Per una bio-geografia di Tommaso Landolfi

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Per una bio-geografia di

Tommaso Landolfi

Luoghi, incontri, occasioni del vissuto e della scrittura

quaderni aldo palazzeschi
Laura Bardelli
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centro di studi «aldo palazzeschi» Università degli Studi di Firenze Dipartimento di Lettere e Filosofia quaderni aldo palazzeschi nuova serie 44

La collana ospita ricerche di area italianistica compiute da allievi dell’Ateneo fiorentino, giudicate meritevoli di pubblicazione dal Consiglio Direttivo del Centro di Studi «Aldo Palazzeschi».

L’Università di Firenze intende in questo modo onorare la memoria e la patria sollecitudine di Aldo Palazzeschi, che l’ha costituita erede del suo patrimonio ed esecutrice della sua volontà.

Per una bio-geografia di Tommaso Landolfi

Luoghi, incontri, occasioni del vissuto e della scrittura

Editr ice F iorent ina Soc ietà

Il volume beneficia di un contributo a carico dei fondi del Dipartimento di Lettere e Filosofia, Centro di Studi «Aldo Palazzeschi», Università degli Studi di Firenze

© 2023 Società Editrice Fiorentina via Aretina, 298 - 50136 Firenze tel. 055 5532924 info@sefeditrice.it www.sefeditrice.it

isbn: 978-88-6032-684-3

ebook isbn: 978-88-6032-706-2 issn: 1721-8543

Proprietà letteraria riservata Riproduzione, in qualsiasi forma, intera o parziale, vietata

In copertina Riflesso del Campanile di Giotto sul lastricato di Piazza del Duomo, a Firenze, in un giorno di pioggia (foto di Laura e Tommaso Bardelli, dicembre 2020)

indice Introduzione 9 Abbreviazioni e sigle 17 Ringraziamenti 19 i. in principio era pico Farnese 21 1. Il «senso della lustra» 21 2. Appennino stregato 26 3. Planimetrie familiari 41 4. Sul fronte di guerra: Racconto d’autunno 57 5. Improvvidi restauri e condomìni infestati 71 6. L’ultima dimora 79 7. Hortus conclusus 89 ii. Firenze, la «città unica» (1928-1951) 99 1. Tra San Marco e il Duomo 99 2. Non solo Giubbe Rosse 126 3. Lettere a Vittorini 158 4. Nel carcere delle Murate 166 5. La cerchia degli artisti 171 6. Ultimi anni fiorentini e divagazioni toscane 189 iii. roma e dintorni 201 1. Una «città senza conforti» 201 2. Randagio per le scuole della capitale 207 3. Un soggiorno a Trieste 216 4. Collaborazioni, incontri, amicizie (1930-1940) 225 5. Fra teatro, cinema e piccolo schermo 231 6. Cancroregina e la breve avventura di «Botteghe oscure» 237
7. Gogol’ a Roma: recensore per «Il Mondo» (1953-1958) 250 8. «Cara Elsa, che bel libro che ha scritto…» 265 9. Continua il duello con Vallecchi 274 10. Il DNA dell’accidioso: Landolfo VI di Benevento 285 11. Vacanze non romane 297 iv. prove di vita Familiare in riviera (1957-1968) 305 1. Sanremo, Rien va 305 2. Rapallo 1960: «Risvolto bianco per volere dell’autore» 320 3. Geografia del tavolo verde 327 4. Il lungo viaggio nella madre Russia 353 5. In solitaria ad Arma di Taggia (1962-1968) 361 v. un cuore malato: la stagione della poesia (1968-1979) 385 1. Ritorno a Pico 385 2. Raccontare la malattia 402 3. Lettere dal silenzio 418 4. Oltre 425 Bibliografia essenziale 439 Indice dei nomi 449

