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SSIMO
di Luigi Borgo
Le giornate dello sport a scuola
C
ome sportivi, abbiamo spesso criticato il nostro ordinamento scolastico che non ha mai considerato lo sport una materia fondamentale per la formazione dei giovani. Perché è pratica e non sapere; qualcosa da fare e non qualcosa che fa pensare; perché è corpo e non mente, la scuola ha sempre tenuto in poco conto lo sport. Nemmeno il fatto che sia nato in quella stessa Civiltà Classica che ha dato al mondo la poesia, la filosofia e le scienze, ha mai persuaso alcuno che lo sport fosse portatore di quegli stessi valori fondativi del carattere della persona che sono insiti nelle discipline intellettuali. Lo sport è sempre stato visto come il fratello scemo della poesia, della filosofia, della matematica. Ricordo un’intervista su “Tutto Libri” a Umberto Eco negli anni del grande successo, anche tra i giovani, de “Il nome della Rosa”, in cui con orgoglio diceva di non praticare nessuno sport. Di non amare lo sport. E allora ecco il punto: l’Europa moderna non è per nulla figlia della Grecia antica, come ci si vanta. Nell’evidenza dei fatti, la Grecia d’oggi è post ottomana e noi, francesi e tedeschi compresi, siamo post medioevali. Oggi, però, come sportivi, dobbiamo riconoscere che “le Giornate dello sport” a scuola sono indubbiamente qualcosa di nuovo e positivo. Nel testo guida proposto dalla Regione Veneto si legge che lo sport è “salute”, “educazione”, “valori”, “inclusione”, “eccellenza”, conoscenza del “territorio”, “cultura”. Parole sante, parole olimpiche, cui potremmo aggiungere: lo sport è “ricerca”, “studio”, “lavoro”, “economia”. Così, per tre giorni, dal 2 al 4 marzo 2017, tutti gli studenti del Veneto sono invitati dalla Direzione Regionale all’Istruzione a seguire lezioni di sport ispirate a questi nobilissimi temi. Se fatte bene, saranno giornate che lasceranno un segno nei giovani. Per la prima volta sentiranno i loro insegnanti promuovere la pratica sportiva come essenziale alla loro crescita e formazione al pari della poesia, dell’arte, della filosofia e delle scienze. La scuola del Veneto sta scoprendo i valori educativi dello sport: questo è il senso profondo dell’iniziativa promossa dalla Regione. Evviva, è un primo passo fuori dal medioevo! Alcuni, tuttavia, hanno già evidenziato delle criticità. Dirigenti e docenti da un lato, operatori sportivi dall’altro hanno, e giustamente, rilevato che è impossibile dare a tutti la possibilità di fare sport negli stessi giorni. Il numero degli studenti è troppo alto rispetto alla capienza delle strutture sportive a disposizione. Piscine, campi da basket o pallavolo, campi di atletica non possono accogliere tutti gli studenti del Veneto in quella manciata di ore proposte. Perfino sport come lo sci alpino, il fondo e lo snowboard, che si praticano all’aria aperta, sono in difficoltà. Non ci sono maestri a disposizione per tutti; né pullman per portare gli studenti in pista. Questo però non toglie che l’idea de “Le giornate dello sport” sia ottima. Essa potenzia il progetto “più sportò@scuola” e, in qualche modo, sostiene il progetto del Collegio dei Maestri di sci del Veneto, “insegniamo lo sci ai figli della montagna”, finalizzato, attraverso la passione sportiva, a legare i giovani al territorio affinché un domani ne possano essere risorsa e futuro. È importante quindi che le difficoltà emerse nell’organizzazione di queste giornate non siano il pretesto per lasciare ancora una volta lo sport e i suoi valori fuori dalla scuola. Anche perché è noto a tutti che gli Istituti possono, nei diritti sanciti dalla loro autonomia, accogliere la proposta de “le giornate dello sport” realizzandole nel periodo a loro più favorevole. Se vogliamo uscire dal medioevo, impegniamoci tutti a non steccare la prima.
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recoaro
Nei campi del mondo di Luigi Borgo
rbitro Daniele Orsato, Abbiamo incontrato l’a tti del mondo. uno dei migliori fischie
P
iù volte mi è capitato di guardare una partita di calcio tra squadre che non mi interessavano, perché l’arbitrava Daniele Orsato. Orgoglio recoarese, mi dicevo. Eppure, sebbene recoarese lui, ex recoarese io, non conoscevo l’arbitro Orsato, però mi piaceva il suo modo di stare in campo, il suo modo di correre con la testa alta, la sua prontezza nel giudicare un’azione, il suo piglio sicuro nel rivolgersi al calciatore colto in fallo, chiunque egli fosse. Vi trovavo qualcosa di “recoarese”, nel senso alto del termine, quella fierezza, quella paura di niente, quel saper fare che ho sempre riscontrato nei recoaresi che ho stimato e stimo. Adesso che ho avuto modo di parlargli, di conoscerlo personalmente, Daniele Orsato ha confermato le mie impressioni. Gentile, affabile, aperto, capace, solido, ha raccontato la sua carriera di arbitro nel più difficile campionato del mondo, quello italiano, e poi il suo impegno di arbitro internazionale…
...Daniele, da dove ha iniziato tutto? Ho sempre giocato a calcio. Recoaro ha una grande tradizione calcistica. C’è passione e competenza. Ho iniziato all’oratorio, come tutti, poi un amico, una sera, mi ha invitato ad andare a Schio, dove iniziava un corso di arbitraggio. Beh, da quella sezione non sono più uscito. Ho sempre sentito fortissimo il richiamo del campo.
Che cosa vuol dire arbitrare? Quando si arbitra bene, tutto funziona e principalmente il gioco, che diventa fluido, corretto, giusto, perché vince sempre la squadra più forte.
7 Ma arbitrare non è stressante? Bisogna essere concentrati, seguire tutte le azioni, non distrarsi mai.
Corri come la palla, più dei calciatori… No, un arbitro fa dagli 8 agli 11 chilometri a partita, un giocatore ne fa qualcuno di più, però, è vero, un arbitro dev’essere su ogni azione, non si rilassa mai: dove c’è il pallone devono esserci i suoi occhi.
Essere il “giudice assoluto” di fronte a centomila spettatori non t’intimorisce?
ta finita, alla televisione, si capisce di aver commesso un errore, beh, ci si ragiona sopra, si studia a fondo per non commetterlo più. Importante è non avere dubbi mentre si è ancora in campo. Un arbitro che ritenesse di aver commesso un errore, potrebbe tentare di rimediarlo. Se lo facesse, commetterebbe un altro errore, e quella partita sarebbe tutta sfalsata. No, sulle decisioni prese nei 90 minuti bisogna essere sicuri fino allo scadere.
Qualche volta ti si vede parlare con i La prima volta che sono giocatori. entrato a San Siro, lo stadio era strapieno. Ricordo di esser riuscito a guardare verso gli spalti, verso il terzo anello, dopo una ventina di minuti dal calcio d’inizio. Ma ero agli esordi, adesso è un’altra cosa. C’è sempre l’emozione, ma con l’esperienza si gestisce.
In campo si è tutti uguali. Certamente. Ho sempre dato del “lei” a tutti, non ho mai fatto preferenze e nemmeno sorrisi ai campioni. In campo ci sono solo giocatori, si chiamino Ibrahimovic o Pinco Pallino.
Chi è per te il giocatore più forte? Ibrahimovic.
Il più
Talvolta bisogna spiegar- talentuoso? si. Farsi capire, magari Totti. intimando qualche cartellino. Il più
In campo parli in italiano o inglese, ormai sono tutti stranieri?
Nel nostro campionato si parla ancora in italiano; in Champions, nella Uefa e La consapevolezza nei campionati stranieri in delle tue capacità… La consapevolezza è il inglese. dono dell’esperienza. Essa è il tuo tesoro, quello che E come te la cavi? ti sei guadagnato da solo, Una volta, quando ero agli provando, ascoltando i tuoi esordi in campionato, l’armaestri, anche sbagliando. bitro Collina mi ha chiesto L’esperienza ti fa capire in come fosse il mio inglese. anticipo come una certa Gli dissi, “scolastico”. E azione si svilupperà e tu ne lui mi suggerì di studiarlo bene. Collina fin dall’inizio conosci già i rimedi. ha creduto in me. Per due Hai paura dell’errore? anni, ogni giorno, sono anQuello che in campo vedi dato a lezione d’inglese. di scorretto, fischi. È un Poi un giorno Collina mi istinto, non c’è tempo da chiese se ero pronto per pensare. E quello che hai arbitrare una partita nel fischiato è quello che hai Canton Ticino. Gli dissi di sì visto, non devi avere incer- e lui mi mandò. tezze. Se le hai, è un problema. Il bravo arbitro deve Sei un arbitro cattivo fischiare quello che vede. o buono? E poi deve saper convince- Mi giudicano “severo”. Dire tutti i giocatori in cam- ciamo che mi faccio rispetpo, che la sua decisione è tare, ma questo in fondo è quella corretta. Se, a parti- il ruolo dell’arbitro.
carismatico? Beh, quando vidi per la prima volta Ronaldinho che giocava nel Milan, ho provato una certa emozione. Lui rideva sempre, dentro e fuori dal campo. Un giorno Daniele Orsato con la redazione di Sportivissimo gli chiesi perché ridesse e lui mi ha risposto perché il calcio è un gioco e quando si gioca si ride.
Quanto ti alleni? Tutti i giorni per un’ora, due. Il lunedì faccio un’ora di corsa lenta, per la resistenza; il martedì, ripetute e scatti per la velocità; il mercoledì mi dedico all’aerobica; il giovedì scarico, esercizi, stretching; il venerdì e il sabato faccio un po’ di misto ma leggero. Di solito mi alleno nel centro di Schio, ma due giorni vado al Campo di Recoaro, ai Menarini.
8 E poi studi il regolamento…
Sei considerato uno tra i migliori arbitri Sempre, ci teniamo aggior- mondiali. nati con analisi di casi particolari. A Coverciano, nel Centro Federale, facciamo seminari, studiamo video, facciamo test. Poi, come arbitro internazionale, partecipo a incontri sia Fifa che Uefa più volte all’anno.
Ci si diverte arbitrare? Assolutamente sì, quando si conduce la partita in modo perfetto, si vive una grande soddisfazione.
Tu sei partito dalla gavetta… Dalle categorie e poi serie C e B. Ad oggi ho disputato 165 partite in serie A e una cinquantina tra Champions League, Europa League e competizioni internazionali.
Qual è lo stadio più emozionate? In genere tutti quelli inglesi ti danno una forte emozione; quello di Manchester, Old Trafford, è super, un vero teatro del calcio.
Gli arbitri italiani, lo riconoscono tutti, sono i migliori al mondo. Siamo tutti molto preparati. E tutti potremmo fare bella figura in campo internazionale. La nostra scuola di arbitraggio è di altissimo livello.
ancora in ambito interna- buon ora e sono andato zionale, dirigere una fina- a camminare da solo sul lissima. Passo della Lora. Quando sono tornato a casa, era tutto passato. Avevo la voCi sei vicino, agli glia di sempre di ritornare ultimi Mondiali di in campo. Francia sei stato il
vice di Razzoli.
Razzoli è veramente il nostro miglior fischietto. È bravissimo, ha una cura maniacale per i dettagli: tutto quello che fa, dall’aA 45 anni un arbitro limentazione all’allenalascia il fischietto, mento, alla preparazione cosa farai quando delle partite è perfetto. È toccherà a te? Io ho il mio lavoro anche una qualità che cerco di adesso, l’elettricista, e con- imitargli. tinuerò a farlo, però spero anche di avere l’opportunità Arbitrare nel di seguire la formazione dei campionato italiano giovani arbitri, su cui, già è stressante, tu sei da ora, mi sto impegnan- seguito da un mental do. Oggi, solo a Recoaro, ci coach che ti aiuti sono 5 arbitri che militano a sostenere le tue in Promozione e in Eccel- energie mentali? lenza e sono davvero bravi e No e non ne sento il bisopromettenti. gno. Una volta, dopo una partita difficile, Sampdoria Atalanta, dove avevo avuto Hai un sogno? Sono pienamente soddi- qualche incertezza, arrisfatto della mia carriera, vai a casa spossato e con ma a sognare non si fini- il morale a terra. Il giorno sce mai: io vorrei crescere dopo mi sono svegliato di
È vero che tutti ce l’hanno con l’arbitro? Assolutamente no. Tra giocatori, allenatori, dirigenti e arbitri c’è grande sintonia. C’è rispetto reciproco. In fondo tutti siamo in campo per il bene del calcio.
