Camminare sulle acque. La vita e la testimonianza di Madre Maria santa martire di Parigi (1891-1945)

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«Ci sono due diverse modalità di vivere: ci si può muovere sulla terra, in modo assolutamente legittimo e rispettabile, misurando, soppesando e prevedendo tutto, ma si può anche camminare sulle acque. E in questo caso non si può né misurare, né prevedere: si può soltanto e ogni volta credere. Un istante di assenza di fede e inizi subito ad affondare». Quaderno di appunti (31 agosto 1934)


Mostra realizzata per la XL edizione del Meeting per l’amicizia fra i popoli

A cura di Aleksandr Filonenko, Elena Mazzola, Natalja Likvinceva, Padre Aleksej Struve Traduzione e cura editoriale Elena Mazzola Progetto architettonico Oleksii Chekal, Marco Oliva Progetto grafico Oleksii Chekal Documentazione fotografica Archivio di padre Sergij Gakkel (Lewes, Inghilterra); Archivio di S.V. Medvedeva (Parigi); Archivio del Movimento Studentesco Cristiano Russo (Parigi); Archivio della YMCA-Press (Parigi); per l’elaborazione delle fotografie realizzate nella chiesa di San Serafino di Sarov in via Lecoubre a Parigi – Archivio PSTGU.

Stampa Immaginazione Catalogo Società Editrice Fiorentina Ringraziamenti Si ringrazia per l’aiuto nella preparazione del materiale illustrativo: Elena Klepinina-Aržakovskaja, Tatjana Viktorova, Cyrille Sollogoub, Alexandre Bourov, padre Nikolaj Černokrak Noleggio mostra Meeting Mostre info@meetingmostre.com www.meetingmostre.com Infine un caloroso ringraziamento a tutti coloro che a vario titolo hanno contribuito alla messa in opera di questa mostra

© 2019 Società Editrice Fiorentina via Aretina, 298 - 50136 Firenze tel. 055 5532924 info@sefeditrice.it www.sefeditrice.it

Traduzione e cura editoriale Elena Mazzola

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Illustrazioni Larisa Chayka

twitter account @sefeditrice

Referenze fotografiche Le fotografie provengono dai seguenti archivi (per gentile concessione): archivio di padre Sergij Gakkel (Lewes, Inghilterra); archivio di S. V. Medvedeva (Parigi); archivio del Movimento Studentesco Cristiano Russo (Parigi); archivio della YMCA-Press (Parigi); per l’elaborazione delle fotografie realizzate nella chiesa di San Serafino di Sarov in via Lecoubre a Parigi – archivio PSTGU.

ISBN: 978-88-6032-527-3 Proprietà letteraria riservata Riproduzione, in qualsiasi forma, intera o parziale, vietata Finito di stampare: agosto 2019 (Filograf, Forlì)

Progetto grafico e impaginazione Oleksii Chekal (PanicDesign - www.panic.com.ua)


Alexandr Filonenko Natalja Likvinceva

LA VITA E LA TESTIMONIANZA DI MADRE MARIA, SANTA MARTIRE DI PARIGI (1891-1945)


INDICE

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PREFAZIONE

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POESIA E POLITICA: CHE COS’È LA VERITÀ?

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SOLO CRISTO: POVERTÀ E LIBERTÀ

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IL MOVIMENTO NELLA CHIESA: VITA, NOVITÀ, CREATIVITÀ

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MONACHESIMO NEL MONDO: IL SECONDO COMANDAMENTO EVANGELICO

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AZIONE ORTODOSSA: SETE DI CRISTIZZAZIONE DELLA VITA

66

MARTIRIO E GLORIFICAZIONE: LA NASCITA NELLA MORTE

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IN LUOGO DI CONCLUSIONE

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BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE


