Tropico del cancro

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Henry Miller

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Tropico del cancro



Boris mi ha fornito poco fa un compendio di come la vede. E’ un profeta del tempo. Farà brutto ancora, dice. Ci saranno ancora

calamità, ancora morte, disperazione. Non c’è il minimo indizio di cambiamento. Il cancro del tempo ci divora. I nostri eroi si sono uccisi, o s’uccidono. Protagonista, dunque, non è il Tempo, ma l’Atemporalità. Dobbiamo metterci al passo, passo serrato, verso la prigione della morte. Non c’è scampo. Non cambierà stagione. E’ l’autunno del mio secondo anno a Parigi. Ci sono stato mandato per una ragione che ancora non sono riuscito a penetrare. Non ho né soldi, né risorse, né speranze. Tutto quel che era letteratura mi è cascato di dosso. Non ci sono più libri da scrivere, grazie a Dio. E questo allora? Questo non è un libro. È libello, calunnia, diffamazione. Ma non è un libro, nel senso usuale della parola. No, questo è un insulto prolungato, uno scaracchio in faccia all’Arte, un calcio alla Divinità, all’Uomo, al Destino, al Tempo, all’Amore, alla Bellezza... a quel che vi pare. Canterò per voi, forse stonando un po’, ma canterò. Canterò mentre crepate, danzero sulla vostra sporca carogna… Per cantare bisogna prima aprire la bocca. Ci vogliono un paio di polmoni, e qualche nozione di musica. Non occorre avere fisarmonica , o chitarra. E dunque questo è canto. Io canto. [...]



T un M s’a an C e o a s s a , u t a d Oh e de colo rico anz fè d el se v gro c’ p e r f e s l T l e o a i a r C’è la t r d g s i n r l’o ia, dio, ve pien i, se a b Lib o d lia ss a o i o o n ve li ca di ni gn ert s ei so ld ca col o b m no i, g st or iei o e a ve ra tto gne t nt la n i c tu d en t

e, rnass catori , a a s l p l e ; t i a n i e , o t o if me e. ne nqu lla s les v ampl rd M orati Ire etter e è co e ovu ena de Tania; bouleva atetica, ,fagiani d cancro l e ch pollin la sc ebbre nti sul della P re sono megalia, m e e? co ngh Tania rga olstoj una f gargia ’adagio ti, che o lce, acro e, pien e. a iT e l ’ d s i l n e l , b p è lu ra a a e r h h s o t s d m lla pe nc at ono i sem ia tta ’alt che zetto è a crav Abdu ttiere e tend de. [...] tue cosce , gonfia d a i e un e ez Ma es, ette arre osi ch orbi ti, le Tan g i r esan lla fica, è sem n p ato. Vos siga ta, g vaporcosce m p , e e i u o o err des ec, rucia scol ue e re unt inze d r g m tt ce o s b le g epu san ettie a t so pla or ien a, cr ti di giarr tutte P t e o è, ie, adis i se app tue i stir e t T l d r u r a r, a, . e it ke ld zzo a d a o c , p c i a i ca i d r f a et im


ce rt st M a is av v a am og ch lie o e co tt sc El a. m ri sa in ve Av m ci nd an ig at o, zi o ua d s un m rd ch el ac a la av ie le ch co na a tt in co fa l er az a a re n s a i s o c un ii al l’a ne hi n a en su m ce .Q or a, o pp ue a e ne a. st m co llo o an [.. n po . te st ] El m u No sa ch d er io .L n e ig .L ’h re è gi a i e s n o i ta vo av Ita v lu e a lia va to ch .L le e a i.


Ep ap pu pe re na un la sc co po r fa da itt co re o de co .Q m i l ll’ sì ’è pr ue o se di im lla cc sp nt o hi m ia im r o a i , ci g le en ne o ut d al ta lc et o, l s h t e pe u a lu i . n o M m st r ar a i le us ri m ha m i. ,c a i i c Av n s st os a te u ev r t ìc di av ed a al l l o e ’ e ho lto di sc i. M e a, .E le a ac tt co po ch o co sì i e ra is m c iv uo ti al ol in in io et si c cc on em e h i c i e. et a, ti co n



di altro

no s tato

ento. Non le va che io

stesso della mia eccitazione,

d’animo ostile; lo s

che di lei. Sa, dal calibro

in u

che il suo prez o s’è z ridotto a zero. Sa che stasera n on s ono v enuto a fertilizzarla. Sa che qualcosa germina d entro di me , che la distruggerà. Èl en ta a isce... capire, ma cap

sia pieno

Ta ni aè


Cielo d’ind aco sgom come son bro di nambuli. perfettam Alberi tetr filacente euro i, s facciate, q peo. Impo ste chiuse petuasi scost dall’Orang , botteanti; imma erie, mi c

