Da Neresine a Milano. Memorie dell’imprenditore Fulvio Bracco

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FULVIO BRACCO

DA NERESINE A MILANO

Quando sono arrivato al Reggimento ho visto subito come stavano realmente le cose e mi sono domandato: “Qui cosa faccio? Non c’è una maschera antigas, non c’è una istruzione, non c’è niente di quanto riguarda la mia specializzazione. Niente di quello che dovrebbe esserci”. Da questa situazione sono uscito quando mio padre, con l’interessamento di mio zio il senatore Salata, ha presentato al Ministero della Guerra la richiesta per il mio esonero, potendo io, quale direttore tecnico, essere ritenuto indispensabile per l’attività dell’azienda. Ho potuto così tornare al mio lavoro e alla mia famiglia a Milano. Ma il 4 novembre 1939, una cartolina precetto mi ordinava che in caso di dichiarazione di guerra avrei dovuto presentarmi a Verona, assegnato alla Divisione Pasubio come ufficiale chimico. L’entrata in guerra dell’Italia, il 10 giugno 1940, mi ha colto a Rimini in vacanza con mia moglie, mio cognato Tomaso e sua moglie Nena, di origine argentina. Io e Tomaso eravamo molto legati. Mi sono dunque presentato a Verona, dove mi sono ritrovato nella medesima situazione di Brunzolo di Susa, con il 9° Reggimento Artiglieria del Brennero. Anche alla Divisione Pasubio non c’era assolutamente nulla che riguardasse la mia specializzazione. Vedevo che la mia presenza era proprio inutile; nessuna possibilità anche come sottotenente di artiglieria: le batterie avevano già tutte i loro comandanti. Io avevo un cavallo e basta: quello me lo avevano dato, ed era anche un bel cavallo. Ho scritto a mio padre informandolo della condizione in cui mi trovavo. Non sapevo ancora che la Divisione Pasubio sarebbe stata mandata in Russia: nella lettera chiedevo solo se non era il caso di vedere presso il Ministero della Guerra, e con zio Salata, se era possibile il trasferimento a una attività consona al mio grado e alla mia specializzazione di ufficiale chimico. Non ho dubbi che questa mia richiesta mi ha salvato la vita. Il mio caso è stato infatti preso in considerazione e io sono stato mandato a Firenze, allo Stabilimento chimico-farmaceutico militare, dove si producevano i medicinali e si tenevano corsi per medici e farmacisti. Poco dopo il mio trasferimento a Firenze, la Divisione Pasubio è partita per la Russia. In pochi sono tornati. 94

10.

Ca’ dei Polli

GLI ANNI 1940–1945

Da Firenze sono poi stato distaccato – come appartenente a Fabbriguerra, che comprendeva le imprese considerate indispensabili per la produzione – presso la mia azienda, a Milano, per produrre, per quel poco che si poteva, medicinali per l’esercito. In azienda, tra il 1940 e il 1945 sono stati anni molto duri. Per tante ragioni, non ultima quella che non c’erano materie prime per produrre le specialità. La guerra aveva completamente assorbito l’attività della Merck, che aveva anch’essa enormi difficoltà nel lavoro. L’azienda di Darmstadt è stata bombardata e quasi distrutta; non è stata però colpita la sua centrale termica, cosa molto importante per poter continuare nella produzione. In Renato Fucini i problemi erano enormi. Nella quasi impossibilità di rifornirci di materie prime, eravamo solamente in grado di produrre poche cose e semplici. Siamo stati anche bombardati: nell’agosto del 1943 un’ala dell’azienda è stata colpita e distrutta. I dipendenti si sono ridotti a una ventina, un po’ perché richiamati alle armi, un po’ perché non avevamo lavoro. Per i dipendenti sotto le armi ci siamo impegnati a mantenere loro i diritti e a corrispondere alle loro famiglie le retribuzioni come se fossero presenti. Anni difficili per l’azienda e anni difficili anche per la mia famiglia. Nel 1939 da via Battistotti Sassi io e mia moglie ci eravamo trasferiti in via Vittorio Veneto 24, dove siamo rimasti fino al 1952, anno in cui abbiamo preso casa in via Cappuccini 11. Quando nel 1942 c’è stata credo la prima incursione aerea su Milano – era un tramonto e mia moglie con la mia prima bambina, Diana, stava tornando dai Giardini pubblici – non ci ho pensato nemmeno un momento: ho portato la famiglia nella nostra casa in campagna, Ca’ dei Polli, a Romanengo, vicino a Crema. Non sono mai riuscito a sapere se la casa avesse quel nome per i polli o se portasse invece il cognome di precedenti proprietari. L’aveva acquistata mio padre nel 1927. Nella zona, Ca’ dei Polli era anche chiamata “Ca’ de la fam” perché era completamente brulla, non c’era un filo d’erba. Noi, con un impianto e con canali di irriga95


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