Il sistema paesistico (da PGT)

ESTRATTO

COMUNE di LENO Provincia di Brescia

PIANO DI GOVERNO DEL TERRITORIO APPROVATO CON DELIBERA C.C. n. 46 del 18 DICEMBRE 2008

“Documento di Piano” RELAZIONE 1. QUADRO CONOSCITIVO E ORIENTATIVO modificato a seguito delle prescrizioni contenute nel parere di compatibilità con il P.T.C.P. e dell’accoglimento delle osservazioni

GRUPPO DI LAVORO - Dott. Arch. Pierfranco Rossetti - Istituto Policleto: Rag. A. Straolzini – Dott. E. Bugatti - Dott. Ing. Vincenzo Bonometti - Dott. Geol. Vanna Messora - Professione Ambiente Studio associato Dott, Agr. Leonardo Bellini - Avv. Innocenzo Gorlani

(aspetti territoriali e urbanistici) - coordinatore (aspetti socio-economici) (aspetti della mobilità) (aspetti geologici idrogeologici e sismici) (aspetti agronomici e ambientali) (aspetti giuridico normativi) giugno 2008 – dicembre 2008

IL SISTEMA PAESISTICO a cura Arch. Pierfranco Rossetti e Studio Professione e Ambiente

PREMESSA La Regione Lombardia ha pubblicato sul Bollettino Ufficiale n. 32 edizione speciale del 6 agosto 2001, il Piano Territoriale Paesistico Regionale (P.T.P.R.) vero e proprio Piano del Paesaggio Lombardo.

La Regione con tale strumento persegue la tutela, la valorizzazione e il miglioramento del paesaggio e pertanto le azioni e le prescrizioni volte alla tutela del paesaggio delineano un quadro di interessi prioritari e strategici della Regione.

Per paesaggio, si intende, come definito della Convenzione Europea del Paesaggio (Firenze 20 ottobre 2000) “una determinata parte del territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali e/o umani dalle loro interrelazioni”.

La Regione, la Provincia ed il Comune nell’ambito delle rispettive responsabilità e competenze, secondo il principio di “sussidiarietà” perseguono le seguenti finalità: a) la conservazione dei caratteri che definiscono l’identità e la leggibilità del paesaggio, attraverso il controllo dei processi di trasformazione, finalizzato alla tutela delle preesistenze significative e dei relativi contesti; b) il miglioramento della qualità paesaggistica e architettonica degli interventi di trasformazione del territorio; c) la diffusione della consapevolezza dei valori paesistici e la loro fruizione da parte dei cittadini.

INQUADRAMENTO PAESISTICO A LIVELLO REGIONALE (P.T.P.R.) Il P.T.P.R. individua e salvaguarda prioritariamente gli “Ambiti di elevata naturalità” che nella provincia di Brescia sono collocati nelle zone montane della Valle Camonica, Alta Valtrompia e Val Sabbia e Alto Garda.

Ai fini della tutela paesistica si definiscono di elevata naturalità quei vasti ambiti nei quali la pressione antropica, intesa come insediamento stabile, prelievo di risorse o semplice presenza di edificazione, è storicamente limitata.

Il P.T.P.R. individua nel “Quadro di riferimento degli indirizzi di tutela e di operatività immediata” (tavola D) gli ambiti di criticità.

Si tratta di ambiti territoriali, di varia estensione, che presentano particolari condizioni di complessità per le specifiche condizioni geografiche e/o amministrative o per la

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compresenza di differenti regimi di tutela o, infine, per la particolare tendenza trasformativa non adeguata allo specifico assetto paesistico.

Il P.T.P.R. individua inoltre gli ambiti caratterizzati dalla presenza di molteplici aree assoggettate a vincolo ex lege 1497/1939, successivamente ricompresa nel Titolo II del D.Lgs. 490/1999, attualmente nel D. Lgs 22/01/2004 n. 42: Codice dei beni culturali e del paesaggio, per le quali si rende necessaria una verifica di coerenza all’interno dei P.T.C. (Piani territoriali di coordinamento) provinciali, anche avvalendosi della revisione dei vincoli in attuazione dei disposti della l.r. 57/1985.

Gli ambiti principali in provincia di Brescia sono: - Morene del Garda e Fiume Chiese, - Colline di Franciacorta, fra i Comuni interessati vi sono Coccaglio e Cologne con il Monte Orfano vincolato con D.M. 20/11/1963 e il comune di Corte Franca per la parte collinare vincolato con D.M. 4/6/1963.

Il P.T.P.R. individua e tutela tutti i centri e nuclei storici della Regione assumendo per l’identificazione e la perimetrazione la prima levata delle tavole I.G.M. 1/25.000.

Rientrano nei compiti e negli obiettivi del P.T.P.R. il riconoscimento e la tutela della viabilità che presenta i seguenti requisiti: a) rete viaria fondamentale di grande comunicazione; b) tracciati viari storici, che costituiscono la matrice sulla quale si è formato nei secoli il sistema insediativo regionale; c) viabilità di fruizione panoramica e ambientale, attraverso la quale si entra in contatto con i “bei paesaggi” della Lombardia.

Per viabilità fondamentale di grande comunicazione si intende l’insieme dei tracciati che collegano tra loro i principali centri urbani lombardi e che adducono ai valichi alpini e alle altre principali “porte” della regione.

E’ considerata viabilità storica quella i cui tracciati attuali confermano i tracciati presenti nella prima levata delle tavolette I.G.M. 1/25.000.

La permanenza, la continuità e la leggibilità del tracciato antico, anche in presenza di modifiche e varianti, sono considerate di per sè valori meritevoli di tutela; una volta riconosciuti tali tracciati sulla cartografia, si avrà cura non soltanto di evitare interventi che materialmente li cancellino e interrompano, ma anche di conservare e mantenere leggibili, per quanto possibile, i segni storicamente legati alla loro presenza.

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E’ considerata viabilità di fruizione panoramica e ambientale quella che domina ampie prospettive e quella che attraversa, per tratti di significativa lunghezza, zone agricole e boschive, parchi e riserve naturali, o comunque territori ampiamente dotati di verde, o che costeggia corsi d’acqua e laghi o che collega mete di interesse turistico anche minore; rientrano in questa categoria i percorsi e gli itinerari fruibili con mezzi di trasporto ecologicamente compatibili; sentieri escursionistici, pedonali ed ippici, di media e lunga percorrenza, piste ciclabili ricavate sui sedimi stradali o ferroviari dismessi o lungo gli argini e le alzaie di corsi d’acqua naturali e artificiali.

Il P.T.C.P. assume l’obiettivo di mantenere il carattere di strade panoramiche e di “percorsi verdi”, conseguibile attraverso la definizione di fasce di rispetto di adeguata ampiezza, inedificabili o edificabili secondo opportuni criteri e limitazioni, in relazione allo stato di fatto e al giusto contemperamento delle esigenze di tutela e di funzionalità.

I Comuni riconoscono la viabilità descritta ed inseriscono nei rispettivi piani urbanistici norme idonee a tutelarne la riconoscibilità e i rapporti con il contesto.

I Comuni nella redazione dei nuovi Piani di Governo del Territorio (P.G.T.) e delle loro varianti impostano le scelte di sviluppo urbanistico locale in coerenza con gli obiettivi e gli indirizzi di tutela paesistica contenuti nel Piano del Paesaggio.

Il P.T.P.R. da facoltà ai Comuni nella redazione del P.G.T. con valenza paesistica di predeterminare, sulla base degli studi paesistici compiuti ed in coerenza con “le linee guida per l’esame paesistico dei progetti” D.G.R. n. 7/11049 del 8/11/2002, la classe di sensibilità paesistica delle diversi parti del territorio comunale o di particolari aree di esso.

Il P.G.T. indica, per particolari ambiti del territorio comunale, prescrizioni paesistiche di dettaglio che possono incidere anche sugli interventi edilizi.

INQUADRAMENTO PAESISTICO PROVINCIALE Il Piano Territoriale di Coordinamento della Provincia di Brescia (P.T.C.P.) adottato con deliberazione del Consiglio Provinciale n. 41 del 03/11/2003 e approvato dal Consiglio Provinciale con delibera n. 21 del 22 aprile 2004 e pubblicato sul B.U.R. n.

52 del 22 dicembre 2004, all’art. 84 delle Norme di attuazione precisa che: «In sede d’adeguamento al P.T.C.P. e successivamente nei nuovi P.G.T. e loro varianti, i Comuni dovranno integrare i suddetti strumenti urbanistici, con uno studio paesistico di dettaglio (scala 1:5.000/1:2.000, definito “Piano Paesistico Comunale”), esteso all’intero territorio comunale, al fine di poter verificare la compatibilità paesistica delle scelte urbanistiche. Quanto sopra in conformità alle NTA del Piano Territoriale

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Paesistico Regionale (P.T.P.R.) definitivamente approvato dal Consiglio Regionale in data 6 Marzo 2001, oltre che ai sensi dell’art. 10 Legge Urbanistica n. 1150/42.

Lo studio paesistico di dettaglio alla scala comunale (integrativo dei P.R.G.-P.G.T.) dovrà essere redatto in riferimento alle componenti delle unità paesistiche evidenziate nell'analisi paesistica del P.T.C.P. (tav. n. 2) e ai loro caratteri identificativi, nonché elementi di criticità e indirizzi di tutela riportati nell’Allegato 1.

Tali componenti sono raggruppate in quanto connotative del paesaggio fisico e naturale, del paesaggio agrario e dell’antropizzazione colturale, del paesaggio storicoculturale, del paesaggio urbano, della rilevanza paesistica, della criticità e del degrado.

I “Piani Paesistici Comunali” compresi nei P.G.T. dovranno inoltre individuare la sensibilità paesistica dei luoghi in relazione alle componenti del paesaggio (cfr.delibera giunta regionale 8 nov. 2002/11045 in merito alle linee guida per l’esame paesistico dei progetti).

In questi termini il “Piano Paesistico Comunale” diventa componente essenziale della pianificazione urbanistica, strumento preventivo di controllo in ordine alle destinazioni d'uso e alle modalità di intervento, onde garantire che le trasformazioni siano operate con il massimo rispetto o meglio in assonanza con le configurazioni geomorfologiche, fisico-ambientali e con le preesistenze insediative, nell’obiettivo di una forma globale della struttura urbana non dissipata ma viceversa fortemente connotata».

L’individuazione delle componenti paesistiche che contribuiscono alla formazione di un sistema ambientale (ecologico e paesistico) di scala provinciale, potrà essere oggetto di maggior definizione dei perimetri, nell’ambito della redazione del “Piano Paesistico Comunale”, purché venga garantita la loro continuità fisica attraverso i territori comunali contermini.

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INQUADRAMENTO PAESISTICO INTERCOMUNALE Il P.T.C.P. con la tavola paesistica individua nel territorio di Leno le seguenti componenti paesistiche: COMPONENTI DEL PAESAGGIO FISICO E NATURALE Gli elementi del paesaggio fisico e naturale sono tematismi riconducibili agli aspetti geomorfologici, idrografici e vegetazionali d’origine naturale.

Nelle tavole paesistiche del P.T.C.P. vengono riportate, per il comune di Leno, le seguenti componenti: - corpi idrici principali: fiumi, torrenti e loro aree adiacenti, ribassate rispetto al piano fondamentale della pianura e delimitate da orli di terrazzo - fascia dei fontanili e delle ex-lame - boschi di latifoglie, macchie e frange boscose, filari alberati I corpi idrici principali naturali sono rappresentati dal Fiume Mella, che scorre nella porzione occidentale del comune, e da alcune rogge perenni che si alimentano prevalentemente delle acque provenienti dai numerosi fontanili posti a nord e nord-est di Leno.

Ai margini del fiume Mella e di altri corsi d’acqua minori quali la Seriola Molone, la Seriola S.Giovanna e la Seriola Gambara sono presenti fasce ribassate rispetto al piano campagna, rappresentate da superfici terrazzate delimitate da scarpate di erosione.

La fascia dei fontanili e delle ex-lame interessa soltanto la porzione nordorientale di Leno e si sviluppa principalmente nei comuni limitrofi a nord e ad est (Bagnolo, Ghedi e Calvisano); da essa si originano la maggior parte dei corpi idrici con acque perenni di questa porzione della pianura bresciana.

Il tematismo dei “boschi di latifoglie, macchie e frange boscose, filari alberati” include tutte le formazioni vegetazionali areali o lineari, isolate o a gruppi, di impianto naturale o seminaturale, presenti in modo diffuso nel paesaggio agrario.

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COMPONENTI DEL PAESAGGIO AGRARIO E DELL’ANTROPIZZAZIONE COLTURALE Le componenti del paesaggio agrario e dell’antropizzazione colturale sono qui intese come tutti quegli elementi la cui presenza è correlata con le attività agricole e con le trasformazioni da esse indotte sul territorio rurale. Pertanto si collocano in questo ambito le colture, la rete idrica superficiale, composta da rogge e canali, la viabilità rurale e la vegetazione stessa, strutturata in filari e ripe boscate a sviluppo lineare, a margine degli appezzamenti agricoli.