Cosa suggerisci ai giovani che vogliono affermarsi nello sport. Nello sport come nella vita è il lavoro che porta al risultato. Attraverso l’impegno, intelligente e costante, si realizzano i nostri sogni.
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Italo Soldà, Maestro Scelto
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on sono più di cinque o sei i libri che raccontano la storia dello sci italiano, e in tutti Italo Soldà è nominato come un protagonista di quella che potremmo chiamare la “terza generazione” dei grandi sciatori d’Italia. La prima fu quella dei pionieri, di Adolfo Kind, l’ingegnere torinese di origine svizzera che per primo importò un paio di sci nel versante sud delle Alpi. Era l’inverno del 1896-97, e Kind con alcuni amici e poi anche con il figlio Paolo compì le prime sciate sulla collina del Valentino per fondare poi, nel 1901, lo Ski Club Torino, il ventisettesimo della storia mondiale1. Fu
Italo Soldà è stato uno tra i più grandi sciatori italiani di sempre. Oggi, a quindici anni dalla sua scomparsa, i figli pubblicano le sue memorie, Ricordi. Un libro-diario intenso e straordinario che racconta l’alpinismo e lo sci di quegli anni formidabili del boom degli sport della montagna. Qui si pubblica l’introduzione al libro. quello il modo per sostenere e dare avvio la pratica dello sci in Italia. La seconda generazione fu quella dei primi agonisti. Che si cimentarono per la prima metà degli anni Venti in gare di fondo e solo dopo di sci alpino2. Quella fu la generazione dell’ingegnere Pietro Ghiglione e del campione austriaco naturalizzato italiano Leo Gasperl, i quali, su incarico della ne-
onata Federazione Italiana Sport Invernali, nell’inverno del 1932-33 istituirono i primi esami per maestri di sci. Ne promossero 24 e solo 2 scuole furono riconosciute, una a est e una a ovest dell’arco alpino, Cortina e Sestrière. Tra i 24 neo maestri avrebbe dovuto esserci anche Gino Soldà, fratello di Italo di 11 anni più anziano, ma in quell’inverno del 1932 era impegnato nell’Olimpiade americana di Lake Placid (la terza Olimpiade invernale) che, tuttavia, non prevedeva ancora le gare di sci alpino, le quali sarebbero state inserite solo nel programma olimpico della successiva edizione, svoltasi a Garmisch nel 1936. Così la terza generazione dei grandi sciatori d’Italia fu quella di Italo Soldà. Quella che partecipò a gare di sci alpino non solo in Italia ma anche in Austria, Svizzera, Francia, Stati Uniti, confrontandosi con i migliori sciatori del mondo. Fu quella la prima generazione degli sciatori che vissero da professionisti il circus delle competizioni e che conseguirono il titolo di maestri negli anni della seconda guerra mondiale (Italo l’ottenne nell’inverno del 1943). Quella generazione fu anche la prima a esercitare la
professione di maestro per tutto l’anno, d’inverno nelle più rinomate stazioni e d’estate nei ghiacciai, che da poco si erano attrezzati con gli impianti di risalita e con la ricettività alberghiera in quota. Ma soprattutto fu la prima generazione che seppe codificare il proprio modo di sciare, scrivendo, nel 1958, la prima progressione tecnica dello sci italiano, grazie alla quale si colmava il ritardo dei maestri di sci italiani rispetto ai colleghi austriaci e francesi3. Fu quindi la generazione dei “Maestri Scelti”, quelli che oggi si chiamano “Istruttori”, prima campioni e poi ricercatori della curva perfetta. A scrivere quella prima, storica progressione furono i migliori sciatori del tempo: Zeno Colò, Francesco Freund, Albino Alverà, Ermanno Nogler, Marcello Paltrinieri, Gino Seghi, Renato Valle, Rolando Zanni e il nostro Italo Soldà. Erano la massima espressione dello sci: nessuno in Italia o nelle montagne del mondo sciava come loro. Ci sono due foto in questo libro, in cui Zeno Colò e Italo Soldà sono ripresi nella stessa porta. E’ vero, una foto coglie un istante e quell’attimo può dire tutto e anche il suo contrario; è vero anche che il fotografo ha leggermente
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cambiato di posizione tra i due scatti. Comunque sia, Italo mostra una simmetricità della base di appoggio dei piedi che gli permette una deformazione dello sci esterno assolutamente perfetta. Perfetta e moderna. Sembra anticipare quella che sarà la tecnica dello slalom con i pali snodati. La ricerca della modernità è sempre stata una caratteristica dei Soldà. Lo era di Gino, innovatore su roccia, che fu tra i primissimi a scalare usando tecniche acrobatiche; innovatore nelle pratiche di allenamento, in questo libro Italo racconta di una corda d’acciaio tesa da Gino in soffitta per esercitare l’equilibrio, che è del tutto simile alle attuali slackline usate per gli stessi fini dagli atleti di oggi; lo fu, in1.
2.
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novatore, nella sua impresa di scioline, la prima del settore in Italia e tra le prime del mondo. Moderno e innovatore fu sempre anche Italo. Nei primi anni Cinquanta compì il primo “salto mortale” con gli sci. Senza bastoncini, si lanciava e sul culmine della rampa di decollo con una notevole spinta delle gambe staccava per raccogliere, nella fase aerea, le ginocchia al petto, compiendo un giro di 360 gradi in aria e ritoccare poi la neve in posizione verticale. Con quegli sci lunghi più di 2 metri, ci voleva uno stacco dalla neve di almeno il doppio in altezza e il quadruplo in lunghezza; e con quegli scarponi in cuoio, che non sorreggevano la caviglia dello sciatore né in avanti né indietro, occorreva
Tra i pionieri va aggiunto anche il maggiore degli alpini, Oreste Zavattari, che nel 1900 aveva pubblicato un articolo sulla “Rivista Militare Italina” intitolato “Gli ski nella guerra d’inverno sulle nostre Alpi”, che gli valse l’incarico, negli anni successivi, di formare un corpo scelto di alpini sciatori. Lo sci alpino, con i talloni bloccati, fu inventato dall’austriaco Matthias Zdarsky che ne codificò la tecnica nel suo libro “La tecnica dello sci a Lilienfelder” edito in Germania nel 1897. Zdarsky ideò anche la prima discesa con i passaggi obbligati, Lilienfelder, Austria, 19 marzo 1905. Poi fu la volta della discesa libera, Montana, Svizzera, 7 gennaio 1911. Mentre fu l’inglese Arnold Lunn il primo a organizzare la prima gara di slalom, Murren, Svizzera, 21 gennaio 1922. La prima progressione tecnica della storia dello sci fu quella del campione austriaco Hannes Schneider, la cosiddetta “scuola dell’Arlberg”, ed è datata 1923; poi ci fu quella francese del campione Emile Allais, Le Méthode francaise”, del 1937; la terza fu nuovamente di firma austriaca, quella del professor Stephan Kruckenhauser ed è del 1955, ma sarà pubblicata in Italia solo nel 1958 con il titolo “Sci Austriaco”. Tuttavia erano già stati pubblicati in Italia alcuni manuali di tecnica sciistica, da quello di Ottolenghi del 1931 al celebre “Introduzione al discesismo” dell’architetto e maestro di sci Carlo Mollino del 1950, ma nessuno di questi era frutto di una collaborazione tra i più forti sciatori del quel momento come la Progressione del 1958, a cui partecipò Italo Soldà, e che sarebbe diventata il testo ufficiale della Fisi per la formazione dei nuovi maestri.
12 una centralità impeccabile per non cadere. Italo riuscì a fare quel salto grazie al suo talento di sciatore polivalente. Era nato slalomista e discesista, ma poi aveva gareggiato anche nel fondo e nel salto dal trampolino. Il suo “salto mortale”, quello che oggi si chiama “loop”, vale nella storia dello sci come la “posizione a uovo” in discesa libera ideata da Zeno Colò o la partenza “a catapulta” di Jean Claude Killy. Non si tratta semplicemente della scoperta di una nuova tecnica, per esempio il “passo spinta” di Gustav Thöni, che oggi non si fa più, perché sono cambiati i materiali, ma di un’azione che è entrata tra i fondamentali dello sci. Qualcosa che i più bravi sciatori continueranno a fare finché ci sarà neve. Questo spirito innovatore lo porterà a firmare due manuali tecnici: “Lo sciatore moderno” e “Lo sci agonistico”. E soprattutto a dedicarsi alla crescita e alla formazione dei giovani aspiranti maestri di sci. Fu il capitano Lamberti, presidente della Commissione Scuola e Maestri, che in una famosa “Relazione” del 1956 indicava l’importanza per i maestri di sci italiani di possedere la massima capacità e preparazione tecnica per il bene sia dello “sci agonistico” sia del “turismo nazionale”. Lamberti, che era il direttore delle piste del Sestriere, affidò proprio a Italo Soldà la cura dei giovani della località piemontese. Italo s’impegnò a fondo, tanto che ne uscirono campioni e maestri di primissimo livello, come gli azzurri Arigoni, 4.
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Piazzalunga, Casse e tanti altri, tra i quali, mi piace ricordare, il nostro Luciano Cadinetti, sciatore e maestro d’inimitabile classe. Ma Italo Soldà non fu solo “l’uomo in pista” del severissimo capitano Lamberti, fu anche, per una dozzina di edizioni, l’organizzatore con Rolly Marchi del Trofeo Topolino che si disputava al Bondone. Ancor oggi non c’è una gara internazionale, riservata ai giovani, che abbia superato in importanza il Trofeo Topolino, che vanta nel suo palmares i più grandi nomi dello sci mondiale. A riconoscimento di questo successo il Comune di Trento si fece promotore presso il Presidente della Repubblica per il conferimento del titolo di Cavaliere a Italo Soldà; titolo che gli fu riconosciuto nel 1967 dall’allora Presidente Giuseppe Saragat, come egli racconta nelle pagine conclusive di questi suoi “Ricordi”. E allora questo è un libro che arricchisce la piccola biblioteca della grande storia dello sci italiano e lo fa attraverso la voce di un testimone primo e diretto di quegli anni straordinari, quando lo sci passò da sport per pochi arditi a fenomeno di massa; quando, sul ghiacciaio dello Stelvio, la scuola del Livrio accoglieva i suoi clienti cittadini con un’esibizione cronometrata dei suoi maestri, come si legge in “Sci veloci” di Osvaldo Patani, del 1955. “Il direttore Gino Seghi seguito dai maestri, alcuni di fama Internazionale, come Italo Soldà… aprono la pista ed il loro tempo viene crono-
Arnold Lunn è considerato il padre dello sci alpino. Oltre a organizzare il primo slalom della storia, promosse lo sci femminile, inventò “la settimana bianca” e, nel 1928, le gare dell’Arlberg of Kandahar, da cui, nel 1966, originerà l’odierna Coppa del Mondo di sci. La poesia o per alcuni la preghiera di Lunn si trova, affissa da Walter Amstutz, l’inventore del Kilometro lanciato, all’entrata della piccola chiesa di Murren, in Svizzera, redatta in due lingue, nell’originale inglese e in tedesco. Nel 2004 fu tradotta in italiano, incisa su rame e collocata nella chiesetta del Colle Ecken di Folgaria, dove vi è la Madonna delle Grazie, protettrice degli sciatori d’Italia.
metrato”. Seghi era il capo allenatore degli Azzurri e Italo è nominato per primo tra i maestri “di fama internazionale”. Sono convinto che, se lo sci italiano e i suoi maestri oggi hanno conquistato un certo prestigio, ciò si debba principalmente a quella “terza generazione”, quella degli “sciatori scelti”, a cui Italo Soldà appartenne e a
cui diede tutto se stesso. Mi piace concludere pensando che questo libro, raccontando discese con gli sci e salite sulla roccia, sia nel suo profondo un grande “grazie” per la vita eccezionale che si è avuta; e che in prosa Italo abbia scritto quello che Arnold Lunn4, l’inventore nel 1922 del primo slalom della storia, ha messo in versi.
