Il “limite” dell’architetto di Raffaele Pé The production of spatiality is represented - litterally re-presented - as cognition and mental design, as an illusive ideational subjectivity substituted for an equally illusive sensory objectivism Edward W. Soja, Postmodern Geographies. The Reassertion of Space in Critical Social Theory (1989)
Quando nella storia dell’architettura abbiamo smesso di percepire come utile un disegno urbano preciso per la costruzione delle città in cui viviamo? Perché abbiamo deciso di rinunciare a quel tipo di futuro, a quell’immagine compiuta di un insediamento?
Queste le domande fondamentali a cui il nuovo libro di Vittorio Gregotti, Architettura e postmetropoli, cerca di dare una risposta, prendendo spunto dai caratteri della città attuale descritti da Edward Soja nel testo intitolato appunto Postmetropolis: Critical Studies of Cities and Regions. L’analisi di Gregotti è lucida e passa in rassegna caso per caso diversi esempi di città secondo una rappresentazione constativa della loro condizione, nel tentativo di individuare gli espedienti propri dell’architetto per operare con efficacia e coscienza in contesti metropolitani contemporanei.
La questione, presentata alla scuola di dottorato in architettura del Politecnico di Milano lo scorso 29 marzo, riflette sull’indebolimento dell’idea di limite, che ostacola l’iscrizione della questione-città entro una chiara cornice cognitiva e geografica. Il limite, spiega Gregotti, è innanzitutto quantitativo, in relazione all’inarrestabile espansione fisica della città che oggi si manifesta nel fenomeno di sprawl generico. Il limite riguarda le velocità e i tempi diversi con cui gli abitanti fruiscono dello spazio urbano disponibile muovendosi tra gli estremi di un’estesa rete di destinazioni possibili. Entro il limite stanno i rapporti sociali e la produzione di un cultura “locale” unica ed esclusiva di un luogo. Oltre il limite si chiarificano le relazioni politiche tra città e regione, si contrappone uno sfondo nitido ai processi preminenti del globalismo finanziario.