.
3. Empatia, intesa come la capacità di comprendere gli altri e mettersi nei loro panni, gioca un ruolo rilevante nelle relazioni. È un elemento imprescindibile per il benessere collettivo poiché crea un contesto di lavoro collaborativo e inclusivo.
4. Gestione dello stress rappresenta nel contesto attuale una competenza prioritaria. I dipendenti stessi spesso desiderano potenziare questa skill percependola come necessaria nella loro routine. Consiste nel riconoscere i fattori di stress nella quotidianità e tentare di regolarli sia gestendoli sia trovando dei modi per recuperare le energie.
5. Autoconsapevolezza che consiste nel conoscere la propria personalità, i punti di forza e di debolezza. È un prerequisito fondamentale per lo sviluppo delle competenze psicosociali e per potenziare tutte le altre competenze.
6. Inclusività è la capacità di includere chiunque valorizzando le differenze, contrastando le discriminazioni e l’intolleranza dovute a pregiudizi e stereotipi. Consiste nel rispettare le differenze culturali, di status, fisiche e psicologiche che i soggetti possono portare, superando così le barriere sociali
7. Gestione delle emozioni implica lo sviluppo di varie competenze, iniziando con la consapevole accettazione delle proprie emozioni, procedendo con la valutazione di come impattano sui propri comportamenti e di quando e come esprimerle in modo appropriato al contesto. Riguarda, inoltre, l’abilità di comprendere le emozioni altrui È basilare per mantenere relazioni significative e per avere successo nella vita professionale.
8. Capacità di gestire il cambiamento. Il cambiamento, nonostante sia fisiologico e frequente, soprattutto nella società odierna, è un processo faticoso che spaventa poiché comporta incertezza e allontana da ciò che è conosciuto Essere in grado di gestire i cambiamenti consiste nel saper riconoscere e utilizzare le risorse interne e gli strumenti che si hanno a disposizione per far fronte al mondo e ai suoi cambiamenti.
Offrire opportunità di sviluppo ai collaboratori risponde ad un elemento essenziale per il benessere psicologico, quello della crescita personale e professionale, un efficace antidoto contro l’assenteismo e il turnover.
Vediamo insieme alcuni punti di partenza per sviluppare le otto competenze per migliorare il benessere in azienda.
Incoraggiare i feedback attraverso una comunicazione efficace. È utile favorire la comunicazione aperta e la condivisione di feedback costruttivi tra collaboratori e con i manager, creando uno spazio dove ci si possa sentire liberi di confrontarsi rispetto ai propri punti di vista. Allenare un feedback efficace permette, inoltre, di costruire e consolidare relazioni positive sul luogo di lavoro
Per potenziare la capacità di gestire lo stress è fondamentale imparare e sviluppare le abitudini sane che ci salvaguardino. Un’attenzione particolare va rivolta al carico di lavoro: avere collaboratori in grado di gestirlo aiuta a preservare il proprio benessere ed evitare di andare incontro a stress eccessivo.
Incentivare un sano lavoro di squadra per potenziare la capacità di gestire le relazioni. Implementare progetti che richiedano collaborazione aiuta a rafforzare la cultura di squadra favorendo relazioni più solide, positive ed empatiche
Il benessere dell’organizzazione è strettamente legato al benessere dei collaboratori e questo è raggiungibile attraverso l’implementazione di progetti che possano promuovere lo sviluppo delle skill trasversali prima citate.
Investire in queste skill permette alle Persone di migliorarsi e di costruire un ambiente lavorativo produttivo, sostenibile, soddisfacente e sano.
Dando rilievo a queste competenze, l’azienda mette al primo posto il benessere e la crescita dei collaboratori in un’ottica people centered, orientata all’investimento sul singolo ma anche al successo organizzativo a lungo termine.
Non esistono dati aggiornati riguardo il caregiving in Italia, ma l’ultima indagine Istat del 2018 ne contava 3,7 milioni (di cui il 64% donne).
Il numero di persone chiamate a prendersi cura di familiari non autosifficiente è sempre maggiore Le ragioni di questa crescita sono diverse La vita media delle persone si è allungata, l’età media in cui si diventa genitori si è alzata, i cambiamenti sociali hanno fatto sì che il compito di caregiving si trasferisse dalle comunità alle famiglie o individui.