Lascia che ti ringrazi, o mio Dio, Nella debolezza dell’età Per le amate Montagne della mia giovinezza Per la sfida sulla roccia E per la gioia di sciare. Per gli amici con i quali ho scalato e sciato E soprattutto, mio Signore, per quei momenti di rivelazione quando l’immensa bellezza delle montagne ha rafforzato la mia fede nella bellezza eterna che non conosce tramonto5
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schio
Passione bici Cicloturismo sulla Via Francigena da Aosta fino a Roma
I
l nocciolo duro della Vacamora vicentina di Schio osa pensare e organizzare eventi di rilievo nel magico mondo del Cicloturismo d’Epoca. Già nel 2015 sono stati pedalati due eventi esteri da leggenda: in primavera un fine settimana con un piccolo Giro delle Fiandre e il giorno dopo una lunga rincorsa sugli ultimi 120 km del pavè della vera Paris-Roubaix per una trenti-
nell’Anno della Misericordia. La preparazione è stata accurata: ciascuno degli otto ciclisti del nocciolo di base ha indossato una speciale maglia in lana anni Cinquanta dove spiccava la croce ad 8 punte dei Cavalieri di San Giovanni e una bisaccia speciale con le insegne del pellegrino. Altri ciclisti si sono uniti nelle prime e nell’ultima tappa.
na di arditi pedalatori. E in estate, lo stesso nocciolo costruiva un insolito lungo evento di 9 tappe partendo da Lourdes per affrontare Tourmalet e Aubisque nei Pirenei prima di proseguire verso Santiago di Compostela lungo una cavalcata di oltre 1100 km. La Vacamora-Via Francigena ha Per il 2016, si restava in accettato alcune Italia e il piatto forte è sta- bici moderne ed è ta una lunga cavalcata con partita da Aosta ai bici vintage di quasi mil- piedi del Gran San le chilometri partendo da Bernardo, precisaAosta, destinazione Roma mente dall’arco ro-
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mano di Augusto con le prime due tappe in pianura fino a Fornovo prima di scalare il Passo della Cisa con meta Pontremoli. Dopo una visita al museo Piaggio che festeggiava il 70° anniversario dell’intramontabile Vespa, si è costruita un’intera tappa sulle magiche strade bianche dell’Eroica. Mancavano ancora due giornate movimentate sui saliscendi toscani e laziali prima di giungere a Roma Caput Mundi. All’’arrivo a Roma, Mons. Rino Fischella, presidente della Pontificia Commissione per una Nuova Evangelizzazione riceveva i ciclisti in Via della Conciliazione,
poco prima del loro passaggio in Vaticano e alla Porta Santa. Un brevetto speciale è stato conferito alla VACAMORA, attenta ai grandi eventi. Pure la RAI ha ripreso i ciclisti nei primi chilometri di Aosta e al loro arrivo a Roma; né è scaturito un servizio TV che ha onorato l’intera spedizione, dando già idee nuove per il 2017… Perché “quelli della Vacamora” stanno già tramando altro prestigioso traguardo che verrà svelato a fine stagione. Bicicletta che passione, sempre! La Vacamora è un marchio che sprigiona amicizia pura nel mondo delle cicloturistiche d’epoca (www.vacamora.it). E non intende fermarsi in cosi buon cammino…
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La vetta di Zoroastro Ovvero il Damavand, Iran, che con i suoi 5610 mt è la più alta cima del Medio Oriente di Bepi Magrin
L
a più alta cima del Medio Oriente, il più alto vulcano dell’Asia, eccovi il Damavand nella catena dei monti Alborz tra il mar Caspio e l’Altopiano iranico. Sorprende il fatto che così poco se ne parli o se ne scriva in Italia, eppure si tratta di una grandiosa e stupenda montagna, che farebbe e, immagino farà per molto tempo ancora, la gioia di viaggiatori alpinisti curiosi e intraprendenti come noi. Certo non ci troviamo qui tra i giganti della terra come in Himalaja, ma per chi ancora sa riconoscere il gusto e
la gioia della vetta, questa è una meta decisamente pregevole a portata anche di sportivi e camminatori decisi, che pure non dispongano di un badget così cospicuo quale quello che serve appunto per i suddetti giganti. In più si tratta di un viaggio molto gratificante con la possibile visita a città ricche di storia di tradizione di arte e quant’altro come Tehran, Isfan ecc. perché, già che ci siamo non vorremo negarci questa eccellente opportunità di visitare e di conoscere qualche frammento dell’antica Persia o se volete del moderno Iran: un paese che cresce e ha voglia di contare di più anche sulla scena internazionale. Ma veniamo alla montagna: un colosso di vulcano dormiente ma potenzialmente attivo come si capisce facilmente dal comignolo sempre fumante che sta presso la sommità del monte, il quale ultimo è uno stupendo cono dalle linee perfette che si ele-
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va nel Parco di Lar a circa 130 km di strada dalla capitale (distanza riferita all’approccio alla cresta N-E.). Secondo la mitologia locale nella quale il Damavand ha meritato un ruolo importante, questo monte di rara bellezza era considerato nella antichissima religione del Dio Zoroastro, come la prigione del possente drago che attendeva il compiersi dei destini ultimi della terra, così lo celebrano nei loro scritti, poeti e saggi persiani le cui carte fanno riferimento al senso di sottomissione dei popoli che la montagna incute a chi la possa vedere. Per gli amanti dei rekord possiamo segnalare come i quasi 4700 metri di dislivello che occorre superare per giungere alla vetta, ne fanno la 12^ montagna al mondo per difficoltà e impegno di salita. Diverse
sono le vie di accesso alla cima. Lungo la cresta nord est (poco frequentata) si gode di maggior presenza di vegetazione e si scopriranno presto la ricchezza e la varietà della flora e delle erbe in genere molto profumate e dai colori sgargianti. Alcune aree del monte sono specificamente dedicate alla riproduzione ed allo studio delle piante medicinali. La salita non ha caratteristiche di particolari difficoltà se non per i possibili problemi di acclimatazione o quelli legati alle condizioni atmosferiche del momento. Campi ben attrezzati in particolare il 1^ ed il 3^, con tende fisse – grandi tende cucina e soggiorno e giacigli sollevati da terra, persone del luogo molto disponibili e gentili che si premurano di non far mancare nulla ai viaggiatori, insomma il contesto più
propizio per godere di una montagna, di una ascensione e luoghi e contatti umani preziosi per l’esperienza di ognuno. I bravi cavalli di Nandal, il villaggio da cui si parte per l’ascensione e dove è fissato il primo campo tendato, provvederanno al trasporto dell’equipaggiamento fino al campo 3 a circa 4300 metri di altitudine, da dove inizia l’ascensione vera e propria, passando poco sopra, accanto al vecchio e abbandonato rifugio in muratura 4400 metri. Nel complesso insomma una
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caccia
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’agricoltura ha un’importanza primaria nell’economia umana: il suo progresso e di conseguenza una produzione sempre più abbondante sono indispensabili per assicurare alimento alla popolazione del mondo. E’ pertanto necessario che questa attività e i prodotti che da essa scaturiscono siano tutelati in ogni modo e con ogni mezzo. La fauna selvatica vive e si moltiplica dove le condizioni ambientali sono favorevoli alle sue esigenze biologiche e quindi dove le risorse alimentari sono abbondanti. Se queste risorse non saranno inquinate da concimi o fitofarmaci, la fauna tenderà a moltiplicarsi notevolmente creando una buona densità numerica. Ove la fauna è
I rapporti idilliaci tra fauna, agricoltura e caccia di Dorino Stocchero
più abbondante, maggiore e l’affluenza dei cacciatori e di conseguenza la pressione venatoria. E quindi evidente che la selvaggina e l’esercizio della caccia possono creare qualche preoccupazione agli agricoltori e danni di minore e maggiore intensità ai prodotti agricoli in rapporto alla densità della fauna, all’affluenza ed educazione dei cacciatori. Ecco perché la caccia è discipli-
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nata con una programmazione dettata da una legge Nazionale e Regionale che tiene in considerazione le misure necessarie per ovviare alle inevitabili conseguenze. D’altra parte an-
che la fauna riveste una indiscussa importanza naturalistica, economica e alimentare, che non poteva essere dimenticata e trascurata , perciò anche per essa, si dovevano prendere tutte quelle precauzioni atte ad assicurare la sua sopravvivenza evitando una pericolosa rarefazione ma anche il superaffollamento di alcune specie. L’eccessiva consistenza numerica di una specie in un territorio, non solo è dannoso all’agricoltura per i danni che può arrecare, ma può esserlo anche ad altre specie per la concorrenza alimentare che si viene a creare e per la competizione della sovranità territoriale che quasi tutte le specie posseggono. L’Attuale legge quadro n°157/92 che ora-
mai necessità di una revisione, aveva tenuto conto dei sani principi nel disciplinare in modo razionale l’esercizio venatorio a tutela della selvaggina. Quindi la legge 157/92 ha ridisegnato il quadro complessivo della pratica venatoria in Italia con l’istituzione degli Ambiti Territoriali di caccia, dei Comprensori Alpini e l’affermazione della caccia programmata, ha in un primo tempo, contribuito all’allontanamento di numerosi cacciatori dall’attività venatoria. In un secondo tempo, invece, ha prodotto un riavvicinamento di molti di loro. L’erosione progressiva del numero di cacciatori sembra bloccata anzi in alcune Regioni, si assiste ad una inversione di tendenza nella richiesta di nuovi tesserini venatori. Il che starebbe a significare che il mondo della caccia ha superato alcune diffidenze e riconosce ormai nell’organizzazione dell’attività venatoria un modello efficace per una gestione moderna ed efficiente del territorio. Ed è questo un cambiamento di atteggiamento che conferma l’evoluzione culturale complessiva della quale il mondo della caccia ha dato prova negli ultimi anni. Una trasformazione culturale che vede il cacciatore non più come il predone della natura disegnato negli anni dagli ambientalisti…, ma come attore essenziale per la tutela e la valorizzazione dell’ambiente e del territorio. Il Noto scrittore Mario Rigoni Stern constatava : ”non c’è più lo sparatore, il fanatico, per la semplice ragione che la caccia sta diventando sempre più un fatto di cultura”.