Nelle tavole paesistiche del P.T.C.P. vengono riportate, per il comune di Leno, le seguenti componenti: - seminativi e prati in rotazione - colture specializzate: - frutteti - pioppeti - aree agricole di valenza paesistica - navigli, canali irrigui, cavi, rogge, bacini artificiali - fasce di contesto alla rete idrica artificiale - fontanili attivi - cascine

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Le componenti del paesaggio agrario e dell’antropizzazione colturale sono rappresentate prevalentemente dai seminativi e prati di rotazione, con presenze minoritarie di colture specializzate quali i frutteti ed i pioppeti.

Le aree agricole di valenza paesistica sono zone definite dal PTCP come “aree agricole in diretta contiguità fisica o visuale con elementi geomorfologici di forte caratterizzazione paesistica, costituiti dai rilievi collinari, montani o da altri elementi di particolare caratterizzazione del paesaggio dell’antropizzazione colturale; ambiti del paesaggio agrario, ancora fortemente espressivi e che svolgono un ruolo essenziale per la percepibilità di valori paesaggistici di più vasta dimensione.”

Nel comune di Leno sono presenti lungo il Mella, il Molone e nella fascia di territorio prossima alla confluenza di quest’ultimo nel Mella, oltrechè lungo le rogge principali e la rete stradale storica.

I fontanili, i canali irrigui, le rogge e i bacini artificiali (originati da cave di sabbia o ghiaia) costituiscono la rete idrografica superficiale artificiale.

Completano la cartografia le fasce di contesto alla rete idrica artificiale.

«L’ordine dei campi,

la loro geometrizzazione, rappresenta dunque lo “stile” del

paesaggio agrario lombardo: uno stile che dà il senso della produttività agricola, e che rappresenta in certo modo il segreto meccanismo di un sistema produttivo efficiente. Questa impressione però è suscitata non solo da quell’ordine, non solo dalla presenza dei campi ben coltivati, degli alberi che animano e movimentano il paesaggio, ma anche dalle acque, che come fosse il latte materno, nutrono il territorio, dal sistema idraulico di canali che capillarmente arriva quasi ovunque, e anche, soprattutto, dal sistema delle città e degli insediamenti, come le cascine e i piccoli borghi che si innestano nello stesso sistema territoriale e che nel paesaggio si rivelano in modi diversi ma via via più palpitanti a mano a mano che si lascia la campagna profonda. Il sistema dei campi ordinato e il sistema degli insediamenti sono inscindibilmente legati. Essi sono il risultato di un processo storico che inizia in età romana ma che riceve i suoi maggiori e più decisivi impulsi in alcune fasi ben precise della storia». tratto da “Gli iconemi: storia e memoria del paesaggio” Testi di Eugenio Turri – Barbara Capozzi – Walter Guadagnini – Giorgio G. Negri – Emilio Tadini

Le cascine di antica formazione costituiscono l’architettura storica presente nel territorio che è caratterizzata nella zona per la tipologia a corte e per le caratteristiche costruttive ed i materiali utilizzati.

Elementi di criticità sono dovuti all’intrusione di elementi tipologici e costruttivi estranei al contesto con modificazioni di tipi di materiali e delle coperture.

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COMPONENTI DEL PAESAGGIO STORICO CULTURALE Le componenti del paesaggio storico culturale sono caratterizzati dalla rete storica che costituisce la struttura relazionale dei beni storici culturali intesi non solo come elementi episodici, ma come sistema che intelaia le permanenze insediative storiche.

Alcuni tracciati coincidono con percorsi di valore panoramico e determinano punti di vista privilegiati nel contesto naturale.

La rete storica principale è costituita dalla S.P. VII che da Bagnolo attraversa Leno e si dirige verso Gottolengo e Gambara e dalla S.P. 24 che attraversa Montirone e Ghedi e va verso Isorella.

La rete storica stradale secondaria è costituita dalle strade che collegano i vari centri storici posti nella zona sud della Provincia.

In particolare si evidenziano i collegamenti stradali storici fra Leno ed i comuni confinanti, quali Bagnolo Mella, Ghedi, Pavone Mella e Manerbio.

Architetture e manufatti storici puntuali.

Vengono individuati parte cartograficamente e in un apposito elenco nell’allegato n. 2 del P.T.C.P. in quanto per caratteristiche tipologiche, architettoniche, costruttive e collocazione storica contribuiscono in modo determinante alla definizione del paesaggio. La tutela e la valorizzazione di tale patrimonio documentale e la sua eventuale estensione, costituiscono uno dei mandati che il P.T.C.P. assegna al Piano Paesistico Comunale.

Nella zona sud della Provincia esistono: architetture religiose (Chiese), architetture fortificate (Castelli) lungo il corso dei fiumi a difesa dei confini, architetture particolari (torri campanarie), architetture residenziali (palazzi e ville), architetture pubbliche e monumenti civili.

Elementi di criticità sono: - l’eccessiva conurbazione e la saldatura lungo la rete dei nuclei originari con la conseguente perdita del rapporto anche percettivo con la campagna; - la cancellazione dei caratteri originari dei centri storici a causa di interventi urbanistico-edilizi distruttivi, di sostituzione acritica o di trasformazioni del tessuto edilizio storico e dei suoi caratteri morfologici ed architettonici peculiari; - l’inserimento di edifici non coerenti con il sistema insediativo; - gli ampliamenti per addizione dei nuclei storici, in particolare modo quelli che ancora conservano un rapporto diretto con il paesaggio agrario, strutture che introducono elementi di forte conflitto dimensionale e di proporzione con la percezione dell’esistente; - la perdita di leggibilità per occultamento, interferenza percettiva, accostamento e sovrapposizione di elementi impropri per tipologia, caratteristiche architettoniche e materiche.

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COMPONENTI DEL PAESAGGIO URBANO Le componenti del paesaggio urbano sono date dalle aree edificate con destinazione residenziale o produttiva e le aree impegnate per diverse destinazioni dai P.R.G. vigenti.

Centri e nuclei storici. Il P.T.C.P. individua i nuclei storici sulla base della perimetrazione e della consistenza all’epoca della prima levata della carta I.G.M. La tutela, la valorizzazione ed il miglioramento delle condizioni di fruibilità di tale patrimonio storico ed urbanistico costituiscono uno dei mandati che il P.T.C.P. assegna nei P.G.T. Rivestono carattere identificativo fondamentale non solo gli edifici o i manufatti del centro storico in sé, ma la struttura morfologico-insediativa ed il rapporto che storicamente si è determinato con il territorio di contesto, con le infrastrutture ed in genere con le altre componenti paesistiche.

Nella percezione da lontano prevalgono le emergenze monumentali e l’omogeneità del costruito pur nella varietà delle diverse componenti.

Gli ambiti delle trasformazioni condizionate sono ambiti prevalentemente inedificati, contigui e no agli abitati. La cartografia del P.T.C.P. indica diverse preclusioni a nuove urbanizzazioni finalizzate ad evitare fenomeni di conurbazione e di perdita delle componenti paesistiche. Gli elementi di criticità sono dati da uno sviluppo dimensionale rispetto alle preesistenze storiche e alla perdita di una linea leggibile tra gli spazi urbani e l’ambito agricolo. Completano le componenti del paesaggio urbano la viabilità non storica esistente e la viabilità di progetto.

Il P.T.C.P. punta a non fare attuare la saldatura fra le zone urbanizzate e a non addensare nuove costruzioni a contatto con i centri storici.

COMPONENTI DI CRITICITA’ E DI DEGRADO DEL PAESAGGIO Sono le aree interessate da attività estrattive anche dismesse o da discariche ed altri ambiti degradati soggetti ad usi diversi che costituiscono elementi di forte anomalia nella percezione paesistica in quanto interrompono la continuità della pianura coltivata.

Il P.T.C.P. individua gli elementi di rilevanza paesistica, le componenti identificative, percettive e valorizzative del paesaggio e segnala sul territorio a sud della Provincia fra i contesti principali di rilevanza paesistica i corsi d’acqua naturali, quali il Mella e il Chiese e le aree adiacenti, la collina di Castenedolo, la zona agricola a nord di Bagnolo fino a Borgo-Poncarale, la zona dei fontanili e la tessitura agricola dei canali e strade con le relative piantumazioni.

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PIANO PAESISTICO COMUNALE IL TERRITORIO COMUNALE E LE COMPONENTI PAESISTICHE Come previsto dal P.T.C.P., nell’ambito della redazione del P.G.T. è necessario provvedere all’effettuazione di uno studio paesistico di dettaglio alla scala comunale, che deve essere redatto in riferimento alle componenti delle unità paesistiche evidenziate nell'analisi paesistica del P.T.C.P.; tali componenti sono raggruppate, in quanto connotative del paesaggio fisico e naturale, del paesaggio agrario e dell’antropizzazione colturale, del paesaggio storico-culturale, del paesaggio urbano, della rilevanza paesistica, della criticità e del degrado.

Pertanto l’analisi paesistica a scala comunale ha comportato l’effettuazione di analisi a maggior dettaglio, sul territorio comunale, al fine di meglio individuare e descrivere le componenti paesistiche di cui sopra.

COMPONENTI DEL PAESAGGIO FISICO E NATURALE Elementi geomorfologici e idrografici Il territorio comunale di Leno, ubicato nella pianura bresciana centrale, dal punto di vista del paesaggio geomorfologico, appartiene ad un’area di transizione tra la media e la bassa pianura, caratterizzata dalla presenza delle valli alluvionali del fiume Mella e del Molone.

Il paesaggio geomorfologico (da studi E.R.S.A.F.) può essere descritto nel modo seguente: SISTEMA L: “Piana fluvioglaciale e fluviale costituente il Livello Fondamentale della Pianura (L.F.d.P.) formatasi per colmamento alluvionale durante l’ultima glaciazione (“wurmiana”)”.

SOTTOSISTEMA LQ: “Porzione centrale di pianura con intensi fenomeni di idromorfia, riconducibili all'emergenza delle risorgive e/o alla presenza di una falda sottosuperficiale, caratterizzate da variabile presenza di scheletro nel suolo e di pietrosità in superficie (media pianura idromorfa)”.

Unità di paesaggio LQ1: “Principali depressioni e testate legate ai fontanili, con drenaggio molto lento per la presenza di una falda semipermanente prossima al pianocampagna”.

Unità di paesaggio LQ3: “Superfici subpianeggianti interposte tre le principali linee di flusso e le zone più stabili, a drenaggio mediocre o lento. Comprendono anche le aree di transizione con l'alta pianura ghiaiosa”.

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Unità di paesaggio LQ4: “Superfici modali stabili meglio conservate, a morfologia subpianeggiante od ondulata, dotate di drenaggio mediocre o buono”.

SOTTOSISTEMA LF: “Porzione meridionale di pianura caratterizzata da aree sufficientemente stabili per la presenza di un'idrografia organizzata di tipo meandriforme; è costituita esclusivamente da sedimenti fluviali fini, privi di pietrosità in superficie e di scheletro nel suolo (bassa pianura sabbiosa)”.

Unità di paesaggio LF2: “Superficie modale stabile, pianeggiante o leggermente ondulata, intermedia tra le aree più rilevate (dossi) e depresse (conche e paleoalvei).”.

Unità di paesaggio LF3: “Depressioni di forma subcircolare a drenaggio mediocre o lento, con problemi di smaltimento esterno delle acque, talora con evidenze di fossi scolanti e baulature dei campi”.

SISTEMA V: “Valli alluvionali corrispondenti ai piani di divagazione dei corsi d’acqua attivi o fossili, rappresentanti il reticolato idrografico olocenico”.

SOTTOSISTEMA VT: “Superfici terrazzate costituite da “alluvioni antiche o medie”, delimitate da scarpate d’erosione, variamente rilevate sulle piane alluvionali (olocene antico)”.

Unità di paesaggio VT1: “Terrazzi fluviali stabili, delimitati da scarpate erosive evidenti, a morfologia pianeggiante o ondulata, comprendenti antiche linee di drenaggio (paleoalvei) lievemente ribassate ed affrancate dall’idromorfia”.

Unità di paesaggio VT3: “Superfici di raccordo tra il L. F. d. P. e le piane alluvionali dei corsi d’acqua attivi, generalmente poco inclinate (bassa pendenza), originatesi per sovralluvionamento e ricopertura dell’orlo di terrazzo preesistente”.

SOTTOSISTEMA VA: “Piane alluvionali inondabili con dinamica prevalentemente deposizionale, costituite da sedimenti recenti od attuali (olocene recente ed attuale)”.

Unità di paesaggio VA8: “Superfici subpianeggianti corrispondenti alle piane alluvionali delle valli più incise, comprese tra i terrazzi antichi e le fasce maggiormente inondabili limitrofe ai corsi d’acqua, da cui sono generalmente separate da gradini morfologici. Appartengono ai tratti medio-alti dei fiumi ove dominano patterns intrecciati, rettilinei e sinuosi”.