A fronte di questi cambiamenti e per rispondere alle sfide di un bisogno emergente, come testimoniano i dati di utilizzo del nostro servizio nel corso del 2023, sempre più organizzazioni si stanno muovendo per implementare azioni concrete, volte a creare una cultura inclusiva e attenta alle esigenze di collaboratori e collaboratrici che sono anche caregiver familiari
A fronte di una sempre maggiore maggiore consapevolezza rispetto alle esigenze di collaboratori e collaboratrici caregiver, quali sono alcune azioni concrete che le aziende possono attuare?
a cura di Sara Comandatore
Social Care Coordinator
Stimulus Italia
01. COMUNICARE PROATTIVAMENTE.
Una prima azione consiste nell’essere proattivi nel fornire alle Persone tutte le informazioni rispetto le risorse che l’organizzazione mette a disposizione
L’aspetto comunicativo è davvero importante, non solo perché è fondamentale che tutti i collaboratori e le collaboratrici siano a conoscenza di eventuali iniziative e politiche di wellbeing già attive e promosse dall’azienda, ma anche perché è bene che siano informati anche delle risorse interne al contesto organizzativo stesso. Pensiamo ad esempio quanto può essere utile sapere chi sono i colleghi e le colleghe che possono supportare e fornire informazioni utili per questioni legate a detrazioni, congedi ecc.
02. FORMARE E SUPPORTARE
I MANAGER
Le organizzazioni hanno il compito anche di formare e supportare i manager nel comprendere come potersi relazionare al meglio con Persone che stanno affrontando il difficile ruolo di caregiver. Come comprendere le loro difficoltà e accogliere i loro bisogni in momenti a volte critici e destabilizzanti?
Si tratta di competenze relazionali (empatia, comunicazione aperta, attenzione all’equilibrio tra vita privata e lavoro, ecc ) che devono mirare a creare un ambiente di lavoro che tenga conto delle esigenze e delle sfide specifiche legate al caregiving, promuovendo un clima di sostegno, comprensione e rispetto reciproco.
Un primo strumento concreto a disposizione delle organizzazioni sono percorsi di consapevolezza e sensibilizzazione, trasversali a tutti i collaboratori e le collaboratrici.
Pensare di organizzare sessioni informative per responsabilizzare tutti rispetto le sfide legate al caregiving, significa promuovere una cultura aziendale di comprensione e supporto reciproco.
Questo tipo di percorsi può provocare una serie di reazioni a catena, che non coinvolgono solo la categoria dei caregiver, ma tutte le persone migliorando il clima e la soddisfazione dei singoli e dell’intero gruppo di lavoro.
Le competenze trasversali sviluppate dai caregiver meritano particolare attenzione all’interno dei contesti organizzativi
Chi ricopre il ruolo di caregiver sviluppa una serie di competenze intrinsiche, necessarie per superare tutte le sfide quotidiane.
Abilità preziose e che hanno valore anche nel contesto lavorativo, come la gestione dello stress, la flessibilità, il problem solving, la capacità decisionale, la comunicazione efficace e il lavoro di squadra.
Valorizzare queste competenze può portare benefici all’organizzazione, ai manager e alla persona.
Uno strumento concreto che le organizzazioni possono mettere a disposizione è un servizio di supporto.
A oggi, le modalità disponibili sono sostanzialmente due: la presenza di una figura professionale all’interno dell’organizzazione, spesso inserita nel dipartimento risorse umane oppure l’esternalizzazione ad aziende specializzate con programmi di supporto dedicati
Queste figure hanno il compito supportare le persone nel reperire informazioni preziose per superare situazioni di impasse, orientarle trovando insieme delle soluzioni per le loro problematiche, fornire degli strumenti che permettano loro di gestire con maggior efficacia la loro condizione.
Comeleorganizzazionipossonosupportareicaregiver?
Abbiamovistocheilivellidiinterventoeleiniziative possibilisonomolteplici
Ilpuntofocaletornaalloraaessereiltemadella culturaaziendale.
