Monotema n 7:2018

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SOLUZIONI LAVORO OSSERVATORIO PERMANENTE IN MATERIA DI LAVORO, SINDACATO E PREVIDENZA SOCIALE COORDINATO DA MARIA NOVELLA BETTINI DIRETTO DA FLAVIA DURVAL

TASSAZIONE AGEVOLATA DEI PREMI DI RISULTATO E WELFARE AZIENDALE: I CHIARIMENTI DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE

MONOTEMA N. 7/2018 1

Tassazione agevolata dei premi di risultato e welfare aziendale: i chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate di Marialuisa De Vita, Francesco Palladino, Stefano Quaranta *

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Parte I La ricognizione degli istituti di Marialuisa De Vita L’Agenzia delle Entrate ha redatto ed emanato, in collaborazione con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, la circolare n. 5/E del 29 marzo 2018. Con il predetto documento di prassi è stata fornita una serie di chiarimenti sulle norme che prevedono la tassazione dei premi di risultato in misura agevolata (ovverosia con imposta sostitutiva del 10%), nonché in merito alle disposizioni secondo le quali tali premi neppure sono tassati, se convertiti in welfare aziendale. Ci si riferisce, più precisamente, alle disposizioni introdotte dalla Legge di Stabilità 2016, successivamente modificate con la Legge di Bilancio 2017 e, da ultimo, con la Legge di Bilancio 2018. La circolare, che, peraltro, integra la precedente n. 28/E del 15 giugno 2016, fornisce, quindi, un’ampia serie di chiarimenti sui quali pare opportuno soffermarsi.

Si ricorda che l’art. 1, co. 182-189, della Legge di Stabilità 2016 (L. 28 dicembre 2015, n. 208) ha previsto l’applicazione di una imposta sostituiva dell’IRPEF e delle relative addizionali regionali e comunali nella misura del 10% ai premi di risultato nonché alle somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili dell’impresa, salvo espressa rinuncia scritta del prestatore di lavoro. Nello specifico, l’agevolazione si applica sulle suddette somme alle seguenti condizioni: § se corrisposte in esecuzione dei contratti aziendali o territoriali in relazione ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione misurabili e verificabili sulla base di tali criteri; § entro il limite, ora fissato, di € 3.000 (comprensivo di premi e utili), al lordo della ritenuta del 10% e al netto delle trattenute previdenziali obbligatorie; § per i soli lavoratori del settore privato che, nell’anno precedente a quello di percezione del premio, siano stati titolari di reddito di lavoro dipendente (e non anche di quelli ad esso assimilati) non superiore ad € 80.000.

Il nuovo limite di € 80.000 (in luogo di quello di € 50.000, originariamente previsto dalla Legge di Stabilità 2016) si applica a partire dai premi di risultato erogati nel 2017, anche se maturati precedentemente o se erogati in virtù di contratti già stipulati; rientra nel calcolo di tale limite solo il reddito assoggettato a tassazione progressiva (e non anche quello assoggettato a tassazione separata) e solo i premi di risultato assoggettati ad imposta sostitutiva (e non anche quelli erogati sotto forma di benefit esclusi da tassazione).

Nel caso di lavoratori dipendenti che nell’anno precedente a quello di erogazione del premio hanno beneficiato di una delle diverse agevolazioni previste per il rientro dei lavoratori in Italia, il limite di € 80.000 dovrà essere calcolato tenendo conto dell’importo del reddito di 2

lavoro dipendente effettivamente percepito (si ricorda che in tale caso queste agevolazioni consistono in un abbattimento di ammontare variabile della base imponibile).

Per i lavoratori dipendenti che svolgono la prestazione lavorativa all’estero per più di 183 giorni e conservano la residenza in Italia, il suddetto limite dovrà essere calcolato sulla base della retribuzione convenzionale ex art. 51, co. 8 bis, TUIR, mentre per i lavoratori che, in quanto non residenti, non sono assoggettati a tassazione in Italia, si dovrà tenere conto del solo reddito di lavoro dipendente prodotto all’estero.

La circolare in esame definisce poi la nozione di “imprese che coinvolgono in modo paritetico i lavoratori”. Si tratta di una definizione rilevante soprattutto per le prime versioni dell’agevolazione in esame, la cui importanza, però, si è nel tempo modificata. Infatti, originariamente, per queste imprese (e per i relativi lavoratori) il limite di premio agevolabile non era di € 3.000, ma di € 4.000. L’art. 55 del D.L. 50/2017 (conv. in L. 21 giugno 2017, n.