«La vita cinica ed interessante di Landolfi | opposto ma vicino a un monaco birmano», canta Franco Battiato in Mesopotamia: correva l’anno 1989; l’album era, per l’appunto, Giubbe rosse. L’ammirazione del cantautore siciliano per lo scrittore di Pico, all’epoca morto da dieci anni, registra tangenze e divergenze, si intreccia al pensiero del filosofo e paroliere Manlio Sgalambro, converge infine verso la naturale erede e vestale del culto landolfiano, la figlia Idolina, che dei due artisti fu amica. Esoterismo, mistica orientale, gnosi, linguaggi arcani, ascesi, una lontananza incolmabile dalla religione tradizionale ed un razionalismo esacerbato, come si legge in Des mois: «Io mistico, io asceta, son giunto in questi ultimi tempi, ben più che a un disprezzo, a una perfetta indifferenza della religione; la ragione sembra soverchiarmi, né me ne do pensiero» (OP2, p. 717). Quindi, in omaggio al binomio oppositivo individuato da Battiato, la dissipazione sistematica, i sacrifici offerti al tavolo verde e alle voraci divinità della roulette, la spasmodica ricerca della parola o del silenzio, il cupio dissolvi nell’improbabile dimensione familiare, l’isolamento progressivo e sistematico di una vita vissuta nel cono d’ombra dei riflettori. Perché era pur sempre nato attore, Tommaso Landolfi, ed alle luci del palco non poteva rinunciare, quand’anche fosse per starci nella sua peculiare modalità “in negativo”, sottraendosi o sbattendo le palpebre, come nell’unica intervista televisiva, concessa in occasione del Premio Montefeltro, o in quella foto che lo ritrae, sul risvolto della Biere du pecheur1, con la mano a coprire il volto.

1 Si adotta in questo studio la forma del titolo in maiuscolo che compare in tutta la bibliografia landolfiana ed è attestata nel manoscritto, come si evince dalla Nota ai

introduzione

Osserva Carlo Bo, introducendo il primo volume delle Opere, che «forse un giorno uno studioso saprà raccontare la vita di Tommaso Landolfi, cosa che per chi l’ha conosciuto e frequentato a lungo appare impossibile»2. Ci aveva provato un anno prima, pur senza espliciti intenti biografici, un altro sodale della stagione fiorentina, Oreste Macrì, in quello che a tutt’oggi resta l’unico contributo monografico con intenti di organicità sull’autore3. Subito dopo il saggio di Macrì, gli studi landolfiani si arricchiscono di uno strumento indispensabile per avvicinarsi alla biografia dell’autore, ovvero la Cronologia premessa nel 1991 al primo dei due volumi delle Opere pubblicati da Rizzoli, prima della quale i dati sulla vita erano davvero assai scarsi e ampiamente inattendibili. Un altro fondamentale contributo in questo senso si è recentemente aggiunto al precedente: si tratta della bibliografia delle opere di e su Tommaso Landolfi, che ha visto la luce nel 2015 per l’editore Cadmo. Nel primo dei due volumi, la figlia e curatrice ricostruisce l’accidentata vicenda editoriale dell’autore, dal controverso rapporto con Vallecchi fino all’approdo postumo presso Adelphi, nelle oltre duecento pagine di un saggio intitolato A carte scoperte. Tommaso Landolfi e i suoi editori. Questo strumento, pur prezioso in quanto getta per la prima volta lo scandaglio negli scambi epistolari dell’autore, deve però essere maneggiato con una duplice avvertenza. Da una parte occorre sfrondarlo della componente affettiva che inevitabilmente coinvolge la studiosa in giudizi talvolta di parte; dall’altra bisogna tenere ben presente la natura frammentaria e incompleta dello studio stesso: tant’è che le carte cui si allude nel titolo del saggio restano, invece, parzialmente coperte.

Qui si intende offrire, più che una vera e propria biografia, uno studio di taglio bio-geografico, una sorta di mappa del vissuto, nella persuasione che il nesso fra vita, opere e luoghi “abitati” sia fonda-

testi in Opere I (p. 1014): si tratta, con buona probabilità, di una scelta grafica ispirata all'insegna parigina che avrebbe suggerito il titolo del diario.

2 «Non si tratta soltanto di difficoltà a reperire dati e situazioni – precisa il critico –Landolfi con il suo comportamento poneva un veto, non rispondendo a domande che gli dovevano parere indiscrete e soprattutto avvolgendo la sua immagine in un velo di segreti e di misteri» (Carlo Bo, La scommessa di Landolfi, OP1, p. vii).

