Interpretare l'eredità del maestro ∙ il Kimbell Art Museum

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INTERPRETARE L’EREDITA’ DEL MAESTRO IL KIMBELL ART MUSEUM STEFANO BANFI matricola: 718427 relatore: Andrea Di Franco

Politecnico di Milano - a.a. 2010-2011 Facoltà di Architettura e Società Corso di laurea in Scienze dell’Architettura



Introduzione Kimbell Art Museum La fondazione Kimbell, Louis Kahn e il museo

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Localizzazione e modi d’uso

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Il modulo

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La struttura

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La stanza

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Il portico

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Spazi serventi e spazi serviti

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Prospetti e giardino

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Le corti

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La luce naturale

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I materiali

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Ornamento

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Temporary Housing Ubicazione

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Spazio aperto e volumi

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Spazio ipogeo

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Il modulo

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Residenza tipo

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Luce e prospetti

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Passerelle

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Introduzione

L’esperimento nato dal laboratorio tematico propone un progetto in scala di un piccolo ediicio a destinazione semipubblica il cui contesto è caratterizzato da un caso studio e dalla presenza di un’architettura di riferimento appartenente ai maestri del Movimento Moderno e del periodo immediatamente successivo. In questa sede viene preso in considerazione il Kimbell Art Museum di Louis Isidore Kahn, con cui il nuovo ediicio progettato cerca un legame sia sul piano della relazione urbana sia su quello della relazione culturale e disciplinare. La destinazione d’uso è di supporto all’ediicio di riferimento, inoltre il progetto si occupa della sistemazione dello spazio aperto che collega il nuovo ediicio con quello già esistente. L’approccio al progetto pone il problema dell’attribuzione di signiicato alla forma architettonica sia in rapporto ad un contesto come caso reale sia come condizione permeata dall’emblematica presenza dell’opera di un maestro. Il lavoro progettuale comprende per tali ragioni uno studio del museo, dell’area di intervento e dell’architettura nata da questo esperimento. L’obiettivo è quello di creare uno spazio architettonico semplice ed espressivo in grado di raccogliere ed interpretare l’eredità ricca e complessa lasciata dal Kimbell Art Museum.

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Il Kimbell Art Museum

La fondazione Kimbell, Louis Kahn e il museo Nel 1966 Louis Kahn si aggiudica il progetto del Kimbell Art Museum a Fort Worth in Texas, anche grazie all’intesa con il direttore del museo Richard Brown, al quale era stata afidata la responsabilità globale del progetto dalla fondazione Kimbell. Essi condividevano l’avversione per le mostre gigantesche e la pedante attitudine didattica. Paul Goldberger, in un articolo dal titolo What should a Museum Building be?, cita un’affermazione di Kahn: “Quando pensai per la prima volta ai musei quel che mi venne in mente era che mi stancavo dopo pochi passi.”1 Kahn parlando con il direttore Brown ammise anche: “La prima cosa che si desidera nella maggior parte dei musei è una tazza di caffè. Ci si sente stanchi immediatamente.”2 Queste dichiarazioni rivelano la volontà di Kahn di un tipologia di museo differente: un ediicio a dimensione domestica, destinato a contenere una raccolta più contenuta ed intima, in cui le zone espositive sono interrotte da zone di studio e di lettura. L’idea di una “villa giardino”, come Kahn l’aveva deinita in una lettera alla signora Kimbell, rispettava totalmente le aspettative della Fondazione.3

1 Lotus 35,1982, pp. 102-105 2 BROWNLEE 2000, p. 214 3 LOUD 1991, p.163 10



Localizzazione e modi d’uso Il Kimbell Art Museum è situato all’interno di un vasto parco della cultura che occupa un lotto triangolare delimitato da strade a scorrimento differenziato. E’ composto da sedici moduli strutturali voltati e identici tra loro, che poggiano su un basamento ad altezza variabile e sono disposti in tre sezioni di sei elementi ai bordi e di quattro in quella centrale. Due moduli centrali sono stati eliminati per creare una corte d’ingresso. L’ediicio è disposto parallelamente al cateto corto del lotto e divide l’area in due zone con funzioni differenti: un giardino, destinato agli ingressi pedonali e alla sosta all’aperto, ed un parcheggio, posto a quota inferiore. Alle diverse destinazioni d’uso esterne ne corrispondono altrettante interne. Infatti, il piano superiore nella sezione centrale ha la funzione di ingresso e di centro informazioni, mentre le ali laterali sono destinate alle esposizioni temporanee e permanenti. Nel basamento si trovano, oltre ad un’ entrata per il pubblico, laboratori di restauro, impianti, ufici di spedizione, alcuni negozi e altri spazi di servizio.

