2018 il quadernone della via Clericetti
il Quadernone 2018 della via Clericetti
Sommario 4
Editoriale - A proposito dei nuovi mezzi di comunicazione di Adriana Ciarchi
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Cari genitori rassegnatevi: fino ai 7 anni niente tecnologia di Laura Gnocchi
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Computer, tablet e cellulare possono aiutare a educare? di Giorgio Capellani
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E i ragazzi cosa pensano? Lo abbiamo chiesto agli allievi di XII
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Ma l'alternativa è a portata di mano di Adriana Todeschini, Alessandra Arduini, Maria Grazia Burrini, Silvana Rossello, Tiziana Zoncada
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Parola, respiro, gruppo... e i ragazzi vanno in scena di Elena Sivieri
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Seminario triennale di pedagogia presentazione a.s. 2018-2019
staff
Collegamenti e nodi del web, la tela del ragno, a livello mondiale
Redazione Adriana Ciarchi e la Commissione Culturale della scuola
Grafica Francisca Rivera
Copertina Patrizia Curcetti
Hanno collaborato Laura Gnocchi, Giorgio Capellani, Adriana Todeschini, Alessandra Arduini, Maria Grazia Burrini, Silvana Rossello, Tiziana Zoncada, Elena Sivieri
Revisione bozze Silvia Ferrari
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Stampa e confezione Arti Grafiche Bianca & Volta Truccazzano (MI)
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A proposito dei nuovi mezzi di comunicazione Editoriale di Adriana Ciarchi
“T
utto cominciò con una rete di fili ben visibili che correvano lungo le pareti di casa, fornendoci dapprima l’illuminazione, poi il telefono, la radio, il televisore. I fili aumentavano, ma fatto strano andavano scomparendo e non solo per motivi di sicurezza, entro i muri; i fili stessi divennero invisibili, mentre andavano tessendo una ragnatela sempre più fitta intorno al nostro mondo. Osservare il cielo stellato, parlare con le stelle o ascoltarle divenne sempre più difficile. La rete andava oscurando la capacità di fare, di sentire di pensare degli uomini. Solo alcuni di essi ricordavano la bellezza, la bontà, i suoni ed i profumi della natura e furono loro che, destandosi dal mondo illusorio nel quale erano immersi, iniziarono a porsi domande e l’eco dei loro quesiti diede forma a fiori multicolori fatti di gioia ed entusiasmo, profumati di vita e d’interesse. E i loro figli poterono crescere non come spettatori, ma come interpreti di un’esperienza, di tante esperienze, intessendo la sottile struttura del pensiero nell’interiorità dell’anima, creando la possibilità di vivere pienamente la vita individuale e sociale e la rete poté divenire visibile, illuminata dai raggi del Sole interiore di ciascun Uomo”.
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MACCHINE INTELLIGENTI E PERSONE STUPIDE Siamo nel terzo millennio e ancora una volta la storia dell’umanità sta disegnando uno scenario che ha effetti profondi sul contenuto delle conoscenze, sul modo in cui sono organizzate, sulla loro forma e l’ultimo effetto, il più profondo, è proprio sulla capacità pensante, sull’attività del pensiero di ogni uomo che non resta insensibile ai cambiamenti di contenuto tecnologico. La visione del mondo è sempre più materiale e immorale, va ingigantendosi il valore espositivo, ma viene ad essere intaccato il valore cultuale. Con lo svolgersi del processo di riproducibilità delle immagini di oggetti, di persone, oggi nulla conserva un’aura, nulla è più insostituibile e vitale, tutto si può imitare, riprodurre, falsificare, duplicare… La scienza ormai ci prova con gli organismi viventi e con l’uomo. La realtà della manipolazione avanza, il mondo virtuale si fa sempre più strada e in noi non sorge la domanda: “I nuovi mezzi di comunicazione di massa aspirano più o meno coscientemente a un livellamento culturale?” Il consumismo la fa da padrone a tutti i livelli e da anni ormai si parla di consumismo nozionistico: oggi, infatti, possiamo sapere moltissime cose,
basta digitare e Internet risponde, ma il mondo delle tecnologie non ci fa realmente conoscere di più, ci fa sapere superficialmente, crea una dipendenza che soddisfa il bisogno immediato e contemporaneamente svuota l’anima e diventiamo sempre più incapaci di sviluppare un pensiero critico e non intendo la critica da quattro soldi che sappiamo elargire a destra e a manca sulle persone che ci sono vicine. Per pensiero critico intendo quella capacità di riflettere, elaborare, meditare che è prerogativa dell’iniziativa, dell’autonomia, della libertà creativa che appartiene all’uomo e solo all’uomo inteso come individualità unica, irripetibile. Questo pensiero critico è ciò a cui miriamo nella scuola Waldorf, coltivando il suo germe fin dal giardino d’infanzia, curando la sua piantina che cresce nel corso di tredici anni scolastici. Questa pianta è attaccata da esseri invisibili che in molteplici modi tentano di annientarla. Rudolf Steiner, nell’ormai lontano 1920 indicò la passività spirituale, la comodità e la superficialità come caratteristiche principali dell’attuale civiltà. Oggi tutti noi soffriamo in misura più o meno forte di “schiavitù” a causa di una volontà debole e le nuove generazioni sono sempre più colpite da paralisi volitiva
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CARI GENITORI RASSEGNATEVI: FINO AI 7 ANNI NIENTE TECNOLOGIA È una rivoluzione inarrestabile. E allora come affrontarla? Una mamma lo ha chiesto al dottor Roberto Meda, medico antroposofo. La risposta? Non concentriamoci sul sì o il no, ma sul come e il quando Laura Gnocchi, mamma della scuola, intervista il dott. Roberto Meda, medico antroposofo
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o sono una mamma della Steiner. E come tutte le mamme ho un fantasma che mi insegue da quando mio figlio ha messo piede per la prima volta in questa scuola: la tecnologia. Lo so, lo so: niente tv, niente tablet, niente film, cellulari, videogiochi, social, eccetera eccetera. Già, sembra facile. Anzi, non è mai sembrato facile. Ma mentre i figli crescono e le mamme imbiancano diventa sempre più difficile. Ci sarà anche chi riesce a condurre una vita integerrima. Si favoleggia tra noi, come di leggende viventi, di famiglie in cui non è mai entrata una tv. Non si è mai sentito di qualcuno che non ha neppure il cellulare, ma certamente esisterà.
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Si omette o si mente sui vizi privati per dare un’immagine di pubblica virtù: Chi? Mio figlio? Mai visto neppure Biancaneve, figuriamoci se è mai andato su Internet… Ma la realtà è che ognuno di noi, pardon, molti di noi, perché le leggende viventi esistono, si chiede come fare a navigare nell’onda di una rivoluzione che, mannaggia, proprio nel momento in cui siamo genitori di bimbi piccoli doveva capitare. Se può consolare, il genitore in ansia non è solo: mezzo mondo si sta chiedendo se la Rete è il più fantastico strumento di democrazia e conoscenza che mai l’uomo abbia prodotto, e l’altro mezzo mondo intanto ci vende merce, ci ruba privacy, cambia il nome alle cose che ci sembravano saldamente acquisite. Ha senso chiamare “amicizia” un clic su internet dato al conoscente del conoscente perché pare brutto dire di no? Ma non divaghiamo. Così, per cercare di capirci qualcosa, ho incontrato il dottor Roberto Meda, medico antroposofo. Gli ho posto alcune domande al limite della sfrontatezza, sperando di poter alla fine tirar fuori se non un decalogo, almeno un pentalogo di regole, un “how to do” di quelli che vedi sui manuali. Insomma, come perdere 10 chili di tecnologia in 10 giorni…
è che la risposta va respirata, ma non divaghiamo di nuovo. Partiamo da un assunto, dottor Meda: La rivoluzione tecnologica è inarrestabile? «Ma certo che lo è. Non si torna più indietro». E allora? «Il problema non è sì o no alla tecnologia, ma quando e come la tecnologia. Se il bambino ripercorre dal concepimento fino a una certa età tutte le tappe dell’evoluzione dell’uomo, dobbiamo concedergli questo tempo prima di immergerlo totalmente nella realtà. Quindi se lei mi chiede cosa fare con tutti questi strumenti tecnologici, la mia risposta è di aspettare il più possibile per farli diventare accessibili a un bambino. Almeno fino alla Quinta e meglio sarebbe fino all’Ottava. È il tempo della formazione. E nel tempo della formazione, meno informazioni si hanno meglio è. Perché le informazioni che arrivano sono troppe, troppo veloci e troppo poco controllate».
