La soluzione d'angolo confronto analitico di alcuni sistemi utilizzati nel rinascimento italiano e n

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LA SOLUZIONE D’ANGOLO: Confronto analitico dei sistemi utilizzati nel Rinascimento italiano e nel primo Novecento

Studente: MIRA GARCÍA, DANIEL

STORIA E METODI DI ANALISI DELL’ARCHITETTURA Prof. Rainaldo Perugini Università degli Studi di Roma 3

1


INDICE

1

Premessa

2

Introduzione

3

Casi studio del Rinascimento italiano 3.1 3.2

4

3.6

Cappella Chigi,1516, Roma SANZIO, Raffaello Cortile del Palazzo Ducale d’Urbino, 1466 - 72, Urbino LAURANA, Luciano

Sistemi di griglia spaziale modullare

B

Sistemi con intersezione di piani

C

Sistemi con eccezioni

5.2

Crown Hall,1956, Chicago, Illinois VAN DER ROHE, Mies

5.3

Palazzo Stoclet, 1911, Bruxelles HOFFMANN, Josef

B

Sistemi con intersezione di piani

C

Sistemi con eccezioni

Casi studio del primo Novecento 5.1

6

3.5

3.4

Cappella dei Pazzi,1429, Firenze BRUNELLESCHI, Filippo Chiostro di Santa Maria della Pace, 1504, Roma BRAMANTE, Donato

3.3

Analisi architettonica delle soluzioni d’angolo A

5

Chiesa del Santo Spirito,1434, Firenze BRUNELLESCHI, Filippo Chiostro dell’Ospedale degli Innocenti, 1419-1427, Firenze BRUNELLESCHI, Filippo

Casa del Fascio,1936, Como TERRAGNI, Guiseppe

Analisi architettonica delle soluzioni d’angolo A

Sistemi di griglia spaziale modullare

7

Comparazione

8

Conclusioni

9

Bibliografia

2


1

Premessa

Il fatto che ogni edificio tratte gli angoli in modo diverso è un aspetto della architettura che mi ha sempre incuriosito. L’angolo è una situazione alla quale si dava particolare importanza nell’antichità, e quindi veniva trattata in modo speciale. Anche durante il Movimento Moderno s’introducono nuove soluzioni per risolvere questo conflitto, dato che l’architettura del momento sollevava nuove domande. Tuttavia, ora nell’architettura contemporanea è un tema che credo sia trattato in modo più superficiale, o per lo meno, non si da tanta importanza rispetto ad altri aspetti. Però non si può dimenticare che, in molte occasioni, la scelta di un tipo o altro di angolo condiziona il resto del progetto. Per questa raggione ho deciso di concentrare questo lavoro sull’individuazione dei criteri progettuali che sono stati seguiti in alcuni capolavori del passato, con lo scopo di trovare il filo conduttore tra l’idea generale del progetto e la risoluzione degli angoli.

I tempi che metto a confronto, malgrado tutta la distanza cronologica, hanno in comune che appartengono a periodi di architettura in cui si ha cercato di rinnovare il linguaggio. Sia nel Rinascimento che nel Movimento Moderno, gli architetti volevano creare una nuova grammatica per fare un’architettura coerente con il suo tempo e le nuove esigenze. Per raggiungere questo oggetivo dovevano trovare nuovi sistemi e prioritizzazione che ordinassino gli elementi. Anche se si cercava di reinventare la grammatica, molti degli elementi che sono stati utilizzati come nuovo vocabolario non erano nuovi, e quindi l’innovazione sta nella rilettura intelligente del passato. Dal momento che entrambi i periodi hanno in comune questa ricerca sul metodo, penso che si può stabilire una connessione tra di loro a livello progettuale. Infatti, anche se gli elementi sono diversi, il ragionamento può essere simile, addirittura uguale.

In particolare, sono interessato ad indagare in alcuni dei capolavori di questi periodi storici quale è il luogo gerarchico del angolo. Dove appartiene? Come si collega agli altri elementi? Queste sono domande che spero mi aiutino a capire quale è la ragione per scegliere una soluzione piuttosto che un altra, e come la scelta pressa interviene nel risultato finale.

3


2

Introduzione

L’angolo è un problema che si presenta sempre nell’architettura. Si può negare, trattarlo come irrilevante, oppure considerarlo trascendentale, però sempre ci sarà, in un modo o nell’altro, in ogni progetto. E ‘anche uno dei punti critici di ogni progetto, in quanto comporta un cambio di direzione e un incrocio tra elementi diversi, che deve essere risolto. Questo risultato è la conseguenza di una decisione progetuale, più precisa o meno, ma sempre implicita. Tra tutte le possibili soluzioni, ho classificato i casi di studio in tre grandi categorie secondo la natura generale dei progetti: “Sistemi con una griglia spaziale modulare”,”Sistemi con intersezioni di piani” e “Sistemi con eccezioni”. Questa classificazione corrisponde a tre livelli di geometria: solido, piano e linea, ed i progetti analizzati trattano l’angolo come appartenente a uno di questi tre campi. Pertanto tre modi diversi di afrontare il problema, che sono: intendere l’angolo come bordo di un volume, come appartenente ad un piano o come una linea. All’interno della prima categoria ci sono i progetti che si basano su un modulo spaziale che conforma l’insieme finale per ripetizione. La maglia creata può essere bidimensionale, se ripetuto solo negli assi X e Y (come nell’Ospedale degli Innocenti e nella chiesa del Santo

Spirito del Brunelleschi), o tridimensionale (come nella Casa del Fascio di Terragni). In questi progetti gli angoli sono nei punti della rete, e quindi la soluzione architettonica è la colonna (che corrisponde alla estrusione di un punto) e il pilastro di base quadrata che serve a definire le linee verticali della griglia. Dunque l’angolo è formalmente un elemento formalmente uguale agli altri punti della trama. Nella seconda categoria ci sono i progetti che lavorano con piani, e l’angolo nasce dell’l’intersezione di questi. I piani sono interrotti quando arrivano all’incrocio, ma non si legano tra di loro. In questo modo si legge la loro indipendenza come piani, e non diventano un volume. Infine, la terza classificazione si riferisce a progetti che affrontano l’angolo come eccezionale. La esaltano e isolano dei piani e del volume generale; dandogli un carattere unico. Per questo si aggiunge un nuovo elemento per rappresentarli. Per illustrare queste categorie vengono confrontati alcuni capolavori del Rinascimento italiano con altri del primo Novecento. Questo ci permette una reinterpretazione di vecchi progetti da un punto di vista contemporaneo, e la ricerca di radici architettoniche nei progetti modernisti.

4


3

Casi studio del Rinascimento italiano

3.1

3.2

Chiesa del Santo Spirito,1434, Firenze BRUNELLESCHI, Filippo

Cappella dei Pazzi,1429, Firenze BRUNELLESCHI, Filippo

3.3

Cappella Chigi,1516, Roma SANZIO, Raffaello

3.4

Chiostro dell’Ospedale degli Innocenti, 1419-1427, Firenze BRUNELLESCHI, Filippo

3.5

Chiostro di Santa Maria della Pace, 1504, Roma BRAMANTE, Donato

3.6

Cortile del Palazzo Ducale d’Urbino, 1466 - 72, Urbino LAURANA, Luciano

5


3.1

Casi studio del Rinascimento italiano

Chiesa del Santo Spirito,1434, Firenze BRUNELLESCHI, Filippo

P1. Planivolumetrico 1:500

6


3.1

Casi studio del Rinascimento italiano

Chiesa del Santo Spirito,1434, Firenze BRUNELLESCHI, Filippo

Questa è forse la sua opera più innovativa dal punto di vista formale e tipologico, che rappresenta una evoluzione dallo schema basilicale alla chiesa rinascimentale a pianta centrale; anche se Brunelleschi muore prima di vederla finita. Nonostante che sia evidente la continuità con la precedente Chiesa di San Lorenzo nella struttura di connessione con il convento e con gli spazi urbani (P1), in questa opera si richiama ad un organismo architettonico di struttura centralizzata dove la modullarità del colonnato definisce la continuità del spazio interno. Dunque le navate laterali perdono il significato di deambulatori aggiunti alla centrale, e costituiscono con lei un unico organismo(F1,F3). La doppia arcata sulla parte del fondo dei transetti e dell’abside annulla l’assialità dello spazio centrale creando uno spazio continuo che si estende infinitamente con la maglia regolare di colonne(F2). Nel perimetro della chiesa le cappelle concave ripetono l’ordine del colonnato con le paraste che tensano il muro (F4). Queste capelle si leggono come una pele tensata dalle paraste.

F1. Vista dal ingresso

7


3.1

Casi studio del Rinascimento italiano

Chiesa del Santo Spirito,1434, Firenze BRUNELLESCHI, Filippo

F2. Colonne della navata centrale

F3. Cappelle laterali

F4. Rapporto tra colonne e paraste

La fila di colonne delle navate laterali non sono pilastre ma colonne esente come quelle della nave centrale.