UNA SANTA PER IL NOSTRO TEMPO

L

a nostra protagonista ebbe molti nomi: Liza Pilenko, ragazzina di famiglia nobile che visse nella proprietà del padre sulle rive del Mar Nero e studiò nel miglior liceo di San Pietroburgo; Elizaveta Kuz’mina-Karavaeva (cognome del primo marito), giovane poetessa e pittrice che al tempo della rivoluzione riuscì a farsi eleggere prima cittadina di Anapa e membro del partito socialista rivoluzionario; Elizaveta Jur’evna Skobcova (cognome del secondo marito), madre di tre figli, pubblicista, scrittrice, filosofa, attivista sociale e religiosa dell’emigrazione russa in Francia; madre Maria, da monaca fu teologa e iconografa, autrice di arazzi ricamati e di versi penetranti, ma dedicò la maggior parte del suo tempo e delle sue forze ai suoi compatrioti emigranti indigenti ed emarginati, organizzò case di ricovero e mense e durante la guerra, quando Parigi fu occupata, si prodigò per mettere in salvo gli ebrei fino a quando non fu arrestata lei stessa e mandata in campo di concentramento a Ravensbrück, dove morì. Nel 2004 fu canonizzata e ricevette così un ultimo nome: santa martire Maria di Parigi. L’estrema indeterminatezza, evidente nell’imprevedibilità con cui si svolse il suo destino, è quella stessa condizione esistenziale che oggi ha raggiunto il culmine e a cui Zygmunt Bauman ha dato il nome di «società liquida». Per descrivere l’attualità del problema, l’abate generale dei cistercensi, padre Mauro Giuseppe Lepori, ha usato queste parole: «Siamo tutti intrappolati in questa “cultura fluttuante”, in Europa, in America, ma anche in Asia e in Africa, e non è solo la politica che è diventata molto instabile: è tutta la cultura che è “fluida”, che non è una terra su cui si può camminare, muoversi, incontrarsi, cercare e tracciare vie per procedere. […] È come se le tragiche immagini delle migliaia di migranti che naufragano nel Mediterraneo fossero uno specchio che l’umanità più misera pone davanti alla cultura e all’uomo occidentale perché vi vedano la propria condizione umana e spirituale...». Madre Maria fu un testimone di quelle prime ondate di un’epoca d’indeterminatezza che iniziarono a cancellare il terreno sotto i piedi degli uomini impedendo loro di camminare seguendo orme che già tracciavano una strada. Ella seppe mostrare in maniera profetica che in condizioni simili si può vivere solo se si impara a «camminare sulle acque» e ciò è possibile soltanto per colui che si mette nelle condizioni di cogliere lo sguardo di Cristo e di sentire la sua voce. Allora, come oggi, l’unica strada percorribile è quella della misericordia di Dio, «un cammino e una direzione» – continua Lepori – che «per Gesù sono più forti della fluttuazione dello spazio. Per i discepoli, pur muniti di barca e di remi, la fluttuazione ha la meglio sulla direzione che vorrebbero seguire. Sono in balia delle onde e del vento». La storia di madre Maria è quella della decisione dell’apostolo Pietro che in Cristo che gli va incontro camminando sulle acque (Mt 14: 22-33) riconosce l’invito a un cammino di libertà, di liberazione da qualsiasi tentennamento, a percorrere una strada su cui non si vedono tracce da seguire, ma di cui sono chiari lo scopo e la direzione.

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Elizaveta Pilenko. San Pietroburgo. 1909