Laverapremessaallabasediunavisionestrategicaèla volontàdicreareunambientedilavoropiùinclusivoe supportivopericaregiverfamiliari,riconoscendoilvaloree l’importanzadellorocontributosiasulpostodilavoroche nellacomunità.
Sicuramente,cisonoancorasfidedaaffrontareemolte
L’età è una misura temporale che caratterizza ognuno di noi e può essere utilizzata per classificare gli individui in generazioni e delineare la fase di vita che stanno attraversando
Questa influisce profondamente su diverse dinamiche personali ma anche organizzative, come la produttività, la soddisfazione lavorativa e le relazioni
In un ’ epoca in cui la longevità è in aumento e la diversità generazionale è sempre più evidente, è possibile prendersi cura del benessere mentale in modo inclusivo per tutte le età?
In questo articolo, rifletteremo su come promuovere la salute mentale in un ambiente organizzativo eterogeneo, proponendo una strategia flessibile e orientata a supportare il benessere di tutti i collaboratori di tutte le età
BENESSERE E GENERAZIONI: APPROCCI DIFFERENTI?
Oggi, nelle organizzazioni, il tema del benessere e della salute mentale non è più trascurabile e riguarda tutti
Le diverse generazioni, tuttavia, possono avere sensibilità e approcci differenti al benessere psicologico e questo rappresenta una sfida per l’Age management.
a cura di Martina Cassani Psicologa, Psicoterapeuta, Senior Consultant Stimulus Italia
Ognuno di noi, infatti, ha vissuto eventi che possono avere plasmato idee sulla salute mentale aumentando o indebolendo lo stigma, portando a riflettere in maniera diversa sui propri bisogni e sul proprio equilibrio vita-lavoro e in generale ad avere sensibilità diverse sul chiedere e prestare aiuto.
Quali sono le tendenze delle diverse generazioni sulla salute mentale?
I Baby Boomers, cresciuti per essere perseveranti ed efficienti, presentano elevati livelli di stigma sulla salute mentale Per loro, il lavoro è spesso messo al primo posto. Questo li porta a mantenere riservate le proprie difficoltà e a credere di poterle gestire in autonomia.
Anche la Generazione X mette la salute mentale in secondo piano rispetto alla carriera e al benessere fisico Tuttavia, diversamente dalla generazione precedente, sembrerebbe ricercare maggior flessibilità ed equità finanziaria sul luogo di lavoro.
I Millennials invece, soprannominati la generazione “ansiosa”, risultano avere livelli più alti di malessere psicologico e forse per questo sono più aperti a discutere dei propri problemi, anche se lo stigma sulla salute mentale persiste. L’equilibrio tra lavoro e vita privata è spesso messo in discussione dalla necessità di guadagnare per far fronte a difficoltà finanziarie, ma il lavoro viene visto anche come opportunità per fornire un contributo sociale positivo
Infine, la Generazione Z risulterebbe la più aperta a discutere della propria salute mentale e chiedere aiuto La Gen Z esige infatti un ambiente di lavoro equo e sostenibile dove al centro vi deve essere il benessere dei lavoratori
È bene ricordare che ogni individuo, indipendentemente dalla propria generazione, è unico e non deve essere soggetto a generalizzazioni e stereotipi; tuttavia, queste caratteristiche comuni alle diverse fasce d’età permettono di comprendere e abbracciare la complessità nel mondo organizzativo di oggi, luogo in cui una pluralità di visioni differenti devono convivere e dialogare.
AGE MANAGEMENT NELLE AZIENDE:
UNA DIMENSIONE CHIAVE
Viviamo nell’epoca della longevità, dove la coesistenza di diverse generazioni nelle organizzazioni presenta sfide uniche nella gestione di collaboratori e collaboratrici con valori, aspirazioni e approcci lavorativi differenti.
Affrontare e prevenire le difficoltà legate alla convivenza intergenerazionale, come la presenza di discriminazione e conflitti, è fondamentale per promuovere un clima organizzativo positivo e salvaguardare il benessere dei dipendenti.
In questo scenario, l’age management assume un ruolo chiave nell’inclusione e valorizzazione delle diverse generazioni sul luogo di lavoro.
Attraverso interventi e iniziative mirate, l’Age Management mira a valorizzare, riconoscere e utilizzare le competenze di ogni lavoratore, indipendentemente dall’età anagrafica.