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planivolumetrico

planimetria



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pianta al livello della galleria

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pianta al livello del basamento

sezione trasversale

1 ingresso 2 portico 3 galleria 4 corte 5 bar 6 auditorium 7 biblioteca 8 libreria

9 laboratorio di restauro 10 ufici 11 negozio 12 spazi di servizio 13 ufici di spedizione


Il modulo L’idea generatrice, o per citare Kahn, la “forma”1 dell’ediicio, è rintracciabile nella sua logica strutturale e architettonica ed è già visibile dal primo schizzo di studio delle nove differenti versioni del progetto. L’idea è quella di un modulo perfettamente ripetibile che comporti una possibilità di ampliamento ininita senza la logica compositiva del tutto. Quest’idea era già stata teorizzata da Le Corbusier nel suo Museo senza facciata e a crescita illimitata che era però composto dalla combinazione spiraliforme di moduli quadrati. L’adozione di un modulo costruttivo ripetibile, totalmente leggibile nelle sue regole costruttive e spaziali sin dall’esterno, rende intuibile lo spazio interno, un caso unico nella produzione kahniana, nonostante il tema sia già stato indagato in altri progetti. Questa scelta, evidenziata dall’uso degli stessi materiali sia all’esterno che all’interno, può essere ricondotta alla tradizione dell’Umanesimo italiano. Robert Venturi notava proprio come la perfetta continuità di elementi, spazi e a volte materiali facesse coincidere nell’architettura rinascimentale apparenza e rivelazione.2 Kahn progetta per il museo Kimbell sedici moduli nei quali si trovano le varie funzioni del museo. Nonostante i moduli abbiano tutti forma identica, Kahn sottolinea che “un modulo non è la ripetizione di un motivo, ma l’espressione di un principio architettonico.”3

1 AYMONINO 2003, p.66 2 Ibidem 3 JOHNSON 1987 18



La struttura 1 Il modulo portante è costituito da quattro pilastri angolari che sostengono una volta di forma cicloidale che si estende lungo un’unica campata che misura 116 piedi [35,35 m] in lunghezza e 24 [7,31 m] in larghezza. A questo modulo portante ne viene afiancato un secondo portato, formato da una trave di canalizzazione invertita larga 6 piedi [1,82 m] a copertura piana. La volta ha una sottile fenditura aperta verso il cielo che non inluisce sul comportamento strutturale. Essa è una struttura a conchiglia o a guscio che funziona come una vera e propria trave portante. Le travi laterali sono piatte e hanno il compito di irrigidire, non di sostenere. La chiarezza e la pulizia della struttura è ben espressa nei due gusci che formano i porticati. La struttura del primo piano è un semplice solaio in cemento sostenuto da un sistema di travi, mentre il livello delle sale espositive, il piano nobile del museo, consiste in un solaio alleggerito a scocca portante. Notevole espediente strutturale è il modo in cui il solaio è sostenuto in corrispondenza dei due pozzi di luce sul lato ovest e dell’ingresso al livello del parcheggio sul lato est. In entrambi i casi una trave-parete si estende dal ilo dell’intradosso del solaio ino al vetro continuo che corre sotto la trave laterale del guscio. Ciò rappresenta un’impresa strutturale importante a primo acchito poco evidente, considerando che all’interno dello spazio, al di sotto dei pozzi di luce sul lato ovest, ci sono dei pilastri e che il lato sud è addirittura suddiviso in ufici che non sono mai stati modiicati. Ma sul lato est il risultato è sorprendente: l’alternanza tra cemento e travertino nel livello superiore e tra cemento e vuoto nel livello inferiore, manifesta chiaramente il dialogo costante all’interno della struttura tra pieno e vuoto, tra cemento, vetro e pietra.

