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Editoriale

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Volvo Titan, il più grande dei mezzi pesanti che portò il turbodiesel

C’è stato un tempo in cui sulla Terra vivevano forze primordiali, secondo la leggenda. Furono chiamati Titani e, fino all’arrivo degli dei olimpici, detennero il potere totale sul pianeta. È a loro che, in una certa misura, si ispirarono i progettisti di Volvo quando, sul finire degli anni Quaranta si misero al lavoro sul nuovo mezzo: il Volvo Titan. Si trattava di un veicolo imponente, che presto dimostrò il suo valore sul campo. Oltre a introdurre, primo fra i mezzi pesanti, la tecnologia del motore turbodiesel. Oggi scopriremo la sua storia, che merita di essere approfondita proprio per le innovazioni che apportò al settore del trasporto di merci.

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Volvo Titan, la storia del titano che introdusse il turbodiesel

Alla fine degli anni Quaranta, ormai, la grande guerra si appresta a essere solamente un nefasto ricordo. Tutte le aziende, comprese le case produttrici di mezzi pesanti, sono tese nello sforzo di risollevare l’economia globale dopo un periodo drammatico. Fra queste, anche Volvo. La compagnia svedese, che durante la Seconda Guerra Mondiale ha accresciuto di molto il suo prestigio internazionale, ha ancora a catalogo un mezzo di vecchia concezione: il Volvo LV290, conosciuto anche come Volvo Longnose. Un mezzo insufficiente per sostenere lo sforzo postbellico, perché, a parte il motore di concezione relativamente nuova, il resto era stato praticamente editato dalla precedente serie. Una condizione che, inevitabilmente, stava spingendo sempre più la clientela fra le braccia dei rivali scandinavi di Scania. Parte così la progettazione del Volvo Titan, nome pubblico del Volvo L395.

La storia del Volvo L395, il titano che in origine aveva un altro nome

A cavallo fra la fine degli anni Quaranta e l’inizio dei Cinquanta, i progettisti della casa di Göteborg si misero a lavoro al progetto del nuovo mezzo pesante. Il progetto prese il nome di L395 e, sin dal principio, aveva l’obiettivo di distaccarsi sensibilmente con quanto fatto fino ad allora. L’epoca è ancora quella dei mezzi con propulsione diesel primordiale, ancora dotata di precamera di combustione e, pertanto, piuttosto inefficienti. Con il Volvo Titan, invece, tutto era destinato a cambiare.

La presentazione ufficiale del L395 Titan avvenne sul finire dell’autunno del 1951. Contestualmente, la casa costruttrice avviò anche una massiccia campagna di comunicazione, che propose un nuovo approccio: la brochure di presentazione mostrava fin dalla copertina, nell’illustrazione di Erik Nielsen, un Titan intento a superare agevolmente una ripida strada di montagna, probabilmente a pieno carico. L’iniziativa più interesse, piuttosto inusuale per l’epoca, riguarda proprio il nome del nuovo veicolo Volvo. Come detto, inizialmente il progetto aveva il nome di L395. Un nome piuttosto usuale per l’epoca, che però non soddisfaceva il reparto marketing. Per questa ragione, decisi a cambiare la denominazione del proprio parco veicolare, il Consiglio d’Amministrazione di Volvo deliberò per la nuova linea di nomi che prevedeva, accanto al codice del progetto, un nome evocativo. Ciò fatto, fu lanciato un concorso pubblico che decretò la vittoria di Titan. Questo modello, pertanto, fu il primo di una lunga serie di veicoli caratterizzati da noi evocativi come Viking, Brage, Raske, Starke, Snabbe.

Ciò che caratterizzò sin da subito il nuovo L395 Titan fu il propulsore. Dal punto di vista del telaio, infatti, buona parte del veicolo condivideva l’impostazione della serie precedente. Il nuovo motore a diesel, costruito in lega d’alluminio, ereditava l’esperienza che Volvo aveva acquisito in campo aeronautico con Volvo Svenska Flygmore. Al suo debutto, nel 1951, il propulsore, che aveva una cilindrata di 9.602 cm3, era in grado di sprigionare una potenza massima di circa 150 CV. Con esso, il Titan fu equipaggiano fino al 1953 quando fu sostituito con il D96, una versione migliorata rispetto al propulsore precedente. Il meglio, però, doveva ancora venire. Nel 1954, con la necessità di soddisfare gli utenti più esigenti, fu introdotto un nuovo propulsore. Si trattava di una versione che introduceva, per la prima volta, il turbocompressore sui mezzi pesanti. In realtà, a questo proposito, nacque una diatriba, ancora oggi in corso, con MAN. Anche la società tedesca, infatti, vanta di aver introdotto per prima il turbocompressore nei motori dei propri mezzi. In ogni caso, grazie al turbocompressore che pesava solamente 25 chilogrammi, i motoristi di Volvo riuscirono a ottenere 35 CV in più, portando la potenza complessiva a 185 CV. Ciò, finalmente, giustificava anche un costo del mezzo più elevato rispetto alla concorrenza. La produzione di questa versione, così come quella della versione con motore diesel tradizionale, proseguì fino al 1965, con un discreto successo in termini di vendite.