I quattro sottosistemi di paesaggio geomorfologico, LQ, LF, VT e VA, si succedono da nordest a sudovest degradando verso il Mella, che scorre lungo il limite sudoccidentale del territorio comunale.

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La linea di transizione tra il livello fondamentale della pianura L e le valli alluvionali del sistema V è chiaramente delineata dalla serie di scarpate che delimitano i terrazzi fluviali, allineate lungo la congiungente Porzano – Leno – Milzanello.

Inoltre i terrazzi fluviali caratterizzano anche le Seriole S.Giovanna e Gambara.

La fascia dei fontanili e delle ex lame interessa invece la porzione nordorientale del comune, presso il Confine con Ghedi, dove si rilevano fenomeni di ristagno e idromorfia dei suoli; si evidenzia però che dei numerosi fontanili segnalati da fonti bibliografiche nel territorio di Leno, pochissimi sono tuttora attivi.

Il reticolo idrografico presenta una struttura piuttosto articolata, dominata dalla presenza del Fiume Mella a sudest, nel quale confluisce, poco a sud di Milzanello, la Seriola Molone, che, con la Seriola Moline e altri canali ad esse paralleli seguono il percorso di un antico alveo del Mella, il paleoalveo “Mella-Garza-Molone”.

Ad essi si aggiungono altri corsi d’acqua di un certo rilievo, che nascono dai fontanili posti a nord est di Leno, alcuni dei quali confluiscono nel Mella ed altri nel Fiume Oglio: - la Seriola Santa Giovanna; - la Seriola Gambara; - la Seriola Pavona; - la Seriola Molina.

Nel complesso, quindi, il territorio comunale, pur essendo nel complesso pianeggiante, presenta una certa eterogeneità di paesaggio, con presenza di elementi morfologici e idrografici peculiari, quali, ad esempio, i terrazzi fluviali, le valli alluvionali ribassate rispetto al livello fondamentale della pianura, il paleoalveo del Mella-Garza-Molone, l’alveo attuale del Mella che conserva ancora un andamento meandriforme ed un reticolo idrografico complesso, caratterizzato in certi tratti da alvei e vegetazione naturale.

Elementi vegetazionali naturali Data la millenaria impronta antropica sul paesaggio rurale, non vi è ormai quasi più traccia di quegli elementi un tempo caratterizzanti il paesaggio di pianura quali ad esempio i boschi naturali, le formazioni erbacee spontanee quali ad esempio le brughiere, la vegetazione spontanea delle zone umide (lame e paludi) ecc..

Permangono alcuni lembi di boschine ripariali lungo il Mella e le rogge principali, ma si tratta di situazioni areali limitate e frammentate, senza continuità lineare lungo il corso d’acqua; le boschine più estese sono presenti a sud di Milzanello, presso la confluenza del Molone e della Molina nel Mella e poco più a valle lungo il Mella.

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COMPONENTI DEL PAESAGGIO AGRARIO E DELL’ANTROPIZZAZIONE COLTURALE Le componenti del paesaggio agrario e dell’antropizzazione colturale sono qui intese come tutti quegli elementi la cui presenza è correlata con le attività agricole e con le trasformazioni da esse indotte sul territorio rurale. Pertanto si collocano in questo ambito le colture, la viabilità rurale di servizio alla coltivazione degli appezzamenti e di collegamento con la viabilità principale, la rete idrica superficiale, composta da rogge, canali e fontanili, scavati dall’uomo a fini irrigui e di bonifica, e la vegetazione stessa, strutturata in filari e ripe boscate a sviluppo lineare, a margine degli appezzamenti agricoli.

La presenza di tali componenti del paesaggio di Leno, che non possono certo definirsi naturali, ma che appartengono ormai al patrimonio storico-culturale locale, è stata verificata mediante rilievi in campo nella zona periurbana.

In tal modo sono stati raccolti tutti gli elementi, relativi alle diverse forme d’uso del suolo, alla viabilità rurale, ai corpi idrici ed alla vegetazione riportati poi nelle tavole allegate.

Uso del suolo Sono state rilevate le seguenti forme d’uso del suolo: - seminativo - prato stabile - colture specializzate: serre e vivai - colture specializzate: frutteti - colture specializzate: vigneti - colture specializzate: arboricoltura da legno - terreni incolti - verde periurbano privato - verde periurbano pubblico - aree urbanizzate o da urbanizzare - Ambiti Territoriali Estrattivi (A.T.E.) - cave - aree degradate Fanno parte dei seminativi tutte le colture erbacee quali il Mais, il Loietto, la Barbabietola, l’Orzo, il Frumento, comprese le colture orticole in pieno campo. Anche i terreni sottoposti al set-aside sono stati classificati tra i seminativi. Infatti il set-aside è una pratica abbastanza recente che consiste nel lasciare incolta una determinata percentuale di superficie aziendale, prima destinata a seminativo. Tale procedura rientra nella politica comunitaria di contenimento delle produzioni agricole ed è

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finanziata dall’UE (ritiro dei terreni dalla produzione (PAC), secondo quanto previsto dal regolamento CEE 1765/92). Si è scelto di assimilare tale destinazione d’uso ai seminativi poiché essa ha carattere temporaneo, e tali terreni sono destinati ad essere nuovamente coltivati non appena termina il periodo relativo al finanziamento.

Per prati stabili si intendono i prati polifiti che non rientrano nell’ordinaria rotazione o avvicendamento delle colture.

Frutteti, vigneti, serre e vivai e arboricoltura da legno sono le colture specializzate presenti nel territorio censito.

Per incolti si intendono le aree periurbane inutilizzate a fini agricoli.

Le aree boscate sono zone ove si rileva la presenza di formazioni arboree o arbustive, spontanee oppure oggetto di rimboschimento o rinaturazione spontanea.

Sono stati censiti e riportati nella cartografia allegata al piano anche i numerosi capanni di caccia, cui spesso si accompagnano raggruppamenti di alberi e arbusti appositamente coltivati e gestiti a fini venatori.

Le aree urbanizzate o da urbanizzare, che comprendono i nuclei storici di Leno, Porzano, Milzanello e Castelletto, le aree residenziali circostanti, più recenti, le zone produttive e le zone che ospitano infrastrutture di servizio, oltre agli insediamenti rurali e le case sparse.

Le zone a verde pubblico e privato (parchi e giardini) sono state censite con un tematismo a se stante anche se, sostanzialmente, assimilabili alle aree urbanizzate.

Tra le aree destinate ad attività estrattiva sono state incluse sia le cave attualmente in attività che le aree già destinate a tale uso dal piano cave provinciale (gli A.T.E.).

Nell’area settentrionale del comune sono presenti alcune aree oggetto di attività estrattiva di sabbia e ghiaia.

Nella tavola relativa all’uso del suolo sono state inserite le perimetrazioni dei quattro ambiti territoriali estrattivi A.T.E.g49, A.T.E.g50, A.T.E.g51 e A.T.E.g52, come individuati nel piano cave provinciale vigente.

I quattro poli estrattivi, ubicati nella porzione centrale del territorio comunale, sono destinati ad attività estrattive in acqua e includono ampi laghi artificiali.

Le cave cessate sono invece da intendersi come aree interessate in passato da attività estrattiva, ribassate rispetto al piano campagna e in taluni casi interessate da laghi artificiali; nei pressi di Castelletto è presente una vasta area, denominata “Lago delle sette fontane”, recuperata ad usi agricoli e sportivi-ricreativi.

Infine è stata rilevata un’area degradata a nord di Porzano.

Le superfici interessate dalle diverse forme d’uso attuale del suolo rilevate sono riportate nella tabella seguente:

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TERRITORIO COMUNALE: - URBANO - PERIURBANO Territorio periurbano: - arboricoltura da legno - vigneto - verde periurbano pubblico - aree degradate - frutteto - serre e vivai - bosco - verde periurbano privato - incolto - specchi d'acqua - cave - prato stabile - Ambiti Territoriali Estrattivi (ATE) - seminativo Altri elementi

aree Ha

%

620,3 5.261,5

10,55% 89,45%

1,1 1,4 1,4 5,6 12,2 14,7 18,4 21,0 43,9 54,7 60,1 70,2 102,7 5.039,9

0,02% 0,02% 0,02% 0,10% 0,21% 0,25% 0,31% 0,36% 0,75% 0,93% 1,02% 1,19% 1,75% 85,69%

n° 17

- capanni di caccia NOTA

Le percentuali sopra riportate non sono additive, poiché alcune classi possono sovrapporsi ad altre.

Analizzando i dati sopra riportati si osserva che il tessuto “urbano” interessa poco più del 10 % del territorio comunale mentre la zona periurbana si estende sul restante 90 % del territorio comunale.

La forma d’uso del suolo nettamente prevalente è il seminativo, che occupa più dell’ 85 % del territorio comunale e che domina nettamente il territorio di pianura.

Nella restante parte del territorio periurbano si rileva la presenza di poche altre forme d’uso (frutteti, vigneti, prati stabili ecc.) la cui presenza è decisamente sporadica.

Infine si evidenzia che circa il 2% del territorio comunale è interessato da attività estrattive, in atto o previste, e da bacini idrici artificiali d’origine estrattiva.

Nel complesso il territorio comunale presenta un assetto prevalentemente rurale, con aree urbanizzate di limitata estensione (circa la metà, in percentuale, rispetto alla media dei comuni dell’Hinterland cittadino); senza dubbio la notevole estensione territoriale del comune ha un ruolo determinante in merito a tale dato.

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Viabilità rurale Le strade della zona periurbana, ad eccezione delle principali arterie viarie che solcano il territorio comunale, sono state censite e suddivise nelle seguenti categorie: - strade asfaltate - strade bianche - strade carrarecce Il patrimonio viario rilevato è stato quantificato ed i dati ottenuti sono riportati nella tabella seguente, ove si evidenzia la presenza e la densità per Km2 delle strade in riferimento al territorio periurbano: VIABILITÀ

-

strade asfaltate strade bianche strade carrarecce Totale

COMUNE DI LENO 2 Superficie periurbana = 52,62 Km

Km 70,47 21,25 86,32 178,03

Km/Km2 1,34 0,40 1,64 3,38

Corpi idrici superficiali La rete idrografica superficiale è dominata dalla presenza del Mella e di alcuni corsi d’acqua perenni, più sopra illustrati tra le componenti del paesaggio fisico e naturale.

Ad essi si aggiunge la rete irrigua locale, composta da canali e scoli ad uso irriguo, che derivano le loro acque dalle rogge suddette e che si sviluppano perlopiù parallelamente alla viabilità rurale, secondo maglie rettangolari ad assi ortogonali.

Sono presenti inoltre alcuni specchi d’acqua artificiali d’origine estrattiva, di dimensioni anche rilevanti, ubicati nei quattro ATE estrattivi e a nord di Castelletto.

Degna di nota è la presenza di un discreto numero di fontanili, dei quali soltanto alcuni sono ancora attivi.

Il patrimonio idrografico rilevato è stato quantificato ed i dati ottenuti sono riportati nella tabella seguente, ove si evidenzia la presenza e la densità per Km2 delle vie d’acqua in riferimento al territorio periurbano: RETICOLO IDRICO SUPERFICIALE

-

Fiume Mella Corsi idrici perenni Totale

-

specchi d'acqua

COMUNE DI LENO Superficie periurbana = 52,62 Km2

Km 7,17 132,67 139,83 Ha 54,73

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Km/Km2 0,14 2,52 2,66

Elementi vegetazionali I filari e le ripe boscate, rientrano a pieno titolo nell’ambito degli elementi dell’antropizzazione colturale, poiché si tratta pur sempre di una coltura; un filare potrebbe infatti essere definito una coltura specializzata lineare pluriennale finalizzata alla produzione di legname.

Ma il ruolo di tale tipologia di vegetazione và molto oltre a quanto sopra. Infatti, nell’ambito di un territorio un tempo prevalentemente rurale, ove tuttora la componente agraria conserva una certa importanza nell’assetto territoriale generale, il patrimonio del verde arboreo acquista un duplice ruolo paesistico ed ecologico.

Per quanto riguarda l’aspetto paesistico, l’insieme delle ripe boscate o siepi, dei filari e delle boschine costituisce un elemento chiave che caratterizza il paesaggio agrario lombardo. La salvaguardia di tali elementi diviene oggi fondamentale al fine di conservare quell’ identità delineatasi e consolidatasi attraverso secoli di interazioni tra l’uomo ed il suo ambiente.