1 Lotus 98, 1998, pp. 28-48 20



La stanza Kahn ha concepito il modulo, unità architettonica fondamentale, come una stanza coperta da una volta ribassata di forma cicloidale, capace di deinire un’univocità spaziale che attraverso la smaterializzazione della struttura genera uno spazio immediatamente e completamente percepibile, trovando nella indifferenziazione dei percorsi, sia trasversale sia longitudinali, uno dei principi compositivi fondamentali. Le volte, così come sono concepite, vaniicano la necessità di dividere gli spazi e ogni sala assume una propria unitarietà. A partire dall’entrata, le volte sono aperte in tutte le direzioni mostrando i quattro pilastri di sostegno e determinando ciascuna unità spaziale a cui si attribuisce la qualità di una stanza e il carattere di integrità, nonostante la pianta generale sia aperta e passibile di suddivisioni interne attraverso pannelli mobili. A questo proposito Kahn afferma con orgoglio: “anche articolata da divisori, la stanza resta una stanza (...) la natura di una stanza è di avere un carattere di completezza.”1 La presenza del modulo portato ribassato aiuta a mantenere il ritmo regolare, la continuità e la lessibilità proprie di un ediicio a gallerie. Questa continuità ripartita e gerarchizzata si trova all’interno di un sistema che possiede ciò che chiamerei una vena. Muoversi nello spazio signiica muoversi, alternativamente, lungo oppure attraverso la vena: in ogni movimento in una direzione o in un’altra, si è sempre consapevoli dell’alternativa come suo complemento spaziale.2

1 Lotus 35, 1982, pp. 102-105 2 Lotus 98, 1998, pp. 28-48 22



Il portico Kahn effettua una completa devolumetrizzazione dell’ediicio nei tre portici del prospetto d’ingresso al museo, liberando l’elemento modulare dalla sovrastruttura del tamponamento, rivelando la struttura come generatrice dell’ ordine e dimostrando come l’aspetto formale sia un risultato di un processo intellettuale di gerarchia compositiva per sommatoria. Pertanto, se il modulo è l’atto fondativo dell’ediicio, il portico rappresenta il manifesto programmatico. “Attraverso i portici aperti, com’è fatto l’ediicio è totalmente chiaro prima che vi si entri (…) così il portico è piantato lì, fatto com’è fatto l’interno, non necessita di nessun tipo di pittura sui suoi muri, una realizzazione di cos’è l’architettura”.1 Kahn parlando dei portici diceva anche: “Sapete cos’è così meraviglioso di questi portici? E’ che sono così inutili!”2. Aldo Aymonino nel suo scritto Funzione e simbolo nell’architettura di Louis Kahn paragona le parole di Kahn alle parole del romanziere Stendhal che affermava a proposito dell’arco di Costantino: “E’ curioso come una cosa così inutile possa piacere tanto. Il genere dell’arco di trionfo è una conquista dell’architettura.” Aymonino sostiene che queste due affermazioni contengano l’idea di una sacralità laica degli spazi inutili come grande architettura tout-court, capace di generare nell’osservatore meraviglia, orgoglio e rispetto. L’architettura così, slegata dalle sue funzioni d’uso immediato, ne acquista altre simboliche non meno importanti.3 L’inutilità dei portici sostenuta da Kahn si contrappone ad una effettivo utilizzo di questi come luogo di sosta e di passaggio con la funzione di protezione dell’ediicio dal calore e dal riverbero della luce naturale del Texas. E’ tipico della mentalità di Kahn pensare l’architettura non tanto come soluzione ad un problema pratico, ma come traduzione di un credo ideale. 1 JOHNSON 1987 2 Ibidem 3 AYMONINO 2003, pp. 68-69 24



