UN PUZZLE TRIDIMENSIONALE, comporre un abito, il pantalone

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UN PUZZLE TRIDIMENSIONALE COMPORRE UN ABITO IL PANTALONE



ELABORATO FINALE CORSO DI LAUREA IN DESIGN DELLA MODA E ARTI MULTIMEDIALI - DESIGN DELLA MODA

UN PUZZLE TRIDIMENSIONALE COMPORRE UN ABITO IL PANTALONE

COGNOME E NOME: MATRICOLA: ANNO ACCADEMICO: RELATRICE:

Boifava Sofia 285909 2018 - 2019 Alessandra Vaccari

CORRELATORI:

Anthony Knight Débora Russi Frasquete

FIRMA:

II SESSIONE STRAORDINARIA


Il seguente elaborato vuole porre l’attenzione sulla figura del modellista e sull’importanza delle basi storiche in ogni progetto. Il testo analizza una sola tipologia di capo, nello specifico, il pantalone. Esso contiene al suo interno in egual misura una componente modellistica mutuata dal concetto di vestibilità e un profondo e controverso background storico. Il pantalone nasce come pezzo appartenente al guardaroba maschile, diventa un vero e proprio simbolo per l’emancipazione femminile e oggi giorno è uno dei capi più utilizzati da entrambi i sessi. Spesso si tende a porre in secondo piano la figura del modellista e non ci si rende conto che, senza le conoscenze tecniche e la capacità di problem solving di quest’ultimo, non sempre l’abito disegnato dal fashion designer prende vita. Questa è una delle cose che più spesso ho notato in questi tre anni di Università; dove le figure di fashion designer e del modellista coincidevano nella mia persona. Come principiante mi sono trovata a dover sacrificare alcune parti del mio progetto poiché, in base alle mie capacità del momento, irrealizzabili. La conclusione era un abito che non rappresentava la mia visione iniziale. Ciò che penso sia fondamentale negli aspetti più basici della professione del modellista di oggi è la capacità di realizzare un modello a partire da un’idea e quindi da un bozzetto o rilevandolo da un’immagine, tenendo in ogni caso conto della derivazione storica del pezzo, che ne conferisce validità e vigore. È per questo che l’elaborato è stato suddiviso in due parti, la prima riguardante l’analisi di due paia di pantaloni svolti durante il primo e l’ultimo anno presso l’Università IUAV di Venezia, la scelta permette di fare un confronto tra l’inizio e la fine del mio percorso formativo. I pezzi sono stati realizzati in telina per poter focalizzare l’attenzione solo sulla loro componente modellistica che è stata illustrata con una serie di tavole che mostrano i passaggi a partire dal modello base, fornito dall’Università fino al modello finito, quindi cucito e fotografato. Entrambi i pantaloni sono stati analizzati anche nelle loro componenti storiche. La seconda parte focalizza l’attenzione sulla rilevazione di un modello da un’immagine, partendo dalla scelta di un paio di pantaloni del XVI secolo, quindi rielaborati e modernizzati, mantenendo comunque i principi cardine del modello base.


ABSTRACT

My dissertation focuses on the role of the pattern maker and the importance of fashion and costume history. The essay analyzes only one type of garment, specifically, the trousers. It’s about both modeling (born from the concept of wearability), and a profound and controversial historical background. It also became the symbol of emancipation for women. A project made by a fashion designer doesn’t always come alive. Often we forget that pattern makers play an important role in bringing fashion designer’s projects to life. As noticed in the last three years of university education, when I tried to play both roles of fashion and pattern making at the same time, i noticed that these figures are two sides of the same coin, one complete the other. As a beginner the result of my work did not always corrispond with what I first envisioned. What I think to be the essential element in today’s pattern making profession is the ability to create a garment from a sketch or a picture. Every time we make a project it is important to keep an eye on historical references which give validity and vigor to the project. This essay is divided into two parts. The first one analyses two pairs of trousers I made during my first and third years of study at the IUAV University of Venice. Both were made in calico to focus the attention on the patterns. They were illustrated in a series of tables, explaining the development from the basic patterns provided by the university to the final garments. The second part developed from the study of a particular trousers’ pattern designed in the XVI century. The ancient trousers were reworked and modernised, while still maintaining their cardinal principles.


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INDICE INTRODUZIONE....................................................................................

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PARTE PRIMA

ANALISI DI UN PERCORSO FORMATIVO 1. I primi passi: laboratorio di modellistica................................................................ 1.1 Breve storia di un capo – il pantalone............................................................. 1.2 Classicità e rigore – riferimenti storici del primo modello................................ 1.3 Il primo puzzle..................................................................................................

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2. Gli ultimi passi – Laboratorio di Design della moda 5............................................. 2.1 Geometria di incastri – riferimenti storici del secondo modello....................... 2.2. Il secondo puzzle.............................................................................................

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PARTE SECONDA

IL PANTALONE DEL XVI SECOLO 3. La storia – le braghe del XVI secolo in Europa......................................................... 3.1. modellistica del capo......................................................................................

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4. Spiegazione e analisi di una scelta.......................................................................... 4.1 Ripercorrere la storia della moda - Elaborazione di pezzi storici tramite l’analisi di altri stilisti..................................................................................

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5. Comporre un abito.................................................................................................. 5.1 L’ultimo puzzle..................................................................................................

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CONCLUSIONI......................................................................................

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BIBLIOGRAFIA...................................................................................... SITOGRAFIA.........................................................................................

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“‘Comporre moda’ significa dunque pensare all’abito come prodotto […], come sbocco concreto di una volontà di investimento che si muove verso valori e contenuti precisi. Creare un abito significa concepirlo sin da principio perché sia indossato, perché possa soddisfare esigenze reali e quotidiane, perché sia scelto e individuato come risposta confacente rispetto a un bisogno, così come un libro o un film vengono concepiti e prodotti per essere rispettivamente letto e visto”. Gianfranco Ferré 1

1 Ferré, 2009, p. 23


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INTRODUZIONE

e capacità di rilevare un modello a partire da un’immagine, oltre che un’approfondita conoscenza della storia del costume. Facciamo un passo indietro e partiamo dalle basi: che cos’è la modellistica? E di che cosa si occupa il modellista?

Nel seguente elaborato analizzerò l’evolversi del mio approccio conoscitivo al mondo della modellistica attraverso i tre anni di esperienze universitarie in Atelier e una ricerca più approfondita e personale sulla relazione tra modellistica e storia della moda. Il mio interesse per la modellistica va di pari passo con l’interesse per la storia del costume e della moda, mediato dalla passione per la danza e per i costumi di scena. Ciò che penso sia fondamentale negli aspetti più basici della moda di oggi è la capacità di realizzare un modello a partire da un’idea o rilevandolo da un’immagine. In questo elaborato mi soffermerò sulla mia esperienza personale e mi interfaccerò con una vera e propria sfida; reinterpretare qualcosa che è stato cucito più di 400 anni fa, realizzarne il modello, adattarlo e modernizzarlo sul corpo femminile. Si tratta di una serie di cambiamenti che hanno come obiettivo quello di dimostrare quanto mi è stato possibile apprendere durante questi tre anni di università e si soffermano sulle competenze principali che un modellista deve avere; capacità di interpretazione di un bozzetto

Da quanto appreso durante questi tre anni all’Università IUAV di Venezia nel corso di Design della Moda, come ha affermato il docente Anthony Knight durante le lezioni; la modellistica è una disciplina che si occupa della progettazione di cartamodelli e di prototipi di tutti i capi che compongono il guardaroba. La modellistica identifica lo studio e la capacità tecnica di risolvere tramite tavole e disegni tecnici i figurini stilizzati dello stilista. Il modellista, nella moda, affianca la figura del fashion designer e, molto spesso, il suo lavoro viene posto in secondo piano rispetto al processo creativo dello stesso. Si tende a pensare che quest’ultimo abbia più rilevanza, poiché portatore dell’idea e padre del progetto. Le due figure, in realtà, sono facce della stessa medaglia. Ognuno dei due completa il lavoro dell’altro. Senza le conoscenze tecniche e la capacità di problem solving del modellista, non sempre l’abito disegnato prende vita. Questa è una delle cose che più spesso ho notato in questi tre anni di Università; ogni figura di questo meccanismo di realizzazione; dallo stilista che concepisce il pezzo, al modellista che lo rende realizzabile nei limiti del possibile, al sarto che lo assembla, coincidevano nella mia persona. In alcuni laboratori la coincidenza di queste tre figure veniva categoricamente richiesta e, non avendo le capacità tecniche per realizzare ogni cosa, mi sono vista costretta a semplificare i miei