96) ha previsto, a decorrere dal 24 aprile 2017 (data di entrata in vigore del citato decreto) la predetta riduzione accordando però uno sgravio contributivo su una parte del reddito di € 3.000. In particolare, al datore di lavoro è consentito ridurre di venti punti percentuali l’aliquota contributiva per il regime relativo all’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti su una quota di premio agevolabile non superiore a € 800, mentre al lavoratore è consentito non versare su tale importo i contributi a proprio carico. L’agevolazione contributiva si applica non solo per i contratti sottoscritti successivamente al 24 aprile 2017, ma anche per i contratti che, a partire da tale data, siano modificati ovvero integrati al fine di prevedere detto coinvolgimento paritetico, a condizione che vengano nuovamente depositati entro 30 giorni dalla data in cui, a seguito della modifica, è intervenuta la relativa sottoscrizione. In considerazione di quanto precede, sui premi di risultato erogati sulla base delle disposizioni previste dai contratti in essere sino al 24 aprile 2017, continuano ad applicarsi le previgenti regole, ovverosia l’imposta sostitutiva è applicata fino all’importo di € 4.000, ma non è prevista alcuna riduzione dell’aliquota contributiva.

La circolare precisa che sussiste “un coinvolgimento paritetico dei lavoratori” quando l’azienda ricorre a schemi organizzativi che permettano di coinvolgere in modo diretto e attivo i lavoratori o nei processi di innovazione e di miglioramento delle prestazioni aziendali con incrementi di efficienza e produttività (ad es., facendo ricorso a schemi organizzativi di innovazione partecipata, i c.d. SOP, tra cui i gruppi di progetto, la formazione specialistica e mirata all’innovazione, ecc.) o nel miglioramento della qualità della vita e del lavoro (ad es., ricorrendo a programmi di gestione partecipata, i c.d. PGP, tra cui rientra il lavoro in team pianificato strutturato e formalizzato con assegnazione di obiettivi produttivi e delega parziale al team per la gestione della polivalenza e della dotazione delle mansioni). Restano esclusi i gruppi di lavoro di semplice consultazione, addestramento o formazione. Tale coinvolgimento deve essere formalizzato a livello aziendale da un apposito Piano di Innovazione, elaborato dal datore di lavoro o dai comitati paritetici aziendali, secondo le indicazioni previste dai contratti collettivi (art. 51 D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81). *

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Parte II La conversione del premio di produttività in welfare aziendale e le ulteriori ipotesi di non tassazione di Francesco Palladino

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Si ricorda che con la Legge di Bilancio 2017 è stata riconosciuta al lavoratore la facoltà – purché prevista dal contratto aziendale o territoriale – di sostituire i premi di risultato con i benefit di cui all’art. 51, co. 4, TUIR, vale a dire con l’uso dell’auto aziendale, la concessione di prestiti da parte del datore di lavoro, la messa a disposizione del dipendente di un alloggio e (per i soli dipendenti del settore ferroviario) la concessione gratuita di viaggi. Si tratta di una facoltà ulteriore a quella introdotta già a suo tempo dalla Legge di Stabilità 2016, che aveva previsto la possibilità per il lavoratore di sostituire il premio di risultato con le somme e i valori di cui all’art. 51, co. 2 e 3, TUIR. In particolare, l’art. 51, co. 2, indica le somme e valori (fringe benefit) che non concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente, mentre l’art. 51, co. 3, prevede una forma di determinazione agevolata della base imponibile (tassazione “a valore normale”) per i redditi di lavoro dipendente erogati in natura.

Qualora il lavoratore intenda convertire i premi di risultato con i benefits di cui all’art. 51, co. 4, TUIR , questi ultimi – chiarisce la Circolare n. 5/E del 2018 – saranno assoggettati a tassazione ordinaria assumendo come base imponibile il valore determinato per ciascuno di essi dal medesimo co. 4 (anziché in base al criterio del valore normale). La parte del premio eccedente il valore del benefit sarà invece assoggettata ad imposta sostitutiva o a tassazione ordinaria a scelta del lavoratore, ovvero potrà essere sostituita con gli altri benefits previsti dall’art. 51 TUIR. La circolare in rassegna analizza anche le misure di particolare favore previste nelle ipotesi in cui il premio di risultato sia erogato, su scelta del dipendente: a) sotto forma di contribuzione alla previdenza complementare; b) sotto forma di contribuzione alle casse aventi esclusivamente fini assistenziali; c) sotto forma di assegnazione di azioni.