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Città di Valdagno Assessorato allo Sport
Lo sport in centro
di Giulio Centomo
FESTA DELLO SPORT 2016: partecipazione, divertimento e tanta passione
Quella dello scorso 4 settembre per la Festa dello Sport valdagnese è stata una nuova edizione segnata in particolare dal concentramento delle attività dalla tradizionale location di Oltre Agno al cuore del Centro Storico laniero. Vie e piazze si sono così animate con dimostrazioni e tornei messi in campo dalle numerose società sportive cittadine, coordinate dai componenti della Consulta dello Sport, con la supervisione dell’Assessorato allo Sport del Comune di Valdagno e il patrocinio del CONI. 25 gli stand allestiti, ognuno dedicata ad una delle medaglie olimpiche di Rio 2016, con 22 discipline rappresentate e oltre 9 ore di esibizioni. Se la concomitanza con un’altra manifestazione nota in città come Passeggiando sotto i portici, aveva già dato un primo motivo per non mancare il weekend a Valdagno, la kermesse a tutto sport ha aggiunto ulteriore carne sul fuoco con esibizioni, partite e tornei di basket, volley, mini-rugby, hockey, pattinaggio, calcio, tennis, arti marziali, atletica leggera, ginnastica ritmica, scherma e go-kart. Già ad un primo colpo d’occhio, passando da una piazza all’altra, i tanti visitatori hanno potuto notare l’ampia offerta sportiva valdagnese, che conta circa 40 realtà impegnate quotidianamente nella promozione delle rispettive discipline nelle tante strutture dislocate sul territorio comunale, oltre che in manifestazioni dedicate e numerosi progetti rivolti al
mondo della scuola. A tenere tutti con il naso all’insù, poi, ci hanno pensato i rocciatori del Gruppo I Sogati, in forze alla sezione CAI di Valdagno, che si sono esibiti in due momenti della giornata (alle 11.00 e alle 18.00) nella sempre spettacolare salita del campanile di San Clemente. Attrezzate in tutta sicurezza le pareti della torre campanaria con corde e moschettoni, i climbers si sono lanciati alla conquista della cima, tra gli sguardi incuriositi dei passanti e le bocche spalancate dei tanti bambini presenti. L’intero programma della giornata si è articolato dalle 10.00 alle 19.00, aprendo le danze con il saluto ufficiale delle Autorità. Alle 11.30 Piazza del Comune è stata il palcoscenico per un’esibizione di ginnastica ritmica, mentre alle 12.00 è stato il turno del karate sceso sul tatami d’occasione di Piazza del Campanile. Poco più in là, alle 12.30, in Piazza Dante, dopo le imprese dell’Italvolley alle Olimpiadi di Rio, la scena è stata tutta per la pallavolo con un match che ha concluso la prima parte della giornata. La ripresa dei giochi è scattata alle 15.00 con un torneo di pallacanestro e mini
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che se spesso, per il gran numero di società attive, gli spazi sembrano non essere mai a sufficienza. Con il dialogo che insieme abbiamo saputo mettere in campo, possiamo proseguire nel confronto costante per trovare sempre le migliori soluzioni e consentire così la prosecuzione delle tante proposte offerte. Un grande grazie, infine, non può mancare neppure per la Consulta dello Sport, gli organizzatori della mabasket in Piazza del Comune. Dopo il karate del mattino, alle 15.30 Piazza del Campanile ha accolto un’esibizione di judo, prima di passare il testimone al torneo di mini tennis che si è disputato in Piazza Roma a partire dalle 16.00. Alle 16.30, poi, Piazza Dante si è trasformata in un grande campo da calcio a 5 dove si è tenuto un incontro tutto al femminile. Alle 17.00 si è tornati in Piazza del Comune, palcoscenico a quel punto per un’elegante dimostrazione di danza artistica e ancora poi karate e scherma in Piazza del Campanile. Alle 18.30, avviandosi verso la chiusura della manifestazione, hanno trovato spazio anche i giochi di gruppo per concludere in bellezza e con il sorriso la giornata. «È sempre un piacere poter organizzare una nuova edizione di questa festa – ha commentato il Sindaco Giancarlo Acerbi - che è occasione di mostrare al pubblico le numerose possibilità che Valdagno offre per la pratica sportiva. Una simile offerta è frutto dell’intenso lavoro e dell’impegno di tante persone, il più delle volte volontari e volontarie, che dedicano una bella fetta del loro tempo allo sport, alla promozione dei suoi valori più alti e allo stimolo verso stili di vita sempre più sani e attivi. A tutti loro non può che andare il nostro ringraziamento per quanto fanno. Le strutture disponibili in città sono molte e di alta qualità an-
nifestazione e per tutte le società che hanno aderito all’edizione 2016.» Soddisfatto anche il referente della Consulta, Eugenio Menato, che ha ringraziato quanti hanno saputo rendere la giornata «coinvolgente, dinamica e variopinta. La passione e lo spirito partecipativo e collaborativo dimostrato dalle Associazioni sportive ci consente di guardare al futuro dello sport cittadino in maniera positiva.»
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thiene Ho avuto la fortuna di passare 5 mesi, dal più profondo inverno alla più splendente estate, nel paese che ogni amante delle attività outdoor sogna: la Norvegia. Sono ingegnere meccanico e ho potuto svolgere la mia tesi nell’università di Trondheim, dove giorno dopo giorno mi sono innamorato sempre di più di quei posti. Ecco la cronaca di un indimenticabile trekking a tutta natura.
Bellissima Norvegia
C
on l’arrivo dell’estate tutto si colora di un verde intenso e tutto è sempre illuminato da un bellissimo sole. E’ in quei giorni che devo andare assolutamente alle Lofoten, quell’arcipelago che rappresenta un Mecca, soprattutto per chi come me e Matteo Parise, è sci alpinista. Ma, se si pensa che queste isole siano soltanto neve polverosa e discese mozzafiato, ci si sbaglia alla grande. Fortunatamente quando, come un fulmine a ciel sereno, chiamo Matteo per proporgli l’ambizioso progetto, mi lascia parlare entusiasmandosi parola dopo parola. Il piano prevedeva di attraversale l’arcipelago da nord a sud, solo noi due, dormendo nella nostra tendina per un totale di 160 km e 9000 metri di dislivello. Aiutati dal sole che, a giugno non tramonta mai, vogliamo riuscire a completare l’attraversata in 4 giorni. In una settimana Matteo ha già il biglietto in mano, e il 12 giugno mi raggiunge a Trondheim da dove, dopo 10 ore di
treno e 3 ore di traghetto, arriviamo a Svolvær tappa iniziale del viaggio. Il giorno seguente inizia il vero cammino con la tappa più difficile fino a Leknes la città più grande dell’isola. Sono previsti poco più di 50 km e 3500 metri di dislivello. Come se non bastasse dobbiamo subito scontrarci con la più grande incognita di questi posti immersi nell’oceano: il meteo; la giornata si presenta fredda e uggiosa e la situazione pare non voler cambiare. Ma lo sapevamo, e sappiamo benissimo di poter reggere questo tipo di situazione. Il terreno si presenta sempre impervio, bruschi sali e scendi che, visti i 18 kg di zaino, fanno piangere la schiena e le gambe; neve e sentieri per nulla segnati. Ma anche questo lo sapevamo, alla fine questi sono gli ingredienti per rendere un’avventura degna di tale nome. Il sorriso non se ne va mai dai nostri visi, e questi posti sono incredibilmente affascinanti anche con
di Alessio Zambon
25 Distese di baccalà lasciati essicare
La spiaggia di Ramberg a mezzano
tte
la pioggia. Passano le ore e i chilometri e siamo fradici e infreddoliti e quando siamo quasi arrivati alla fine della tappa realizziamo che tutto il contenuto degli zaini nonostante le precauzioni prese, è bagnato. Ciò ci induce a dover rinunciare a passare la notte in tenda e ripiegare su una stanza dove possiamo asciugare tutto il contenuto degli zaini; questa decisione non la rimpiangeremo mai, perché altrimenti sarebbe stato impossibile proseguire il giorno seguente. Dopo una notte passata al caldo, le batterie si sono ricaricate e siamo ancora più carichi per la tappa seguente. Il sole oggi splende, ed è l’unica cosa importante e i 37 km con 2000 di dislivello non ci spaventano per nulla. Questa tappa ci mostra le
Lofoten nella loro miglior veste, montagne a picco su un mare caraibico, una bellezza che a parole è difficile da illustrare. La nostra tappa si sviluppa tutta lungo la costa dove tra passaggi di arrampicata e prati infiniti iniziamo ad intravedere anche i primi segni dell’industria del baccalà. Più ci avviciniamo al piccolo villaggio di Ramberg più l’odore di pesce si fa intenso e i campi in cui il baccalà viene lasciato essiccare si estendono a vista d’occhio; per due vicentini essere qui e come per un ape cadere in vasetto di miele. Stasera, non ci sono motivi per non passare la nostra prima notte in tenda, e come se sembrasse un regalo per il torto subito il giorno prima dal meteo, ci accampiamo in una spiaggia di finissima sabbia bianca. Sembrerebbero i caraibi se non indossassimo le nostre giacche pesanti di piu-
ma. Qui abbiamo forse uno dei momenti più suggestivi del viaggio: sorseggiare birra contemplando le nostre fatiche osservando un nitido sole di mezzanotte. Per la terza tappa ormai il brutto tempo è soltanto un brutto ricordo, l’aria è tiepida e non c’è una nuvola in cielo. Il paesaggio cambia ancora sensibilmente, gli spazi si aprono molto e il mare ci circonda quasi sempre su tre lati. Impossibile non notare continuamente il contrasto tra il celeste del mare e il verde acido dell’erba tutta intorno. Dopo pochi chilometri arriviamo in uno dei posti più belli di tutta l’isola: la spiaggia di Kvalvika, una bianchissima spiaggia incastrata in tutte le direzioni tra pareti a strapiombo alte 500 metri. La via di accesso non è per nulla agevole, ma ormai abbiamo capito che l’ostilità di queste isole è la caratterista che le rende
sportart
trekking lofoten
photo: Alessio Zambon Isole Lofoten, Norvegia 2016
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così affascinanti. L’acqua è ovunque, dove non c’è il mare c’è sicuramente un lago o un fiume, uno spettacolo. Dopo quasi 35 km e 2500 metri di dislivello di terreno impervio arriviamo al luogo previsto per il pernottamento: un paesino fantasma raggiungibile sono via mare affacciato sul Kirkefjorden. L’ambiente e molto spettrale ma allo stesso tempo molto Il paesino di Reine suggestivo. Il giorno dopo, l’ultimo di questo lungo trekking, un barca ci porta nella sponda opposta del fiordo dove si trova il bellissimo paesino di Reine. La tappa è la più semplice (30 Km 1200 metri di dislivello), ma le nostre gambe e la nostra schiena chiedono pietà. Saliamo quasi subito nella cima gran premio della montagna del nostro viaggio: Munken; da qui la vista a 360 gradi è indescrivibi-
Vista dalla cima
Arrivo alla città di Å
le. Mare e ghiacciai a poche centinai di metri gli uni dagli altri. Staremo qui per sempre ma abbiamo una metà da raggiungere. Saliamo sull’ultima forcella, dove inutile dirlo ancora, la vista è incredibile, per poi raggiungere la meta finale del cammino. Gli ultimi passi sono pieni di soddisfazione e di gioia, ma impossibile negarlo c’è anche un po’ di amarezza. Siamo nel punta più estrema dell’arcipelago principale, nel paese con il nome più breve del mondo: Å. Un viaggio che ha a dir poco dell’incredibile e che rimarrà sempre nei nostri cuori ma soprattutto nei nostri occhi. Qui si capisce quanto bello sia il posto in cui viviamo, questo mondo che con tanta leggerezza stiamo distruggendo. Abbiamo imparato tantissimo, e metro dopo metro abbiamo raggiunto il nostro obbiettivo scoprendo anche quanto sia bello condividere un’esperienza in tutto e per tutto con una persona sulla tua stessa lunghezza d’onda. All’inizio sembrava impossibile, lo ammetto è stato molto difficile, ma se non fosse stato così, non sarebbe stato così indimenticabile.
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vicenza
Lungo il conf ine Un’altra impresa di Delfino Sartori: attraverso le Alpi in bicicletta, da Monfalcone al lago di Garda. 900 chilometri compiuti in parte lungo la linea del confine di Stato tracciata nel 1919
D
elfino Sartori, vicentino, classe 1952, appassionato di sport, specialmente di ciclismo, atletica, basket e sci da fondo è rientrato ai primi di settembre in quel di Cavazzale, reduce dalla sua ultima impresa ciclistica. Me ne aveva tanto parlato, prima di partire, che mi è venuta voglia di vederlo a impresa compiuta. Sono andato a trovarlo dove risiede, per sapere come era andata. Credevo di trovare una persona distrutta, invece, eccolo lì, che mi accoglie sulla porta, fresco, tranquillo, reduce anche da un allenamento mattutino. Dopo qualche convenevole il discorso si sposta sull’itinerario.
Da dove sei partito? Ho scelto un itinerario che partendo da Monfalcone in successive tappe, in dieci giorni mi consentisse di arrivare al lago di Garda attraversando le Alpi ed i passi più importanti. L’itinerario è risultato, alla fine, lungo 870 chilometri, con complessivi 15.000 metri di dislivello, in nove tappe con 12 passi alpini. I passi sono stati, in sequenza, passo del Predil, Sella Nevea, del Pramollo, de Gailbergsattel, Staller, Giovo, Rombo, Resia, Stelvio, Gavia, del Tonale e Carlo Magno. In generale ho seguito piste ciclabili, ma, quando non
di Antonio Rosso foto di Delfino Sartori
c’erano, ho dovuto servirmi Hai realizdelle statali. zato qualche
video duranPerché hai scelto un te la travertale itinerario? sata? Per vari motivi. Innanzitutto perché è un bellissimo itinerario, con panorami splendidi e perché è un itinerario storico in quanto ricalca il confine, almeno fino al Resia, tracciato al termine del primo conflitto mondiale, nel 1919, con il trattato internazionale di Versailles.