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progetti fino a renderli realizzabile con i requisiti tecnici che avevo in quel momento. Moltissimi dei miei progetti realizzati purtroppo, non coincidono con la visione e il disegno iniziale. Questo è uno dei tanti motivi che mi ha portata ad avvicinarmi alla modellistica. Perché non riuscivo a realizzare quanto avevo pensato? Quale parte del modello dovevo sistemare per arrivare a realizzare il più fedelmente possibile il pezzo disegnato in partenza? La mia poca esperienza del mondo della modellistica mi ha portato a sviluppare un metodo alternativo che mi permettesse fin dal principio dell’ideazione di pensare a quanto sarebbe accaduto durante la realizzazione del cartamodello. Questo mi ha portato ad avere uno sguardo molto più critico su quanto disegnavo, andando a penalizzare l’idea iniziale, ma permettendomi sin dal principio, di avere la certezza di poter realizzare il pezzo quanto più possibile simile all’idea iniziale. Questo atteggiamento era necessario poiché la conoscenza della materia era ridotta. Tutti gli abiti della nostra epoca derivano da abiti storici; da sperimentazioni precedenti che hanno portato alla soluzione dei nostri giorni. Moltissimi tra i più grandi stilisti hanno preso ispirazione da basi storiche per la creazione di nuove composizioni. Dior ad esempio, con la creazione nel 1947 della linea New Look, presentava “un’estetica che risuonava delle influenze del XIX secolo, nell’utilizzo di tessuti operati come la seta duchesse e la lana jaquard e nella predilezione per i corsetti” 1.

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Fogg, 2013, p.298

È stato grazie all’evolversi della modellistica che siamo riusciti a creare abiti adatti ad ogni epoca. Come dice Franco Raggi a proposito dello studio di Gianfranco Ferré sulla camicia: “La storia del vestire è la storia di elementi bidimensionali che attraverso un gesto, una rotazione, un avvolgimento danno luogo a forme. Dalla antica toga al peplo, al sari indiano, al poncho e via vestendo, ogni cultura ha elaborato i suoi archetipi, che si fondano su questa ricerca di avvolgimento variato del corpo” 2. Ogni abito ha una sua storia; è un puzzle in 3D realizzato attraverso varie parti, ed ognuna di esse ha un suo preciso studio e una sua regola. Dietro ogni abito vi è l’attenzione al dettaglio e l’analisi di ogni sua piccola componente per poterlo adattare al meglio alla figura che lo andrà ad indossare. Partendo da questa premessa, ho deciso di soffermare la mia attenzione su una sola tipologia di capo: il pantalone. La scelta è stata fatta in base al patrimonio storico del pezzo. Deriva dal guardaroba maschile, prima di entrare in quello femminile è diventato simbolo dell’emancipazione della donna. È un capo che contiene, oltre ad un importante bagaglio culturale, una grossa componente modellistica, il concetto di vestibilità, ed è oggi giorno, uno dei capi più utilizzati da entrambi i sessi. L’elaborato è stato suddiviso in due parti. La prima parte è basata sull’analisi di alcuni degli elaborati progettuali più interessanti realizzati durante i tre anni di studi all’Università IUAV di

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Airaghi, 2014, p. 21


Venezia. Ho preso in considerazione due paia di pantaloni; in ordine cronologico; ognuno di essi è stato sistemato in ogni sua forma e confezionato nuovamente in cotone grezzo (telina) per eliminare ogni tipo di relazione con il tessuto e concentrare l’attenzione solo sulla modellistica e la derivazione storica del pezzo trattato. La seconda parte invece, pone l’attenzione sulla rilevazione di un modello, è una vera e propria sfida personale, dove in seguito all’analisi del background storico di un paio di pantaloni appartenenti alla storia del costume; andrò a realizzarne il cartamodello e ad applicare delle modifiche di modernizzazione su di esso. Cercherò di realizzare un abito, di risolvere un puzzle per arrivare ad una forma definita e completa; indossabile ed esteticamente interessante che mantenga al suo interno le caratteristiche storiche del pezzo iniziale.

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PARTE PRIMA

ANALISI DI UN PERCORSO FORMATIVO In questa prima parte, mi soffermerò sull’analisi del processo di sviluppo di un modello. Partendo da un bozzetto, e con l’utilizzo dei modelli base forniti dall’università IUAV di Venezia; con l’appoggio di riferimenti storici e una breve analisi della storia del pantalone, mi sarà possibile porre delle basi solide al bozzetto di partenza, analizzerò le modifiche effettuate sul modello base con una serie di tavole in scala disegnate al computer. Infine una tavola con la disposizione dei pezzi pronti per essere tagliati in tela e uno shooting per restituire l’idea del bozzetto originale e realizzare il puzzle che fino ad ora presentava solo pezzi separati. I lavori presi in considerazione appartengono a due laboratori: Nel capitolo uno, il laboratorio di modellistica svolto durante il primo anno con il docente Anthony Knight. Nel secondo capitolo, il laboratorio di Design della Moda 5, fatto durante il terzo e ultimo anno con il docente Renato Montagner.

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1 I PRIMI PASSI

LABORATORIO DI MODELLISTICA

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Anthony Knight è docente presso l’università IUAV di Venezia e segue il corso del primo anno; Laboratorio di Modellistica. Durante questo laboratorio sono state spiegate le informazioni base per poter modificare un cartamodello, partendo da una base fornita. La creazione di un modello si colloca tra il disegno, il progetto dell’abito e la sua produzione: un figurino può essere infatti tradotto in capo finito solo mediante la realizzazione di un modello che sia in grado di interpretare quanto presentato dal bozzetto. In Università sono presenti una serie di cartamodelli base, i quali fungono da punto di partenza per poter sviluppare qualsiasi progetto. Ma cos’è un modello base? Il modello base è un modello costruito per vestire un corpo, dentro delle misure standard. Nell’industria dell’abbigliamento i modelli sono normalmente costruiti facendo riferimento a misure standard destinate a specifici gruppi di uomini o donne. Il modello base viene modificato adeguatamente e poi tagliato prima su tela, per provare l’effettiva corrispondenza con il disegno iniziale ed infine tagliato sul tessuto definitivo. La costruzione del modello si basa sullo studio delle forme e richiede un’interpretazione personale del disegno realizzato dal fashion designer. Si tratta di scomporre il progetto in vari pezzi, per poi riassemblarli e dare origine al capo finito, come se fosse un puzzle tridimensionale. Durante il laboratorio di modellistica mi sono confrontata con una serie di sfide; nel caso selezionato e presentato di seguito, la consegna richiedeva la realizzazione di un paio di pantaloni. Partendo dal cartamodello base, bisognava apportare una serie di modifiche per arrivare ad un altro paio di pantaloni, che non avessero le stesse proporzioni e la stessa linea del modello di base, ma che mantenesse l’identità del pantalone e che avesse un’idea di partenza ben costruita. Il caso presentato è uno dei primi modelli con il quale mi sono confrontata. In seguito ad una ricerca storica del pantalone e delle varie tipologie, e dopo una serie di bozzetti; ha preso forma la mia idea. Le caratteristiche del mio

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pantalone sarebbero state: l’abbassamento del cavallo, la vita più alta e più larga. In sintesi, si tratta di un modello oversize, costruito in modo tale che si formino delle pieghe sulla vita che permettano al pantalone di adattarsi sulla taglia prevista e, allo stesso tempo, accentuino i fianchi e la vita stretta nella figura femminile. Una volta creato il modello subentra la fase della realizzazione. Non avendo approfondito l’abbassamento del cavallo a lezione ho fatto di mia iniziativa alcune ricerche ed eseguito alcune prove. Sono arrivata alla conclusione che la chiave per eseguire un capo di questo tipo siano le proporzioni; è importante mantenere sempre le stesse proporzioni per quanto si abbassi il cavallo. In una prima prova del modello ho eseguito questo passaggio erroneamente e questo mi ha portato, senza rendermene conto a togliere dei centimetri dal bacino a quel punto il pantalone risultava importabile e per niente coerente con il bozzetto iniziale. Ci sono dei punti del pantalone le cui misure non possono essere diminuite; linea del bacino, del cavallo, vita e la curvatura della linea del fianco, queste misure se diminuite non permettono più al pantalone di essere indossato, perde vestibiltà. Una volta superato questo primo ostacolo mi sono confrontata con il secondo punto cardine del mio progetto: l’allargamento sulla vita. In questo modo ho potuto inserire delle pieghe, con una larghezza di quattro centimetri ognuna sul davanti e circa cinque centimetri e mezzo sul dietro. Questo allargamento prevede l’assorbimento della pince, prevista nel modello base con ampiezza tre centimetri. A questo punto devo traslare anche il cavallo per poter aggiungere altro spazio alle pieghe. L’operazione si ripete uguale per il dietro. L’ultima modifica prevedeva l’allungamento delle pieghe sopra la linea della vita. Quest’ultima non subisce variazioni e viene segnata nel cartamodello per permettere di effettuare le pieghe lungo tale segno. L’idea di prolungare l’altezza delle pieghe deriva da una volontà di aumentare l’effetto visivo della vita stretta. Grazie al movimento delle pieghe anche nella parte superiore della vita, la sottigliezza di quest’ultima viene evidenziata ulteriormente.