Non meno importante è il ruolo ecologico che esercita la vegetazione delle ripe ai fini della stabilità dell’agroecosistema. Basti pensare alla funzione protettiva nei confronti dell’azione erosiva esercitata sui suoli dagli agenti meteorici ( vento e precipitazioni ), oppure all’influenza sul microclima. Inoltre, dal punto di vista biologico, essa assume una funzione di filtro che attraverso l’assorbimento radicale degli eccessi di fertilizzanti, e la produzione di biomasse vegetali, previene l’eutrofizzazione ed arricchisce l’atmosfera di ossigeno e vapor acqueo. Ed infine vi è il contributo che questa offre alla biodiversità, costituendo una serie di corridoi ecologici che consentono alle specie animali di transitare e diffondersi nelle aree agricole e fornendo loro gli habitat che ne consentono la sopravvivenza.

Un capitolo importante del presente studio riguarda dunque il censimento della vegetazione della porzione periurbana del territorio comunale. Tale indagine è stata effettuata mediante accurati sopralluoghi durante i quali sono stati raccolti tutti i dati necessari alla redazione della tavola allegata.

ELEMENTI VEGETAZIONALI PUNTIFORMI - esemplari notevoli - raggruppamenti ELEMENTI VEGETAZIONALI LINAERI - filari a capitozza continui - filari a capitozza discontinui - filari ad altofusto continui - filari ad altofusto discontinui - ripe boscate eterogenee continue

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-

ripe boscate eterogenee discontinue ripe boscate omogenee continue ripe boscate omogenee discontinue vegetazione rada

ELEMENTI VEGETAZIONALI AREALI - aree boscate

Filari di alberature

I filari sono costituiti da serie regolari di esemplari arborei uniformemente distanziati, che possono avere un portamento ad altofusto o a capitozza alta.

Le ripe boscate eterogenee sono siepi composte in genere sia da cespugli che da altofusti ed hanno un aspetto vario e composito.

Le ripe boscate omogenee invece hanno una struttura più uniforme e sono in genere costituite da fasce di cespugli, arbusti e/o ceppaie.

Le tipologie suddette sono classificate continue quando sono ben strutturate o, al contrario, discontinue quando sono presenti delle fallanze che ne interrompono la struttura visiva.

La categoria della vegetazione rada è stata attribuita a quelle ripe ove le fallanze sono così estese da alterare la struttura lineare dell’elemento vegetazionale e nonostante ciò non vi è completa assenza di vegetazione; frequentemente si tratta di filari nei quali gli esemplari tagliati non sono più stati sostituiti.

Gli esemplari notevoli sono piante di grandi dimensioni, isolati o posti all’interno di ripe composte da esemplari minori, la cui presenza emerge visibilmente nell’ambito del paesaggio rurale circostante. Questi ultimi sono stati messi in evidenza poiché, in

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funzione delle loro dimensioni ed etĂ , divengono componenti qualificanti il paesaggio agrario, ed acquisiscono un ruolo primario come elementi storico-paesaggistici da preservare e tutelare.

I raggruppamenti sono elementi vegetazionali costituiti da insiemi di esemplari disposti non in modo lineare ma a gruppi.

A differenza di tutti gli elementi sopraccitati, dotati di struttura lineare o puntiforme, sono state censite come aree boscate tutte le formazioni vegetazionali a predominante componente arborea, e di estensione areale, anche se di superficie limitata.

Le informazioni raccolte sono state quantificate e riportate nella tabella seguente: ELEMENTI VEGETAZIONALI

COMUNE DI LENO Superficie periurbana = 52,62 Km2

ELEMENTI VEGETAZIONALI LINEARI - Filari a capitozza continui - Filari a capitozza discontinui - Filari ad altofusto continui - Filari ad altofusto discontinui - Ripe boscate eterogenee continue - Ripe boscate eterogenee discontinue - Ripe boscate omogenee continue - Ripe boscate omogenee discontinue - Vegetazione rada Somma filari Somma ripe boscate Somma vegetazione lineare totale Somma tot.

Somma vegetaz. ben strutturata Somma vegetaz. degradata ELEMENTI VEGETAZIONALI PUNTIFORMI - Esemplari notevoli - Raggruppamenti

ELEMENTI VEGETAZIONALI AREALI - Aree boscate

Km 8,67 2,89 54,19 17,88 83,77 37,07 87,75 23,12 46,02 83,63 231,72 361,36 Km 361,36 234,38 126,98

Km/Km2 0,16 0,05 1,03 0,34 1,59 0,70 1,67 0,44 0,87 1,59 4,40 6,87 Km/Km2 6,87 4,45 2,41

num.

134 30

num./Km2 2,5 0,6

Ha

% del territ. comun..

0,31%

18,4

% 2,4% 0,8% 15,0% 4,9% 23,2% 10,3% 24,3% 6,4% 12,7% 23,1% 64,1% 100,0% % 100,0% 64,9% 35,1%

Le indagini compiute permettono di trarre le seguenti conclusioni: per quanto riguarda innanzitutto il patrimonio vegetazionale areale, si evidenzia che il territorio comunale, possiede una copertura boschiva residuale, limitata fasce perifluviale del Mella e della Seriole principali; tali formazioni godono in taluni casi di un certo interesse naturalistico;

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i filari e le ripe boscate rappresentano le formazioni vegetazionali più diffuse nel territorio periurbano comunale, con particolare riferimento alle ripe boscate sia omogenee che eterogenee, che predominano rispetto ai filari in un rapporto più che doppio; nel complesso le formazioni vegetazionali lineari ben strutturate (filari e ripe continui), ovvero che non presentano frequenti interruzioni e forme di degrado, prevalgono nettamente rispetto a quelle destrutturate, e pertanto a minore valenza paesistica, poiché rappresentando quasi il 65 % del patrimonio vegetale lineare complessivo; inoltre sono stati individuati un buon numero di esemplari arborei di notevoli dimensioni (indicativamente con diametro del tronco superiore a 35-40 cm), e di raggruppamenti, la cui presenza ha una particolare valenza paesistico-estetica; Nel complesso si può osservare che il corredo vegetazionale comunale, per quanto riguarda gli elementi lineari, filari e ripe boscate, attestandosi ad un livello di 6,87 Km/Km2, appare nella media rispetto a quanto rilevato in altri comuni di pianura, analoghi per caratteristiche territoriali.

Gli edifici storici ambientali sono quegli edifici che per dimensioni, elementi particolari e stato di conservazione, meglio manifestano le loro origini di qualità.

La cascina «Se il castello, i palazzi, le case padronali sono gli iconemi, emergenti nel paesaggio della pianura lombarda, le manifestazioni prime della sua storia e della sua identità, insieme con le chiese e gli edifici religiosi, il supporto, la base del sistema territoriale, è un iconema diffuso, leit-motiv, quasi celato, nel paesaggio, umile e forte al tempo stesso nel suo imporsi alla percezione: la cascina. Essa è insediamento e centro di produzione, fulcro dei microterritori, delle cellule territoriali elementari, e raccordo reticolare su cui si costruisce il territorio, la trama organizzata delle strutture produttive e insediative.

Della cascina si può parlare come di una corte chiusa, rivolta al suo interno, e che all’esterno, alla percezione, offre poco, acquattata com’e nel verde, nascosta tra gli alberi, anche se qualche volta resa visibile dai viali d’accesso, da una pretesa di ordine urbano legato al gusto e alle aspirazioni dei proprietari che spesso appartengono alla borghesia e alla cultura cittadina. Ma la cascina è soprattutto luogo di lavoro; a esso si piegano le forme dell’insediamento, le regole del vivere e dello stare della gente, intimamente legate o condizionate dalle regole del produrre.

La cascina non presenta aspetti sempre analoghi. Ciò dipende dalla sua origine e dalle corrispondenti forme dell’organizzazione produttiva. Così c’è la cascina che rappresenta le corti più antiche di base cinquecentesca o anteriori legate alla conduzione semifeudale, mezzadrile, della terra e la grande cascina gestita secondo le regole capitalistiche più avanzate, con manodopera avventizia, salariale o mista. Questa si lega alle grandi proprietà, mentre la prima è propria degli appoderamenti minuti, risultato delle frammentazioni delle proprietà e della loro valorizzazione legata ai singoli coltivatori.

All’interno i complessi comprendono case d’abitazione, stalle, granai, magazzini, fienili, e poi gli annessi della vita domestica, i pollai, i servizi igienici, i locali di disbrigo, ecc. Complessi perciò stesso enormi, che in taluni casi comprendono abitazioni per diverse famiglie.

Frequente è in zona dove l’organizzazione delle proprietà era basata un tempo su poderi a gestione mezzadrile, la presenza nelle corti della casa del proprietario accanto alle case contadine; spesso si tratta di case signorili ispirate a modelli urbani e di notevole pretesa

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architettonica: associazione di proprietari cittadini propri del periodo che va dal XV al XVIII secolo, quando i borghesi che acquisivano dei fondi nelle campagne si attenevano alle istruzioni dei cultori di cose agrarie. I quali, in quei secoli, erano personaggi importanti nella vita delle campagne lombarde, secondo una tradizione culturale cui si devono molte delle grandi conquiste agricole e dei relativi progressi tecnici. Personaggi come Tarello o Agostino Gallo (Le vinti giornate dell’agricoltura et de’ piaceri della villa, 1569) dettavano i modi migliori di conduzione dell’agricoltura e ispiravano i borghesi che decidevano di impegnare nella terra i loro danari. Di qui nasce un certo stile proprio del mondo agricolo lombardo che trova i suoi riflessi nel paesaggio, dove c’è spesso l’elemento funzionale, come la cascina organizzata per la grande produzione, ma dove c’è anche l’elemento architettonico che abbellisce, il viale di accesso orlato d’alberi, il brolo che accoglie alberi da frutta e piante ornamentali».

tratto da “Gli iconemi: storia e memoria del paesaggio” Testi di Eugenio Turri – Barbara Capozzi – Walter Guadagnini – Giorgio G. Negri – Emilio Tadini

Fasce di valenza paesistica Sono le fasce di aree agricole in diretta contiguità fisica o visuale con elementi geomorfologici di forte caratterizzazione paesistica.

Queste fasce costituiscono l’ambito del paesaggio agrario, ancora fortemente espressivo e svolgono un ruolo essenziale per la percepibilità di valori paesaggistici di più vasta dimensione.

Le fasce di valenza paesistica sono ubicate per lo più in prossimità del sistema viario storico e del sistema irriguo rurale costituendo in tal modo, una rete di fruizione paesistico percettiva di grande suggestione per i contesti e per gli scenari più ampi del paesaggio agrario.

Tali fasce sul territorio comunale sono state individuate lungo tutta la viabilità storica e di fruizione paesistica esterne ai centri abitati, lungo tutti i corsi d’acqua principali con una larghezza per ogni lato pari almeno a 10 metri.

Fasce di valenza paesistica più profonde sono state individuate in prossimità di zone di fontanili e con presenza di vegetazione ripariale.

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COMPONENTI DEL PAESAGGIO CULTURALE La rete stradale storica principale è costituita dalla strada provinciale che da Bagnolo Mella passa attigua alla frazione di Porzano, entra nel centro di Leno ne esce a sud verso Gottolengo e Pavone Mella, lambendo l’abitato di Castelletto.

La rete stradale storica secondaria è costituita da una serie di strade che collegano Leno con le sue frazioni e con i Comuni confinanti.

Le strade della rete stradale storica secondaria sono: il collegamento Leno-Ghedi a nord dell’abitato, il collegamento ad est con la S.P. n. 68 verso Calvisano e la strada comunale che da Leno porta direttamente a Milzanello.

Architetture e manufatti storici puntuali Vengono individuati parte cartograficamente e in un apposito elenco nell’allegato n. 2 del P.T.C.P. in quanto per caratteristiche tipologiche, architettoniche, costruttive e collocazione storica contribuiscono in modo determinante alla definizione del paesaggio.

