Master x numero 1

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Portrait Ferruccio de Bortoli: avrei fatto il sindaco di Milano _ p.20-21

Patrimoni Al lavoro per salvare i tesori della Mesopotamia _ p.8-9

Giornalismo Quei geni del Male: quando la bufala diventa arte _ p.10-13

Anno XIV | Numero 1 | Gennaio 2017 | www.masterx.iulm.it

Periodico del master in giornalismo dell’Università IULM Facoltà di comunicazione , relazioni pubbliche e pubblicità

Cultura L’era della narrazione: nasce il master in Arti del racconto _ p.14-17

MasterX Periodico del master in giornalismo dell’Università IULM Facoltà di comunicazione, relazioni pubbliche e pubblicità

IMMERSI NELLA NOTIZIA La nuova frontiera dell’immersive journalism: un’esperienza “totale” fino a confondere emozione e informazione. Alle pagine 4-7


sommario

MasterX Supplemento di LabIULM GENNAIO 2017 - N° 1 - ANNO 14

Diretto da: IVAN BERNI e STEFANO BARTEZZAGHI (responsabile)

IN QUESTO NUMERO

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Immersive reporting

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Patrimoni

Progetto grafico: ADRIANO ATTUS In redazione: Giorgia Argiolas, Carlo Maria Audino, Chiara Beria, Lorenzo Brambilla, Angela Briguglio, Angelica Cardoni, Michela Cattaneo Giussani, Eugenia Fiore Bennati, Laura Gioia, Andrea Ienco, Federica Liparoti, Eleonora Nella, Massimo Sanvito, Cecilia Tondelli, Daniele Zinni, Marcello Astorri, Sara Bernacchia, Gianluca Brigatti, Emanuele De Maggio, Federico Graziani, Matteo Macuglia, Andrea Madera, Alberta Montella, Francesco Nasato, Matteo Novarini, Giulio Pinco, Carolina Sardelli, Federico Spagna, Matia Venini Leto, Michele Zaccardi. Registrazione: Tribunale di Milano n.477 del 20/09/2002 Stampa: RS Print Time (milano) Master in Giornalismo Università IULM Direttore: Stefano Bartezzaghi Coordinatore didattico: Ivan Berni Responsabile laboratorio digitale: Paolo Liguori Tutor: Silvia Gazzola Docenti: Roberto Andreotti (Giornalismo culturale) Adriano Attus (Art Direction e Grafica Digitale) Federico Badaloni (Architettura dell’informazione) Camilla Baresani (Scrittura creativa) Ivan Berni (Storia del giornalismo, Editing e Deontologia) Marco Brindasso (Tecniche di ripresa, luci, montaggio) Marco Capovilla (Fotogiornalismo) Piera Ceci (Giornalismo radiofonico) Marco Boscolo (Data Journalism) Andrea Delogu (Impresa editoriale-TV) Cipriana Dall’Orto (Giornalismo periodico) Luca De Vito (Riprese e montaggio) Giuseppe Di Piazza (Progettazione editoriale e Giornalismo Periodico) Lavinia Farnese (Social Media Curation) Guido Formigoni (Storia contemporanea) Giulio Frigieri (Infodesign e mapping) Riccardo Iacona (Videogiornalismo) Bruno Luverà (Giornalismo e società) Caterina Malavenda (Diritto penale e Diritto del giornalismo) Matteo Marani (Giornalismo sportivo) Marco Marturano (Giornalismo e politica) Pino Pirovano (Dizione) Andrea Pontini (Impresa multimediale) Roberto Rho (Giornalismo economico) Giuseppe Rossi (Diritto dei media) Alessandra Scaglioni (Giornalismo radiofonico) Gea Scancarello (Storytelling digitale) Claudio Schirinzi (Giornalismo quotidiano) Gabriele Tacchini (Giornalismo d’agenzia) Vito Tartamella (Giornalismo scientifico) Fabio Ventura (Trattamento grafico dell’informazione) Marta Zanichelli (Publishing digitale) twitter.com/labiulmcampus youtube.com/clipreporter facebook.com/Masteringiornalismo

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editoriali

Visori e riprese a 360° La nuova frontiera del tecnogiornalismo promette una “total experience” nella notizia.

La missione archeologica della Iulm in Mesopotamia Nella piana di Erbil si scava per salvare le testimonianze delle civiltà millenarie tra Tigri e Eufrate che l’Isis ha distrutto e sfregiato.

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Quei geni del Male La straordinaria storia di un gruppo di giornalisti e satiri Trent’anni di bufale d’autore fra falsi quotidiani, critica corrosiva e l’invenzione della post-verità.

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L’arte del racconto Il nuovo master Iulm per specialisti dello storytelling

Stefano Bartezzaghi

Poetica e tecniche della narrazione dalla letteratura al cinema, dai social network al brand-content aziendale. Racconto, ergo sum: istruzioni per l’uso.

ELOGIO DELL’INCROCIO, MISSIONE DI UN GIORNALE

Global University Chronicle News in pillole dalle università di tutto il mondo. I Simpson in cattedra a Glasgow. Le università più paurose del globo.

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Portrait

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Social Monitor

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Scavi. Luca Peyronel, docente IULM, al lavoro con una collaboratrice nella piana di Erbil, nel Kurdistan iracheno

Intervista a Ferruccio de Bortoli Il grande giornalista parla della sua lunga carriera tra Corriere della Sera e Sole 24 Ore, del rapporto difficile con editori e politici e dei (pochi) desideri irrealizzati: “Avrei fatto volentieri il sindaco di Milano”.

Novità da Facebook e dintorni Evasori fiscali attenti ai selfie! Like & Unlike di Guido di Fraia.

Sharing world Il mondo della condivisione Cara auto ci piaci in comune. Pane & Sharing di Gea Scancarello.

Iulm news

Direttore del Master in Giornalismo IULM

_ Una nuova testata, una nuova grafica – progettata da Adriano Attus, maestro del settore -, una nuova scansione per nuovi contenuti. Il giornale prodotto dal Master di Giornalismo della Iulm cambia, ma non lo fa in omaggio alla mitologia del Nuovo, che anzi pare ormai dar segni dell’inizio di un declino o almeno di un ridimensionamento. Cambiamo perché è cambiato il posto del giornalismo del mondo, perché le persone – tutte le persone – sono meno abituate a maneggiare pagine di carta e perché un giornale prodotto da chi si avvia alla professione giornalistica, nel contesto Il giornalismo di un’Università che ha una forte voè l’altra uscita cazione per il contemporaneo, deve per i temi che si cercare il suo senso e la sua identità dibattono tutti i innanzitutto nel posto in cui nasce. giorni alla IULM Nella formula di «Master X», l’apprendimento della professione si confronta con la X, che è innanzitutto il simbolo alfabetico di ogni incognita: X è l’oggetto sconosciuto della nostra curiosità, primo motore di ogni vocazione giornalistica. Ma la X evoca anche l’incertezza, la fatalità, l’anonimato da svelare, la moltiplicazione e, soprattutto, l’incrocio. Master X è un giornale stampato su carta, ma il giornalismo del master Iulm è già un’attività polifonica, in cui si incrociano le diverse competenze e i diversi mezzi (audio, video, web) che necessariamente devono integrare le loro azioni nell’informazione contemporanea. L’altro in-

crocio è quello con la ricerca dei dipartimenti della Iulm e l’attività didattica delle facoltà. Il master è un’articolazione di un ateneo che, non solo per tradizione, produce e tramanda saperi che riguardano alcuni dei punti più sensibili del contemporaneo, dall’economia e il marketing all’arte, alla moda, al cinema, al giornalismo stesso. Alla Iulm la comunicazione non è una materia: è il metodo – inteso come risultato di una relazione fra una teoria e una pratica – che consente a tutte le materie di mettersi in comunicazione l’una con l’altra. A fianco della didattica, il giornalismo, e quindi anche il master dedicato, deve essere l’altra uscita per i temi che si dibattono tutti i giorni alla Iulm. Se la didattica elabora e trasmette il loro studio, il giornalismo ne coglie il rapporto con l’attualità. Il servizio sulle missioni archeologiche della Iulm in Mesopotamia, che è uno dei pilastri di questo numero inaugurale, è il primo esempio del rapporto tra ricerca giornalistica e ricerca universitaria che Master X intende esplorare. Fra le tante tendenze preoccupanti che hanno scosso cultura e informazione negli ultimi decenni, una può essere considerata come un buon segno: la tradizionale distanza fra dipartimenti e redazioni si è accorciata. Il giornalismo deve andare oltre la raccolta e la trasmissione di notizie, per cercarne il senso che nessun social network potrà mai attribuire loro; l’università deve confrontarsi in modo più diretto con la società. È questo l’incrocio a cui Master X dà appuntamento ai suoi lettori, dentro e fuori la Iulm.

Eventi e novità dal mondo Iulm.

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DATEMI UN VISORE SARà SUBITO SCOOP Tra dispositivi Oculus, realtà virtuale, scenari a 360 gradi l’informazione si trasforma in esperienza totale

REALTÀ SENZA LIMITI Bastano un visore e uno smartphone per essere proiettati nel mondo virtuale. La realtà non ha più confini

Di Federica Liparoti _ Il giornalismo immersivo è la nuova frontiera dell’informazione? Il New York Times è stato il primo con “The Displaced”, documentario 3D in cui si racconta la storia di tre adolescenti, testimoni di tre guerre: Siria, Ucraina e Sud Sudan. Girando lo smartphone e indossando gli auricolari si può esplorare la realtà virtuale che si ha intorno. Poi è stata la volta del Guardian con un reportage tridimensionale sulla vita in regime di isolamento. Il titolo è “6X9”, la misura della cella espressa in piedi, sette metri quadrati circa, in cui i detenuti sono costretti a vivere per ventitré ore al giorno. Una visione talmente straziante da essere vietata ai minori. Da informazione a esperienza totale. Come quella che ha vissuto chi ha guardato “Dentro la guerra”, il primo reportage dal fronte al mondo girato con una telecamera che registra filmati a trecentosessanta gradi. Sono italiani sia i suoi autori, Andrea Sceresini, Lorenzo Giroffi e Alfredo Bosco, sia la testata che l’ha pubblicato, Gli occhi della guerra, il progetto di crowdfunding per le inchieste nelle zone più calde del globo de IlGiornale.it. “Con i nostri giornalisti siamo stati dentro le trincee, nelle case di chi vive in prima linea nel Donbass, la regione contesa da Russia e Ucraina, dove ancora oggi si combatte, nell’indifferenza dei media occidentali” - spiega Andrea Pontini, amministratore delegato del sito - “i video realizzati con questa tecnologia permettono al lettore, non dico di vivere le stesse emozioni, ma di essere a fianco al reporter. È lo stile narrativo che

contraddistingue i nostri servizi dal fronte”. Perché la scelta di questa cifra stilistica? “Ci interessa avvicinare nuovi lettori al giornalismo di guerra. Ci rivolgiamo a chi è abituato allo stile di videogiochi come Call of Duty con un obiettivo ben preciso: fare loro sapere cosa accade nel mondo e quali rischi corriamo per raccontarlo”. La risposta del pubblico è stata positiva, “il servizio ha suscitato interesse, non solo in Italia. È un reportage molto forte perché i nostri reporter si sono trovati sotto i bombardamenti, un ordigno è esploso a poche centinaia di metri da loro”. Il video è stato diffuso sul web a giugno, ma in migliaia continuano a visualizzarlo. “I media italiani avevano smesso da mesi di raccontare il conflitto, si parlava di ‘crisi del Donbass’, ma si evitava con cura la parola ‘guerra’. Eppure al fronte si combatteva ancora. Si trattava di una guerra dimenticata, negata” - spiega Sceresini, il giornalista freelance autore del servizio - “offrire un’esperienza immersiva è stato un segnale forte. Tu neghi che c’è una guerra? Io ti ci ‘butto’ dentro”. Usare la telecamera a 360° è stata una sfida. “C’è una grammatica ancora da costruire. Non è il giornalista a scegliere cosa vedrà lo spettatore, che spostando il cursore del mouse può scegliere il punto di osservazione. È un linguaggio ancora da inventare”. Un linguaggio che affascina: anche Repubblica.it di recente ha pubblicato un reportage immersivo. Con una telecamera che registra filmati a trecentosessanta gradi i reporter del sito sono stati dentro al cratere del Centro Italia, scavato dalle scosse del recente sisma. “È stato il primo esperimento, l’obiettivo è produrre do- >

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> cumentari realizzati con questa tecnologia” - spiega Massimo Russo, direttore generale della Divisione Digitale del Gruppo. “Dove fa la differenza una visione totalmente immersiva? Nei luoghi inarrivabili, che altrimenti sarebbero preclusi al lettore. Zone colpite da terremoti, guerre, alluvioni. Ma non solo: il palco del concerto di Bruce Springsteen, ad esempio. El Pais ha ripreso a 360° le zone proibite, ancora da bonificare attorno alla centrale nucleare di Fukushima. Ogni luogo inaccessibile è potenzialmente uno spazio interessante in cui fare un’esperienza di giornalismo immersivo”. Una realtà, quella a 360°, che finora era stata legata al mondo dei videogiochi, del cinema, entra nel mondo dell’informazione. Questo può influenzare la lettura di ambienti immersivi che ludici non sono? “Un aspetto vincente di queste esperienze è il potersi muovere nella realtà virtuale, lo scoprire: elementi tipici del gioco” - riflette Federico Badaloni, responsabile dell’area di Architettura dell’Informazione della Divisione Digitale del Gruppo Editoriale L’Espresso - “d’altronde nell’immediato futuro vedo un successo di tutti quei tipi di narrazione in grado di suscitare la percezione emotiva della realtà”. Il ruolo del giornalista non rischia però di essere travolto da una tecnologia che trasforma l’informazione in una total experience? “I videogame sono parte dell’immaginario collettivo di oggi - commenta Russo - soprattutto di una certa fascia d’età, quindi utilizzare giornalisticamente quelle modalità espressive è doveroso, se si vuole raggiungerli”. Avendo però ben chiari limiti e regole della narrazione giornalistica. “C’è la possibilità che questi strumenti siano usati per raccontare ciò che accade come se si trattasse di fiction o peggio ancora utilizzando elementi di finzione paventa Russo - Ma fare questo significa non fare giornalismo”.