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BREVE STORIA DI UN CAPO: Il pantalone

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1.1


Il primo paio di pantaloni, accertato e visibile ai nostri occhi oggi, risale a circa 3000/3300 anni fa. Nel 2003, alcuni ricercatori cinesi trovarono il primo indumento riconducibile all’idea odierna di pantalone. È stato rinvenuto in una delle tombe di Yanghai nel bacino di Tarim, nella regione cinese dello Xinjiang 3, queste popolazioni, erano nomadi e si spostavano prevalentemente a cavallo; durante i normali movimenti quotidiani la parte interna della gamba e il cavallo sono esposti a costante frizione: questo diviene un problema quando si cavalca ogni giorno 1. Il pantalone rinvenuto è molto simile a quello odierno. Si compone di tre parti principali; i due gambali e la parte del cavallo, che è molto larga e irrobustita per permettere la comodità e la protezione durante le lunghe cavalcate [fig. 1]. Si dice che il mito delle amazzoni derivi da queste popolazioni barbare, possiamo trovare alcune rappresentazioni di queste donne guerriere nella ceramica ellenica 4. Nella pittura sono disegnate con una tuta aderente che copriva braccia e gambe [fig. 2]. Nei secoli successivi, quando i romani varcarono le Alpi si imbatterono in queste popolazioni che adottavano degli strani tubi che ricoprivano le gambe; denominarono questa popolazione Galli Bracati. L’indumento venne adottato dalla popolazione romana, ma vietato a matrone e fanciulle. Questa scelta non è chiara, probabilmente deriva da convinzioni religiose; infatti il quinto libro della Torah ebraica e della Bibbia cristiana recita: “la donna non porti indosso abito d’uomo (…) perciocchè chiunque fa tali cose è in abominio al Signore Iddio tuo”. Giovanna d’Arco (1412 – 1431) fu una delle prime donne a portare le braghe e l’armatura portando per la prima volta il capo ad assumere un significato più ampio rispetto al semplice indumento, diventa per la prima volta un simbolo, che identifica il coraggio e la ribellione. Con il passare del tempo il capo veniva sempre più spesso adottato nei tempi dagli uomini mutando nella forma, diventa sempre più aderente, la lunghezza cambia, arriva fino al ginocchio, con il pantalone alla zuava del 1800. Diventa il simbolo della rivoluzione nel 1791 con i Sanculotti, i pantaloni si presentavano lunghi “fino alla caviglia, di taglio essenziale, di tela ruvida, cotone o lana, sostenuti da bretelle, avevano sul davanti una patta agganciata da tre bottoni che poteva essere abbassata, venivano chiamati ‘pantalon à pont’” 5. Mentre nell’abbigliamento maschile il capo viene introdotto e adottato senza obiezioni, nell’abbigliamento femminile tarda a presentarsi. Prima che il capo compaia anche solo saltuariamente nell’abbigliamento femminile, dobbiamo aspettare il 1500 con Caterina de Medici, la quale adottò una sorta di pantaloncino corto, chiamato braghesse.

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https://www.germancentre.cn |consultato il 21 Novembre 2019 cfr. https://www.researchgate.net | consultato il 21 Ottobre 2019 https://it.wikipedia.org | consultato il 23 Ottobre 2019 25


Questo nuovo capo venne inizialmente adottato dalle donne per montare a cavallo, entrò velocemente nell’arsenale seduttivo delle prostitute che lo impreziosivano con merletti e lo mostravano attraverso gli spacchi o addirittura tirando su le gonne attraverso un intricato sistema di fili. Divenne quindi il primo esempio di biancheria sexy della storia. “Il termine pantalone, con il quale oggi noi indichiamo il capo d’abbigliamento che ricopre le gambe, deve il suo nome a quello del personaggio della Commedia dell’arte, Pantalone” 4 il cui costume si compone di queste culotte lunghe, tradizionalmente in uso nelle classi sociali più povere dell’epoca. Di questo capo di origine popolare l’aristocrazia ne fece fare una versione nobilitata da una serie di nastri che ebbe enorme successo, e fu ribattezzata Pantalone in onore della maschera in questione. Il capo venne praticamente vietato alle donne e i primi tentativi di inserimento del pantalone nell’abbigliamento femminile, vennero visti come una vera e propria forma di emancipazione. Solamente nel 1800 abbiamo traccia delle prime donne che provarono a travestirsi da uomo; le più famose furono la scrittrice George Sand e la pittrice Rose Bonheur la cui vita eccentrica, paradossalmente non fece scandalo, anche se l’epoca in cui visse era molto attenta alle convenzioni. Ella dovette richiedere un’autorizzazione alle autorità per poter indossare i pantaloni, per frequentare le fiere di bestiame (autorizzazione di travestimento e di abbigliamento maschile, rinnovabile ogni sei mesi presso la Prefettura di parigi). I primi pantaloni permessi alle donne, furono per il lavoro. Lavorare in miniera richiedeva l’utilizzo di indumenti che facilitassero i movimenti e le lunghe gonne non erano sicuramente adatte per questo tipo di impiego. Tra Ottocento e Novecento, grazie al successo dello sport le norme proibizioniste furono addolcite; venne permesso di utilizzare abiti maschili per andare a cavallo, in velocipide (odierna bicicletta) o se si faceva alpinismo. “In quanto sostenitrice dell’abbigliamento razionale, Amelia Bloomer aveva promosso una particolare versione di pantalone da donna alla fine del XIX secolo” 6, aveva fondato “ ‘the lily’ ,una rivista in cui tra l’altro sosteneva che corsetto, sottogonne inamidate, gonne lunghe fino ai piedi, costituivano una mortificazione e un impedimento alla libertà di muoversi e svolgere qualsiasi tipo di attività. In sostituzione proponeva: una tunica al ginocchio sotto cui spuntavano ampi pantaloni allacciati alle caviglie, mutuati dal costume delle donne turche. Esportati in Europa, i Bloomer, come vennero chiamati i calzoni, faticarono ad affermarsi” 7. Il pantalone “… si diffuse e fu accettato solo nei tardi anni venti, quando la stilista Coco Chanel introdusse nelle sue collezioni l’abito da spiaggia. I calzoni a gamba larga, realizzati in stoffe

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Fogg, 2013, p. 266. http://www.lundici.it | consultato il 9 Novembre 2019


Fig. 1 Foto d’archivio, Deutsches Archäologisches Institute, M. Wagner

Fig. 2 Antica Grecia, ca. 470 A.C, tecnica a fondo bianco, Londra, British Museum.

morbide e malleabili che fluttuavano intorno al corpo, a sottolineare così le curve femminili, venivano indossati in occasioni informali” 6. La diffusione di questo indumento fu provocata dai due devastanti conflitti mondiali. Quando in assenza di manodopera maschile, subentrarono le donne, nelle fabbriche, nei campi, negli uffici e negli ospedali; questa fu la prima grande conquista femminile, che si tramutò in consapevolezza e portò le donne a richiedere sempre più diritti. Una delle figure più importanti per l’affermazione del pantalone nell’abbigliamento femminile è Marlene Dietrich, “fotografata per la prima volta durante un viaggio transoceanico in tenuta da yachtman (giacca maschile e calzoni), impose la sua immagine di donna androgina, sensuale e sfacciata” 7. Solamente negli anni Settanta, grazie al successo dei jeans il pantalone da donna comincia lentamente ad essere considerato normale anche in Europa. ‘Alla fine del Novecento le vendite globali dei calzoni aumentarono del 167 per cento’ 7.