Vi dico subito che non avrete nessun decalogo. Come spesso succede con il metodo Steiner applicato alla vita di tutti i giorni, la risposta va intuita, ci vuole un po’ di fede e di estro artistico. Il termine che mi pare più appropriato
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È un’illusione pensare che possiamo essere noi genitori a controllarle e filtrale? «Sì è un’illusione. Come l’alibi di guardare la tv con i propri figli… C’è chi dice che serve solo a catturare due consumatori al posto di uno e non è un’affermazione del tutto sbagliata…» Ma in fondo tutte le rivoluzioni portano con sé un’alienazione: quella industriale ha sradicato intere popolazioni, quella consumistica iniziata negli anni Ottanta ha cambiato totalmente la scala dei valori di riferimento, dal noi all’io. Questa rivoluzione non fa eccezione. «È vero. Per questo bisognerebbe fare una controrivoluzione che chiama in causa ciascuno di noi. Perché rispetto a questa realtà ognuno di noi è responsabile. Se usiamo la tecnologia come strumento di lavoro va bene, quando la usiamo per comunicare va già meno bene, se la usiamo per il tempo libero commettiamo un grave errore. La rivoluzione che ogni individuo può fare, non contro ma per pareggiare questa onda d’urto, è chiedersi cosa facciamo del nostro tempo libero, ad esempio, quando siamo insieme ai nostri figli». Ma se si educa con l’esempio, i nostri figli ci vedono con cellulari, tablet e affini. «E infatti il mio consiglio è quello di fare noi il primo passo, di educare con la testimonianza. Quando si arriva a casa il cellulare andrebbe spento. Non siamo tutti presidenti della Repubblica, possiamo farlo. Se proprio non ci si riesce, andrebbero silenziate tutte le suonerie e soprattutto bisognerebbe uscire dai gruppi Whatsapp dove tutti diciamo qualcosa, ma nessuno ascolta veramente quello che diciamo, e questo vale per tutti i social: parole al vento che nessuno ascolta più». Magari si potrebbe usare solo per le comunicazioni “di servizio” tipo: riunione di classe tal giorno alla tale ora, dando per scontati i rin-
graziamenti e senza voler esprimere emozioni e sfumature che il mezzo non consente con faccine di ogni genere… «È l’adulto, il genitore che deve essere il primo fruitore consapevole della Rete: non è un problema di intelligenza, ma di volontà. Devo avere un’intenzione quando vado in Rete e alla fine del percorso, il risultato deve corrispondere all’intenzione che ho posto all’inizio. Bisogna avere la forza di non farsi deviare, sennò avrà vinto il più grande strumento di distrazione che esista. Devo sorvegliare le mie percezioni, i miei pensieri, i gesti che faccio tutte le volte che uso un’interfaccia digitale. Ci vuole molta forza per dominare ciò che questo strumento ci permette di fare». Ma lei non è disposto a concedere alla Rete nessun benefico del dubbio? In fondo è un potente strumento di conoscenza e, a certe condizioni, di democrazia. «Diventa democratico se so usarlo in maniera consapevole. Se lo uso per lavoro (magari perché non conosco un farmaco) è un ottimo strumento. Il problema è il tempo libero, quello in cui io posso essere creativo e per farlo non devo avere bisogno di un input esterno. Come genitori spesso non siamo in grado di accettare il silenzio, il nulla, la solitudine, condizione fondamentale perché si possa essere spazio di ascolto per gli altri, in primis per i figli. L’ascolto richiede silenzio, perché è nel silenzio e nell’ascolto che posso esprimere la mia creatività». E nel tempo libero dei ragazzi si apre la voragine dei social. «I social si portano dietro l’idea che si faccia parte di una comunità. Non è così. Non si è amici su Facebook: il nome amico viene spogliato del suo significato. E se un bambino entra presto in questa realtà, si farà un’idea sbagliata del concetto e del senso associato a quel nome. Bisogna anche non illudersi che limitare il tempo d’uso (solo mezz’ora davanti
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alla tv) risolva il problema. Per il bambino non c’è un prima e un dopo, il tempo è sempre, il tempo è esistere; l’esistere e il sempre coincidono con il presente. Perciò le immagini, le informazioni che entrano nel bambino si imprimeranno profondamente in lui, per sempre». Una specie di cloud umano? «Tutto quello che entra nell’uomo e sopravanza la sua capacità di portare a coscienza immagini e contenuti, tutto quello che non diventa memoria, rimane nell’incoscienza, negli organi, nel movimento, nell’ideazione. Tutto quello che entra per la via dei sensi e sfugge, elude, o inganna la coscienza, rimane come un corpo estraneo, una forza estranea una specie di volontà estranea in noi, una forza che sfugge al nostro controllo». Un elenco che spaventa. Quindi resta solo una scelta radicale di rifiuto di questi mezzi? «No, il genitore deve sapere che succede questo e può controbilanciare con più calore, più presenza, più silenzio, più attesa. Devo essere genitore alla miliardesima potenza, perché
miliardi sono gli input che arrivano a un bambino». Detto così però, getta un genitore normale nello sconforto totale… «Bene. Lo getta nella sua solitudine. Partiamo da lì. Nessuno ci dice cosa fare oggi…» Nessuno, mi permetta, ha mai detto a un genitore cosa fare... Si sbaglia e si fa bene in proprio. Però il mio patto con la scuola Steiner è: io educo i miei figli al mio meglio, poi te li do perché, possibilmente, me li riconsegni migliori di come te li ho dati. Quindi, perché non fare un’epoca di tecnologia? Invece di dirti solo che non devi usarla, ti spiego come potresti usarla al meglio. «Per i ragazzi più grandi si fa, per i bambini piccoli non è possibile». E per i genitori? «È un’idea che si potrebbe realizzare». Già magari aiuterebbe… Personalmente penso spesso a una frase della mitica maestra Pina: che problema c’è se vostro figlio si laurea a 25 anni invece che a 24? Così quando mi sfiora l’idea che il punto croce sia meno utile del coding (il linguaggio dei computer) penso: la forza gli arriverà dal nostro amore. E se sbaglio, sbaglio in proprio
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COMPUTER, TABLET E CELLULARE POSSONO AIUTARE A EDUCARE? La relazione tra apprendimento e tecnologie è un tema caldo della pedagogia. Ecco, settennio per settennio, come lo affronta la scuola Steiner di Giorgio Capellani
L
“Ciò che è veramente inquietante non è che il mondo si trasformi in un dominio completo della tecnica. Più inquietante è che l’uomo non sia preparato a questo radicale mutamento. Ed ancora più inquietante è che non siamo capaci di raggiungere, attraverso un pensiero meditativo, un adeguato confronto con ciò che sta realmente emergendo nella nostra epoca”. Martin Heidegger
a profonda riflessione di Martin Heidegger pone al centro della questione della tecnica la sua relazione con l’individuo senza la quale è impossibile avvicinarsi alla sua essenza. Potremmo affrontare questo stimolante argomento da varie angolature, ma visto che siamo sul quadernone della Scuola, penso che sia importante valutarlo dal punto di vista dell’apprendimento.