Spazi serventi e spazi serviti La distinzione tra spazi di servizio e spazi serviti è visibile già nella disposizione delle destinazione d’uso. Le dotazioni del museo, i laboratori, i servizi di sicurezza, la reception, l’amministrazione, lo studio del conservatore sono collocati al piano inferiore, che risulta quindi di servizio e che accoglie tutte le attività che ogni museo moderno dovrebbe avere. Ad eccezione della biblioteca riservata al personale, collocata dietro il magazzino della libreria, il piano superiore è interamente dedicato al pubblico. La distinzione tra spazi serventi e serviti risultata però ancora più evidente nell’uso del modulo secondario a copertura piana che, nonostante sia un sistema apparentemente minore, svolge una funzione importante all’interno della logica compositiva dell’ediicio. Sotto la sua campata trovano infatti posto non soltanto gli impianti e l’illuminazione artiiciale, ma anche tutti quegli elementi duri,1 quali scale, ascensori, servizi, passaggi e depositi che contribuiscono enormemente a rendere lessibile lo spazio continuo creando una gerarchia.

1 AYMONINO 2003, p. 74 26



Prospetti e giardino I prospetti dell’ediicio evidenziano, tramite i loro elementi architettonici, le differenti destinazioni d’uso del museo. Il prospetto anteriore verso il giardino, a ovest, invita alla sosta all’ombra dei portici e al fresco delle fontane, è pacato, aperto e si smaterializza progressivamente nel verde rendendo dificile una visione unitaria dell’insieme. Il prospetto posteriore a est è chiuso, solido, sopraelevato sul basamento, a causa del salto di quota tra la facciata anteriore e quella posteriore. L’ ingresso a est della zona di parcheggio è protetto da un porticato delle stessi dimensioni e proporzioni del portico ovest, ma privo di quella particolare eleganza conferita dall’uso delle volte. Nel complesso i prospetti sono completamente chiusi ad eccezione degli ingressi. I prospetti nord e sud a causa della serialità delle volte richiamo alcune tradizioni, ad esempio quella di certi depositi romani sulla via Emilia o anche dei magazzini per il porto di Casablanca di Auguste Perret. Riferimenti ideali potrebbero essere talune case di Le Corbusier, quali la casa Molon o altre progettate negli anni cinquanta e sessanta. Molti osservatori hanno suggerito come possibili riferimenti iconograici, gli hangar degli aeroporti, i prefabbricati in lamiera ondulata, i silos e i terminal ferroviari europei. Sono chiari anche i riferimenti alla tradizione mediterranea.1 I sentieri di ghiaia che portano al museo da sud e da nord formano una sorta di percorso sacro2 verso la vasca di granito grigio con getti d’acqua. Sul piazzale della corte i sentieri convergono in un boschetto di piccoli alberi di uguale altezza allineati in ilari che formano una sorta di tenda verde sotto cui cammina il visitatore, diretto all’ingresso attraverso il portico. Questa disposizione era necessaria perché, come Kahn spiegò: “in un museo occorre un giardino in cui si possa passeggiare e, se si desidera, si possa entrare. Questo 1 LOUD 1991, p.163 2 Ibidem 28


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grande giardino ti dice che puoi entrare a vedere che cosa c’è dentro o uscire in completa libertà”.1 Nel progetto del giardino ogni gruppo di alberi forma una sorta di ambiente all’aperto che rappresenta il mondo naturale ordinato all’interno del quale Kahn immaginava si compisse tutto il lavoro umano, in particolar modo la realizzazione di un’architettura ideale come era la sua. Il visitatore doveva essere isicamente attratto da questa visione naturale prima che l’ediicio stesso, nascosto tra gli alberi, comparisse allo sguardo.2 Nel Kimbell Art Museum tutti i particolari sono studiati per preparare l’ingresso all’ediicio, trasformandolo in un’esperienza completa. Si cammina sull’erba. Si ascolta il rumore della ghiaia sotto i passi e lo scroscio dell’acqua. La luce splendente tipica del Texas è mitigata dall’ombra del portico e dei piccoli alberi del cortile. Come in una villa classica, dal piano della galleria lo sguardo spazia sul verde e sugli alberi del grande parco che protegge il museo.3