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CLASSICITÀ E RIGORE riferimenti storici del primo modello

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Il pantalone che ho realizzato trova dei fondamenti a partire dalle prime popolazioni della Grecia classica, prima del 500 a.C. L’idea delle pieghe del pantalone, deriva da due dei simboli più caratteristici dell’antica Grecia, la colonna e l’indumento utilizzato prevalentemente in quell’epoca; il peplo. Inizialmente il peplo indossato dalle donne veniva utilizzato senza cintura. Era un pezzo di tessuto largo tre metri e dell’altezza della persona che lo avrebbe indossato. I modi differenti di indossarlo hanno portato a una serie di variazioni dell’indumento, ognuno di questi metodi era caratterizzato dal ripetersi di pieghe, che sono state enfatizzate una volta inserita la cintura in vita8. Le pieghe presentate nel pantalone sono ridotte e più regolari ma hanno un chiaro riferimento agli abiti di quest’epoca. Il cavallo è stato abbassato per accentuare la presenza delle pieghe e permettere un atteggiamento più comodo. L’orlo con risvolto viene solitamente attribuito a Edoardo VII d’Inghilterra (9 novembre 1841 – Londra, 6 maggio 1910) , il quale per non sporcare i pantaloni li girò su sé stessi. In realtà la moda del risvoltino presenta riferimenti molto più recenti; stiamo parlando dell’abito Zoot; siamo circa nel 1940, “l’abito zoot anticipò l’ascesa e l’influenza dello stile di strada. Nonostante fosse variegato nei dettagli stilistici, il modello di base rimaneva sempre lo stesso: cascante, affusolato in vita e con i risvolti ai pantaloni” 9. Nel modello presentato, il risvolto si presenta molto basso e ha una necessità prevalentemente visiva. L’aumento dell’altezza del pantalone, tramite l’allungamento del cavallo influisce sulla visione della figura, la gamba e il bacino vengono esageratamente allungate, la presenza del risvoltino va ad influire su questa lunghezza e a porre un taglio orizzontale, per limitare la verticalità del pezzo.

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cfr. Köhler, 1963, p. 101 Fogg, 2013, p 295


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il primo puzzle

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M1 Davanti Il primo passaggio si basa sul ricalcare il cartamodello base. Come possiamo vedere, presenta una pince di larghezza tre centimetri. Si passa quindi all’abbassamento del cavallo; segnato sul disegno con il punto C. Per effettuare l’abbassamento del cavallo; prolungo la linea passante per C e perpendicolare alla linea del centro; quindi mi abbasso su questa linea di cinque centimetri; quindi raccordo con una linea curva, che deve seguire l’andamento della precedente, il punto X al punto C. Importante è non diminuire la larghezza della linea del bacino (la linea che passa per X e perpendicolare alla linea di centro). Allargo il pantalone per poter dare spazio alle pieghe. Il primo passaggio prevede la traslazione del punto C in C’’, mi sposto sulla retta perpendicolare alla linea del centro e passante per C di due centimetri verso l’esterno. Ripeto la stessa operazione per il punto B, parallelamente rispetto alla curva BC, costruisco la nuova curva B’C’’. Dal punto A, mi sposto sulla linea perpendicolare alla linea del centro passante per A di 5 centimetri verso l’esterno, segno A’. Mi sposto sul fondo; accorcio il pantalone di 5 centimetri, spostandomi dal punto D, sulla linea del centro di 5 centimetri verso l’alto e trovo D’. Il cartamodello di base presenta un’ampiezza del fondo molto larga, riduco tale ampiezza di 1,5 cm per parte, mi sposto internamente da E e F di 1,5, per poi traslare tali misure sulla nuova linea D’. Inserisco sul fondo l’orlo con risvolto. Ora collego A’ a E’, facendo attenzione a non ridurre la larghezza del bacino. Collego anche C’ e F’, per collegarli utilizzo la stessa inclinazione della linea CF. Segno sulla linea della vita le tre pieghe previste; partendo dal centro e tenendo uno spazio di 3 cm tra loro.

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M1 Dietro L’ultimo passaggio riguarda l’aggiunta di tessuto nella parte superiore della vita. Prolungo le linee E’A’ e X’B’ di 9 cm. E collego A’’ con B’’, mantenendo la linea della vita: A’B’. Inoltre sono previste due tasche a filetto sul davanti, inserite a 3 centimetri dal fianco e di lunghezza 17 cm. Il dietro del modello presenta gli stessi passaggi del davanti; dopo aver copiato il cartamodello base, che presenta anch’esso una pince di 3 cm. Si passa all’abbassamento del cavallo; segnato sul disegno dal punto C. per effettuare l’abbassamento del cavallo; prolungo la linea passante per C e perpendicolare alla linea del centro; quindi mi abbasso su questa linea di 5 cm; quindi raccordo con una linea curva, che segua l’andamento della precedente, il punto X a C. Importante è non diminuire la larghezza della linea del bacino (la linea che passa per X e perpendicolare alla linea di centro). Si passa quindi all’allargamento del pantalone; per la stessa ragione del davanti. Il primo passaggio prevede la traslazione del punto C in C’’, mi sposto sulla retta perpendicolare alla linea del centro e passante per C di 4 centimetri verso l’esterno. Ripeto la stessa operazione per il punto B, parallelamente rispetto alla curva BC, costruisco la nuova curva B’C’’. Dal punto A, mi sposto sulla linea perpendicolare alla linea del centro passante per A di 8 centimetri verso l’esterno, segno A’. Mi sposto sul fondo; e ripeto i passaggi del punto 3 del davanti. Ora collego A’ a E’, facendo attenzione a non ridurre la larghezza del bacino. Collego anche C’ e F’, per collegarli utilizzo la stessa inclinazione della linea CF. Segno sulla linea della vita le tre pieghe previste; partendo dal centro ognuna delle pieghe assorbe 5 cm. Ripeto L’ultimo passaggio del davanti. 35


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2 GLI ULTIMI PASSI

LABORATORIO DI DESIGN DELLA MODA 5

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Il pantalone presentato nelle pagine successive è stato creato in base a direttive precise del docente: Renato Montagner. Il corso è stato l’ultimo laboratorio del terzo anno. La collezione doveva avere come base di sviluppo l’idea di un futuro prossimo e catastrofico, pervaso da una neve perenne e radioattiva. L’idea deriva dal fumetto di fantascienza L’Eternauta, pubblicato dal 1957 sulla rivista Hora Cero. Il mondo è stato invaso dagli alieni che hanno prodotto una nevicata radioattiva allo scopo di eliminare l’umanità. Partendo dall’idea di base del fumetto, era necessario applicare determinate regole alla nostra collezione per permettere effettivamente la sopravvivenza di un essere umano in un ambiente ostile. La mia interpretazione è stata quella di studiare qualcosa che permettesse la sopravvivenza ma che la rendesse anche più facile. I pantaloni qui selezionati, derivano dalla collezione e presentano al loro interno i punti fondamentali del mio progetto; quali multiutilizzo e funzionalità. Di seguito presenterò, solo la parte tecnica che in questo caso è al centro della progettazione del pantalone e riesce a presentare il concetto del progetto in modo completo. Alcune parti del pantalone devono essere adesivate. Questo serve per non andare incontro ad usura troppo velocemente ma anche per permettere una maggiore resistenza e una maggiore copertura

contro il freddo, inoltre conferisce sostegno al pantalone stesso. Il pantalone si presenta largo su punti come stinco, ginocchio e una parte della coscia. Questo volume è neutralizzabile attraverso una serie di nastri che vanno a regolare la larghezza del pantalone. La volontà di introdurre dei volumi così grandi deriva dalla necessità di difesa; come viene scritto nel fumetto, in questo mondo catastrofico ci sono anche degli alieni predatori. Lo sviluppo di volumi molto estesi permette l’assunzione di una tecnica di difesa caratteristica di alcuni animali; l’aposematismo, cioè la colorazione di una parte più o meno estesa del corpo di un animale a fini di avvertimento contro possibili predatori. Queste parti dovevano essere all’occorrenza richiudibili e per questo sono stati inseriti dei lacci per chiudere i volumi e non rendere più visibile la colorazione accesa tipica di questa tecnica e permettere l’assoluta mimetizzazione tra la neve. Il pezzo presentato, analizzandolo dal punto di vista modellistico, presenta una serie di tagli, opportunamente disposti sul pezzo per poter inserire dei volumi, che siano sostenuti da uno scheletro (la cucitura stessa). I volumi vogliono mantenere una certa rigidità e la presenza di molti tagli ne facilita la realizzazione. Il pantalone non è simmetrico in ogni parte infatti presenta su un lato un doppio volume, mentre sull’altro un volume unico, questo è un fattore puramente estetico, anche se in esso raccoglie anche una sua particolare funzionalità; permettendo una maggiore esposizione dei colori aposematici quali; giallo, rosso, arancio, azzurro, in genere collocati su uno sfondo tale da esaltarne il contrasto: nero o bianco.

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GEOMETRIA DI INCASTRI riferimenti storici del secondo modello

Fig. 1 Butterick 5647 (c. 1934) Immagine: This Old Life.

