SM La Notizia Londra XVI3

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XVI N0 3 Maggio - Giugno 2020

Direttore Salvatore Mancuso Tel: 020 8879 1378 Mob: 07976 299 725 smlanotizialondra@gmail.com - www.smphotonewsagency.com SMPhotoNews – La Notizia Londra riceve i contributi previsti dalla legge per la stampa italiana all'estero

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“FACCIAMO IL POSSIBILE MA PERCHÉ IN UK SI È PERSO COSI’ PER ASSISTERE LA TANTO TEMPO? NOSTRA COMUNITÀ” Intervista del Console Generale Villani a "La Notizia"

C.G Marco Villani Che cosa sta facendo il Consolato per l’assistenza alla comunità italiana in Uk messa a dura prova dalla pandemia? Avendo purtroppo negli occhi quello che già stava succedendo nel nostro Paese, il Consolato Generale di Londra si è subito attivato per assistere

la nostra comunità e fin dal 10 marzo ha istituito una “Task Force Covid-19” che sta lavorando ininterrottamente 7 giorni 7, rispondendo ad email e telefonate. Ad oggi abbiamo risposto a circa 6000 email e 100 telefonate al giorno. Insieme all’Ambasciata, al Consolato Generale di Edimburgo e ad Alitalia abbiamo aiutato circa 30 mila connazionali a rientrare in Italia. La Task Force del Consolato Generale ha inoltre fornito a moltissimi connazionali un supporto psicologico, medico (grazie alla collaborazione con Dottore London e IMSoGB), economico, oltreché informazioni generiche sulla situazione nel Regno Unito e le misure adottate dal Governo britannico per aiutare i cittadini. Inoltre il Consolato

HO IMPARATO A DIR MESSA SU FACEBOOK”

UN “POVERO MISSIONARIO” RIFLETTE SUL CORONAVIRUS A pag. 8

“BREXIT? AH SÌ, LA BREXIT...

Per ora nel dimenticatoio ma sempre in agguato A pag.4

“UN’AZIENDA LAZIALE IN CORSA PER IL VACCINO” ASSIEME ALL’UNIVERSITÀ DI OXFORD

A pag. 6

DI STEFANO: STORIA DI UN “SELF MADE MAN” Carlo Di Stefano

ARRIVÒ IN UK CON 12 STERLINE, ADESSO HA 33 RISTORANTI A pag.11

Generale rimane tuttora aperto per permettere a chiunque abbia una reale emergenza consolare di ricevere il servizio richiesto. Come vi coordinate con le altre istituzioni italiane in Uk per rendere più efficace al massimo l’assistenza? Ormai siamo tutti dipendenti dalla tecnologia e, attraverso video conferenze, siamo in costante contatto con tutti gli attori del Sistema Italia per offrire un’assistenza più ampia ed efficace possibile ai nostri concittadini. La logica è quella di mettere a sistema tutte le realtà del Sistema Paese. Il nostro network nel Regno Unito si è già rivelato molto efficace nel diffondere informazioni in maniera capillare nelle nostre collettività in occasione dell’EU Settlement Scheme, che ha portato oltre 340 mila connazionali a eseguire la procedura. Nell’attuale emergenza siamo sicuri di riuscire a mobilitare le medesime strutture per tenere coesa e informata la nostra collettività. La pandemia si aggiunge ai già tanti problemi provocati dalla Brexit. Gli italiani in Uk come stanno vivendo questa complessa situazione di difficoltà senza precedenti? Ricevete molte chiamate? Quali sono le preoccupazioni maggiori? Sono più sanitarie che economiche? Come detto riceviamo circa 100 telefonate al giorno. Inizialmente la problematica principale era la possibilità di rientrare in Italia dato che solo Alitalia ha continuato a garantire un collegamento diretto. Da quando sono aumentati i voli giornalieri (fino a 6), più persone sono riuscite a partire e le preoccupazioni principali sono diventate quelle mediche, ad esempio le modalità di cura del NHS, e in secondo luogo economiche (assistenza da parte del Consolato Generale o del governo britannico a seguito di licenziamento). Va detto che la collettività italiana nel Regno Unito è estremamente ben integrata nel contesto britannico, pertanto la stragrande maggioranza dei nostri cittadini non ha bisogni particolari. Certamente il contraccolpo economico dell’emergenza sta interessando tutti, ma è anche vero che il Governo britannico ha mobilitato risorse imponenti per sostenere reddito e imprese.

Segue a pag. 2

SI POTEVA FAR TESORO DELLA “LEZIONE ITALIANA”

Siamo stati purtroppo facili profeti, noi Italiani d’Inghilterra, segnati dalle notizie che arrivavano dal nostro Paese e dai racconti di parenti ed amici, quando guardavamo inorriditi alla sottovalutazione del virus da parte del governo inglese, Premier in testa. Lunghissime settimane di fine febbraio e prima metà di marzo. Solo il 20 marzo, un venerdì sera, in tutta fretta, Boris Johnson annunciava la chiusura immediata di locali pubblici, pub, ristoranti, Marco Varvello cinema, teatri e sale da musica. Il lunedì Corrispondente RAI da Londra successivo, finalmente, i divieti in stile italiano. Lockdown con almeno un mese di ritardo. Siamo stati facili profeti che le cose qui potessero andare anche peggio che in Italia. E così è puntualmente avvenuto, perché nessun Paese e nessun popolo ha gli anticorpi diversi dagli altri. Questa tragedia non consente scorciatoie e non ammette soluzioni facili. Così mentre il Regno Unito ha conquistato il triste primato del maggior numero di vittime in Europa e secondo al mondo dopo gli Stati Uniti, si guarda sconfortati non solo alle settimane passate e in gran parte perse, ma anche ad un futuro che rimane incerto, molto più confuso e indeterminato rispetto al resto d’Europa. E’ chiaro che la raccomandazione “Stay alert” è troppo generica senza precise linee guida come quelle imposte in Italia, sul distanziamento, le mascherine, la sanificazione degli ambienti di lavoro e così via. Rimane la sgradevole impressione che la strategia della “Herd immunity” sia ancora nel retropensiero del governo e dei suoi consiglieri, nonostante la brutta esperienza personale del Premier. D’altronde era stato addirittura Donald Trump a confermare che quella era la linea iniziale delle autorità britanniche: “Il governo inglese si è messo in un bel pasticcio - aveva detto il Presidente americano nella conferenza stampa del 31 marzo alla Casa Bianca - hanno cambiato idea solo dopo aver visto che le cose non andavano per nulla bene”. Parole che sono state la pietra tombale sulle scelte del governo amico di Boris Johnson. Per non citare poi l’affannosa ricerca di ventilatori polmonari, dopo avere rifiutato di aderire al programma europeo di condivisione. O la tragicomica vicenda dei PPE dalla Turchia, camici ospedalieri, mascherine e guanti attesi disperatamente per giorni e poi dichiarati di qualità inutilizzabile. O i mancati controlli agli aeroporti sui passeggeri in arrivo, salvo poi imporre l’obbligo tardivo di quarantena nei prossimi mesi. Se l’NHS e gli ospedali hanno retto in queste settimane è dovuto al fatto che, contrariamente all’Italia, i focolai non sono scoppiati in una area limitata ma si sono distribuiti in tutta l’Inghilterra. E poi perché le procedure sono state drastiche, quasi brutali, per evitare il più possibile i ricoveri. Lo sanno bene tante famiglie, anche di nostri connazionali, respinti all’accettazione e poi deceduti a casa. Anche giovani, come il 19enne Luca Di Nicola e il 43enne Lucio Truono. Segue a pag. 25


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