1 BROWNLEE 2000, p. 216 2 Ibi, 219 3 LOUD 1991, p.163 30



Le corti Ognuna delle due ali laterali del museo ha una propria corte che interrompe la rigida scansione a-b-a-b-a data dai moduli della pianta. Le dimensioni di quella principale, quadrata, appartenente all’ala nord, corrispondono alla somma della larghezza del modulo principale e dei due secondari ai lati. Questa corte, visibile non appena si varca l’ingresso, rompe il senso di simmetria dato dalla somma dei moduli in lunghezza; al suo interno è stata collocata una scultura. La seconda corte, nell’ala sud, è più piccola e allineata all’ingresso, leggermente spostata ad est rispetto all’asse centrale. A differenza di quella principale la sua dimensione è data dal solo modulo portante e al suo interno contiene una fontana in travertino. Entrambe le corti sono abbellite da piante di vite e rampicanti che attenuano l’intensità della luce. Un altro elemento che interrompe la scansione dei moduli è la sala conferenze. Quest’ultima, con il suo sviluppo su due livelli è, insieme alla seconda piccola corte dell’ala nord che dà luce allo studio a doppia altezza dei restauratori, uno degli ambienti che incastrano volumetricamente il piano della galleria al piano del basamento, creando in sezione un gioco di interrelazioni tra le due quote ben più complesso di quanto faccia supporre la cesura leggibile nei prospetti.

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La luce naturale Il senso di completezza di ogni stanza è ribadito dall’illuminazione naturale. Kahn spiegava: “l’intero progetto si basa sulla qualità degli spazi e la luce naturale era pertanto l’unica accettabile”.1 Per il Kimbell inventa un sistema di lucernari molto originali, infatti, ciascuna volta presenta un’apertura sulla sommità per tutta la lunghezza. Il rapporto tra struttura e luce è fondamentale; Kahn deiniva il materiale “luce spenta” e la struttura “produttrice di luce” e a questo proposito dichiarava: “la struttura è l’arteice della luce, perché libera gli spazi e in questo modo diffonde la luce”2. L’obiettivo di Kahn è fornire la piacevole sensazione della consapevolezza del volgere del giorno tramite l’illuminazione zenitale delle gallerie.3 Questo effetto però è attenuato dai diffusori che deinì “apparecchiature della luce naturale”4, predisposti per ridurre l’intensità del sole del Texas. Questi trasformano la luce del giorno in una diffusa luminosità e creano un rilesso argenteo5 dato dalla luce naturale sulla volta cicloide. Con questo progetto Kahn ha ottenuto in tutti gli ambienti un’illuminazione sublime e dall’ effetto suggestivo sulle opere esposte. Sulla supericie delle volte, sulle pareti e sui divisori, i corpi rilettenti in alluminio forato riversano un’intensa luce argentata dove sono interamente trasparenti, luce che si fa più tenue dove si presentano in alluminio pieno, ovvero nella parte a diretto contatto con i lucernari ad eccezione di alcuni rilettori completamente trasparenti.

1 LOUD 1991, p. 167 2 BROWNLEE 2000, p. 223 3 Ibi, p. 227 4 Ibidem 5 GATTAMORTA 1991, p. 12 34



I cortili conferiscono un altro tipo di illuminazione alle sale di intensità variabile e dai rilessi modulati. Le corti portano il mondo esterno dentro le stanze. Sono chiamate Corte verde, Corte gialla e Corte blu, secondo il tipo di luce variabile in base alle proporzioni della vegetazione e ai rilessi del cielo sulle varie superici o sull’acqua. Le sottili feritoie nei muri esterni tra un modulo e l’altro e le lunette poste al di sotto delle volte contribuiscono all’effetto generale. Il controllo dell’intensa luce del Texas è parte fondante e integrante del progetto, essenziale per la deinizione della qualità dello spazio. L’eficacia dei dispositivi di controllo dell’illuminazione resero Kahn soddisfatto a tal punto da rivelare la sua predilezione per il Kimbell, che realizzava il suo sogno più grande: deinire lo spazio attraverso l’unione di luce e struttura.1 Tuttavia l’uso della sola luce naturale non è abbastanza per garantire una buona visione in ogni periodo della giornata. Il Kimbell dispone anche di un’illuminazione artiiciale organizzata in modo tale da ottenere, secondo la posizione e l’intensità, un effetto il più vicino possibile a quello naturale, utilizzando una rotaia che sostiene punti luce a distanza variabile a seconda delle esigenze.