3 Oreste Macrì, Tommaso Landolfi. Narratore poeta critico artefice della lingua, Firenze, Le Lettere, 1990.

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mentale per una più profonda comprensione della pagina e per la sua necessaria collocazione nel contesto ambientale. A questo scopo, la ricerca si fonda su tre punti fermi: i contributi appena citati, i documenti d’archivio che al momento risultano consultabili e, soprattutto, l’opera stessa dell’autore. Dal punto di vista archivistico, si è fatto principalmente riferimento alle missive inviate da Tommaso Landolfi a Enrico Vallecchi fra il 1938 e il 1963, conservate presso l’Archivio Alessandro Bonsanti: le risposte sono andate perdute nel 2003 nel corso dell’incendio del magazzino di Scandicci, presso Firenze. Nello stesso archivio è conservata inoltre una manciata di lettere dell’autore a vari corrispondenti, mentre il carteggio con Anna Proclemer (comprendente 97 fra lettere, telegrammi e biglietti che i due si scambiano fra il 1953 ed il 1967), non è al momento consultabile. Altri significativi scambi epistolari, parzialmente pubblicati da Idolina Landolfi, sono quelli con Leone Traverso e Angelo Maria Ripellino, relativi a questioni di traduzione dal tedesco e dal russo ma ricchi anche di spunti personali, preziosi per lo studio della prosa epistolare dell’autore. A questi documenti più o meno sostanziosi si aggiungono frammenti di corrispondenza con Aldo Camerino, Guido Petroni, Maria Luisa Spaziani e Silvio Guarnieri. Sono poi recentemente emerse dalle ricerche condotte da chi scrive, alcune missive inviate da Tommaso Landolfi a Carlo Bo fra il 1931 e il 1963. Per quanto riguarda le sparse lettere che sono state variamente pubblicate si segnalano, per consistenza e interesse ai fini di questa ricerca, quelle scambiate dall’autore con Elio Vittorini, Elsa Morante, Piero Bigongiari, Franca Barbara Frittelli, Beppe Bongi.

Un breve cenno merita l’ingarbugliata vicenda delle carte dell’Archivio Landolfi le quali, dopo un’annosa controversia legale, sono state divise dal Tribunale di Cassino fra gli eredi legittimi. Idolina Landolfi, scomparsa nel 2008, ha nominato erede della sua porzione Giovanni Maccari, che per volere di lei ha a sua volta affidato i documenti alla Biblioteca umanistica dell’Università di Siena. Landolfo Landolfi conserva la sua parte in un archivio privato, a Roma. Di tutto questo materiale, la Sovrintendenza Archivistica della Regione

Toscana, essendo per qualche tempo le carte transitate anche dall’Archivio di Stato di Firenze, ha a suo tempo fatto stilare un elenco notarile, facendo dichiarare l’intero fondo di interesse nazionale. Al momento il figlio non è disponibile a consentire la consultazione

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dell’archivio che, oltre alla totalità dei manoscritti delle opere dell’autore (compresa una copia della tesi di laurea su Anna Achmatova) e a 208 missive giovanili indirizzate al padre, conserva una raccolta di lettere inviate a Tommaso Landolfi da vari corrispondenti. Il materiale conservato a Siena, ancora in via di catalogazione, è giunto in archivio tra il 2010 ed il 2016: si tratta della vasta e variegata congerie di documenti messi insieme da Idolina Landolfi negli anni in cui è stata curatrice dell’opera paterna, promuovendo la nascita, nel 1996, del Centro Studi Landolfi. Di queste carte si è presa visione con il consenso dell’erede, Giovanni Maccari. Per i documenti conservati all’Archivio di Stato di Torino e al Centro Apice dell’Università di Milano (corrispondenza con Giulio Einaudi e Valentino Bompiani), nonché per le lettere a Ripellino, si rimanda alla trattazione fatta da Idolina Landolfi, nel primo volume della Bibliografia.