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Ho conosciuto le tecnologie grazie a più di trent’anni di vita lavorativa in questo settore, le utilizzo nella mia vita quotidiana e professionale, le osservo come genitore che ha vissuto l’ingresso dei propri figli in questo mondo e come maestro che osserva i propri alunni avventurarsi tra i molteplici stimoli e i rischi da essa offerti e le studio come fenomeno da un punto di vista scientifico, sociale e culturale. La relazione tra apprendimento e tecnologie è uno dei temi più dibattuti in campo pedagogico e spesso viene affrontata con pregiudizi e non in modo obiettivo. La scuola pubblica sta dedicando intense risorse a questo scenario, il PON (Programma Operativo Nazionale “Per la Scuola – competenze e ambienti per l'apprendimento”) ha stanziato tra il 2014 ed il 2020 circa 1.095 milioni di euro, dirottandoli anche da altri capitoli di spesa, per la digitalizzazione della Scuola (PNSD Piano Nazionale Scuola Digitale) per diversi progetti: dalla installazione di lavagne digitali (LIMS), connettività di rete, registri elettronici, aule didattiche, etc... Il recente decalogo digitale della Ministra Fedeli (BYOD bring your own device, letteralmente: porta il tuo dispositivo ovvero usa il tuo dispositivo digitale per connetterti alla rete scolastica o aziendale) prevede l’utilizzo dei telefoni cellulari degli allievi per attività didattiche in aula senza specifiche linee guida riguardanti l’età degli allievi; la posizione del Ministero dell’Educazione francese è opposta: niente cellulari in aula. Quando parliamo di apprendimento facciamo subito riferimento alle aule scolastiche ed al percorso ufficiale di
istruzione che accompagna l’individuo nel suo sviluppo. In realtà apprendere non si limita a ciò ma è un processo molto più vasto ed articolato che riguarda l’intera vita dell’individuo e tutte le esperienze da esso compiute. Il processo di apprendimento dura tutta la vita e questa è una specifica peculiarità dell’uomo e imparare ad imparare è una facoltà che dobbiamo sviluppare: “Il nostro obiettivo: elaborare una pedagogia che insegni ad apprendere, ad apprendere per tutta la vita dalla vita stessa”. Rudolf Steiner L’obiettivo finale sarà quindi quello di fornire all’individuo dentro e fuori dell’aula gli opportuni stimoli funzionali alla sua crescita ed alla sua evoluzione insegnandogli che “imparare” non vuol dire limitarsi ad apprendere specifiche competenze o essere addestrati a replicare processi mentali, ma significa sviluppare il proprio potenziale umano a tutto tondo: “Si può sperimentare come, in una didattica basata sull'elemento vivente, i ragazzi traggono le cose da loro stessi”. Rudolf Steiner Questo è alla base della pedagogia Waldorf ed è l’obiettivo a cui è rivolta tutta la nostra didattica, il nostro dedicarci ai bambini ed ai ragazzi. La famosa frase di Plutarco ripresa da Montaigne e da W.B. Yeats “Educare non è riempire un secchio, ma accendere un fuoco” ben rappresenta una sintesi ideale a cui ispirarsi e nella nostra vita dovremmo sempre aver cura di alimentare quel fuoco. Riguardo alle modalità con cui apprendiamo, il grande pedagogo Pestalozzi affermava: “Solo ciò che colpisce l’uomo nella forza comune della na-
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tura umana, cioè nel cuore, nello spirito e nella mano, è per esso veramente, realmente e naturalmente formativo”; questa preziosa indicazione mostra come la sinergia di pensare, sentire e volere sia necessaria per poter apprendere in modo funzionale alla natura dell’uomo.
to all’età che rispetti lo sviluppo ed il benessere del bambino e che fornisca le prime linee guida nell’uso responsabile delle tecnologie stesse e che promuova lo sviluppo di un pensiero critico”. Struttureremo quindi la nostra analisi facendo riferimento ai tre primi settenni in cui si articola lo sviluppo del bambino e del ragazzo.
Primo settennio Il senso del tatto aiuta a conoscere il mondo, toccando gli oggetti che lo circondano il bambino prende contatto con esso: la sensazione di diverse superfici, diverse forme e diversi materiali è una preziosa forma di apprendimento; le esperienze tattili sono accompagnate da diversi movimenti della mano nell’atto del toccare, ad ogni diversa sensazione tattile, corrisponde uno specifico stimolo nervoso che dà forma a nuove circonvoluzioni di estese aree cerebrali che saranno in seguito responsabili delle funzioni del linguaggio; muovere la mano sulla superficie artificiale di un tablet è una esperienza radicalmente diversa, profondamente limitata e non funzionale allo sviluppo sensoriale ed intellettivo del bambino. La parola comprendere ci fornisce una interessante suggestione a riguardo, prendere con sé, afferrare il mondo in modo diverso, nasce proprio dalla possibilità di utilizzare le mani in modo diverso. Iniziare a camminare prevede la capacità di muoversi dapprima sui quattro arti per poi, grazie al senso dell’equilibrio, di conquistare la posizione eretta e muovere i primi passi. Il senso generale del benessere costituito dall’equilibrio sinergico delle funzioni vitali costituisce la base per potersi orientare con fiducia nel mondo. La predisposizione di un ambiente caldo ed accogliente in cui il bambino possa essere accolto, lo stimolo adeguato al movimento e l’appello alle facoltà di imitazione del bambino costituiscono i mezzi privilegiati per stimolare la sua facoltà di apprendimento e sviluppare in modo corretto la sua individualità. Proiettare l’esperienza di un bambino in una dimensione virtuale a cui non
Premesso tutto ciò, possono le tecnologie far parte di questa visione? Come? Innanzitutto non può essere data una risposta univoca per tutte le età dello sviluppo del bambino o del ragazzo ma è necessario osservare specifici periodi di sviluppo. A tale riguardo è oltremodo interessante la relazione della Comunità Europea del 23 Agosto 2017 “Sviluppo delle competenze per la vita e per il lavoro”, dove, rispetto al percorso formativo delle nuove generazioni sulle nuove tecnologie, recita: “prendere in considerazione un percorso di formazione sulle tecnologie ed i media appropria-
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possano corrispondere adeguati stimoli multisensoriali è particolarmente fuorviante e dannoso. La cura dei materiali e degli oggetti con i quali il bambino viene in contatto rivestono un ruolo estremamente importante: forma ed esperienza tattile partecipano al processo educativo a pari livello con le altre attività. Il gioco è l’elemento fondamentale per questo periodo evolutivo: per un bambino giocare è una attività estremamente seria, impegnativa e gratificante che gli consente di avvicinarsi al mondo ed agli altri bambini sotto l’amorevole sguardo degli educatori. Proviamo a paragonare questa esperienza con un videogioco. Come si può vedere stimoli prettamente intellettuali che facciano appello a funzioni non ancora sviluppate nel bambino non sono funzionali alla sua corretta crescita. È importante sempre considerare il binomio età, stimolo per apprendere: ogni età necessita di stimoli ad essa adeguati. È un pericoloso errore proiettare sul bambino in crescita ciò che sperimentiamo essere valido per un’età superiore. A tale riguardo è importante osservare il sorgere della memoria. Prima dei tre, quattro anni non ricordiamo le nostre esperienze, ciò significa che esse non passano tramite un processo di rappresentazione interiore ma sono in presa diretta con l’interiorità del bambino ed agiscono in modo non filtrato dall’elemento rappresentativo; bisognerà quindi avere una particolare cura nel selezionare gli stimoli a cui lo esponiamo per evitare
situazioni traumatizzanti che possono agire per il resto della sua vita. Questa considerazione ci spinge a riflettere sull’importanza delle immagini e delle esperienze a cui sottoponiamo i bambini in questo periodo della loro vita. Ad esempio, una scolarizzazione anticipata può rivelarsi altamente controproducente per l’ulteriore sviluppo del bambino e può sottoporlo anticipatamente a situazioni di stress dannose. Il tema della maturità scolare è molto importante e mentre da un punto di vista antropologico si osserva chiaramente che le condizioni ideali per iniziare la Scuola sono nell’intorno del settimo anno di età, programmi astratti che non tengono adeguatamente conto della natura del bambino propongono ingiustificati anticipi: prima del settimo anno il bambino è totalmente impegnato a costruire in modo adeguato la propria fisicità, distogliere le sue forze da questo obiettivo sovrastimolando le attività intellettuali significa indebolirlo ed abituarlo a condizioni di stress che si riflettono anche nella conformazione cerebrale. Spesso alcune difficoltà di apprendimento manifestano solo una precoce scolarizzazione. In questa età portare a contatto del bambino uno schermo liscio realizzato in materiali artificiali che mostra immagini che si succedono ad alta velocità, con colori irreali, stimolando unilateralmente il senso della vista e deprivando gli altri sensi, in particolare movimento e tatto, è incoerente con il suo sviluppo e potenzialmente dannoso. È importante sottolineare che non si
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esprime un giudizio sulla natura delle tecnologie che in quanto tali hanno solo l’obiettivo di funzionare, ma si valuta esclusivamente la loro interazione con la natura umana in divenire. È interessante notare come molte associazioni di pediatri nel mondo, francesi ed americani prime tra tutti, si stiano esprimendo in modo molto netto per salvaguardare i primi anni di vita da una intrusione precoce di questi mezzi. Non si tratta pertanto di un giudizio moralistico ma di una rigorosa osservazione del fenomeno nel suo manifestarsi. Non dobbiamo quindi ostracizzare dogmaticamente il computer, la televisione, o quant’altro ma cercare di rispondere coscientemente nella nostra interiorità: questi dispositivi sono funzionali al sano sviluppo del bambino? Ognuno troverà la propria risposta.
