GUINNESS- L’OPERA ABITABILE PIÙ GRANDE DEL MONDO FIRMATA DAI MILANESI BENINI, ARLATI E BORTOLOTTI E l’arte italiana colora la capitale dello Zar Le facciate di 5 grattacieli rimodellate per sfuggire all?anonimato sovietico L?idea L?architetto Dante Benini:«La riconoscibilità di ciascun frammento di facciata conferisce dignità a chi vi abita» Fare arte a Mosca è oggi una sfida, vista la qualità delle proposte nelle gallerie (come «Garage» di Dasha Zhukova) e nelle installazioni (come «Danae» di Vladimir Zakharov presentata in Biennale) e vista la presenza di forti investitori. Una sfida, però, esteticamente rischiosa, in quanto si opera in un contesto transitato dal Realismo sovietico al postmoderno glamour senza essere passati dal disfacimento della modernità.L?«opera d?arte abitabile più grande del mondo», presentata ieri a Milano e in corso di ultimazione a Mosca, è in questo emblematica. Si tratta di cinque grattacieli d?abitazione nella zona di espansione della Grande Mosca di 20 milioni di abitanti voluta da Putin. Sono realizzati dal costruttore russo Alexey Dobashin, proprietario della multinazionale Krost, e progettati dai milanesi Dante O. Benini (architetto) e Mario Arlati (artista), con il paesaggista Emanuele Bortolotti, che nel 2011 hanno vinto un concorso battendo progettisti come Mecanoo (olandese) e John Hopkins (inglese). Si tratta di un complesso con un parco d?arte e polo sportivo che, per sfuggire all?anonimato delle costruzioni «sovietiche» e restare nei costi (1.700 euro al metro quadrato), ha portato da Milano a Mosca un?idea un po? californiana e un po? tipica anche delle facciate dipinte rinascimentali: rendere la scatola architettonica una superficie iconica per darle riconoscibilità. Ovvero, Benini e Arlati hanno «modellato» artisticamente la facciata dipingendola a colori, consentendo così ad ogni singolo appartamento di essere distinguibile dall?esterno. Lo stile materico informale di Arlati è riconoscibile su tutte le facciate e anche sui pavimenti, e ha reso questi grattacieli la più grande «opera d?arte abitata».«Sono quattro edifici da 145 metri e uno da 100 metri, in tutto 600 appartamenti di 50 metri quadrati ciascuno», dice Benini. «Arlati ha fatto dipingere 16 facciate per 45 mila metri quadrati a spruzzo sull?intonaco realizzando un?opera materica e informale. Abbiamo usato prodotti della Mapei e, per i colori, abbiamo puntato su oro, nero e i tre colori base: giallo, rosso e blu. Le nostre torri entreranno nel Guinness dei primati come opera d?arte abitabile più grande del mondo», segnala con piacere Benini. Arlati ha realizzato il suo intervento di «Living art» partendo dai
prospetti in scala, poi, racconta, «ho realizzato i modelli, quindi riportato i profili in facciata e spruzzato le vernici facendo attenzione alla nebulizzazione in modo da non creare difetti». Poi è passato ai pavimenti degli spazi comuni «che abbiamo realizzato con colate di resina».Benini chiama in causa come riferimenti le opere di Christo o Richard Serra. A noi sembra opportuno inserire il riferimento alle teorie espresse da Robert Venturi in «Learning from Las Vegas», anche se in questi grattacieli non si usano immagini pop per rendere significative le facciate bensì l?edificio stesso diventa un?opera d?arte. «La riconoscibilità di ciascun frammento di facciata conferisce dignità a chi vi abita», conclude Benini. Il che segna il trionfo dell?individualismo contro l?anonimato del collettivismo.© RIPRODUZIONE RISERVATA Panza Pierluigi Pagina 02 (26 novembre 2013) – Corriere della Sera