1 BROWLEE 2000, p. 227 36



“Il grande poeta americano Wallace Stevens provocando l’architetto domandò: Quale fetta di sole ha il tuo ediicio? Parafrasando: Quale fetta di sole entra nella tua stanza? Quale gamma di toni offre la luce dal mattino alla notte, da un giorno all’altro, da una stagione all’altra e durante gli anni? Piacevoli e imprevedibili sono le facoltà che l’architetto ha concesso all’apertura scelta, sulla quale frammenti di luce solare giocano con i montanti e il davanzale entrando, muovendosi, scomparendo. Stevens sembra dirci che lo stesso sole non fosse consapevole della propia meraviglia inchè non ha lambito il lato di un ediicio.” 1

1 BROWNLEE 2000, p. 227 38



I materiali Kahn era convinto che ci fosse sempre un modo per mescolare armonicamente materiali diversi rispettandone e valorizzandone l’aspetto naturale. I materiali scelti per il Kimbell Art Museum sono il legno, il travertino e il calcestruzzo. L’architetto giustiicava la scelta affermando: “hanno un aspetto così discreto che è impossibile un reciproco disturbo estetico (…) ecco il perché di questa scelta”.1 Il travertino, usato come rivestimento per le tamponature e come pavimentazione del modulo secondario non portante, è stato scelto per le sue qualità di materiale naturale, non sdrucciolevole e preferibile al marmo, troppo scivoloso e troppo bianco. Il modulo principale presenta invece una pavimentazione in legno. Kahn aveva studiato il rapporto tra i materiali scelti: “Il travertino e il calcestruzzo stanno bene insieme perché quest’ultimo conserva tutte le irregolarità tipiche del processo tipiche del processo di formazione”.2 Egli voleva evitare per quanto possibile tali irregolarità, ma accettava ciò che naturalmente poteva veriicarsi durante il processo di costruzione. Sarebbe stato il tempo a incaricarsi di armonizzare deinitivamente i materiali.

1 LOUD 1991, p. 170 2 Ibidem 40



Ornamento Kahn risolve il problema dell’attacco tra la trave di bordo della volta e la tamponatura usando un’asola di luce tra l’intradosso della trave di cemento e l’estradosso della parete in travertino, creata dalle differenti circonferenze che disegnano i cicloidi. A questo proposito spiegava: “Ho messo del vetro tra le parti strutturali e quelle non strutturali perché la giuntura è l’inizio dell’ornamento. E questo va distinto dalla decorazione che è semplicemente applicata. L’ornamento è l’adorazione delle giunture”.1

1 JOHNSON 1987 42



Temporary Housing

Ubicazione Il progetto semipubblico di queste residenze temporanee è di supporto all’ediicio di riferimento e si occupa della sistemazione dello spazio aperto che mette in relazione il nuovo ediicio ed il contesto. Il progetto cerca il legame con il “maestro” sia sul piano della relazione urbana che su quello della relazione culturale e disciplinare. L’approccio al contesto presenta delle dificoltà date dalla preponderante presenza del Kimbell Art Museum. Il primo problema è rappresentato dalla collocazione del nuovo ediicio nel lotto ed in prossimità del museo. Il terreno a disposizione è il grande giardino su cui si affaccia il lato ovest del Kimbell ed è di forma trapezoidale. Il progetto è posizionato nel lato inferiore del lotto per non intervenire sulla vista del giardino dai portici del prospetto ovest voluta da Kahn. Inoltre un collegamento centrale con l’ingresso avrebbe messo in confronto diretto il nuovo ediicio e il museo, creando una contrapposizione gerarchica. Il posizionamento dell’ediicio permette in tal modo un collegamento ai sentieri che portano all’ingresso del museo e crea un nuovo accesso dalla strada che delimita il lotto ad ovest.