Non si tratta solo di una serie di interventi e iniziative occasionali, ma di un vero e proprio cambio di mentalità che integri strategie di intervento per la promozione di una cultura rispettosa e inclusiva ogni giorno.
L’importanza dell’Age Management nel contesto aziendale è da tempo evidente e supportata dalla letteratura (Belelieu & Nazeri, 2020; Gerhardt, Nachemson-Ekwall & Fogel, 2022)
È infatti dimostrato che un approccio HRM sensibile all’età favorisce un aumento della produttività, della motivazione e dell’engagement, oltre ad una maggiore soddisfazione lavorativa e a minori tassi di assenteismo.
L’Age Management quindi, non solo colma il divario generazionale focalizzandosi sulla work ability, ma diventa uno strumento strategico per creare una cultura aziendale che valorizzi l’individualità di ciascun membro del team e favorisca così un ambiente inclusivo.
MULTIGENERAZIONALE: TRE INIZIATIVE PER COSTRUIRE UNA BASE COMUNE
Sebbeneognigenerazionepossaavere unavisionediversadellasalutementale edelmodoincuisidovrebbeaffrontare, èpossibilepromuoverealcuneiniziative rivolteadognigenerazione.
Qualisono?
1.Aumentarel’alfabetizzazionesulla SaluteMentaleegarantiresupporto psicologicoindividuale:attraverso programmidiformazionee
apprendimentorivoltiallapopolazione, èpossibilesensibilizzareepromuovere lasalutementalecostruendounabase comunepertuttieinclusiva.Inoltre, grazieasportellidisupportopsicologico, sipuòintervenireeforniresupportoal singoloinmodopersonalizzato, adattandolamodalitàeglistili comunicativiallediverseesigenze.
2. Progetti di formazione sull’intergenerazionalità e reciprocal mentoring: implementare programmi che favoriscano l’interazione e lo scambio di conoscenze tra diverse generazioni all’interno dell’azienda è fondamentale per promuovere un ambiente inclusivo e dinamico. Il reciprocal mentoring, in particolare, offre l’opportunità unica per le diverse generazioni di collaborare e imparare l’una dall’altra, favorendo lo sviluppo professionale e personale di tutti.
3. Supportare il benessere fisico promuovendo uno stile di vita sano: salute fisica e mentale sono strettamente collegate ed è importante fornire supporto a tutte le età per mantenere uno stile di vita salutare attraverso iniziative come la consulenza nutrizionale, abbonamenti o sconti per la palestra, divulgazione e informazioni su come promuovere un invecchiamento attivo.
Oggi, nelle organizzazioni convivono più di quattro generazioni differenti e questo mette al centro l’importante tema dell’intergenerazionalità.
Affrontare le sfide della diversità generazionale, non solo può migliore la produttività ma contribuisce anche a creare un ambiente di lavoro inclusivo attrattivo e stimolante.
Per promuovere il benessere di tutti, è fondamentale conoscere, riflettere e agire sulle diverse esigenze e concezioni che possono riguardare i lavoratori di generazioni differenti e l’interazione tra di essi.
Un buon primo passo è costruire una base comune che garantisca un supporto per il benessere fisico, psicologico e sociale di tutti i lavoratori.
Anche se l’età può essere un fattore utile per orientarsi, quando si tratta di salute mentale i bisogni e le caratteristiche degli individui non possono essere incasellati Per questo, la gestione efficace della salute mentale in un contesto aziendale eterogeneo richiede un approccio olistico e personalizzato.
Lo stonewalling nelle relazioni e sul lavoro
Crisi di “mezza età” della coppia: come affrontarla e superarla
Giornata Nazionale del Fiocchetto Lilla: Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione e Benessere Psicologico
La comunicazione è un aspetto imprescindibile all’interno delle relazioni: significa mettere qualcosa in comune con l’altro, che siano pensieri, parole, comportamenti
Imprescindibile e complessa, la comunicazione non è certo esente da sfide: pensiamo ai malintesi, ai fraintendimenti, alle comunicazioni incomplete, che spesso possono generare tensioni all’interno dei rapporti interpersonali.
