Stadium n. 2/2022

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Nati nel CSI

Per me CSI è coesione, sportività ed interesse. Sul podio dei valori metto: positività, rispetto ed integrità

di Felice Alborghetti foto Ferraro Bizzi Team

L

e quattro medaglie paralimpiche a Tokyo 2020 sono solo l’apice di una carriera ricca di risultati. Il milanese Simone Barlaam in acqua continua a fare tempi sensazionali e a crescere come atleta e come uomo. Non è affatto scontato per chi, di fronte ad un’ipoplasia congenita del femore destro, ha dovuto faticare molto per tenersi a galla. Merito suo, del nuoto, della sua famiglia… «La famiglia è stata importantissima nel mio percorso da persona e da atleta. Ma mi sento parte di una superfamiglia, come lo è stata a suo tempo il CSI». Dove hai incontrato il Centro Sportivo Italiano? Nella piscina di Magenta. Avevo 11 anni, circa. Ho imparato a nuotare prima di camminare per assurdo. E lì ho imparato a perfezionare i vari stili. Ricordo i corsi di acquaticità e la svolta della mia carriera quando riuscii a dire a Daniele, il mio allenatore «Voglio fare le gare. Assieme agli altri bimbi». Mi iscrissi allora all’agonismo ed è stato bello. Cominciai a girare la Lombardia e a fare le prime esperienze, affacciandomi al nuoto con un’ottica diversa. Mi ricordo di Nicolò Barbafiera, conosciuto lì al CSI, tuttora mio grande amico. E gli altri istruttori Massimo, Alessandro, ma Daniele teneva molto a me ed è con lui che ho fatto il grande salto. In quella piscina sono stato tre anni, tuttora la mattina quando sono a casa ci vado spesso ad allenarmi, ed ho sempre la mia corsia … riservata! Nella tua vita quali valori traduce CSI? Se faccio l’acronimo sicuramente Coesione, perché fa Stadium

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