lettera f che a questo punto diventa un elemento di esperienza concreta per il bambino e non un simbolo astratto; di contralto proviamo ad immaginare un tablet che proietti caratteri già perfetti nella loro forma apparente con un suono metallico che ne riproduca il suono. Nell’ambito sensoriale i canonici cinque sensi supportano la base dell’esperienza che diventa oggetto di conoscenza: l’opportuna stimolazione multisensoriale rispetto all’odierna predominante unilateralità della vista fornisce un più ampio contatto con il mondo. Secondo molti dati sperimentali e di psicologia cognitiva, il cosidetto processo di embodiment (letteralmante incarnazione, portare in sé un elemento visivo o concettuale tramite processi di tatto e movimento) rappresenta la via preferenziale per sviluppare un adeguato processo cognitivo; in tale prospettiva può essere interessante valutare il processo di apprendimento possibile di fronte ad uno schermo rispetto ad un apprendimento articolato in diverse attività guidate da un maestro. L’autorevolezza dell’adulto, genitore ed insegnante, e la sua rassicurante parola sono la guida sicura ricercata ed amata dal fanciullo che cresce: come confermato dalle neuroscienze i processi decisionali autonomi fanno parte di una età più matura e calarli precocemente nella vita dei ragazzi significa calarli in situazioni per le quali non sono ancora fisiologicamente pronti e culturalmente
Secondo settennio Con l’ingresso nella Scuola inizia il percorso ufficiale di istruzione che costituisce un’ulteriore tappa nella scoperta del mondo. La capacità di lettura e scrittura costituisce il primo passaggio dall’esperienza a una dimensione mentale simbolica più definita. È importante ad esempio introdurre le lettere dell’alfabeto partendo da oggetti e fonemi dai quali scaturisce la lettera: il disegno di una falce accompagnata dalla pronuncia del relativo fonema, supportata da una fiaba ricca di immagini sulla mietitura, porta a disegnare la
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preparati. Questa età richiede agli adulti di essere veramente tali per poter essere un esempio amato e seguito, e che possano veramente essere figure a cui affidarsi con fiducia: l’insegnante non porta esclusivamente contenuti ma è un vero educatore che si occupa complessivamente del bambino che gli è stato affidato. Questo aspetto evidenzia quanto sia importante il processo di autoeducazione dell’adulto riguardo all’utilizzo delle tecnologie per poter essere un esempio reale da imitare e non un latore di dettami moralistici sul non fare date attività o utilizzare dispositivi elettronici. L’elemento artistico, con la sua capacità di stimolare immagini e creare ritmicità nella vita, pervade tutte le materie e diventa un modo generale di approcciare lo studio; è importante sottolineare la pervasività di questa qualità che non si limita alla pratica di specifiche attività quali la pittura, il modellaggio, il canto, il suono di uno strumento, ma caratterizza l’ambiente ed il modo in cui vengono portate le singole materie. L’arte richiede la partecipazione attiva del soggetto e viene completata nell’esperienza interiore che ne consegue, lo stimolo passivo di una sollecitazione virtuale non ha lo stesso effetto. L’utilizzo del ritmo è un prezioso alleato per consolidare l’apprendimento in molte materie; dedicare ad esempio le prime due ore di lezione per un periodo di tre o quattro settimane ad un’unica materia facilita la concentrazione sui processi
mentali utili per lo studio di un argomento specifico. Non va dimenticata l’importanza del sonno nel processo di apprendimento. Durante la notte nel nostro cervello si formano e consolidano alcune sinapsi che consentono di rafforzare quanto imparato durante il giorno, cosa ampiamente documentata dalle neuroscienze. Questa tipologia di approccio, approccio olistico, consente di creare opportune sinergie tra le diverse componenti dell’uomo, consentendone uno sviluppo armonico ed evitando processi unilateralizzanti che lo limiterebbero. L’intero mondo della natura diventa il palcoscenico prediletto ove formare delle vere esperienze conoscitive: il senso di meraviglia che nasce nell’osservare i fenomeni naturali deve essere coltivato con grande intensità. Solo verso il dodicesimo anno l’attività di concettualizzazione astratta, sempre però agganciata all’esperienza, diventa veramente formativa e risvegliante lo sviluppo delle facoltà mentali che fisiologicamente manifestano il loro destarsi con un picco generativo di nuove sinapsi cerebrali. In genere è proprio nelle Scuola primaria che vengono introdotte le tecnologie in modo ufficiale e dove i bambini hanno contatto con modalità di comunicazione e di intrattenimento digitali: gli operatori telefonici hanno specifici piani tariffari a partire dagli 8 anni (sempre in presenza di un tutore maggiorenne).
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In questa delicata fase, dove l’apprendimento trova nella didattica lo stimolo principale, è necessario stimolare in modo vario e pregnante tutte le componenti sensoriali e le corrette modalità tramite le quali si impara. Lo studio Blikk effettuato in Germania nel 2017 su un target di bambini sopra i 6 anni con almeno 30 minuti di utilizzo media digitali al giorno rileva i seguenti effetti: • Deficit di concentrazione • Diminuzione capacità di attenzione • Problemi di organizzazione del linguaggio • Diminuzione della capacità di memorizzazione • Iperattività • Focus sul processo e la velocità e non sui contenuti • Incapacità di giocare per lungo tempo in modo autonomo • Obesità Anche in questo caso non si tratta di lanciare allarmismi ma di valutare obiettivamente la funzionalità dei media digitali in questa fascia di età. Nel periodo delle Scuole medie può essere estremamente utile iniziare un percorso di alfabetizzazione digitale per fornire strumenti di lettura del fenomeno: indicazioni pratiche sulla natura ed il funzionamento dei mezzi, informazioni pratiche sui rischi connessi al loro utilizzo, competenze sociali nell’era digitale. Ho recentemente tenuto lezioni per gli allievi delle classi VI, VII e VIII su questi temi e si sono rivelati estremamente fruttuosi e ricchi di spunti atti a meglio comprendere il fenomeno e a valutare opportunità e rischi. I ragazzi non devono essere lasciati soli in questo percorso e genitori ed educatori sono i loro compagni di viaggio. Una considerazione che meriterebbe uno specifico approfondimento riguarda l’uso delle tecnologie in caso di difficoltà di apprendimento, in particolare la dislessia. Ogni utilizzo in tal senso va analizzato approfonditamente in modo congiunto con il medico, l’insegnante ed i genitori per poter valutarne l’utilizzo con attenzione e non adottato “al buio” come panacea per tutte le difficoltà.