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Giornalismo a 360°? Stupido rinunciarvi

il sociologo

Massimo Russo, direttore della divisione digitale del Gruppo L’Espresso, spiega a Master X le sfide e le opportunità dell’immersive reporting. E racconta a che punto siamo in Italia

Di Laura Gioia _ Quando e come avete deciso di scommettere sull’immersive reporting? Il primo approccio è avvenuto a giugno di un anno fa, durante il festival di Repubblica, in collaborazione con il Google Cultural Institute: insieme mettemmo a disposizione dei lettori i visori Cardboard. Ma l’esperimento più significativo risale a novembre, quando abbiamo realizzato un video sui luoghi di Umbria e Marche colpiti dal sisma del 30 ottobre. Le riprese, realizzate con telecamera a 360°, mostrano i paesi di Visso, San Severino Marche e Castelluccio di Norcia devastati dal terremoto e ridotti ormai a un cumulo di macerie. Negli Stati Uniti, i giornali che hanno fatto operazioni di questo tipo hanno spedito ai loro abbonati degli occhialini per vedere i filmati in 3D. Anche il Gruppo Espresso farà lo stesso? E’ un progetto su cui stiamo già lavorando. La distribuzione dei visori sarà affiancata da una nuova sezione di Repubblica.it, sostan-

zialmente una piattaforma su cui saranno caricati documentari e video long-form a 360°. Il livello di immersività dipende però dal tipo di dispositivo usato a casa: se il lettore fruisce dei contenuti tramite i visori Cardboard e un telefonino Android, l’esperienza sarà totale, mentre con un pc o un iPad sarà in grado di ruotare il cursore e di spostarsi all’interno del luogo, ma senza avere la sensazione di essere lì veramente. In Italia questa tecnica è stata utilizzata, almeno finora, solo per gli scenari di guerra. Ma con il video sul terremoto avete dimostrato che può essere estesa anche ad altri orizzonti: quali sono, secondo lei, quelli per cui vale la pena fare una ripresa a 360°? Tutti quelli dove non si può arrivare. Posti che, per un motivo o per un altro, sono inagibili, come quelli colpiti da alluvioni e terremoti: in quest’ottica ho trovato interessante l’esperimento fatto da El Paìs che, qualche mese fa, ha prodotto un reportage sulle zone della centrale di Fukushima, dette “proibite” perché ancora sotto bonifica. Ma non solo. L’inaccessibilità è una condizione che riguarda

benissimo anche il mondo dello spettacolo: immaginate una telecamera a 360° piazzata sul palco di un concerto di Bruce Springsteen. Catapultando l’utente in mezzo a bombe o calamità naturali, questa tecnologia è in grado di suscitare emozioni forti. Talmente forti da far sì che, hanno notato negli Usa, il lettore possa sentirsi immerso in una sorta di fiction, col rischio che la narrazione venga vissuta più come entertainment che come giornalismo. Lei cosa ne pensa? Non credo ci sia questo pericolo. Viene da sé che come tutti gli strumenti anche questo va usato in maniera consapevole, ma rinunciarvi a priori sarebbe stupido. Fare bene giornalismo significa appropriarsi del linguaggio della contemporaneità, a maggior ragione se questo viaggia su codici che diventano veicoli di disinformazione, ma che hanno un peso enorme nell’orientare l’opinione pubblica. Videogame, Snapchat e web series in formato verticale fruibili dal telefonino: se l’attenzione delle persone sta qui, perché non puntare su questi linguaggi e sfruttarli al massimo?

AZIENDE E GIORNALI PRIMI TEST A cura di Eleonora Nella _

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1. NEW YORK TIMES

2. IL GIORNALE

3. PEuGEOUT

3. MSC CROCIERE

Il Times l’ha fatto per primo, con “The Displeced” lo spettatore si ritrova di fronte a quel che resta dopo la guerra e movendosi tra le macerie. La sensazione è di instabilità, si percepisce l’abbandono, si sente ancora la paura. Un crudo bagno di realtà dopo la guerra in Siria, in Ucraina e Sudan.

Dopo il Times il Giornale ha portato le telecamere a 360° in prima linea, sul fronte del Donbass. Nella regione contesa tra Russia e Ucraina il fruitore si trova accanto al reporter in una trincea sotto bombardamento. Fiato sospeso, paura e incuriosisce: è questa la ricetta dell’immersive journalism che fa immedesimare.

Grazie all’uso di videocamere con ottiche fish-eye Peugeot è in grado di far vivere a tutti l’esperienza di un giro in auto con un pilota di rally. I tre video, realizzati con la regia di Stefano Accorsi, riescono a trasmettere all’interno dello abitacolo la realistica sensazione della guida pur restando fermi in showroom.

MSC Crociere ha puntato sull’effetto wow e per raccontare l’esperienza sulle navi della compagnia invita tutti a bordo. Seppur solo virtualmente i clienti possono visualizzare gli ambienti della nave, entrare nei ristoranti, nella spa, fermarsi per un tuffo in piscina o per uno spettacolo teatrale.

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il giornalista

Vincenzo Russo

Ivan Berni

Professore di sociologia Iulm

Coordinatore Master in giornalismo Iulm

Dilemma tra emozione e veridicità

Attenzione all’effetto ottovolante

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Vivere la notizia da protagonisti e non più da spettatori. E’ questa la grande novità offerta dal giornalismo immersivo. Un nuovo modo di comunicare che esalta la forza e il valore dell’emozione legata a un’esperienza diretta, più che da quella narrata e registrata razionalmente dalla lettura della storia. In questo caso il coinvolgimento della dimensione emozionale rappresenta l’elemento più caratterizzante del processo. Se lo spettatore viene catapultato in una realtà parallela, vivendo in prima persona l’esperienza, si creano le condizioni per provare le stesse emozioni e sensazioni che avrebbe vissuto nella realtà vera. Grazie alle neuroscienze oggi sappiano che le emozioni non sono più elementi disturbanti del processo cognitivo, ma ne solo l’elemento più caratterizzante. La risonanza magnetica del cervello, effettuata durante le reazioni alle stimolazioni, ci conferma, infatti, che “non siamo macchine pensanti che si emozionano ma macchine emotive che pensano”. Le emozioni guidano i processi decisionali più di quanto abbiamo mai immaginato e ipotizzato. Esse permettono di memorizzare gli elementi di una storia con più forza di quanto si possa fare con il semplice processo riflessivo. A volte ciò avviene anche inconsapevolmente. Non a caso, la parte più importante del sistema mnemonico si trova nel Sistema Limbico, ovvero nella zona del cervello in cui risiedono le strutture deputate a determinare le emozioni. Ciò che ci emoziona viene, pertanto, memorizzato con più forza e più facilità. Antonio Damasio, noto neuroscienziato, ha dimostrato come le emozioni riescano a modificare strutturalmente le connessioni cerebrali, creando un forte legame tra l’emozione provata e la memorizzazione dello stimolo che l’ha determinata. Si comprende bene quale possa essere la forza dirompente del giornalismo immersivo. Ricordiamoci che come aveva detto il noto neurologo D. Calne afferma che “se la ragione porta a pensare, l’emozione porta ad agire”. Il problema della veridicità della narrazione rimane, però, irrisolta. Anzi sembra acuirsi notevolmente, poiché la memorizzazione del fatto narrato è sempre più strettamente connessa a come viene costruita la dimensione immersiva, da come vengono “disegnati” e proposti gli stimoli e dalle caratteristiche della narrazione, incrementando ulteriormente la responsabilità deontologica di chi progetta la storia da narrare.

L’undici ottobre 1963, due giorni dopo la tragedia del Vajont, Gianpaolo Pansa attaccava così il suo reportage da Longarone: ”Scrivo da un paese che non esiste più: spazzato in pochi istanti da una gigantesca valanga d’acqua, massi e terra piombata dalla diga del Vajont”. In 25 parole un’immagine, e un’emozione, che magistralmente fotografavano l’enormità della catastrofe. E poi in 140 righe tipografiche i numeri e le storie di quella tragedia. Gli occhi e la sensibilità di un grande inviato capaci di sintetizzare lo sgomento, l’orrore e la dismisura di quanto stava osservando, camminando fra le macerie, i cadaveri e le vite sconvolte dei sopravvissuti. Il lead di quell’articolo di Pansa uscito sulla prima pagina della Stampa è, giustamente, materia da manuali di g iornalismo. Ora immaginiamo di raccontare quella stessa tragedia attraverso la tecnica dell’immersive journalism. Immaginiamo che Pansa avesse con sé una sofisticata videocamera in grado di portarci “dentro la scena” a 360 gradi, di accompagnarlo in quella camminata fra i resti della catastrofe, di mostrarci la disperazione e l’angoscia dei vivi e i corpi dei morti in mezzo al fango e alle macerie di case che improvvisamente si sono trasformate in tombe. Per commentare quelle immagini, forse, sarebbe bastato dire “questo è quel resta di Longarone” e forse sarebbe stato superfluo persino dirlo. La forza emozionale di quelle immagini avrebbe prevalso, in ogni caso, sul testo.

Massimo Russo. Gruppo L’Espresso

i casi

Vivere nell’universo tecnologico è anche avere la possibilità di essere contemporaneamente in due posti. Ubiquità? No, Virtual reality. Mediata dai video giochi e declinata in varie forme ha invaso giornalismo e advertising che possono ora portare l’utente a curiosare indisturbato nella situazione presentatagli mentre sta comodamente sul divano.

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La domanda, a questo punto, è la seguente: siamo certi che la disponibilità di una nuova, straordinaria, tecnica - come l’immersive journalism - arricchisca la conoscenza e il grado di informazione di chi ne fruisce? Io penso che la potenza, e l’importanza, di un articolo come quello di Pansa quasi 54 anni fa, non siano replicabili. Perlomeno che non lo siano sul piano della compiutezza professionale e del servizio reso al pubblico. Andrea Sceresini, autore del documentario “Dentro la guerra”, girato con videocamere a 360 gradi, rileva giustamente che “c’è una grammatica ancora da costruire”. Ecco: oggi si dice che l’immersive journalism è una “total experience”, ma per il momento somiglia più a una corsa sull’ottovolante, che a un viaggio nella notizia, come il buon giornalismo dovrebbe essere.

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argomento

ARCHEOLOGIA

I salvatori della Mesopotamia sfregiata

la scheda

Parole chiave nella terra tra i due fiumi 1. mesopotamia Per Mesopotamia, ossia “terra tra due fiumi”, si intende la pianura compresa tra il Tigri e l’Eufrate. La particolare fertilità della regione ha favorito, a partire dal sesto millennio avanti Cristo, lo sviluppo dell’agricoltura, la nascita degli insediamenti urbani e il fiorire delle prime grandi civiltà. 2. kurdistan Il Kurdistan iracheno è una regione autonoma federata allo Stato centrale dal 2005. La capitale, Erbil, si trova a 85 chilometri da Mosul. L’etnia curda, di possibile origine iranica, si trova concentrata in alcuni territori di Turchia, Iran, Iraq, Sira e Armenia. I curdi, la cui consistenza numerica è difficile da stabilire (ma supera i venti milioni di persone) non hanno al momento una indipendenza politica nazionale.

La missione archeologica dell’Università Iulm nella Piana di Erbil: ricerca storica e impegno etico a un passo dall’orrore dell’Isis

Decine di secoli dopo le civiltà mesopotamiche, il Tigri è ancora spartiacque tra due mondi. Da una parte lo Stato Islamico, inseNella pianura irachena, tra i monti del Tau- diatosi a Mosul, dall’altra le forze peshmerro e il Golfo Persico, scorre un fiume che ga che presidiano il territorio della regione ha fatto la storia. È sulle rive del Tigri che i autonoma del Kurdistan iracheno. E questa primi abitanti della Mesopotamia, cacciatori volta, al conflitto militare si aggiunge la bate nomadi, diventarono agricoltori e cittadi- taglia tra chi protegge le vestigia del passato ni. Una fioritura culturale che segnò tappe e l’iconoclastia dei fondamentalisti: distrufondamentali della civilizzazione, tra cui la zioni a colpi di bombe, come a Palmira e scrittura e la costruzione dei primi complessi Nimrud, ma anche innumerevoli saccheggi monumentali. Oggi l’Università Iulm proteg- di siti archeologici. Mappare i siti in prossimità del ge l’eredità culturale dell’antico fronte è, nonostante i rischi, il Iraq con un progetto coordinato modo migliore per opporsi alla da Luca Peyronel, professore asbarbarie, per ristabilire un rapsociato di Archeologia del Vicino porto di fiducia tra istituzioni loOriente Antico e grande esperto cali, popolazione civile e comudi storia delle civiltà mesopotanità internazionale. Per questo il miche. progetto si rivolge prima di tutto La Missione Archeologica Italiaalla gente di Erbil, in parallelo ai na nella Piana di Erbil, supportaprogrammi di assistenza umata da Iulm, Ministero degli Affari nitaria promossi dall’Onu e da Esteri e della Cooperazione In- L’archeologo varie organizzazioni non goverternazionale, Regione Lombar- Luca Peyronel native. dia e Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, è attiva dal «La cooperazione internazionale non ba2013 nella zona sud occidentale della provin- sta – spiega Luca Peyronel – perché nessun cia omonima. Dopo l’interruzione causata intervento è possibile se non viene garantidall’avanzata dell’Isis, l’anno scorso il team to il controllo del territorio. Il progetto dei di archeologi e tecnici è tornato al lavoro nei “caschi blu della cultura” è sicuramente imsiti di Tell Helawa e Aliawa, portando alla portante, ma una forza di protezione può luce importanti reperti di epoca protostorica operare solo in un contesto di immediata (quarto millennio a. C.) e medio assira (XIII post crisi. In attesa della sconfitta dell’Isis, - XII secolo a.C.). L’area, accessibile da po- l’obiettivo principale è rafforzare il coordichi anni, è una vera e propria terra vergine namento con le autorità locali per predisporper i “big” dell’archeologia - l’università di re gli interventi da attuare in futuro. Solo lo Harvard e l’Oriental Institute di Chicago – Stato iracheno e la Direzione delle Antichità e i team francesi, tedeschi, greci e polacchi di Baghdad potranno assicurare la tutela dei che affiancano i nostri esperti sul terreno. Un tesori della Mesopotamia e ricostruire il tesimportante progetto di ricerca, dunque, ma suto culturale lacerato dall’occupazione». anche una missione dal profondo significato Stilare un bilancio dei danni sarà possibile solo dopo la fine delle ostilità, ma bastano le etico e culturale. Di Chiara Beria _