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Fra queste emergono: a Leno: - Chiesa Parrocchiale Santi Pietro e Paolo - Torre Civica - Chiesa di S. Michele - ex chiesa di S. Orsola - Edificio – via Desiderio, 29 - Fattoria dell’antica abbazia - Casa Bellini e Merigo, già Martinengo della Palata - Casa Mensi Giuli - Complesso Villa Badia - Villa Seccamani - Municipio - Oratorio - Edificio principale scuola secondaria - Villa Seccamani - Cimitero - Ospedale - ex casa cantoniera - ex ippodromo - ex casa del segretario a Castelletto: - Nuova Chiesa Parrocchiale - Chiesa Beata Vergine Addolorata presso Cimitero - Scuola elementare - Il Castello a Milzanello: - Chiesa Parrocchiale - Castello medioevale a Porzano: - Chiesa Parrocchiale S. Martino - Palazzo già Cucchi oggi Bozano nella zona agricola: - Cascina Mirabella con annessa chiesetta - Chiesa S.S. Nazario e Celso - Chiesa S. Maria (Cascina Scovola) - Chiesa Ausiliatrice – Contrada Quadretto - Madonna della stalla

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LENO Cenni storici “L’abate dei monaci benedettini attorno al 950, preoccupato per le scorrerie degli ungheri che portavano distruzione e morte, ordinò di costruire a Leno e Gottolengo due castelli per la difesa dei coloni e delle proprietà dell’abbazia. Sembra che la data precisa sia il 934. Vi è notizia che il costruttore sia stato l’abate Donnino come pure che l’abate Liuzzone sia stato sfidato attorno al Mille, da un usurpatore, tale Riperto, che aveva occupato il territorio di Leno costruendovi un castello (chiamato il Castellazzo). Inoltre sembra che Ladislao, duca di Boemia, al seguito di Federico Barbarossa nel 1158, abbia messo a ferro e fuoco il castello. Venne poi Ezzelino da Romano; occupò per un anno il castello nel 1247 ma i bresciani lo riconquistarono. Si sottomise nel 1317 a Cangrande della Scala, ma per breve durata perché dopo due anni quel signore dovette abbandonarlo assieme ad altri castelli. Nel 1452, con altri due o tre castelli vicini, si ribellò “tristemente” a Venezia, aprendo le porte ai milanesi, ma riconsegnatosi dopo tre mesi, lo Sforza lo rioccupò e “per dispetto” lo incendio e un anno dopo lo rioccupò. Sorte comune a tutti i nostri castelli di pianura in quelle speciali guerre di avanzate e ritirate continue. Così avvenne nella guerra di Ferrara quando nell’agosto del 1482 si arrese “dopo pochi colpi di spingarda” al marchese Federico Gonzaga alleato del duce di Calabria.

Durante la crisi 1512-13 anche Leno tentò di sottrarsi alla giurisdizione della città, naturalmente senza riuscirvi: era la conseguenza della eterna diatriba di Brescia coi territoriali.

Sotto le sue mura passarono, non senza le solite dolorose note che accompagnavano i passaggi di quegli eserciti, nel 1523 Prospero Colonna e nel 1529 i lanzi di Carlo V. Dopo queste disastrose prove il castello entra, come gli altri, nel silenzio e decade talché il Da Lezze poté descriverlo nel 1609 « ...castello circondato da fosse e cinto attorno da mura di circuito di un quarto di miglio, con case dentro abitate da particolari et la maggior parte di detto castello è distrutto et si va distruggendo perché le pietre vengono portate in altri luoghi per far case». Era la constatazione della lenta e lunga agonia di un superbo monumento poiché assieme al castello se ne andava deperendo anche la storica badia. Il colpo di grazia venne dato alla fine del Settecento e il principio dell’Ottocento. Rimaneva però allora una parvenza dei limiti del vecchio castello attorno alla chiesa parrocchiale che un tempo era chiamata S.Pietro in Castello, così come può vedersi nella mappa napoleonica. Fu lungo il secolo scorso che ogni traccia scomparve; fu aperta la grande piazza davanti alla chiesa, abbattendo molte case e casette, furono spianate le fosse sulle quali corrono oggi ampie strade”.

da “LE DIMORE BRESCIANE IN CINQUE SECOLI DI STORIA” VOLUME PRIMO – I CASTELLI FAUSTO LECHI - EDIZIONI DI STORIA BRESCIANA

Chiesa Parrocchiale Santi Pietro e Paolo “La storia dell’Abbazia volge rapidamente al termine concludendo una lenta agonia, appena in tempo per non subire anche l’affronto delle soppressioni; prendendo spunto dalla diminuzione delle vendite e dalla stato di abbandono, il Governo Veneto acconsentiva, nel 1783, alla demolizione che veniva richiesta dalla Comunità di Leno che ne aveva dichiarato «lo stato rovinoso e cadente».

Dopo essere stata utilizzata nel periodo di maggior disagio, dovuto alla costruzione della nuova Parrocchiale sulla stessa sede della precedente, l’Abbazia, con il suo abbattimento, vedrà una continuità anche fisica che si realizzerà nell’impiego di una parte dei materiali provenienti dalla sua demolizione per la costruzione della Parrocchiale e di ciò i due leoni di pietra rossa posati a guardia della porta di ingresso della chiesa cittadina ne costituiscono la testimonianza”.

Da “La chiesa parrocchiale dei Santi Pietro e Paolo in Leno” – Una meraviglia sul Bresciano – Ruggero Boschi - Grafo

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Abside Chiesa S.S. Pietro e Paolo

“Alla costruzione della nuova parrocchiale, già desiderata dall' Arciprete Prevosto, morto nel 1744, venne affrontata decisamente da un altro arciprete don Carlo Carli, subito dopo il suo ingresso nel 1751.

Individuata l’area di proprietà della parrocchia ed acquisite le case contermini, ne venne affidato all’ Abate Antonio Marchetti il progetto ed il 29 aprile 1760 venivano avviate a Venezia le pratiche per il nulla-osta che venne rapidamente confermato assieme alla approvazione del progetto dalla Curia di Brescia con lettera del canonico Giacomo Soncini del 10 maggio 1761.

Anche se non conosciamo la documentazione sulla costruzione della chiesa, sappiamo che capomastro della fabbrica fu Domenico Praldini, discepolo del Corbellini. Nel 1779 se la facciata era terminata, restava da costruire la sola volta della navata. Tuttavia la costruzione durò ben 23 anni ed immensi furono i sacrifici compiuti dalla popolazione in genere povera e contadina.

Nel 1782 venne finita anche la sagrestia e la chiesa venne benedetta dal vescovo il 30 ottobre 1784. Nel novembre 1785 vi vennero trasportate con grande solennità le reliquie dei SS. Vitale e Marziale, rinvenute dietro l'altar maggiore dell’abbazia e delle quali verrà compiuta una ricognizione del 1793 dal vescovo di Crema mons. Lombardi e messe nel nuovo altare.

Veniva costruito l’altare maggiore, nel 1812 eretta la piccola torre campanaria, nel 1816 fusa la campana maggiore e realizzate numerose opere (altari, organo, pavimenti). Il 14 ottobre 1911 la chiesa veniva consacrata dal vescovo ausiliare mons. Giacinto Gaggia, Il 10 giugno 1967 la chiesa veniva elevata al titolo di Abbaziale. Dal 1981 al 1985 venne condotto a termine un completo restauro ai tetti, alla facciata, alle parti interne ed alla volta”.

Note tratte da “Enciclopedia Bresciana” – volume VII – A. Fappani – Edizioni “La voce del Popolo” Brescia - 1996

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Chiesa di S. Michele “All'inizio di via Badia, a ridosso del marciapiede, ancora oggi vediamo la vecchia chiesa di S.

Michele (1), chiamata anche la chiesa della Disciplina, luogo ove si riunivano periodicamente gli appartenenti alla omonima Congregazione.

(1)

La dedicazione della chiesa di S. Michele Arcangelo. speciale prorettore dei Longobardi, che in lui videro e onorarono l’idea di difesa e di tutela divina e al quale eressero parecchi templi (Milzanello, Calvisano. Capriano, Sabbio, Idro. Rovato. ecc.) ci fa supporre che la chiesa di S. Michele di Leno sia stata ricostruita dai Disciplini sulle rovine della precedente chiesa che re Desiderio fece innalzare nel 756 in onore allo stesso S. Michele, a S. Salvatore e alla Madonna.

Non conosciamo l'anno di nascita della Disciplina di Leno. Esso tuttavia può essere collocato alla fine del secolo XV o ai primi del XVI. Le prime notizie sull'esistenza della Congregazione che ricaviamo dagli atti della visita pastorale del vescovo Domenico Bollani del 1566 confermano questa ipotesi: una istituzione a quel tempo ormai consolidata, con la sua sede nella chiesa di S. Michele, fulcro di tutta la sua attività, un maestro per la preparazione dei novizi, lasciti da amministrare.

Tra i beni di proprietà della Disciplina vi era la omonima cascina, nome che deriva con ogni probabilità dalla Pia Confraternita di Leno. Facilmente questa istituzione possedeva altri beni di cui non è pervenuta sino a noi la documentazione poiché, come vedremo in seguito, l'archivio della Congregazione venne disperso”.

Chiesa di S. Michele

Ex chiesa di S. Orsola

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Ex chiesa di S. Orsola “La Compagnia delle Dimesse a Leno venne costituita nell'anno 1662. Il loro Collegio era situato nell' edificio che possiamo tuttora vedere in via Ospedale, denominata allora contrada delle Fontane. Adiacente alla loro casa sorse la chiesa di S. Orsola, ora sconsacrata.

Da persone anziane ho sentito spesse volte chiamare l'Oratorio delle Dimesse "la chiesa dei Morti" o "la chiesa del cimitero" poiché, anni addietro. ogni volta che vicino o nell'interno della chiesa venivano compiute opere di sistemazione, si rinvenivano tombe con resti ossei. Fino al principio del secolo XIX i defunti veniva no seppelliti dentro o nelle vicinanze delle chiese.

La loro casa, da quasi duecento anni dà alloggio a persone anziane povere ed è tuttora denominata il Convento. Ultimamente in alcuni locali è stato sistemato il Centro Sociale (Servizio di Assistenza lnfiermeristica Domiciliare).

La chiesa sconsacrata, adibita fino ad a una ventina di anni fa ad osteria, recentemente è stata donata dal proprietario alla parrocchia e da questa venduta al Comune. Restaurata è ora utilizzata da! Centro Sociale per sala riunioni, per mensa e per manifestazioni varie”. da “L’ospedale civile e le principali istituzioni assistenziali sorte a Leno” Battista Favagrossa – Stampa: Litografia Bagnolese - Poncarale

Edificio – via Desiderio 29 “Di quale piccola ma deliziosa dimora avranno fatto parte queste belle cornici di finestra in cotto, esemplare rarissimo in territorio bresciano? E’ l’influenza del gusto cremonese di incorniciare porte e finestre con magnifiche ornamentazioni in cotto.

Sembra che ancora nel secolo scorso la casetta mostrasse la sua struttura originale; oggi non rimangono che questi due frammenti che si sono salvati perché protetti da vincolo monumentale. La piccola lapide con iscrizione latina proviene da altro edificio”.

da “LE DIMORE BRESCIANE IN CINQUE SECOLI DI STORIA” VOLUME SECONDO – IL QUATTROCENTO FAUSTO LECHI - EDIZIONI DI STORIA BRESCIANA

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La fattoria dell’antica abbazia “Veramente questo edificio, che era una importante appendice della storica abbazia, non dovrebbe, per tale fatto, far parte del nostro studio; ma poiché esso presenta, con la sua imponenza quasi di palazzo, un singolare esempio di dimora rurale del secolo XVI, abbiamo creduto opportuno includerlo fra le nostre illustrazioni, con un rapido cenno. Si tratta di un grandioso fabbricato a due piani, lungo, di pianta rettangolare, che presenta sulle due strade il suo aspetto severo col muro in cotto a vista.

Le finestre del primo piano si aprono talmente alte che vanno a tagliare il cordone marca piano e ad interrompere il ritmo dei forti modiglioni di gronda simili a quelli di un palazzo. Uguale fatto avviene nel prospetto interno verso il cortile, dove le finestre si aprono sulle arcate del portico. Il portale del lato corto non venne finito; di esso rimangono soltanto le spalle bugnate in pietra.

Alessandro Dossi, giureconsulto (1758-1827) fu l'assegnatario nel 1798 dell'immobile del. l'Abbazia di Leno e in gran parte la distrusse malgrado fosse uomo di buona cultura; erede fu suo figlio Antonio (1794-855) patriota e cospiratore”.

da “LE DIMORE BRESCIANE IN CINQUE SECOLI DI STORIA” VOLUME QUARTO – IL CINQUECENTO NEL TERRITORIO FAUSTO LECHI - EDIZIONI DI STORIA BRESCIANA

Casa Bellini e Merigo già Martinengo della Palata (edificio in via Mazzini 18/a) “L'edificio è di dimensione rilevante, ma l’architettura e le decorazioni sono alquanto rustiche.

L’esterno, verso la via Mazzini, presenta ben 10 finestre al primo piano, ben disegnate; lo stesso carattere ha il risvolto sulla via Damonte. Il cornicione, a mensole inflesse, corre su entrambi i lati. La parte di facciata a destra ha subito di recente un radicale restauro.

L'elemento esterno più interessante è il portale in pietra sulla via Mazzini, eccentrico rispetto alla facciata, col solito bugnato schiacciato.

Sopra di esso, sostenuto da tre mensole, un leggero balcone in ferro battuto con ringhiera panciuta e larghe foglie agli spigoli e al centro.

Una certa importanza ha l’androne d’ingresso per la decorazione pittorica del volto a botte spezzata, sul quale, tra balconate e decorazioni varie, spiccano tre medaglioni (di mano alquanto rustica} rappresentanti Venere e Amore, Diana, Minerva. Tra le decorazioni compare due volte lo stemma Martinengo. Mi si dice che, al di sopra di questo androne, esiste un simile vano pure affrescato.