Poiché lo scopo dell’impresa è anche la divulgazione di questo sport attraverso serate con associazioni ed enti pubblici, ho realizzato un video, completo, dalla partenza all’arrivo. Ho preso anche molti appunti scritC’è un motivo per aver ti per realizzare una guida scelto una e-bike come dell’itinerario, che prenda mezzo propulsivo? in considerazione, in particolare, le piste ciclabili diSì. Innanzitutto per dare sponibili. visibilità ad un mezzo che aiuta ad avere una mobili- Che suggerimenti dai tà priva di inquinamento e a chi volesse seguire che in certi casi può sosti- tale itinerario? tuire l’auto per brevi spostamenti. Prepararsi ed allenarsi, in .L’e-bike è una bicicletta a primo luogo. Anche utipedalata assistita, non una lizzando una e-bike si fa bicicletta elettrica; nel sen- una notevole fatica fisica. so che se non si pedala non Tecnicamente consiglio di si procede. Tuttavia dà un avere la bici in perfetto oraiuto formidabile. Alla mia dine e portare una seconetà, 64 anni, fare una cosa da batteria, sempre carica, del genere sarebbe stato utilizzando il caricabataltrimenti impensabile. terie in tutte le soste per Permette, infatti, di fare ci- ricaricare quella scarica; clismo sportivo, senza es- con due batterie cariche sere dei campioni, anche si fanno al massimo 120 se, comunque, è necessario km in piano, molti di meno mantenersi in forma. in salita, in funzione della Infine per incrementare il pendenza. classico binomio turismo e Per quanto riguarda l’abbicicletta. bigliamento va portato tut-
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to il necessario per una escursione ciclistica impegnativa con un ricambio completo.
Che difficoltà hai incontrato? A parte il tempo atmosferico, spesso inclemente e le forti pendenze, ho trovato, soprattutto, difficol-
tà logistiche. Nonostante si parli molto di cicloturismo, le maggiori difficoltà le ho incontrate proprio per salire sui treni e sui mezzi pubblici. Nessuna difficoltà per il soggiorno. Ho scelto pensioni prenotando la notte e la prima colazione in modo da poter essere completamente libero.
Come ti sei allenato?
Questa non è la tua prima impresa, quali Svolgendo una lunga e con- altre traversate hai tinuata attività in palestra realizzato? e percorrendo molti chilometri di allenamenti lungo i Lessini ed in altovicentino. Per inciso da Chiampo ad Arzignano fino a Montebello c’è una pista ciclabile molto bella, tra le migliori in assoluto.
Mi piace ricordare che l’anno scorso ho fatto il giro del Peloponneso, in Grecia: 1.200 km in e-bike, mentre in anni precedenti, con una bicicletta standard sono andato da Vicenza a
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La traversata in poche righe 1a tappa (103 km): Monfalcone, Gorizia, Canal d’Isonzo (Slovenia), Bovec (Slovenia) 2a tappa (115 km): Bovec, passo del Predil m 1156 pendenza 6.5%, Passo Sella Nevea m 1180, Chiusaforte, Pontebba, Canal di Ferro, Passo Pramollo m 1531 pendenza 7,2 %, Mauthen (Austria) 3a tappa (126 km): Muthen, passo del Gailbergsattel m 958 m, Lienz (Austria), Kuben, Passo Staller m 2052 pendenza 6,2%, Brunico Londra e ho compiuto l’intero percosso di 880 km del pellegrinaggio fino a Santiago di Campostela. Quest’anno ho partecipato al “Brevetto del Grappa” 10 salite +1. Poiché sono salito per sei volte sul Monte Grappa, da punti diversi (Romano, Paderno, Cismon, Seren, Possagno, Semonzo) sono arrivato ad avere la Medaglia d’argento, per avere quella d’oro avrei dovuto fare 10 salite. Per quella di bronzo ne sarebbero bastate tre.
idee in particolare un itinerario che parte da Port Montt (Chile) fino a Ushuaia (Argentina), considerata la città più a sud del mondo. Peculiarità di questo tour la collaborazione con una umaniassociazione taria per i bambini che provvederà durante le varie tappe a regalate loro delle biciclette. In ogni caso le esatte modalità sono ancora in studio.
Le prossime traversate?
E qui ci lasciamo con la promessa di incontrarci nuovamente al ritorno della prossima traversata.
8a tappa (75 km): Ponte di Legno, Passo del Tonale m 1884 pendenza 5,9%, Dimaro, Passo Carlo Mgno altezza m 1702 pendenza 6.1%, Madonna di Campiglio, Pinzolo.
Ad Maiora, Delfino!
9a tappa (75 km): Pinzolo, Riva del Garda, Rovereto
A febbraio andrò alle Canarie, per allenarmi per gli ultimi itinerari che sto studiano secondo i tempi che mi proporrò. Molte le
4a tappa (105 km): Brunico, Rio Pusteria, Vipiteno, Passo di Monte Giovo m 2094 pendenza 7,5%, San Leonardo in Passiria 5a tappa (133 km): San Leonardo in Passiria, passo del Rombo m 2509 pendenza 7.5%, Solden (Austria), Imst, Landeck 6a tappa (83 km): Landeck (Austria), Prutz, Pfunds, frontiera svizzera, Martina, Austria, Nauders, passo Resia m 1507, Italia, Malles, Prato allo Stelvio, Trafoi 7a tappa (85 km): Trafoi, Passo dello Stelvio m 2758 pendenza 7,4%, Bormio, Santa Caterina Valfurva, Passo del Gavia m 2630 pendenza 7,9%, Ponte di Legno
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malo
di Davide Deganello
Solo, e solo a piedi , a piedi Da casa alla vetta del Monte Bianco
M
i chiamo Davide, ho 31 anni e abito a Malo nel vicentino. Dopo quasi 14 anni di lavoro in fabbrica lo scorso marzo mi sono licenziato per fare la guida a tempo pieno. Per esattezza AMM - Accompagnatore di Media Montagna col collegio delle Guide Alpine Veneto. Fin da piccolo ho coltivato una grande passione per la montagna e per la vita all’aria aperta. La fortuna è stata quella di aver avuto dei genitori che mi hanno trasmesso queste passioni. In montagna ognuno segue la propria strada, c’è chi arrampica assiduamente, chi ci va solo per correre, chi per far semplici escursioni. Io seguo le stagioni, con esse cambiano sport e attività che si possono praticare. Non ho una preferenza, faccio un po’ di tutto. Quello però che mi ha sempre affascinato molto è l’avventura in solitaria, esplorare luoghi mai visti prima. Ed ecco allora che nel 2012 quando in primavera stavo pensando a come passare le vacanze estive, stanco delle solite settimane di mare, spiaggia e festini, ho deciso di farmi un bel trekking da solo, prendere sacco a pelo e tenda e partire. Ci sono le Alte Vie in Dolomiti, il cammino di Santiago, e molti altri lunghi trekking tracciati, ma io volevo trac-
ciare il mio. Non volevo “copiare” nessuno e volevo fare qualcosa di nuovo, l’avventura dovevo sentirla mia. Volevo misuIn vetta al Monte Bianco 4810m rarmi con me stesso, fisicamente ma soprattutto mentalmente. l’alta Valle CamoEcco allora un’idea diver- nica, aver superato sa del solito, partire a piedi il Passo della Aprida casa, da Malo, pianura ca ed aver attravicentina, ed arrivare sul- versato gran parte la cima più alta delle Do- della Valtellina mi lomiti, ovvero la regina, la son fermato dopo Marmolada a 3343m. Ed è 5 giorni a Domaso, quello che a luglio 2012 ho sul Lago di Como. fatto in 8 giorni di cammino. Per la seconda volNel 2013 la mia sete di mon- ta la mia avventagna e avventura cresceva tura si è arrestata sempre di più. Puntavo a per problemi fisici. qualcosa di grande, di unico. Ed ecco il 2016, Partito da casa a piedi, con quando il 10 agosto Lago di Como il solito zaino, la solita ten- prendo il treno a Vida e il sogno di raggiungere cenza per arrivare la cima più alta d’Europa, il al Lago di Como e ripartire Monte Bianco, attraversan- nel mio cammino. Dal terrido le Alpi. Dopo aver supe- torio Lombardo son entrato rato l’alta pianura vicentina, in Svizzera, ho costeggiato le Piccole Dolomiti, l’alto mezzo Lago Maggiore riGarda, il Lago di Ledro, le entrando in Piemonte, ho valli Giudicarie ed essere raggiunto poi il Lago d’Orta, giunto sull’alto Bresciano in la Valsesia, la Val di GressoValle Camonica in 6 giorni ney passando sotto il Monte di cammino, mi sono ritira- Rosa, ho attraversato tutta to per vari problemi fisici. la Val d’Aosta fino a CourNel 2014 la mia testa dura mayeur quando ho raggimi ha riportato a Breno in rato il Monte Bianco a sud Valle Camonica dove mi ero per entrare in Francia ed fermato l’anno precedente e “attaccare” il gigante dalla son ripartito col mio cam- via normale. Ho raggiunto mino, ovviamente sempre la cima più alta d’Europa puntando il Monte Bianco. a 4810m, il 24 agosto dopo Dopo aver percorso tutta 15 giorni di cammino in soVerso la cima 4500m
35 Ghiacciao Bionassay
Confine Italo-Francese 2516m
Verso il Ref. Gouter 3500m
Verso il Ref. Gouter 3500m
litaria, in tenda, senza social, senza gps. Come mi ha detto qualcuno... “Un viaggio fuori che ti cambia dentro”. A piedi da casa Malo (VI) alla cima del Monte Bianco in tre lunghe tappe: 2013) Malo - Valle Camonica (BS) 2014) Valle Camonica - Lago di Como 2016) Lago di Como - Monte Bianco 26 giorni totali di cammino oltre 600km oltre 20000m di dislivello positivo. Questi son solo dati, numeri che si possono facilmente scrivere. Quello che invece non si può descrivere sono le fatiche, i dolori, la solitudine, le emozioni, la felicità, la soddisfazione che solo chi vive un’avventura e un sogno portato avanti per anni può capire...
il video: https://www.youtube.com/watch?v=L210hpOAGh8
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salute
CMR sport Il centro natatorio CMR Acqua e salute di Trissino, aperto dal novembre 2001, è diventato negli anni un centro sportivo a tutti gli effetti.
pubbliredazionale
L
’impianto è predisposto per poter svolgere attività di nuoto, fitness e wellness dedicando la possibilità a neonati, bambini, ragazzi, genitori e famiglie di praticare sport sentendosi in un ambiente accogliente e famigliare. Il centro è dotato di una vasca terapeutica ed una natatoria: - la vasca terapeutica, con acqua a 32°, è un luogo ideale dove praticare attività a bassa intensità di sforzo, dove i movimenti sono rallentati. Attività quindi rivolte ai neonati ed ai bimbi di età fino ai 3 anni, alle persone che devono migliorare la postura, a chi segue il corso di pilates in acqua e non da meno a chi deve fare fisioterapia. L’acqua calda consente alla muscolatura di distendersi e rilassarsi consentendo di amplificare e di migliorare l’efficacia di ogni esercizio svolto lasciando poi una piacevole sensazione di benessere fisico e mentale; -la vasca natatoria offre la possibilità di tenere svolti una ampia gamma di corsi a partire dai corsi federali FIN, ai corsi fitness con o senza attrezzi adatti ad ogni esigenza e/o richiesta. Nei corsi della SCUOLA NUOTO ADULTI si prevede l’apprendimento delle quattro nuotate in un percorso di 7 livelli potendo proseguire poi ad un livello avanzato con un corso di 60 min. I corsi per RAGAZZI dai 6 ai 12 anni prevedono l’apprendimento dei 4 stili in 6 livelli.