Tali erogazioni in natura, sussistendo specifiche condizioni, non concorrono alla determinazione del reddito di lavoro dipendente, anche se effettuate in misura superiore ai limiti previsti (dal TUIR e/o da altre norme) e, in caso di assegnazione di azioni, senza neanche rispettare le condizioni ivi stabilite.

In estrema sintesi, per il caso sub a), i contributi alla previdenza complementare versati in sostituzione di premi di risultato sono comunque esclusi dalla formazione del reddito del lavoratore per l’importo massimo di € 8.164,57 (ovverosia € 5.164,57, previsto dall’art. 8, co.

4 e 6, del D.L. n. 205 del 2005, cui si aggiunge l’importo del premio di risultato agevolabile di € 3.000, almeno per i contratti stipulati dopo il 24 aprile 2017). Si prevede, inoltre, quale ulteriore misura di favore “a valle”, che l’esclusione dal reddito dei contributi versati alla previdenza complementare in sostituzione dei premi di risultato non ha neanche effetti sulla tassazione della prestazione pensionistica.

Per il caso sub b), i contributi versati ad enti o casse aventi esclusivamente fine assistenziale derivanti dalla sostituzione di premi di risultato, dal periodo d’imposta 2017, non concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente anche se aggiuntivi ai contributi già versati dal datore di lavoro o dal lavoratore e anche se eccedenti l’importo “base” di € 3.615,20.

Dunque, anche ove siano versati contributi per un ulteriore ammontare massimo di € 3.000 (elevabile a 4.000 in caso di premi erogati da aziende che, come visto innanzi, abbiano adottato forme di coinvolgimento paritetico dei lavoratori nella loro organizzazione), tale ulteriore importo è escluso dal reddito.

La circolare si sofferma infine sul caso sub c), ovverosia sulla sostituibilità (beneficiando di un regime di esenzione d’imposta) del premio di risultato con azioni della società/datore di lavoro o delle società del gruppo. Sul punto si precisa, in particolare, che non genera reddito imponibile nei confronti del lavoratore la sostituzione, in tutto o in parte, del premio di risultato con azioni della società/datore di lavoro o del gruppo: 4

nel caso in cui l’offerta sia rivolta, anziché alla generalità, a categorie di lavoratori, purché in conformità alle previsioni contrattuali (aziendali e/o territoriali); § nel caso in cui il valore delle azioni “convertite” superi il limite di € 2.065,83 € previsto per ciascun periodo d’imposta; potendo, pertanto, essere assegnate azioni per un importo complessivo pari a € 5.065,83 (€ 2.065,83 + € 3.000 di premio convertito); § qualora le medesime azioni siano riacquistate dalla società emittente o dal datore di lavoro; § infine, qualora siano cedute prima che siano trascorsi 3 anni dalla conversione del premio di risultato assoggettabile ad imposta sostitutiva.

Al di fuori del caso di conversione di premi di produttività, simili comportamenti genererebbero materia imponibile. Resta tuttavia fermo, spiega l’Agenzia delle Entrate, che la successiva cessione delle azioni da parte del dipendente potrà generare “reddito diverso”, ai sensi dell’art. 67 TUIR e che la base imponibile da tassare sarà determinata, ai sensi dell’art. 1, co.

184-bis, della Legge di Stabilità 2016 (come modificata dalla Legge di Bilancio 2018), dalla differenza tra il prezzo di vendita delle azioni e l’importo del premio di risultato erogato in azioni. Quanto precede vale in espressa deroga ai generali criteri di tassazione delle plusvalenze su azioni sanciti dall’art. 68, co. 6, TUIR, secondo cui “le plusvalenze indicate nelle lettere c), c-bis) e c-ter) del comma 1 dell’art. 67 sono costituite dalla differenza tra il corrispettivo percepito … ed il costo o il valore di acquisto assoggettato a tassazione”. In luogo del valore di acquisto (che sarebbe stato pari a zero), il legislatore ha previsto che si utilizzi l’importo stesso del premio di risultato, riducendo così la base imponibile e, dunque, agevolando ulteriormente il contribuente.

La circolare passa poi in rassegna le modifiche che le Leggi di Bilancio 2017 e 2018 hanno apportato alle regole di determinazione del reddito di lavoro dipendente previste dall’art. 51 TUIR, ricordando come, con le predette Leggi di Bilancio, siano stati inseriti, nel corpo del co.