Le versioni successive del Volvo L495

Anzi, nel 1959 Volvo introdusse un’altra versione, il Volvo L495 Titan Tiptop. Questo nuovo modello introdusse la cabina ribaltabile, che consentiva un accesso semplificato al propulsore stesso. La rivoluzione, invece, arrivò proprio nel 1965, quando Volvo decise di allestire un nuovo mezzo. Si trattava dell’N88, dotato sia di motore diesel che di motore turbodiesel, rispettivamente capaci di sviluppare 200 CV e 260 CV. Con queste due versioni, prima di introdurre un nuovo modello, il Volvo N10, la casa costruttrice andrò avanti fino al 1973. Fino ad allora, Volvo produsse 39.700 esemplari. Adesso conoscete la storia del Titano di Volvo, che seppe farsi rispettare ovunque e in qualsiasi condizione di trasporto.

De Rosa: «Un’authority per le infrastrutture partecipata dai trasportatori»

Creare una cabina di regia per monitorare, costantemente, la salute dei porti, delle strade e autostrade italiane. È questa l’idea di Domenico De Rosa, amministratore delegato di SMET e presidente della commissione Autostrade del Mare di ALIS, l’Associazione Logistica dell’Intermodalità Sostenibile. Un network presente in maniera capillare in tutta Italia, che oggi conta più di 1.600 aziende associate, oltre 196.000 unità di forza lavoro, un parco veicolare di oltre 134.000 mezzi, più di 140.500 collegamenti marittimi annuali, più di 130 linee di Autostrade del Mare, oltre 160 linee ferroviarie, 200.000 collegamenti ferroviari annuali e 32 miliardi di euro di fatturato aggregato.

E proprio durante la tre giorni di ALIS, tenutasi dall’1 al 3 luglio 2021 nella splendida cornice dell’Hilton Palace di Sorrento, che De Rosa ha lanciato la sua idea. «Approfitto di questo magnifico evento per lanciare un grido d’allarme e una riflessione importantissima – ha esordito il patron di SMET – Le infrastrutture portuali sono fondamentali per il nostro Paese ma bisogna arrivarci. Quello che è successo in Liguria in questi ultimi giorni è terrificante. Si è avuto uno sciopero autonomo degli autisti che di fatto hanno bloccato i camion per un senso di esasperazione. In molte parti d’Italia abbiamo delle situazioni molto complicate dove talune amministrazioni procedono alla chiusura di tratti stradali. Un esempio è a Livorno, dove è stata chiusa la Firenze-Pisa-Livorno che è la dorsale che unisce la parte tirrenica al centro dell’Italia».

Il quadro esposto da De Rosa durante il suo intervento nell’incontro su “La transizione green del sistema portuale tra Europa e semplificazione”, moderato dal Angelo Scorza, ha dato luogo a numerose riflessioni. «Oggi sfido chiunque – tuona il presidente della commissione Autostrade del Mare di ALIS – a trovare un asse stradale che non sia oggetto di lavori, spesso con cantieri fantasma. Noi, che siamo operatori professionali, dobbiamo affrontare limitazioni e danni che poi si producono nel non poter sfruttare quella che è un’eccellenza tutta italiana come le Autostrade del Mare, che tutta Europa ci invidia e che potrebbe effettivamente l’unica soluzione alla fragilità infrastrutturale del nostro Paese. Di fatto i nostri porti sono cresciuti in maniera esponenziale negli ultimi dieci anni, grazie anche al lavoro quotidiano di presidenti e di imprenditori che hanno permesso dragaggi e l’arrivo di grandi navi di nuova generazione (vedi le navi classe Eco della Grimaldi Group, di cui SMET è partner storico). Ma bisogna arrivarci ai porti».

Una platea di prim’ordine quella di ALIS, ricca di politica, imprenditoria ed esperti del settore provenienti da tutta Italia. Dal ministro degli Esteri, Luigi Di Maio al leader della Lega Matteo Salvini, il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca

e poi un parterre di giornalisti come Nicola Porro, Massimo Giletti, Bruno Vespa e tanti altri.