I RAGAZZI dai 13 ai 17 anni avranno corsi mirati al perfezionamento degli stili ed al miglioramento della velocità e resistenza. NUOTO PINNATO per i ragazzi, corso di 60 min. I corsi per i BIMBI dai 4 ai 6 anni sono suddivisi in 3 livelli dove è previsto l’apprendimento dei galleggiamenti e scivolamenti. Il settore fitness prevede corsi di: -ACQUAGYM: ginnastica aerobica atta a stimolare la tonificazione della muscolatura di tutto il corpo; -GYM & SPIN: che abbina 25 min di ginnastica in acqua e 20 min di bike per tonificare gambe, addome e glutei; - HYDROSPINNING: lo spinning in acqua ci permette di svolgere un’attività motoria dai molteplici benefici; -WALKING/BIKE: intenso allenamento muscolare e cardiovascolare con sessioni di tonificazione abbinando il treadmill alla bike; -TREAD WATER DREN: 20 min. di ginnastica con 25 min. di tappeto in acqua per tonificare gambe, glutei e addome; -MOON WALKER: attrezzo che riproduce, in acqua, il movimento del Nordick Walking e dello sci da fondo. L’attività si svolge in una confortevole condizione di sospensione e antigravità; -ACQUA CIRCUIT: alternanza dei tre grandi attrezzi (bike, tread mill e moon walker) per tonificare, migliorare l’elasticità e sviluppare forza fisica; -GYM DREN: intensa sti-
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molazione del sistema circolatorio a chi ha problemi di ritenzione idrica; -CORSO GESTANTI: 30 min di attività in vasca natatoria. Gli esercizi prevedono tonificazione di alcuni distretti muscolari ed esercizi di respirazione. Si passa poi in vasca terapeutica per 15 min di rilassamento generale. Nella vasca terapeutica si tengono corsi dove il lavoro è più lento e rilassato: -NEONATALE: i corsi del neonatale si dividono in 3 fasce d’età - NEO 1 dai 3 ai 10 mesi, NEO 2 dagli 11 ai 20 mesi, NEO 3 dai 21 ai 3 anni - con durata di 30 min. Affina tutte le attività psicomotorie, consolidando gli obiettivi che porteranno il bimbo verso l’autonomia. -GINNASTICA POSTURALE: attività svolta in acqua a temperatura di 32°che ha
come obiettivo di portare le persone a migliorare la postura attraverso l’esecuzione di movimenti mira-
acqua, consigliata a persone adulte che desiderano svolgere una attività fisica “soft”.
ti. Si praticano esercizi di stretching, di postura e di rilassamento; -ACQUAPILATES: obiettivi-migliorare la postura, tonificare gli addominali, le gambe e i glutei, riequilibrare la respirazione; - PERCORSO ACQUA & SALUTE: ginnastica dolce in
www.cmracquaesalute.it / Tel: 0445.491651
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storia
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La grande guerra in alto Adriatico 8a parte di Antonio Rosso foto archivio Betasom (www.betasom.it)
G
ia nel corso del 1916 la Regia Marina aveva deciso di implementare la flotta con due poderosi pontoni corazzati armati con cannoni di grosso calibro da utilizzare come batterie galleggianti per appoggiare le operazioni terrestri sul fronte del Carso. Per tale ragione vengono convertiti due pontoni a gru, già disponibili, rinominati in Alfredo Cappellini e in Faa’ di Bruno, da due comandanti periti nella battaglia di Lissa. Vengono dotati di due cannoni Vickers Armstrong da 381 mm, sistemati in una torretta corazzata con una portata massima di 25 km e protetti da una corazzatura (Faà di Bruno) e da una rete parasiluri assicurata allo scafo da colonnine in acciaio (Alfredo Cappellini). Ambedue hanno una forma trapezoidale, di 57x27 metri il Faà di Bruno e 36x18 metri il Cappellini. Sono dotati di motori ma navigano a causa del grosso carico ad una velocità troppo ridotta per cui vanno spostati solo su traino.
La ritirata dopo Caporetto
In seguito alla rotta di Caporetto, vengono trainati da Monfalcone a Venezia per essere adibiti a difesa della città, che ormai è in prima linea. Successivamente, per non rischiare che cadano in mano al nemico, essendo ormai Venezia l’obiettivo dell’avanzata, si decide di spostarli ad Ancona. A traino dei rimorchiatori Luni (il Cappellini) e Titano (il Faa’ di Bruno) con a bordo rispettivamente 73 e 120 uomini, lasciano il porto di Venezia nella mattinata del 15 novembre 1917, scortati da quattro torpediniere
Il Cappellini affonda
La navigazione procede bene fino alle 23:00, quando, nei pressi di Pesaro, il vento comincia a rafforzare e il mare ad incresparsi. All’alba del 16 settembre si è in piena tempesta. Il Cappellini inizia ad imbarcare acqua all’interno
la La ritirata di Caporetto. Venezia e o tragica vicenda del pontone armat Alfredo Cappellini.
pontone tigre
del pontone, negli alloggi dell’equipaggio ed in sala macchine a causa della struttura non perfettamente stagna dello scafo, attraverso i boccaporti e la torre dei cannoni nonostante le misure prese: otturazione delle maniche a vento con coperte e chiusura dei boccaporti con tendoni. Nonostante le pompe il Cappellini continua ad imbarcare acqua e la decisione di scaricare la cassa idraulica ha un effetto positivo temporaneo, ma poi provoca ulteriori problemi di stabilità e l’unità sprofonda oltre la linea di galleggiamento. Cedono i boccaporti ed il Cappellini inizia a traversarsi; il Luni, dopo aver tentato inutilmente di trainarlo verso Ancona, decide di spingerlo verso la costa, lontana meno di due miglia. Ma i cavi che tenevano in posizione i due pezzi da 381 si rompono ed i cannoni
vanno verso sinistra, provocando la definitiva perdita dell’assetto. Alle 13.15 con il pontone fortemente sbandato, il Luni molla i cavi di rimorchio e fa rotta su Ancona, abbandonandolo, dopo aver gettato in acqua alcuni salvagenti. Al comandante, capitano di Corvetta, Giuseppe Pesce non resta che gettare in mare il legname in coperta, radunare l’equipaggio, far loro indossare i giubbotti di salvataggio ed abbandonare la nave. Per ultima viene calata l’unica imbarcazione, sulla quale prendono posto il nostromo, quattro ufficiali e, per ultimo, il comandante. Poco dopo il Cappellini si capovolge e scivola rapidamente sotto la superficie. Anche la scialuppa si capovolge in breve tempo e quasi tutti coloro che si trovavano in mare annegano o muoiono assiderati: solo quattro riescono a salvarsi.
40 Nella serata il mare spiaggia a Marzocca 45 cadaveri, mentre altri corpi vengono gettati sul lido di Palombina; muoiono cosĂŹ il comandante Pesce e 68 tra ufficiali, sottufficiali e marinai, ora sepolti nel cimitero delle Grazie di Senigallia
Il ritrovamento del relitto del Cappellini
Subito dopo l’affondamento, nel dicembre 1917, hanno inizio le ricerche del relitto, per recuperare i due cannoni da 381 mm. Nell’aprile dell’anno seguente due rimorchiatori lo individuano e a settembre viene imbragato con tre cavi d’acciaio per riportarlo in superficie, ma l’operazione viene interrotta per le avverse condizioni atmosferiche. Nel primo dopoguerra fu effettuato un secondo tentativo di recupero che fallisce ed il progetto viene abbandonato. E’ ritrovato il 16 agosto 1981 da un noto sub locale assieme allo storico subacqueo Enrico Scandurra su un fondale di 13-16 metri, a 2,3 miglia al traverso del colle di Montemarciano. Giace in posizione capovolta ed in gran parte insabbiato. Nell’estate 2007 una ditta privata, la Micoperi, per conto della Marina Militare italiana esegue un nuovo tentativo di recupero allo scopo di restaurarlo e musealizzarlo, ma i lavori, sebbene giunti a buon punto, vengono interrotti prima del recupero. Recupero che andrebbe fatto in quanto sembra che i cannoni, rigati, a nastratura d’acciaio, siano gli ultimi Vickers da 381/40 rimasti.
I pontoni armati in difesa di Venezia e delle linee italiane
In questo numero si è parlato di uno dei due pontoni armati, l’Alfredo Cappellini, nel prossimo si parlerà della vicenda del Faà di Bruno e dell’eroico intervento di 11 ragazze di Marotta. Tuttavia queste unità non erano le sole che operavano in alto Adriatico. Erano i piÚ potenti, ma con loro operavano anche due monitori inglesi (l’Earl of Petersborough ed il Sir Thomas Picton). ed altri italiani come il Padus da 395 t incagliatosi nei pressi di Caorle il 7 novembre 1917 ed andato distrutto. Del resto la Regia Marina Militare aveva armato altri galleggianti coi medesimi calibri, ma con un solo cannone: Monte Santo, Monte Grappa, Monte Cengio, Montello, Novegno, Sabotino. Ce n’erano altri che montavano calibri minori e che si muovevano nelle lagune tra Venezia e Grado come Vodice, Cucco, Carso, Pasubio; a questi vanno aggiunti i pontoni di legno, indicati come Foche, Lontre, Lupi, Topi, Castori e varii altri animali comprese anche Rane, Ranini e Ranoni, resi operativi quando il fronte fu sfondato a Caporetto e l’armata italiana fu costretta a ripiegare che si sobbarcarono un lavoro enorme, non solo contrastando l’avanzata del nemico, ma anche proteggendo la ritirata dei nostri e contribuendo alla difesa di Venezia.