Uscendo dall'androne a sinistra, un rozzo portico di tre archi e pilastri quadrati sorregge una facciata scandita da lesene e riquadri in malta. Il cornicione, sempre con mensole inflesse, mostra, fra l'una e l'altra, tracce di affreschi, raffiguranti lo stemma Martinengo e altre figurazioni: anfore. mascheroni ecc.”.

da “LE DIMORE BRESCIANE IN CINQUE SECOLI DI STORIA” VOLUME QUINTO – IL SEICENTO FAUSTO LECHI - EDIZIONI DI STORIA BRESCIANA

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Casa Bellini e Merigo

Villa Badia

Casa Mensi Giuli – via Brescia

“La villa che richiama nel nome la celebre abbazia fondata nel secolo VIII, sorge, secondo una lunga lapide murata nella fronte sud, nel luogo del complesso monastico benedettino.

Alla fine del Settecento, dopo la soppressione dell’abbazia, qui fu eretta una villa per iniziativa dei fratelli Dossi; demolita nel 1873, venne sostituita dall’attuale.

L’edificio presenta verso est una fronte segnata da balconi e verso ovest un portico con terrazzo sovrastante; un alto attico completa questa fronte ed è visibile dal fondo di un brolo dove, in corrispondenza della piazza in fianco alla parrocchiale, vi è un cancello di ferro battuto, con bianchi pilastri sormontati da vasi: un plastico ricordo della villa settecentesca”.

da “Ville della Provincia di Brescia” – ville italiane Carlo Perogalli – Maria Grazia Sandri – Vanni Zanella – Rusconi Immagini

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Villa Seccamani – Edificio ottocentesco, restaurato alla fine del secolo scorso.

Attualmente è sede della banca locale.

Municipio La sede municipale è posta nel cuore del centro storico fra via Dante e Piazza Umberto I, è stata ristrutturata nei primi anni 2000 per renderla funzionale ed ottimale per gli adempimenti che ormai hanno da affrontare gli uffici comunali. La costruzione è già presente nel catasto napoleonico del 1810 fra gli edifici rimasti intorno alla nuova Parrocchiale dopo la demolizione dell’antica Abbazia; ha avuto diverse manomissioni fino ad una ristrutturazione intorno al 1930 che gli ha dato il volto e le finiture attuali.

Oratorio L’edificio è della fine ‘700, è stato negli anni più volte ristrutturato e rimaneggiato nelle strutture storiche e ha mantenuto solo una parte ancora riconoscibile come casa di pregio.

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Edificio principale scuola secondaria L’edificio è sorto nei primi anni del 900, ha una struttura ed una tipologia tipica del periodo e forma un fronte sulla piazza Cesare Battisti di notevole effetto scenico. Nello stesso periodo è stato realizzato il giardino all’italiana che esalta l’edificio.

Cimitero di Leno

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CASTELLETTO Cenni storici “Nel 1882 Castelletto comprendeva i due più antichi e popolosi agglomerati di case di Squadretto e del Castello (quest’ultimo fino a pochi anni prima denominato Castelletto), una decina di cascine (le stesse che troviamo ancora oggi sparse in mezzo alla campagna) e tre o quattro cascinali circondati da pochi altri vecchi edifici (luogo inizialmente chiamato Fenili). In quest’ultima località, cento anni or sono, veniva benedetta la nuova chiesa parrocchiale.

Da una carta topografica del 1886 si può notare che il nuovo tempio, in detto anno, si trovava ancora isolato, vicino alla contrada campestre che conduceva al Fenile Forni, e che le poche abitazioni allora esistenti ai Fenili erano tutte situate a sud dell’attuale via Manzoni.

Sulla cartina è indicata, all’inizio di vicolo Scuole, anche la sede della scuola elementare. In precedenza detta sede doveva trovarsi presso il Castello dove vi era pure la vecchia chiesa parrocchiale dedicata a San Salvatore.

A quei tempi la maggior parte del territorio di Castelletto apparteneva a quattro possidenti: Locatelli, proprietario del vasto podere del Castello e delle cascine Lame, Selvasecca, Torri e Palazzina; Seccamani, proprietario dei fondi delle Caselle e della Comuna; Sartori, di Squadretto; Baroschi, di Castelguercio, Terzo, lannina e Massaga.

Quasi tutti questi fondi erano condotti da affittuali (Mancini, Barbieri, ecc.). Vi erano poi alcuni piccoli proprietari che lavoravano i loro poderi (Mainetti, Braga, Damini, Gabrieli, Piubeni, Favagrossa, Smussi e pochi altri). Alle dipendenze dei proprietari conduttori e degli affittuali vi erano diverse categorie di lavoratori, ognuna con un proprio contratto, con mansioni e retribuzioni diverse”.

Da “Castelletto di Leno” Note di storia, cronaca, folclore Battista Favagrossa – Onorato Fornari – Stampa Litografia Bagnolese – Bagnolo Mella

La nuova Chiesa Parrocchiale “Il 4 dicembre 1882, durante una giornata indimenticabile per i Castellettani, veniva aperta al culto la nuova chiesa, cento anni dopo la posa della prima pietra. Il vasto e bel tempio dalle aggraziate linee architettoniche, dedicato alla Trasfigurazione di N.S.G.C., veniva benedetto con grande solennità, alla presenza di tutti i parrocchiani, dal Vescovo coadiutore della diocesi di Brescia mons. Corna Pellegrini.

Fu durante i primi anni di parrocchiato di don Giuseppe Milani, giunto a Castelletto nel 1779, che venne presa la decisione di erigere un nuovo edificio sacro. L'aumento degli abitanti aveva reso da tempo insufficiente l’antica parrocchiale del Castello.

Il pronunciamento per eseguire tale opera avvenne in una riunione di tutti i avvenne in una riunione di tutti i capi famiglia nel 1782. Per la stesura del progetto venne dato l’incarico all’abate Antonio Marchetti (1729-1791) che legò il suo nome a diverse chiese della nostra diocesi (Leno, Porzano, Botticino S., Borgosatollo, Pisogne, ecc.)

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Il disegno autografo della chiesa, a penna, acquarellato in colore rosa (cm. 34,5 x 49,50) è conservato presso l'archivio vescovile di Brescia .

Il progetto dell’abate Marchetti, presentato in Cancelleria Vescovile dal parroco Don Giuseppe Milani, venne approvato dal Vescovo di Brescia, mons. Giovanni Nani il 22 maggio 1783. Per la posa della prima pietra della costruenda chiesa il Vescovo delegò Don Paride Vezzoli, arciprete di Leno”.

Chiesa Beata Vergine Addolorata presso cimitero Costruzione ottocentesca, cappella mortuaria dei sacerdoti, restaurata nel 1932 e nel 1980.

Scuola elementare Nel 1910 vennero costruite le scuole elementari ingrandite nel secondo dopoguerra.

Il castello “Sull'esistenza del castello eretto nel Cinquecento in località oggi denominata Castelvecchio, alcuni anni fa ha scritto Fausto Lechi.

Sostiene il Lechi che nel 1426 gran parte del territorio della nostra borgata passò, per investitura, alla nobile famiglia Trussi, detta anche Truzzi poiché lo stemma "bandato d'argento. d'azzurro e di nero di sette pezzi". portava uno struzzo al naturale tenente nel becco un chiodo di ferro, forse l’insegna della loro antica attività commerciale.

I Trussi. prima di ricevere in concessione queste terre. possedevano alcune proprietà nel Comune di Botticino e, come tutti i nobili del tempo, tenevano una casa in città. Nel centro dei loro nuovi fondi costruirono una casa padronale e alcune abitazioni per i dipendenti .

Nella seconda metà del secolo XV i Trussi fecero erigere la chiesa dedicata a S. Maria (l’attuale chiesa sconsacrata di Castelvecchio).

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Sul principio del 1500 parte delle terre possedute dai Trussi a Castelletto. vennero acquistate dai nobili Manerba. antica famiglia che nel XII secolo aveva avuto per investitura tutto il territorio intorno alla rocca di Manerba. In seguito i discendenti di questa famiglia acquistarono fondi nei Comuni di Chiari, Pralboino e Calcinato.

Il castello venne costruito dai Trussi d’accordo e in condominio coi Manerba nei primi decenni del Cinquecento. L'edificio, con la sua torre merlata, il suo vallo, la fossa, il ponte levatoio, più che come costruzione che garantiva ai proprietari ed agli abitanti delle case coloniche una difesa sicura in momenti di emergenza, sorse come palazzo fattoria.

Come molti signori di quel tempo, i Trussi ed i Manerba abbandonarono la città e vennero ad abitare sui loro fondi affinché i lavori agricoli fossero più proficui. Continuarono in tal modo l’opera di disboscamento iniziata alcuni secoli prima dai monaci benedettini di Leno, resero fertili altre zone di terra. tracciarono vari canali derivati dalla roggia Santagiovanna Verso il 1880 il castello e tutti i cascinali ad esso annessi divennero proprietà del sig. Locatelli, gli eredi del quale sono gli attuali proprietari.

Il Lechi così descrive il castello che noi vediamo oggi: "Sono così radicali le modifiche apportate nel secolo scorso, che non è facile distinguere l’antico dal moderno. Malgrado ciò è rimasta bene individuabile la linea dell'antica struttura a pianta quadrata. L'odierno grande cascinale sorge fedelmente su quella pianta e buona parte dei muri in mattoni, sui lati nord, ovest e sud sono originali. In essi poi sono state aperte una quantità di finestre tutte ottocentesche con le loro false ogive gotiche. Il portale anch 'esso ogivale. ma che temiamo sia una modifica dell'antico, a tutto sesto come quello della piccola postierla vicina, è sormontato dalle feritoie del ponte levatorio e poi da sovrastrutture e finestre moderne. Si scorgono ancora le sagome delle torrette ai quattro spigoli, anzi sullo spigolo di sud ovest è stato innalzato un fabbricato forse settecentesco, sempre coi mattoni a vista.

Appena entrati nel cortile, a destra, sorge l'abitazione del proprietario, in formato ridotto, del periodo neoclassico.

Sulla torre d’ingresso, oltre alle mensole terminali, è stato innalzato un fastigio. per collocarvi un orologio".

La chiesa del castello, dedicata inizialmente a S. Maria e successivamente a S. Salvatore, venne eretta nella seconda metà del secolo XV dal nobile Pietro Trussi.

Nella primavera del 1981, durante i lavori di restauro della casa costruita un centinaio di anni fa attigua alla facciata della chiesa, si è rinvenuto sopra la porta principale del tempio un mattone che reca le iniziali P.T. ben visibili. Si può ritenere pertanto siano queste le iniziali del nome di Pietro Trussi, proprietario del territorio del castello verso la metà del Quattrocento. Il suo testamento è dell’anno 1475 (cfr. LECHI F., op. cit., p.

293). Nel corso dei lavori è venuto alla luce, nell’ovale della porta d’ingresso della chiesa, un affresco raffigurante la Natività. Tale dipinto, staccato dal proprietario dell’abitazione e donato al comune di Leno, si può far risalire alla fine del secolo XVI.

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MILZANELLO Cenni storici “Dopo un intervallo di decadenza o di stasi, dal 1400 al 1450 circa, Milzanello deve la propria rinascita agricola alla volontà e all’ ingegno della famiglia Uggeri, che realizzò non solo opere di disboscamento e di dissodament6, ma anche di sistemazione idraulica, con la costruzione della prima seriola, l’Uggera, nel 1456. Nel contempo venivano costruiti canali collettori (dugali), ponti, manufatti per chiaviche, partitori per nuove derivazioni d'acque, alle quali opere si associò ben presto la pratica irrigatoria, che se non ancora perfezionata, «rappresentava senza dubbio per l'agricoltura di pianura l'aspetto più prestigioso, indice di un ordinamento produttivo».

A conferma di questo piano di sviluppo agricolo della zona, in data 12 luglio dell'anno 1542, la nob. Camilla Uxori, vedova del sig. Pietro Uggeri, e Gerolamo suo figlio, abitanti a Milzanello, stipularono un contratto quinquennale d'affitto di acque con il Comune di Leno. Il fabbisogno per l’irrigazione di parte delle loro possessioni consisteva in 72 ore di acqua settimanali per un canone annuo di pianet lire 284.

Da gran tempo tuttavia erano sorte contestazioni per l'uso delle acque un po' dovunque, dando luogo a perizie, liti e semenze fino quasi ai nostri giorni. «Per rendersi conto del disordine che, in quei tempi, regnava nel regime idraulico, occorre tener presente anche la mancanza o la carenza di una disciplina giuridica ed amministrativa., per cui basti dire che .«Casa Uggeri ha speso assai spezialmente nella compra de' terreni, et ha incontrato aspre et dispendiose liti contro chi non voleva concedere il passo e contro chi usurpava l’acqua».

A difesa di questi diritti acquisiti per acquisti successivi, vennero costituiti dei Consorzi (dal 1930) fra i proprietari dei fondi di Milzanello, quali eredi ed aventi causa dai signori De-Asti ed Uggeri.

