Skan Magazine n.16

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la durata del pasto, e il patrigno che, con disprezzo, gli ricordava in ogni momento quanto fosse stupido e debole. Non aveva mai avuto il coraggio di affrontarli, ma in quel momento non si sentiva né stupido, né debole. * * * Quella mattina Mike si stava recando a un sopralluogo. Robert, il detective con cui indagava, era alla guida dell’auto e lo stava ragguagliando sugli ultimi sviluppi del loro caso. A un certo punto la radio annunciò: “A tutte le unità nei

pressi della Jefferson High School. Sparatoria in corso. Un agente ferito. Convergere sull’edificio scolastico ”.

«Non è la scuola di tua figlia?» chiese Robert allarmato. Mike, che aveva già messo il lampeggiante sul tetto, disse: «Presto, torna indietro!» L’auto, al suono della sirena, fece un’inversione a “U” nel traffico. Erano lontani e non sarebbe stato loro compito intervenire, ma questa volta era diverso. Per tutto il tragitto, Mike tentò più volte di chiamare Jennifer al cellulare, ma non ottenne risposta. Suonava a vuoto. Quando giunsero alla scuola, la trovarono già circondata e parcheggiarono tra due volanti con i lampeggianti accesi. Il terreno intorno all’edificio era deserto; si poteva notare solo un corpo disteso sulle scale dell’ingresso, in apparenza senza vita. Allora Mike chiese ragguagli

all’ufficiale di polizia che dirigeva le operazioni. «C’è stata una sparatoria. Molti studenti sono fuggiti, ma alcuni di loro, forse una decina, sono ancora in ostaggio all’interno. Sembra che il responsabile sia un solo studente. Ora sto aspettando la squadra del negoziatore». «Le perdite?» «Uno dei primi agenti accorsi ha provato a entrare, ma è stato colpito non gravemente all’ingresso. Comunque, è riuscito ad accertare che il ragazzo steso sulle scale è morto. Tra gli evacuati c’è un altro ferito leggero, lo trovi laggiù», e indicò un’ambulanza poco lontano. Mike riconobbe l’insegnante di scienze di sua figlia, al quale un paramedico stava medicando una ferita al braccio, mentre un agente lo interrogava. «Sono il padre di Jennifer Wilson; mi può spiegare che cosa è successo?» Il professore, visibilmente scosso, si guardava il braccio e ripeteva: «È stato Jim... l’ha presa male... è colpa mia». L’agente intervenne: «È in stato di choc, ma la ferita non è grave. Ha riferito di uno studente, Jim Daniels, che si è presentato a scuola con un’arma e ha fatto fuoco più volte. A quanto sembra, non tirava nel mucchio, ma selezionava con cura i suoi bersagli». L’insegnante continuava a farfugliare: «È colpa mia... quel “D” nel test... l’ha presa male». «Cosa ne è stato di mia figlia? Ha visto Jennifer Wilson?» gli chiese Mike, mentre continuava a chiamare col cellulare senza ottenere risposta.

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«Jennifer Wilson? Jennifer e Jim frequentano entrambi il mio corso... non so dov’è ora». Il paramedico li interruppe: l’ambulanza doveva partire. Mike cercò di ricordare chi fosse quel Jim di cui parlava l’insegnante. Non conosceva bene i compagni della figlia, ma gli venne in mente, due o tre mesi prima, un ragazzo strano, con problemi negli studi e in famiglia. Jenny aveva cercato di aiutarlo, ma lui in poco tempo aveva maturato un attaccamento eccessivo, e lei aveva preferito ridurre sempre più i contatti. Però le telefonate a casa si erano fatte insistenti e Mike a un certo punto si era intromesso. Non ricordava più con quali argomenti, ma intervenne in modo molto deciso perché quella persecuzione cessasse. Da quel giorno il ragazzo non si era più fatto sentire, e anche a scuola si teneva a distanza. Intanto, sul posto era arrivato Tom Scalise, il negoziatore del distretto, con la squadra d’assalto. Sembravano tutti ansiosi di risolvere la faccenda in fretta, prima che intervenissero i federali, e la cosa non piaceva per nulla a Mike, perché non aveva ancora scoperto dov’era Jennifer e se stava bene. «Ancora nulla?» chiese Robert. «Non risponde. Potrebbe aver perso il cellulare, però non è a casa, mi avrebbero già avvertito». Il quel momento squillò il telefonino. La suoneria corrispondeva a Jennifer e il display lo confermava. «Pronto, Jenny! Dove sei?» Silenzio.


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