2 dell’art. 51 TUIR, due tipologie di benefits che non concorrono alla formazione del reddito conseguito dal lavoratore dipendente: § i contributi e i premi versati dal datore di lavoro a favore della generalità dei dipendenti o di categorie di dipendenti per le polizze cc.dd. “Long Term Care” e “DreadDisease”, ovverosia per le polizze volte ad assicurare le terapie di lungo corso e le malattie gravi (lett. f-quater); § le somme erogate o rimborsate alla generalità o a categorie di dipendenti dal datore di lavoro o le spese da quest’ultimo direttamente sostenute per l’acquisto degli abbonamenti per il trasporto pubblico locale, regionale e interregionale del dipendente e dei familiari fiscalmente a carico di quest’ultimo (lett. d-bis).

Viene chiarito che sono riconducibili alla categoria “Long Term Care” le polizze contro il rischio di non autosufficienza del dipendente nel compimento degli atti della vita quotidiana, che richiedono generalmente il sostenimento di spese di lunga degenza. Appartengono invece alla tipologia “DreadDisease” le polizze dirette a garantire una copertura assicurativa contro il rischio di insorgenza di malattie particolarmente gravi per la cui individuazione, precisa la circolare, occorre far riferimento all’elenco delle malattie professionali per le quali è obbligatoria la denuncia all’Ispettorato Nazionale del Lavoro.

Con la disposizione di cui alla lett. d-bis) dell’art. 51 TUIR è stata invece sostanzialmente estesa l’ipotesi di esclusione dal reddito del lavoratore per il servizio di “trasporto collettivo” offerto dal datore di lavoro, già prevista dall’attuale lett. d) del citato art. 51, anche all’ipotesi di concessione, da parte del datore di lavoro, di abbonamenti per il trasporto o di somme erogate per l’acquisto di tali abbonamenti o a titolo di rimborso della relativa spesa. Tuttavia, 5 §

l’abbonamento ai mezzi di trasporto pubblico, per essere considerato “agevolabile”, deve consentire al titolare autorizzato di effettuare un numero illimitato di viaggi, per più giorni, su un determinato percorso o sull’intera rete, in un periodo di tempo specificato. La circolare esclude quindi dal beneficio in parola le spese/costi per gli abbonamenti che implicano un utilizzo episodico del mezzo di trasporto pubblico.

Nell’ottica dell’Agenzia, il beneficio della non tassazione di tali erogazioni spetta sia nel caso di loro riconoscimento: 1) volontario da parte del datore di lavoro; 2) che in esecuzione di disposizioni di contratto, accordo o di regolamento aziendale.

Lo prevede la norma di interpretazione autentica contenuta nell’art. 1, co. 162, della Legge di Bilancio 2017 che l’Agenzia interpretata addirittura oltre il tenore letterale della stessa, estendendo tale regime alle lett. f-bis), f-ter), f-quater) dell’art. 51, co. 2, del TUIR. Dunque, tutti tali tipi di benefits possono essere erogati sia volontariamente, sia con regolamento aziendale e beneficiare della non tassazione, purché, in tale ultima ipotesi, l'elargizione configuri l’adempimento di un vero e proprio obbligo negoziale (così già la circolare n. 28/E del 15 giugno 2016). *

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Parte III Ulteriori chiarimenti di portata generale di Stefano Quaranta La Circolare n. 5/E del 2018 fornisce poi una serie di ulteriori chiarimenti di portata generale.

Viene precisato come i limiti di importo dei premi di risultato assoggettabili all’imposta sostitutiva illustrati in precedenza devono essere verificati nello stesso periodo d’imposta, a prescindere dal fatto che i premi medesimi, sotto qualsiasi forma corrisposti, siano erogati in base a contratti diversi o da diversi datori di lavoro ovvero ancora maturati in differenti momenti.

Per quanto riguarda il limite previsto per i premi erogati da datori di lavoro che abbiano adottato il coinvolgimento paritetico dei lavoratori nella organizzazione del lavoro bisogna, inoltre, effettuare un’ulteriore distinzione: § per i premi erogati in esecuzione di contratti stipulati prima del D.L. n. 50/2017 da più datori di lavoro, l’agevolazione può essere applicata entro il maggior importo di € 2.500 (limite iniziale fissato dalla Legge di stabilità 2016) o, a decorrere dal periodo d’imposta 2017, entro quello di € 4.000,00, all’ulteriore condizione che i datori stessi abbiano dato evidenza della loro adozione anche nei modelli dichiarativi.