Gli originali fenili, di chiaro significato, si vanno trasformando in veri e propri fabbricati rurali durame il sec. XVI. Primo fra tutti il Cereto, poi le Colombare, il Palazzo, Capo lupo, la Fabbrica.

Essi sono descritti via via nel Catasto del 1641, come «casamento porticato ad uso de' braccenti e malghesi.; con fenile: collocato, nella quasi totalità, sulla stalla; altre volte distaccato e costituito da una o più barchesse a più elementi (tratti). Oltre ai luoghi terranei e alle camere superiori, vi era il solaio o granaio. adibito alla conservazione di prodotti agricoli vari e di consumo familiare, sopratutto frumento e mais. Nella seconda metà del XVI secolo troviamo spesso che la «cassina». era dotata di pozzo e di forno.

Avviene anche un rinnovamento delle tecniche agrarie, a cominciare da quelle della trazione animale, molto accresciuta nel rendimento. Il latifondo si era venuto frazionando ed era stato distribuito in piccole porzioni ai massari e «questi vivevano secondo il costume antico in comunità formate da varie coppie nuziali ed avendo una maggiore disponibilità di lavoro, l'aratro e un po' di bestiame, coltivavano i poderi più estesi».

La ricchezza d'acqua canalizzata veniva sfruttata anche come forza motrice per azionare molini e segherie. I fratelli Uggeri ne possedevano, prima del 1600, uno a due ruote, con .«rassega» (segheria) da legname ed altro con .«macina della linosa» (semi di lino) per estrarre olio. Uno a due ruote, con «rassega»., era in possesso della famiglia Cigola ed era situato in contrada del Cereto. Completava la struttura dell'intera azienda Uggeri un edificio con maglio, pure in contrada del Cereto.

Non mi è stato possibile stabilire l’epoca in cui la fucina iniziò il lavoro; risulta comunque una delle attività più antiche e rare nella nostra zona. Questo possente martello forgiava arnesi agricoli da lavoro: badili, zappe e picconi; vomeri e falci La grande azienda andava via completandosi come modello di efficienza, sia pure con una economia di provvista, quasi autonoma”.

Da “Milzanello e la nobile famiglia Uggeri” – Luigi Cirimbelli Stampa Litografia Bagnolese – Bagnolo Mella

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La chiesa Parrocchiale “Certamente la primitiva chiesa era incomoda alla popolazione per la sua angustia e decrepitezza, tanto che minacciava rovina. L'obbligo che incombeva al patrono di provvedere alle spese per la conservazione dell’edificio inserviente al culto pubblico, indusse gli Uggeri ad iniziare l’opera di ricostruzione della chiesa parrocchiale. Il merito di questa realizzazione va attribuito alle sollecitudini di Betino Uggeri, q. Pietro, dando così ai fedeli la possibilità di compiere i loro doveri religiosi.

Nel 1462, aderendo ad una istanza presentala da Stefano de Annono, notaio della curia vescovile, e già caldeggiala dall’Uggeri, il vescovo di Brescia mons. Bartolomeo Malipiero (1457-1464), diede la facoltà della consacrazione del nuovo tempio, coll’annesso cimitero, a Don Basilio, arcivescovo di Trebisonda e commendatario della Preposilura di san Pietro in Gottolengo.

La ristrutturazione del 1824 Premesso che «lo jus onerosum» si concreta nel dovere di vigilare e difendere l’oggetto del diritto di Patronato, la Co. Dorotea Uggeri effettuò particolari opere di ristrutturazione alla parrocchiale.

I lavori ebbero inizio nella primavera del 1826, con la modifica del coro «che era ottagolato e fu reso rotondo; furon messe tutte le imposte delle porte (eccettuata la maggiore) di pietra, e di pietra fu pure formato il basamento della chiesa eccettuati i gradini con le balaustre; fu rinnovato il pavimento, fu aggiunto il cornicione, formate le lisene coi capitelli di pietra là dove prima non c’era che il muro piano.

Fu poi fatto il coro di legno dal S.r Giuseppe Ansermetti falegname, a spese della suddetta Uggeri, nonché i confessionali e finalmente fu stuccata ed ultimata la cantoria e il pulpito.

Il prolungamento della Chiesa del 1922 Nel 1922, la chiesa venne prolungata di circa sette metri, rispettando la facciata. Il tenue beneficio parrocchiale, consistente in prodotti agricoli ricavati dai 30 piò di terreno, condotti dallo stesso parroco, non avrebbe consentito l’esecuzione di quest’opera se non con la collaborazione fattiva di tutta la popolazione. Materiali, trasporti e quant’altro servì, furono messi a disposizione del parroco per l'inizio dei lavori ad opera della fam. Zenucchini Faustino. Punto di riferimento per la raccolta dei contributi era l’allora sindaco, sig. Cottarelli Eugenio.

Nell’agosto 1931, col rifacimento del piano sottostante le campane, a proiezione della cabina del!’orologio pubblico, si spesero 2500 lire ed il parroco don Loda, a nome della fabbriceria, ottenne dal Comune di Leno un contributo di 500 lire.

Nel 1961 seguirono altri lavori importanti, quali la restaurazione della facciata della chiesa e dei serramenti interni; la sistema zione del pavimento della sacrestia, del Battistero. Furono anche tinteggiate la facciata della chiesa con le pareti a fianco e a monte, la sagrestia e il battistero. Vennero pure tinteggiati con ducotone i cornicioni, le lesene, ecc. ad opera del Milzani di Gottolengo.

Nel 1965 venne restaurala la casa canonica, ad opera della ditta Ventura di Leno. Seguirono la demolizione della vecchia cantoria, la costruzione della tettoia, commissionate alla ditta Zucca Ottavio di Leno, e il restauro del trono della Madonna”.

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Castello medioevale “Di forma quadrata, con le quattro torri sugli spigoli, sul principio dell’Ottocento era ancora visibile e lo deve essere stato ancora sulla fine del secolo poiché bene risulta nel foglio di scala 25.000 (Manerbio) dell’Ist. Geog. Mil.; levata nel 1885.

Ora non vi è più che una cortina di muro che si protende oltre la casa e questa cinta è coronata da una merlatura. Così apparve a Pietro Da Ponte ed a Teodoro Lechi nei primi anni di questo secolo. Nell’interno un portale del Cinquecento con sopra lo stemma degli Uggeri che è d’azzurro cancellato di rosso al capo di Francia”.

da “LE DIMORE BRESCIANE IN CINQUE SECOLI DI STORIA” VOLUME PRIMO – I CASTELLI FAUSTO LECHI - EDIZIONI DI STORIA BRESCIANA

PORZANO Cenni storici “Il paese si è sviluppato intorno a un castello medioevale, del quale non resta più nessun ricordo ma soltanto la strada di circonvallazione che costituisce come un anello centrale, entro il quale e intorno al quale sono sorte case rustiche e signorili e alla estremità sud-est, quasi in disparte, la bella chiesa parrocchiale con la canonica. Dalla curtis del monastero nascono il castello e il comune. La peste nera ed altre epidemie e continui passaggi di eserciti confinano Porzano fra i paesi “deserti ed inabitati” elencati negli Statuti del comune di Brescia. Nella ripresa dei primi decenni del sec. XV il castello di Porzano apparteneva ai nob. Occanoni di Pavone, poi vi ebbero ingerenza i nob. Cavalli di Leno che costruirono la seriola Cavallina.

Fino al 1884 del resto esisteva nella zona di Porzano-Bagnolo una zona paludosa di 945 ettari, poi bonificata verso la fine del secolo, quando la Bassa poté godere di una nuova politica agraria e di notevoli investimenti. Nel 1885 era il Consiglio Provinciale ad Interessarsi delle paludi di Porzano, Leno, Gottolengo e a predisporre la loro bonifica. Ampia opera di bonifica venne compiuta verso la fine dell’800 dai fratelli De Giuli e da altri imprenditori. Queste bonifiche diedero ampio impulso all’agricoltura con un forte richiamo di manodopera.

Nel 1926 Porzano costituì con Manerbio la seconda zona per la bonifica agricola. Numerosi sono i progetti per canalizzare le acque e prosciugare i campi allora discussi a livello provinciale, ed effettivamente molto è stato fatto per dare un nuovo volto al paesaggio agrario”.

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La Chiesa Parrocchiale S. Martino “Nel 1756 venne dato dalla vicinia e dal rettore il via alla costruzione della nuova chiesa. Il progetto, attribuito da Sandro Guerrini a Antonio Marchetti, venne approvato dalla Curia vescovile il 30 aprile 1756. Sotto la guida del capomastro Giovanni Andrea Lanza, la costruzione dell’edificio si concluse in un decennio. Il nuovo tempio fu benedetto il 24 novembre 1765 dall’arciprete di Bagnolo M. don Benedetto Perugini. Nel 1846-1847 vennero acquistati i banchi. Nel 1898 la chiesa venne restaurata nel suo interno su progetto dell’arch.

Luigi Tombola che sistemò gli altari mentre la Bottega Poisa eseguì la soasa dell’altare maggiore e l’indoratura di lesene, del pulpito, delle soase e della casa dell’organo.

In seguito, nel 1904 vennero poste le stazioni della Via Crucis; nel 1908 furono collocate le statue del S. Cuore e di S. Luigi; nel 1911 quella dell’Immacolata.

Sempre nel 1811 vennero restaurate le strutture murarie esterne ed interne e posto dalla Società Bresciana Cementi e Costruzioni il pavimento in mattonelle.

Al contempo veniva restaurato il castello del campanile. Nel 1944 veniva eseguita la decorazione di Eliodoro Coccoli e da Giacomo Prandelli. Nel 1945 la Bottega Poisa forniva nuovi lampadari e nuove stazioni della via Crucis e nel 1955-1956 veniva eseguita dalla ditta Marangoni di Brescia la vetrata centrale e restaurate le altre vetrate. Nel 1988 la chiesa veniva di nuovo e ampiamente restaurata nella facciata e nelle strutture murarie in generale. Nel 1995 veniva dotata di un bel altare liturgico e di nuovi accessori, aggiunti via via a quelli acquisiti negli anni precedenti”.

Note tratte da “Enciclopedia Bresciana” – volume XIII – A. Fappani – Edizioni “La voce del Popolo” Brescia - 1996

Palazzo già Cucchi oggi Bozano “Nel centro del paese (in via Leonardo da Vinci) si scorge questo palazzotto terribilmente manomesso da secoli di abbandono. La facciata verso la strada, che guarda a mattina, presenta tuttora l’aspetto severo di un tempo: zoccolo alto a barbacane a pian terreno con grossa cordonatura, finestre rade e cornicione con belle mensole. Il tutto col muro di mattoni a vista. Per quest’ultimo particolare, come al solito, gli abitanti del posto lo chiamano castello.Nella facciata verso sera l’aspetto è altrettanto severo, soltanto che nell’estremo lato verso sud, si aprono due luci di portico elegantissime con colonne di pietra a capitelli jonici.

Nell’interno a piano terra vi è una grande sala con la volta a ombrello che termina negli spigoli in modo assai originale. Nella stessa sala vi è un camino in marmo, le mensole del quale, che portano l’architrave, son fin troppo sporgenti e su di esse sono incisi strani disegni.

Al primo piano, al quale si accede con una ripidissima scala a due rampe che parte dal portico, vi sono la galleria e varie stanze a travetti di legno a vista”.

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da “LE DIMORE BRESCIANE IN CINQUE SECOLI DI STORIA” VOLUME QUARTO – IL CINQUECENTO NEL TERRITORIO FAUSTO LECHI - EDIZIONI DI STORIA BRESCIANA

EDIFICI IN ZONA AGRICOLA Cascina Mirabella con annessa chiesetta “E’ una delle più belle cascine lenesi, è situata appena fuori dal paese a lato della provinciale Leno-Manerbio.

Prese il nome dai conti Langosco di Mirabello. Il complesso originariamente comprendeva numerosi fabbricati realizzati in epoche diverse dal XIV al XV secolo: la casa padronale, di un certo pregio architettonico, con decorazioni e affreschi, la casa del massaro, le abitazioni dei salariati, stalle, fienili, porcili e pollai, alti porticati, murature in pietra e mattoni di buona fattura.

Alla casa padronale era unita una chiesa dedicata a S. Bernardo “vecchie strutture architettoniche tardo gotiche specialmente nell’abside”.

E’ stata abitata fino al 1988 e l’azienda agricola ha continuato fino al 1993 con i fratelli Bianchi, da quella data è rimasta disabitata ed è cessata qualsiasi attività”.

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Chiesa S.S. Nazario e Celso “Abbandonata dal 1960, la chiesetta campestre dei Santi Nazario e Celso in Leno, pareva non avere più futuro, né storia, né storia da raccontare.

Invece a marzo 2007 dopo essere stata donata dai proprietari alla “Fondazione Dominato Leonense” è stato deciso il restauro e la sua riconsegna al culto.

Per ora si stanno preparando i rilievi, si andrà a rifare i tetti caduti e a consolidare i muri pericolanti alla scopo di mettere la chiesa in sicurezza.