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2.1


Partendo dalla modellistica del pantalone, possiamo dire che presenta delle caratteristiche in comune con i pantaloni alla zuava, che possiamo considerare come antenati del pantalone alla cavallerizza nella sua forma più antica. È con Edoardo VII che iniziano ad entrare nella moda i pantaloni alla Zuava, anche conosciuti come Knickerbockers, il cui nome deriva dallo “scrittore Dietrich Knickerbocker, che nel romanzo Storia di New York (1889) descriveva gli immigrati olandesi con questo tipo di pantaloni” 10. Questi presentavano la caratteristica chiusura sotto il ginocchio, presentata da una fascetta e due bottoni o una fibbia di metallo, “Sono in tessuto di lana dall’aspetto rustico, quasi sempre assortito alla giacca, e si portano con calzettoni di lana e ghette” 11. Vengono utilizzati negli ambiti sportivi; scalate, andare in bici, giocare a golf, ecc. Questa tipologia di pantalone, trova riscontro anche nei pantaloni militari della prima guerra mondiale, spesso venivano utilizzati con “fasce di maglia avvolte intorno alla gamba a spirale o a spina di pesce” 11. Dalla cavalleria inglese, che agiva in India, nella regione Jodhupr, arrivò la moda del modello jodhpur, molto simili, da un punto di vista modellistico ai pantaloni presentati in questa parte dell’elaborato. Il pantalone Jodhpur, presenta un inarcamento della linea del fianco del pantalone, come si può vedere in figura [fig. 1] e si stringe appena sopra il ginocchio. Oggi giorno, grazie all’evoluzione dei tessuti, il pantalone alla cavallerizza si presenta attillato ed elastico, nel passato questi tessuti non erano ancora stati inventati e si doveva arginare l’ostacolo realizzando qualcosa che permettesse la mobilità e la comodità a cavallo. Questa particolare tipologia di pantalone permetteva un buon movimento sia dell’anca che della coscia. Caratteristica fondamentale per la cavalleria perchè permetteva una buona comodità e una discreta libertà in sella. Venivano utilizzati solitamente con degli stivali interi o con dei gambali di cuoio ed erano rinforzati sulle parti che sfregano normalmente contro l’animale. Nel mio modello si trovano dei riscontri con questa tipologia di pantalone, anche se il modello M2 presenta delle differenze sostanziali. Non si tratta di una curva ma di linee rette che vanno a formare delle vere e proprie forme geometriche, il pantalone non è simmetrico come nel modello jodhpur, anche se i due davanti sono praticamente identici, la gamba sinistra inserisce un secondo volume appena dietro il primo. La forma del modello, si presenta molto più squadrata e più solida, questo è stato reso possibili grazie alla divisione dei volumi e all’inserimento di tessuto per permettere di creare un volume tridimensionale nel pezzo. Inoltre, quest’ultimi non si presentano sulla coscia; mentre nella parte davanti i volumi sono posizionati all’altezza del ginocchio, sul retro il volume coincide con l’altezza del polpaccio. L’idea generale e la funzionalità del pezzo corrispondono in ogni parte con l’ideazione del modello Jodhpur.

10 11

https://it.wikipedia.org https://docplayer.it |consultato il 6 Novembre 2019 45


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il secondo puzzle

2.2

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M2 Davanti Dopo aver copiato il modello base, effettuo la prima modifica. Tolgo quattro centimetri dal fianco della parte davanti, che andrò poi a riportare sul fianco dietro del modello. Quindi passo da A ad A’, e procedendo parallelamente rispetto alla linea del fianco, vado a segnare A’’ sulla linea del fondo. Procedo riducendo la lunghezza del pantalone di 5 centimetri, mi sposto dal punto F’ lungo la linea del centro e segno perpendicolarmente a quest’ultima la nuova linea del fondo, il punto di intersezione tra la nuova linea e la linea del centro si chiamerà F’’, costruisco un orlo da 4 cm. Spostandomi verso l’alto sempre sulla linea del centro, segno d a 33,5 cm da F’’. lungo la linea della vita, mi sposto internamente da A’ della larghezza della pince, in questo modo la pince viene assorbita, in questo punto segno a. D, mi sposto da d di 16,10 cm verso l’alto e esco di 28,8. collego aDA’’ e Dd. Per dare il volume di cui ho bisogno per realizzare il pantalone, allungo la retta aD, di 10 centimetri e collego il nuovo punto D’ con d. Misuro quindi la distanza D’d, prolungo la retta A’’D e riporto la distanza D’d a partire da d finché non si incontra con il prolungamento della retta A’’D. Disegno quindi la parte superiore BLHI

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M2 Dietro Come prima cosa riporto sul fianco i 4 centimetri che ho tolto dal davanti, passo da A ad A’ e mi sposto parallelamente alla linea del fianco fino a trovare sul prolungamento della linea del fondo A’’. Mi sposto internamente ad A di altri 4 centimetri e segno a. dal punto G faccio lo stesso rientrando di 4 centimetri e faccio lo stesso sul fondo segnando H, collego con delle rette aGH. A questo punto segno sulla linea del centro il punto e, a 13,10 cm dal punto F’’. segno il punto d a centimetri 35,74 partendo dal fondo sulla linea aGH. E,mi sposto da e di 10,9 centimetri sulla linea del centro verso l’alto e esco di 33,10. collego G’E, , EH e Ee. D, mi sposto sulla linea del centro, verso la linea della vita di 36,5 centimetri da e ed esco di 41,20 centimetri. Collego: A’D, Dd e DA’’. A questo punto ripeto l’ultimo passaggio che ho eseguito nel davanti, mi sposto da D, lungo la retta A’D di 10 centimetri verso il basso, segno il nuovo punto D, collego D’d’. prolungo A’’D di tanti centimetri quanti ne servono per far si che la retta che parte da d e della lunghezza dD’ si incontri con quest’ultima. Per il dietro dell’altra gamba, invece: l’ultimo procedimento verrà rifatto per quanto riguarda il punto E (cfr. figura), in questo caso EE’ misura solo 5 centimetri. Alla fine dei passaggi avrò G’E’e e HE’’e. A questo punto la parte dietro è quasi completa, manca solo la parte che collega le due punte della gamba sx, per riuscire a costruire il cartamodello di questo pezzo, è necessario specchiare la curva G’EH, sulla linea G’H e spostare il punto d, parallelamente alla linea del ginocchi sulla linea del fianco del modello base. Il cinturino misurerà la differenza della misura totale della vita meno la misura HB.

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PARTE SECONDA

IL PANTALONE DEL XVI SECOLO In questa seconda parte del mio elaborato, l’attenzione verrà posta sulla rilevazione di

un modello da un’immagine storica.Dopo una prima introduzione sulla storia del capo scelto, analizzerò attraverso una tavola da disegno la mia interpretazione personale del capo storico. Ciò che io chiamo pezzo storico in realtà contiene, nel momento della rilevazione dal dipinto, un’interpretazione personale. Il capo non viene quindi riprodotto fedelmente secondo le proporzioni corporee degli uomini del XVI secolo, ma viene analizzato e creato secondo la mia interpretazione personale, e secondo i cartamodelli base, le misure specifiche del corpo dei giorni d’oggi. Ci troviamo di fronte a quello che solitamente viene considerato il lavoro di un costumista, nel momento in cui crea un costume da scena che deve essere adattato ad un periodo storico particolare. Il modello presentato solo attraverso tavole di disegno, verrà poi sottoposto ad un processo di adattamento all’epoca moderna. Sarà quindi trasferito nell’abbigliamento femminile e presentato come pezzo nuovo, ma manterrà al suo interno alcune delle caratteristiche fondamentali del pezzo storico, prese in considerazione durante l’analisi storica del pezzo del XVI secolo.

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Paolo Veronese, Ragazzo con levriero, olio su tela, 1570, The Metropolitan Museum of Art

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3 LA STORIA

LE BRAGHE DEL XVI SECOLO IN EUROPA

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“A partire dal XV secolo una sempre più strutturata silhouette prese a mascherare i contorni del corpo” 12. Durante i primi anni del sedicesimo secolo, la moda italiana continuò a prevalere: calzoni morbidi, tagliati per lungo e molto bombati sulle cosce che erano sostenuti tramite lacci e asole al farsetto (indumento tipicamente maschile, corto e leggermente imbottito, solitamente con un’abbottonatura sulla parte anteriore. Poteva essere munito di maniche). Quest’ultimo, al contrario del secolo precedente, non era molto attillato, sopra vi era solitamente una cappa, scarpe basse e arrotondate sulle dita dei piedi e cappello. La prima alterazione che questa moda del XVI secolo ebbe, fu un aumento dei tagli nei pantaloni e nelle maniche del farsetto. I calzoni erano tagliati su linee simili a quelli degli anni precedenti, anche se si presentavano molto più morbidi e portabili. I pantaloni erano rivestiti con del materiale più sottile del tessuto del pantalone e molto più ampio. Questo portava alla formazione di sbuffi visibili attraverso i tagli del pantalone. Questa fodera, che aveva già iniziato ad essere indossata alla fine del quindicesimo secolo con i calzoni, veniva cucita su quest’ultimo in tre punti principali, nel bordo superiore, in quello inferiore e nei lati dell’apertura anteriore.