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3. isis L’Isis è un gruppo terroristico islamista. Nel 2014 ha occupato ampie porzioni di territorio in Siria e in Iraq, cancellando di fatto il confine tra i due Stati arabi. Il capo dell’organizzazione, Abu Bakr al Baghdadi, ha annunciato a Mosul la ricostituzione del Califfato, il regime teocratico istituito dai primi successori di Maometto. Una statua colossale di leone alato con testa umana proveniente da Nimrud e conservata al British Museum di Londra

immagini satellitari a documentare le proporzioni del saccheggio. Molti siti sono gravemente danneggiati dagli scavi clandestini o devastati dai bombardamenti, altri sono stati distrutti deliberatamente in quanto espressioni di culture preislamiche. Il furto di reperti non è una novità – molti sono stati trafugati nel 2003, dopo la caduta di Saddam Hussein - ma questa volta i predoni sono coordinati direttamente dall’Isis, che ha istituzionalizzato il traffico per finanziarsi con la vendita dei beni sul mercato nero. Ed è proprio la combinazione tra saccheggi, guerra e furia iconoclasta a mettere a rischio, come mai prima d’ora, la preziosa eredità culturale dei popoli mesopotamici. Ma non tutto è perduto. Il flusso di opere d’arte è difficile da controllare non solo da chi lo contrasta, ma anche da lo gestisce. «Nei paesi destinatari sono già scattati meccanismi di controllo che ostacolano lo smercio dei reperti – dice Peyronel – ed è molto probabile che gran parte della refurtiva sia ancora in Iraq, stoccata nelle città sotto il controllo dell’Isis». Recuperare e restaurare, però, non è sufficiente per rimediare ai danni della pro-

paganda jihadista. Serve una campagna di sensibilizzazione che contrasti il messaggio fondamentalista a partire dal tema cruciale: la diversità culturale come fonte di ricchezza e progresso per tutta l’umanità. «Nella storia dell’uomo – aggiunge l’archeologo – le distruzioni sono sempre state uno dei modi per attuare la negazione dell’altro. Nel caso dell’Isis, a questo obiettivo si aggiunge l’esigenza di affermarsi come Stato “autenticamente islamico”. In realtà, il divieto di produrre immagini è presente nell’Islam, ma non ha mai dato origine a una campagna iconoclasta così strutturata. Nella storia della Mesopotamia la contaminazione tra culture non si è mai interrotta, nemmeno in tempo di guerra». Più che la religione, quindi, è la politica ad armare i nuovi barbari. Non è un caso che proprio Palmira – l’antica città siriana cardine dei commerci tra Oriente e Occidente – sia stata scelta come set di diversi video dell’Isis, tra cui quello che mostra la distruzione dei monumenti protetti dall’Unesco. «Le immagini dei templi sbriciolati dal tritolo fanno solo parte di un meccanismo mediatico – avverte il professore – e non documentano come si volge nella realtà l’azione dei terroristi. Solo lo scorso 13 novembre, quando l’esercito iracheno è entrato a Nimrud, è stato possibile fotografare i siti e valutarne lo

stato di conservazione. L’episodio dimostra quanto sia difficile quantificare i danni senza una verifica indipendente e che perfino l’indignazione può trasformarsi in strumento di propaganda». Fare corretta informazione è indispensabile per vincere la sfida del terrorismo. Per questo, l’impegno di Peyronel si estende anche al mondo della multimedialità: «Nell’era digitale anche un sito web o una app possono aiutare a valorizzare un sito archeologico. Con il progetto Archeoframe, il laboratorio fondato nel 2007 presso la nostra Università, cerchiamo di mettere il rigore scientifico a disposizione di tutti, sfruttando al massimo le potenzialità divulgative delle nuove tecnologie». Anche l’archeologia, dunque, può diventare uno strumento di comunicazione al servizio della società civile. In un mondo globalizzato in cui il rapporto tra uomo e territorio si fa sempre più labile, riscoprire la storia dei luoghi in cui viviamo significa riportare al centro il legame profondo tra la terra e i suoi abitanti. I reperti, oggetti appartenuti a persone come noi, sono un mezzo straordinario per mettere in comunicazione l’uomo di oggi con quello del passato. E per la gente della moderna Mesopotamia, la testimonianza di quel dialogo tra cultura e memoria che ogni estremismo vorrebbe spezzare.

4. mosul Mosul è una delle maggiori città irachene. Si è sviluppata a partire dall’epoca islamica, ma ingloba nella sua parte orientale l’antica capitale assira di Ninive. Bagnata dal fiume Tigri, al momento dell’occupazione da parte dell’Isis contava un milione e mezzo di abitanti, ed è divenuta il capoluogo dell’autoproclamato Stato Islamico. L’offensiva per liberare la città, coordinata dall’esercito iracheno, è iniziata il 17 ottobre 2016. 5. palmira Palmira è un città carovaniera di epoca romana, ubicata nei pressi della moderna Tadmor, in una fertile oasi al centro della Siria. Nel 2015 l’Isis ha occupato la città e ha abbattuto importantissimi edifici antichi, tra cui lo straordinario Santuario di Bel. L’archeologo siriano Khaled al Asaad, per anni direttore del sito, è stato ucciso dai terroristi il 18 agosto 2015. 6. nimrud Nimrud era una delle tre grandi capitali dell’impero neoassiro. Durante il regno di Assurnasirpal II (883 – 859 a C.), la città fu dotata di palazzi e templi monumentali. Gran parte del sito archeologico è stato distrutto dai miliziani dell’Isis nel 2015.

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MAGGIo 1978. L’apocalisse dello Stato, annunciata con una foto dei funerali di Aldo Moro.

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GIUGNo 1978. Un finto discorso di Enrico Berlinguer interrompe l’intesa DC-PCI.

SETTEMBRE 1978. Qualcuno credette alla notizia e scese in strada a festeggiare.

MAGGIo 1979. L’attore Ugo Tognazzi si prestò per un triplo falso, il più elaborato di tutti, che lo dipingeva come il vero capo delle Brigate Rosse.

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focus

Scavalcare la Cortina di Ferro con tre parodie POLONIA – GIUGNO 1979

Dal Male al Lunedì: false news d’autore Le bufale giornalistiche come forma d’arte: Vincenzo Sparagna racconta le prime pagine surreali con cui mandò in tilt il sistema dell’informazione italiana tra gli anni ’70 e ’90.

Il primo dei falsi “internazionali” del Male fu una parodia di Trybuna Ludu (“Tribuna del Popolo”), l’organo del Partito Operaio Unificato Polacco. Distribuito clandestinamente a Cracovia e Varsavia in occasione della prima visita di Papa Giovanni Paolo II in Polonia, aveva come titolo “Sciolto il POUP – Sul trono Wojtyla, Karol I il Grande”.

UNIONE SOVIETICA – LUGLIO 1980

Durante i giochi olimpici di Mosca, Vincenzo Sparagna e soci distribuirono false copie della Pravda (“Verità” – non sfugge l’ironia) che annunciavano lo scioglimento dell’URSS. Notizie false ma profetiche, insomma.

AFGHANISTAN – NOVEMBRE 1983

Di Daniele Zinni _ La mattina del 20 novembre 2016, alcune tra le testate d’informazione più seguite e prestigiose in Italia hanno diffuso una notizia clamorosa: Donald Trump vuole rimuovere la Statua della Libertà. «È anacronistica, incita all’immigrazione», riportava un titolo. Considerato il tenore delle dichiarazioni di Trump, una sparata del genere non è sembrata improbabile. Peccato che la notizia fosse falsa come una moneta di cioccolato: redatta come un articolo vero, ma inventata da Christopher Lamb, blogger dell’Huffington Post statunitense e professore di giornalismo. La mancanza di una punchline, di una battuta palese, ha ingannato i media italiani, che non hanno colto la totale assurdità delle dichiarazioni attribuite a Trump. Per un’ora o poco più, legittimata dall’autorevolezza delle testate, la notizia è rimasta vera, e molti che l’a-

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vevano pubblicata non l’hanno poi smentita. Il recente dibattito sulle notizie false, e sul clima di “post-verità” che avrebbe favorito la Brexit e l’elezione dello stesso Trump, si è (comprensibilmente) concentrato sulle bufale diffuse per propaganda o per racimolare click su internet. Tuttavia, esiste anche un filone nobile di pseudo-giornalismo, una tradizione satirica a cui si potrebbe far risalire anche l’articolo del professor Lamb. Un’esperienza italiana storica, in questo senso, che mirava a “inceppare” i meccanismi della comunicazione con l’effetto di rivelarne la natura, è quella dei finti quotidiani pubblicati dalle riviste Il Male e Frigidaire a cavallo degli anni ’70 e ’80 del secolo scorso. Vincenzo Sparagna diresse entrambe le riviste e tuttora dirige Frigidaire e Il Nuovo Male, con la collaborazione di Maila Navarra. «Iniziammo i falsi giornalistici», racconta, «con una prima pagina di Repubblica nel maggio 1978, subito dopo il ritrovamento del corpo di

STORIA DELLA SATIRA Vincenzo Sparagna ha diretto Il Male, Frigidaire e Il LunedÏ della Repubblica; attualmente dirige Frigidaire e Il Nuovo Male con la collaborazione di Maila Navarra.

“Tutti a casa!”: l’organo ufficiale delle truppe sovietiche di occupazione in Afghanistan, Krasnaja Svezda (“Stella Rossa”), annunciava la fine della guerra. «Coi nostri falsi», spiega Sparagna, «volevamo dare vita, nell’immaginario, a elementi di desiderio collettivo: desideravamo la caduta di regimi mostruosi come quelli sovietici; desideravamo che il PCI facesse finalmente un’analisi critica della sua storia, staccandosi da Mosca; e così desideravamo che l’Italia potesse giocarsi ancora i mondiali».

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Aldo Moro». Il paginone centrale del Male, piegato a rovescio e infilato tra i quotidiani in edicola, riproduceva formato e grafica di Repubblica, e sentenziava a sei colonne: “Lo Stato si è estinto”, sopra alla foto delle più alte cariche nazionali sedute sui banchi di una chiesa. Era un’immagine dai funerali di Stato di Aldo Moro – funerali che la famiglia aveva rifiutato, lasciando presidente della Repubblica e ministri vari alle esequie di una bara vuota. «Era davvero come se lo Stato si fosse estinto: ai funerali di Stato di Aldo Moro, Aldo Moro non c’era», continua Sparagna. In prima pagina c’erano anche un finto editoriale di Eugenio Scalfari e rimandi a inesistenti pagine interne. Quell’estate fu poi il turno di “Annullati i mondiali! Nuova finale tra Italia e Argentina a Wembley”: un finto Corriere dello Sport, dopo l’eliminazione degli Azzurri in semifinale, che qualcuno prese per vero. Si racconta di tricolori esposti al balcone e tifosi per le strade a festeggiare. «Ci prendemmo gusto», continua Sparagna, «e in ottobre il terzo falso fece balzare le vendite del Male da circa 15mila fino a quasi 50mila copie»: la “vittima” in questo caso era L’Unità, che titolava “Basta con la DC!”. «Annunciavamo una svolta a 180 gradi dei comunisti, nella fase della solidarietà nazionale. Mi divertii a scrivere un lunghissimo discorso a firma di Enrico Berlinguer; quando uscì, c’erano sezioni del PCI in festa perché il partito aveva cambiato linea». Nel maggio 1979, una tripletta memorabile: Paese Sera, La Stampa e Il Giorno, tutte dedicate al clamoroso arresto dell’attore Ugo Tognazzi. “È il capo delle BR”, “La primula rossa del terrorismo”. Tognazzi si era persino prestato a inscenare la cattura, ammanettato tra i finti carabinieri che lo trascinavano via. «I nostri», racconta Sparagna, «erano falsi da interferenza: interferivano con la comunicazione, che all’epoca avveniva tutta tramite i quotidiani. Oggi, le testate hanno perso autorevolezza e seguito; così, i falsi del Male e della sua versione attuale, cioè Il Nuovo Male, hanno abbandonato l’ambiguità per dichiararsi da subito come parodie: L’Osser-

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vatore Celeste, Il Fattone Quotidiano, Il PortaFoglio, per citare alcuni esempi recenti. In passato, era più facile criticare la comunicazione dominante. Adesso, la comunicazione dominante è anche la comunicazione (involontariamente fasulla) dei dominati. Milioni di persone che parlano, su internet, creano un rumore di fondo tale da rendere superflua la stessa censura». Nel 1990-91, la produzione falsaria di Sparagna e soci toccò forse il suo punto più alto: Repubblica non usciva di lunedì, all’epoca, e loro crearono Il Lunedì della Repubblica, un giornale autonomo di 32 pagine che raggiunse una tiratura di 100mila copie. «Era un giornale tra il vero e il falso, che dava notizie paradossali», racconta Sparagna. «Il primo numero uscì sfuggendo alla censura dell’ufficio politico della presidenza del Consiglio dei Ministri. Avevamo fatto circolare la voce che c’era un pezzo tremendo di Licio Gelli, che svelava tutti gli intrighi della P2. Il titolo era “Mi ricordo di voi”, una cosa davvero inquietante. In realtà, l’articolo lo avevamo scritto noi, ma qualcuno temeva che fosse vero e mandò la polizia a sequestrare il giornale in una tipografia di Roma, mentre noi lo stampavamo di nascosto a Bologna». Dopo 24 numeri, Il Lunedì fu costretto a chiudere: «Sul piano giudiziario, Repubblica aveva perso la guerra, perché avevamo già vinto una causa e avremmo vinto la successiva. In compenso, riuscì a fare pressioni tali che non trovammo più nessuno disposto a distribuirci nelle edicole». Ma la storia di una rivista surreale non poteva avere una conclusione così grigia. «Poco tempo dopo la chiusura de Il Lunedì», continua Sparagna, «andai a chiedere un prestito al buon Carlo Caracciolo, che era un nostro amico e ammiratore, pur essendo l’editore di Repubblica. Lui mi propose di comprare la testata, per 50 milioni di lire; io accettai, e loro cominciarono a uscire anche al lunedì. Tuttora esce Il Lunedì della Repubblica, che è quello fondato da me e Frigidaire, ma esce con la dicitura “fondatore Eugenio Scalfari”. Che ci vuoi fare? I falsi si prolungano all’infinito!»

