Essere religiosi o spiritualisti è collegato a una maggiore tendenza alla depressione

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The Huffington Post (U.K.) 16.9.13 Essere religiosi o spiritualisti è collegato a una maggiore tendenza alla depressione by Dr Raj Persaud and Dr Peter Bruggen Studi condotti in precedenza sembravano mostrare che le credenze religiose e spiritualistiche potessero proteggere dalla depressione, e che fossero associate a uno stato di maggior benessere. Fra gli psichiatri (categoria, nell’insieme, non particolarmente religiosa) era opinione largamente diffusa che la religione e la spiritualità proteggessero l’umore dalle vicissitudini legate alle sventure della vita. Ebbene, oggi, uno studio di dimensioni molto ampie, che ha seguito una popolazione per un anno, ha rivelato che esiste una relazione inversa tra credo religioso e depressione. La religione, e persino la spiritualità non vincolata a una religione formale, sembra essere inutile in termini di protezione dal cattivo umore, e potrebbe persino essere correlata a uno stato di maggiore depressione. Un fondamentale risultato dello studio, condotto in diversi paesi, è che una visione spiritualistica della vita predisponeva a depressione maggiore, un dato significativo soprattutto nel Regno Unito, dove i cultori dello spiritualismo avevano una probabilità quasi tripla di incorrere in un episodio di depressione rispetto al gruppo dei laici. I risultati sono sbalorditivi in quanto i precedenti studi avevano evidenziato che persone appartenenti a una religione formale godessero di buone condizioni di salute mentale e stile di vita, ad esempio era stato appurato che fossero meno inclini all’uso di droghe o all’abuso di alcool durante tutta la loro vita. Lo studio, dal titolo “Credenze spirituali e religiose come fattori di rischio per l’esordio di depressione maggiore: uno studio internazionale di coorte”, ha esaminato a fondo la correlazione con le credenze religiose e spirituali sotto la guida del Professor Michael King dello University College di Londra. Più di 8.000 individui afferenti a strutture di medicina generale in sette paesi sono stati sottoposti a follow-up a sei e dodici mesi. Le strutture di medicina generale si trovavano in Regno Unito, Spagna, Slovenia, Estonia, Olanda, Portogallo e Cile ed erano distribuite sia in zone urbane che rurali con considerevoli differenze socio-economiche. Lo studio è stato appena pubblicato su una delle più autorevoli riviste scientifiche di psichiatria, Psychological Medicine. È stato condotto da ricercatori di varie università del Regno Unito, dell’Europa e in Cile. Nello studio la religione è stata definita nel senso della pratica di una fede, ad esempio la frequentazione di un tempio, una moschea, una chiesa o una sinagoga. Essere “spiritualisti” è stato definito come la pratica di una credenza o un’esperienza spirituale pur in assenza della pratica formale di un culto religioso come, ad esempio, credere che esista un qualche potere o forza altri da se stessi che possano influenzare la vita. Le persone che avevano un’accezione religiosa o spiritualistica della vita avevano una maggiore incidenza di depressione di quelle con una visione laica della vita. Tuttavia, questo risultato variava con il paese; in particolare, individui del Regno Unito che avevano un’accezione spirituale della vita sono risultate le più vulnerabili all’esordio di depressione maggiore. Indipendentemente dal paese, a un più intenso credo spirituale o religioso all’inizio dello studio corrisponde un più elevato rischio di esordio di depressione. Nonostante i principali risultati sulla correlazione fra accezione religiosa della vita ed esordio della depressione siano diversi da paese a paese, non vi è stata alcuna evidenza che la spiritualità possa proteggere gli individui, e in due paesi (Slovenia e


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