Giuseppe
Erina
Monitor Faa di Bruno
Pontoni armati in legno
relitto Cappellini
relitto Cappellini
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itinerario
valdagno
Ginnastica artistica 2016 Congratulazioni a tutti i partecipanti per gli ottimi risultati ottenuti ROSA DEI VENTI NORD 24/24 Aprile 2016 - Piombino Danese (PD) Faccin Micol
5° classifica generale
Meggiolaro Syria
10° classifica generale
Cailotto Elisa
7° classifica generale
Colla Eva
1° classifica generale
Paulini Giada
1° attrezzo corpo libero
Pellicchero Alice
2° attrezzo corpo libero
Ponza Anna
3° attrezzo trave
Venezia Giorgia
3° attrezzo minitrampolino
Venezia Giorgia
3° attrezzo volteggio
Più Gioia
2° attrezzo minitrampolino
Soldà Matilde
1° attrezzo minitrampolino
Pellicchero Giulia
3° attrezzo volteggio
Fin Marta
1° attrezzo minitrampolino
Fin Marta
3° attrezzo corpo libero
Reniero Valeria
2° attrezzo volteggio
PERCORSI e PROGRESSIONI ARTISTICHE + ATTREZZI BABY e MASCHILE 9 Aprile 2016 - Fiumicello (PD) Centomo Aurora
3° classifica generale attrezzi baby
Mata Gioele
2° classifica generale attrezzi maschile
Callegari Benedetta
1° attrezzo minitrampolino
Gelai Noemi
2° attrezzo minitrampolino
Gelai Noemi
1° attrezzo corpo libero
Callegari Benedetta
2° attrezzo corpo libero
CAMPIONATI REGIONALI COLLETTIVI 21 Febbraio 2016 - San Giovanni Lupatoto (VR) Faccin Micol, Meggiolaro Syria e Pace Emma
1° classificate cat. Esordienti
Cailotto Elisa, Pellicchero Giulia, Soldà Carlotta e Soldà Matilde
4° classificate cat. Giovanissimi
Fedele Veronica, Gonzato Pamela e Storti Sophia
2° classificate cat. Ragazzi
Colla Eva, Fin Marta e Soldà Maria
1° classificate cat. Giovani/Senior/Over
ROSA DEI VENTI NORD 13/14 Febbraio 2016 - Piombino Danese (PD) Faccin Micol
7° classificata nella CLASSIFICA GENERALE REGIONALE
Meggiolaro Syria
1° classificata attrezzo VOLTEGGIO, 2° classificata attrezzo CORPO LIBERO e TRAVE e 3° classificata attrezzo MINITRAMPOLINO
Caile Alessia
3° classificata attrezzo CORPO LIBERO
Cailotto Elisa
2° classificata attrezzo CORPO LIBERO
Braggion Giulia
1° classificata attrezzo TRAVE
Reniero Valeria
1° classificata attrezzo VOLTEGGIO
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storia
Bepi Fanton, il campione dimenticato di Bepi Magrin
Fu tra i più forti fondisti degli anni Trenta e Quaranta, una vera forza della natura. Ma una banale appendicite se lo portò via a soli 27 anni
I
giovani valdagnesi, ne sapranno poco o nulla, ma un tempo in città esisteva il DAM il Dopolavoro aziendale Marzotto, dove erano incluse tutte le associazioni sportive e culturali della città laniera. Il DAM fu una vera fucina di campioni delle varie discipline, che molte soddisfazioni diedero alla città per i risultati sportivi che si andavano via via ottenendo anche a livello nazionale e talvolta internazionale. Uno dei grandi campioni uscito da questa realtà fu senz’altro il nostro Bepi Fanton, nato a Fongara nel 1919, egli si era dedicato allo sci nordico e competeva con altri conterranei come Italo Soldà, Francesco Urbani, Guido Ceola ed anche il fratello Luciano Fanton. Le competizioni sportive, all’epoca incoraggiate fortemente dal regime, portarono il nostro a gareggiare nel ’37 e ’38 ad Asiago, dove vinse la Coppa UVE individuale di 15 km. Nel ’38, ‘39 nella Coppa Carpenè Malvolti: Staffetta
di 10 km vinta col fratello e con Ceola; nel ’38 sempre ad Asiago dove meritò la vittoria nel Trofeo Campi di Battaglia e ancora in quell’anno e nei successivi a Tonezza, a Campobrun (attuale Trofeo Val d’Illasi) gara di sci-alpinismo vinta col fratello e con Urbani. Si trattava di gare molto dure ed i materiali di cui si poteva disporre all’epoca non erano tali da facilitare la competizione, prevaleva dunque su tutto la forza pura, la volontà e la resistenza fisica. In quelle gare si competeva con altri celebri campioni nazionali come Rodeghiero Rizzieri e suo fratello Cristiano, Giulio Gerardi, Luigi Perenni, i fratelli Soldà, Achille Compagnoni (poi conquistatore del K2) ecc. Alla fine del 1939 Luciano riceve la cartolina precetto e si reca alla Scuola Militare Alpina di Aosta. Qui,
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viene incluso nella Pattuglia Sci Veloci, un gruppo di campioni scelti con cura che poi parteciperanno alla tragica campagna di guerra contro la Francia. Nel 1940 Bepi partecipa alla estenuante Maratona del “Giro delle Dolomiti”: 120 km da Dobbiaco, per Brunico, Cortina e il Cadore. Bepi primo in alcune tappe, giunse 3° assoluto, dietro una leggenda vivente come Maurizio Celeste. Ancora vinse la staffetta alpina di Cervinia, il Trofeo Pallavicini nell’alta bergamasca, il Trofeo Bronci di 18 km , vinto davanti ad Alberto Cresseri, a Tassotti, a Perruchon, a Rizzieri e a Perenni che erano i più qualificati atleti del momento (di seguito il ten. Perenni sarà anche compagno di cordata di Walter Bonatti in grandi imprese alpinistiche). Bepi Fanton toccherà l’apice delle sue prestazioni sportive nel 1941, quando partecipa ai Campionati Mondiali a Cortina d’Ampezzo e conquista per l’Italia il 3° posto dietro a Finlandia e Norvegia. La squadra era composta da Luigi Perenni, Maurizio Celeste e Stefano Sertorelli. Poi, la guerra interrompe le attività sportive, e crea ampi vuoti tra le
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file degli atleti: il fratello Luciano muore a Messina sotto un bombardamento alleato, l’amico Ceola si vede amputata una gamba per un congelamento sul fronte greco, Bepi, come l’amico Italo Soldà, ripara per un certo periodo in Svizzera e si toglie così dalle ambasce della guerra civile, ma lo spirito sportivo e competitivo rimane in lui ed anche dopo la guerra, Bepi continua a gareggiare con successo ovunque gli è possibile, finché la mattina del 23 settembre 1946, per una appendicite acuta non prontamente curata, a soli 27 anni Bepi Fanton muore. Verrà sepolto con un semplice funerale nella natia Fongara, accompagnato all’ultima dimora da famigliari e amici superstiti della guerra. A Lui si volevano intitolare il Rifugio Valdagno dei CAI e le piste di sci del Montefalcone, ma per dimenticanza o ignavia non se ne fece più nulla. Chissà se l’Amministrazione recoarese non voglia porre tardivo rimedio, dedicandogli magari una via nel centro termale.
Nella foto: Abetone 23 febb. 1943 Ai Campionati Italiani di fondo: Tenente Luigi Perenni a ds. Giulio Gerardi al centro e Bepi Fanton a sin. (arch. di Pierino Torchia)
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valdagno di Sabina Bollori
Un’arrampicata tutta particolare Domenica 4 settembre 2016, si è tenuta una delle più belle manifestazioni della nostra vallata, la Festa dello Sport che si svolge ogni anno a Valdagno in tutte le piazze del centro storico. Un evento ben riuscito grazie alla organizzazione del Comune di Valdagno e della consulta dello Sport.
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uest’anno il gruppo “I Sogati” e la Scuola di Montagna “Gino Soldà”, grazie al CAI di Valdagno, hanno saputo conquistare la sommità del campanile, arrampicandosi lungo uno spigolo, sapendo percorrere il difficile itinerario predisposto per la specifica attività.
dagno simulando la discesa nel vuoto di una cavità sotterranea.
Da notare la realizzazione di tale scalata anche da parte dei piccoli atleti della squadra agonistica de “I Sogati” con età compresa tra i 9 e 10 anni, che ha dato grande soddisfazione agli istruttori ed allenatori del gruppo. Il numeroso pubblico presente ha partecipato emozionato alle salite proposte verificando di persona, con delle prove, la difficoltà delle realizzazioni. Le salite sono state intervallate dalla discesa su corda realizzata dal gruppo “Le Grotte” del CAI di Val-
offre corsi per l’avvicinamento alla arrampicata sportiva ai giovani e ragazzi dall’età degli 8 anni compiuti, perfezionando inoltre l’attività in sessioni specifiche per la preparazione atletica necessaria per la partecipazione alle gare regionali indette per la selezione dei partecipanti al Campionato Nazionale Giovanile di arrampicata sportiva, che si svolge annualmente a giugno ad Arco (TN).
Numerose sono le attività del CAI di Valdagno. Per l’arrampicata sportiva; aderendo alla F.A.S.I. (Federazione Arrampicata Sportiva Italiana) con l’ASD “I Sogati”, già da due anni
Nello stesso contesto per valorizzare la struttura di
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arrampicata indoor di Valdagno (Via A.Volta) posta all’interno del Palasport “Gino Soldà”, considerata tra le migliori in Italia, organizza annualmente una tappa del Campionato F.A.S.I. Regionale Veneto Giovanile per tutte le categorie agonistiche. Nello stesso ambito vengono realizzati corsi per i giovani e per gli adulti di tutte le età. Particolare offerta viene estesa a tutte le Scuole Superiori di Valdagno e grazie alla collaborazione e l’interessamento dei docenti di educazione fisica si riesce ad infondere nei ragazzi la giusta preparazione per affrontare il Campionato Studentesco, già ospitato nella struttura nelle scorse edizioni.
Ogni informazione utile, per aderire alle numerose iniziative proposte, “I Sogati” sono reperibili presso la Pagina Facebook Palasport Gino Soldà o via e-mail a: i.sogati@gmail.com
ZAMPERETTI & SASSARO Zamperetti & Sassaro studia ambienti con l’estro giusto per saper sfruttare il potenziale industriale di oggi e per confezionare un arredo personalizzato alla vista sartorialmente artigianale. La consolidata esperienza dell’azienda permette oggi di offrire un’idea, uno studio e un progetto, per la realizzazione di arredi su misura, avvalendosi della nostra falegnameria e dell’industria. Dimensioni a soffitto, tamponamenti di chiusura, divisione personalizzate dei ripiani, inserimenti ed aperture particolari materiali vari, sono solo alcune lavorazioni che fanno la differenza. Il nostro stile è nel proporre progetti visti a una logica del senza tempo, arredi contemporanei moderni con l’inserimento di elementi che creano rottura di contesto, ma allo stesso tempo messi assieme che creino buon gusto.
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atletica
Francesco Barattini sportivo cum laude
Abbiamo incontrato una delle promesse dell’atletica leggera Vicentina, Francesco Barattini.
futuro.
di Gianni Garbin
Francesco raccontaci un po’ come sei entrato nel mondo dell’atletica. - Ho iniziato nel 2009. Prima facevo ginnastica artistica, poi anche grazie a mio papà (il papà Giampietro grande appassionato di sport, è stato un ottimo maratoneta con un personale di 2h.39’ ottenuto a Parma nel 1999, un 9°posto assoluto con il tempo di 8h 06’ alla “100Km. Del Passatore” e un titolo Italiano Master con 7h 39’ a Bergamo nel 2000 sempre nella 100Km) ho iniziato a fare atletica con la Polisportiva Valdagno. D’inverno le campestri e durante la stagione estiva le prime gare in pista. All’inizio, nelle categorie Ragazzi ed Esordienti, si fanno in prevalenza prove multiple: 80mt., 600mt., salto in lungo, lancio del peso e del vortex (una sorta di piccolo dardo per abituarsi un domani al giavellotto ndr). Ho subito avuto dei buoni riscontri sia sul mezzofondo che sul lungo.
Recoarese, in forza da quest’anno all’Atletica Vicentina. Fisico asciutto e longilineo, occhi vispi ed uno sguardo in cui leggi determinazione ed idee chiare sul
Quando è stato il momento in cui hai capito che potevi avere delle belle soddisfazioni dall’atletica? - L’anno scorso ho portato il mio personale del Salto in Lungo a Mt.6,53 (miglior prestazione in Veneto e 3^ misura in Italia della mia categoria ndr). Sono stato notato da Alessandro Grainer (ex saltatore, professore di Educazione Fisica), adesso mio allenatore, che mi ha consigliato di insistere con il lungo. Così abbiamo cominciato a lavorare assieme, ed ho imparato molte cose, visto che, a differenza della corsa, il salto implica un perfetto equilibrio tra tecnica di esecuzione del gesto, rincorsa, concentrazione, che deve essere mantenuta durante tutta la serie dei salti, e capacità di riuscire a dare il massimo al momento giusto.
I primi risultati con il lungo hanno pagato? - Avendo ottenuto una misura così importante ho potuto partecipare ai Campionati Italiani Cadetti a Sulmona (AQ) dove sono riuscito, dopo 2 nulli, a fare un solo salto valido che, tuttavia, mi ha relegato nelle parti basse della classifica. Inesperienza e mancanza di tecnica… La strada era ancora lunga. Questa prima prova importante mi ha confermato come sia fondamentale un’ottima preparazione.
Quindi questa stagione che sta per finire com’è stata? - Dalla scorsa primavera gareggio per l’Atletica Vicentina. Ho cominciato a fine inverno con i Campionati Italiani Indoor ma al momento non ho ancora raggiunto risultati soddisfacenti: l’emozione di fronte a questi palcoscenici importanti unita all’inesperienza… Serve lavorare! Durante l’estate sono stato convocato dalla Rappresentativa Veneta della FIDAL per uno stage a Longarone con i migliori atleti dei salti della Regione. Un’ottima palestra che sommata alla preparazione del mio allenatore Alessandro Grainer mi ha permesso di presentarmi ai Campionati Italiani Allievi a Jesolo dove mi sono classificato 5° con un buon 6.71, con un ultimo salto nullo di pochissimo che mi avrebbe portato sul podio.
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Ma ho sentito che ci sono anche altre novità nel tuo futuro di atleta? - La mia società mi ha chiesto di provare il Decathlon (10 gare in diverse discipline: 100 metri piani, salto in lungo, getto del peso, salto in alto, 400 metri piani, 110 metri ostacoli, lancio del disco, salto con l’asta, lancio del giavellotto, 1500 metri piani). Un vero tour de force, che però mi ha stimolato ulteriormente: c’è moltissimo da lavorare per preparare queste prove che dal punto di vista tecnico sono molto impegnative! Come prima esperienza comunque posso ritenermi soddisfatto anche perché mi sono divertito, e soprattutto, la mia squadra si è confermata e, ad ottobre, a Bergamo saremo in finale per vincere il
Titolo Italiano a squadre.
molto la matematica e la fisica.