In questo articolo ci concentreremo su una particolare modalità comunicativa, identificata e definita per la prima volta dal celebre psicologo John Gottman (1999): lo stonewalling.
STONEWALLING:
DEFINIZIONE E ORIGINI
Per stonewalling si intende un particolare comportamento relazionale che consiste letteralmente nel “costruire un muro di pietra” tra sé e l’altro.
Tra le possibili spiegazioni alla base del fenomeno vi è l’ipotesi che possa trattarsi di un meccanismo di difesa, correlato quindi a sentimenti di disagio e difficoltà vissuti dal partner
Psicologa, Senior Service Coordinator
Stimulus Italia
che lo mette in atto, oppure di una modalità per manipolare l’esito della conversazione/discussione, o ancora di una modalità che prende forma per caratteristiche proprie della relazione e che risultano di difficile gestione.
Sembra verificarsi maggiormente all’interno di relazioni significative, come quella di coppia, in cui a mano a mano possono accumularsi dei mattoncini fatti di “non detti”: emozioni che non vengono condivise con l’altro, difficoltà che non vengono affrontate e risolte a cura di Marisabel Iacopino
STONEWALLING: LE CONSEGUENZE
NELLE RELAZIONI
Secondo Gottman lo stonewalling, se messo in atto ripetutamente all’interno della relazione di coppia, può rischiare, nel tempo, di condurre allo sfaldamento della relazione stessa.
Se ci pensiamo, come sarebbe avere a che fare con un partner che si sottrae ad ogni discussione, che ci restituisce il suo silenzio quando abbiamo bisogno di confrontarci su una decisione o che se ne va fisicamente mentre cerchiamo di parlargli/le?
A lungo andare, sperimentare l’inaccessibilità all’altro può generare in chi la vive sentimenti di frustrazione, rabbia, inadeguatezza.
Tale dinamica riguarda solamente le relazioni di coppia?
NEL CONTESTO LAVORATIVO
La risposta è no: può insinuarsi in qualsiasi tipologia di relazione interpersonale, come quelle lavorative.
Può capitare, ad esempio, di collaborare a stretto contatto per un progetto con qualcuno con cui sperimentiamo difficoltà nella condivisione degli obiettivi o delle modalità per raggiungerli, oppure di essere messi in condizioni per cui la nostra opinione non viene mai richiesta o valorizzata.
Può succedere di sperimentare momenti di fatica dovuti al carico di lavoro e alla tensione delle scadenze da rispettare e di non trovare uno spazio d’ascolto da parte dei colleghi o dei propri responsabili.
Talvolta è possibile vivere delle frustrazioni che non sentiamo di poter condividere per timore delle possibili conseguenze, quindi ci “barrichiamo” dentro un muro fatto di silenzi e difficoltà a entrare in contatto con l’altro.
Sorgerà spontaneo domandarsi a questo punto come poter affrontare una situazione simile.
Partendo dal presupposto che non esistono bacchette magiche o soluzioni universali, vediamo quali potrebbero essere alcuni spunti su cui riflettere:
Se siamo noi a costruire muri con l’altro: da cosa deriva questa mia necessità? Qual è il disagio sottostante? Si tratta di un momentaneo bisogno di spazio?
Riconoscere i primi “mattoncini” che si depositano e creare uno spazio di confronto prima che si eriga un muro.
Confrontarsi sulle motivazioni che hanno portato alla distanza, senza fretta e senza giudizi
Focalizzarsi sulla dinamica e su come ci fa sentire, non attaccare la persona che la mette in atto (es “questo silenzio non mi fa sentire bene” anzichè “sei tu che mi fai stare male!”).
Tenere presente che si tratta di una dinamica relazionale, quindi non è mai responsabilità di un interlocutore soltanto
Non trarre conclusioni affrettate ed evitare di reagire di impulso: ciò porterebbe all’inasprirsi della rigidità
Chiedere aiuto ad un esperto laddove la situazione risulti ingestibile.
Lo stonewalling, come abbiamo visto, può generare sensazioni spiacevoli, come quella della solitudine.
Per essere affrontato richiede un livello di consapevolezza che talvolta necessita di un punto di vista esperto ed esterno, non coinvolto direttamente nella dinamica, che aiuti a comprenderne le origini e i meccanismi sottostanti andando a valorizzare le risorse presenti nei singoli individui, nella loro relazione e nel contesto, per poter trovare le soluzioni più indicate.