CosĂ­ si genera una maglia unitaria che fa capire il modulo omogeneo della chiesa

A differenza del progetto di San Lorenzo le paraste non diventano piate, e sono il risultato della intersezione tra parete e colonna.

8


3.2

Casi studio del Rinascimento italiano

Chiostro dell’Ospedale degli Innocenti, 1419-1427, Firenze BRUNELLESCHI, Filippo

P1.

Pianta 1:500

P1.

Evoluzione della piazza

9


3.2

Casi studio del Rinascimento italiano

Chiostro dell’Ospedale degli Innocenti, 1419-1427, Firenze BRUNELLESCHI, Filippo

L’ospedale degli Innocenti, destinato ad accogliere i bambini abbandonati, rientra nel programma di istituzioni umanitarie che Firenze promueve agli inizi del Quattrocento per prima in Europa. La localizzazione è scelta in una zona periferica, oltre le mura medievali, vicino alla chiesa dell’Annunziata (P2), in una zona ancora disordinata e campestre ma già funzionalmente destinata a le celebrazioni sacre nel giorno dell’Annunciazione. Brunelleschi eleva il porticato del edificio su una piccola gradinata; prefigurando le nuove forme della futura piazza. È là dove colloca il famoso portico, di 71 metri di lunghezza, perfettamente allineato con l’asse della cia dei Servi; collegando così visualmente la chiesa dell’Anunziata con la cupola del Duomo (P2). Questa scelta progettuale, totalmente innovativa per la città gotica dove si inseriva, fu “riprodotta” anche da Sangallo un secolo dopo con altro portico simmetrico rispetto alla chiesa; creandosi così uno dei primi esempi di piazza rinascimentale. F1.

Veduta del cortile interno

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3.2

Casi studio del Rinascimento italiano

Chiostro dell’Ospedale degli Innocenti, 1419-1427, Firenze BRUNELLESCHI, Filippo

Filippo Brunelleschi, presente nel cantiere dal 1419 al 1423, definisce lo schema generale della planimetria, basato su una corte quadrata attorno a cui si dispongono gli spazi funzionali. Dirige il cantiere finché è possibile la realizzazione del portico, formato da nove campate di pianta quadrata con volta a vela e archi a tutto sesto. La novità sta nella nuova reinterpretazione del valore dell’arco a tutto sisto nella composizione della facciata. Il rapporto proporzionale tra la trabeazione e l’arco è fondamentale per creare lo efetto spaziale e di grandiosità urbana. La proporzione delle arcade si fa secondo la luce delle colonne, lo spazio vuoto tra loro, e non sugli interassi. La dimensione di 10 braccia fiorentine è come l’altezza della colonna ed è equivalente al diametro dell’intradosso dell’arco (F2). Gli stessi moduli vengono riportati nel disegno in pianta, 10 braccia più il diametro del fusto fa una griglia quadrata di 11 braccia (anche utilizzata nel Santo Spirito). I rapporti proporzionali della facciata si portano anche agli spazi interni dell’edificio. I rapporti semplici dei cortili interni e la misura della diagonale del chiostro grande corrisponde alla lunghezza del loggiato. Dunque, l’Ospedale definisce nel portico l’unità spaziale che struttura la sequenza di volumi cubici di tutto l’edificio (P3).

P3.

Schema della modulazione spaziale

F2.

Modulo spaziale delle arcade

11


3.3

Casi studio del Rinascimento italiano

Cappella dei Pazzi,1429, Firenze BRUNELLESCHI, Filippo

P1. Planivolumetrico 1:500

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3.3

Casi studio del Rinascimento italiano

Cappella dei Pazzi,1429, Firenze BRUNELLESCHI, Filippo

La chiesa francescana di Santa Croce, iniziata nel 1294, ha costruite intorno una serie di cappelle private, che le nobili famiglie fiorentine pagavano e decoravano. La cappella della famiglia Pazzi viene costruita in uno spazio delimitato dal lato destro del transetto e dalla sacristia e si accede dal chiostro (F1). Di questa opera, considerata tradizionalmente il capolavoro di Filippo Brunelleschi, è stata messa poco tempo fa in dubbio la sua autorità, anche il suo strano linguaggio brunelleschiano se si mette a confronto con altre opere sue. Queste anomalie possono essere atribuite ai continuatori del progetto, oppure alla evoluzione di metà del Quattrocento dello estilo fiorentino che assorbì il linguaggio brunelleschiano. Nonostante, si deve considerare che i lavori di questa costruzione sono proseguiti oltre la morte dell’architetto. Inoltre, la progettazione di questa opera è contemporanea alla Sacrestia Vecchia di San Lorenzo. Molti sono infatti gli elementi che si copiano litteralmente: dalla cupola centrale, identica sia nelle misure che nella forma a spirale della lanterna, fino al linguaggio dei pilastri d’angolo abbreviati. F1. Vista dal ingresso del chiostro

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3.3

Casi studio del Rinascimento italiano

Cappella dei Pazzi,1429, Firenze BRUNELLESCHI, Filippo

Malgrado queste speculazioni, è vero che nella Cappella dei Pazzi si possono vedere grandi innovazioni formali e stilistiche. La doppia facciata del portico che si libera della struttura posteriore con sei colonne isolate sotto travi ed un archivolto, di maggiore dimensione, hanno una trabeazione alta che si trasforma in un secondo ordine cieco di paraste doppie. Seguito del taglio netto della loggia supperiore che risalta la forma perfetta del tamburo cilindrico e del cono della cupola (F4).

F3. Portico d’ingresso F4. Facciata dal chiostro

Questa seconda facciata si progetta sulla facciata retrostante in modo di paraste sul muro (F3), e tutte due fanno uno spazio che serve sia di soglia per la cappella che di corridoio di collegamento tra la chiesa e gli altri edifici . Nessuna delle due ha una interrupzione negli angoli. Le facciate finiscono interrompendo la ripetizione del modulo (F2).

F2. Sezione fugata di detagglio del portico

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3.4

Casi studio del Rinascimento italiano

Chiostro di Santa Maria della Pace,1504, Roma BRAMANTE, Donato

Secondo il Vasari, il convento e il chiostro aggiunti nel 1500 alla Chiesa di Santa Maria della Pace di Pietro da Cortona sono la prima opera sicura e conservata di Bramante a Roma. Le opere cominciano nel 1500 ma non si finirà fino al 1504. Inoltre, quest’opera corrisponde al periodo di approfondimento e di verifica metodologica di Bramante a Roma. A S. Maria della Pace, Bramante deve preoccuparsi sopratutto d’individuare una legge di proporzionamento dell’insieme capace di regolare in pianta e in alzato la posizione e la dimensione dei tutti singoli elementi (P1,P2). La forma del terreno è approsimatamente quadrangolare, quindi secondo la logica progettuale rinascimentale sceglie il quadrato come elemento geometrico sul quale organizzare gli spazi. L’allineamento scelto è l’andamento della strada dietro della chiesa (vicolo della Volpe). Dunque tutti i muri saranno perpendicolari o paralleli a questo confine. La lunghezza di questo, divisa in quattro parti uguali, sarà la misura modulare fondamentale per suddividere l’area in quadrati.

P2. Pianta del chiostro modulata 1:500

F4. Cortile interno del chiosto. Veduta dall’ingresso

15


3.4

Casi studio del Rinascimento italiano F1. Vista interna del piano terra del chiostro. 1850 Chiostro di Santa Maria della Pace,1504, Roma BRAMANTE, Donato

F2. Vista esterna della chiesa e della piazza da fronte

F3. Vista interna del primo piano del chiostro. 1850

P1. Planivolumetrico 1:500

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3.5

Casi studio del Rinascimento italiano

Cappella Chigi,1516, Roma SANZIO, Raffaello

P1. Planivolumetrico 1:500

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3.5

Casi studio del Rinascimento italiano

Cappella Chigi,1516, Roma SANZIO, Raffaello

Agostino Chigi acquista una delle cappelle della chiesa di Santa Maria del Popolo nel 1507. La dedica alla Madonna di Loreto, tramutando l’originaria dedicazione, e incarica a Raffaello Sanzio di adattarla per essere il mausoleo suo e del suo nipote (P1).. La progettazione della capella Chigi comincia nel 1513 e si finisce nel 1516. Questa opera precede di poco tempo all’assegnazione a Raffaello del titolo d’architetto di S.Pietro, che accade nel 1514. Il progetto trasformava la struttura esagonale della precedente cappella quatrocentesca in un vano di forma ottagonale con cupola appoggiata su un alto taburo sorretto da quattro enormi pilastri, nel cui interno si scavano nicchie per le statue. I quattro grandi arconi inquadrano le due tombe a piramide ai lati, l’altare maggiore e l’entrata. Costretta fra le mura urbane e la chiesa, l’immagine esterna della cappella è percepita come rapporto di volumi elementari sottolineati dalle linee di cornice: un cubo con sopra un cilindro e un tetto a cono terminante in una piccola lanterna (P2). Solo quando il Chigi diventerà cardinale (1652) di Santa Maria del Popolo e papa col nome di Alessandro VII (1655) la cappella verrà completata.