Terzo settennio Il fanciullo è ora pronto per un completo sviluppo dei processi di pensiero astratto: la base fisica ed organica adeguatamente e lentamente sviluppata nei due precedenti settenni può ospitare ora sfide intellettuali più difficili. La qualità dei contenuti e la competenza dei docenti sono un vero e proprio nutrimento interiore per il ragazzo che cresce, mentre superficialità ed improvvisazione destano una giustificata reazione di disapprovazione. L’amorevole autorevolezza dell’adulto sviluppata nel settennio precedente deve venire integrata da nuove capacità interiori in grado di sviluppare profondi ideali nei ragazzi che si stanno formando. È importante questo mutuo rispecchiarsi tra ciò che aiuta l’evoluzione del ragazzo e ciò che viene richiesto all’adulto che lo aiuta a crescere; questo rapporto non è ovviamente limitato alla vita familiare e scolastica ma andrebbe esteso alla vita pubblica, sociale e culturale nella quale a poco a poco il giovane uomo viene immerso. Accanto al mondo della natura, le opere costruite dall’uomo e lo sviluppo della tecnica costituisco-
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no un nuovo campo d’indagine che sottolinea il collegamento tra le capacità dell’uomo e quanto può essere realizzato nel mondo, questa visione va inoltre profondamente pregnata di impulsi sociali atti a creare una giusta sensibilità in questo ambito. L’adeguato posizionamento ed utilizzo corretto dei dispositivi tecnologici può ora essere compreso e reso funzionale al processo di apprendimento. Lo sviluppo di un generale senso dell’ascolto volto al linguaggio, al pensiero ed all’individualità altrui orienta le scelte e costruisce l’interiorità del giovane formando responsabili qualità sociali che nel settennio precedente facevano prevalentemente appello al sentimento. Nel campo delle competenze sociali, poter comprendere le dinamiche economiche e relazionali del mondo dei social media contribuisce ad un corretto sviluppo delle capacità di giudizio autonomo sulla realtà del mondo, competenza fondante in questa età. Come si evince da questa breve sintesi, gli strumenti, le metodologie didattiche e l’atteggiamento degli adulti cambiano profondamente rispetto ai due settenni precedenti per poter essere adeguate al periodo di sviluppo del giovane uomo in divenire: questo principio di differenziazione è essenziale per consentire una crescita sana e felice. Lo sviluppo della pedagogia del terzo settennio dovrebbe essere ancora squisitamente formativo e non specializzante, per consentire ancora l’armoniosa crescita e collaborazione tra le diverse costituenti dell’individualità umana: Albert Einstein affermava: “Respingo l'idea che la scuola debba insegnare direttamente quelle conoscenze specializzate che si dovranno usare poi nella vita. Le esigenze della vita sono troppo molteplici perché appaia possibile un tale insegnamento specializzato nella scuola. La scuola dovrebbe sempre avere come suo fine che i giovani ne escano con personalità armoniose, non ridotti a specialisti. Lo sviluppo dell’attitudine a pensare e giudicare indipendentemente dovrebbe essere sempre al primo posto.”
Le competenze tecniche sono quindi strumentali e non finalizzanti ad un già specializzato percorso professionale. In un mondo del lavoro che richiede sempre più flessibilità, cambio di ruoli, competenze, riqualificazioni, delocalizzazioni geografiche, adattamenti a differenti contesti culturali, questo approccio risulta assolutamente adeguato e attuale. In questa età l’opportuno uso delle tecnologie è estremamente utile per rafforzare le competenze di pensiero analitico. Imparare a programmare un computer acquisendo dimestichezza con un linguaggio di programmazione, comprendere in profondità i principi di funzionamento di un elaboratore digitale, sono esperienze entusiasmanti. Nel nostro Liceo gli allievi hanno costruito negli anni scorsi un semplice calcolatore elettronico focalizzato sull’effettuazione di semplici operazioni, che permetteva però di penetrare in profondità, non solo teoricamente ma anche praticamente, nelle logiche di funzionamento di un computer.
Calcolatore elettronico a relè elettromagnetici basato su sistema binario per effettuare somme a dieci cifre (classe X)
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Competenza, pensiero e tecnica sono i cardini per l’apprendimento in questo settennio e l’utilizzo oculato della tecnologia può rivelarsi molto utile in tale ambito. Il rischio sul quale bisogna focalizzarsi è quello dello sviluppo di dipendenze digitali spesso parallelo allo sviluppo di altri tipi di dipendenze. Le statistiche Ocse attribuiscono al 32% degli studenti italiani un utilizzo del solo telefono cellulare superiore alle 6 ore. Manfred Spitzer nel suo testo “Demenza digitale” parla di un utilizzo medio di circa 8 ore giornaliere dei vari dispositivi elettronici; con queste percentuali si va ben oltre ad un utilizzo virtuoso del mezzo ma si sconfina nell’anticamera delle dipendenze.
Per poter procedere in tale direzione riporto di seguito tre illuminanti pensieri di Rudolf Steiner (Massime Antroposofiche, 1925):
Per poter rendere vive ed efficaci queste analisi fattuali è necessario per noi adulti approfondire l’attitudine al “pensiero meditante” ricordatoci da Heidegger nella citazione iniziale, senza di esso la vera essenza della Téchne non può essere compresa
185) “Una concezione naturale anteriore conteneva ancora in sé lo spirito col quale è collegata l’origine dell’evoluzione umana; a poco a poco questo spirito è scomparso dalla concezione naturale, e vi si è infiltrato quello puramente arimanico, riversandosi da lì nella civiltà tecnica”.
183) “Nell’epoca delle scienze che si inizia intorno alla metà del secolo diciannovesimo, l’attività culturale degli uomini scivola a poco a poco non soltanto nei dominii più bassi della natura, ma sotto la natura. La tecnica diventa subnatura”. 184) “Ciò richiede che l’uomo trovi, sperimentandola, una conoscenza dello spirito per cui si innalzi di altrettanto nella natura superiore, di quanto affonda sotto la natura con l’attività tecnica subnaturale. Così si crea nell’interiorità la forza per non affondare”.
Bibliografia di approfondimento • • • • • • • • • • •
Manfred Spitzer, Demenza Digitale Manfred Spitzer, Solitudine Digitale David L. Felten e Mark F. Bear, Atlante di neuroscienze di Netter-Neuroscienze. Esplorando il cervello Eric R. Kandel, James H. Schwartz, Thomas M. Jessell, Principi di neuroscienze Nicolas Carr, La gabbia di vetro Nicolas Carr, Internet ci rende stupidi? Marc Prensky, La Mente aumentata Daniel Goleman, Intelligenza emotiva Howard Gardner, Educazione e sviluppo della mente. Intelligenze multiple e apprendimento Sherry Turkle, Insieme ma soli, perchè ci aspettiamo sempre più dal mondo della tecnologia e sempre meno dagli altri Sherry Turkle, Il disagio della simulazione
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Roberto Casati, Contro il colonialismo digitale. Istruzioni per continuare a leggere Antonella Randazzo, Bambini psicoprogrammati, essere consapevoli dell'influenza della pubblicità, della Tv, dei videogiochi Edwin Hubner, Cellulare, videogiochi, televisione, computer …. e salute Rudolf Steiner, Arte dell’Educazione. Antropologia, Didattica, Conversazioni di tirocinio Rudolf Steiner, Insegnamento e conoscenza dell’uomo Rudolf Steiner, Educazione ed insegnamento fondati sulla conoscenza dell’uomo Rudolf Steiner Educazione del bambino e preparazione degli educatori Rudolf Steiner, Conoscere l’uomo secondo corpo anima e spirito
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E I RAGAZZI COSA PENSANO?
