Notiziario

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Quello che può fare la televisione se... Quando per la prima volta incontrai Andrea Andermann (che conoscevo a distanza per aver seguito le sue prime dirette di Tosca e di Traviata), mi raccontò del suo proposito di produrre la Cenerentola di Rossini. Questa volta, diversamente dalle due precedenti produzioni e da quello che sarebbe stato il Rigoletto da Mantova nel 2010, la location non era imposta dal libretto ma era a libera scelta dell’ideatore produttore. All'epoca (siamo nel 2007) ero assessore alla cultura del Comune di Torino e, come credo sia ovvio immaginare, d'impeto gli dissi che nella nostra Città e nei suoi immediati dintorni avrebbe trovato i boschi, i laghi, i palazzi délabré o in pieno splendore necessari per raccontare una favola come quella. Andermann non aveva confidenza, come ancora succedeva fino a qualche tempo fa a molte persone anche importanti, con il nostro territorio e quindi con piacere mi misi a sua disposizione per un primo giro di ricognizione. Poi ne fece molti altri per conto suo fino a concentrarsi sui luoghi che ospiteranno la diretta dei prossimi 3 e 4 giugno. Penso che, oltre al fascino di quei luoghi, abbia avuto una certa influenza sulla sua decisione di scegliere Torino, anziché tante altre possibili ambientazioni italiane e non, la voglia che si respirava in quegli anni all'interno delle pubbliche amministrazioni e nella società torinese di dare seguito all'esito dell'avventura olimpica cogliendo nuove occasioni per far conoscere al mondo una Città che per tanto tempo era quasi scomparsa dall'immaginario collettivo e che invece si rivelava un po' alla volta come una delle più belle e sorprendenti che si possano incontrare. Quella voglia si tradusse anche in impegni molto precisi per assicurare alla produzione il sostegno offerto in passato sia dalla Città di Roma che da quella di Parigi e che nel 2010 confermarono la Città di Mantova e la Regione Lombardia. Da allora a oggi molte cose sono cambiate in peggio dal punto di vista delle disponibilità economiche delle pubbliche amministrazioni (e non solo di quelle) e tutto è diventato più difficile. Ma non parliam di ciò, dice Despina in “Così fa tutte” e aggiunge Sono ancor vivi e vivi torneran; il che può avere diverse interpretazioni: che la produzione è più viva che mai e si concluderà nel migliore dei modi, che chi può dare una mano è tuttora sul campo e potrà tornare ai primari propositi, che la necessità della Città di farsi scoprire e amare è ancora più sentita che in passato. Oggi non sono più assessore e vedo le cose non solo dal punto di vista dell'opportunità che “Cenerentola, una favola in diretta” rappresenterà per il territorio torinese in generale e per i suoi beni culturali in particolare, ma anche da almeno altri due punti di vista dai quali si può considerare il valore squisitamente culturale di un'operazione di questo genere. Andermann tiene a dire che si tratta soprattutto di un modo diverso di fare televisione e vuole giustamente differenziarsi da chi ha voluto nel passato trasmettere in prima serata l'inaugurazione della Scala facendo precipitare lo share e insieme la giusta aspirazione di usare la televisione per ricostruire il rapporto da tempo lacerato tra il grande pubblico e uno dei prodotti del genio italiano più amati nel mondo: l'opera lirica. Per questo, insiste Andermann, ciò che si vedrà sullo schermo sarà uno spettacolo totale, dove la musica è certamente presente ma insieme a tanti altri ingredienti capaci di agganciare un pubblico vasto: gli ambienti meravigliosi, i cantanti che sono anche attori, il linguaggio della commedia italiana (altra nostra eccellenza famosa nel mondo), l'empatiaper la favola più conosciuta e amata. Tutto vero, ma resta il fatto che se si considera l'opera lirica un prodotto di nicchia (meglio non ricordare i giudizi di certi recenti ministri al riguardo) si compie una


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