«Vorrei lanciare un grido di aiuto – propone De Rosa durante il suo intervento – e proporre di coordinare una cabina di regia attraverso ALIS, che è sostanzialmente la prima e l’unica associazione che ha permesso di mettere a sistema tutto il cluster della logistica, per portare alla politica tutte le riflessioni riguardanti gli aspetti infrastrutturali e la viabilità. Ecco perché c’è la necessità che la politica ci ascolti, creando delle cabine di regia, delle authority dove ci sia all’interno la presenza del controllore, che è il fruitore e il pagatore di queste infrastrutture. Non è possibile che chi paga e utilizza queste infrastrutture debbano essere spettatori e vittime di queste opere fantasma».

OM Leoncino, il primo della serie zoologica delle Officine Meccaniche

Nell’Italia dell’immediato dopoguerra c’è bisogno di tante cose, ma c’è anche tanta voglia di iniziare una nuova fase storica. C’è bisogno di ricostruire ciò che la guerra ha spazzato via e c’è necessità di mezzi in grado di sostenere il grande sforzo economico e le sue conseguenze. Quel boom economico di cui l’Italia si rese protagonista, proprio in quegli anni, anche grazie a mezzi come l’OM Leoncino. È a questo mezzo, capace di rispondere alle esigenze di un mercato in fermento, che dedichiamo questo approfondimento.

OM Leoncino, il piccolo che divenne capostipite

Le Officine Meccaniche, azienda milanese e bresciana specializzata nella costruzioni di mezzi pesanti, sono fra i protagonisti di questo processo. Con i cosiddetti musoni, come l’OM Loc, e più tardi con mezzi più moderni ed efficienti come quelli della cosiddetta serie zoologica, di cui proprio l’OM Leoncino faceva parte. Un mezzo leggero eppure, allo stesso tempo, sufficientemente robusto per resistere agli sforzi che gli italiani dovettero affrontare per rifondare il paese. Iniziamo a conoscerne la storia.

La storiadell’OMLeoncino, il cavallo di battaglia delle Officine Meccaniche

A cavallo fra gli anni Quaranta e Cinquanta, OM propone ancora il suo Loc. Un mezzo lanciato dalla svizzera Saurer, di cui OM era licenziataria, nato addirittura prima della guerra e, per questo motivo, ormai abbastanza obsoleto. Per questo motivo, sul finire degli anni Quaranta, i progettisti delle Officine Meccaniche si misero al lavoro per disegnare un proprio mezzo. I tecnici della casa milanese e bresciana, quindi, concentrarono la propria attenzione sulla progettazione di un nuovo telaio e di un nuovo propulsore, che potesse rispondere alle esigenze della domanda italiana. Per questo, la prima sostanziale differenza fra il nuovo mezzo e il vecchio Loc, fu lo spostamento della cabina in posizione avanzata, che rendeva molto più semplice la guida da parte degli autisti.

Nacque così il Leoncino OM, che fu presentato nel 1950 raccogliendo da subito un grande successo in Italia e non soltanto. Basti pensare che, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, il nuovo mezzo rafforzò anche i rapporti fra l’azienda italiana e quella svizzera. Quest’ultima, infatti, non aveva nel proprio listino un mezzo che rispondesse alle caratteristiche del Leoncino e pensò di poterlo importare in Svizzera. Iniziò così un rapporto che sarebbe durato negli anni anche con gli altri mezzi della serie zoologica. La Saurer, tuttavia, non fu l’unica a esportare il mezzo: anche la francese UNIC importò in patria il Leoncino con il nome di 34C.

Le caratteristiche tecniche del Leoncino OM

Perché il Leoncino OM ebbe questo grande successo? Come detto, il mezzo messo a punto dalle Officine Meccaniche rispondeva meglio, già a partire dalla conformazione della cabina, alle esigenze dei trasportatori italiani. Le sue dimensioni, peraltro, erano adatte alle strade italiane, tutt’altro che impeccabili: lunghezza di 4.890 mm, larghezza di 2.000 millimetri e passo di 2.600 millimetri.

La principale delle caratteristiche del Leoncino, più che nelle fattezze, risiedeva tuttavia nella solidità del mezzo: dotato di un autotelaio in acciaio con longheroni a C e ammortizzatori idraulici telescopici, il mezzo era capace di una portata utile fra le 3 e i 3,5 tonnellate, il mezzo aveva una massa a pieno carico di 6,5 tonnellate.