Lo abbiamo chiesto agli allievi di XII. Ecco due pareri. Opposti
«I
o con la tecnologia sono in un ottimo rapporto , in quanto utilizzo oggetti tecnologici tutto il giorno, per comprare cose, per studiare, per passare il tempo, per suonare, per fare ricerche e coì via. La tecnologia è il fondamento della mia giornata, partendo dal cellulare, cosa fondamentale, fino al mio strumento musicale che è una console da Dj. Ora come ora non penso di poter vivere senza tecnologia, ci sono cose ormai abituali, come la musica, le chat, i social, che si sono sedimentate nella mia normalità. Capita spesso che quando vado in vacanza, magari in luoghi sperduti in cui non c’è campo o wi-fi ho una strana sensazione, come di vuoto, perché ogni giorno mi accorgo che la tecnologia accorcia tantissimo i tempi in tutto, per esempio ogni giorno sul telefono ho sempre canzoni nuove che scarico quotidianamente. Mi fa strano quando invece in un posto nuovo rimango magari una settimana con le stesse app sui miei dispositivi. Spesso mi è più facile, quando sono a casa, studiare sul pc, mi trovo più a mio agio rispetto che sui libri…» Alessandro Cenna
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«L
a paura del silenzio. È in questo terreno che la tecnologia cresce. Il silenzio, l’introspezione, la solitudine sono, in una catena circolare di cause ed effetti, ombre sempre più ingestibili temute che uno smartphone può scacciare efficacemente con la potenza dei suoi pixel. Almeno fino a quando la batteria non si scarica. È diventato sempre più difficile spegnere le luci e ascoltare il silenzio. La tecnologia è diventata come la lucina per i bambini timorosi del buio: tiene lontani i mostri, ma non li elimina, rimanda solo lo scontro a un futuro indefinito». Giulio Brunacci
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MA L'ALTERNATIVA È A PORTATA DI MANO Tessere, annodare, cucire, rilegare, modellare… Le insegnati della scuola raccontano le attività che educano i sensi dei bambini. Perché per crescere non basta schiacciare un tasto
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IL LAVORO DELLE MANI Adriana Todeschini
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Nel corso degli anni, ogni attività manuale: tessere, annodare, cucire, intrecciare, rilegare e poi ancora modellare, lavorare con il legno, tingere, seminare, falciare... risveglierà quelle forze creative che poi nella vita potranno esplicarsi nei più svariati campi. Quando il bambino esce da quell’età d’oro che vive nella quinta classe, quando perde la forma, ecco gli si propone di realizzare con la stoffa un animale che verrà imbottito con la lana; prendendo quindi forma dall’interno, sperimenterà ciò che vive nel suo corpo. Più avanti, quando in fisica studieranno la meccanica, sperimenteranno le leve con le macchine da cucire e sarà una bella soddisfazione poter indossare un paio di pantaloni o un abito confezionato con cura! Si tenta quindi di nutrire il periodo di crescita e di sanare i momenti critici. Bellezza e utilità vanno a braccetto in ogni oggetto ottenuto con il lavoro: uno sgabello comodo e bello, un mestolo utile e bello, una bella bambola che diventa l’amica a cui confidare i segreti. Portando bellezza, rendendo vivo il sentimento per ciò che è artistico, prepareremo il bambino a guardare il mondo in modo armonico e luminoso e più avanti, quando giungerà alla maturità sessuale, ad affrontare i rapporti con equilibrio, creatività e buoni sentimenti. Più le mani diverranno abili, più la volontà arriverà alla punta delle dita, più si svilupperà quel pensiero libero e creativo e la possibilità di guardare in alto, ai mondi spirituali. Che bello vedere nelle prime classi i bambini che modellando la cera d’api, ne sentono il profumo e percepiscono in un attimo il calore del sole, il ronzio delle api e quel mistero che fa parte del mondo di natura. “Nessun ragazzo dovrebbe lasciare la scuola senza aver confezionato un paio di scarpe” Rudolf Steiner
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DISEGNO E PITTURA Alessandra Arduini Avete mai osservato un bambino davanti ad uno schermo? Purtroppo oggi ne abbiamo mille occasioni, bambini sui passeggini impietriti davanti al tablet, bambini al ristorante incollati al video del telefono della mamma, bambini a scuola dove il tablet dovrebbe essere uno strumento per la didattica… il loro sguardo è fisso, la mascella rigida, le membra sembrano paralizzate, i movimenti diventano scatti… non stiamo parlando di robot, ma pur sempre di bambini catturati dall’immagine di uno schermo. Per fortuna le immagini possono però arrivare anche in modo diverso, possono giungere dirette al cuore e muovere i bambini nell’entusiasmo e nel calore e gli schermi possono acquisire sacralità. Questo accade sicuramente in I classe quando i bambini entrano nella loro aula e sanno che dietro alla tenda della lavagna “un angelo” ha lasciato un disegno per loro. Non importa quanto sia meraviglioso, quanto sia dettaglia-
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to, quanto sia tecnicamente perfetto, il disegno è passato dalla cura e dall’amorevole azione dell’insegnante. Quando il maestro apre la tenda della lavagna si sente sempre un: “oh” pieno di stupore, la meraviglia invade tutto l’essere dei bambini che non potranno mai più scordare che il rosso di quel corallo gli insegnava a scrivere la lettera R… il corallo è vivo, il disegno emana calore, parla al cuore, passa da uomo a uomo in un rapporto diretto, vivo e autentico e la lavagna diventa lo schermo più bello del mondo! I bambini crescono e fino alla classe VIII hanno la possibilità di confrontarsi con immagini che muovono le loro anime senza pietrificarle. La pittura ad acquerello è un altro esempio, si entra in contatto con il colore muovendosi nella fiducia. Una tavoletta, un foglio bianco, una spugna, un pennello e dei colori, il silenzio cala anche nella classe più vivace e tutti si immergono nella cura dei gesti, dalla spugna che bagna il foglio, al pennello che si intinge con delicatezza prima di essere appoggiato sul foglio. I bambini non sanno cosa dovranno dipingere ma si affidano al maestro che guidandoli cerca di farli entrare nel gesto di ogni colore…. il blu che abbraccia, il giallo che irradia… Magicamente le immagini si compongono e ancora una volta la possibilità di sperimentare la meraviglia nasce davanti alla mucca che appare sdraiata sul prato o all’aquila che vola nel cielo. Non abbiamo bisogno di spiegare quale sia la differenza tra un’immagine che esce da uno schermo a led o da una tavoletta con una pittura, si chiama vita!
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cogliere le olive, a far vendemmia, ma anche semplicemente a passeggiare e ad annusare (quando son più piccoli), a osservare la vita vibrante di una stradina di campagna, tra i fili d’erba, nel suo ronzare intorno a noi… ovunque si possa. Queste sono le esperienze che a scuola si propongono come formative nel corso degli anni (e che cambiano al cambiare del bambino che si fa ragazzo), ma che qualunque genitore può ricreare nel piccolo della vita familiare, mettendosi magari d’accordo con altri per fare una bella gita in campagna. Nel sano e bel FARE. Allora non solo il bambino, sin da piccolo, si metterà in moto, entrando in relazione con la bellezza della natura, i suoi profumi che accarezzano l’anima in formazione, i suoi meravigliosi colori, nel caleidoscopio di cui essa ci circonda nelle diverse stagioni, e dunque con la pura BELLEZZA della terra e dei suoi frutti, e aprirà così i propri sensi alla varietà della vita… ma scoprirà come dalla luce solare piccoli e preziosi insetti possano cristallizzare miele dorato; come dal gesto benedicente del contadino nasca la vita della spiga e il pane quoti-
IN CAMPAGNA E NELL'ORTO Mariagrazia Burrini Si è parlato tanto delle tecnologie e del modo in cui educare un bambino nel mondo di oggi, caratterizzato da forti spinte “antieducative” e limitanti, che rischiano di impedire una vera maturazione e un reale arricchimento per l’anima. Ma a questo punto, dopo tante riflessioni, vale la pena porsi la domanda: “Che cosa e come fare altrimenti?” Eh già! Perché se una strada non è la migliore, è necessario cercarne un’altra. Trovare alternative! Ma quali? La vita a contatto con la natura, in primis! Se la tendenza della tecnologia è quella di indurre alla sedentarietà, a chiuderci tra le mura domestiche e a esercitare solo quel dono dell’opponibilità del pollice sullo smartphone (o dell’indice sull’Ipad), che ci avvicina così tanto alle scimmie e ce ne fa sembrare discendenti, lavoriamo invece di fantasia e portiamo i nostri bambini a vivere esperienze di vita VERA, non virtuale: in campagna, nell’orto, a
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diano, come dalla cura amorevole di un gregge di capre, si possa trarre del buon latte. Quanta forza sperimenta un bambino nel momento in cui gioca in un bosco, in II classe, a spostare tronchi, o nel vangare la terra e seminare grano in III classe… e poi attendere che essa fruttifichi. Quanta gioia e soddisfazione nel tirar invece su un muro o quanto sano vigore sperimenta un ragazzino di 12, 13 anni dopo una giornata di duro lavoro nell’orto. Entusiasmo e vigore tutto reale, non virtuale. E così scoprirà, al tempo stesso, come dal rispetto della natura e di tutti i suoi esseri, possa solo venirne del bene all’uomo. Per l’oggi e per il domani.