F1.

Vista dal ingresso della cappella

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3.6

Casi studio del Rinascimento italiano

Cortile del Palazzo Ducale d’Urbino, 1466 - 72, Urbino LAURANA, Luciano

F1.

Imagine satellite di Urbino nel 2012

P1. Planivolumetrico di Urnino nel 1462 1:500

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3.6

Casi studio del Rinascimento italiano

Cortile del Palazzo Ducale d’Urbino, 1466 - 72, Urbino LAURANA, Luciano

Il palazzo ducale d’Urbino fu costruito per Federico da Montefeltro nella città di Urbino nel secolo XV. Urbino in quel tempo era una piccola città di provincia circostata per due colline. In cima alla più alta stava già costruito il palazzo trecentesco del cardinale Albornoz (P1-F), e sull’altra fu dove Federico pose la sua residenza utilizzando come base alcune costruzioni presistenti di origine medievale tra i quali il cosidetto castellare (P1-5) con la chiesa di S.Maria della Rocca (P1-7), il convento e la chiesa di S. Domenico (P1-10), un piccolo gruppo di case modeste (P1-24) e un poco più lontano il palazzo del conte Antonio (P1-1), dove ora si trova l’Università. Purtroppo non si sa con precisione la data in cui furono stati messe le prime fondamenta ma si possono inquadrare nel periodo in cui l’arte rinascimentale. La forma del progetto originale seguiva le forme tipiche fiorentine. Nonostante, quando entra nel progetto Luciano Laurana cambia radicalmente tutto il progetto introducendo aspetti totalmente innovativi. A lui si devono il corpo di fabbrica con le torri e il cortile d’onore (F2). Quando il Laurana, nel 1472, si allontanò definitivamente da Urbino ebbe inizio la terza fase dei lavori, dovuta a Franceso di Giorgio, che restata incompleta per la morte di Federico.

F2.

Veduta del cortile interno

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3.6

Casi studio del Rinascimento italiano

Cortile del Palazzo Ducale d’Urbino, 1466 - 72, Urbino LAURANA, Luciano

Lo spazio in cui si sviluppano le strutture architettoniche del cortile d’onore deriva del cosidetto “palazzetto della Fole” (F3), la fabbrica con la quale ebbe inizio, prima di Luciano Laurana, la costruzione del palazzo ducale. Possiamo dividere il lavoro di Laurana in tre fasi diverse: La prima corrisponde alle colonnate del piano terra e al muro esterno del primo piano che sostengono, il quale prima aveva un tetto diverso a quello che rimane. Nella seconda fase si finiscono le decorationi e le paraste del primo piano. Per ultimo, nella terza fase si finiscono le volte del primo piano. Praticamente il primo piano fu realizzato al completo sotto la sua direzione, però invece per il secondo piano non si rispettano strettamente i suoi disegni(F4). Tra primo e secondo piano si aggiunge una iscrizione, che ancora rimane nel cortile, dopo la morte di Federico da Montefeltro per ricordare la sua memoria. Dalla conoscenza che il Laurana non finì il cortile, possiamo dire con sicurezza che la presenza di Francesco di Giorgio Martini nei posteriori lavori del cortile è sicura (F3). Se le può attribuire l’idea di arretrare la parte superiore dai prospetti del cortile affinchè non creasse ombre su quelle del Laurana. (F4, F5, P3, P4)

F4. Stato originale del cortile prima di Martini

F3. Schema delle fasi

La linea grigia delimita il perimetro del cosidetto palazetto della Fole (prima fase); la linea gialla definisce la parte del palazzo progettata da Laurana (seconda fase); la linea rosa mostre le parti di Francesco di Giorgio (terza fase)

F5. Stato attuale del cortile

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4

Analisi architettonica delle soluzioni d’angolo

A

Sistemi di griglia spaziale modullare

3.1

Chiesa del Santo Spirito,1434, Firenze BRUNELLESCHI, Filippo Chiostro dell’Ospedale degli Innocenti, 1419-1427, Firenze BRUNELLESCHI, Filippo

3.2

B

3.3

Sistemi con intersezione di piani

3.4

Cappella dei Pazzi,1429, Firenze BRUNELLESCHI, Filippo Chiostro di Santa Maria della Pace, 1504, Roma BRAMANTE, Donato

C

Sistemi con eccezioni

3.5

Cappella Chigi,1516, Roma SANZIO, Raffaello Cortile del Palazzo Ducale d’Urbino, 1466 - 72, Urbino LAURANA, Luciano

3.6

22


A

SISTEMI DI GRIGLIA SPAZIALE MODULLARE 3.1

Chiesa del Santo Spirito,1434, Firenze BRUNELLESCHI, Filippo

P2. Piante e sezioni trasversale e longitudinale 1:500

All’interno di questa continuità spaziale le colonne perdono il senso di pausa spaziale strutturale, assumendo un valore fisico presenziale come “ossa del organismo architettonico” . Brunelleschi riadotta il modullo, già utilizzato in San Lorenzo, di 11 bracia fiorentine (P2) (1bracia=58,6cm). I rapporti spaziale rimangono molto semplici, essendo 1:2 tra navata centrale e laterali, 1:3 la lunghezza del transetto rispetto alla navata longitudinale, e 1:4 la larghezza. Invece, nei prospetti utilizza proporzione auree. Questa semplicità modulare fa che si percepisca l’unità spaziale. 23


A

SISTEMI DI GRIGLIA SPAZIALE MODULLARE

3.1

Chiesa del Santo Spirito,1434, Firenze BRUNELLESCHI, Filippo

Nel transetto possiamo trovare tutti gli essempi di soluzioni di angolo che ci sono in questa opera e che vogliamo analizzare. Dato il fatto che il sistema modullare della maglia e totalmente regolare, le soluzione degli angoli sono il risultato della somma della colonna con altri elementi con cui interseca. Quindi abbiamo 4 variazioni della stessa colonna, che vanno dalla colonna senza modifica alla colonna inserita nel muro. Se facciamo una prima classificazione per gruppi, possiamo dire che a livello morfologico abbiamo due angoli, concavi (colori caldi), e convessi (colori freddi). Queste cattegorie si sudividono in due secondo se la colonna si trova nel perimetro murario oppure sta isolata. F5.

Intersezione interna tra navata centrale e transetto

F6.

Intersezione perimetrale tra navata laterale e transetto

F7.

Angolo del colonnato interno del transetto

F8.

Angolo del muro perimetrale del transetto

P3. Assonometria con gli angoli analizzati colorati 1:500

24


A

SISTEMI DI GRIGLIA SPAZIALE MODULLARE

3.1

Chiesa del Santo Spirito,1434, Firenze BRUNELLESCHI, Filippo

Allora, nel gruppo dei due concavi abbiamo da una parte la soluzione della fila di colonne isolate della navata centrale, le quale non si interrompono con il transetto e dunque fanno il giro perimetrale quando le due navate si incrocciano. Questa fila che si stacca 1 modulo del muro, quando fa i giri, non soffre nessuna modiffica (P3, F5, F7). Per tanto sopporta le spinte di due archi che vengono da direzioni ortogonali tra loro.

F5. Nella intersezione interna con il transetto la colonna si attaca ad una parasta piata di dimensione maggiore che sopporta le cariche della cupola. Questo variazione della scala è dovuta al aumento della altezza della cupola.

F6. Nel muro perimetrale le cappelle fanno il giro senza incrocciarsi tra loro e lasciando una colonna a modo di parasta che fa di cerniera. Nella pianta (P2) si vede come l’anomalia si produce nella parete interna della cappella. F5.

Intersezione interna tra navata centrale e transetto

F6.

Intersezione perimetrale tra navata laterale e transetto

25


A

SISTEMI DI GRIGLIA SPAZIALE MODULLARE

3.1

Chiesa del Santo Spirito,1434, Firenze BRUNELLESCHI, Filippo

F7. La parasta che fa di cerniera nel muro perimetrale del transetto funzione come l’analoga del angolo convesso, ma facendo l’angolo concavo.

F8. La colonna interna del transetto funziona esattamente uguale alle colonne che non fanno gli angoli. L’unica variazione è il fatto di ricevere archi che procedono di indirizzi ortogonali.