TRENT’ANNI DI BUFALE. Finte prime pagine dei primi anni ‘90 e di tempi più recenti. Le immagini sono state fornite da Frigolandia (www. frigolandia.eu), attuale editore di Frigidaire e Il Nuovo Male nonché sede da 11 anni delle loro redazioni.

INTERFERENZE. Vincenzo Sparagna nel 1983: «All’epoca», racconta, «la comunicazione avveniva tutta tramite quotidiani, e i nostri erano falsi da interferenza».

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La storia siamo noi e ve la raccontiamo Lo storytelling sta invadendo sempre più il mondo: oltre a chi ne fa un mestiere, ora anche giornalisti, uffici stampa e istituzioni si adattano ai nuovi modelli di narrazione. Una febbre che, grazie ai social, ha ormai contagiato tutti

za dell’Ottocento? Le sue tecniche vengono utilizzate quotidianamente, prive dell’aspettativa che possano offrire una via di fuga Lo storytelling è una narrazione personaliz- dal dolore e dalle ingiustizie sociali”. Senzata in cui le vite più insignificanti diventano za poi tralasciare il settore del giornalismo. di interesse collettivo. E’ un modo di dare del “Con lo storytelling i contenuti informativi tu al mondo in un’epoca che permette a chiun- diventano secondari. Il giornalismo angloque di dire qualcosa. Anche se in verità tutti sassone, per natura quello più obiettivo, absi raccontano e lo fanno inconsapevolmente bandona l’idea di una dimensione veritativa o meno. Una smorfia, una cadenza dialettale, della notizia, mentre il giornalismo latino una risata chiassosa e quel modo goffo di par- mette da parte la sua concezione fondativa”. lare in pubblico. Sono storie che rispondono Scurati evidenzia il momento preciso che ha all’innato bisogno dell’uomo di raccontarsi e aperto le porte a una svolta letteraria di questo di raccontare, naturalmente in forme diver- tipo. Il romanzo più significativo è “A sangue freddo” dello scrittore statuse. Ne è passato di tempo dai nitense Truman Capote che, primi graffiti sulle caverne e tra la fine degli anni Cinquandal classico incipit dei poemi e l’inizio degli anni Sessanomerici “Narrami, O Musa!”. Le forme antiche della ta ta, provò a unire la scrittura C’è un motivo ben preciso che ha portato l’arte dello conoscenza vanno a letteraria a quella giornalistica basata sull’indagine sul storytelling ad essere la tecnisgretolarsi e quelle campo. Il suo fu un esperica narrativa attualmente domento vincente. “L’aspetto minante. Lo scrittore Antonio per sostituirle non da considerare è lo scarto del Scurati, direttore scientifico esistono linguaggio. Quel racconto fu e coordinatore didattico del ANTONIO SCURATI un capolavoro perché CapoMaster IULM in Arti del racte scrisse un romanzo da un conto, ne spiega le origini. “Lo fatto di cronaca, come l’assasstorytelling nasce dal vuoto che le speranze della modernità, rivelatesi il- sinio brutale di una famiglia di contadini. Tralusorie, hanno lasciato. Tutti quei discorsi sul scorse anni a documentarsi nel Kansas e dieprogresso e su un mondo che razionalmente de dignità letteraria a una vicenda criminale avremmo potuto controllare hanno assunto che non era significante per i criteri dell’epouna piega malinconica. Ed è per questo che ca, ma che lo divenne grazie allo storytelling. lo storytelling deve essere consolatorio, non E’ questa la sua vera essenza”. Una tecnica più promettente come lo era la funzione ti- narrativa che ha tenuto la mano agli effetti pica dei racconti ottocenteschi e novecente- prodotti dai cambiamenti storici. “Nell’Ottoschi. Certo, bisogna essere consapevoli che cento il popolo era al centro della storia, il Nol’arte del racconto è in una fase in cui ri- vecento è stato il periodo delle masse, mentre schia di diventare un’ideologia totalizzante”. quella attuale è la stagione dei populismi. E’ Fondamentalmente già lo è totalizzante, l’epoca che autorizza a parlare, è la stagione in considerando le profonde influenze che ha cui va di moda dire ‘la mia parola vale quanto avuto nel mondo del marketing, del cinema, la tua’. Il vero storyteller è l’alfiere di questa della letteratura, dello sport, della politica e ideologia populista e con l’arte della persuadella medicina: “Chi crede più nella scien- sione ne diventa suo capo e manipolatore”. > Di Angelica Cardoni e Carlo Maria Audino _

ALCUNI STORYTELLER MODERNI Da sinistra verso destra, David Foster Wallace, l’autore americano che con i suoi romanzi ha stravolto il modo di fare storytelling negli Stati Uniti, Martin Scorsese, regista che ha sperimentato un nuovo tipo di intreccio per le sue storie, e Marco Bardazzi, responsabile della comunicazione di Eni che ha intrapreso un nuovo percorso comunicativo attraverso l’arte del racconto.

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L’Iliade come inizio. L’ultimo attore? Trump!

Alla Iulm il primo master in storytelling diretto da Antonio Scurati e Gianni Canova con un parco docenti d’eccezione: Siti per la letteratura, Salvatores e Garrone per il cinema

A cura di Carlo Maria Audino _

Di Andrea Ienco _ 1. ILIADE

2. “A SANGUE FREDDO”

3. STEVE JOBS

4. DONALD TRUMP

Omero può essere considerato il primo, vero, narratore. L’Iliade (ma anche l’Odissea), infatti, possono essere considerati i capostipiti dello storytelling. In antichità, poi, in assenza della stampa e dei libri veniva tramandata oralmente. Non è un’usanza moderna, quindi, quella di raccontare (e raccontarsi) attraverso storie rese “mitologiche”.

Il romanzo di Truman Capote, uscito tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio degli anni Sessanta, segna la svolta anche nella letteratura che va a ibridarsi con il giornalismo: un romanzo che parte da un fatto di cronaca (l’assassinio brutale di una famiglia di contadini), e unisce lo storytelling alla ricerca sul campo tipica del giornalismo.

Con il suo genio ha fatto la fortuna della Apple. Ma non è solo frutto delle sue invenzioni tecnologiche o del valore del brand della mela. Jobs, infatti, può essere considerato uno dei più grandi storyteller: con i suoi discorsi (su tutti il famoso “Stay hungry, stay foolish”) ha sempre creato una visione romantica di una multinazionale.

La vittoria affatto scontata del magnate alla ultime elezioni presidenzali degli Usa è dovuta molto all’impostazione della sua campagna elettorale: invece di proclami altisonanti e promesse, ha creato una narrazione moderna che richiamasse alle origini della Nazione che ha risvegliato negli elettori quel concetto di identità nazionale.

> Un discorso che calza alla perfezione la men- ci sono molte differenze tra mondi diversi talità occidentale, ma che è troppo stretto per frutto di culture differenti ma anche di origiil resto del mondo: “Tutto questo non vale per ni e background storico-culturali divergenti. gli islamici, autori di una propaganda bellica, I maggiori cambiamenti si sono avuti nella simile al totalitarismo”. Insomma, è evidente comunicazione istituzionale: un tempo pretche tra la fine del secolo scorso e quello at- tamente monodirezionale, negli ultimi anni tuale ci sia stata una frattura profonda. E in c’è stato un cambio di paradigma prepondeun mondo in cui tutti potrebbero diventare rante. Basti pensare alla campagna elettodei probabili storyteller, in grado di creare rale del nuovo presidente degli USA Donald una relazione empatica e partecipativa con i Trump: il magnate non ha puntato semplipropri interlocutori, quali sono le prospettive cemente su annunci altisonanti e promesse, con i suoi discorsi è riuscito a future? Lo storytelling resterà costruire una narrazione che tale o sposterà il suo sguardo Steve Jobs, con il riportasse l’attenzione sulle verso altri orizzonti? A magorigini, uno storytelling in cui gior ragione perché di questa suo “Stay hungry. gli elettori si sono riconosciunuova epoca si hanno solo i Stay foolish”, può ti perché il loro malcontento primi avvisi. “L’unica certezza è che le forme antiche delessere considerato veniva finalmente ascoltato. In sostanza è riuscito a dare la conoscenza vanno a sgrelo storyteller per e a far passare quel concetto tolarsi e fondamentalmente di identità che tutti cercano. quelle per sostituirle ancora eccellenza Identificazione che è anche non esistono”. un marchio di fabbrica della Apple che ha avuto in Steve Jobs lo storytelnuovi orizzonti Con la nuova concezione di storytelling, ler per eccellenza. Il “mago” di Cupertino, sono molti gli ambiti di contaminazione del con il suo celebre “Stay hungry. Stay foolish”, nuovo modo di raccontare e raccontarsi. Gli ha riproposto i luoghi comuni della retorica autori cercano sempre nuove strade, nuo- romantica a una platea che ha dimenticato le ve tecniche e nuove modellazioni dei mezzi origini, ossia quella genialità, quella fame di che già si hanno a disposizione. Dal cinema vita, quella spinta passionale che contraddialle campagne elettorali, dalle fiction e dai stinguono l’azienda. Inoltre, con le sue pubbliromanzi sino alla comunicazione istituziona- cità innovative, ha creato una brand identity le, tutti gli ambiti sono stati invasi da questa eccezionale: l’idea di costruire una campagna volontà di esprimere l’arte del raccontare per con le foto scattate da persone comuni, infar immedesimare il ricevente del proprio fatti, ha fortificato l’idea del “Noi siamo Voi”, messaggio all’interno del proprio mondo. nascondendo il lato negativo di una multiEppure, nonostante l’obiettivo sia lo stesso, nazionale che ha tolto lavoro a molte perso-

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L’Arte del racconto cerca specialisti

i casi

Il percorso di sviluppo e innovazione dello storytelling può essere riassunto in quattro, significative, tappe che possono essere considerate esemplari nel comprendere l’evoluzione: dall’Iliade a Donald Trump passando per Steve Jobs e, soprattutto, “A Sangue Freddo” di Truman Capote, il primo romanzo scritto come un’indagine giornalistica.

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ne e rinforzando la fedeltà dei consumatori. due modelli diversi: italia vs usa

Varcando l’oceano e arrivando nel nostro paese, è emblematico l’esempio dell’Eni. Con l’assunzione di un giornalista vero e proprio come responsabile della comunicazione, Marco Bardazzi, ex caporedattore digitale della Stampa, la multinazionale italiana ha avviato questo processo di cambiamento con l’obiettivo di oltrepassare il guado e mostrare la propria identità condividendola con il mondo. Documentari, racconti e fotografie sono gli strumenti tramite i quali l’Eni cerca questa vicinanza con il mondo esterno, giocando tantissimo con il discorso di identità: protagoniste spesso sono le stesse mani dei lavoratori che ogni giorno si adoperano per il conseguimento degli obiettivi aziendali. In sostanza lo stesso scopo ma con una sensibilità diversa proprio perché dedicati a pubblici che hanno culture diverse. Ma anche gusti diversi e ciò lo si può capire anche dalla differente costruzione di plot nella letteratura e nel cinema. Provando a paragonare due grandi scrittori come David Foster Wallace da una parte e Alessandro Baricco dall’altra, è facile notare la diversità di impostazione che ricalca anche la diversa concezione di storia che i propri lettori si aspettano: da una parte la rappresentazione della cultura americana con i suoi cunicoli e un mix di mondi diversi, sotterranei, che si intrecciano con quello che è il panorama principale, dall’altra la storia classica che gioca più sul piano emotivo che su quello metanarrativo, racconti dove le sensazioni e le

emozioni emergono preponderanti. Un fedele attaccamento a quelle che sono le proprie tradizioni e a ciò che maggiormente ha suscitato successo nella collettività. Ma perché due modi così diversi? Le risposte si possono trovare nel passato stesso: da un lato l’America con il suo fascino di mondo nuovo da scoprire, un mondo sempre in movimento e che fa della frenesia il suo tratto peculiare; dall’altro l’Italia da sempre attaccata alle proprie radici e alla propria storia di paese mediterraneo. La stessa dicotomia la si può trovare anche nel cinema: se “The Departed”, film del 2006 diretto da Martin Scorsese, gioca su mondi paralleli che prima o poi si incrociano, “La grande bellezza” di Paolo Sorrentino è uno spaccato di vita quotidiana che, oltre a voler raccontare la realtà, fa rivivere il neorealismo e quella costante richiesta di verità, di racconti che parlino di uomini comuni e delle loro azioni quotidiane. Di esempi ce ne sarebbero tanti altri ma finiremmo per sfociare in un elenco che potrebbe risultare noioso. Per capire lo storytelling di oggi basta comprenderne il concetto di base, ossia quell’inesauribile voglia di raccontare ma soprattutto raccontarsi. Non è un caso, quindi, che diventino storie le prodezze dei campioni dello sport (il filone di “Sfide” su Rai Tre e di “Buffa racconta” su Sky Sport), i peggiori casi di cronaca nera (Netflix ha lanciato il suo prodotto originale su Amanda Knox, Canale 5 tempo fa ha proposto una fiction sul mostro di Firenze). Ma al giorno d’oggi basta un semplice social network per diventare uno storyteller. E questo è già un nuovo capitolo all’interno di questa storia infinita.

