Speleologia n. 59 - dicembre 2008

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N Buca Nuova

L’ultimo abisso La Buca Nuova di Val Serenaia

Francesco De Grande OSM Sottosopra Modena

Esplorata dal 2003 al 2006, questa nuova grotta apuana prometteva di superare i mille metri di profondità, raggiungendo la probabile zona di gallerie freatiche fra la Carcaraia ed Equi Terme. Ma un sifone galeotto ne ha fermato per il momento la corsa

Vivere di grotte. Pensare alle grotte continuamente, sognare grotte grandi e facili, immaginare pozzi puliti e asciutti che fanno guadagnare metri su metri, scenderne uno e poi, dopo pochi metri trovarne un altro, e un altro ancora, e sentire i sacchi sotto l’imbrago sempre più leggeri, mettere un nuovo attacco sulla parete, filarci la corda e poi di nuovo giù, fino a terminare tutto il materiale. Aspettare gli altri che scendono, rifare il sacco per la punta e ripartire, e così per ore, ore, giorni interi, mesi, anni passati a inseguire un fondo che a volte arriva troppo presto, a volte non sei più in grado di raggiungere. E alla fine, perché una fine c’è sempre, quando ormai la grotta che stai esplorando non va più giù, quando la via non è più così dritta, quando ogni metro da scoprire non compensa più le fatiche, solo alla fine decidere che quella grotta “ha dato”, che forse è ora di riportare tutto alla luce del sole, che è giunto il momento di scrivere la parola fine. A malincuore, ma anche con sollievo, inizia il percorso a ritroso, il principio della fine.

C Buca Nuova

TOSCANA

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he la grande grotta presente nel versante nord della val Serenaia, il Pannè, non fosse l’unica di quelle dimensioni - 5 chilometri per 600 metri di profondità - lo avevamo sempre saputo; così come sapevamo che eravamo stati solo sfortunati a non trovarne un’altra, grande, bella, profonda e lunga, nei marmi che formano l’altra metà della valle. Era questione di fortuna, e di perseveranza. Anche se tutti i fine settimana

setacciavamo senza sosta ogni angolo dei boschi che ricoprono le pendici ovest del Pizzo d’Uccello, non ci accontentavamo delle pur importanti scoperte di due abissi, distanti e separati, profondi oltre 300 metri ognuno (vedi Speleologia n.50). Ci doveva essere dell’altro, ma dove? Avevamo riempito la valle di piccoli “cantieri”, brutti a vedere ma sempre meno orrendi dei giganteschi squarci provocati dal lavoro di cava, quel


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