La contrada dove sorge la chiesa aveva (e conserva) un nome antico Pluda e conduceva il passante, il pellegrino a levante, in direzione Calvisano”.

Chiesa S.S. Nazario e Celso

Chiesa S. Maria

Chiesa S. Maria “La chiesetta dedicata all’Assunta, venne costruita nel 1946 alla Cascina Scovola.

“Questa grande cascina è raggiungibile in direzione nord da tre strade, la prima da LenoBagnolo Mella all’altezza e a nord della cascina Noce si stacca la strada detta appunto della Noce fiancheggiata dal canale grande De Giuli, l’altra la Leno-Ghedi, lasciando alle spalle la cascina Littorio e si costeggia il vaso Seriolazza.

La più antica è sicuramente la strada vicinale della Striaga, il cui inizio è indicato in via Montecassino giungendo tra la Scovola Sera e Scovola Mattina, al confine fra Leno e Ghedi La cappella dedicata all’Annunciazione di Maria era un fabbricato ricavato in parte da un preesistente edifici colonici.

Il vescovo Mons. Giacinto Tredici in occasione della visita pastorale compiuta a Leno il 28 aprile 1946 benedisse il piccolo tempio. Celebrata la messa si svolse la processione con la Madonna portata a spalle intorno alla cascina tra l’esultanza dei circa ottocento abitanti”.

Da “La via delle Cascine” - Storia e tradizione delle campagne lenesi – Luigi Cirimbelli

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Chiesa Ausiliatrice – Contrada Squadretto Chiesetta dedicata a S. Maria Ausiliatrice eretta nel 1946.

Una piccola chiesa dedicata a S. Francesco d’Assisi esisteva già nella medesima frazione prima del 1588.

Madonna della stalla “Narra una tradizione locale che nel 1490 nella cascina che oggi si chiama anch’essa della Madonna della stalla vivesse una famigliola di contadini. Ogni giorno i genitori lasciavano la cascina per andare a lavorare quel poco di terra che erano riusciti a strappare alla palude lasciando sola una figlioletta cieca, che, non potendola portare con loro, chiudevano nella stalla, per paura che incappasse in qualche guaio. Anche quel giorno d'estate la piccola era chiusa in stalla quando improvvisamente si sentì chiedere da una bella signora cosa facesse. Rispose di essere cieca e di non poter seguire i genitori nei campi. La signora la invitò invece ad andare ad attingere acqua per portarla ai genitori. Improvvisamente la piccola vide ed eseguì l'ordine ricevuto e trovò acqua in abbondanza. Sul luogo dove la signora apparve rimase impressa nel muro la sua figura. Trasportata lo stesso giorno nella parrocchiale l’immagine fu però ritrovata, l'indomani, nello stesso punto della stalla. Costruirono perciò, si era allora nel 1490, una cappella che fu subito meta di pellegrini e circondata da grande devozione.

La cappella con un bel campaniletto, sorge a circa tre chilometri dal paese, al centro di una grande cascina. L’altare è in marmo. Sopra di esso vi è l'effige che si dice essere l’impronta della Madonna col Bambino. Alla destra una grande tela raffigurante l’Assunzione della Madonna al cielo. Accanto alla cascina c'è ancora la fontana dove la bimba cieca avrebbe attinto l’acqua da portare ai genitori”.

Note tratte da “Enciclopedia Bresciana” – volume XIII – A. Fappani – Edizioni “La voce del Popolo” Brescia - 1996

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COMPONENTI DEL PAESAGGIO URBANO La cartografia riporta tutte le zone urbanizzate del comune distinguendo i nuclei di antica formazione dalle zone residenziali sorte negli ultimi quarant’ anni e dalle zone produttive che vedono la presenza di industrie, artigianato e attività commerciali che si sono sviluppate essenzialmente dal 1970 ad oggi lungo la strada provinciale 668 che conduce a Ghedi e verso la comunale che porta a Manerbio e al casello autostradale.

Esiste inoltre una grande zona produttiva a Porzano lungo la provinciale per Bagnolo Mella ed una zona produttiva a sud del territorio nella frazione di Castelletto lungo la provinciale per Pavone Mella e Gottolengo.

Vengono riportate anche le zone residenziali e produttive previste dal P.R.G. e dalle sue varianti.

La zona produttiva di Leno a nord dell’abitato

La tavola individua le aree per attrezzature pubbliche o di uso pubblico e la viabilità.

La viabilità provinciale principale esistente è costituita dalla strada provinciale Orzinuovi- Montichiari e dalla provinciale che da Bagnolo porta a Pavone Mella attraversando l’abitato da nord a sud..

Vi è la previsione viaria di completare la realizzazione di una circonvallazione che escluda dal traffico pesante l’abitato di Leno.

Il territorio comunale necessita di una attenzione particolare per attutire gli impatti ambientali provocati dalla provinciale n. 668 che diviene il collegamento fondamentale ovest-est verso le arterie di traffico e mobilità di carattere regionale.

Si dovranno pertanto prevedere anche barriere di insonorizzazione lungo la provinciale n. 1 costituite da alberature di alto fusto quasi a formare un bosco lineare che ovest ad est attraversa il territorio comunale.

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La viabilità storica principale e secondaria consentono delle vedute e degli scorci dei nuclei di antica formazione sparsi nella pianura ed in particolare. La veduta panoramica del centro di Leno è consentita dalla viabilità di scorrimento Orzinuovi-GhediMontichiari; percorrendo tale arteria è possibile vedere la torre campanaria, la parrocchiale e parte del centro storico con una visione d’insieme che è da salvaguardare.

Il nucleo antico di Leno, delle sue frazioni e delle località sparse nella pianura Il P.R.G. vigente è corredato da studi che hanno verificato le condizioni degli insediamenti sotto il profilo igienico-sanitario, lo stato di conservazione edilizia, la coerenza architettonica e ambientale con il contesto urbano e le destinazioni d’uso e assicurano la tutela e la valorizzazione dei nuclei di interesse storico, artistico ed ambientale e dei piccoli nuclei antichi sparsi nella campagna agricola, promuovendo azioni utili a favorirne sia il restauro che la migliore fruibilità al fine di individuare e sottoporre ad apposite modalità di intervento tutti i beni storici, monumentali, artistici ed ambientali, meritevoli di salvaguardia e di conservazione.

I nuclei di antica formazione di Leno sono delimitati dal perimetro che individua le zone che rivestono carattere storico, architettonico, artistico e di pregio ambientale tenuto conto della cartografia di prima levatura dell’Istituto Geografico Militare Italiano del primo catasto italiano.

In queste zone, ogni intervento ha lo scopo di conservare i valori ambientali desumibili dal significato storico complessivo della zona, dalla qualità architettonica delle strutture edilizie, dalla presenza di monumenti, dall’unitarietà urbanistica e funzionale dell’insieme.

La delimitazione comprende, oltre ai fabbricati, gli spazi liberi, attualmente occupati da giardini, parchi, orti e broli che si possono considerare parte integrante degli agglomerati urbani di antica formazione.

Le norme di attuazione vigenti per i nuclei antichi non consentono: - la cancellazione dei caratteri originari dei nuclei storici con interventi urbanistico-edilizi distruttivi, di sostituzione acritica o di trasformazioni del tessuto edilizio storico e dei suoi caratteri morfologici ed architettonici peculiari, - l’inserimento di edifici non coerenti con il sistema insediativo, - l’ampliamento per addizione dei nuclei storici introducendo elementi di forte conflitto dimensionale e di proporzione con la percezione dell’esistente, - la perdita di leggibilità per occultamento, interferenza percettiva, accostamento e sovrapposizione di elementi impropri per tipologia, caratteristiche architettoniche e materiche, - la modificazione delle coperture dei nuclei rurali, che costituiscono il carattere prevalente della loro immagine ormai consolidata.

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Gli ambiti delle trasformazioni condizionate sono ambiti prevalentemente inedificati, contigui e no agli abitati. La cartografia del P.T.C.P. indica diverse preclusioni a nuove urbanizzazioni finalizzate ad evitare fenomeni di conurbazione e di perdita delle componenti paesistiche. Gli elementi di criticità sono dati da uno sviluppo dimensionale rispetto alle preesistenze storiche e alla perdita di una linea leggibile tra gli spazi urbani e l’ambito agricolo.

Il P.T.C.P. punta a non consentire l’espansione dell’abitato di Leno centro, a nord verso Porzano, ad est, verso la zona dei fontanili e lungo la provinciale per Calvisano, ad ovest lungo la strada comunale che porta al casello autostradale di Manerbio.

L’abitato di Castelletto ha due ambiti delle trasformazioni condizionate, uno a nord sulla provinciale n. VII ed uno ad ovest sulla comunale verso Milzanello.

COMPONENTI DI CRITICITA’ E DI DEGRADO DEL PAESAGGIO Tali componenti sono rappresentate da quegli elementi la cui presenza comporta un’alterazione importante, generalmente dotata di un connotato negativo nell’ambito del paesaggio tipico di un territorio esaminato. Si tratta in genere di elementi quali ad esempio le aree estrattive (presenti e pregresse).

Attività estrattive Per quanto attiene al territorio periurbano di Leno, è stata riscontrata la presenza, come più sopra anticipato, di più siti interessati da attività estrattiva di sabbia e ghiaia.

Ciò è riconducibile alla natura geologica del substrato dei terreni locali, costituito da un potente pacco di sedimenti ghiaioso sabbiosi di natura fluvioglaciale, che ben si presta ad essere sfruttato a fini estrattivi. Tale tipologia di attività estrattiva genera depressioni più o meno profonde, che in alcuni casi possono intercettare il livello acquifero sottostante generando specchi d’acqua artificiali.

Queste cave, attive o cessate, hanno un forte impatto negativo sul paesaggio, fintanto che idonei interventi di recupero (restituzione ad usi agricoli, trasformazione in parchi o in strutture ricreative-sportive, rinaturazione spontanea ecc.) non le trasformino in ambiti che ritrovino un inserimento armonico col territorio circostante.

Aree degradate Durante i rilievi è stata segnalata la presenza di un’area degradata, ubicata a nord della frazione di Porzano; al momento dei sopralluoghi il sito si presentava recintato, piantumato al perimetro e con accumuli di materiali non ben identificabili.

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RILEVANZA PAESISTICA – COMPONENTI IDENTIFICATIVE, PERCETTIVE E VALORIZZATIVE DEL PAESAGGIO I punti panoramici rilevanti e le visuali panoramiche sono i luoghi consolidati e non di elevata fruizione percettiva di quadri paesistici del territorio di Leno e comprendono talune viste che in molti casi sono un patrimonio collettivo condiviso oltre che un importante momento evocativo e suggestivo nel rapporto con gli elementi storici più significativi e con il paesaggio agrario.

Le norme di salvaguardia paesistiche del P.G.T. vietano l’introduzione di elementi di ostacolo di tipo fisico (edilizio o infrastrutturale) alla percezione del quadro paesistico.

Gli edifici esistenti in prossimità dei coni visivi devono essere oggetto di interventi tesi al recupero dell’immagine originaria dell’architettura, con il recupero e la valorizzazione degli impianti tipologici, delle tecniche costruttive e dei materiali originari.

Visuale panoramica dalla strada per Ghedi

Veduta dalla strada comunale sterrata

Le piste ciclopedonali e gli itinerari di fruizione paesistica Questi tracciati costituiscono la trama relazionale minore, ma paesaggisticamente significativa del territorio comunale. Le rete dei percorsi è costituita da tracciati di piste ciclabili esistenti e di strade di campagna anche non asfaltate che dal centro abitato di Leno percorrono il territorio senza soluzione di continuità raggiungendo le frazioni, il Mella ed i comuni confinanti.

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Il P.G.T. prevede percorsi ciclopedonali nel verde che all’interno dell’abitato consentono di raggiungere le varie attrezzature di servizio, mentre altri percorsi all’esterno dell’abitato consentono di percorrere tutto il territorio da nord a sud e da est a ovest raggiungendo le frazioni ed i nuclei di antica formazione.

Le norme di salvaguardia del P.G.T. tendono ad incentivare la manutenzione di tali percorsi di valenza paesistica per evitarne il conseguente decadimento fisico e materico. E’ necessario vietare lungo tali tragitti la presenza di cartellonistica pubblicitaria visivamente intrusiva oltre a vietare la conurbazione o le costruzioni anche agricole lungo i percorsi per evitare l’occlusione della visuale.

Vanno salvaguardati i tracciati esistenti, i manufatti ed il verde, i filari di alberature poste lungo gli itinerari con la previsione anche di fasce di rispetto a protezione visiva della viabilità di interesse paesaggistico.

Infine è da evitare la realizzazione di nuovi tracciati e varianti di tracciati preesistenti che implichino la sostanziale modifica delle direttrici storiche nonché la trasformazione di contesti ambientali consolidati.

strada sterrata che da Leno porta a Milzanello

strada provinciale verso Gottolengo

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