La purezza nel utilizzo del modulo del cui fa uso Brunelleschi fa si che gli incontri negli angoli siano tutti esemplari senza variazioni nella forma unica della colonna utilizzata. Questa chiesa è uno dei migliori esempi di angolazioni con sistemi che si ripetono senza nessuna eccezione.

F7.

Angolo del muro perimetrale del transetto

F8.

Angolo del colonnato interno del transetto

26


A

SISTEMI DI GRIGLIA SPAZIALE MODULLARE

3.2

Chiostro dell’Ospedale degli Innocenti, 1419-1427, Firenze BRUNELLESCHI, Filippo

P4.

Pianta 1:200

27


A

SISTEMI DI GRIGLIA SPAZIALE MODULLARE

3.2

Chiostro dell’Ospedale degli Innocenti, 1419-1427, Firenze BRUNELLESCHI, Filippo

P5.

Sezione 1:200

28


A

SISTEMI DI GRIGLIA SPAZIALE MODULLARE

3.2

Chiostro dell’Ospedale degli Innocenti, 1419-1427, Firenze BRUNELLESCHI, Filippo

L’organizzazione spaziale del cortile grande è analogo a quella del porticato della piazza. Nonostante, il modulo spaziale è a una scala più piccola. Inoltre si perde il rapporto gli archi e le finestre (F3). Le colonne sono inserite secondo una magli spaziale modulare, é quindi negli angoli sono uguali che quelle dei latarelai. Gli archi apoggiano sulle colonne di angolo senza alterazione del ritmo; pertanto si evita di introdurre un pilastro che risolva l’angolo (P4).. Questa modullarità perfetta sarà ripressa da Brunelleschi nella Chiesa del Santo Spirito.

F3.

Incontro delle arcade

F4.

Colonna all’angolo

29


B

SISTEMI CON INTERSEZIONE DI PIANI

3.3

Cappella dei Pazzi,1429, Firenze BRUNELLESCHI, Filippo

All’interno la composizione in pianta è rigorosamente costruita sulle proporzione auree e sulla ripetizione dei rapporti semplici derivati dall’armonia musicale: 5:3, 10:3, 3:2, 3:4, 2:1. Questa armonia è molto significativa se si considera che quest’opera è stata realizzata all’interno di spazi già delimitati da murature preesistenti. L’arco centrale si accesso altera il ritmo di 2,96m delle colonne per adattarsi allo spazio e farlo simetrico. Questa modifica del modullo si progetta pure nello spazio dell’altare. Un altra adattazione del sistema strutturale delle paraste si scandice nelle parete laterali della cappella che apparentemente hanno lo stesso schema di ripetizione di quelle analoghe, ma che in verità hanno un ritmo di 2,56m. Questa operazione nasce del fatto che il perimetro fosse già delimitato, e che l’area rettangolare non fosse costituita da due quadrati perfetti.

P2. Piante e sezioni trasversale e longitudinale 1:200

Dunque abbiamo due sistemi di paraste che sembrano identici ma che hanno delle piccole modifiche per conservare la apparente regolarità di un sistema unitario (F8).

30


B

SISTEMI CON INTERSEZIONE DI PIANI

3.3

Cappella dei Pazzi,1429, Firenze BRUNELLESCHI, Filippo

La ripetizzione del modullo di ogni parete fa che nell’intersezione tra le due parete si generi una parasta amorfa. Se individuamo queste paraste di angolo abbiamo due gruppi: le paraste a libretto e le paraste filiformi. Dentro delle paraste a libretto abbiamo anche due sudivisioni, la parasta a libretto regolare, quindi che ha i due lati uguali, e la parasta a libretto irregolare, che ha ogni lato di una misura diversa. Questi due sottogruppi corrispondono respettivamente all’angolo tra navata e altare e alla parasta tra le parete della navata. La parasta filiforme si trova invece nel angolo posteriore dell’altare. A questi tre tipi di angoli dobbiamo aggiungere come adattazione del sistema compositivo la mensola del centro delle parete laterali; che serve a modullare le parete dove non c’entra una pilastra perché c’è l’arco. F5.

Parasta a libretto irregolare

F6.

Parasta a libretto regolare

F7.

Parasta filiforme

F8.

Mensola centrale P3. Assonometria con gli angoli analizzati colorati

31


B

SISTEMI CON INTERSEZIONE DI PIANI

3.3

Cappella dei Pazzi,1429, Firenze BRUNELLESCHI, Filippo

Nella pianta ideale supponiamo un sistema di paraste che si ripete senza alterazione per capire le adattazioni che si fanno negli angoli (P3). Nella parete a sinistra dell’ingresso le paraste finali entrano dentro del muro fino alla mettà, e al centro del arco si colloca una mensola per segnare il modullo di 2,56m. Invece, nelle parete longitudinali il modullo è di 2,96m e la parasta non entra nel muro fino alla mettà. L’intersezione di queste due paraste di misura diversa fa che la parasta a libretto sia irregolare. Tuttavia la parasta simetrica sulla parete esterna del portico d’ingresso non ha irregolarità. Nel punto dove si piega la parasta per fare il rientro dell’altare, le due paraste coincidono perfettamente, quindi creano una parasta a libretto regolare. Per ultimo, la parasta della parete dell’altare che interseca con il muro in fondo entra quasi totalmente in queste, lasciando visibile un filo della parasta totale. Questo elemento riceve il nome di parasta filiforme.

P3 Pianta ideale di paraste

F6. Fotografía dalla lanterna

32


B

SISTEMI CON INTERSEZIONE DI PIANI

3.3

F8.

Cappella dei Pazzi,1429, Firenze BRUNELLESCHI, Filippo

Mensola centrale

F5.

Parasta a libretto irregolare

F8.

Mensola centrale

F5.

Parasta a libretto irregolare

33


B

SISTEMI CON INTERSEZIONE DI PIANI

3.3

F5.

Cappella dei Pazzi,1429, Firenze BRUNELLESCHI, Filippo

Parasta a libretto regolare

F5.

Parasta a libretto regolare

F8.

Parasta filiforme

F8.

Parasta filiforme

34


B

SISTEMI CON INTERSEZIONE DI PIANI

3.4

Chiostro di Santa Maria della Pace, 1504, Roma BRAMANTE, Donato

Suddividendo ulteriormente i quadrati fondamentali la trama permette d’inserire gli altri spazi del progetto. Gli spazi convetuali saranno quelli del lato opposto alla chiesa, e tra loro un gran quadrato di 26 braccie romane che costituisce il cortile. (P3) (1 braccia romana = 51cm aprox.) Questo, insieme con il refettorio a nord, forma un rettangolo di proporzione 3 a 4. questo sistema fissa la proporzione degli elementi portanti del chiostro al piano terra, che saranno 16 (numero perfetto secondo Vitruvio) in totale. Ed una ulteriore suddivisione fornisce la posizione dei pilastri e delle colonne del secondo piano. Lo stesso mudulo fisserà poi le altezze in alzato. La sezione del cortile, inclusi gli spazi dei porticati ha una proporzione di un rettangolo di rapporto 1 a 2; ogni parete del cortile costituirà un rettangolo con rapporto tra i lati di 4 a 3. Successivamente la suddivisione del prospetto in 2 piani ha un rapporto di 1 a 2. In particolare, l’altezza del chiostro è definita secondo la regola del proporzionamento del secondo ordine con altezza uguale a quella del piano terra diminuita 1/4 (regola detta da Vitruvio e scrita da Alberti e Serlio).

P3. Pianta e sezioni 1:200

35


B

SISTEMI CON INTERSEZIONE DI PIANI

3.4

Chiostro di Santa Maria della Pace, 1504, Roma BRAMANTE, Donato

Bramante fa coincidere gli assi di simmetria dello spazio centrale del chiostro con gli assi prospettici, e li marca nel suolo con linee di travertino, incrocciandosi nel centro dello spazio vuoto del chiostro. In tal modo l’osservatore è attratto allo spazio scoperto, al “vuoto”.(F5,F6) La sensazione di chiusura delle parete si ridusce grazie ai pilastri angolari che si spostano dalle pareti perimetrali verso il “vuoto”. Nonostante, la collocazione di questi soporti massivi negli angoli, invece di creare un varco vuoto, impedisce la collocazione del accesso al cortile (che tradizionalmente avrebbe stato messo secondo gli assi prospetici principali).(F4) A questo punto Bramante decide di risolvere coerentemente l’ingresso facendolo il meno possibile participe della configurazione dello spazio. Il risultato sarà per tanto l’eliminazione delle direttrice preferenciale e la valorizzazione del suo spazio centrico “in sé”. La visione prospettica che dovrebbe creare rapporti con tutto lo spazio cua funziona come un elemento d’isolamento, Malgrado la rigorosa struttura proporzionale del chiostro, questo appare nella realtà come un organismo autonomo.

F5.