1. «UN MIO AMICO D’INFANZIA» L

iza Pilenko nacque il 20 dicembre 1891 a Riga (attuale capitale della Lettonia), dove suo padre, Jurij Dmitrjevič Pilenko, russo di nobiltà ereditaria, lavorava presso il tribunale imperiale. La madre, Sofia Borisovna Pilenko (per nascita Delaunay), ricorda che la bimba nacque «dopo una difficile operazione in stato di profonda letargia. Qualche giorno dopo, durante il battesimo, ebbe un episodio di soffocamento grave e la rianimarono come si fa con chi è annegato. Non conosco nessuno che sia stato esposto a pericoli tanto grandi, Liza scampò miracolosamente alla morte molte volte». Sofia Borisovna visse una vita lunghissima, quasi centenaria e, dopo la morte della figlia, curò e conservò il suo archivio copiando con la sua calligrafia lineare gli scritti che madre Maria appuntava frettolosamente; al tempo dell’emigrazione la chiamavano semplicemente «la nonna». Nel 1895 la famiglia Pilenko si trasferì ad Anapa, città sulle coste del Mar Nero: Jurij Dmitrjevič ricevette in eredità delle vigne e due tenute, ne entrò in possesso diventando un eccellente viticoltore e vinicoltore e si diede da fare per il bene della città piantando giardini, lastricando strade, portando l’elettricità e terminando la costruzione di una chiesa. I suoi figli, Liza e il fratellino Mitja, crescevano come dei «piccoli spartani», venivano educati severamente e con amore. Accanto ai vigneti si elevavano gli antichi kurgan, i tumuli sepolcrali ricchi di reperti antichi che facevano la gioia degli archeologi e che compariranno nella prima raccolta poetica di Liza intitolata Skifskie Сerepki (Frammenti Sciti). Durante l’inverno i bambini venivano mandati a Pietroburgo da Elizaveta Jafimovič, prozia e madrina di Liza un tempo dama d’onore della granduchessa Elena Pavlovna. Nel suo lussuoso appartamento sulla prospettiva Litejnyj ebbe inizio un’amicizia infantile tra le più insolite: la piccola Liza strinse amicizia con l’anziano e potente procuratore generale del Santo Sinodo (la carica più alta della Chiesa ortodossa del tempo) Konstantin Petrovič Pobedonoscev. Madre Maria ricordava perfettamente il loro primo incontro:

Elizaveta Pilenko. 1903.

Konstantin Petrovic Pobedonoscev. Inizio del 1900.

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Elizaveta Pilenko (prima in basso a sinistra) insieme a parenti e amici. La prima in alto a destra è la madre, Sofia Borisovna Pilenko. Anapa. 1904.

«dovevo avere circa cinque anni quando mi vide per la prima volta a casa della zia. Ero seduta in sala e quando apparve lessi con sentimento alcuni versi […]. Pobedonoscev iniziò a farmi delle domande. All’inizio mi vergognavo un po’, ma percepii in fretta che si interessava seriamente al mio mondo e la conversazione si fece del tutto disinvolta». Madre Maria scrisse le pagine di memorie su Pobedonoscev, che intitolò Un mio amico d’infanzia, nel 1925, quando era già emigrata. A quel tempo si era accorta di avere vedute radicalmente diverse da quelle del procuratore generale: il carattere rivoluzionario della sua giovinezza era già estremamente lontano dal modo di vedere le cose dell’uomo che era ritenuto l’ideologo della reazione antirivoluzionaria, ma anche il suo ritorno alla fede, con quel suo cristianesimo «infuocato», non fece che allontanarla da lui – il custode dell’ortodossia – ancora di più. E tuttavia fu proprio Pobedonoscev a formulare quello che poi sarebbe diventato il tema principale dell’impegno cristiano di madre Maria, tema che lei avrebbe scoperto solo ben più avanti. Diventata adolescente e ribelle Liza si invaghì per la rivoluzione, ma per molto tempo non riuscì ad andare fino in fondo alla sua passione proprio a causa della fedeltà all’amicizia con Pobedonoscev. Alla fine, però, la ribellione ebbe comunque la meglio e lei gli pose la “domanda di Pilato”: «Konstantin Petrovič, che cos’è la verità?». «Mia gentile amica Lisan’ka, la verità è nell’amore, chiaramente. Ma molti pensano che la verità sia nell’amare da lontano. Amare da lontano non è amore. Se ognuno amasse il suo prossimo, il suo prossimo vero, quello che si trova realmente vicino a lui, allora l’amore a chi è lontano non sarebbe necessario […] le opere vere sono quelle a noi prossime; sono piccole; impercettibili». A quel tempo Liza decise che il suo amico non aveva passato l’esame e al loro ultimo incontro seguì la rottura. Ma quelle parole si erano sedimentate nel suo cuore e diedero frutto a tempo debito.

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