La stabilità a lungo ricercata è ormai da tempo raggiunta ed è fatta oggi di grandi e piccole routine che talvolta hanno il sapore amaro della monotonia
I figli sono ormai grandi e autonomi, in alcuni casi non abitano neanche più con noi; si è aperto finalmente quello spazio che come coppia lamentavamo di non avere, ma di cui adesso non sappiamo esattamente che farcene.
Noi stessi, come individui, ci sentiamo cambiati e cominciamo a chiederci se la relazione che abbiamo avviato anni prima ci rispecchi ancora
Questi sono alcuni dei temi che qualsiasi coppia matura, ad un certo punto, può trovarsi ad affrontare
Per maturità qui non intendiamo la capacità dei partner di porsi in maniera adulta ed equilibrata nei confronti dell’altro, ma ci riferiamo proprio ad una determinata fase del ciclo di vita della coppia, ovvero quella della stabilità e del consolidamento raggiunti dopo molti anni.
Una fase che spesso coincide con il raggiungimento della cosiddetta “mezza età”, ovvero il periodo tra i 50 e i 60 anni, da parte dei due partner.
a cura di Marco Florio Psicologo e Team Coordinator Stimulus Italia
Come sappiamo, la mezza età è un periodo della vita che anche il senso comune associa alla crisi, ai bilanci di vita e alle difficoltà che si possono sperimentare in quella zona di confine tra ciò che è stato e ciò che potrà e non potrà più essere E, come per l’individuo, anche per la coppia la mezza età può costituire una fase altrettanto critica.
Uno degli elementi più frequenti della crisi è spesso legato al processo di autonomizzazione dei figli.
La maturità della coppia, infatti, spesso coincide con il momento in cui i figli sono ormai grandi, autonomi e, in certi casi, anche fuori di casa. I due partner così, che fino a quel momento si erano concentrati, se non addirittura identificati con il loro ruolo genitoriale, “ritornano” improvvisamente ad essere membri della coppia
Un altro aspetto è quello legato ai cambiamenti fisici e biologici di questa fase di vita, che comportano tutta una serie di modifiche nel corpo e nella mente che hanno bisogno di essere elaborate e che possono inevitabilmente incidere anche sul nostro senso di identità
Questi cambiamenti avvengono anche nella sfera sessuale (menopausa, andropausa, calo della libido, ecc ) e quindi avere conseguenze importanti su un pilastro importante della relazione di coppia.
È così possibile che il momentaneo venir meno di una soddisfacente vita sessuale possa portare uno o entrambi i partner a mettere in dubbio la relazione o a chiedersi se il sentimento che li lega sia lo stesso di sempre.
I cambiamenti profondi che una coppia si trova a sperimentare possono aprire una fase di crisi.
Allo stesso tempo, però, è importante non far coincidere necessariemente questo termine con scenari negativi o di inevitabili rotture.
Etimologicamente, infatti, il termine crisi deriva dal greco krino, che significa si separare, ma anche con l’accezione di distinguere, valutare con attenzione
La crisi quindi, se affrontata consapevolmente, può diventare per la coppia un ’opportunità di ripensarsi alla luce dei nuovi elementi in gioco e provare a lasciare andare quelli che non ha più senso trattenere.
Ma come è possibile per la coppia matura riuscire ad attraversare la crisi in questo modo?
Ecco di seguito alcuni consigli:
Concedetevi la crisi: innanzitutto è fondamentale per la coppia concedersi la possibilità di sperimentare questa fase Sentirsi in crisi, mettere in dubbio sé stessi o la relazione non costituisce una sentenza per la relazione stessa o sul nostro ruolo di partner, ma è una risposta fisiologica della nostra psiche ai cambiamenti che percepisce intorno a sé e che ha bisogno di elaborare Cercare di aprire un dialogo costruttivo sulla crisi può consentirci di affrontarla come coppia, anziché esclusivamente come singoli individui.