Particolare di Adorazione dei Magi p.(due giovani), Luca Signorelli, 1441-1523, Galleria degli Uffizi, Firenze, Italia

cambiò radicalmente, a causa del cambiamento dell’armatura dei cavalieri. La cotta di maglia si trasformò in armatura a piastre. Diventa necessario rendere il rivestimento delle gambe Al contrario, nel secolo precedente le gambe il più aderente possibile al corpo, siamo in del pantalone si presentavano come due tubi presenza dei primi leggins della storia. molto aderenti. Siamo appena dopo il 1350, e In risposta ai sempre più corti farsetti del la richiesta di rivestimenti per gambe maschili momento, la moda del pantalone risponde rendendo i due tubi che coprono le gambe separatamente, un indumento unico. Le due parti separate vengono quindi unite dal triangolo di tessuto che copriva i genitali; testo elaborato da Carl Köhler, A History of Costume, United State of America, Dover, 1963. 12 Fogg, 2013, pp. 48-49 58


durante il XVI secolo, il lembo di tessuto “si è evoluto da semplice pezzo di stoffa triangolare a custodita imbottita che esagerava i genitali in una palese dichiarazione di virilità” ¹². Questo astuccio venne denominato “braghetta”. Il lembo anteriore sporgente a forma di capsula continuò ad essere indossato per tutto il XVI secolo con tutti gli stili di calzoni. I pantaloni del secolo precedente erano molto simili alle calze di oggi, realizzate in un primo momento in panno e poi in maglia. Coprivano il piede, terminavano a punta, ed erano munite di suola. Erano solitamente caratterizzate da motivi araldici e venivano chiamate “calzesolate”. Verso la metà del secolo successivo, i calzoni diventano più corti, e aumentano di volume. Le brache assunsero le forme più svariate in base alla nazione di appartenenza. La fodera restava aderente alla gamba e leggermente più corta della lunghezza del pantalone, permettendo in questo modo al pantalone di restare più morbido e gonfio. Il pantalone presentava una serie di tagli che permettevano di vedere la fodera sottostante che formava degli sbuffi. Gli spazi tra i tagli variavano a secondo della presenza o meno del rivestimento interno. Il materiale usato per gli sbuffi e per l’imbottitura tra la fodera e il materiale esterno del pantalone era della miglior qualità possibile. In un primo momento l’imbottitura fu molto leggera, per poi arrivare, nel corso del tempo anche a proporzioni quasi ridicole. Fu durante il XVI secolo che la linea maschile, quindi, si espanse in senso orizzontale: il femore fu coperto da brache sempre più rigonfie e percorse da tagli verticali, anche chiamati “accoltellature”. La forma

di questo tipo di pantalone si dice derivi dai lanzichenecchi. “Per questo indumento erano necessari quattro o cinque metri di tessuto solo per l’esterno e più di venti metri per la preziosa fodera arricciata che sbucava dalle aperture, cosa che ne faceva un simbolo di status sociale”13. Le brache presentavano quindi questa particolarità di evidente larghezza lungo la lunghezza del femore, per poi tornare alla misura normale della gamba dal ginocchio verso il basso; giocoforza questo portò ad una divisione del modello tramite un taglio tra la parte voluminosa e la parte sottostante. La pratica di dividere l’abbigliamento per le gambe al ginocchio e l’introduzione di calze proprie (cioè un indumento separato per la parte superiore e inferiore della gamba) portarono presto a un completo cambiamento nello stile. La fodera venne fatta arrivare fino al ginocchio e poi fissata alle calze sottostanti per mezzo di nastri. Vi erano due tipologie principali di pantaloni che si distinguevano per la larghezza e per la morbidezza. Le due tipologie prevedevano due metodi differenti di esecuzione; La prima tipologia prevedeva una maggiore presenza di imbottitura sulla parte inferiore, da qui salendo verso l’alto il modello si stringeva, questo prevedeva che gli sbuffi del pantalone fossero posti esattamente sopra l’imbottitura e che fossero molto ravvicinati tra loro. Se l’imbottitura si presentava invece più spessa nella parte centrale, gli sbuffi diminuivano e venivano posti in modo tale da coprire esattamente la parte di imbottitura presente;

13 http://mda-arte.blogspot.com/2012/05/ breve-storia-dei-pantaloni.html 59


mentre nel primo caso gli sbuffi venivano cuciti solo sulla parte inferiore, e lasciati liberi su quella superiore, nel secondo caso venivano cuciti sia in alto che in basso. Per i calzoni tagliati che erano molto in voga in Spagna, il tessuto era velluto o stoffa. Verso la fine del secolo il rigonfiamento si accorciò fino a trasformarsi in calzoncini corti chiamati “brachesse alla spagnola”. Inizialmente furono indossati solo dai soldati e dalle classi medie, successivamente entrarono nella moda Europea e questa tipologia di calzone rimase di moda tra le classi alte di quasi tutte le nazioni fino al diciassettesimo secolo, i tagli divennero sempre più importanti e larghi. I calzoni erano formati generalmente da quattro strisce separate che coprivano la fodera imbottita, che divenne una caratteristica fondamentale del capo. Nella moda spagnola, le strisce si restrinsero a tal punto da scomparire. Gli stili intermedi di questa trasformazione furono particolarmente utilizzati nell’Italia del nord e del sud, che venne influenzata dallo stile spagnolo, in Francia e in Germania, in Germania, in particolare, l’idea di far vedere la fodera sottostante e l’ampliamento dei tagli arrivarono alle possibilità massime. In queste nazioni non vi era un particolare tipo di pantalone utilizzato, ma tutti gli stili venivano usati nello stesso tempo. Lo stile del pantalone spagnolo, venne definito da pantaloni larghi con una modesta imbottitura che arrivavano fino al ginocchio dove venivano fissati alla calza tramite dei nastri. Lo stringere il pantalone sul ginocchio portò anche ad un altro cambiamento, la patta frontale imbottita venne sostituita da un’abbottonatura slacciabile. Il modello quindi si era gradualmente allargato e allungato fino

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al ginocchio. In questo modo il bagginess, era inevitabile, una delle grandi differenze dal modello precedente, fu lo spostamento delle cuciture; esse vennero poste non più sul centro davanti e sul centro dietro, ma al contrario sul fianco e internamente alla coscia. Questo modello non presentava più problemi di vestibilità, si presentava come un paio di sacchi paralleli, per così dire, che si restringevano verso il piede e che presentavano un laccio per il fissaggio. Questi pantaloni mantenevano la loro struttura grazie alla fodera imbottita. la fodera interna era aderente alla gamba, sopra di essa vi era l’imbottitura e poi la parte che ricopriva l’imbottitura corrispondeva col pantalone finito. Inizialmente queste grandi imbottiture avevano una funzionalità, servivano per permettere alle persone di ripararsi dal freddo, ma successivamente divenne una vera e propria moda. Nel XVII secolo l’indumento subì ulteriori evoluzioni collegati soprattutto alla situazione politica Europea. “Dopo un secolo di influenza spagnola la Francia si stava avviando ad essere lo stato più importante del continente ed importante riferimento per ogni cambiamento di costume” 14.

14 https://docplayer.it |consultato il 6 Novembre.