Veduta centrale del cortile interno secondo gli assi prospettivi e di simmetria

F6. Veduta del angolo del cotile interno

36


B

SISTEMI CON INTERSEZIONE DI PIANI

3.4

Chiostro di Santa Maria della Pace, 1504, Roma BRAMANTE, Donato

Il chiostro è per Bramante uno spazio scoperto delimitato da portici e logiati, come una piazza o il cortile di un palazzo. A Santa Maria della Pace sarebbe stato “logico” sovreporre due ordini di archi opure due architravati. La prima soluzione avrebbe avuto difficoltà per il secondo ordine, e la seconda avrebbe portato problemi per risolvere la coperta a volta del piano terra. Per quello Bramante decide sovraporre tutti due. (F8) Tutti e quattro gli ordini ci stanno nel chiostro. Nel primo piano riprende la soluzione del Colosseo di sopraporre il sistema tettonico di trave e colonne con il sistema estereotomico di archi scavati nel muro. Sopra questo primo ordine mette nel secondo piano un sistema che alterna colonne con pilastri cuadrati per sostenere la trave della loggia. (F7) Quando questo modulo che si ripete con un ritmo di 3,5m si incroccia con il sistema del lato ortogonale non s’interrompe ne altera il modulo. Semplicemente s’inserisce la parasta del piano terra nello spessore murario delle arcade in tutti e due sensi lasciando visibile una parasta filiforme. (F11) Invece nel secondo livello, quando la trave arriva al angolo cambia di direttrice appoggiandosi su un pilastro normale che non soffre alterazioni. (F10)

F7.

Ordini della soluzione portante

F8.

Modulo della soluzione portante

37


B

SISTEMI CON INTERSEZIONE DI PIANI

3.4

F9.

Chiostro di Santa Maria della Pace, 1504, Roma BRAMANTE, Donato

Pilastro del angolo del secondo piano

F10.

Angolo del chiostro

F11.

Parasta filiforme

38


C

SISTEMI CON ECCEZIONI

3.5

Cappella Chigi,1516, Roma SANZIO, Raffaello

Il principio concettuale della soluzione è quello che vede marcati gli angoli di un “ottagono” con paraste piegate “a libro” che si colocano nell’estremità dei lati obliqui; in modo tale che posano “girare” e concludersi. Questo sistema anche le permette unificarsi con il sistema dell’arco d’ingresso. Queste paraste angolare segnano i limiti delle faccie del volume e le collegno tra loro. Funzionano come una “grappa”. Durante i successivi restauri si è simplificata la modanatura che serve di traveazione tra i pilastri, annullandosi autonomia originale tra l’ottogono e la cupola (F1).

P2. P3.

Prospetto esterno attuale 1:200 Pianta e sezioni 1:200

39


C

SISTEMI CON ECCEZIONI

3.5

Cappella Chigi,1516, Roma SANZIO, Raffaello

Tutti gli angoli del volume geometrico sono contrassegnati con la stessa parasta, che si piega secondo l’angolo da coprire. All’ammissione, la parasta viene raddoppiata per coprire l’intero spessore dell’arco di accesso (F3). Sulla parte esterna di questo, la soglia della cappella è sorvegliata da una parasta che sporge dalla parete di piè delle altre, e che forma un angolo di 90 gradi con quelle dell’intradosso dell’arco. Questa separazione tra paraste rinforza il valore di varco del arco, che viene isolato della parte esterna (F6). Invece, quando le paraste entrano nella cappella, si collegano senza spazio di rispetto con quelle (F2), di modo tale che dal interno c’è un perimetro continuo che s’interrompe appena passato l’ingresso (F4). Le paraste nell’interno sono un elemento morbido che si piaga “a libro” negli angoli del ottogono (F5).

P4.

Assonometria

F2.

Angolo di ingresso

40


C

SISTEMI CON ECCEZIONI

3.5

F3.

Cappella Chigi,1516, Roma SANZIO, Raffaello

Paraste del arco d’ingresso

F4.

Parasta libro nei bordi del ottogono

F5.

Detaglio delle paraste a libro

F6.

Arco d’ingresso

41


C

SISTEMI CON ECCEZIONI

3.6

Cortile del Palazzo Ducale d’Urbino, 1466 - 72, Urbino LAURANA, Luciano

L’intervento di Francesco di Giorgio nel terzo piano è di dimensioni minori ed ha una decorazione più semplice, che riprende però l’ordine della parte inferiore. In questo livello le finestrelle sono quadrate con cornici marmoree. Il quarto piano arretrato, al di fuori della concezione classica rinascimentale, è un’aggiunta ottocentesca, con finestre quadrate chiuse tra fasce in rilievo; qui si trova anche un orologio al centro del lato sud. Nell’angolo sud orientale si trova un pozzo seicentesco (F7). Dato che l’impostazione del cortile d’onore corrisponde a una configurazione muraria previa (F3), la pianta non è un quadrato ma un rettangolo. Il lato corto ha cinque campate e quello lungo ne ha sei. Le dimensioni dello spazio vuoto del cortile sono 27,5 x 23,2 m, e se si considera il passaggio porticato arriva a 38 x 34,2 m. Lo spazio all’aperto presenta una pavimentazione in cotto nel quale sono inserite lastre in pietra chiara che segnano gli intercolunni, le mediane e le diagonali dello spazio (P2). Il piano terra è composto da un porticato, fatto da colonne, che sostengono le volte a crociera del passaggio, dalla parte esterna, e dalla parte interna da mensole a forma di capiteli inserite nel muro perimetrale (F6). P2. Pianta del cortile d’onore 1:200

P2. Pianta del cortile d’onore 1:500

42


C

SISTEMI CON ECCEZIONI

3.6

Cortile del Palazzo Ducale d’Urbino, 1466 - 72, Urbino LAURANA, Luciano

P3. Sezione trasversale del cortile d’onore 1:200

43


C

SISTEMI CON ECCEZIONI

3.6

Cortile del Palazzo Ducale d’Urbino, 1466 - 72, Urbino LAURANA, Luciano

P4. Sezione longitudinale del cortile d’onore 1:200

44


C

SISTEMI CON ECCEZIONI

3.6

Cortile del Palazzo Ducale d’Urbino, 1466 - 72, Urbino LAURANA, Luciano F6.

Colonna piano terra

F7.

Semicolonna del pilastro

F7.

Parasta del pilastro

F10.

Parasta all’angolo del primo piano

F9.

Parasta del primo piano

P5. Assonometria con gli angoli analizzati colorati 1:500

45


C

SISTEMI CON ECCEZIONI

3.6

Cortile del Palazzo Ducale d’Urbino, 1466 - 72, Urbino LAURANA, Luciano

Agli angoli si trovano dei pilastri necessari per risolvere il “conflitto angolare”, cioè l’impossibilità di risolvere due archi a 90° su una stessa colonna: i pilastri a “L” sono formati da semicolonne dalle quali partono gli archi del porticato, e da paraste decorative che corrono fino al marcapiano e che hanno una funzione di isolare i singoli lati variando il ritmo architettonico (F7). Nella parte posteriore di questi pilastri sono incorporati delle colonne dentro del pilastro (F8). Queste semicolonne continuano l’intercolumnio nel passaggio del porticato per non perdere il ritmo. Questa soluzione, imposibile di fare nel lato convesso del pilastro, crea un sistema che appare regolare nella parte coperta, però che se si studia nella realtà è una adattazione dell’intercolumnio per non lasciare l’angolo senza colonna. Dunque, si tratta di una adattazione estetica. Tra gli archi a tutto sesto, profilati in marmo, si collocano i pennacchi in laterizio, decorati da oculi marmorei (F6), in modo che attraverso il colore si stacca il sistema strutturale di archi. Nel piano nobile invece si riprende una partizione analoga con paraste in corrispondenza delle colonne (F9), che inquadrano finestre architravate. Quando questo sistema arriva all’angolo si soprapone un’altra pilastra sopra di quelle, in modo che corrispondano con quelle dell’angolo al primo piano (F10).

F6.

Colonne del porticato del primo piano

F7.

Angolo del primo piano e pozzo seicentesco

46


C

SISTEMI CON ECCEZIONI

3.6

F8.

Cortile del Palazzo Ducale d’Urbino, 1466 - 72, Urbino LAURANA, Luciano

Colonna inserita nella parte di posteriore del pilastro a “L” degli angoli

F9.

Paraste e finestre del primo piano

F10.

Soluzione di angolo con paraste sul pilastro

47


5

Casi studio del primo Novecento

5.1

Casa del Fascio,1936, Como TERRAGNI, Guiseppe

5.2

Crown Hall,1956, Chicago, Illinois VAN DER ROHE, Mies

5.3

Palazzo Stoclet, 1911, Bruxelles HOFFMANN, Josef

48


5.1

Casi studio del primo Novecento

Casa del Fascio,1936, Como TERRAGNI, Guiseppe

P1.