Lasciate andare il passato: il fatto che “le cose non sono più come prima” non costituisce una sentenza impietosa, ma è la constatazione di un fatto naturale: il nostro micro-mondo cambia in continuazione, e noi con loro. E così anche le relazioni che intratteniamo, compresa quella di coppia
Le cose non sono più come prima perché semplicemente non possono esserlo. Abbandonare la convinzione di dover re-instaurare un passato idilliaco consente di approcciarsi all’attualità e al futuro con un atteggiamento più realistico e propositivo.
Lasciate andare il passato: il fatto che “le cose non sono più come prima” non costituisce una sentenza impietosa, ma è la constatazione di un fatto naturale: il nostro micro-mondo cambia in continuazione, e noi con loro. E così anche le relazioni che intratteniamo, compresa quella di coppia.
Le cose non sono più come prima perché semplicemente non possono esserlo. Abbandonare la convinzione di dover re-instaurare un passato idilliaco consente di approcciarsi all’attualità e al futuro con un atteggiamento più realistico e propositivo.
Dedicatevi il giusto tempo: abbiamo detto che per la coppia matura possono aprirsi improvvisamente nuovi spazi, come ad esempio quelli lasciati dalla fine dei compiti genitoriali
Provate a pensare insieme questi spazi: dedicateli al dialogo, per ripensare a ciò che è stato e immaginare il futuro, progettate nuove attività da poter fare insieme.
Non trascurate la sessualità: se sperimentate delle difficoltà anche in questa sfera, non chiudetevi e provate ad affrontarle come coppia
Il sesso infatti è un atto relazionale e il modo in cui la coppia lo vive può dare informazioni preziose sulla e alla coppia stessa.
Questa può essere l’occasione per scoprirsi e scoprire vecchi e nuovi bisogni, paure, desideri.
Se le difficoltà sono associate a condizioni fisiche di uno dei due partner, lo si può accompagnare nel percorso con un professionista
In conclusione, la fase matura della vita di coppia può portare con sé la messa in discussione degli equilibri consolidati.
I profondi cambiamenti sperimentati sia a livello relazionale che individuale possono infatti scuotere il senso di identità personale e avere ripercussioni sulla stabilità della coppia.
La crisi però, se affrontata in maniera aperta e consapevole, può essere l’occasione di ri-progettare la relazione su nuovi presupposti
E DELL’ALIMENTAZIONE
E BENESSERE PSICOLOGICO
Il 15 marzo di ogni anno ricorre la giornata nazionale dei Disturbi del Comportamento Alimentare (Giornata Nazionale del Fiocchetto Lilla), noti anche come DCA, più recentemente classificati come Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione.
Le principali caratteristiche di questi disturbi riguardano una relazione disfunzionale con il cibo, che perde i suoi connotati nutritivi/fisiologici e ne assume altri di valore simbolico e relazionale, associata ad una percezione alterata della propria immagine corporea e una preoccupazione per il peso e il proprio aspetto fisico.
COSA SONO I DISTURBI DELLA NUTRIZIONE E DELL’ALIMENTAZIONE?
I DCA maggiormente noti sono:
l’anoressia nervosa: eccessiva restrizione del cibo, associata a grave perdita di peso, aumento dell’attività fisica, e gravi conseguenze a livello del sistema cardiovascolare ed endocrino;
a cura di Marisabel Iacopino
Psicologa, Senior Service Coordinator, Stimulus Italia
la bulimia nervosa: episodi di abbuffata seguiti spesso da condotte compensatorie quali il vomito autoindotto, l’uso di diuretici/lassativi, aumento dell’attività fisica, con complicanze a livello organico;
il binge eating disorder: alimentazione incontrollata non seguita da condotte compensatorie
Sono disturbi complessi che tendono a presentarsi spesso accompagnati da altre manifestazioni di disagio psichico (ansia, depressione, disturbi della personalità) con possibili rischi anche per la salute organica.
Sono disagi che non coinvolgono mai solamente il paziente, stravolgendone il corpo e la mente, ma anche le persone intorno (familiari, amici, colleghi).
DISTURBI DELLA NUTRIZIONE E DELL’ALIMENTAZIONE?
Per quanto le cause dello strutturarsi di tali disturbi siano multifattoriali, non riconducibili ad una causa unica ma risultato di una concomitanza di fattori di rischio, colpisce come appaiano manifestarsi maggiormente nei paesi occidentali, risentendo quindi di un’importante influenza del contesto socio-culturale di riferimento.