Per quanto riguarda infine l’ampio utilizzo della pagina dell’autore cui si fa qui ricorso, occorre ricordare come l’intero corpus landolfiano sia da considerarsi come un’ininterrotta riflessione autobiografica: un dato non soltanto evidente e da tempo riconosciuto dalla critica, ma anche più volte suggerito dallo stesso Landolfi e confermato dalla figlia, che in un pezzo apparso sul «Corriere della sera» il 2 novembre del 2004 parla, riferendosi alle intenzioni del padre, del «progetto di un’autobiografia per frammenti». Non a caso, a partire dagli anni Cinquanta e poi per tutti i Sessanta, l’autore si è rivolto alla scrittura diaristica, per poi affidare alle raccolte poetiche degli anni Settanta le riflessioni più intime, affiancate dalle prose scritte per il «Corriere della sera» sotto la rubrica Diario perpetuo. Il sostanziale autobiografismo della scrittura landolfiana consente di individuare alcune “funzioni” strettamente legate alla geografia ambientale, assunte nel presente studio come cardini sui quali agganciare un percorso che si presenta al tempo stesso erratico e claustrofobico. Di qui la necessità di appellarsi ai luoghi, sia per la loro solidità all’interno di un dato biografico che sembra talvolta smarrirsi fra leggenda, aneddotica e assenza, sia per il loro potere generativo e la virtù mitopoietica.

Il primo capitolo esplora il territorio appenninico di Pico Farnese, il paese natale, e la grande casa di famiglia: vera e propria dimora gentilizia di un’antica schiatta di ceppo comitale, questo potente archetipo percorre, con varianti, l’intera opera landolfiana, accompagnando la pagina dagli scritti giovanili fino alla morte. L’impatto

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delle devastazioni belliche, i lavori di ristrutturazione intrapresi nel dopoguerra, l’intimo legame fra casa e scrittura, impongono in questa prima sezione del lavoro una prospettiva dall’alto che, di necessità, si svincola in parte dal criterio cronologico cui invece ci si attiene in quelle successive.

Il secondo capitolo si aggrega intorno al polo di Firenze, dove lo scrittore giunge nel novembre del 1928, e si spinge fino al 1951, quando Landolfi lascia definitivamente la città. È il periodo per il quale si dispone della maggior parte di testimonianze e studi, data la tangenza con il movimento ermetico e più propriamente con la cerchia dei traduttori (Bo, Traverso, Macrì, Poggioli, Vittorini, Luzi), ma anche quello per il quale più vistoso si fa il rischio di cadere nell’aneddotica. Altri luoghi significativi della Toscana landolfiana sono Prato (frequenta per pochi mesi il collegio Cicognini), il Forte dei Marmi, le Alpi Apuane, alcune località dell’Argentario. Negli stessi anni intraprende viaggi a Londra sulla traccia di manoscritti puškiniani della British Library, Berlino, Bonn, Colonia, Parigi, meta abituale di soggiorni in compagnia del padre.

Nel terzo capitolo, dedicato alla poco amata capitale, il lettore è chiamato a compiere alcuni salti indietro e in avanti all’interno della biografia landolfiana. Come per Pico e a differenza di Firenze, per Roma è impossibile individuare estremi cronologici precisi in quanto lo scrittore graviterà sempre intorno alla città, prima al seguito del padre in varie stanze d’affitto (la madre muore prematuramente nel maggio del 1910, quando Tommaso ha meno i due anni), poi nel porto sicuro dell’appartamento della cugina, in viale Mazzini 120. E a Roma si muove anche come collaboratore per numerose riviste, negli stessi anni giovanili che lo vedono presente anche a Firenze, tanto che i due fili, fra Trenta e Quaranta, si intrecciano spesso assai strettamente. Alcune località del litorale laziale quali Gaeta, Formia, Terracina, meta delle vacanze estive della famiglia Landolfi, sono tenute ben distinte, nell’immaginario dell’autore, dall’esecrata area della capitale e dei suoi suburbi.

Approdato in età matura al matrimonio con una donna di molti anni più giovane, alla metà degli anni Cinquanta lo scrittore intraprende un’avventura domestica che ben presto lo vede stabilirsi con la famiglia in Riviera: questo il polo aggregante del quarto capitolo, che prende in esame gli anni tra il 1957 e il 1971. Il pretesto per il tra-

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sferimento è il clima più mite per i polmoni minati dal fumo, la ragione vera la vicinanza al Casinò: nel maggio del 1958 nasce la primogenita Maria, detta Idolina; nel dicembre del 1961 è la volta del secondogenito, Landolfo. Presto, questa dimensione familiare gli risulta intollerabile, e lo scrittore si guadagna spazi di autonomia ad Arma di Taggia, mentre la moglie e i figli vivono ora a Sanremo, ora a Roma, nel solito appartamento di viale Mazzini. È la stagione dei diari, dei premi vinti e quasi mai ritirati, della necessaria ripresa delle odiate traduzioni dal russo, del demone giornaliero e impiegatizio del gioco, di un feroce ritiro dalla scena letteraria annunciato dal «risvolto bianco per volere dell’autore» sulle bandelle delle copertine vallecchiane: intorno imperversano il boom economico e la speculazione edilizia.

