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2 LA LETTURA CORRIERE DELLA SERA
DOMENICA 27 NOVEMBRE 2016
Il dibattito delle idee
corriere.it/lalettura
SSS Visual data
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Il rumore dei gol Tutto Messi da 1 a 502
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di C. PASSERINI e D. SPARISCI, con un commento di M. SCONCERTI
Libri
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Che fine hanno fatto i sogni di Fabio Volo (e degli altri)
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di E. BONCINELLI, T. CIABATTI, A. GAZZOLA, G. GIORELLO, U. GUIDONI, V. NIBALI, M. PALADINO, M. PEZZALI con un testo di R. SCORRANESE
Romanzi
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Mario Vargas Llosa sfida la realtà e vince
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Arturo Sosa Abascal è stato da poco eletto trentesimo successore di Sant’Ignazio di Loyola a capo della Compagnia di Gesù, il cosiddetto Papa nero, primo non europeo, primo latino-americano, primo mentre regna un pontefice gesuita. Venezuelano, 68 anni, annuncia in questa intervista con «la Lettura» le radici della nuova missione della Chiesa. «Francesco mi ha detto: sii coraggioso»
Non possiamo rassegnarci a questo mondo di ingiustizie di LUIGI ACCATTOLI
di ALESSANDRO PIPERNO
Maschere
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Francesco De Gregori: la tastiera è una Lettera 32 OPERA DI SILVIA CODIGNOLA
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di GIUSEPPE ANTONELLI
Epoche
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Si conclude dopo 40 anni l’assolo di Hotel California
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di SANDRO VERONESI
Padre Arturo Sosa Abascal, il primo messaggio che lei ha ricevuto dal Papa gesuita, dopo l’elezione a Generale della Compagnia di Gesù, è stato: «Sii coraggioso». Che cosa voleva dire? «L’ho capito nel solco della chiamata all’uscita che rivolge a tutta la Chiesa: riformatevi e uscite. Abbiate il coraggio di incontrare l’umanità di oggi con i suoi problemi. La reale umanità e l’intera umanità, senza selezionare quella che vorremmo e senza fermarci a quella che già conosciamo. Il coraggio di pensare liberamente e anche di pensare qualcosa che ancora non è stato pensato. Il coraggio di non avere paura di scomodare il mondo e la Chiesa, ma innanzitutto noi stessi. Sono scelte esigenti. Per compierle fino in fondo la Compagnia non deve fermarsi a difendere se stessa e non deve conformarsi a quello che c’è e neppure a quello che la Chiesa è». Poco dopo quell’incitamento venuto da Francesco, nella prima omelia da Generale lei ha parlato di audacia dell’improbabile e addirittura dell’impossibile. Non sarà che la presenza di un Papa gesuita vi sta contagiando? «No, non ci siamo montati la testa. Non è da oggi che la spiritualità della Compagnia di Gesù cerca un oltre, non si acquieta all’esistente. È la regola del magis, cioè del più, come noi diciamo. Quello spunto mi è venuto dal Maestro dei domenicani Bruno Cadorè che nell’omelia che ci ha tenuto a prologo della Congregazione generale ci ha invitati ad avere l’audacia dell’improbabile, proponendola come l’atteggiamento proprio delle persone di fede che cercano di testimoniare Cristo davanti all’umanità di oggi e per fare questo hanno bisogno di lasciare indietro la paura e di remare verso il largo. Quel richiamo mi è piaciuto ma mi è parso che si potesse dire di più e così sono arrivato alla proposta di non fermarsi all’improbabile e di mirare all’impossibile». In questa mira all’impossibile non c’è qualcosa di eccessivo? Un ramo di follia? «C’è. Ma è la follia della fede. Perché miriamo all’improbabile e all’impossibile — com’è l’impresa di proporre il Vangelo all’umanità di oggi — non basandoci su una nostra audacia ma su quella che sgorga dalla chiamata del Signore. Se la nostra fede è come quella di Maria, la mamma di Gesù e la madre della Compagnia di Gesù, la nostra audacia può andare all’impossibile, perché nulla è impossibile a Dio come proclama l’arcangelo Gabriele nella scena dell’Annunciazione». A quale impossibile lei allude? Nel caso di Maria si
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Missione Ci è stata chiesta l’audacia dell’improbabile. Dico di più: osare l’impossibile
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Creatività Significa uscire dagli schemi: dev’essere questa l’ambizione di noi creature
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Visioni Dobbiamo avere il coraggio di pensare qualcosa che non è stato ancora pensato
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Contaminazioni Tutti i popoli sono nati dalla mescolanza, Europa e Usa più degli altri
trattava di concepire un figlio senza l’apporto di un uomo, ma quell’impossibile le era proposto da un angelo: i gesuiti dove dovrebbero cercarlo? «L’impossibile di cui parlo è l’uscire dagli schemi che ci vengono imposti dalla realtà che ci circonda. Facilmente l’umanità si convince che non sia possibile altro mondo che questo, altra convivenza che quella in cui ci muoviamo. E dunque si tratta di andare oltre l’esistente. Siamo chiamati a questo già in quanto creature, perché siamo fatti a immagine del Creatore e dunque dobbiamo essere creativi. Penso a tutte le volte che Gesù nei Vangeli rimprovera i discepoli per la poca fede e dice: se ne aveste anche solo un granello potreste fare questo e questo». Che aiuto può venire all’umanità di oggi dalla pedagogia della Compagnia di Gesù (tutta indirizzata alla formazione del singolo mentre il mondo è tutto voltato all’economico e al sociale)? «La pedagogia degli Esercizi Spirituali, come s’intitola l’opera più importante del nostro fondatore, è un messaggio importante per la cultura di oggi, che è — si dice sempre — una cultura dell’immagine e Sant’Ignazio ritiene importantissima l’immagine. Sempre invita colui che compie gli esercizi a contemplare Gesù secondo le diverse scene proposte dai Vangeli; non si tratta di una contemplazione passiva ma di una veduta del luogo e dei personaggi mirata a cogliere la dinamica dell’azione evangelica nella quale collocare se stessi per prendere parte ad essa. Mirata cioè a un discernimento e a una decisione che non restano nell’intimo ma sono rivolti all’azione». D’accordo ma non ritiene che gli «Esercizi Spirituali» insegnati da Ignazio di Loyola risultino oggi eccessivamente introspettivi? «Secondo la mia esperienza gli Esercizi Spirituali portano fuori. Entrano dentro per portare fuori. Tendono a motivare la persona a uscire verso gli altri e verso Dio. Si tratta — dice Ignazio al paragrafo 189 degli Esercizi — di “uscire del proprio amore, sapere e interesse”. In questa dinamica c’è profondità teologica, perché il peccato non è solo trasgressione di un comandamento, ma più al fondo è chiusura in se stessi, trionfo dell’egoismo. Gli Esercizi mirano a superare questa chiusura, sono guidati da una logica espansiva, che è quella della lavanda dei piedi, dove Gesù dice: quello che ho fatto a voi, fatelo gli uni agli altri». Lei in passato, nella sua patria venezuelana, si è va-