Dal punto di vista propulsivo, invece, all’esordio il mezzo era dotato di un motore diesel quattro cilindri a iniezione diretta da 3.770 centimetri cubici e una potenza massima di 54 CV a 2.100 giri/min. Grazie a questo, il mezzo era in grado di raggiungere una velocità massima di 77 km/h ed era in grado di affrontare una pendenza a pieno carico del 28%. Successivamente, nel 1954, il mezzo fu dotato di un motore con cilindrata maggiorata di 4.156 centimetri cubici, che alla fine dello sviluppo del mezzo diventarono 4.561 centimetri cubici per una potenza massima di 92 CV.

Anche dal punto di vista delle dotazioni di bordo, l’OM Leoncino presentava delle interessanti innovazioni. Il posto di guida, disposto sulla destra, era contraddistinto da un volante a tre razze e un cruscotto con tre strumenti circolari retroilluminati. Inoltre, il cambio a cinque marce, era dotato di leva di azionamento direttamente al volante. La prima serie del Leoncino, inoltre, prevedeva il parabrezza apribile – ma successivamente fu dotato di parabrezza fisso – e porte apribili controvento, come si usava all’epoca. Quest’ultima caratteristica, comunque sia, fu successivamente cambiata.

La produzione del Leoncino, che in un certo senso fu capostipite della serie zoologica, proseguì fino al 1970. Non prima, però, che il mezzo cambiasse nome a seguito della fusione di Fiat Veicoli Industriali e di OM, in OM 65.

Attualità Domenico De Rosa ai microfoni del talk di ALIS per parlare del PNRR

Nell’ambito dei talk di ALIS, l’Amministratore delegato del Gruppo SMET, Domenico De Rosa, è intervenuto per portare il proprio contributo insieme con il Direttore generale alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Francesco Tufarelli, dell’ex sottosegretario Salvatore Margiotta e con la docente dell’Università Roma Tre, Francesca Faggioni, per un interessante confronto sui trasporti.

Non tutti sono ottimisti, dottor De Rosa: è giustificato essere un po’ San Tommaso sull’utilizzo dei soldi?

«Noi partiamo, comunque, da uno storico non favorevole. Sicuramente la dazione del Recovery è una dazione importante, ma non importantissima per quello che noi abbiamo patito con l’ondata pandemica del 2020. Come sistema paese, 200 miliardi non cambiano lo stato del paese rispetto a dov’era prima, a febbraio 2020, con una recessione spinta. Il secondo aspetto: credo vada sottolineato che molta parte di questi soldi sono soldi a debito. Per cui un errore nella gestione di questi soldi porterà le imprese e in generale la generazione che seguirà a colmare un altro gap che diventerebbe insormontabile: stiamo giocando il futuro dell’Italia».

Quindi, o sono fondi in grado di innescare economie positive o alla fine rischiano di essere solo un debito ulteriore.

«Devono necessariamente essere una leva: attorno al contributo della riforma e allo sprint economico che questi soldi devono mettere, ci devono essere fondi privati. Un euro speso dallo Stato devono convogliare almeno due o tre euro privati affinché questa economia possa tornare a brillare».

Lei crede che questo avverrà?

«Devo crederlo, diamo il contributo perché questo avvenga. Diversamente, senza la speranza che questo possa avvenire, ci dovremo fermare tutti».

Le imprese del Mezzogiorno sono state sostenute abbasta oppure i sostegni dati alle imprese del Mezzogiorno sono stati inferiori a quelle del nord?

«Il Mezzogiorno non vuole essere trainato. Il Mezzogiorno ha una grandissima capacità di poter sostenere il paese. Se non si investe dal Mezzogiorno, l’Italia intera non può emergere soprattutto in momenti come questi di ripartenza».

In questa fase di transizione, le imprese hanno dei costi in un momento complesso. Come potete assolvere da soli questi problemi? C’è bisogno di uno Stato che aiuti l’impresa, affinché il volano si metta in azione?

«Il tema della transizione energetica è un tema priorità delle agende mondiali. Quello che dicono le imprese a gran voce è che non può essere affrontato con l’ideologia e non può essere affrontato in maniera scevra dai contesti industriali e sociali dei paesi. L’Italia nel pacchetto delle riduzioni del 2030 e del 2050 sono in certi casi delle trasformazioni che porterebbero a morire delle intere filieri industriali. Per cui se c’è quello non c’è l’industria, non c’è l’economia e l’economia si fa attraverso le imprese. Nel trasporto, specialmente in casa ALIS, vorremmo che la politica interpretasse delle misure, non solo di medio e di lungo termine come la decarbonizzazione, ma che si potesse effettivamente sostenere anche politiche industriali e del trasporto, come lo shift bonus attraverso l’incentivo Marebonus e Ferrobonus che, invece, vediamo penalizzato quest’anno e nel futuro. Abbiamo chiesto come ALIS che fossero implementati dei fondi, per dare effettivamente lo stimolo alla riduzione delle emissioni, perché non si ottengono le riduzioni in atmosfera solo passando dai motori endotermici a quelli elettrici – e anche qui la questione ancora non è tecnicamente pacificata – mentre abbiamo certificato che lo shift modale dei trasporti è sicuramente impattante, non solo per le emissioni di CO2, ma anche per le infrastrutture che nel nostro paese sono enormemente fragili».