Il quinto capitolo si svincola in parte dalla dimensione strettamente geografica per focalizzarsi sull’ultima fase della biografia di Landolfi, fra il 1972 e il 1979. Sono anni scanditi da un progressivo aggravarsi delle condizioni di salute e da ripetuti attacchi cardiopolmonari, il primo dei quali si verifica proprio a Pico nel giorno di Natale del 1971. La registrazione di questi momenti è affidata da una parte alle già rammentate prose di Diario perpetuo, dall’altra alla scrittura in versi, che peraltro Landolfi ha praticato fin dall’adolescenza. La tanto invocata morte lo tradisce nel maggio del 1975, quando riemerge da un coma di cinquanta giorni, quindi lo coglie solo, nell’ospedale di Ronciglione presso Viterbo, l’8 luglio del 1979. Del serbatoio di spunti critici ed operativi offerti dagli studi di geografia letteraria, che da noi ha avuto il suo pioniere nel Dionisotti di Geografia e storia della letteratura italiana ma da allora non molti seguaci, si è tenuto via via conto nella misura in cui potevano rivelarsi utili alla definizione della cartografia che qui si intende tracciare. Il presente lavoro ha, in questo senso, la duplice ambizione di poter essere di una qualche utilità per il proseguimento degli studi landolfiani e, più in generale, di riportare l’attenzione sui contributi di natura biografica e ambientale, troppo spesso trascurati dalla ricerca umanistica4. Della stretta interdipendenza fra ambiente, vita e

4 Lo ha recentemente sottolineato Gino Tellini: «Qui siamo lontani dal suggerire di trascurare le opere per studiare le vite degli autori. Si vuole invece affermare che l’esplorazione biografica, purché accortamente orientata, può risultare utile per ap-

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scrittura, è emblematico il successo, presso un pubblico più vasto di quello costituito dagli addetti ai lavori, della documentazione sulle case degli autori e delle autrici5. Nel caso dello scrittore di Pico, dove si ritorna per chiudere il cerchio, l’esplorazione della dimora di famiglia, archetipo su cui si fonda l’intero corpus, deve ancora mantenersi nei confini della pagina scritta o, al massimo, fermarsi sulla soglia, visto che il grande portone verde resta per il momento serrato. Il che, oltre ad aumentare se possibile il fascino di casa Landolfi, non impedisce di formulare un seppur remoto auspicio che si possano verificare, in futuro, le condizioni per restaurare e mettere a disposizione di studiosi e appassionati, insieme con le carte dello scrittore, anche quelle segrete mura.

profondire la personalità di uno scrittore e per meglio soppesare il significato dei suoi testi» (Gino Tellini, Le biografie degli autori, nel volume collettivo Didattica della letteratura italiana. Riflessioni e proposte applicative, a cura di Gino Ruozzi e Gino Tellini, Firenze, Le Monnier Università, 2020, p. 73). Il richiamo dello studioso, per di più inserito all’interno di un volume interamente dedicato a riflessioni sulla didattica della letteratura, suona ancora più forte se per l’appunto si pensa alla fascinazione che la vita degli autori esercita sull’immaginario di studentesse e studenti, potente magnete ed alleato per catturarne il non mai scontato interesse.

5 Valgano, a mero titolo di esempio, i saggi di Mauro Novelli (La finestra di Leopardi. Viaggio nelle case dei grandi scrittori italiani, Milano, Feltrinelli, 2018) e, per tentare almeno un bilanciamento sul versante femminile (visto che dei ventiquattro capitoli di Novelli solo due sono dedicati alle scrittrici), Sandra Petrignani (La scrittrice abita qui, Vicenza, Neri Pozza, 2002), che più recentemente si è anche cimentata in un fortunato profilo di Natalia Ginzburg (La corsara. Ritratto di Natalia Ginzburg, ivi, 2018).

