9 marzo - Motosprint 10

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DISASTRI AMBIENTALI IN ITALIA È EMERGENZA Troppo spesso rimane impunito chi compie scempi contro il patrimonio naturalistico

di Marco Masetti fagnigol@yahoo.it

PER UN SABOTAGGIO, TONNELLATE DI IDROCARBURI SONO STATE RIVERSATE NEL FIUME LAMBRO. NONOSTANTE LA DIGA DELLA CENTRALE ENEL DI ISOLA SERAFINI NE ABBIA FERMATA BUONA PARTE, UNA QUANTITÀ DI IDROCARBURI È ARRIVATA AL PO E FINIRÀ IN ADRIATICO.

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L’ARIA è ancora fresca e pizzica, però non c’è più il gelo polare che sembra di essere alla periferia est di Varsavia. È il grande momento della prima uscita in moto della stagione, un rito che da anni continua implacabile a segnare il passaggio degli anni. Di solito la prima uscita è in programma il primo dell’anno, ma da un po’ diserto e non certo perché faccio tardi a Capodanno. Le articolazioni non amano l’umido e il freddo, soprattutto quando hanno qualche milione di chilometri sul groppone. Ma ho deciso: si va! Mi hanno invitato i ragazzi del Capannone di Argenta, una sorte di club della moto con annessa officina, distesa di moto vecchie da restaurare, tavoloni, graticola e cuoco: grande iniziativa che consiglio a tutti i gruppi di motomaniaci. Parto, come sempre a casaccio, senza sapere esattamente la strada che farò: mi limito a puntare il muso in direzione di dove dovrò arrivare. Infatti da casa mia ad Argenta ci sono poco meno di quaranta chilometri, e ne faccio più del doppio per arrivarci, tra provinciali e interpoderali nella zona del Po.

È una terra strana: giovane, fertile, perfettamente orizzontale anche se, grazie alla splendida giornata, si vedono le montagne, lontane e innevate. Attraverso paesi che ai più non dicono nulla, come Massa Fiscaglia, Migliarino e Volania, ricchi di storia e cultura. Del resto anch’io sto vivendo un giorno storico per l’Italia. Non certo perché qui sono stati sconfitti i Bizantini e nemmeno perché gli Este e la loro artiglieria hanno rullato da queste parti, o perché l’allora Impero d’Italia fondò la piccola Volania nel 1938. Sto solo incrociando, tra curve e filari di alberi, la terra che sta ricevendo l’onda nera partita dal monzese qualche giorno prima. Passo sotto un rilevatore elettronico che mi ammonisce lampeggiando: sto viaggiando a 61 chilometri orari su una strada deserta, in mezzo al nulla. Accidenti, sono un incivile. Categoria nella quale metto anche quelli che hanno mollato nei fiumi il peggio della chimica, fregandosene della salute e degli affari di milioni di persone. E mi chiedo perché quando c’è da prendere questi emeriti str.... non c’è mai un carabiniere del RIS di Parma, un investigatore geniale e coraggioso, un capitano di qualche fiction TV che li arresta. Sganciare qualche migliaio di tonnellate di schifezza assortita dovrebbe lasciare qualche traccia. Invece nulla: in tv la solita pletora di pupazzi e calciatori, veline e ballerini, grandi fratelli e politici. Sta a vedere che gli untori del Lambro e del Po l’hanno fatta franca. Non sarebbero i primi e nemmeno gli ultimi, commento sconsolato. Mi rifaccio al Capannone con salsiccia, vino rosso, torta di riso, caffè e una serie di chiacchiere che liberano la testa da problemi e paranoie. Il tempo di far scendere il tasso alcolico a limiti di legge e mi rimetto per strada, lasciandomi il Po lontano, ma continuando a sperare che non succeda nulla di irreparabile. Finisco il mio giretto, porto la moto da Gabriele perché la forcella, troppo rigida, non mi piace e torno a casa. Domani niente giro in moto: è una domenica di traffico zero. Tutto fermo in nome dell’ambiente, anche se sappiamo che non serve a niente. Infatti, il lunedì, tutti in strada, con i camion che sganciano nuvole di gasolio incombusto tra i bambini che vanno a scuola. Poverini! Ma non vi preoccupate, forse è meglio che respirino bene gli inquinanti: non avranno problemi quando nuoteranno festanti in mezzo ad idrocarburi fluttuanti tra le onde.


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