In Italia i corsi di scrittura creativa e di storytelling, ovvero l’arte di costruire storie per comunicare prodotti culturali e non, sono ormai sempre più richiesti. Quello più nuovo e innovativo si trova all’università Iulm di Milano: è un master di primo livello in “Arti del racconto, letteratura, cinema, televisione” che ha come obiettivo quello di plasmare i narratori di domani grazie a un percorso formativo che ai fondamenti culturali della scrittura creativa e alle tecniche della narrazione affianca laboratori, workshop, conferenze con autorevoli esperti del settore. Il master è nato da un’idea di Gianni Canova, professore

di Storia del cinema e filmologia e direttore scientifico del master, e di Antonio Scurati, che insegna alla Iulm dal 2008. Tra gli insegnanti propone i vincitori del premio Strega Walter Siti, Paolo Giordano, Francesco Piccolo e altri autori rinomati come Gabriele Salvatores, Matteo Garrone, Massimo Gramellini, Massimo Gaudioso, Andrea Salerno e Massimo Missiroli. Il corso universitario è aperto a tutti gli studenti che abbiano conseguito una laurea triennale o quinquennale di qualsiasi tipo con interessi per la scrittura narrativa letteraria, giornalistica, cinematografica o televisiva ed inizierà a gennaio 2017 per concludersi il novembre successivo: un anno di lezioni frontali, teoriche e pratiche, alla cui conclusione seguirà uno stage di due mesi in aziende leader nei settori dell’editoria italiana e della produzione cinematografica e televisiva tra cui Sky e Rai Cinema. tutto sul master

Antonio Scurati Direttore scientifico e coordinatore didattico del master Iulm in Arti del racconto

Le lezioni si svolgeranno dal lunedì al venerdì, dalle 9.00 alle 17.30 per un totale di 470 ore divise in due stagioni formative, corrispondenti a due semestri. La prima, Fondamenta, vedrà i migliori autori impegnati in lezioni frontali riguardo ai fondamenti culturali della narrazione. Nella seconda, Experimenta, i migliori scrittori, registi e sceneggiatori trasmetteranno, attraverso laboratori e workshop, le tecniche dell’arte cinematografica, letteraria e televisiva. La valutazione finale dei corsisti si baserà sulle competenze acquisite e su prove pratiche in cui gli studenti esprimeranno la propria creatività assistiti e indirizzati dai docenti e dagli autori. Al termine del corso, l’università Iulm rilascerà un diploma di master in Arti del racconto. Tra i corsi teorici è presente uno sull’epica tenuto da Scurati, uno sulla lingua creativa tenuto dal giornalista e scrittore Stefano Bartezzaghi, uno sulle strutture del racconto cinematografico tenuto da Gianni Canova. Tra i corsi pratici invece ci sono quello sull’autoficton tenuto da Walter Siti, quello sul reportage di Paolo Giordano, uno sullo storytelling nel giornalismo tenuto da Massimo Gramellini e infine uno su come si scrive un film, spiegato da quattro diversi insegnanti: il regista di Gomorra e di Il racconto dei racconti Matteo Garrone insieme allo sceneggiatore dei due film Massimo Gaudioso, il regista del film Io non ho paura Gabriele Salvatores e lo sceneggiatore Umberto Contarello, che ha lavorato nella realizzazione della Grande Bellezza.

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UNIVERSITà NEL MONDO

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Pagine a cura di Lorenzo Brambilla 1 CAMBRIDGE La Brexit spinge gli studenti europei verso altri atenei L’effetto Brexit incide negativamente sulle domande di ammissione presentate dagli studenti Ue per il nuovo anno accademico. È questo l’allarme lanciato dall’Università di Cambridge al governo britannico. Il prestigioso ateneo britannico teme una riduzione di 2/3 terzi nel numero degli iscritti tra gli studenti europei e pretende chiarezza. Il rischio: fuga degli universitari verso Usa e Australia. 2 FILIPPINE Test anti-droga obbligatorio per gli universitari Pugno duro del governo filippino di Rodrigo Duterte contro l’uso e l’abuso di droghe tra gli studenti universitari. La Commissione sull’Educazione Superiore sta valutando l’introduzione di un test anti-droga obbligatorio (oggi è volontario) per tutti gli studenti che

iniziano il percorso accademico. In caso di positività sono previsti percorsi riabilitativi prima di poter iniziare gli studi.

4 ISRAELE 300 professori boicottano il nuovo codice etico Il ministro dell’Istruzione israeliano Naftali Bennett ha dato mandato al professor Asa Kasher di redigere un nuovo codice etico valido per tutte le università del paese. Oltre 300 professori accademici hanno già firmato una petizione contro questa proposta. Secondo loro questa è un’iniziativa strettamente politica per limitare la diffusione di idee di sinistra all’interno degli atenei.

3 ITALIA A Roma il primo master che studia il fenomeno della corruzione Il Dipartimento di Scienze Giuridiche dell’Università la Sapienza di Roma in collaborazione con l’Autorità Nazionale Anticorruzione (Anac) ha organizzato il primo master universitario di secondo livello in “Corruzione e Sistema Istituzionale”. Il corso, che si terrà da febbraio a dicembre 2017, è composto da 12 moduli d’esame ed è rivolto sia ai neolaureati che ai dipendenti pubblici e/o privati.

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5 EXETER L’università arriva nelle case di riposo Gli studenti del dipartimento di Inglese e Filmografia dell’Università di Exeter, nel Regno Unito, partecipano al progetto “The Care Home Reading Project”. Questo prevede che gli studenti visitino settimanalmente alcune case di riposo e propongano varie attività agli anziani ospiti. Letture, corsi di francese e tedesco, recupero e condivisione dei ricordi del passato oltre ad insegnare l’uso dei social.

6 NORTH FLORIDA Nuove machinine giocattolo per i bambini disabili Gli studenti di ingegneria e fisioterapia dell’Università della

North Florida hanno avviato un progetto chiamato “Adaptive Toy Project”. Il progetto prevede che vengano costruite macchinine giocattolo su misura per i bambini disabili. I modelli creati sono venduti gratuitamente e permettono di dare loro un po’ di felicità. Al posto del volante hanno un unico grande pulsante.

7 OXFORD Un tutore per prevenire gli insulti classisti Il St Hilda’s College di Oxford ha deliberato l’introduzione di un “class liberation officer”. Questa figura avrà il compito di prevenire l’emarginazione e gli insulti verso gli studenti della working class e della middle class, maltrattati da quelli più ricchi. Organizzerà anche laboratori, incontri e conferenze specifiche alle quali gli studenti del primo anno saranno obbligati a partecipare.

8 UCLA Record in California: oltre 102mila richieste L’Ucla State University di Los Angeles ha ottenuto il nuovo record per quanto riguarda le domande d’ammissione relative all’anno accademico 2017: 102 mila. Da segnalare l’aumento di richieste provenienti dagli studenti californiani (63,400, +7,8% rispetto al 2016). In aumento anche la rappresentanza di altri gruppi etnici finora minoritari: i polinesiani

(+15,7%) e gli ispanici (+9,4%).

9 ZURIGO Addio lezioni frontali, gli studenti salgono in cattedra Esperimento di “classe rovesciata” all’interno della facoltà di Biologia del Politecnico Federale di Zurigo. Gli studenti durante le lezioni si confrontano direttamente tra loro dopo aver studiato le varie nozioni a casa, attraverso delle piattaforme di e-learning. Vantaggi: gli studenti non si concentrano esclusivamente sull’esame ma sviluppano la capacità di fare collegamenti tra i diversi temi.

10 LONDRA Ecco il primo corso su Vichinghi e culture scandinave Si intitola “Viking and Old Norse Studies” il nuovo corso di laurea che partirà il prossimo settembre all’University College di Londra. Scopo: studiare storia, letteratura e tradizioni del popolo vichingo oltre a imparare le lingue scandinave. Durata: 4 anni. Il terzo anno di studi si trascorrerà in una delle università del Nord Europa (Danimarca, Svezia, Norvegia, Islanda).

11 SINGAPORE Arrivano i primi corsi di laurea in aeronautica La National University di Singapore ha firmato un protocollo d’intesa con l’Autorità d’aviazione civile di Singapore (CAAS). L’accordo

prevede che vengano ideati e sviluppati, durante il 2017, corsi di formazione specifici per i professionisti dell’aeronautica in modo da migliorarne le capacità. In più si progetteranno corsi di laurea triennale collegati all’aeronautica e alle sue applicazioni.

12 STRASBURGO Un prete come rettore: scoppia la polemica Polemiche in Francia per la nomina di Michel Deneken, prete e docente di teologia, come nuovo rettore dell’Università di Strasburgo. Per il sindacato nazionale dell’educazione superiore e l’unione nazionale degli studenti francesi questa nomina rovina l’immagine dell’ateneo e il doppio ruolo di Deneken è incompatibile. Per il neo rettore però “noi dobbiamo sempre rispettare le leggi della repubblica e l’etica educativa”.

13 ALGERIA Arriva “Knowledge”, il primo canale televisivo educativo Il governo algerino su iniziativa del Ministero dell’Istruzione e della Ricerca lancerà il primo canale di televisione educativa: Knowledge. L’obiettivo è quello di riuscire a migliorare la qualità dell’istruzione attraverso un apprendimento aperto e a distanza. Con questo nuovo strumento l’Algeria spera di superare i problemi che affliggono il suo mondo accademico.

MONDO

Aristotele? No, meglio i Simpson!

A lezione con fantasmi e spiriti

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Vi ricordate “Scuola di Atene”, l’affresco di Raffaello in cui sono raffigurati alcuni tra i più grandi filosofi della storia come Platone, Aristotele e Socrate? Presto accanto a loro vedremo un nuovo “filosofo” contemporaneo: Homer Simpson. Si proprio il principale protagonista della sitcom americana che quest’anno festeggerà i suoi 30 anni di vita. Lui e la sua famiglia entreranno nelle aule universitarie con un corso dedicato all’analisi di alcune tematiche e idee specifiche, veicolate e trattate dalla popolare serie tv ideata da Matt Groening, ex studente di filosofia. L’idea è di John Donaldson, tutor universitario dell’Università di Glasgow, che da febbraio terrà, nella facoltà di filosofia, un breve corso intitolato “D’oh! The Simpson Introduce Philosophy”. Costo: 30 sterline. Donaldson ha così spiegato la scelta di associare, in un corso universitario, i Simpson e la filosofia: “I Simpson sono un progetto molto sofisticato della cultura popolare. Sono ambiziosi e profondi, e trattano temi filosofici davvero interessanti”. Un po’ lo stesso pensiero di Julian Baggini, uno degli editori di The Philosopher’s Magazine, rivista trimestrale di filosofia. A proposito dei Simpson ha scritto: “Essi sono molto di più che un cartone animato. Sono un’opera filosofica e fanno filosofia molto meglio di molti filosofi”.

Fantasmi, spiriti e attività paranormali nei corridoi delle aule universitarie? Il sito Top University ha stilato una speciale classifica sulle 5 università più spettrali al mondo. Di questa lista fanno parte: l’Università di St. Andrews in Scozia, il Gettysburg College in Pennsylvania, l’università di Toronto, l’università di Manila e l’università dell’Alabama. Nel più antico ateneo scozzese vivono circa una mezza dozzina di fantasmi oltre alla “Signora bianca di St. Andrews” che compie passeggiate notturne attorno alla cattedrale. Senza dimenticare il “monaco fantasma” che vigila sui visitatori della torre di St. Rule. Al Gettysburg College vivono invece gli spiriti della sentinella armata che protegge il passaggio di Penn Hall e il “blue boy”, un ragazzo orfano morto congelato. All’università di Toronto lo spirito dell’amante del vecchio proprietario dell’edificio, morta suicida , continua a ispirare racconti di paura tra gli studenti. All’Ateneo de Manila, università privata delle Filippine, ci sono misteriosi avvistamenti notturni di creature mitiche che riposano sopra l’albero del mango oltre a soldati giapponesi che fumano sigarette nel dormitorio Cervini. Nell’Università dell’Alabama, ex accademia militare durante la guerra Civile americana, rivive lo spirito di un soldato confederato, morto durante il conflitto.

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PORTRAIT

PORTRAIT

Di Giorgia Argiolas, Lorenzo Brambilla, Michela Cattaneo Giussani, Eugenia Fiore e Massimo Sanvito _ Per Ferruccio De Bortoli “il giornalismo è la droga migliore della vita”. Ma soprattutto “è ancora quella professione che si fa andando a vedere i fatti di persona con cuore aperto e mente sgombra”. E lui questa professione l’ha svolta ai massimi livelli. Nasce a Milano nel 1953 e, a soli vent’anni, mentre studia giurisprudenza, entra al Corriere della Sera. La sua prima mansione è fare cartine geografiche: “Non ero neanche in grado di farle, ma pur di aver un contatto con la cronaca mi adattai a fare qualsiasi cosa”. Dal gradino più basso a quello più alto, De Bortoli diventerà direttore del primo quotidiano del Paese nel ’97. Per sei anni firmerà il giornale e nel 2003 lascerà per ragioni private. Dopo un periodo da editorialista per La Stampa, nel 2005 assume la carica di direttore de Il Sole 24 Ore fino al 2009 quando, dopo aver rifiutato la proposta di diventare presidente della Rai, tornerà alla guida del quotidiano di via Solferino per altri sei anni. Un rimpianto, però, confessa di averlo: non aver mai accettato la candidatura a sindaco di Milano. Attualmente è presidente dell’associazione Vidas di Milano e presidente della casa editrice Longanesi. De Bortoli, come e quando è nata la sua passione per il giornalismo? Tutto è cominciato durante gli anni dell’università, facevo giurisprudenza, e mi sarebbe piaciuto fare il correttore di bozze. Mia madre conosceva un tipografo del Giorno, e a lui chiesi di essere presentato al capo dei correttori di bozze. Così fissai un colloquio. E come andò? Non mi presero. Fu una grande delusione, perché era il mestiere che volevo fare. Ai tempi c’era una visione un po’ romantica dell’accesso al giornalismo. Si lavorava di sera e, quindi, era facile integrare il lavoro con lo studio. Inoltre, i correttori di bozze erano pagati molto bene, mentre ora sono completamente scomparsi. Smaltita la delusione, quale altra strada seguì? Conoscevo un disegnatore del Corriere della Sera, Dario Mellone, e così iniziai a fare delle cartine geografiche per la redazione cronaca. Premessa: io non so disegnare. Da lì mi si aprì la possibilità di fare uno stage al Corriere dei Ragazzi, che era un’edizione a fumetti per ragazzi dagli undici ai quattordici anni. Dopo due mesi mi assunsero come giornalista.