Società in cui il cibo non manca, in cui ne abbonda la varietà e disponibilità prêt-àporter (basti pensare ai fast food e ai supermercati sparsi ovunque), eppure in cui il rapporto col cibo diventa così complesso
La buona notizia è che è possibile curarli: attraverso interventi multidisciplinari, che prevedano una presa in carico medica e psicoterapeutica, è possibile accompagnare la persona a comprendere le motivazioni profonde del proprio comportamento disfunzionale e a ristabilire una relazione col cibo sana, spogliata di tutti i connotati simbolici e relazionali di cui è stata investita.
La cattiva notizia è che gli anni della pandemia hanno registrato un incremento molto elevato dell’insorgenza di tali disagi, che colpiscono prevalentemente la popolazione femminile con un’età di esordio che tende a spostarsi sempre più verso il basso
(se un tempo l’esordio veniva collocato prevalentemente nell’adolescenza, negli ultimi anni è stato rilevato come avvenga anche nel periodo infantile/scolare).
GIORNATA NAZIONALE
NEI PAESI OCCIDENTALI SI SOFFRE MAGGIORMENTE DI DCA?
Un’ipotesi sta nell’eccessivo bombardamento di stimoli legati al cibo e al corpo: dai mass media che pervadono la nostra quotidianità propinandoci modelli di corpi “perfetti”, ai costanti annunci di palestre o corsi online per raggiungere la “forma perfetta”, a tutta l’importanza data all’apparenza/al mostrarsi ed è così che il corpo si riduce a mero involucro e il cibo diventa un’arma a doppio taglio.
Viene da riflettere sulla tematica del nutrimento in senso più ampio e a come incida sul nostro rapporto con il cibo e con il nostro corpo
Non mi riferisco solo al nutrimento tramite il cibo, ma anche a come siamo
stati/veniamo tuttora “nutriti” a livello affettivo, emotivo, relazionale.
Se il cibo diventasse consolatorio perché non abbiamo sperimentato la possibilità di condividere con qualcuno la nostra tristezza e di venire coccolati? Se invece diventasse l’unico canale per esprimere i nostri sfoghi, la nostra rabbia, perché non ci è stato permesso/insegnato ad esprimerla?
MONITORARE I DCA: COSA
DOBBIAMO SAPERE
La restrizione onnipotente dell’anoressia sembra arrivare come tentativo disperato di poter avere il controllo almeno su qualcosa, perché la situazione intorno a è soverchiante, confusa, ingestibile, fuori controllo.
Parallelamente, la perdita di controllo e di regole sperimentata tramite la bulimia o il binge eating sembrano rispondere ad una necessità di poter lasciare andare qualcosa, in contesti in cui la rigidità fa da padrona su tutti gli aspetti del vivere e accedere alle proprie emozioni è associato a vissuti di debolezza o vergogna
È importante ricordare che non tutti i comportamenti alimentari di sgarro o di dieta diventano poi DCA,
ma può essere utile un periodo di auto-osservazione in cui porre l’attenzione su alcuni aspetti:
quando rinunci a mangiare qualcosa oppure mangi più del necessario, qual è il bisogno a cui cerchi di rispondere?
Ci sono alcune abitudini alimentari (spuntini, abbuffate) che tieni solo per te?
Ti capita mai di sperimentare sensazioni di vergogna, senso di colpa o paura del giudizio, per quello che mangi o per come lo mangi?
Che rapporto hai con l’attività fisica e quanto è influenzato da come ti “comporti a tavola”?
Il cibo è un pensiero ricorrente? Quanto tempo trascorri a pensare a come appari fisicamente?
Questi sono solo alcuni dei possibili punti su cui accendere una luce, per capire se ci sono dei campanelli d’allarme che non avevi notato, per te stesso o per qualcuno intorno a te (familiari, amici, colleghi)
Se osservandoti ti rendi conto che la tua fame assume più una componente emotiva piuttosto che nutritiva, non isolarti e chiedi aiuto ad un professionista per capire come lavorarci
www.stimulus-consulting.it
info@stimulus-consulting.it