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modellistica del capo

3.1

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La premessa fondamentale prima di iniziare la spiegazione è che la costruzione di tale modello è un’interpretazione personale, mediata dall’analisi di alcuni testi che riportano alcuni esempi del pantalone del XVI secolo. Le proporzioni dell’epoca e quelle dei giorni d’oggi sono differenti ed essendo partita da un modello base con misure moderne, ovviamente tale modello non sarà uguale a quello storico. Il primo passo è quello di affiancare i fianchi del davanti e del dietro. copio il modello fino alla linea del ginocchio, quindi tolgo da C a C’ pochi millimetri e li aggiungo dall’altra parte, questo procedimento è stato fatto per rendere il modello più simmetrico, essendo un pantalone molto largo, il cavallo può essere facilmente distribuito tra il davanti e il dietro. Nello stesso passaggio è stato anche abbassato il centro davanti della linea della vita (A; A’). Affiancando il davanti e il dietro rimane nella parte centrale uno spicchio, vado ad assorbirlo, togliendo metà della misura sulla destra e metà sulla sinistra. Costruisco il sospensorio, che è formato da 3 parti in totale, le due parti laterali e la fascetta centrale. Nel passaggio sucessivo vado a costruire la parte inferiore del pantalone, che solitamente viene poi fissata alla gamba tramite nastri. Per fare questa parte ricalco E’F’EF, costruisco una linea parallela a EF e distante da quest’ultima 3 centimetri, a questo punto collego i nuovi punti trovati con E’ e F’.

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Modello Storico

Costruisco il cinturino; collegando A’B e salendo di 2,5 cm. Per trovare il pantalone tagliato, andrò ad effettuare una serie di linea verticali a circa 7 centimetri l’una dall’altra. a questo punto taglio dal fondo fino alla linea della vita, e apro tenendo i lembi superiori attaccati. Il cartamodello della fodera sarà uguale ma senza le linee di taglio segnate.

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Giovan Battista Moroni, 1560, olio su tela, Palazzo Moroni, Bergamo

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4 SPIEGAZIONE E ANALISI DI UNA SCELTA

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La scelta è ricaduta su un capo storico per una mia curiosità personale, che trova riferimenti nella mia passione per la danza e i costumi di scena. È stato scelta una tipologia di pantalone molto particolare. Appartiene alla seconda metà del XVI secolo, la particolarità di tale pezzo mi ha portato a volerne analizzare la modellistica che ci stava dietro. La volontà di soffermarmi sulla scelta di un pezzo storico è stata predisposta da una serie di mie idee. Moltissimi stilisti dei giorni d’oggi per realizzare degli abiti si sono soffermati su pezzi storici, che avevano una loro particolare identità nel tempo in cui si sono affermati. La possibilità di lavorare con qualcosa che non è dei giorni d’oggi, pone una sfida maggiore, l’impossibilità di visualizzare il modello da ogni angolazione o di poterlo rilevare da un capo esistente, porta a numerose difficoltà. Il capo, è raffigurato in una serie di dipinti, ma vista la storia del pezzo, ogni dipinto è differente, e presenta un modello diverso dello stesso capo, caratteristica del tipo di abbigliamento di questo periodo, i modelli cambiano a gran velocità e a seconda del luogo in cui ci troviamo. Dopo queste difficoltà iniziali, mi è stato possibile attraverso alcuni libri, capire le dinamiche del capo e la sua struttura. L’immagine riportata nella pagina precedente, presenta un dignitario italiano in un ritratto del 1560. La particolarità di tali brache è che “appaiono curiosamente sproporzionate alle altre vesti e alle stesse proporzioni dell’uomo” 15. Il periodo storico in cui nasce è il tardo Rinascimento, questo periodo fu un periodo di rinascita e di modifiche continue, anche nell’arte dell’abbigliamento, mentre “la silhouette verticale rifletteva il gusto dell’architettura gotica, prevalente soprattutto nel nord Europa, l’accento sulla linea orizzontale riflette l’arco a tutto sesto affermatosi durante il rinascimento” ¹⁵. La scelta è ricaduta su questo pantalone, oltre che per un’interesse alla modellistica anche perché è uno dei primi pantaloni che presenta un indizio della nascita del concetto moda, si passa infatti dalla necessità di imbottire le gambe, ad una esagerazione di tale necessità, che viene tramutata in pura estetica. Inoltre questo indumento presenta nella sua storia, con tutte le modifiche, che comunque mantengono l’idea comune del volume sulla coscia, alcune delle caratteristiche fondamentali del pantalone moderno; lo spostamento delle cuciture dal centro davanti e centro dietro, al fianco e all’interno della coscia, permesso dai tagli posti sulle braghe e la sostituzione della patta imbottita del davanti in abbottonatura apribile e chiudibile.

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Fogg, 2013 pp. 49-51


Questo capo è soprattutto la risposta delle esagerazioni dell’abito femminile dell’epoca, come si afferma nel catalogo della mostra “Extreme Beauty, the body transformed”, il pantalone caratterizzava l’abito dell’uomo occidentale dalla fine del XV ai primi del XVII secolo. Il capo inoltre, contiene al suo interno frammenti storici e trasformazioni che sono giunte fino ai giorni d’oggi. Per poter ricavare il modello base del pantalone del XVI secolo e poterlo poi modificare, è stata necessaria l’analisi storica dello sviluppo del capo, ciò che io chiamo pezzo storico in realtà contiene, nel momento della realizzazione, un’interpretazione personale. Il capo non viene quindi riprodotto fedelmente secondo le proporzioni corporee degli uomini del XVI secolo, ma viene analizzato e creato secondo una mia interpretazione personale, che comunque terrà conto di un’analisi storica approfondita e di fotografie realizzate su pezzi storici rinvenuti fino ai giorni nostri.

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RIPERCORRERE LA STORIA DELLA MODA Elaborazione di pezzi storici tramite l’analisi di altri stilisti

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4.1


Nel corso della storia della moda, l’attenzione è stata posta in punti diversi del corpo. Possiamo dire che uno dei temi della moda sia quello di coprire e scoprire, enfatizzare e nascondere alcune parti del corpo, questa necessità varia a seconda del periodo storico e delle ideologie del momento. Si è passati ad esempio; dall’enfatizzare un vitino da vespa, tramite l’utilizzo di larghe crinoline che andassero ad evidenziare la larghezza del bacino, all’esagerare la larghezza delle spalle. Ogni moda ha la sua storia e gli stilisti più contemporanei hanno via via recuperato alcuni dei tratti più distintivi dell’abbigliamento dei secoli precedenti, per riadattarlo ai costumi di oggi.

Christian Dior, Cigale dinner dress, fall winter 1952. Photograph frances Maclaughlin. Gill, courtesy of Peter Fetterman Gallery, Santa Monica, California

Ad esempio; nel 1947, Christian Dior presentò una nuova collezione che la stampa ribattezzò “New Look”. Si trattava di un chiaro ripudio degli stili degli anni precedenti, per andare a ripristinare uno stile ancora più antico, che trova riscontro e parallelismi con la scelta del mio pezzo storico. Con la nuova collezione Dior pone l’attenzione sul bacino e sulla dimensione di ques’ultimo rispetto alla vita. Egli presentò il nuovo look e spostò l’attenzione sulla vita stretta e sui fianchi larghi. La creazione di Dior portava comunque delle fondamentali differenze rispetto all’idea della crinolina dei secoli precedenti egli suggerì infatti la prostrazione frontale dell’osso dell’anca. La postura cambia, la schiena è leggermente curva e il bacino viene ruotato in avanti.

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Fig. 2 Abito Apron, 1991, Thierry Mugler.

Fig. 3 Body Meets Dress, Dress Meets Body Collection”, S.S 1997 Rei Kawakubo per Comme de Garçons.

Questo modello tuttavia, se pur con evidenti modifiche, ripropone l’anima del pantalone del XVI secolo. Anche nell’abito Bump, disegnato da Rei Kawakubo per Comme de Garçons [fig. 3], o nell’abito Apron del 1991 di Tierry Mugler [fig. 2] è visibile la reinterpretazione della stessa silhouette storica. In tutti i casi presentati vi sono dei chiari riferimenti alla moda maschile del XVI secolo, la forma a mongolfiera del pantalone da uomo del XVI secolo si ripropone nelle due creazioni degli stilisti. Tramite la breve analisi di altri stilisti che hanno effettuato lo stesso processo di appropriazione, riproducendo un modello completamente estraneo al background storico da cui è stato ricavato, mi è stato possibile porre le basi per procedere con il mio nuovo modello (M3) 16.