ribile spa olate, tran viene in m gnolo che ne per ente un’a mi chiedo ha fatto t lt r se lo stile, a r P a a s r a ig li i, r e il mondo la Parigi lo stile all più tardi, con le sue a maniera dopo che a g c r robazie ande, non ho trave di balo sia

rsato la S finito. Dic ccarsi con o che enna, dop q u e s t i p ensieri. pe colo di qu o che mi s este acqu r il momen ono lae che rifle to non so quando il ttono un m pensare a vento si le ondo dime nticato. Lu v e r à e li riempirà ngoqua rap

di fruscii, ida scorr verserann endo s’in o t o r bidirà. Tu anche sol tto quest o in part o

e quel che

provo...


ciose nub i, scarni a lber trali, con tronchi pa i a distesa infinita, sbraccian llidi come ghe serra do rami n cenere di te. Un lum eri sigaro. Sil e rosso, q enzio sup ua e là, se le macchie remo e gnale d’ap macchie d puntamen ’ombra ge di Maugha ti. Ispide le tt m

ate dagli , alberi. Pa di stile in s di Gauguin, la Parig ssando i di Georg tile. Penso e Moore. a Spengle la mia me P e r , nso al ter ai suoi ter nte è occu ribili pron pata da q u sciato alle n c ia m ie n u t esti pensie os, e spalle il

carnevale ri, non è v nulla: tra delle luci, ero; solo nne che s p e r o m n o e tt una creat fiume, gli ura senzie o alla mia mente alberi si p n te, trafitt iegano pe qualche la a dal mira s a n t i s opra lo crim

a, e avran no un briv specchio terso; ido quand . Nessuno o l’aca cui com un

mi soffoca

icare



Una sola cosa mi interessa, ora, e ha per me un’importanza vitale: registrare tutto quello che nei libri è omesso. Nessuno che io sappia, ha usato finora quegli elementi che sono nell’aria, e che danno scopo e motivo alla nostra vita. Soltanto gli assassini paiono trarre dalla vita una soddisfacente contropartita per ciò che vi mettono di loro. Il secolo vuole violenza ma abbiamo soltanto esplosioni abortive. Le rivoluzioni sono tagliate verdi, oppure riescono troppo in fretta. La passione si estingue subito. Gli uomini ripiegano sulle idee, comme d’habitude. Nulla dura più di ventiquattr’ore. Viviamo un milione di vite nello spazio d’una generazione.


Qui, al collo della sempre un grappolo sbattevano le sudicie aguzzo per tirarti rapaci diavoli che non di riabbottonarti i Ti portava in una stanza di solito sullasponda del letto faceva una rapida sull’uccello e se lo mentre tu ti lavavi, tenendo la vittima per mentre tu davi gli


bottiglia per così dire, c’era di avvoltoi che gracchiavano e ali e allungavano un artiglio dentro un portone. Ilari, ti davano nemmeno il tempo calzoni, quand’era fatta. stanzetta vicina, una senza finestre, e, seduta con la gonna rimboccata, ti visita di controllo, ti sputava metteva in corpo da sé. E un’altra stava alla porta e, mano, ti guardava indifferente ultimi tocchi alla tua toilette.


du ca e re le zz m m ar od an la o i, .C su di a ’e om pa ca r r a od re la qu re od zz al ar in ip c os qu la ar su a la el e r n o m ei el ce m o n sp od m su qu ug od en o el lio t i o, me m di o n ro tte ind m el se en im rm ,q en t is o, ua tic ogg ot ne lco ab ett t l i o s le; o il ac il n ne cui h a em pa so val rla ore ir il v e a fos sta co se me qu cre i, se sci q uto ua l c col tem he po [... ]

a ev av n ra No mu i e pr e. S a ni ma idet i r e b G ul m s si e e t r te t de ona men e s ap sa ...] ins azio ;[ o r r en ag m pe v l ò z de rla i al pa m ù e si ri i a p r l o o de e, nc nd a a nt u e e Q i, am rs a la os g i z iu llò a c o r g m as i o va s a i os l v d r ov an pa pr st a o ò l’im cc ci a al n i la ,e o om ta t c t t , e e fe te lvi af te en sa t n tu am co n nt si o r le c a a f in el o s r ar st en m ,a a p to


]


Ger man ie in vece

,

era putt ana se la sin d gode alla va a culla nzi, t ; era rann e qu cose com ando tte s plet econ ame l e si st darie nte rizza , di n sodd v a lo s essu isfat n con toma ta d creas t c o ella o , nulla se to e le s par che l rmen i face te e ma to. [... vano ngias ] Di so l e sca sua se l’a lito se rpe nima la god , , null eva; o a dava che l’illusi le one d i gode rs e la.