Ferruccio de Bortoli Ex Direttore de “Il Corriere della Sera” e “Il Sole 24 Ore”

“La Miglior droga della vita è il giornalismo” 20

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Poi è diventato professionista. Dove ha cominciato? Alla cronaca del Corriere dell’Informazione, che era il giornale del pomeriggio del Corriere della Sera. Dove arrivai pochi anni dopo, alla redazione economica. L’identità del Corriere è molto legata alla città di Milano. Avendola vissuta in prima persona, come si è sviluppato negli anni questo rapporto? Fin dal suo esordio, alla metà degli anni ’70 dell’800, il Corriere è stato il foglio della borghesia produttiva, liberale e aperta all’Europa e al mercato. Ha accompagnato la crescita di una città che ha rappresentato, e che rappresenta ancora oggi, il principale motore di sviluppo del Paese. Oltre ad essere la capitale culturale, economica e finanziaria. Il Corriere, in questi suoi 140 anni, ha rappresentato la milanesità più di ogni altra istituzione. Facendo una sintesi tra le diverse identità della città, cattolica, laica, aperta al mercato e progressista. Ma questo percorso di crescita dell’identità milanese non è stato lineare. Ci sono state pagine di straordinario giornalismo, di raro coraggio civile e culturale, ma anche pagine oscure, come gli anni del fascismo. L’economia è un settore che l’ha accompagnata nella sua carriera. Questa specializzazione nasce da una passione o da una necessità?

Da una passione. È vero che ho studiato giurisprudenza, ma grazie a straordinari insegnanti ho preferito seguire un indirizzo economico. Tanto è vero che, abbondantemente fuori corso, ho fatto una tesi in economia politica. In ogni caso, alla redazione economica del Corriere ci sono arrivato per caso, e da lì è nata quella passione che mi ha portato a specializzarmi. Vista la recente crisi del Gruppo 24 Ore pensa che non ci saranno più i margini per avere un quotidiano esclusivamente dedicato all’economia italiana? I margini ci sono. La crisi de Il Sole è transitoria, non riguarda la sua redazione che rimane una redazione straordinaria. Tra l’altro oltre al fatto di essere un grande giornale di opinione è anche un fondamentale strumento di lavoro. Nella sua esperienza da direttore ha mai ricevuto pressioni o richieste particolari da uomini politici? Di pressioni ne ho ricevute tante. Ho avuto anche molti scontri e sulle spalle ho molti processi, alcuni particolarmente importanti che hanno fatto la storia, come i processi che mi sono stati intentati da Massimo D’Alema da una parte, o da Silvio Berlusconi dall’altra. Le pressioni non sono di per sé scandalose, queste cose succedono in tutto il mondo. La cosa importante è cercare di continuare a fare il proprio mestiere, assumendosene i rischi, commettendo errori, ma avendo sempre chiaro in testa che un giornale è credibile perché è indipendente. Indipendente anche dai propri azionisti? Certo, perché un giornale non persegue altri scopi, se non quello di fornire al lettore un’informazione veramente utile e che lo sorregga nelle difficili scelte che un cittadino deve prendere ogni giorno. Non soltanto quando vota ma anche quando acquista, o quando è risparmiatore.

da un direttore che ne è responsabile. Lei ha rifiutato due possibili cariche molto prestigiose, come la candidatura a sindaco di Milano e la presidenza della Rai. Ha mai avuto rimpianti? Qualche rimpianto sì. Esclusivamente, però, sul versante della candidatura a sindaco di Milano. Un’offerta che mi è stata proposta per tre volte, ma tutte le volte ho pensato che non fosse giusto entrare in politica per un giornalista, anche perché lo avevo sconsigliato a molti miei colleghi. Non so se un buon giornalista, ammesso che lo sia, possa essere un buon sindaco. E soprattutto credo che nel momento in cui si fa una scelta politica, tutto ciò che si è scritto prima, viene riletto alla luce della scelta che si compie. È questo che mi ha sempre indotto a non fare scelte politiche, perché avrei dato l’impressione di averle preparate, non facendo fino in fondo il mio mestiere. In più avrei messo in forte difficoltà, il mio successore al Corriere, perché sarebbe estremamente difficile essere parziali con l’ex direttore candidato sindaco di Milano.

Con Pisapia. Sotto Ferruccio de Bortoli insieme a Giuliano Pisapia, sindaco di Milano dal 2011 al 2016.

E per quanto riguarda la presidenza della Rai? La Rai mi è stata offerta due volte. La prima volta avevo accettato e poi ho detto di no all’ultimo momento. È stata un’offerta bipartisan, che veniva sia dal centro-destra che dal centro-sinistra. Credo che il presidente della Rai sia un ruolo da non invidiare.

In che senso? Lo posso dire perché per un periodo ho fatto parte della commissione Rai per assumere nuovi giornalisti. La Rai è una straordinaria azienda, con professionalità incomparabili. È la più grande azienHo qualche rimpianto da culturale del Paese, ma è anche forse il più grande deposito disordinato di talenti che non sulla candidatura vengono assolutamente valorizzati. In più si come sindaco di presta a una sorta di “servitù” verso il potere per me inaccettabile e so che mi sarei Milano: ho rifiutato politico trovato a disagio, per questo non ho rimpianti.

Quindi, come se ne esce? tre volte Per fare questo il giornale deve essere guardiano del potere e non un cucciolo da salotto ben FERRUCCIO DE BORTOLI Come vede la situazione del giornalismo di oggi rispetto a come era quando lei ha mosaddomesticato. Deve essere attento sopratso i primi passi in questo mondo? tutto alle parti non illuminate, dove c’è scarsa informazione c’è poca trasparenza, opacità e spesso anche de- Quando ho esordito in questo mondo c’era un alone di romantilinquenza e intrusione della criminalità. Si ragiona poco sull’im- cismo superiore, una forte vicinanza al mondo culturale, un senportanza di una buona informazione, ma è proprio questo che so di privilegio che sconfinava anche in una condizione elitaria, e un trattamento economico fuori dal comune, che oggi non c’è mette un cittadino nella condizione di essere tale. più. Oggi abbiamo una professione che si è molto “normalizzata” e per alcuni versi è diventata persino impiegatizia. Con il digitale, In Italia abbiamo una buona informazione? Una buona informazione è l’architrave di una democrazia evolu- abbiamo giornalisti con capacità nuove, che utilizzano strumenti ta, una pessima informazione è un veleno in circolo che dispensa più sofisticati. E il prodotto finale è un racconto della verità che non notizie, ma rancori, pregiudizi o peggio forme di xenofobia. rende grazie alle tecnologie digitali. Tutto sommato in Italia, io credo che non abbiamo un giornalismo disprezzabile, c’è un certo pluralismo, forse c’è maggiore Come vede il futuro del mondo dell’informazione? La carta volgarità. C’è, però, una parte di società che noi non illuminiamo. ha ancora speranze? Una parte solidale, che si occupa degli altri e degli ultimi e che La carta ha ancora qualche speranza. I giornali, pur essendo in rappresenta un capitale sociale estremamente importante. crisi, non sono mai stati così letti come adesso. Anzi, vengono letQual è la situazione ideale per avere meno influenze ester- ti, digeriti, analizzati e commentati in discussioni che prendono vita sui social. È positivo che in rete i navigatori vadano a controlne? La situazione ideale è avere un editore che pensa solo al proprio lare la veridicità dei fatti pubblicati dalle testate storiche. Vuol bilancio. Un giornale in equilibrio economico è certamente più dire che l’identità tende a sopravvivere e non è completamente autorevole, autonomo e indipendente. Avere un bilancio in ros- schiacciata dal digitale. Detto ciò, le regole di base non cambiaso è la prima avvisaglia di perdita di autonomia e indipendenza. no. Il giornalismo rimane quella professione che si fa andando Il tutto poi è legato al fatto che la pubblicità non da sostegno ai di persona a vedere cosa succede nel mondo, con mente libera e cuore aperto, capaci di emozionarsi, incuriosirsi e con capacità giornali, che hanno vendite in flessione e ricavi ridotti. di mettersi nei panni di altri, magari anche molto diversi da noi. Vale anche per il Corriere? Nella storia del Corriere abbiamo avuto anche azionisti con in- Oggi rifarebbe il giornalista? teressi di altro tipo, che però grazie all’autorevolezza del quo- Assolutamente sì. Sono stato fortunato perché ho fatto un metidiano, che ha avuto sempre più storia, prestigio e importanza stiere che mi è piaciuto e di cui sento particolarmente la mandei propri azionisti, il giornale è stato salvaguardato. Quando canza. Credo che questa dipendenza dal giornalismo sia una ci sono buoni giornalisti e persone preparate e indipendenti, la delle droghe migliori della vita. proprietà può fare quello che vuole, ma poi il giornale è diretto

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44 anni di carriera Ferruccio de Bortoli, classe 1953, entra a 20 anni al Corriere della Sera. Nel 1997 diventa direttore per la prima volta del maggiore quotidiano italiano. Dopo un breve periodo da editorialista per La Stampa, nel 2005 diventa direttore de Il Sole 24 Ore per quattro anni. Rifiutata la presidenza della Rai, fino al 2015 è tornato alla guida del Corriere dove è attualmente editorialista.

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CONNESSIONI

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SOCIAL MONITOR

SOCIAL MONITOR

net news

Social nel mirino. La lotta all’evasione fiscale adesso passa anche da internet e dalle piattaforme

Evasori fiscali, attenti ai selfie

1 MONDO Almeno otto account social per ogni digital consumer I digital consumer – cioè le persone che sono solite fruire contenuti online a pagamento come, per esempio, ebook, videogiochi e servizi di musica o video in streaming - hanno in media 8 account a testa sui social network, un numero triplicato rispetto al 2012. E chi ha tra i 16 e i 25 anni di età ne ha addirittura qualcuno in più della media. 2 RUSSIA Mosca oscura Linkedin: non rispetta la legge sui dati

In Australia l’Ufficio nazionale delle tasse ha scovato gli inadempienti sui social e ha recuperato quasi 10 milioni di dollari in 12 mesi. Anche l’Italia ci sta pensando, ma rimane il problema della privacy

Di Giorgia Argiolas _ Evasori fiscali, attenti a quanto socializzate! E non si tratta di amicizie, bensì di conti in tasca. Dai post pubblicati potrete essere colti in flagrante! Una squadra di specialisti nell’analisi dei dati che circolano sui social network, infatti, ha trovato il modo di individuare gli evasori grazie all’osservazione del loro stile di vita su piattaforme come Instagram e Facebook. la prima volta in australia

È successo in Australia, dove l’Ufficio nazionale delle tasse ha lanciato il progetto lo scorso anno e in 12 mesi è riuscito a recuperare quasi 10 miliardi di dollari australiani in tributi non pagati. Per arrivare a questi risultati, il team di segugi ha condotto uno studio approfondito non solo delle piattaforme social, ma anche dei registri scolastici, nonché dei database dell’ufficio immigrazione e della motorizzazione. In questo modo, hanno incastrato più di 1400 individui e 400 compagnie, accusati di reati amministrativi, quali il mancato rispetto degli obblighi fiscali e la falsa dichiarazione sul reddito disponibile. Per altre 21 persone, invece, è andata anche peggio: sono state, infatti, condannate penalmente. Dalla foto di una macchina di lusso ad acquisti, viaggi e chi più ne ha più ne metta, gli evasori danno, dunque, in pasto agli esattori i

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propri peccatucci. “La crescita continua delle informazioni a disposizione del pubblico è un aspetto dei tempi in cui viviamo – ha spiegato Chris Jordan, responsabile dell’agenzia, al The Australian – In una famiglia, ad esempio, il marito dichiarava un reddito di 80mila dollari australiani all’anno e la moglie di 60mila. Noi però, dai post sui social media, siamo riusciti a capire che negli ultimi tempi hanno volato almeno tre volte in business class e fatto una vacanza invernale in un resort di lusso in Canada. Non solo: l’analisi rivela che hanno anche tre figli che vanno a scuola in un istituto privato la cui retta costa 75mila dollari all’anno”. Un aspetto alquanto paradossale della rete: per compiacersi dei propri averi con i followers si rischia di fregarsi da soli. Lo spesometro social, dunque, diventa un vero e proprio esattore delle tasse. l’italia ci pensa, ma la privacy?

Si tratta di metodi che violano la privacy? A quanto pare no, poiché tutte le foto e i dati sono pubblicati spontaneamente dagli evasori. Ad ogni modo, non è detto che le informazioni raccolte dalle piattaforme portino a procedimenti tributari, però sono un punto di partenza per il lavoro degli esattori. Anche da casa nostra in merito arrivano buone novelle: l’Agenzia delle Entrate sta progettando di seguire l’esempio australiano, andando a caccia dei “peccatori” tramite i social.