Quindi il decathlon potrebbe essere il tuo futuro. - E’ ancora presto per dirlo ma questa è stata un’esperienza sfidante. Inoltre uno dei modelli a cui mi sono sempre ispirato è il campione mondiale di Decathlon Ashton Eaton… Coincidenza?!
È difficile combinare sport e scuola? - Fino ad ora non ho mai avuto grossi problemi nel fare le due cose assieme. Attualmente faccio 3 allenamenti a settimana, 4 in certi periodi in cui aumentiamo i carichi. Per adesso non mi pesa in futuro veVeniamo ai tuoi progetti dremo. futuri? - Mi piacerebbe entra- Quindi da grande? re nel giro delle Squadre - Mi piacerebbe fare l’inNazionali di atletica; sono gegnere. ancora giovane e tempo ne ho molto davanti. Nel frat- Poi con un sorriso, aggiuntempo devo anche studiare ge: che è una cosa a cui tengo - Sai anche Daniele molto. Meucci (maratoneta azzurro) è ingegnere. Non si sa mai!!!! Come va a scuola? - Attualmente frequen- Grazie Francesco ed un to la 3^ Liceo Scientifico “in bocca al lupo” dai letScienze Applicate, mi piace tori di Sportivissimo
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valdagno schio
Assieme si vince Una stagione memorabile quella del Bushido Karate Club Schio e della Polisportiva Valdagno Karate
S
iamo in procinto di ripartire con la nuova stagione sportivo agonistica 2016/2017 ma il resoconto della stagione trascorsa non può passare inosservato. Un anno sportivo emozionante per il Karate grazie alle Scuole di Schio e di Valdagno dirette dal M° Daniela De Pretto, 7° Dan Karate Shotokan. L’anno accademico agonistico è iniziato con la partecipazione alla WUKO WORLD CUP, una prestigiosa gara internazionale che ha visto la partecipazione di circa 1,000 atleti, disputata a Lignano Sabbiadoro il 21 e 22 novembre 2015 . Una gara impegnativa che il Bushido è riuscito a dominare fin dalle prime battute con i ragazzi, fino ad arrivare alle categorie adulti con gli atleti sempre presenti sul podio conquistando così il 4’ posto assoluto su 99 società iscritte . Un risultato di eccellenza che ha dato il via ad una nuova stagione sportiva con i migliori presupposti. Un grande risultato anche ai campionati Italiani assoluti UNIKA ( confederazione Italiana di karate ) a dicembre 2015. Il piccolo club di Schio con 5 atleti in gara, ha saputo conquistare ben 4 podi! Gennaio 2016, nuovo anno e nuovi risultati con il Trofeo Nazionale Csen. Un Palazzetto gremito in ogni ordine di posto, 596 atleti in rappresentanza di più di 57 società ed un totale di 894 prove hanno dato vita ad una meravigliosa giornata di Karate. Il Bushido con le prove di kata (forma) e Kumite (combattimento) e con una sola squadra in campo, anche in questo circuito
ha conquistato il 3° posto di società riconfermandosi una delle scuole di karate più preparate nel territorio nazionale. Il club scledense nel mese di marzo, conquista ai Campionati regionali lombardi tantissimi podi valevoli per la convocazione ai campionati Italiani 2016 di Montecatini Terme con i ragazzi e a Terni con i più grandi. La preparazione inizia intensificando gli allenamenti e partecipando anche a gare del circuito Libertas ed ESKA Weart Cup gara Internazionale dove ancora una volta la stella del Bushido ha brillato così da alimentare la passione nei ragazzi in vista del gravoso impegno dei Campionati Italiani. Ed eccoci arrivati alle gare di Montecatini, con 1567 atleti in gara e Terni, con 700 partecipanti. I risultati arrivano così come da previsione, premiando gli sforzi di chi ci ha creduto, per chi fin da subito si è dato da fare per raggiungere l’obiettivo. Questi i nominativi degli atleti che hanno conquistato il titolo di CAMPIONE ITALIANO 2016: Bortoloso Sebastiano Kata , Marchioro Achille Kumitè, Chioccarello Franco Kata, Araya Osorio Thomas Kumitè, Canale Jacopo Kumitè, Marangon Anna Kumitè in due categorie. Medaglia d’argento per Riccardo Bille Kata e Kumite, Casolin Giulia Kata, Mantoan Aurora Kumitè e ancora Marangon Anna Kumitè ippon , Canale Jacopo Kumite squadra mista e, kata con Bille Riccardo e Testolin Matteo. Medaglia di bronzo per: Lacchin Filippo Kata, Chioc-
carello Franco Kumitè, Mantoan Aurora Kata e Araya Osorio Andreas Kumite. Piazzamenti nella classifica in Coppa Italia cioè dal 5° all’8 posto nelle rispettive categorie per: Bille Giovanni Kata, Pancheri Sara Kata e Kumite, Capitano Giorgia Kata, Meneguzzo Simone Kumite, Araya Osorio Andreas Kata, Filaferro Paolo Kata, Casolin Giulia Kumite, Gatto Chiara Kata Canale Jacopo kata, Testolin Matteo kata, Bille Riccardo kata, Araya Osorio Andreas kata, Bortoloso Federico Kata e Kumite. Con le prove a squadre, 6 secondi posti, 2 terzi e un 5° piazzamento. Il 2° posto di società per la specialità katà e il 4° posto per la specialità del kumitè nella categoria ragazzi ancora una volta parla chiaro. La vivacità del sodalizio guidato dal maestro Daniela De Pretto è stata premiata anche quest’anno e l’impresa
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realizzata anche in questa stagione sportiva non nasce dal caso, ma è frutto di un imponente lavoro metodico e programmatico sui giovani che vengono curati con grandissima passione. La squadra agonisti del Bushido Karate Schio si è imposta su 99 società per le categorie giovanili e circa 70 per le categorie adulti, giunte da ogni angolo d’Italia, dimostrando una completezza marcata. E le medaglie d’oro sono state ottenute in ugual misura nel combattimento come nella forma. Ma un’attenzione e una cura, se possibile ancora maggiore, sono state sempre dedicate a tutti gli iscritti, amatori, ragazzi ed adulti che praticano costantemente un Karate educativo e formativo indirizzato alla ricerca del miglioramento giornaliero come Persone, Uomini e Donne che rappresentano il futuro migliore della nostra società. Già, perché l’aspetto agonistico è solo la punta dell’iceberg, uno degli sbocchi per canalizzare le enormi energie dei nostri ragazzi in fase adolescenziale e anche di quell’aggressività che se
non correttamente gestita a volte può essere rivolta contro gli altri (bullismo, vandalismo, teppismo etc.) o anche contro se stessi (depressione, ricorso a “paradisi artificiali”, etc.). Ecco così che il Karate, insegnato ormai da trentacinque anni presso il Bushido Schio e da sedici anche a Valdagno secondo la tradizione , seguendo i principi etici e filosofici di una millenaria Arte Marziale giapponese, ma integrata dalle più moderne metodologie di allenamento che tengono nel dovuto conto le “fasi sensibili” dell’accrescimento dei nostri giovani, e le più recenti ricerche in ambito di fisiologia e biomeccanica, porta sì allo sviluppo e al miglioramento della capacità condizionali, coordinative e speciali così utili per tutti gli sportivi ma anche ad una corretta maturazione psicofisica che passa attraverso studio, ricerca, pratica continua, rispetto per sé stessi, per gli altri, per il proprio Maestro e per l’Arte Marziale che si pratica e per l’ambiente che ci circonda. Una visione che mette al centro del processo educa-
tivo non il Maestro e nemmeno il Karate, ma l’Allievo, perché come dice un saggio e antico proverbio turco: “un buon Maestro è come una candela, si consuma per illuminare la strada degli altri. E non usa gli altri per illuminare la propria” . Con la fine del mese di giugno il club di Schio ha chiuso per le vacanze estive, ma già ad agosto, il Camp di Sappada ha visto alcuni atleti scledensi e valdagnesi assieme al M° De Pretto allenarsi a fianco del pluricampione mondiale WKF Rafael Aghayev per la prima volta in Italia. Una settimana intensa con più di 300 atleti impegnati in duri allenamenti di preparazione atletica e strategie del combattimento presso la struttura Getur. A settembre la ripresa con il settore Karate bambini adulti ed agonisti, e ad ottobre al via il consueto corso di difesa personale a numero chiuso, metodo Sistema Tattiche Difensive che racchiude vari sistemi di difesa karate, ju jitsu, krav maga, jeet kune do, seguiti dai docenti federali M° Daniela De Pretto
7° dan Karate Shotokan Master teacher Krav Maga e membro commissione tecnica Sistema Tattiche Difensive. M° Livio Proia 7° dan Ju Jitsu Presidente settore Sistema Tattiche Difensive esperto di tecniche e tattiche operative. I Corsi di Karate, a Valdagno, promossi dalla Polisportiva Valdagno, si svolgono presso la Palestra delle scuole elementari Ponte dei Nori il martedì e venerdì dalle 16.30 alle 18.30. I Corsi di Karate e Difesa Personale, a Schio, a partire da lunedì 3 ottobre, si svolgeranno non più nella storica sede di Via San Giovanni Bosco, ma presso l’ex Centro Coni di Via Riboli. Gli iscritti potranno così usufruire anche dello stimolante impianto di atletica in una nuova e bella location, più ampia e spaziosa, messa a disposizione dal Comune di Schio grazie al lungimirante Assessore Aldo Munarini e all’associazione Novatletica Schio presieduta dal Sig. Paolo Rudella. Buon anno sportivo a tutti.
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vero o falso?
a cura del Centro Salute e Movimento, direttore dott.ssa Vania Peserico
Più si suda, più si dimagrisce, vero o falso?
Perché si suda? Quando si compie esercizio fisico aumenta la temperatura corporea e quindi si attivano dei meccanismi per
disperdere calore e garantire l’omeostasi del nostro organismo, il più importante è appunto la sudorazione. Le ghiandole sudoripare sparse per il nostro corpo iniziano a secernere acqua e sali minerali (sodio, cloro, potassio, magnesio....non grassi!) che evaporando mantengono la temperatura corporea intorno ai 36/37 gradi centigradi. Il nostro organismo è composto prevalentemente da acqua; in un uomo adulto di 70 kg l’acqua è pari al circa 42 kg (60% del peso corporeo), divisa in acqua intracellulare (indispensabile per la sopravvivenza della cellula) ed extracellulare.
Ed è proprio dal liquido extracellulare che deriva l’acqua che compone il sudore. Dal liquido attorno alle cellule, non dalle cellule. Nello specifico l’adipocita (cellula costituente il tessuto adiposo) contiene pochissima acqua (è considerata anidro, dal greco”priva di acqua”), essendo costituta per il 90% del suo volume da un’unica goccia lipidica. Il nostro corpo non andrà mai ad intaccare la riserva di acqua di questa cellula per creare il sudore. Quindi... come può il sudore far perdere peso se esso stesso non contiene grasso in nessuna forma e se l’acqua di cui è composto non proviene dalle cellule di grasso? Ricordiamo infine che non solo è inutile avvolgersi in chissà quale materiale per sudare di più ma è anche pericoloso in quanto si impedisce al sudore di evaporare con il rischio di surriscaldarsi e disidratarsi. Facciamo un esempio. Se spinti da un irrefrenabile desiderio di rimettersi in forma velocemente decideste di correre per un’ora sul tapis roulant, in ambiente caldo umido e vestiti di tutto punto, alla fine della sudata la bilancia segnera’ anche – 2 Kg! Questi Kg derivano prevalentemente dai liquidi persi sudando che devono essere reintegrati al più presto bevendo e mangiando. Smettiamo quindi di pensare che un allenamento non sia efficace perché non si suda, i metodi per dimagrire in maniera salutare sono ben altri.
“il sudore salva il sangue, il sangue salva la vita, il cervello le salva entrambe” (Rommel)
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a risposta è molto semplice: assolutamente falso. Con buona pace di chi propone stravaganti e fantasiosi metodi per dimagrire con l’utilizzo di panciere o pellicole miracolose da indossare sotto i vestiti. Ma facciamo un passo indietro e valutiamo la questione da un punto di vista fisiologico.
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