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abbreviazioni e sigle

Per i testi pubblicati fra il 1937 ed il 1971 si è fatto riferimento ai due volumi Rizzoli, da cui si cita utilizzando le seguenti sigle:

OP1 = Opere, i (1937-1959), a cura di Idolina Landolfi, Milano, Rizzoli, 1991(con prefazione di Carlo Bo, Cronologia e Nota ai testi della curatrice. Il volume contiene: Dialogo dei massimi sistemi, La pietra lunare, Il mar delle blatte e altre storie, La spada, Il principe infelice, Le due zittelle, Racconto d’autunno, Cancroregina, La biere du pecheur, Ombre, La raganella d’oro, Ottavio di SaintVincent, Landolfo VI di Benevento).

OP2 = Opere, ii (1960-1971), a cura di Idolina Landolfi, Milano, Rizzoli, 1992 (Nota introduttiva e Nota ai testi della curatrice. Il volume contiene: Se non la realtà, In società, Rien va, Scene dalla vita di Cagliostro, Tre racconti, Un amore del nostro tempo, Racconti impossibili, Des mois, Un paniere di chiocciole, Faust 67, Breve canzoniere, Colloqui, Filastrocche).

Per gli altri testi, comprese le raccolte postume, si cita sempre dalla più recente edizione Adelphi. Relativamente ai contributi di studio di Idolina Landolfi, si sono usate le seguenti abbreviazioni:

Cronologia = Idolina LandolFi, Cronologia, in OP1.

Bibliografia i = Ead., «Il piccolo vascello solca i mari». Bibliografia degli scritti di e su Tommaso Landolfi, vol. i, Firenze Cadmo, 2015.

Bibliografia ii = Ead., «Il piccolo vascello solca i mari». Bibliografia degli scritti di e su Tommaso Landolfi, vol. ii, Firenze Cadmo, 2015.

Elenco dei fondi archivistici che sono stati consultati:

Archivio Contemporaneo «Alessandro Bonsanti», Gabinetto ScientiFico-Letterario G.P. Vieusseux, Firenze

Fondo Giacomo Antonini: 1 lettera (1938)

Fondo Carlo Betocchi: 2 lettere (1962 e 1968)

Fondo Emilio Cecchi: 1 lettera (1940)

Fondo Giovanni Colacicchi: 1 lettera (1942)

Fondo Giacomo Debenedetti: 3 lettere (1937 e 1959)

Fondo Carlo Emilio Gadda: (1 lettera del 1941)

Fondo Piero Pancrazi: 1 lettera (1937)

Fondo Nino Tirinnanzi: 1 lettera (1948)

Fondo Enrico Vallecchi: 205 lettere (1938-1962)

Fondazione Carlo e Marise Bo, Università di Urbino

Fondo Carlo Bo: 21 lettere (1938-1963)

Fondo Leone Traverso: 33 lettere (1931-1963)

Archivio del xx secolo – Università di Roma «La Sapienza»

Fondo Falqui: 1 lettera (1961)

Centro Manoscritti di Autori Moderni e Contemporanei –Università di Pavia

Fondo Camerino: 1 Lettera (1963), 1 biglietto da Pico (1962)

Fondo Guarnieri: 7 cartoline postali e 2 lettere (1936-1938)

Fondo Petroni: 1 cartolina illustrata (1943)

Fondo Spaziani M.L.: 1 biglietto (1968)

Biblioteca umanistica – Università di Siena

Fondo Tommaso e Idolina Landolfi: inventario in corso

Fondo Alessandro Parronchi: 3 lettere (1955)

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ringraziamenti

Quando si arriva alla conclusione di un percorso di studio più che triennale, le persone da ringraziare sono così tante e varie che il rischio, oltre quello della lungaggine, è di dimenticarne qualcuna. Correrò entrambi i pericoli, e darò inizio a questa lista di necessità incompleta con il nome del mio maestro, il professor Gino Tellini, che anni fa mi propose l’idea di uno studio di taglio biografico su Landolfi. Non sarebbe stato possibile consultare le carte lasciate dalla figlia dello scrittore senza il consenso e la cortesia di Giovanni Maccari, o la disponibilità di Luca Lenzini ed Elisabetta Nencini, della Biblioteca umanistica dell’Università di Siena. E parlando di documenti, un doveroso ringraziamento va anche a tutto il personale degli archivi che ho consultato nel corso dei miei studi. Per la ricostruzione del periodo sanremese desidero ringraziare la dottoressa Letizia Lodi, storica dell’arte e figlia di Filiberto Lodi, che ha condiviso con me alcuni suoi ricordi; e Lamberto Garzia, il quale mi ha guidato in un lungo percorso per le vie di Arma di Taggia. Infine, sono grata al mio tutor, il professor Simone Magherini, per la sua presenza costante e discreta nonché per avermi dato la possibilità di affiancarlo nell’attività didattica, mio principale campo di interesse.