Viceversa, il limite del totale dei premi agevolabili torna ad essere di € 2.000 nel 2016 (limite iniziale) o € 3.000 nel 2017 nel caso in cui un solo datore di lavoro adotti il coinvolgimento paritetico dei lavoratori; § ove il coinvolgimento paritetico dei lavoratori sia previsto da contratti stipulati post D.L. n.

50/2017, in luogo dell’innalzamento del limite di premio agevolabile, è prevista, come già esposto, la riduzione di venti punti percentuali dell’aliquota contributiva a carico del datore di lavoro per il regime relativo all’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti su una quota di premio agevolabile non superiore ad € 800.

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Ancora, la circolare in oggetto si sofferma sul rapporto intercorrente tra la “strutturazione del premio di risultato” e gli incrementi di risultato che l’azienda deve raggiungere per rendere possibile l’applicazione dell’imposizione sostitutiva agevolata.

Sul punto, con la circolare n. 28/E del 2016 era stato già precisato che la strutturazione del premio di risultato è un aspetto distinto da quello attinente agli incrementi di risultato che l’azienda deve raggiungere per poter rendere possibile l’applicazione dell’imposta sostitutiva sui premi.

La circolare n. 5/E del 2018 approfondisce ulteriormente il tema, rilevando che la strutturazione del premio di risultato risponde esclusivamente alle politiche retributive concordate con le organizzazioni sindacali. Il fatto che il premio sia differenziato per i dipendenti sulla base di criteri di valorizzazione delle performance individuali non si pone in contrasto con la condizione richiesta dalla legge per l’applicazione dell’imposta sostitutiva o dell’agevolazione contributiva, costituita dal raggiungimento da parte dell’azienda di un incremento di risultato concernente la produttività, la redditività, la qualità, l’efficienza, o l’innovazione. Ne deriva l’ulteriore precisazione che il beneficio fiscale de quo è applicabile anche qualora sia realizzato anche uno solo degli obiettivi di miglioramento anzidetti, naturalmente a condizione che il contratto stesso preveda il raggiungimento degli obiettivi stessi in maniera anche alternativa tra di loro.

A quanto sin qui detto, viene aggiunto che gli interventi legislativi del triennio 2016, 2017, 2018, in base alla Circolare in commento, sono da ritenere finalizzati ad agevolare le sole singole aziende, e i rispettivi dipendenti, che realizzino il risultato incrementale suddetto, non essendo invece sufficiente ai fini dell’applicazione del beneficio fiscale la circostanza che l’incremento di produttività, efficienza, ecc. sia riferibile a un gruppo di aziende cui il contratto istitutivo del premio faccia riferimento. È ritenuta ammissibile una sola eccezione: si tratta dell’ipotesi in cui i rapporti di lavoro subordinato siano gestiti, nell’ambito del gruppo, in maniera unitaria ed uniforme e la contrattazione collettiva, vincolante per tutte le aziende del gruppo, venga centralizzata in capo ad una sola società (di solito la casa-madre) e il gruppo sia costituito da società residenti in Italia o da società non residenti ma che esercitano la loro attività nel territorio dello Stato italiano.

Premesso che presupposto per la fruizione dell’agevolazione è che l’erogazione del premio avvenga solo dopo la verifica del risultato conseguito dall’azienda, l’Agenzia ricorda come già con la Circolare n. 28/E del 2016 avesse precisato che il datore di lavoro che accerti che il premio erogato è conforme ai presupposti richiesti per l’agevolazione, può applicare l’imposta sostitutiva conguagliando le maggiori trattenute operate, o con la prima retribuzione utile o, al più tardi, entro la data di effettuazione delle operazioni di conguaglio. Nel caso in cui non sia possibile verificare in base a dati oggettivi il raggiungimento dell’obiettivo incrementale entro la data di effettuazione delle operazioni di conguaglio (perché, ad esempio, ciò risulti riscontrabile solo in sede di bilancio), l’imposta sostitutiva potrebbe essere applicata sugli acconti o anticipazioni dei premi di risultato, sulla base di una nuova Certificazione Unica con cui il datore attesti la sussistenza del presupposto richiesto per l’applicazione del beneficio fiscale. In tale ipotesi, il tardivo invio della nuova Certificazione Unica all’Agenzia delle Entrate non comporterà l’applicazione di sanzioni.