Planivolumetrico 1:500

49


5.1

Casi studio del primo Novecento

Casa del Fascio,1936, Como TERRAGNI, Guiseppe

La sede del partito fascista progettato da Terragni è situato nel centro storico della città di Como, a circa 30 miglia a nord di Milano. L’edificio si presenta come un mezzo cubo perfetto, di 33 metri alla base e 16,5 metri di altezza. Nel disegno dei prospetti, Terragni cerca un riavvicinamento tra classico e moderno attraverso le proporzioni (F1). Nella facciata principale fu costretto a interrompere la griglia perfetta con un pezzo cieco che dovrebbe servire per esporre la pubblicità del partito. Dunque ha voluto prendere questa imposizione per introdurre un piano di marmo bianco, materiale tipico della tradizione italiana. Per accedere alla facciata anteriore dell’edificio esce una scala di 3 gradini che si estende lungo tutta quanta (F2). Una volta che si salvano, si entra in un portico di fronte all’ingresso. Anche questo è una soluzione classica utilizzata nei tempi grechi e romani. Una volta dentro abbiamo scoperto che il cubo è stato svuotato nel suo nucleo, causando un atrio coperto di vetro a doppia altezza. Questo spazio deve essere utilizzato per l’organizzazione di eventi, lettura di discorsi, ecc. Quando lo spazio era insufficiente, le porte d’ingresso si potevano rimuovere completamente per fondere i due spazi, piazza e atrio. Attorno a questa corte si trovano, formando un corridoio in “U”, le varie stanze, uffici, ecc.

F1.

Vista della facciata principale

50


5.1

Casi studio del primo Novecento

Casa del Fascio,1936, Como TERRAGNI, Guiseppe

Terragni raggiunge razionalizzare la struttura al massimo. Crea un telaio di pilastri in cemento armato, ma che non solo diffonde questa griglia per le due direzioni del piano orizzontale, lo fa nelle tre direzioni dello spazio, come se il mezzo cubo che forma il volume del edificio si decomponesse in cubetti piccoli. La struttura si compone di otto portici in ogni facciata, che si ripetono in tutti i quattro piani dell’edificio (F3). I principali materiali utilizzati sono pochi, ma tutti scelti con uno scopo simbolico, inoltre di risolvere, ovviamente, gli aspetti pratici di uso quotidiano. La struttura è di cemento armato nella sua interezza. Pareti e pavimenti sono rivestiti in marmo con diversi trattamenti. Sono abbondanti le pareti di vetro, dando la sensazione di trasparenza che fonde l’interno dell’edificio con l’esterno, rendendolo un luogo “accessibile” a tutti. F2.

Gradini che separano l’edificio del suolo

F3.

Facciata come svuoto del volume

51


5.2

Casi studio del primo Novecento

Crown Hall,1956, Chicago, Illinois VAN DER ROHE, Mies

F1.

Imagine satellite del contesto urbano nel 2012

P1.

Planivolumetrico 1:500

52


5.2

Casi studio del primo Novecento

Crown Hall,1956, Chicago, Illinois VAN DER ROHE, Mies

L’Illinois Institute of Technology si trova a quattro miglie al sud del centro di Chicago ed è uno dei 20 edifici progettati da Mies van der Rohe trovandosi quasi al centro della città universitaria. Questo è il fulcro del masterplan fondato nel 1940 per il campus, che occupa circa 50 ettari. L’idea originale di Mies per il campus si concentrava su due edifici principali, una sede per gli studenti e una biblioteca. Nonostante, i suoi piani doverono adeguarsi alle restrizioni economiche. Sarà con la prosperità dopo la Seconda Guerra mondiale quando l’architetto sia in grado di creare i suoi grandi monumenti modernisti, tra cui il Crown Hall, un edificio per ospitare la Scuola di Architettura. Le strade che circondano l’edifici del campus sono separati da spazi verdi che isolano i rumori possibili. In questo modo, ogni edificio è separato dall’altro(F1). Tutti quanti hanno in media un’altezza di 3 o 4 livelli che garantisce che non siano ostruite ne le vedute ne l’illuminazione naturale. I quattro lati liberi dell’edificio permettono alla luce di entrare e approfittare le vedute (P1). Il Crown Hall è orientato da sud a nord, e l’ingresso principale si trova sul lato sud, consentendo di vedere i laboratori quando si entra (F2).

F2.

Vista dal ingresso

53


5.2

Casi studio del primo Novecento

Crown Hall,1956, Chicago, Illinois VAN DER ROHE, Mies

Nel 1956 si completa questo edificio in cui Mies progetta le sue due ossessioni: la massima trasparenza e la minima struttura. Il suo approccio è certamente innovativo, qui, Mies ha perfezionato il linguaggio e la grammatica architettonica moderna. L’edificio è configurato come uno spazio libero contenuto in una forma rettangolare su due livelli: il piano principale, configurato come un grande spazio completamente flessibile che presenta alcune divisioni mobili con pannelli leggeri che si muovono secondo lo spazio richiesto, e il livello mezzo interrato, che ospita uffici, sale riunioni e servizi (F3). La copertura di 36 x 67 metri si appogia su una serie di colonne esterne in acciaio che sono messe tangenti all’involucro e suppotano travi in acciaio visibili sulla copertura. Questa tecnica permette grandi luci senza supporti intermedi e uno spessore del tetto standard (F4). Il piano sotterrato è supportato su un telaio di colonne di 6 x 9 metri. Si tratta di un volume libero con quattro pareti di vetro, circondato da un ampio spazio verde con alberi di grandi dimensioni, soprattutto nella facciata sud. E’ caratterizzato da una estetica di semplicità industriale chiaramente indicata nel telaio in acciaio del involucro. I materiali includono l’acciaio, il cemento armato e il vetro.

F3.

Detaglio della facciata sud con i due livelli

F4.

Detaglio struttura

54


5.3

Casi studio del primo Novecento

Palazzo Stoclet, 1911, Bruxelles HOFFMANN, Josef

P1 Planimetria dell’inserimento urbano 1:1000 P2 Distacchi dai confini del lotto

1:500

55


5.3

Casi studio del primo Novecento

Palazzo Stoclet, 1911, Bruxelles HOFFMANN, Josef

Il Palazzo Stoclet si comincia nel 1905 e si finisce nel 1911. Il lotto scelto permette a Hoffmann di guadagnare più di 10m nel fronte della Avenue Tervueren, consentendo così la estensione totale del Palazzo. (P2) Questo arretramento è molto importante dal punto di vista urbanistico perchè nasconde l’edificio dalla Piazza Leopold II e lo proietta verso la città dalla parte nord, come possiamo leggere dalle differenze formali in pianta tra le due orientamenti. (P1) Nel confine verso Bruxelles invece ha un piccolo lotto con edificazioni, e il palazzo si attacca con un taglio diagonale del edificio. Questo supone una perdita della purezza geometrica dell’edificio e diventa una anomalia a risolvere. La famiglia Stoclet acquisterà questo lotto e demolirà l’edificio, cambiandolo per una siepe. Con una posteriore redenzione si stacca l’edificio definitivamente del contesto della città ed ancora ci arriva ad oggi con quella anomalia di difficile lettura (P1)

F2

Relazione compositive della facciata nord

F3

Relazioni compositive della pianta

F4 Relazioni compositive della facciata sud

F1

Dissoluzione del modello

56


6

Analisi architettonica delle soluzioni d’angolo

A

Sistemi di griglia spaziale modullare

5.1

Casa del Fascio,1936, Como TERRAGNI, Guiseppe

B

5.2

Sistemi con intersezione di piani

Crown Hall,1956, Chicago, Illinois VAN DER ROHE, Mies

C

Sistemi con eccezioni

5.3

Palazzo Stoclet, 1911, Bruxelles HOFFMANN, Josef

57


A

SISTEMI DI GRIGLIA SPAZIALE MODULLARE

Casa del Fascio,1936, Como TERRAGNI, Guiseppe

P2.

Pianta e prospetto principale 1:200

58


A

SISTEMI DI GRIGLIA SPAZIALE MODULLARE

Casa del Fascio,1936, Como TERRAGNI, Guiseppe

Sulla facciata principale lo svuotamento del volume raggiunge il punto finale, lasciando visibile solo lo scheletro strutturale dell’edificio. Non c’è alcuna differenza tra gli elementi che intersecano; sono tutti uguali: pilastro e trave sono di uguale spessore, rendendo l’angolo un incrocio tridimensionale astratto, senza orientamento privilegiato (F4). Il lato della facciata principale che non è scavato rimane come un piano che comprende la struttura dentro di sè. Tuttavia, nel lato ortogonale, una linea verticale di fori raggiunge il bordo della facciata. Quindi, ciò che sembra solido dal prospetto frontale, dietro l’angolo, è percepito come scavato (F5). Nella facciata posteriore accade una situazione simile; non così estrema come nella facciata principale. Si buccano le due facce del cubo, ma una si fa nel bordo e l’altra più centrata. Questo fa perdere la lettura del scheletro strutturale, come succedeva prima, e, invece, lo presenta come un solido materico (F6).