Ai mei tre gatti, Dante, Virgilio e l’indimenticabile Beatrice, spetta però il pensiero più sentito: senza le loro zampette intente a buttare all’aria libri e appunti o le lunghe ore di ronfate pomeridiane che hanno accompagnato il ticchettio dei tasti, questa ricerca non sarebbe stata la stessa.

quaderni aldo palazzeschi

1. Roberto Leporatti, Per dar luogo a la notte. Sull’elaborazione del «Giorno» del Parini, 1990.

2. Guido Gozzano, Albo dell’officina, a cura di Nicoletta Fabio e Patrizia Menichi, 1991.

3. Laura Melosi, Anima e scrittura. Prospettive culturali per Federigo Tozzi, 1991.

4. Cinzia Giorgetti, Ritratto di Isabella. Studi e documenti su Isabella Teotochi Albrizzi, 1992.

5. Simone Casini, Carlo Emilio Gadda e i re di Francia. Retroscena di un testo radiofonico, 1993.

6. Irene Gambacorti, Verga a Firenze. Nel laboratorio della «Storia di una capinera», 1994.

7. Riccardo Tesi, Dal greco all’italiano. Studi sugli europeismi lessicali d’origine greca dal Rinascimento ad oggi, 1994.

8. Nicoletta Fabio, L’«entusiasmo della ragione». Studio sulle «Operette morali», 1995.

9. Francesca Serra, Calvino e il pulviscolo di Palomar, 1996.

10. Elena Parrini, La narrazione della storia nei «Promessi Sposi», 1996.

11. Edi Liccioli, La scena della parola. Teatro e poesia in Pier Paolo Pasolini, 1997.

12. Simone Giusti, Sulla formazione dei «Trucioli» di Camillo Sbarbaro, 1997.

13. Benedetta Montagni, Angelo consolatore e ammazzapazienti. La figura del medico nella letteratura italiana dell’Ottocento, 1999.

14. Il rabdomante consapevole. Ricerche su Tozzi, a cura di Marco Marchi, 2000.

15. Laura Diafani, La «stanza silenziosa». Studio sull’epistolario di Leopardi, 2000.

16. Alessio Martini, Storia di un libro. «Scoperte e massacri» di Ardengo Soffici, 2000.

17. Fornaretto Vieri, Intorno alle «Fiale». Incunaboli del protonovecento govoniano, 2001.

18. Costanza Geddes da Filicaia, La biblioteca di Federigo Tozzi, 2001.

nuova serie

1. Stefano Cipriani, Il “libro” della prosa di Vittorio Sereni, 2002.

2. Riccardo Donati, L’invito e il divieto. Piero Bigongiari e l’ermeneutica d’arte, 2002.

3. Irene Gambacorti, Storie di cinema e letteratura. Verga, Gozzano, D’Annunzio, 2003.

4. Pietro Bembo, Stanze, edizione critica a cura di Alessandro Gnocchi, 2003.

5. Paolo Maccari, Spalle al muro. La poesia di Bartolo Cattafi, con un’appendice di testi inediti, 2003.

6. Francesca Mecatti, La cognizione dell’umano. Saggio sui «Pensieri» di Giacomo Leopardi, 2003.

7. Lucia Denarosi, L’Accademia degli Innominati di Parma: teorie letterarie e progetti di scrittura (1574-1608), 2003.

8. Nicola Turi, L’identità negata. Il secondo Calvino e l’utopia del tempo fermo, 2003.

9. Nada Fantoni, «La Voce della Ragione» di Monaldo Leopardi (1832-1835), 2004.

10. Antonella Ortolani, La parola disarmonica. Lorenzo Viani tra realismo grottesco e deformazione espressionista, 2004.

11. Silvia Chessa, Il profumo del sacro nel «Canzoniere» di Petrarca, 2005.

12. Monica Farnetti, Il manoscritto ritrovato. Storia letteraria di una finzione, 2006.

13. Francesca Mecatti, Aforisti italiani del Settecento. Pensieri al crocevia della modernità, 2006.

14. Chiara Biagioli, L’«opera d’inchiostro». Storia editoriale della narrativa di Guerrazzi (1827-1899), 2006.

15. Rodolfo Sacchettini, L’oscuro rovescio. Previsione e pre-visione della morte nella narrativa di Tommaso Landolfi, 2006.