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planivolumetrico

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planimetria


Spazio aperto e volumi Il concetto su cui si basa il progetto deriva direttamente dall’analisi del Kimbell Art Museum. Le stanze voltate del museo creano grazie alla smaterializzazione della struttura uno spazio la cui caratteristica è l’indifferenziazione dei percorsi. Il Kimbell è uno spazio che permette una circolazione longitudinale nel verso delle stanze e trasversale perpendicolarmente al modulo. Questa lessibilità è interrotta dalla presenza delle tre corti i cui volumi si impongono nello spazio. Con questa stessa logica lo spazio libero delle gallerie voltate del Kimbell è riproposto nel progetto come uno spazio aperto collegato ai sentieri d’ingresso al museo e interrotto da quattro volumi di residenze.

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Spazio ipogeo Nel progetto, l’importante ruolo svolto dal rapporto con il suolo nasce dalla consapevolezza di inserire nel lotto interessato e nel parco della cultura ediici a destinazione d’uso differente da quella museale. Inoltre il confronto con la purezza della ripetizione dei moduli voltati del Kimbell e il percorso sacro che porta all’ingresso del museo fa rilettere sull’impatto che il nuovo ediicio deve avere sul terreno. Il progetto prevede uno spazio aperto ipogeo che permette di individuare in prospetto solo i volumi delle residenze. Lo spazio ipogeo di 3 metri viene ricavato con uno scavo di 1,5 metri, riportando la terra tolta, disegnando il terreno in modo regolare ed enfatizzando così la presenza dei volumi. Quest’ultimo valorizza quindi la logica dello spazio libero interrotto dai blocchi residenziali. Inoltre in Dal Kimbell Art Museum sono visibili i volumi che nascono dal terreno come fossero sculture, monumenti all’eredità architettonica lasciata da Louis Kahn. Dal punto di vista dei modi d’uso lo spazio aperto è pubblico eccetto le porzioni occupato dai volumi delle residenze e da una porzione destinata a locale per la ristorazione.

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Il modulo Come nel Kimbell Art Museum anche in questo progetto il modulo ha un ruolo importante. Mentre nel museo lo spazio a libera circolazione delle gallerie è concepito come un susseguirsi di moduli voltati, in questo intervento il concetto di modulo è applicato solo ai volumi delle residenze. Lo spazio aperto è infatti libero da qualsiasi vincolo modulare, quindi soggetto ad una logica compositiva, mentre i quattro volumi delle residenze sono identici e ripetibili all’ininito. La disposizione dei volumi segue la composizione dello spazio aperto ed il numero di volumi è dato dai limiti imposti dalla metratura.

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Residenza tipo I moduli delle residenze sono volumi larghi 7,5 metri e lunghi 12 metri che si sviluppano in altezza, dal piano ipogeo che si trova a -1,5 metri, per 10 metri. Le residenze dispongono di due camere doppie al primo ed al secondo piano, mentre il piano terra è dotato di uno spazio cucina e living che comunica con lo spazio aperto. Ad ogni piano, su uno dei lati del blocco, sono presenti le scale, un corridoio e l’ascensore: quest’ultimo solo in due dei quattro blocchi. La zona cucina e living al piano terra non occupa l’intera area totale del piano del volume, creando uno spazio esterno. Questa scelta permette la presenza di una zona d’ombra esterna, necessaria per proteggere il volume dal forte sole del Texas. Al primo piano, a quota 1,5 metri, si trova una camera doppia di 30 metri quadri, un bagno di 8 e un terrazzo di 20. Il secondo piano, a quota 4,5 metri, si presenta identico al primo, ad eccezione del terrazzo, qui mancante a causa della presenza di una soletta bucata realizzata per dare luce ed aria al terrazzo al piano sottostante. Il livello della copertura, a quota 7,5 metri, è praticabile e raggiungibile solo grazie all’uso di scale coperte da una pensilina.