Black out totale per i sei milioni di cittadini russi iscritti a Linkedin, il social network professionale recentemente acquisito da Microsoft per 26 miliardi di euro. Infatti, oltre alla pagina web, anche l’app ufficiale è stata rimossa dagli store online di Google e Apple. Secondo il Cremlino, Linkedin violerebbe la legge del Paese sulla protezione dei dati approvata da Putin nel 2014. Questa, infatti, dovrebbe avvenire su server dislocati in Russia, e non all’estero.

3 ITALIA Virus e truffe online costano almeno 9mila miliardi di euro Ogni anno l’Italia deve sostenere una spesa di 9mila miliardi di euro a causa degli attacchi informatici. Nel 2016 si è verificato un aumento esponenziale rispetto all’anno precedente delle minacce cibernetiche pari al 30% per il cybercrime, al 50% per il phishing e addirittura al 135% per il ransomware, un virus informatico che infetta il sistema e che chiede successivamente un riscatto da pagare per sbloccare l’accesso al dispositivo.

4 GOOGLE Chrome lancia l’aiutante per i problemi tecnologici Alzi la mano chi non ha mai avuto a che fare con un amico o un parente poco esperti di informatica. “Come si fa questo?”, “E quest’altro?”. Specie a distanza, per telefono. Per fortuna ci ha pensato Google a risolvere il problema, con Host Installer, un’estensione Chrome per pc, ma disponibile anche come app. Chi ha bisogno d’aiuto deve cliccare sul tasto “share”, e il gioco è fatto. Lo schermo sarà condiviso con l’altra persona che, passo dopo passo, potrà spiegare come risolvere il problema.

5 TWITTER AAA redattori cercasi per gestire il flusso di notizie Twitter assume redattori e video producer. Requisito essenziale la conoscenza di almeno tre lingue. Sul sito sono stati pubblicati tre annunci per un lavoro da redattore in Periscope, la piattaforma controllata da Twitter che trasmette video in diretta realizzati con lo smartphone. C’è poi un incarico da produttore associato a Londra per trasmettere video on line. Il social network, inoltre, ha ideato un servizio di notifica per informare gli utenti sulle breaking news.

6 MONDO Facebook e le news: al via il “Journalism Project”

I governi chiedono sempre più informazioni a Facebook sui suoi utenti. In particolare, le richieste riguardano la conservazione dei dati degli account in attesa di processi legali formali. Nei primi sei mesi del 2016, le richieste dei governi sono aumentate del 27% a livello globale rispetto alla seconda metà del 2015. In Italia ne sono arrivate 1872 che il social network ha accontentato il 57% delle volte.

8 GERMANIA Vietati toni violenti ai moderatori social Perché un contenuto, anche se segnalato, rimane online, mentre altri vengono rimossi? A fare chiarezza ci ha provato il Süddeutsche Zeitung, con un’ampia inchiesta che rivela le linee di condotta per i moderatori di Facebook: vietati toni violenti e qualsiasi incitamento all’odio, non si può dare del terrorista a qualcuno ma si può dire che sia sporco. Per le immagini, invece, attenzione alla combinazione tra testo e foto.

9 MONDO Facebook crea il portale per genitori e figli Papà e mamme, problemi con i social network? Facebook vi insegna come usarli. La piattaforma ha, infatti, aggiunto una sezione dedicata ai genitori che vogliano sapere qualcosa in più sul social e sul suo funzionamento. A loro è, infatti, dedicato un “Portale” nella più ampia sezione dedicata alla sicurezza sui social. Si parte dalle basi (iscrizione, amici, pubblicazione dei contenuti) per arrivare ai suggerimenti su come spiegare ai figli il funzionamento del social.

10 UNIONE EUROPEA Con ePrivacy l’UE guarda alla tutela degli utenti Si chiama Facebook Journalism Project il nuovo progetto della piattaforma di Mark Zuckerberg che mira a rafforzare la collaborazione tra il social network e i produttori di contenuti informativi, dai giganti delle notizie alle piccole organizzazioni locali. Il proposito è quello di collaborare e creare con gli editori metodi innovativi di confezionamento e distribuzione delle notizie

7 MONDO Facebook al fianco dei governi nel fornire dati sensibili

La Commissione Europea ha proposto una serie di riforme per aggiornare il vecchio quadro normativo sulla privacy nelle comunicazioni elettriche. In particolare, l’attenzione è rivolta alle chat di messaggistica istantanea dei social come Whatsapp, Skype, Facebook. La nuova direttiva – ePrivacy – entrerà in vigore entro il 25 maggio 2018 e introdurrà l’obbligo del consenso per il trattamento di qualsiasi dato personale online. Tra le riforme, tutela dei metadati e norme semplificati sui cookie.

risolvere il problema.

CONNESSIONI

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LIKE & UNLIKE A cura di Guido di Fraia*

Bufale? No, grazie Facebook dichiara guerra ai fake e agli acchiappa clic A breve, le bugie su Facebook avranno le gambe corte: il 15 dicembre scorso il Social Network ha, infatti, dichiarato guerra alle “bufale” postate dai suoi utenti. Gli interventi che verranno messi in atto per “dar vita ad una community più informata” – questo l’obiettivo dichiarato da Zuckerberg – sono vari. Alcuni vedranno il coinvolgimento degli stessi utenti, che potranno contrassegnare direttamente i post sospetti (tecnica già sperimentata dal 2014, con risultati dubbi); altri prevedono l’intervento di agenzie esterne specializzate in fact checking, il cui verdetto di “falsità” si tradurrà in un flag e un link sul post incriminato. L’algoritmo farà la sua parte nel penalizzare la visibilità di tali contenuti, ma le persone che comunque vi entreranno in contatto potranno leggere la notizia “flaggata” in modo più consapevole e con la possibilità di accedere, attraverso il link, ai motivi della segnalazione. Un’ulteriore strategia, certamente la più “dolorosa” per Facebook, è la penalizzazione degli utili per tutte le pagine che pubblicano sistematicamente contenuti farlocchi, con il solo scopo di generare traffico e trarne benefici economici. Al momento, però, le informazioni su come tale risultato sarà perseguito sono piuttosto vaghe (chissà perchè?!). Ma staremo a vedere. Naturalmente, le dichiarazione di intenti di Facebook non giungono dal nulla, ma sono il risultato di una pressione esterna divenuta ormai insostenibile anche per il colosso di Zuckerberg. Tale decisione arriva infatti a seguito delle forti critiche ricevute da Facebook per il funzionamento tendenzioso dell’algoritmo “orientato dagli esseri umani” verso le posizioni politiche dei Democratici; per il ruolo giocato nella diffusione di contenuti xenofobi che avrebbero faIn rete, ciò che vorito la vittoria di Trump e, a livello cancelli da una più generale, nel bel mezzo del dibatparte lo ritrovi tito sulla “Post-verità”. anche dall’altra, Alcuni esempi di tale dibattito sono: bufale comprese la proposta di legge presentata dal capogruppo della Spd tedesca, che prevederebbe una sanzione di 500.000 euro per ogni notizia falsa pubblicata da Facebook e non rimossa dopo una segnalazione in tal senso; le ipotesi del Presidente dell’Antitrust, Pitruzzella, che, al Financial Times, ha dichiarato la necessità di intervenire sulla Post-verità, “una delle minacce alla nostra democrazia”, istituendo organismi coordinati da Bruxelles con il potere di identificare le bufale, rimuoverle dalla rete (!) e sanzionare i soggetti che le mettono in circolazione. La tematica è troppo seria per essere risolta in poche righe e avremo modo di tornarci. Per il momento, due sole battute: tutti sanno (o dovrebbero sapere) che in rete ciò che cancelli da una parte, ti ricompare da un’altra: “è il digitale bellezza…”; e se poi si riesce a cancellarlo davvero, non diventa censura? E, ancora: può essere davvero un deterrente una sanzione da 500 mila euro per un’azienda che genera circa 7 miliardi di dollari di ricavi a trimestre? Di tali proposte, ciò che, ancora una volta, fa notizia, è la scarsa comprensione che il mondo politico continua ad avere dei fenomeni della rete. Un dato di fatto, questo sì, inattaccabile da parte di qualsiasi agenzia di fact checking. *docente di metodologia della ricerca sociale Università Iulm

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CONNESSIONI

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SHARING WORLD

SHARING WORLD

L’auto condivisa fa boom Dopo Enjoy e Car2go, la casa automobilistica cinese Geely Auto group lancia una nuova vettura acquistabile solo on line: Lynk & Co.

Di Angela Briguglio _ “Non vedo l’ora di compiere 18 anni e prendere la patente, così papà mi regala la macchina”. Quante volte gli adolescenti scalpitanti di indipendenza hanno pronunciato una frase simile! Sin dalla sua nascita, infatti, l’automobile è sempre stata associata al bisogno di autonomia. I ragazzi credevano, in questo modo, di cominciare ad affrancarsi un minimo dalla famiglia. Il mondo, però, è cambiato radicalmente e l’evoluzione, specie nelle grandi città, ha portato a una “disaffezione” nei confronti di questa idea. Il desiderio di possedere una macchina non sembra più così irrinunciabile. Il risultato si deve indubbiamente allo sviluppo della sharing economy, grazie a cui il concetto di “proprio” nell’immaginario di molti è stato sostituito da quello di condivisibile. i numeri del rapporto nazionale

Dal Primo Rapporto Nazionale sulla Sharing Mobility - a cura dell’Osserva-

torio Nazionale promosso dal ministero dell’Ambiente e dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile - emerge chiaramente che “in Italia la mobilità condivisa continua a crescere”. Lo studio rivela che son ben 700mila gli utenti dell’auto condivisa, con Milano e Roma in prima linea. In particolare, il 34% dei 5.764 veicoli censiti a luglio scorso si trova nella città lombarda, che conta 370mila iscritti. Le cifre evidenziano una crescita dopo l’ingresso, nel 2013, dei grandi operatori come l’italianissima Enjoy, nata da una partnership tra Fiat e Eni, e Car2go, motorizzata dal gruppo tedesco Daimler. In Italia le auto al servizio del car sharing, operanti in 29 città, sono utilizzate nelle due formule “free floating” (la vettura che si preleva e si lascia ovunque) e “station based” (si preleva e si lascia in appositi spazi).

01 Il progresso non si arresta. La casa automobilistica cinese Geely Auto Group presenta ora Lynk & Co. Il modello 01 - un suv progettato e disegnato in Svezia, che sarà lanciato in Cina nel 2017 e in Europa e negli Stati Uniti nel 2018 a prezzi competitivi - sarà venduto solamente on-line, caratterizzato da uno stesso prezzo per ogni nazione e consegnato direttamente all’acquirente. La casa provvederà anche al ritiro in caso d’eventuali guasti. Grazie ad una chiave digitale si potrà condividere l’accesso e l’utilizzo con altri utenti. Insomma, una sorta di Airbnb per le automobili. La 01 sarà proposta in versione ibrida (tre cilindri 1.5 a benzina combinato con un motore elettrico), oppure con arriva il modello

PANE & SHARING A cura di Gea Scancarello*

LA SENTENZA SU UBER PUò RIVOLUZIONARE IL MONDO SHARING

un quattro cilindri 2.0; entrambi i motori saranno costruiti in Cina sotto licenza Volvo. Tutti i modelli saranno collegati alla Rete grazie al lavoro di sviluppo condotto con Ericsson, Microsoft e Alibaba. mercedes e toyota all’attacco

Seguendo la stessa ottica, il gruppo Daimler ha pensato a un’altra interessante iniziativa. Gli utenti in possesso di modelli Mercedes e Smart potranno affittare la propria vettura, quando è inutilizzata, tramite un servizio on-line che la casa madre sta testando. Le auto saranno equipaggiate con specifici dispositivi per il tracciamento e per la gestione del prestito, bloccando e sbloccando la vettura da remoto grazie ad una app sullo smartphone. Anche Toyota si è mossa in questo senso presentando per il 2017 il progetto Smart Key Box: una piccola scatola che si connette tramite Bluetooth al telefonino e che trasforma qualunque macchina, anche privata, in un veicolo condiviso. La filosofia di base è quella già sposata da Mercedes: quando non si utilizza la propria auto, perché non farla utilizzare a terzi e guadagnarci qualche soldo? Il car sharing, comunque, ha diversi margini di crescita: l’auto condivisa deve arrivare in 89 capoluoghi di provincia e non è ancora presente nelle città metropolitane di Reggio Calabria e Messina. Questo nuovo modo di intendere la mobilità consente grossi vantaggi. Senza auto di proprietà, inevitabilmente, si risparmia su una serie di spese: l’investimento, il carburante, l’assicurazione, la manutenzione e il parcheggio. E i centri cittadini respirano e ringraziano.

LYNK & CO. Presentata la prima suv della casa automobilistica cinese Geely Auto group. In vendita on line e dal prezzo competitivo.

i casi

Le nuove start up sul mercato A cura di Cecilia Tondelli

1. MOVIEDAY

2. AIRBNB TRIPS

3. SHAREWOOD

4. GNAMMO

5. FASTLAV

Non solo sulla strada. La condivisione di un mezzo, d un evento o di una semplice prestazione di lavoro sono al centro di tutte le nuove start-up sul mercato. Scaricando una semplice applicazione possiamo condividere esperienze uniche...leggere per credere.

Questa piattaforma, nata a Milano nel giugno del 2015, prevede di oranizzare proiezioni cinematografiche attraverso la semplice prenotazione on-line. A prezzi competitivi, pellicole più o meno commerciali sono visibili nei cinema aderenti. Al momento hanno aderito a Movieday 135 cinema per circa 13mila utenti.

L’affitta-camere più famoso nel web ha da poco più di un mese ampliato la sua offerta grazie a Trips, una nuova piattaforma che permette agli utenti di personalizzare i loro viaggi attraverso esperienze tipiche e particolari, conasigliate e preparate dagli utenti stessi. Per ora Airbnb Trips offre circa 500 esperienze in 12 città tra cui Miami, Parigi e Londra.

E’ una community di viaggiatori per condividere attrezzature sportive. Nata a Milano nel luglio 2015, da gennaio 2016 è on-line e presente in 11 regioni italiane e in altri quattro Stati: Portogallo, Finlandia, Uk e Belgio. In un anno sono state circa 54mila le visite sull’App. Con più di 1200 transazioni andate a buon fine, ogni cliente ha speso circa 35 euro.