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Il regime fiscale agevolato potrà applicarsi anche in caso di acconto (o di più acconti), a condizione, naturalmente, che sia riscontrabile, al momento di erogazione del premio, un incremento nel periodo di riferimento in linea con l’obiettivo individuato dal contratto.

Resta fermo che, se al termine del periodo congruo non si registri l’incremento individuato, il datore di lavoro dovrà emettere una nuova certificazione al fine di recuperare le minori imposte versate in occasione dell’erogazione degli acconti.

Per accedere all’agevolazione in esame è, inoltre, necessario che l’erogazione del premio di risultato avvenga in esecuzione di contratti stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, o di contratti collettivi aziendali stipulati dalle loro rappresentanze sindacali aziendali ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria. Ove l’azienda erogatrice sia priva di rappresentanza sindacale interna, potrà comunque recepire il contratto collettivo territoriale di settore, ovvero, in assenza anche di quest’ultimo, potrà adottare quello che ritiene più aderente alla propria realtà.

La circolare ricorda anche che i contratti territoriali e aziendali devono essere depositati entro 30 giorni dalla loro sottoscrizione, unitamente alla dichiarazione di conformità del contratto alle disposizioni dello stesso decreto. Tale termine, chiarisce l’Agenzia, è da intendersi come ordinatorio, fermo restando che i premi di risultato risulteranno agevolabili sempreché i contratti aziendali o territoriali al momento della erogazione del premio siano già stati depositati.

La misurazione del risultato incrementale raggiunto deve poi essere rapportata – come richiesto dal Decreto del Ministero del lavoro 15 marzo 2016 - ad un “periodo congruo”, intendendosi per tale l’arco temporale individuato dalla contrattazione di secondo livello in misura annuale, infrannuale, o ultrannuale.

Di particolare interesse sono poi i chiarimenti concernenti l’aspetto relativo alla percezione del premio da parte del dipendente nelle particolari ipotesi in cui lo stesso venga erogato per mezzo di voucher: In merito, tenuto conto che i redditi di lavoro dipendente sono assoggettati al principio c.d. di cassa, è chiarito che il benefit si considera percepito dal dipendente (ed assuma, quindi, valenza reddituale) nel momento in cui tale utilità entra nella disponibilità del lavoratore, a prescindere dal fatto che il servizio venga fruito in un momento successivo.

Alle medesime considerazioni si giunge, nell’ambito della disciplina dei premi di risultato, nel caso di offerta di credito di “welfare aziendali” (es. spese di istruzione di cui all’art 51, co. 2, lett. f-bis, TUIR), per i quali la rilevanza reddituale ai fini delle imposte dirette emergere al momento in cui il dipendente opta per la fruizione del benefit o del rimborso.

L’Agenzia sottolinea che, ai fini della “detassabilità” dei premi, è necessario che gli stessi vengano offerti ed erogati alla generalità (o quantomeno, a categorie) di dipendenti, rimanendo, quindi, esclusi dal regime in parola i premi rivolti a singoli o ben individuati dipendenti.

Non da ultimo, la Circolare 5/E puntualizza, con riguardo ai contributi di assistenza sanitaria versati dal datore o dal lavoratore stesso a enti o casse con finalità assistenziali, che ove le casse sanitarie non operino con finalità in toto mutualistiche, il lavoratore non potrà godere del beneficio di cui all’art. 51, co. 2, lett. a, TUIR, rappresentato dalla non concorrenza alla formazione del reddito dei contributi de quibus.

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Infine, viene trattato il caso della rimborsabilità delle spese sostenute per la fruizione dei servizi di educazione e istruzione nonché per la fruizione dei servizi di assistenza familiare di cui alle lett. f-bis) ed f-ter) del co. 2 dell’art 51, TUIR. Nella Circolare si afferma che ai fini della non concorrenza di esse al reddito di lavoro dipendente, le stesse non debbono essere erogate nel medesimo anno di sostenimento delle spese. L’importo del rimborso, quindi, rileverà nell’anno in cui il datore restituisce al lavoratore l’onere da questi sostenuto, fermo restando che, ai fini del limite di cui all’art. 1, co. 182, Legge Stabilità 2016, il benefit rileverà nel momento in cui il dipendente ha optato per la conversione del premio di risultato, e ferma restando anche la necessità che il datore acquisisca, prima, e conservi, poi, la documentazione comprovante l’avvenuto sostenimento delle spese da parte del dipendente coerentemente alle finalità per cui le stesse siano state corrisposte.

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