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Luce e prospetti Il blocco delle residenze tipo, in modo analogo al Kimbell Art Museum, si presenta con i prospetti interamente chiusi ad eccezione del piano ipogeo. Le camere ricevono luce dall’alto grazie alle solette bucate della copertura e del secondo piano. Questa soluzione è stata utilizzata per risolvere i problemi dell’intenso calore e del riverbero della luce tipiche del territorio Texano. In questo modo i raggi diretti del sole arrivano alle inestre per poco tempo al giorno mantenendo una temperatura ideale all’interno dei locali. Tale espediente non compromette l’illuminazione dei vari locali che ricevono suficiente luce naturale, dal momento che il sole del Texas presenta un elevato livello di luce diffusa. Inoltre, nonostante l’esposizione al sole sia differente per ogni volume a causa della disposizione di quest’ultimi e delle fenditure (nord, sud, est ed ovest), ciò non inluisce sulla soluzione adottata. Al piano terra ipogeo alcuni prospetti sono nascosti in quanto muri di contenimento del terreno mentre quelli che affacciano sullo spazio aperto sono semplici e presentano delle vetrate arretrate rispetto al proilo del volume per creare delle zone d’ombra e proteggere dal sole.

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Passerelle La distribuzione delle residenze temporanee in ediici differenti pone il problema dei collegamenti interni. L’inserimento di un ascensore in ogni volume risulta evidentemente troppo dispendioso ed inopportuno poiché l’ediicio presenta solo due piani. La soluzione a questo problema è l’inserimento degli ascensori in solo due dei quattro blocchi di residenze e il collegamento a due a due di questi ultimi tramite passerelle. Queste collegano i piani da corridoio a corridoio permettendo così di raggiungere anche le residenze sprovviste di ascensori. L’uso delle passerelle risolve il problema dei collegamenti ma compromette in parte il concetto dei volumi come monumenti che nascono dal terreno, a causa della presenza del parapetto. Per non perdere totalmente questa sensazione, le passerelle sono concepite come elementi molto leggeri. I parapetti sono di tipo ringhiera, quindi dotati di componenti verticali in ferro distanziati in modo da lasciare intravedere oltre, mentre il piano di calpestio, composto da elementi orizzontali molto ravvicinati, è unito tramite due proili in acciaio ai lati del prolungamento della soletta in calcestruzzo dell’ediicio.

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Testi consultati Patricia Cumming Loud, Louis I. Kahn : I musei, trad. it. Maurizio Romanò, Electa, Milano 1991 Louis I. Kahn, Nell Johnson, Light is the theme: Louis I. Kahn and the Kimbell Art Museum, Kimbell Art Foundation, Fort Worth 1987 Aldo Aymonino, Funzione e simbolo nell’architettura di Louis Kahn, Clear, 2003 David B. Brownlee, David G. De Long, Martinis R., Louis Kahn: nel regno dell’architettura, Rizzoli, Milano 2000 Gioia Gattamorta, Luca Rivalta, Louis I. Kahn. Kimbell Art Museum, Alinea, Firenze 1991 Robert Mc Carter, Louis I. Kahn, Phaidon, London 2005 Maria Bonaiti, Francesco Dal Co, Architettura è. Louis I. Kahn, gli scritti, Electa, Milano 2002 R. S. Wurman, What will be has always been, the words of Louis I. Kahn, Access and Rizzoli, New York 1986 L. Bellinelli, Rykwert Joseph, The construction of the Kimbell Art Museum, Skira, Mendrisio 1998 Urs Buttiker, Louis I. Kahn: Light and space, Birk Hauser, Basilea 1993 R. Giurgola, J. Mehta, Louis I. Kahn, Zanichelli, Bologna 1981 Marina Fumo, Gigliola Ausiello, Louis I. Kahn, architettura e tecnica, Clean, Napoli 1996 Joseph Rosa, Kahn, Taschen, Köln 2007 Klaus-Peter Gast, Louis I. Kahn, complete works, Prestel, Stuttgart 2001


Riviste consultate Il museo dell’architettura, Kahn progettista di musei, Lotus 35, 1982, pp. 102-105 Guy Nordenson, Lo sviluppo delle strutture e il Kimbell Art Museum, Lotus 98, 1998, pp. 28-48


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