E allora si educheranno al contempo i sensi inferiori dei bambini, quelli del movimento e dell’equilibrio (nelle allegre scorribande per i campi), del tatto e della vita (nella gioia irrefrenabile e nelle esperienze di contatto col mondo reale che i bambini vivranno). Ma anche i sensi mediani dell’olfatto, della vista, del calore, del gusto… che permetteranno al sentire di affinarsi per la vita interiore del futuro adulto. I bambini saranno vitali! Esprimeranno la loro libera volontà in un sano e sensato fare! A contatto con il bello. E il vivente. Tutto ciò nutrirà profondamente il loro essere. E saranno uomini. Nel senso più vero del termine.
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scaturite da belle fiabe, le mani iniziano a “dare forma” per creare magici pentolini, cestini pieni di frutti maturi, farfalle capaci davvero di volare, fiori dai sublimi profumi, vivacissimi animaletti e molteplici altre forme. Si comincia così a trasformare immagini della nostra vita interiore in forme esteriori, ricche di poesia come solo può essere il lavoro dell'uomo.
PLASMARE E COSTRUIRE Silvana Rossello Plasmare la materia. Dare forma e, mentre lo fai, dare forma a te stesso. Prendere tra le proprie mani materia informe, ferma, e, con la propria forza, col proprio calore, con la propria fantasia, dare vita, creare qualcosa di nuovo; qualcosa che, prima del tuo lavoro, non esisteva. È un'attività che ci parla della Creazione. Il creare qualcosa di nuovo, trasformando, grazie alle tue doti prettamente umane, la materia inerte. Si comincia dal modellare la cera d'api; col calore che i bambini producono con le loro mani, si ammorbidisce la cera, la si rende plasmabile, poi, con l'elaborazione delle immagini
Con l'arrivo del periodo della crisi del nono anno, si passa a plasmare una materia ben più ostica: la creta, opaca, pesante, senz'altro più “materiale” e meno eterea della cera. I ceramisti la chiamano semplicemente “terra”, a sottolinearne la terrestrità. Questo nuovo materiale si inserisce proprio ora, nel periodo della vita in cui i bambini sperimentano, nella loro interiorità, la separazione
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dal mondo esterno, in cui si lasciano alle spalle la prima parte dell'infanzia e questa trasformazione provoca un po' di solitudine e di malessere interiore. Occorre più forza fisica e più abilità per modellare la creta e trasformare le proprie immagini in forme esteriori. I bambini poi diventano ragazzi e continuano a modellare la creta, se stessi e il mondo. Modello, plasmo e, mentre lo faccio, agendo sulla materia esterna, formo anche me stesso. Mi formo elaborando ciò che è dentro di me, superando le mie difficoltà e non assumendo passivamente qualcosa che arriva dall'esterno, che non fa parte del mio bagaglio personale umano. Così, sempre nel nono anno, nel corso della terza classe, i bambini sono impegnati anche a costruire la loro casetta. Si parte dal modellare i mattoni, si fa il progetto della pianta e poi, finalmente, arriva l'atteso momento di tirare su i muri, con malta, piccole cazzuole, attenzione e tanta pazienza. Grande attenzione devono, infatti, sviluppare i bambini per tirar su muri che stiano in piedi, per rispettare gli angoli della costruzione e tanta pazienza, perché una casa non si può tirar su in fretta, sovrapponendo troppi mattoncini: bisogna lasciar seccare il cemento e procedere con ordine, altrimenti i muri cascano! Grande è l'impegno poi nel pensare come realizzare il tetto, ogni bambino, cercherà e troverà il suo sistema, il più adatto alla sua personalità. Arriva il momento di decorare la costruzione ed il giardino. Chi userà conchiglie, chi sassi, chi muschio, chi gusci di ghiande, chi frammenti di pigne, chi paglia... Ogni bambino è ora intento, dedito alla definizione di quella che è veramente la “sua” casetta, la casetta dove la propria anima trova dimora. Alla fine è commovente vedere i bambini guardare dentro e, attraverso porte e finestre, ritrovare loro stessi, con immensa soddisfazione.
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castelli di sabbia per poi distruggerli, raccogliere foglie imparando così che il mondo è ricco, buono e generoso.
LA FORZA DEL TEMPO LIBERO Tiziana Zoncada Una lezione magistrale di libertà e bellezza è osservare bambini, ragazzi e giovani adulti nel loro tempo libero a scuola. Da soli o in gruppo ci offrono una vera esperienza antropologica tra movimento e pausa, ordine e disordine, voci e silenzi, dove l’uso dello spazio e del tempo cambia a seconda della stagione e dell’età. Mentre il bambino piccolo è impegnato ad elaborare la sua corporeità, il tempo libero all’asilo è il tempo per inventare e scoprire, è il tempo in cui il bambino riverbera con il mondo dove tutto è animato, tutto è vivente. È il tempo per imitare i grandi, per raccogliere i sassi, accarezzare le piante, seguire le formiche, guardare e toccare gli occhi mobili delle lumache, fare
Vedere cosa fanno, per come e per quanto tempo lo fanno è davvero affascinante. I gesti variano, la resistenza alla fatica e la sperimentazione della concentrazione sono visibili. Tutto è naturale, sbagliano e ricominciano con serietà e determinazione. Il gioco libero e all’aperto porta i bambini a sviluppare competenze utili per il futuro, imparano a decidere e a risolvere problemi, a controllarsi, a seguire regole, a “lavorare” in gruppo collaborando con gli altri e a gioire assieme dell’esperienza. Il secondo settennio è il momento in cui il gioco libero si evolve e muta, diventando da libero a “imprigionato”. Nelle prime classi è misura delle proprie abilità fisiche, del proprio equilibrio, dei salti, della resistenza della propria forza, un’esperienza intima di se stessi e luogo delle distanze in relazione agli altri. Poi il tempo, prima impegnato in giochi di coppie o squadre, diviene sfida e tempo di divisione tra maschi e femmine dove i gruppi sono rigidi e dove si parla una lingua segreta. Al termine del
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settennio il gioco finisce e iniziano i momenti di solitudine, di isolamento e i primi vuoti ricolmi delle prime grandi domande che sfoceranno poi nella metamorfosi dell’adolescenza. Il tempo libero va salvaguardato e non riempito di attività, la noia non deve spaventare perché è proprio da questa esperienza che è possibile sviluppare la forza propulsiva della volontà. In qualsiasi modo si declina, questo tempo libero è un vero respiro, una espansione che si alterna ai momenti di concentrazione in classe. Il tempo libero del terzo settennio è lo spazio dell’incontro e dello scontro con se stessi e con l’altro. Esplode la brama per il tempo libero dagli impegni. Le forze individuali di giudizio crescono e si affinano, l’Io si prepara alla sua liberazione e all’incontro con il mondo. Questo incontro può avvenire in solitaria, perdendosi tra le pagine di un libro, fotografando e scegliendo il proprio punto di vista, disegnando, stando da soli in silenzio e scoprire che è proprio quel momento dove tutto tace il momento speciale dove trovare la propria voce e i propri pensieri. In due, amici simili o apparentemente inconciliabili, alla ricerca di qualcuno che ci assomigli, alla ricerca “dell’altro”, “dell’altra parte di me” con il quale sentirsi libero e manifestare se stesso senza sentirsi giudicato. In gruppo, parlando e ascoltando musica (che tanto alleggerisce e muove), cantando più forte che si può, cercando silenzio nel regolamentato e distante gioco delle carte o unirsi in una squadra dove mettere alla prova le forze fisiche, pensando, progettando, litigando, scoprendo quanta vicinanza o lontananza ci può essere tra compagni di viaggio.
me stesso. Quell’incontro vero e unico che rende attivi, che porta calore, possibilità di trasformazione, e accresce le qualità dell’anima. Una riflessione anche sui falsi incontri, quelli che avvengono tramite gli strumenti che vengono chiamati “media”, che si interpongono tra l’uomo e la realtà, compromettendo quello che è il naturale rapporto dell’anima con il mondo attraverso i sensi
Questo è il tempo libero, quel meraviglioso momento dove è possibile viaggiare nel tempo e nello spazio senza nemmeno muovere un passo. Qual è allora la forza del tempo libero? È l’incontro con il mondo, con l’altro e con
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PAROLA, RESPIRO, GRUPPO... E I RAGAZZI VANNO IN SCENA Le esperienze teatrali degli allievi del liceo aiutano a concentrasi sul valore dei testi e a immergersi in lingue diverse. Ma anche a vincere la diffidenza dell’adolescenza aprendosi all’altro di Elena Sivieri
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e il teatro trova grande spazio nella nostra scuola fin dalle prime classi, al liceo esso ricopre un ruolo importante e scandisce due tappe fondamentali della crescita dei ragazzi.