SMET: De Rosa, bene investimenti su scali portuali ma priorità è ammodernamento rete infrastrutturale

“Apprendiamo con soddisfazione che il Pnrr stanzia 380 milioni di euro da destinare ai porti di Napoli e Salerno. L’obiettivo strategico è quello di migliorare la qualità dei servizi portuali: siamo certi che il finanziamento delle opere già in corso darà un forte impulso al trasporto intermodale, consentendo l’attracco a navi di dimensioni sempre maggiori, quali le nuove unità da 500 trailer del Gruppo Grimaldi”.

A commentare la notizia che riguarda i porti campani è Domenico De Rosa, CEO del Gruppo SMET, l’operatore logistico intermodale leader a livello europeo, e Presidente della Commissione Autostrade del Mare di ALIS, l’Associazione Logistica dell’Intermodalità Sostenibile presieduta da Guido Grimaldi. Tra le opere più urgenti individuate dal Pnrr ci sono il prolungamento della diga foranea a Napoli, i dragaggi a Salerno e l’elettrificazione delle banchine in entrambi i porti. Ma Domenico De Rosa guarda oltre e richiama l’attenzione sullo stato di degrado in cui versano le infrastrutture italiane.

“Un porto efficiente deve essere collegato al resto del paese da una rete infrastrutturale moderna e altrettanto efficiente – commenta il CEO di SMET – L’attuale situazione delle autostrade italiane è sotto gli occhi di tutti: ad oggi in Italia non abbiamo neanche un tratto autostradale libero da lavori e cantieri fantasma, con gravi limitazioni per la circolazione delle persone e delle merci. Non dobbiamo dimenticare che l’ammodernamento delle infrastrutture è la vera priorità del paese”.

E a questo proposito conclude: “Auspichiamo la sospensione immediata del pedaggio autostradale, fino a quando la libera circolazione di persone e merci sarà complicata dalla costante presenza dei cantieri. Sarebbe un gesto di grande responsabilità da parte dei gestori”.

© Logistica

Mobilità sostenibile, De Rosa: «Misure per abbattere le emissioni»

«Per una mobilità delle merci davvero sostenibile bisogna dare dotazioni adeguate e continuità a misure come Marebonus e Ferrobonus che hanno effettivamente garantito un risparmio in termini di emissioni di CO2 in atmosfera con un risparmio di esternalità per lo Stato di centinaia di milioni di euro all’anno e con un alleggerimento della pressione sulle fragilissime infrastrutture italiane di milioni di tir». Domenico De Rosa, CEO del Gruppo SMET, azienda leader in Europa nella logistica integrata, ha ribadito questo concetto anche a Manduria, nel corso dell’evento organizzato da ALIS su “Trasporti. Logistica. Sostenibilità. Green e blue economy per la ripartenza”. Nel primo talk, i presidenti delle Autorità di Sistema Portuale Andrea Annunziata, Pino Musolino, Sergio Prete e Ugo Patroni Griffi, insieme ai presidenti delle Commissioni di ALIS Matteo Arcese (Affari Europei), Luigi D’Auria (Trasporto Internazionale), Domenico De Rosa (Intermodalità Marittima e Autostrade del Mare) e Alessandro Valenti (Intermodalità Ferroviaria) sono stati moderati dal direttore di Economy Sergio Luciano e hanno evidenziato le necessità di un comparto strategico come quello logistico specialmente nel centro-sud. E il presidente di ALIS, Guido Grimaldi, ha messo in risalto l’urgenza di approvare riforme e interventi volti alla semplificazione, alla modernizzazione delle infrastrutture e alla ritrovata centralità del nostro Paese come piattaforma logistica strategica al centro del Mediterraneo. Il secondo talk, che è stato moderato da Bruno Vespa, ha visto uno stimolante confronto tra il viceministro delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili, Alessandro Morelli, il capo di Gabinetto della Regione Puglia Claudio Stefanazzi, il presidente della Commissione ALIS su Interporti e Hub Logistici Strategici Giancarlo Cangiano e il presidente del Gruppo Casillo, Pasquale Casillo.

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