16 72

cfr. Koda, 2002. pp. 107-111



5 COMPORRE UN ABITO

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In seguito all’analisi storica del pezzo ho ritenuto fondamentale mantenere tre concetti principali: il volume sulla coscia e sul bacino, la linearità del pantalone sotto tale volume e la presenza dei tagli verticali sul pantalone. Il pantalone si presenta asimmetrico in ogni sua parte. La parte sinistra presenta una serie di tagli rettilinei che vanno a formare una serie di poliedri irregolari. L’idea di base è stata quella di semplificare la forma a palloncino del pantalone storico e renderla geometrica e squadrata. In questo modello il pantalone non è formato da più pezzi come nel pantalone del XVI secolo, ma è un pezzo unico e i tagli del pantalone storico sono stati restituiti tramite delle vere e proprie fasce che si incastrano tra gli spigoli del poliedro irregolare e il cinturino stesso. L’altra gamba, al contrario, rimane semplice e lineare. Viene restituita l’idea di geometricità tramite la piega sul centro davanti e dietro. La volontà di focalizzare il volume su una sola parte del pantalone è stata ricavata dall’idea del pantalone storico formato da più pezzi, sotto al pantalone bombato, infatti, era presente una clazamaglia, che in questo caso è stata rappresentata dalla semplicità della gamba destra del pantalone. L’ultima particolarità è relativa alla chiusura davanti. La cerniera invisibile sul centro davanti del pantalone è nascosta da una patta che sormonta la parte destra del pantalone, riprende in questo modo la chiusura da uomo, dove la parte sinistra monta la parte destra e restituisce lontanamente l’idea del sospensorio del pantalone del XVI secolo.

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l’ultimo puzzle

5.1

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M3 Davanti

Dal modello base inizio disegnando le linee di costruzione. Come mostrato nella prima immagin dopo aver costruito le linee, procedo con la prima modifica, vado ad allungare la linea AE di dodici centimetri e segno E’, collego E’ con e, seguendo lo stesso procedimento del M2, riporto tale misura sul prolungamento della linea EH e trovo E’’. A differenza del modello 2 ci troviamo a dover prolungare una terza linea EF, in modo tale da trovare E’’’ che coinciderà con E’’. Il triangolo K’KF è stato costruito nel seguente

Importante è ricordarsi che una volta costruite le strisce andranno inserite sul cinturino e nelle pieghe. Dovrò quindi segnare i punti di riferimento sul modello.

modo; dopo aver segnato la linea della piega Ke, un lato di tale triangolo coinciderà con KF, l’altro lato con KE’’ e si chiamerà KK’, e il terzo lato, è stato eseguito prendendo un’altezza KL, misurata tramite la distanza del punto più alto della piega e il dietro. Il triangolo ottenuto andrà a tappare perfettamente il buco formato tra il davanti e il dietro. Per la gamba destra invece, il modello corrisponde al modello base fornito dall’Unviersità. 82


è stato costruito nel seguente modo; dopo aver segnato la linea della piega D’D, un lato di tale triangolo coinciderà con D’E’’, l’altro lato con D’d, e il terzo lato, è stato eseguito prendendo un’altezza D’F e facendo in modo che una volta alzato il modello, piegandolo lungo la linea di piega, tale lunghezza D’F coincidesse con l’altezza determinata dall’alzamento del modello rispetto al piano. Per la gamba destra invece, il modello corrisponde al modello base fornito dall’Università.

M3 Dietro Anche per il dietro, inizio copiando il modello base. disegno le linee di costruzione. Come mostrato nella prima immagine, dopo aver costruito le linee procedo con la prima modifica. Anche in questo caso il procedimento è uguale a quello del modello M2, ma si sviluppa nell’altro senso, vado quindi a prolungare BE e trovo E’ collego E’D misuro e riporto la misura in DE’’, E’’ si deve trovare sul prolungamento di EG’. Il triangolo D’E’’d 83


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CONCLUSIONI Con questo testo ho tentato di porre l’attenzione sulla figura del modellista. Grazie a questi tre anni presso l’Università IUAV di Venezia mi è stato possibile comprendere ciò che voglio fare nel mio prossimo futuro, lavorare come modellista, scomporre e ricomporre le idee, pormi delle sfide e cercare di arrivare ad una conclusione nel miglior modo possibile. Tramite la stesura di questo testo, mi è stato possibile recuperare e sistemare cartamodelli eseguiti durante i tre anni di studi, focalizzare l’attenzione su un obiettivo preciso e finalmente raggiungerlo. Inoltre una delle cose fondamentali che vuole esporre l’elaborato è che ogni modello presenta una sua storia, che sia più o meno intensa quest’ultima è intrinseca del modello, ne arricchisce la presentazione e gli conferisce una storia. Non è possibile pensare di creare qualcosa dal nulla. Tutto ciò che disegniamo o creiamo è riconducibile e pone le sue basi su qualcosa che qualcun altro ha già ideato prima di noi, ai nostri giorni è impossibile poter creare qualcosa di interamente nuovo. Ciò che possiamo fare è modificare un pezzo la cui storia è già stata scritta. L'obiettivo diventa quindi trovare delle soluzioni per ricreare e modificare in modo interessante il modello che è già stato crea to. La figura del modellista, in questo caso, risulterà sempre più fondamentale poiché avrà le conoscenze per modificare qualcosa in modo da renderlo nuovo anche se impregnato di concetti storici. Sono arrivata alla conclusione che molto e troppo spesso la figura del modellista viene posta in secondo piano, così come la storia del costume. Entrambe sono conoscenze fondamentali nel mondo della moda di oggi. Ci permettono di avere un punto di partenza solido per poter creare qualcosa di nuovo.

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BIBLIOGRAFIA AIRAGHI, 2014 Rita Airaghi, (a cura di), la camicia bianca secondo me. Gianfranco Ferré, catalogo della mostra (Museo del Tessuto di Prato a Palazzo Reale, Sala delle Cariatidi Milano 10 marzo - 1 aprile 2015), Prato, Skira, 2014. ARNOLD, 1985 Janet Arnold, Patterns of fashion. [3]: The cut and construction of clothes for men and women c1560-1620, London, Macmillan, 1985. FERRÈ , 2009 Gianfranco Ferré, Lezioni di Moda ed. illustrata, a cura di Maria Luisa Frisa, Venezia, Marsilio, 2009. FOGG, 2013 Marnie Fogg, Moda, la storia completa, Londra, Quintessence, 2013. FRISA, 2016 Maria Luisa Frisa, Le forme della moda, Cultura, Industria, mercato: dal sarto al direttore creativo, Bologna, Il Mulino, 2016. HILL - BUCKNELL, 1967 Margot Hamilton Hill - Peter A Bucknell, The Evolution of Fashion: Pattern and Cut from 1066 to 1930, London, Batsford, 1967. KIRKE - MIYAKE, 1991 Betty Kirke, Madeleine Vionnet, Giappone, Kyuryudo Art, 1991. KODA, 2001 Harold Koda, (a cura di) Extreme beauty: the body transformed, catalogo della mostra (Londra, 6 Dicembre 2001 – 3 Marzo 2002), Londra, The Metropolitan Museum of Art, 2001. KÖHLER, 1963 Carl Köhler, A History of Costume, United State of America, Dover, 1963.


SITOGRAFIA https://www.germancentre.cn/de/aktuelles/detail-view/?no_cache=1&tx_ ews_pi1%5Bnews%5D=769&tx_news_pi1%5Bcontroller%5D=News&tx_news_ pi1%5Baction%5D=detail&cHash=06b9f5f82d52cb3e72526538bcc51999|consultato il 21 Novembre 2019 https://www.momu.be/en/exhibitions/patronen | consultato il 4 Novembre 2019 https://it.wikipedia.org/wiki/Pantaloni | consultato il 23 Ottobre 2019 http://www.lundici.it/2016/09/donne-in-pantaloni-breve-storia-di-un-pregiudizio/ |consultato il 9 Novembre 2019 https://www.momu.be/en/exhibitions/patronen | consultato il 9 Novembre 2019 https://www.researchgate.net/publication/266969197_Who_Invented_Trousers | consultato il 21 Ottobre 2019 https://docplayer.it/8212477-5-il-pantalone-nella-storia.html | consultato il 6 Novembre 2019


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UNIVERSITÀ IUAV DI VENEZIA DICHIARAZIONE DI CONSULTABILITA’ O NON CONSULTABILITA’ DELLA TESI (da inserire come ultima pagina della tesi/elaborato finale)

SOFIA BOIFAVA Il/La sottoscritto/a ………………………………………….matr. n. ...……………. 285909 Il/La sottoscritto/a ………………………………………….matr. n. ...……………. Il/La sottoscritto/a ………………………………………….matr. n. ...……………. laureando/a/i - diplomando/a/i in ………………………………………………... Design della Moda sessione ………………………… dell’a.a. …………….…………. II straordinaria 2018 - 2019 DICHIARA/DICHIARANO

che la sua/loro tesi dal titolo: …………………………………………………………………………………………. UN PUZZLE TRIDIMENSIONALE, comporre un abito, il pantalone ………………………………………………………………………………………….

 è consultabile da subito x potrà essere consultata a partire dal giorno 18/12/2019 …………………..  non è consultabile (barrare la casella della opzione prescelta)

data ………………….. 18/12/2019

firma ……………………… firma ……………………… firma ………………………

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