Non c’è altro che tetti, dapbile artificio geometrico. Sono una cartuccia. È calata nebbia di grasso gelido. Sento la citun cuore appena strappato del mio albergo marciscono, come di combustione chimifango e desolazione, lampioni ni e donne soffocati a morte, d’amore. Un uomo sta in piedi monica legata alla pancia; ha fisarmonica si torce fra i monpenti. L’universo si è contrate non ci sono stelle, né alberi, fabbricano sedie su cui siedodella strada c’è una ruota, e una forca. La gente già morta sulla forca, ma la ruota gira


pertutto, disposti con esecrastato sparato dal mondo come fitta, sulla terra c’è uno strato tà che palpita, come se fosse da un corpo caldo. Le finestre e c’è un tanfo denso, acido, ca. Se guardo la Senna vedo di strada che affogano, uomii ponti coperti di case, macelli contro il muro con una fisarle mani tagliate ai polsi, ma la cherini come un sacco di serto; è lungo quanto un isolato né fiumi. I morti abitano qui; no gli altri in sogno. Nel mezzo nel mozzo della ruota è issata cerca freneticamente di salire troppo svelta…




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Quante migliaia di volte, passeggianil giorno ch’io la riavessi al mio fianco: tue; le guardavo con tanta fame, con parte degli edifici stessi e delle statue, fare a meno di riflettere che quando sature ora del mio sogno e del mio delei come ogni altra strada qualsiasi, un certo angolo io mi ero fermato a racavevo notato il punto in cui s’erano pofossero state demolite le cattedrali e


do per le strade di notte, mi sono chiesto se sarebbe tornato tutte le occhiate di desiderio che lanciavo alle case e alle statanta disperazione che ormai i miei pensieri dovevano essere dovevano essere saturi della mia pena. Non potevo neanche passeggiavamo insieme per queste strade sudicie e tetre, cosĂŹ siderio, lei non aveva osservato nulla, sentito nulla: erano per poco piĂš sordide, forse, ma basta. Lei non ricordava che a un cogliere la sua forcina, o che, chinandomi a legarle le stringhe, sati i suoi piedi e ci sarei rimasto per sempre, anche dopo che tutta la civiltĂ latina fosse stata spazzata via per sempre.


Una notte, passeggiando giù per rue Lhomond, in un attacco di insolito dolore e desolazione,

certe cose mi si rivelarono con acuta chiarezza. Forse perché tante volte ero

passato, amaro e disperato, per queste strade, forse perché

ricordavo una frase che lei aveva lasciato cadere una notte

che eravamo a place Lucien Herr, non so. “Perché non

mi mostri quella Parigi,” disse, “di cui hai scritto?”

Una cosa ricordo: che al rammentare quelle parole

all’improvviso capii l’impossibilità di rivelare mai la

Parigi ch’ero riuscito a conoscere, la Parigi dagli

arrondissements indefiniti, una Parigi che non è mai esistita se non in virtù della mia solitudine, della mia fame di lei. Che immensa Parigi! Ci vorrebbe una

vita a esplorarla di nuovo. Questa Parigi, di cui io solo avevo la chiave, non si presta a un giro, nemmeno con

le migliori intenzioni; è una Parigi che bisogna vivere, che bisogna

provare giorno per giorno in mille diverse forme di tortura,

una Parigi che ti cresce dentro come un cancro, e cresce e cresce

finchè non ti ha divorato.



Così quieta scorre la Senna che quasi non ti accorgi dela sua presenza. È sempre lì, tranquilla

e discreta, come una grande arteria che scorre nel corpo dell’uomo.

Nella quiete meravigliosa che calava su di me, mi parve d’aver scalato la vetta di un’ alta montagna; per un poco potevo

guardarmi attorno, cogliere il significato del paesaggio. [...] Il sole tramonta. Sento

questo fiume che scorre dentro di me, il suo passato, la terra antica, il clima mutevole. Le colline gli fanno dolce corona: il suo corso è stabilito.



In “Tropico del Cancro”, forse l’opera più celebre e più amata di Henry Miller, l’autore racconta la vita tumultuosa e dissoluta da bohémien che, negli anni Trenta, condusse a Parigi, allora vivaio di ogni ribellione, fino alla scoperta della propria vera identità e alla liberazione da tutti i falsi miti e riti dell’Occidente. In “Tropico del Capricorno”, lungamente colpito da censura e considerato da buona parte della critica l’opera più rappresentativa di Henry Miller, l’autore descrive il proprio percorso umano e artistico nei primi anni, dalla giovinezza vagabonda e inconcludente a New York nel periodo della Grande Depressione fino alla scoperta del sesso e della propria vocazione di scrittore.

design: Claudia De Angelis 40015893

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