P3.

Assonometria 1:500

59


A

SISTEMI DI GRIGLIA SPAZIALE MODULLARE

Casa del Fascio,1936, Como TERRAGNI, Guiseppe

F4.

Maglia strutturale rimasta del svuotamento

F5.

Svuotamento solo in uno dei lati

F6.

Buccature in due prospetti

60


B

SISTEMI CON INTERSEZIONE DI PIANI

Crown Hall,1956, Chicago, Illinois VAN DER ROHE, Mies

P2.

Pianta principale 1:200

61


B

SISTEMI CON INTERSEZIONE DI PIANI

Crown Hall,1956, Chicago, Illinois VAN DER ROHE, Mies

P3.

Prospetto laterale 1:200

P4.

Prospetto frontale 1:200

62


B

SISTEMI CON INTERSEZIONE DI PIANI

Crown Hall,1956, Chicago, Illinois VAN DER ROHE, Mies

La struttura mettalica di pilastri viene fissata alla facciata di vetro in modo che i profili metallici sono completamente fuori dell’edificio, lasciando uno spazio interno completamente libero (P2). Dentro del intercolumnio di 18 metri que separa i pilastri portanti tra loro, si introduce un sottordine di profili in acciaio più piccoli, separati da 3 metri tra di sè (F5). Questi profili sono anche totalmente fuori dell’involucro e servono a sostenere i travetti del tetto (P2). Questi travetti sono inpercepibili dato che sono comprese nello spessore del soffitto (F6). Questa alternanza di piccoli e grandi pilastri si verifica soltanto nelle facciate nord e sud (P4), mentre ad est e ad ovest si mantengono solo i profili piccoli (P3). Quando i due tipi di facciate ssi incontrano generano un solo tipo d’angolo. I profili non si intersecano tra loro, dato che sono sulla parte esterna del vetro, e si aderiscono su un profilo metallico a L; agnuno su di un lato (F5).

P5.

Assonometria 1:500

63


B

SISTEMI CON INTERSEZIONE DI PIANI

Crown Hall,1956, Chicago, Illinois VAN DER ROHE, Mies

F5.

Detaglio dell’angolo

F6.

Ripetizione modullare dei profili nella facciata est

F7.

Fotografia di detaglio dell’angolo

64


C

SISTEMI CON ECCEZIONI

Palazzo Stoclet, 1911, Bruxelles HOFFMANN, Josef

Il programma edilizio si sviluppa per parti: la dépendance, il Palazzo, il giardino e i confini edificati. I diversi spazi funzionali si yustapongono come volumi e progressivamente si dissolvono in una forma organica(F1). Questi volumi si leggono dal esterno come corpi aggiunti ad un volume principale; ognuno organizato secondo la sua geometria propria (F2,F4) e disposti spazialemente secondo l’insieme.(F3) La pianta si può leggersi come la sovrapposizione di due procedimenti, uno che propone la centralità classica del palazzo, e l’altra che lavora con l’articolazione libera della villa. Hoffmann riesce a concluire la pianta con un gioco di quadrati grandi a i quali s’intersecca un sottolivello di quadrati piccoli secondo uno schema libero. (F3) Il nucleo centrale del Palazzo Stoclet è semplice e simetrico, e contiene le funzioni più rappresentative; invece si comincia a dissolvere quando si aggiungono le altre funzioni senza mai scomparire. (F5) La struttura compositiva del palazzo fa una differenziazione tra lo spazio interno e l’involucro. I pilastri interni sono in cemento armato e invece il perimetro è fatto in muratura di mattoni. Tutte due hanno ruoli diversi. P3 Planimetria e prospetti 1:500

65


C

SISTEMI CON ECCEZIONI

Palazzo Stoclet, 1911, Bruxelles HOFFMANN, Josef

La tecnica moderna sarà quella che contiene la funzione di domesticità e “nobilità”, invece la tecnica antica serve a creare una superficie carente di profondità e viene rivestita con materiali che infatizzano questo valore di piano. Per la parte di zoccolo, pilastri e muri esterni una pietra belga griggio-azurra; invece per il rivestimento esterno un marmo bianco a modo di lastre. In una prima ipotesi lui prpone utilizzare sia la linea di cornice che i chiodi wagneriani delle lastri , ma finalmente soltanto prenderà quella soluzione della cornice per non distrarre l’attenzione con i chiodi e non perdere la linealità (F5).

F6 Linea che scompone interno ed esterno

Il gioco della linea-cornice come strumento stilistico risulta evidente come tema guida del progetto. (F6) La linea hoffmanniana è tra elemento decorativo e strutturante della forma e dello spazio. Inoltre ha due valori: come strumento a-tettonico, smaterializzante; ma anche come elemento che razionaliza e sintetiza tutto il filo narrativo del edificio. (F7)

F5 Detaglio delle lastre senza chiodi

F7 Facciata delineata per la cornice

66


C

SISTEMI CON ECCEZIONI

Palazzo Stoclet, 1911, Bruxelles HOFFMANN, Josef

Dal protiro d’ingresso salgono le due rampe di scalini che conducono al livello interno della casa. La facciata denuncia questa quota con un cordolo che corre tutto l’esterno a circa un metro da terra sopra un zoccolo di pietra belga grigioazzurro. Perciò la pietra bianca non toca mai il suolo, dandosi in questo modo un senso di inviolabilità. (F8) Dalla parte opposta della facciata questo zoccolo passa sotto il piccolo terrazino del boudoir, il quale viene trattato come “interno” proiettato fuori e si appoggia sopra dei pilastri della maglia strutturale interna. (F9) Nel mezzo della facciata il cordolo si alza per evitare il terrazo da fronte al bay window, dato che questo appartiene al suolo e non al piano verticale. Quindi taglia della facciata un grande bucco per permettere uscire il bay window di due piani. (F10)

F8 F11

F9

F10

Girando su se stesso, il cordolo marca il fine della prima fachiata staccandola all’angolo delle altre. (F11) Le quattro “facciate” si staccano e incorniciano le proiezioni della articolazione interna.

P3. Assonometrie con gli angoli analizzati colorati

67


C

SISTEMI CON ECCEZIONI

Palazzo Stoclet, 1911, Bruxelles HOFFMANN, Josef

F8 Zoccolo di pietra

F9 Boudoir sporgente della facciata

F10 Terrazzino e bay-window delineato

68


C

SISTEMI CON ECCEZIONI

Palazzo Stoclet, 1911, Bruxelles HOFFMANN, Josef

F11 Cordoli separatori delle diverse facciate

F12 Lettura delle facciate come elementi diversi

69


7

Comparazione

A

SISTEMI CON GRIGLIA SPAZIALE MODULARE

All’interno di questa categoria sono l’Ospedale degli Innocenti e la chiesa del Santo Spirito, di Brunelleschi, e la Casa del Fascio, di Terragni. Tutte quante sono governate da un modulo spaziale che si ripete per creare il volume finale. In entrambi i casi di Brunelleschi, il modulo è ottenuto dal rapporto tra la dimensione della colonna e la luce che le separa. Questa unità spaziale viene moltiplicata sulla pianta per impostare tutti gli altri spazi. Nel caso del chiostro grande e del transetto della chiesa, quando si arriva agli angoli non c’è nessun cambiamento nella rete, solo cambiano le direzioni degli archi e le colonne negli angoli supportano archi ortogonali tra di loro. Morfologicamente le colonne non differiscono tra loro in base alla loro posizione spaziale. Essi sono tutti uguali dal momento che sono punti della stessa trama. La casa del Fascio, che si distanza di cinque secoli dei progetti di Brunelleschi riadatta questa concezione spaziale alla realtà architettonica del momento. Utilizza anche un sistema di pilastri, ma eliminando decorazioni e mantenendo solo gli aspetti strutturali e materici. Inoltre, Terragni rende tridimensionale la rete per creare i diversi piani dell’edificio, e anche devono essere usati travi al posto di travi, sia per il sistema costrutivo un cemento

