Verona In 03/2004

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Ambiente La presenza di diossina, la bonifica da effettuare nei terreni usati come discarica per i materiali di scarto della lavorazione e i problemi legati alla viabilità rendono necessario lo spostamento della ditta per garantire la salute dei cittadini e la qualità del territorio. Trasloco indispensabile per programmare il recupero dell’area pensando al futuro di Verona. È infatti anacronistico che nel 2004 sia ancora presente un’industria pesante a 800 metri dal centro storico e a poche decine di metri da zone abitate. Nelle varie stesure di varianti al Piano Regolatore si è avanzata la ricollocazione in aree industriali specifiche e il recupero della zona a fini naturalistici, come il Parco dell’Adige, ma anche residenziale e commerciale. Tutto però è rimasto immutato perché le amministrazioni comunali che si sono succedute nel tempo non sono riuscite ad approvare nessun nuovo strumento urbanistico. A oggi rimane infatti in vigore il Piano Regolatore del 1975. All’immobilismo del Comune dobbiamo aggiungere una posizione molto rigida da parte dei vertici aziendali della Riva, che hanno sempre rifiutato qualsiasi proposta di delocalizzazione. * Presidente Legambiente Verona

Così è nata la Verona industriale L’indomani dell’annessione all’Italia, la situazione economica di Verona era precaria. Cessate le possibilità di lavoro legate alla presenza della guarnigione austriaca e alle opere di fortificazione, non era certo l’industria che poteva risollevare le sorti della disoccupazione. Nel comune di Verona nel 1861 restavano solo un paio di filande di seta, una trentina di mulini da grano e diverse concerie. Dopo l’unificazione la città non riuscì a portare a termine alcuna iniziativa degna di nota nel settore industriale e tutti i tentativi per impiantare nuovi opifici fallirono, anche per la difficoltà di raccogliere i capitali sufficienti al loro avvio. Alla precarietà economica si aggiungeva l’incertezza che veniva da un acceso dibattito tra i sostenitori di una “Verona industriale” opposti ai conservatori che sostenevano la vocazione agricola della città e del territorio. La scelta per il futuro industriale di Verona fu dunque combattuta tra desideri di sviluppo e timori per la presenza di estranei in grado

di modificare il tradizionale ambiente sociale e culturale costituendo un fattore di turbamento dell’ordine pubblico. L’occasione per un confronto tra i sostenitori dello sviluppo industriale e quelli della Verona agricola fu il progetto per un canale destinato alle fabbriche che il sindaco Camuzzoni affidò all’ingegnere Enrico Carli nel 1872. La localizzazione della futura zona industriale, che doveva usufruire dell’energia prodotta dal canale, fu oggetto di discussioni e, dopo una prima proposta di utilizzo della Campagnola, che vide insorgere i possibili espropriati, fu infine individuato Basso Acquar quale area di sviluppo industriale. Una spinta alla ricerca di nuova forza motrice e di nuovi spazi per l’industria venne dalla catastrofica inondazione del 1882 e dalla successiva costruzione dei nuovi argini.La chiusura del canale dell’Acqua Morta comportò il trasferimento di concerie di pellami, tintorie e segherie tra cui si ricordano le segherie Foresti e il cappellificio Borsalino.

Altre piccole industrie dovettero trasferirsi a seguito della chiusura dell’Adigetto e ai lavori per la costruzione dei lungadige che implicavano l’abbattimento di case e opifici. Un passo in avanti nello sviluppo dell’industria veronese fu dunque la costruzione del canale Camuzzoni, la cui energia, dopo ulteriori discussioni e variazioni rispetto al progetto originario, fu utilizzabile a partire dal 1887. È da notare come il canale e l’area industriale del Basso Acquar siano state il frutto di diversi compromessi che ridimensionarono l’idea di fare di Verona un vero centro industriale. Come evidenziano Facci e Palmieri ne “L’industria a Verona negli anni della grande crisi” (Cierre 1998): «Il progetto di una Verona industriale era ormai caduto (...), molto più modestamente al canale si assegnava il solo compito di alimentare alcune industrie di medie dimensioni nell’area industriale di Basso Acquar e contemporaneamente di fornire energia a piccole attività artigianali diffuse sul territorio circostante».

Rimane in vigore il Piano Regolatore del 1975. Nelle varie stesure di varianti si è avanzato il progetto della ricollocazione in aree industriali specifiche e il recupero della zona a fini naturalistici, come il Parco dell’Adige, ma anche residenziale e commerciale Un’immagine storica dell’interno delle ex Officine Galtarossa

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Giugno 2004


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