16. Emilia Toscanelli Peruzzi, Diario (16 maggio 1854 - 1 novembre 1858), a cura di Elisabetta Benucci, 2007.

17. Benedetto Croce - Guido Mazzoni, Carteggio 1893-1942, a cura di Michele Monserrati, 2007.

18. Nicola Turi, Testo delle mie brame. Il metaromanzo italiano del secondo Novecento (1957-1979), 2007.

19. Fabio Bertini, «Havere a la giustitia sodisfatto». Tragedie giudiziarie di Giovan Battista Giraldi Cinzio nel ventennio conciliare, 2008.

20. Luca Degl’Innocenti, I «Reali» dell’Altissimo. Un ciclo di cantari fra oralità e scrittura, 2008.

21. Marica Romolini, La «memoria velata» di Alfonso Gatto. Temi e strutture in «Morto ai paesi», 2009.

22. Alessio Decaria, Luigi Pulci e Francesco di Matteo Castellani. Novità e testi inediti da uno zibaldone magliabechiano, 2009.

23. Alessandro Camiciottoli, L’Antico romantico. Leopardi e il «sistema del bello» (1816-1832), 2010.

24. Fabio Bertini, «Hor con la legge in man giudicheranno». Moventi giuridici nella drammaturgia tragica del Cinquecento italiano, 2010.

25. Mimmo Cangiano, L’Uno e il molteplice nel giovane Palazzeschi (1905-1915), 2011.

26. Tommaso Tarani, Il velo e la morte. Saggio su Leopardi, 2011.

27. Leonardo Manigrasso, «Una lingua viva oltre la morte». La poesia “inattuale” di Alessandro Parronchi, 2011.

28. Federico Fastelli, Dall’avanguardia all’eresia. L’opera poetica di Elio Pagliarani, 2011.

29. Carlo Betocchi - Giuseppe Ungaretti, Lettere 1946-1970, a cura di Eleonora Lima, 2012.

30. Iacopo Soldani, Satire, a cura di Silvia Dardi, introduzione di Danilo Romei, 2012.

31. Luigi Pulci, Sonetti extravaganti, edizione critica a cura di Alessio Decaria, 2013.

32. Oleksandra Rekut-Liberatore, Finzione e alterità dell’io: presenze nella scrittura femminile tra XX e XXI secolo, 2013.

33. Benvenuto Cellini, Rime, edizione critica e commento a cura di Diletta Gamberini, 2014.

34. Lorenzo Peri, Là dove non esiste paura. Percorsi e forme del “pensare in musica” nella poesia di Giorgio Caproni, 2014.

35. Aulo Persio Flacco, Satire, traduzione di Vincenzo Monti, edizione critica a cura di Joël F. Vaucher-de-la-Croix, 2015.

36. Laura Diafani, Carlo Bini. Una poetica dell’umorismo, 2015.

37. Angela Giuntini, Per una biografia intellettuale di Carlo Dionisotti. Regesto di carteggi, 2015.

38. Antonio Vinciguerra, Purismo e antipurismo a Napoli nell’Ottocento, 2015.

39. Elisa Martini, Un romanzo di crisi: il «Mambriano» del Cieco da Ferrara, 2016.

40. Francesca Castellano, Il sangue, l’inchiostro. Storia di Carlo Dossi, 2016.

41. Martina Romanelli, «Ancor che tristo ha suoi diletti il vero». Una lettura di «Zibaldone» 2999, 2018.

42. Gianna Manzini, «La voce non mi basta». Lettere a Giuseppe De Robertis e a Emilio e Leonetta Cecchi, a cura di Alberto Baldi, 2019.

43. Francesca Cialdini, Tra norma e descrizione: gli «Avvertimenti» di Salviati nella tradizione grammaticale italiana (secoli XVI-XIX), 2020.

44. Laura Bardelli, Per una bio-geografia di Tommaso Landolfi. Luoghi, incontri, occasioni del vissuto e della scrittura, 2023.

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