In decima classe viene allestita una rappresentazione teatrale in lingua inglese: in questo modo i ragazzi possono sperimentare appieno il suono di una lingua diversa ed apprezzarne così le qualità e le differenze.
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il Quadernone 2018 della via Clericetti
Si parte dalla comprensione del testo, in genere classici di grandi autori come per esempio O. Wilde, C. Dickens, si assegnano le parti secondo criteri pedagogici e si inizia un percorso che dura circa quattro mesi, in cui i ragazzi sono completamente immersi in una lingua straniera e in cui la difficoltà consiste, oltre che nell’apprendere la corretta pronuncia, nel dare espressività ai personaggi in un linguaggio per molti di loro ancora poco frequentato e nell’entrare nella musicalità di suoni diversi.
scevra da simpatia e antipatia. Si lavora pertanto su testi a contenuto sociale, di denuncia, di presa di coscienza della realtà umana in tutte le sue sfaccettature, che i ragazzi sentono vicini, condividendone i contenuti e gli entusiasmi. Essi incontrano così autori come Brecht, Gogol, Pirandello, che hanno studiato in letteratura e che ora possono far vivere e parlare attraverso la recitazione. La parola ed il respiro sono ancora più curati affinché i ragazzi portino maggiore coscienza su ciò che dicono in scena e, di conseguenza, anche nella vita. Gli allievi partecipano attivamente al lavoro non solo recitando ma anche ideando scenografie e costumi e proponendo soluzioni creative per l’allestimento. A fare da ponte fra i due momenti in decima e tredicesima classe, è stato introdotto un laboratorio teatrale e musicale della durata di circa cinque mesi a cui partecipano alcuni ragazzi, scelti dagli insegnanti, di undicesima e dodicesima classe. Essi intraprendono così un percorso creativo su un testo o su un argomento scelto dagli insegnanti: si alternano esercizi, si creano improvvisazioni, si sperimentano le diverse caratteristiche dei personaggi e i loro temperamenti; i ragazzi possono anche scrivere personalmente il proprio testo da interpretare.
Grande attenzione e cura viene rivolta alla parola, alla corretta postura ed alla respirazione: gli esercizi di Sprachgestaltung (Arte della Parola) creati da Steiner fanno sì che i ragazzi imparino ad articolare bene le parole, a respirare con calma e a restituire vivezza e colore a ciò che si dice. Sappiamo bene quanto tempo essi trascorrono davanti a computer e videogiochi, tecnologie che contribuiscono fortemente ad appiattire e livellare il linguaggio e che, con suoni e voci false ed artificiali, li allontanano sempre più dal senso per la bellezza dei suoni naturali e delle parole con le loro diverse sfumature. Oltre a ciò, lavorare in gruppo per uno scopo comune, sviluppare ascolto ed attenzione per il lavoro dei compagni stimola ed incoraggia il superamento del ripiegamento su se stessi tipico dell’adolescenza e dell’isolamento indotto dall’uso delle tecnologie; fare teatro aiuta e sostiene lo scambio attivo e creativo fra i ragazzi. Finalità altrettanto importante è quella di far provare ai ragazzi le proprie capacità di affrontare svariate situazioni e di portare a termine un percorso complesso che dia loro fiducia nei propri mezzi e favorisca la crescita della personale autostima.
Tale percorso è accompagnato e completato dalla musica: gli allievi compongono, suonano e cantano brani musicali, creando così l’atmosfera, la “colonna sonora” dei propri testi recitati
Il secondo appuntamento col teatro avviene in tredicesima classe: ora i ragazzi, nel loro processo di apertura verso il mondo, cominciano a sperimentare la capacità di giudizio critico, intesa come valutazione oggettiva della realtà,
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il Quadernone 2018 della via Clericetti
S EMINAR IO DI FORMA ZI ON E IN PE DA GOGI A ST EINE RIA NA ANNO ACCADEMICO 2018/2019 ACCREDITATO DAL MINISTERO DELL'ISTRUZIONE, DELL'UNIVERSITÀ E DELLA RICERCA RICONOSCIUTO DALLA FEDERAZIONE DELLE SCUOLE STEINER-WALDORF IN ITALIA
Un percorso di formazione che vuole costituire un reale e concreto ampliamento per l’arte dell’educare nelle diverse tappe evolutive, dall’infanzia all’adolescenza. Un risveglio della coscienza sulle attuali necessità educative che si tramuta in arte di vivere.
Il seminario di Milano STRUTTURA Il seminario di formazione nella pedagogia di Rudolf Steiner sarà strutturato su tre anni e i corsi si terranno presso la Scuola Rudolf Steiner di via Clericetti, 45 a Milano, in 14 fine settimana da settembre a giugno e una settimana intensiva nel corso dell’anno. PRESENTAZIONI DEL SEMINARIO Lunedì 4 giugno 2018 alle ore 16.00, nel teatro della Scuola, avrà luogo un incontro tra gli interessati e un gruppo di docenti che illustreranno le principali caratteristiche degli iter formativi e risponderanno alle domande dei presenti. Chi non potesse partecipare potrà chiedere informazioni alla segreteria del seminario ed eventualmente fissare un colloquio. Le iscrizioni si chiudono il 15 giugno 2018. CALENDARIO Inizio delle lezioni: settembre 2018 Termine delle lezioni: giugno 2019 Per ulteriori informazioni
segreteria.sdps@gmail.com segreteria della scuola 02 36538510 https://sites.google.com/site/seminariopedagogiasteineriana/
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SEMINARIO DI PEDAGOGIA STEINERIANA IL TRIENNIO
Obiettivi del I anno Introdurre i partecipanti agli aspetti essenziali della pedagogia Waldorf e mettere a loro disposizione le basi conoscitive su cui essa è fondata, in particolare mediante lo studio di alcuni testi di antroposofia e di pedagogia riguardanti le fasi evolutive dell’essere umano e attraverso un’intensa e differenziata esperienza artistica e manuale. Obiettivi del II anno Approfondimento dell’antroposofia attraverso lo studio del testo “Filosofia della libertà” e della pedagogia attraverso lo studio di “Antropologia”, sempre accompagnati da numerose esperienze artistiche e manuali. Obiettivi del III anno Lo studio privilegerà la pratica pedagogica riguardante la didattica delle materie scolastiche e delle materie artistiche e manuali con particolare riguardo agli anni che riguardano la scuola elementare e media. Già dal secondo anno sono previsti tirocini presso scuole Waldorf riconosciute per tutti coloro che posseggono titoli di studio adeguati; in particolare le nuove norme della Federazione delle Scuole Steiner-Waldorf, prevedono un anno di tirocinio per coloro che vogliano insegnare nel primo e nel secondo settennio. BORSE DI STUDIO Dal secondo anno, gli allievi che abbiano reali difficoltà a versare l’intera quota, possono concorrere a un numero limitato di borse di studio riservate a coloro che intendono insegnare in una scuola Waldorf, che sono in possesso del titolo di studio necessario e che frequentano il seminario nella sua interezza. QUOTA DI PARTECIPAZIONE La tassa di iscrizione, da versare una tantum all’inizio dei tre anni di corso, è di € 150. La quota di partecipazione annuale è di € 1.500; Per ulteriori dettagli consultare le informazioni generali su: Https://sites.google.com/site/seminariopedagogiasteineriana/ PER LE ISCRIZIONI Rivolgersi alla segreteria della scuola 02-36538510 mail: segreteria.sdps@gmail.com
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