Il social eating più famoso in Italia continua la sua ascesa. Quasi 200mila gli utenti e più di 9mila gli eventi creati in tutt’Italia. Questa piattaforma, nata dall’incontro di alcuni giovani tra Bari e Torino, permette di partecipare a eventi culinari prenotandosi in anticipo on-line. Gli Gnammer sono invitati a recensire il cuoco dopo ogni evento.

E’ un servizio di e-recruitment che permette di cercare e offrire prestazioni di lavoro in tempi brevi tra privati. Una volta scaricata l’app, è possibile inviare la proposta di lavoro in tempo reale alla figura professionale scelta tra tutti i profili disponibili. Una volta effettuata la prestazione, il pagamento avviene tramite voucher.

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CONNESSIONI

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C’è un giudice in Lussemburgo, e alle sue decisioni è appesa oggi mezza Silicon Valley: là dove finora soltanto i consumatori avevano avuto diritto di parola. Ma l’Europa non è l’America: più leggi, più tutele, più regimi fiscali. Ventotto nazioni, con relative corporazioni e legislazioni: qualcuna favorevole all’innovazione disruptive dei colossi dell’economia digitale, altre totalmente opposte. Così, tocca alla Corte di Giustizia dell’Unione europea fare chiarezza e provare a dettare la linea: è iniziato a novembre e si chiuderà probabilmente a marzo il procedimento che stabilirà se Uber è una compagnia di trasporti o semplicemente una piattaforma digitale che fa incontrare domanda e offerta di passaggi in automobile. Sembrerebbe una questione di lana caprina, invece è dirimente: nel primo caso, infatti, la società californiana dovrebbe sottostare alle leggi nazionali sul trasporto pubblico (quella italiana, per esempio, è datata 1992, quando Internet e relative emanazioni nemmeno erano immaginabili); nel secondo, i suoi servizi sarebbero inclusi nelle attività del mercato unico digitale europeo, le cui linee guida si tracciano a Bruxelles con mano ben più favorevole. In quest’ultima ipotesi, dunque, Uber – e, specificamente Uber Pop, che consente a chiunque di mettersi al volante della propria auto e di guidare a pagamento per altri – potranno continuare a operare, o essere reintrodotti: in molti Paesi, inclusa l’Italia, la App è stata infatti bloccata dopo le proteste massicce (e talvolta violente) dei tassisti. L’alternativa è che si apra un lungo processo legislativo, in ogni nazione Ue, per rivedere la normativa e stabilire nuove regole e futuri adempimenti, con un rischio concreto di seppellire il ride sharing per sempre. E, forse, non solo il ride sharing. La sentenza, sollecitata da un gruppo di tassisti spagnoli che accusano Uber di concorrenza sleale, potrebbe infatti avere ripercussioni anche su altre piattaforme a cavallo tra sharing e ondemand economy, Il giudizio arrestando un cambiamento del merpotrebbe avere cato che a molti era parso irreversibile. ripercussioni E che i consumatori, tradizionalmente su altre ignorati dai decision maker come se non piattaforme fosse anche la loro soddisfazione da tutelare, hanno mostrato di gradire parecchio. Oltre a Uber, infatti, anche Airbnb - che consente di mettere a disposizione la propria casa, pur senza offrire un servizio di bed and breakfast – o BlaBlaCar - che collega richieste di passaggi extraurbani con utenti intenzionati ad offrirli – potrebbero essere travolte da una classificazione diversa delle proprie attività. Il paradosso è che una regolamentazione serve eccome. E, certamente, non può essere uguale per tutti i servizi, che sono intimamente diversi: se è infatti del tutto evidente che BlaBlaCar si limiti a efficientare le risorse, aiutando peraltro nella riduzione dell’inquinamento, la mancanza di limiti e controlli su Airbnb rischia invece di avere effetti negativi sul mercato degli affitti di lungo periodo, oltre a portare sospetti concreti di evasione fiscale. Proprio per questo, la Corte del Lussemburgo potrebbe decidere di non decidere, affermando che sì, Uber è una piattaforma digitale, ma che deve comunque sottostare alle normative nazionali: tecnicamente, la scelta più giusta. In pratica, già s’intravede un groviglio impossibile da districare: con buona pace dei consumatori. *docente del Master in Giornalismo Iulm

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UNIVERSITà

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IULM NEWS

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iulm spot EUROPA

MESTIERI

Il programma Professione Erasmus 2017 Event Manager EVENTI

Back of the neck. Una delle opere di Jean Michel Basquiat in mostra al Mudec di Milano

Il 14 febbraio via all’anno accademico A cura di Redazione _

BASQUIAT IN IULM L’università lulm ospita un ciclo di quattro appuntamenti dedicati alla vita e alle opere dell’artista caraibico-americano, in mostra al Mudec fino al prossimo 26 febbraio

Di Michela Cattaneo Giussani _ Si apre lunedì 6 febbraio il ciclo di quattro appuntamenti che Iulm dedica a uno degli autori più enigmatici e tormentati della pop art. Parliamo di Jean-Michel Basquiat, l’artista newyorkese - profondamente newyorkese - amico di Andy Warhol e di Keith Haring. Considerato uno dei protagonisti della scena artistica americana e mondiale degli anni ‘80, è uno degli artisti più noti dei nostri tempi. Il calendario degli appuntamenti prevede la proiezione di quattro lungometraggi in lingua originale in Sala dei 146, Iulm Open Space. Il primo appuntamento, in programma per lunedì 6 febbraio, alle ore 15, sarà dedicato alla visione del film “Downtown 81” diretto da Edo Bertoglio (1981). Il programma prosegue mercoledì 8 febbraio, alle 15, con il film “The Radiant Child” con Jean-Michel Basquiat di Tamra Davis (2010). Terzo appuntamento lunedì 13 febbraio con la proiezione di “Factory Girl” diretto da George Hicknlooper (2006). A chiudere il ciclo di incontri, mercoledì 15 febbraio, alle ore 15, sarà il lungometraggio “Basquiat” di Julian Schnabel (1996). la mostra al mudec

L’esposizione, in programma al Mudec di Milano fino al prossimo 26 febbraio, presenta 140 opere realizzate tra il 1980 e il 1987 e

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accosta lavori di grandi dimensioni, disegni, foto, collaborazioni con Andy Warhol e una serie di piatti di ceramica nei quali, con ironia, Basquiat ritrae personaggi e artisti di ogni epoca: opere caratterizzate dall’uso di materiali poveri e da un segno grafico inconfondibile, pieno di rabbia, provenienti in larga parte della collezione di Yosef Mugrabi, a cui si aggiungono opere da altri prestatori privati. Curata da Jeffrey Deitch, amico dell’artista, critico, curatore ed ex direttore del Moca di Los Angeles, e da Gianni Mercurio, curatore e saggista, l’esposizione è promossa dal Comune di Milano-Cultura e da 24 Ore Cultura che ne è anche il produttore. un duplice perrcorso

La mostra è pensata su un duplice percorso: da un lato quello geografico, legato ai luoghi che hanno segnato il percorso artistico di Basquiat, dall’altro quello cronologico. I visitatori possono attraversare vita, gioie e insicurezze dell’artista: un giovane pieno di talento, perso nelle proprie fragilità e in una società che lo acclamava come artista, ma lo rifiutava per il colore della pelle. Alcuni dei temi ricorrenti nell’opera di Basquiat come la musica, il jazz, i fumetti, l’anatomia ma anche la poesia e la scrittura saranno il fil rouge che guiderà il visitatore tra differenze sociali e razziali, emarginazione e diffidenza verso il diverso.

Sarà il giorno di San Valentino a ospitare la cerimonia d’inaugurazione dell’anno accademico 20162017 dell’università Iulm. Quest’anno l’ospite d’onore sarà un grande giornalista e uomo di cultura, Ferruccio De Bortoli. Per due volte direttore del Corriere della Sera - la prima dal 1997 al 2003 poi dal 2008 al 2015 -, poi direttore del Sole 24 Ore e presidente della Rcs libri, De Bortoli è uno dei più lucidi e intelligenti analisti della politica, della società, della cultura e del sistema di alta formazione del bel paese. Un grande professionista e un intellettuale capace di leggere la contemporaneità con equilibrio e disincanto. La cerimonia si svolgerà il 14 febbraio dalle 10,30 nell’auditorium Open Space (edificio Iulm6). Oltre all’intervento dell’ospite De Botoli è in programma la relazione del magnifico rettore Mario Negri, che traccerà un bilancio dello scorso anno accademico e traccerà le linee di sviluppo e consolidamento dell’ateneo. La cerimonia prevede inoltre la prolusione del prorettore alla didattica professor Angelo Turco: “Africa. L’ostinazione della storia e la sfida della modernità”. Interverrà anche il rappresentante degli studenti.

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Grazie al Programma Comunitario Erasmus, gli studenti appartenenti ad Istituti di istruzione superiore titolari di ECHE (Erasmus Charter for higher Education) possono trascorrere un periodo di studio presso un’università europea. Lo studente Erasmus percepisce un importo comunitario mensile e forfetario a titolo di “contributo alle spese di mobilità” Lo studente versa le tasse universitarie presso l’istituto di origine mentre nessun contributo è dovuto all’Istituto ospitante. Per scoprire le nuove destinazioni e scaricare il bando vai sul sito Iulm nella sezione mobilità internazionale.

Prende il via a febbraio 2017 il workshop Professione Event Manager a cura del docente IULM Saverio Monno e della dott.ssa Raffaella Rota. Il corso è articolato in dieci moduli relativi ad arte, design, fiere e convegni, fotografia, media e pubblicità, moda, musei, musica, social media e teatro. Il workshop è rivolto agli studenti di tutte le facoltà: per iscriversi è necessario inviare un’e-mail a workshop. eventi@iulm.it indicando nome, cognome, numero di matricola, corso di laurea e una breve motivazione.

DIBATTITO

1 INSEGNANTI D’ECCEZIONE Melissa Satta prof per un giorno Melissa Satta professoressa universitaria per un giorno. La showgirl trentenne, infatti, lo scorso mercoledì 11 gennaio ha tenuto una lezione ai ragazzi del Master in Management e Comunicazione del Beauty e del Wellness allo Iulm. La signora Boatneg, mamma di Maddox, ex velina, nonchè ex iulmina, ha raccontato agli studenti la sua esperienza nel mondo dei media e della televisione e ha poi parlato della sua avventura sul web con un blog che è seguitissimo.

MEDIA

Il convegno Baudrillard

Collabora con Radio Iulm

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Il 6 marzo 2017, in occasione del decimo anniversario della morte di Jean Baudrillard, il Dipartimento di Arti e media dell’Università IULM organizza una giornata di studi dal titolo “Baudrillard e la teoria dei media”, per discutere l’opera dello studioso francese a partire dal suo apporto alle ricerche sulla comunicazione. I ricercatori interessati a presentare un paper durante il convegno sono inviati a inviare un abstract di 500 parole all’indirizzo tito.vagni@iulm. it entro il 15 gennaio 2017.

Vuoi essere una delle nuove voci di Radio Iulm? Partecipa ai nuovi casting inviando una tua presentazione audio di massimo un minuto all’indirizzo castingradio@ iulm.it, entro mercoledì 8 febbraio 2017, indicando nome, cognome, numero di matricola e il corso di laurea a cui sei iscritto. Potrai entrare nella squadra dei conduttori del format Only IULM - pillole di vita universitaria - e andare in onda per due settimane dagli studi della web radio dell’università.

2 FINO A FINE GENNAIO La mostra FotoStorie Visite aperte e gratuite fino al prossimo 27 gennaio per la mostra FotoStorie alla Contemporary Exhibition Hall dello Iulm Open Space. L’esposizione è dedicata ai portfolio e alle copertine fotografiche pubblicate nell’inserto culturale “La Lettura” del Corriere della Sera. Un percorso interattivo tra foto che parlano della nostra vita per celebrare un linguaggio che è testimonianza, documentazione e rilettura della realtà.

università

Al via sei nuovi workshop A cura di Michela Cattaneo Giussani _ Riprendono i workshop organizzati dalla Facoltà di Comunicazione, relazioni pubbliche e pubblicità previsti per il secondo semestre dell’anno accademico. Sono sei i filoni, che a partire dal mese di febbraio, verranno percorsi: il primo ciclo di lezioni, sarà dedicato alle “Differenze e analisi tra il suono in tv e al cinema”, a cura di Emanuela Chiappa. La seconda carrellata di incontri accenderà i riflettori sul tema “Estetica e concept del filmato cinematografico”, dietro la guida di Mauro Conciatori. La terza serie di approfondimenti, invece, si concentrerà su “Narrativa e giornalismo di viaggio” e sarà curata da Roberto Duiz. Il quarto workshop sarà dedicato al tema “Festival e mercati” con la regia di Patrizia Rappazzo, mentre il quinto avrà come focus gli “Ecosistemi della comunicazione: governare la multicanalità per la lead generation” a cura di Alessandro Santambrogio. Il sesto e ultimo ciclo di lezioni, curato da Marta Zanichelli, fornirà agli studenti le competenze base di “Photoshop”, il software di grafica più utilizzato dai professionisti per creare e modificare le immagini digitali. Sono ammessi gli studenti che compileranno per primi i form di iscrizione nella sezione: notizie-workshopfacolta-comunicazione, fino ad esaurimento posti.

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Commenti ed editoriali. Uno o due per numero. Oppure un editoriale costruito intorno a una foto o a un’immagine particolarmente significativa.

La comunicazione dell’Isis La doppia strategia dello stato dei tagliagole L’ estetica dei guerrigliero islamico. Lo studio svolto per l’Ispi da Matteo Colombo(ex Iulm)

Una piccola frase potrebbe rilanciare il concetto

il semiologo

rubricona A cura di Nome Cognome

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Capire l’Isis attraverso le immagini 1. Primo titoletto

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