armato, sia per temi di linguaggio. La colonna diventa un elemento astratto, una “linea”, e ha lo stesso spessore e forma delle travi, per produrre una incertezza nell’orientamento della maglia. Non ci sono archi, ma la risposta al problema degli angoli è lo stesso: la mancanza di differenziazione tra i punti interni della rete e quelli dei bordi. Ampliando il discorso anche agli elementi orizzontali. Se confrontiamo i pilastri della facciata principale della Casa del Fascio con le colonne del chiostro e quelle dell’Ospedale degli Innocenti, o del Santo Spirito, possiamo vedere che i criteri utilizzati sono analogi. B SISTEMI CON INTERSEZIONE DI PIANI La Cappella dei Pazzi, il il chiostro di Bramante e il Crown Hall possono essere considerati come progetti in cui la soluzione dell’angolo risulta della concezione della facciata come un piano che s’in terrompe quando interseca con altra facciata. Abbiamo già visto come nella Cappella dei Pazzi questa lettura delle mura - piano è evidente dal momento che ogni parete interna ha un diverso interasse di paraste. Quando le paraste da diversi muri si intersecano, le paraste rimangono tagliate a pezzi diversi, creando paraste a libro irregolari. Il culmine del sistema si produce nella parasta filiforme dell’altare, che lascia al di fuori del muro un minimo segno. Brunelleschi è rigoroso con la scansione delle paraste, e per coprire il muro che chiude la

navata della cappella con un arco completo deve creare un nuovo interasse. È questo cambio di ritmo rispetto al resto dei muri che ci permette di leggere le pareti della cappella come piani diversi e non come le facce di un unico volume. Se tutte le paraste fossero “a libro” normale, potrebbe sembrare essi sono un segno agli angoli del solido, come nella Cappella Chigi di Raffaello. Nel caso del Chiostro di Santa Maria della Pace di Bramante è simile il discorso. È vero che Bramante fornisce l’impianto secondo moduli quadrati, come fece Brunelleschi prima, e poi estende al piano verticale queste proporzioni nei prospetti, ma la differenza principale che fa leggere lo spazio come una intersezione di piani è la scelta dei pilastri. Abbiamo visto come Brunelleschi sceglie colonne per segnare i punti della maglia. Questa selezione è coerente poiché la circonferenza non ha direzionalità, e quindi la colonna è un elemento puntuale. Tuttavia, Bramante, nel scegliere il sistema di arcate del Colosseo, introduce una direzionalità sui pilastri. I portici del chiostro, a differenza di quelli di Brunelleschi nel Santo Spirito, si leggono come un muro estereotómico nel quale si scavano gli archi e si soprapongono i pilastri. Quando questa parete si interseca con i relativi paraste ortogonali, i ritmi di paraste sono interrotti, lasciando un parasta filiforme visibile. Questo suggerisce che le corrispondenti paraste di ogni direzione potrebbero essere all’interno del pilastro dell’angolo. Anche se Terragni anche usa pilastri per costruire 70


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Comparazione

la Casa del Fascio, la differenza con il Chiostro di Bramante è che sono pilastri con quattro lati uguali, che definiscono le due direzioni più il piano verticale. Mies per questo discorso è molto più essenziale, e nel suo linguagio cerca di spiegare questi concetti con i minimi elementi di dialogo. Lo spazio interno è svuotato al massimo, lasciando come unico elemento che lo definisce la struttura portante dei lati del volume. Quando tale struttura delle facciate allinea i pilastri, si definiscono quattro piani verticali per ripetizione. Quando questi piani s’incontrano, la escansione si adatta perfettamente così che ci sia un pilastro su ciascun lato dell’angolo, che punta al bordo del piano a cui corrisponde. Questi pilastri angolari gli segnano, ma dal momento che non si intersecano, non definiscono nessun volume. Se non coincidessero con gli angoli i pilastri , potrebbe essere interpretato che le pareti di vetro ruotano intorno ai bordi, e viceversa, se si tagliassero, potrebbe essere inteso che le quattro facciate si uniscono per creare il volume. La definizione dei piani è in quella terra di mezzo tra le due possibilità. Questo discorso dei piani apoggiati tra di loro può essere collegato con il sistema del Palazzo Stoclet, come discusso di seguito.

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SISTEMI CON ECCEZIONI

Questi progetti definiscono l’angolo come un elemento singolare, eccezionale. Per farlo, lo evidenziano su gli altri elementi che entrano in gioco. Pertanto può essere analizzato come elemento isolato che non appartiene né al piano né al volume. Nella Cappella Chigi di Raffaello, data la piccola dimensione dello spazio, le pareti possono ospitare solo le paraste sui bordi del ottagono. Queste paraste sono piegate “a libro”, affinché collegano i lati del solido. Le paraste bianche poggiano su pareti di marmo colorato, quindi si vedono di più che le pareti lisce. Qui gli angoli si definisce lo spazio perché sono le linee che definiscono il volume ottagonale. Il caso del cortile del Palazzo d’Urbino del Laurana è un po ‘più complesso. I corridoi laterali sono definiti con arcate su colonne come nel cortile di Brunelleschi di prima, ma la differenza è che qui il modulo di scansione delle colonne non corrisponde ad una suddivisione dello spazio totale, arrivando così le arcate agli angoli senza cadere sulla stessa colonna. A causa di questa irregolarità, gli angoli sono trattati come elementi eccezionali: l’arco termina in una mezza colonna seguita da una parasta con l’altezza totale del interpiano. Inoltre, nei corridori laterali, il ritmo prosegue con colonne incorporati all’interno del pilastro dell’angolo. Questo è uno dei tanti esempi di questa soluzione eccezionale per l’angolo, che è la più comune nei cortili e nei chiostri.

Inoltre, l’eccezionalità dell’angolo raggiunge il suo culmine con il Palazzo Stoclet di Hoffmann, nei primi anni del XX secolo. Hoffmann disegna una linea su tutti i bordi delle facciate. La linea -cornice ha uno spessore che sporge dal piano verticale. Ma le linee delle cornice non si incrociano tra di loro, sempre rimangono nei propri piani verticali; individuando così tutte le facciate. Questo effetto è portato all’estremo quando le facciate sono ricoperte da una pietra bianca liscia, che astrae le loro dimensioni (non come nelle facciate del Crown Hall di Mies, dove la struttura segna un ritmo di pilastri che danno scala e un ritmo al piano). Per di più, la linea scura di cornice prende non solo le intersezioni verticali, ma si estende a tutti i bordi del piano, dando lo stesso valore a tutti quanti. Quando Mies individua le facciate del Crown Hall di Mies lo fa soltanto nei bordi verticali, sottovalutando il bordi del piano con la terra e con il cielo).

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Conclusioni

Insomma, in ciascuna delle tre categorie, gli angolo hanno ricevuto diversa importanza. Dalla l’indeterminazione di questo rispetto al resto dei pilastri della Casa del Fascio, fino alla l’esaltazione massima della linea di confine del Palazzo Stoclet. Il confronto con i progetti Rinascimentali ha mostrato alcuni approcci teorici che possono essere applicate in tempi molto diversi, arrivando a conclusioni simili. I progetti moderni che sono stati scelti non devono per forza essere collegati con quelli del Rinascimento. In realtà, Josef Hoffmann forse non conosceva la Cappella Chigi di Raffaello, ma si psossono vedere scelte nel trattamento dei bordi simili, come dare un colore che contrasti agli angoli. Naturalmente, il risultato non è lo stesso: le facciate di Palazzo Stoclet si separano tra di loro ideologicamnete e le paraste a libro connettano i lati dell’ottagono della Cappella Chigi. Ma questa differenza risiede anche nella natura degli angoli, che nel primo caso sono convessi e concavi nel secondo. Quando Terragni fa lo sforzo di proporzionare matematicamente tutto l’edificio per creare rapporti tra la struttura e il volume finale, sta facendo la stessa azione del Brunelleschi in alcuni dei suoi progetti più importanti. Naturalmente è probabile che Terragni fosse conosapevole dell’opera di Brunelleschi, ma il valore di questo classico modo di proporzionare il progetto è che si riadatta alla nuova situazione. Ornamenti vengono rimossi e anche gli elementi classici, lasciando solo l’essenziale. Quindi, quando vediamo i

due edifici sembrano completamente diversi formalmente, ma l’osservazione più accurata ci può insegnare che le basi del processo di progettazione non sono così diverse. Il Crown Hall è stato uno degli ultimi edifici di Mies, e concentra la sua ossessione per ridurre al minimo gli elementi lasciaando l’essenza. La necessità di trovare un nuovo modo di fare architettura è qualcosa che anche succede a Bramante, cosa che si rifletta sullo studio delle piante del Chiostro di Santa Maria della Pace, come abbiamo visto. Non sono gli stessi elementi né lo stesso modello, ma il bisogno di trovare una verità in architettura che permetta di ripetersi e sia universale, è comune a entrambi architetti. L’intersezione dei piani è il discorso è molto più esplicito in Mies rispetto a Brunelleschi o Bramante, ma sono presenti nei loro modi di progettare. In questo lavoro abbiamo iniziato con una domanda molto ampia sulla soluzione d’angolo, e alla fine sono riuscito ad arrivare ad una risposta e un collegamento, ricavando la motivazione delle scelte operate nei progetti scelti.

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